La proposta dell`Aiga sulla Magistratura Onoraria

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La proposta dell’Aiga sulla
Magistratura Onoraria
Aprile 2011
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PROGETTO DI RIFORMA DELLA MAGISTRATURA ONORARIA
Premesse
L’articolo 106 della Costituzione stabilisce, al secondo comma, che la legge possa
“prevedere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite
a giudici singoli”.
Storicamente, la previsione fu introdotta in sede costituente su pressione di alcune parti
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politiche, che ritenevano, in questo modo, di aprire una possibilità di rinnovare almeno
parzialmente l’Ordine giudiziario, ritenuto in certa parte compromesso con il precedente
regime.
Come è noto, tale esigenza fu invece soddisfatta, nei mesi immediatamente successivi
alla entrata in vigore della Costituzione, con il reclutamento straordinario di magistrati
voluto dall’allora Ministro della Giustizia Togliatti, attraverso un concorso speciale
avente caratteristiche del tutto particolari.
Di fatto quindi, sino alla metà degli anni ’90, la funzione e la presenza di magistrati
onorari è stata del tutto marginale nel nostro ordinamento.
Ricordiamo infatti che le uniche figure previste erano quella del Giudice conciliatore,
con sede praticamente in ogni comune e competenza per valore estremamente limitata, e
quella del Vice Pretore Onorario, che coadiuvava il Pretore all’interno del suo
mandamento e per le cause, di competenza comunque minore, a lui attribuite.
Caratteristiche essenziali di queste figure erano, per il Giudice conciliatore, la
possibilità di decidere secondo equità, e quindi con criteri non tecnici, che
privilegiassero la “giustizia del caso concreto”; per il Vice pretore, la essenziale
funzione di supplenza del Giudice togato, con esclusione, salvo casi assolutamente
eccezionali, della potestà decisionale.
Vi era poi la figura, diremmo “transitoria”, del Vice procuratore di udienza, nelle cause
pretorili sino al 1989. Come è noto, sino alla riforma del Codice di procedura penale di
quegli anni, nelle questioni di competenza del Pretore egli rappresentava, in fase
istruttoria, anche la Pubblica accusa, procedendo alle indagini. Necessariamente in sede
di udienza, il ruolo veniva ricoperto da altre figure, segnatamente Avvocati o Ufficiali
di Polizia Giudiziaria che, volta volta, si prestavano a tale Ufficio, con nomina però
attribuita in udienza.
Con il decennio tra il 1990 ed il 2000 questa situazione cambia radicalmente.
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Già nel 1991 (anche se l’entrata in vigore è stata del 1995), si è pensato di introdurre la
figura, assolutamente nuova per il nostro ordinamento, del Giudice di Pace.
Un magistrato che nelle origini doveva essere sostanzialmente “non tecnico” (per la
nomina era necessaria solo la laurea in legge e, originariamente, una età superiore a 65
anni), reclutato con criteri di nomina individuale e non di concorso per esami, chiamato
a decidere con un rito semplificato e predisposto ad hoc, con largo (ma non esclusivo)
ricorso all’equità. Caratteristiche dell’inquadramento erano la essenziale temporaneità
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dell’incarico, la retribuzione “a cottimo”, la compatibilità con altre professioni, e
segnatamente quella di Avvocato.
Parallelamente, con la istituzione della Pretura circondariale, e lo spostamento della
titolarità della accusa alla Procura anche per le cause di competenza pretorile, venne
istituzionalizzata (piegando, in certo modo, il dettato costituzionale, che parla di
“giudici” singoli) la figura del “Vice Procuratore Onorario”, che essenzialmente poteva
sostituire in udienza, nelle cause di competenza pretorile, il Procuratore togato.
Rimaneva, nelle stesse caratteristiche, la figura del Vice Pretore.
Purtroppo, quattro fattori concomitanti, tutti verificatisi nella seconda metà degli anni
novanta, hanno causato la preoccupante ipertrofia delle figure dei Magistrati onorari.
In primo luogo, la estensione delle competenze della Pretura prima, e la sua
soppressione poi, con la istituzione del Giudice unico di primo grado, hanno di fatto
tolto alla figura del Vice Pretore Onorario quello che era il suo principale limite, cioè la
competenza per valore e materia. Anche la denominazione ne ha risentito, tanto che
oggi si parla (necessariamente) di “Giudici Onorari di Tribunale” (GOT),
senza
distinzione quindi di funzioni. Il limite blandamente espresso in alcune circolari, che
riserva alcune materie alla competenza esclusiva dei giudici togati, è sempre più spesso
nella pratica disatteso, per le ragioni di seguito indicate.
In secondo luogo, in collegamento con quanto sopra indicato, accanto alla
“unificazione” di funzioni si è verificata una sempre più larga scopertura degli organici
dei magistrati togati. Sempre più spesso si hanno, specialmente nel settore civile,
vacanze del 20, 30 od anche 40% dei posti assegnati.
Ciò porta, fisiologicamente, per evidenti esigenze di sopperire in qualche modo, ad
utilizzare in modo improprio i GOT, attribuendo loro vasti settori del contenzioso
ordinario, sia in “temporanea” supplenza del Giudice togato il cui posto è vacante, sia
attribuendo loro un proprio ruolo in via permanente. Nei VPO, si assiste in alcuni casi
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al fenomeno di delegare ad essi addirittura lavoro di Ufficio, oltre alla sostituzione in
udienza.
In terzo luogo, l’accumulo crescente di arretrato nei Tribunali ha portato, in modo del
tutto disorganico, a cercare un “rimedio” attribuendo sempre maggiori competenze,
anche penali, ai Giudici di Pace, chiamati oggi a gestire un ruolo che, per importanza e
numero di cause, è addirittura superiore a quello attribuito sino al 1995 alle Preture.
In ultimo, la cronica difficoltà di trovare una disciplina organica, la incapacità di
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garantire un effettivo rinnovo, e le spinte alla conservazione del posto di certa parte
della Magistratura onoraria, hanno portato di fatto a prorogare, indiscriminatamente,
tutti i Magistrati onorari anche ben al di là dei limiti originariamente previsti. Basti dire,
al proposito, che sono ancora in servizio moltissimi Giudici di Pace nominati nel 1995.
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Situazione attuale
La Magistratura onoraria quindi, forte oggi di oltre 9.200 unità potenziali nel settore
GdP – VPO – GOT (anche se in organico effettivo se ne possono contare circa 6.000),
costituisce al tempo presente non più una istituzione di mera “supplenza”, ma una realtà
cui sono affidati, largamente in via esclusiva, ampli settori della giurisdizione.
In questo quadro si inserisce una diversa, ma non meno stringente, problematica, vale a
dire quella dell’inquadramento complessivo nel quale debbono essere iscritti coloro che
svolgono questa funzione.
La denominazione stessa, che vale a qualificare questa figura, è stata ad oggi
completamente disattesa.
“Onorario”, per definizione lessicale, è qualcosa di “onorifico, destinato ad onorare. Se
riferito ad Ufficio, che è solo per onore, ma non effettivo, senza gli obblighi ed i diritti
attribuiti allo stesso”.
In pratica, nella accezione originaria, la funzione “onoraria” escludeva il rapporto
organico e quello mercantile, vale a dire il compenso. Il fatto stesso di ricoprire quel
prestigioso ruolo era, di per sé, remunerativo dell’impegno profuso.
Attualmente, così non è. Il compenso, parametrato sempre a cottimo (seppur con
significative differenze tra Giudici di Pace e GOT-VPO), è parte essenziale della
qualifica.
Probabilmente nessun magistrato onorario, oggi, presterebbe la propria attività, se non
vi fosse quel minimo di compenso che gli è assicurato. Addirittura, per molti di essi tale
compenso è la parte preponderante, se non esclusiva, del proprio reddito complessivo.
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Se quindi si procede ad una addizione logica tra la raggiunta importanza delle funzioni,
che sono diventate in gran parte giurisdizionali piene, la tendenziale indeterminatezza
nel tempo dell’incarico in virtù dei continui ed indiscriminati rinnovi, la assenza in
pratica di un criterio selettivo basato su una verifica delle competenze professionali, e la
mancanza di inquadramento certo (per la Cassazione i M.O. sono “estranei che
partecipano alla amministrazione della Giustizia, art.180 Cost.”) si avrà un quadro
chiaro delle criticità delle quali soffre la figura del Magistrato Onorario nel nostro
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ordinamento.
Queste criticità sono ulteriormente acuite dalla compatibilità, stabilita per legge, della
funzione di M.O. con l’esercizio della professione di Avvocato.
L’unico limite, di carattere territoriale, consiste nel fatto che non si possa esercitare la
attività di M.O. nel circondario di Tribunale nel quale si è iscritti, ovvero patrocinare
cause nell’Ufficio nel quale si opera come magistrati, e le stesse cause nei gradi
successivi.
Tale limite territoriale, nella società della globalizzazione (complici anche alcune
incongruenze nella distribuzione degli Uffici Giudiziari, che creano contiguità notevoli
tra circondario e circondario) appare oggi ben poca cosa.
Gli incarichi, sempre più spesso, prescindono dal territorio, e il Foro di iscrizione altro
non è, in molti casi, se non la sede di un recapito saltuario.
In pratica, un Avvocato che è Magistrato Onorario può tranquillamente esercitare la
propria funzione giudiziaria negli stessi ambiti socio economici dove, normalmente,
esercita la propria attività professionale.
Se anche così non fosse, e certo in molti casi non è, rimane la incongruenza logica di
attribuire ad un Avvocato, che per definizione difende una parte, anche la funzione di
giudice, come tale necessariamente imparziale, nello stesso ambito di attività.
Ciò contrasta significativamente con la evidente, assoluta ed impermeabile
incompatibilità di funzioni che esiste tra Avvocatura e Magistratura togata. Tanto più
contrasta, quanto più la funzione del Magistrato Onorario diviene strutturata ed
integrata con l’esercizio della giurisdizione.
In pratica, la “onorarietà” viene doppiamente tradita. Da un lato, come sopra indicato,
perché la attività richiesta ai M.O. è spesso assorbente, e quindi essi ne ricevono (e ne
devono ricevere) un compenso, che però non è, specialmente per i GOT – VPO,
proporzionato. Dall’altro, perché la compatibilità della funzione con la professione di
avvocato, lungi dall’arricchire in prestigio od in competenza la Categoria Forense, viene
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mantenuta solo perché gli stipendi (chè tali debbono essere definiti) attribuiti ai M.O.
non sono comunque sufficienti a sopravvivere, e con la possibilità di essere iscritti
all’Albo si consente loro di arrotondare, almeno, le magre entrate che assicura loro lo
Stato.
In tal senso, vanno anche i ricorrenti progetti di attribuire tutela previdenziale ai
Magistrati Onorari, per il tramite della Cassa di Previdenza degli Avvocati.
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Presupposti
A fronte di questa oggettiva, difficile situazione, i rimedi proposti dal legislatore si sono
limitati, sino ad oggi, ad interventi tampone.
In pratica, lungi dal ricercare una disciplina di revisione organica dell’intero corpus
della magistratura onoraria, sino ad oggi si è preferito prorogare l’esistente, con continui
“rinnovi temporanei a fine mandato”, che di fatto hanno consentito ad alcuni GdP, come
sopra indicato, di rimanere ininterrottamente in servizio dalla fondazione (1995) ad
oggi, per ben sedici anni, e ad alcuni VPO per periodi anche più lunghi. Naturalmente,
questo porta a dubitare del concetto stesso di “temporaneità”. Ogni incarico, infatti, per
biologia è “temporaneo”. Se però l’orizzonte temporale della “temporaneità” si avvicina
a quello della vita lavorativa, e sedici anni in tempi neppure troppo lontani bastavano
nell’impiego pubblico per aver diritto ad una pensione, tutto diventa ipocrisia.
La mancanza di una riforma organica ha poi causato, come è endemico nell’Italia della
“carenza di risorse”, anche una drastica riduzione del numero effettivo di magistrati in
organico.
Se infatti i VPO sono 1641 su 1991, i GOT si riducono a 1816 su 2564, ed i GdP
addirittura a 2526 su 4690 (scopertura del 47%). La mancanza di obblighi di copertura,
la assenza di vincoli nel bandire concorsi, e un certo contenzioso sui criteri da seguire,
provocano omissioni e ritardi nelle nomine.
Quanto questi ritardi siano graditi agli stessi Magistrati onorari, che nel rigido criterio di
retribuzione a cottimo possono spartirsi un numero maggiore di attività, non è dato
sapere.
In ogni caso, vi sono stati, ad onor del vero, svariati disegni di legge, presentati in tempi
successivi in Parlamento ma rimasti lettera morta. A partire dal disegno del
prof.Modestino Acone, del 2003, per arrivare ai giorni nostri ovvero al disegno del
Senatore Valentino attualmente in discussione al Senato (AS2080), peraltro, tutti gli
interventi proposti avevano, ed hanno, come tratto essenziale il reclutamento senza
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concorso per esami, la temporaneità dell’incarico, la compatibilità con la professione di
avvocato.
Proprio i punti critici che qua si vogliono affrontare, proponendo una lettura diversa ed
un progetto organico di riforma che superi queste insanabili antinomie.
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Proposta di riforma
La proposta di riforma della Magistratura Onoraria che la Associazione Italiana Giovani
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Avvocati intende veicolare, si propone di superare la astrazione concettuale che
consente ad un soggetto precario, non inquadrato funzionalmente in nessun Ordine e
non garantito nella sua indipendenza ed autonomia, reclutato senza verifica per esami
della sua capacità, l’esercizio sistematico della funzione giurisdizionale.
Il concetto fondante è il superamento della “onorarietà”, comunque intesa. La
giurisdizione, anche “minore”, dovrà essere affidata a professionisti.
La proposta prevede due ambiti di intervento: la attuale istituzione del Giudice di Pace,
che è organizzato in piena autonomia funzionale e strutturale, ed i GOT – VPO, che si
trovano a svolgere funzioni di supplenza, spesso integrale, di compiti che dovrebbero
essere propri della Magistratura togata.
Il primo pilastro concettuale, quindi, riguarda la riforma del Giudice di pace.
Si è voluto, sia con il progetto originario, sia con le sensibili modifiche successive,
creare (nominalmente) un “giudice di prossimità”, destinato alla decisione delle
controversie di minore importanza (quantitativamente determinata con il limite di
valore) e ritenute più facili, come le modalità di esercizio dei servizi condominiali o i
confini, di agevole accesso e di rapido riscontro.
La realtà ha dimostrato, invece, che il Giudice di pace è in pratica un grado di
giurisdizione piena, dove si trattano secondo diritto (sostanziale e processuale) cause
che, spesso, rivestono per il soggetto agente importanza essenziale. Un contratto da
cinquemila euro, per chi ne ricava tredicimila l’anno, può corrispondere a quasi sei mesi
di lavoro.
La apparente “facilità” delle cause attribuite al GdP, quindi, non giustifica né una
approssimazione nella sua preparazione (che attualmente, in sede di nomina, non viene
in alcun modo verificata), né una incertezza sulla sua indipendenza ed autonomia.
Riteniamo che non possa dirsi autonomo un Giudice il cui compenso è parametrato
direttamente al lavoro che svolge (i GdP guadagnano a cottimo), che abbia da quel
lavoro tutto (o parte sostanziale) del proprio reddito, e che però non sappia se, tra un
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anno o tra due, possa ancora continuare a svolgere quella funzione, o se debba riciclarsi
altrove.
Appare necessario quindi, per risolvere il problema alla radice, che sia compiuto un atto
di coraggio, e sia istituito un ruolo organico di “magistrati di prossimità”, da inquadrare
all’interno dell’Ordine Giudiziario, cui attribuire la competenza a decidere su materie
minori, con un rito unico semplificato, minori formalità non essenziali, privilegio
dell’oralità e lettura contestuale del dispositivo.
La proposta dell’Aiga sulla Magistratura Onoraria
Il reclutamento dei magistrati di prossimità dovrebbe avvenire con concorso per esami
dedicato, indetto dal Ministero della Giustizia, in modo da verificare la loro
preparazione ed idoneità a ricoprire la funzione. L’inquadramento, che è il punto più
delicato, dovrebbe avvenire all’interno dell’Ordine Giudiziario, in separato settore del
quale faccia parte solo la Magistratura di prossimità. L’organo di autogoverno dovrebbe
rimanere una sezione specializzata del CSM, affiancata peraltro da una Commissione
consultiva composta da rappresentanti della Magistratura di prossimità, in modo da
garantire piena autonomia ed indipendenza ed interscambio tra tutti gli operatori della
giurisdizione.
Potranno poi essere previsti concorsi dedicati per passare dalla Magistratura di
prossimità alla Magistratura togata.
Il Giudice di prossimità così inquadrato dovrà avere idonea retribuzione, parametrata
alla media di quanto oggi viene attribuito ai Giudici di Pace, in modo da non costituire
aggravio al Bilancio dello Stato, e ovviamente tutela previdenziale ed assistenziale.
La funzione di Giudice di Prossimità dovrà essere incompatibile con qualunque altra
attività, ivi compresa la attività libero professionale di avvocato.
Nell’ambito della riforma, dovrebbero essere accorpate molte sedi di Giudice di pace,
ricostruendo una geografia giudiziaria che, partendo dai vecchi mandamenti pretorili,
elimini quelle sedi sovrabbondanti o ingiustificatamente vicine le une alle altre, per
ottimizzare le risorse umane non perdendo il contatto diretto con il territorio.
L’Ufficio del Giudice di prossimità composto da più magistrati dovrebbe essere diretto
da un coordinatore, distinto dagli altri solo per funzioni e nominato dall’organo di
autogoverno.
Prima di raggiungere la piena funzionalità di tale figura, sarà necessario un regime
transitorio, nel quale dovranno essere coinvolti gli attuali Giudici di Pace.
Per essi, sarebbe ipotizzabile un corso-concorso riservato, selettivo e per esami, che
consenta, una volta superato, l’inserimento in via definitiva nell’organico dei Giudici di
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prossimità. Per coloro che non intendano cimentarsi nel concorso, o non lo superino,
rimarranno attribuite le funzioni attualmente svolte, con il medesimo regime normativo
e retributivo, sino al termine naturale del mandato, non prorogabile in nessun caso. Gli
altri posti in organico, e poi a regime tutti, dovranno essere colmati con ordinari
concorsi per esami, con partecipazione della Avvocatura alle commissioni esaminatrici,
all’esito dei quali stilare apposita graduatoria.
In ordine alla competenza, ad un Giudice così reclutato e formato sarebbero attribuibili,
La proposta dell’Aiga sulla Magistratura Onoraria
oltre alle questioni attualmente di competenza dei Giudici di Pace, anche altri compiti,
quali ad esempio le esecuzioni mobiliari.
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Diversa invece la situazione delle figure dei GOT ed i VPO.
Essi, come già esposto, svolgono attualmente una funzione supplente di compiti che
sono attribuiti, per legge, alla Magistratura togata. Di questa supplenza, spesso, si è fatto
e si fa un vero e proprio abuso, tanto da far dire a molti operatori che la macchina della
Giustizia, in molti Tribunali, è letteralmente “tenuta in piedi” dall’opera dei Giudici
Onorari.
Ciò, come appare intuitivo, non è normale.
La proposta dell’AIGA, anche in questo caso, è radicale. In primo luogo è
indispensabile che siano colmati gli spaventosi vuoti di organico che affliggono la
Magistratura ordinaria (mancano, dati alla mano, oltre 1.400 magistrati in servizio,
senza contare i 300 fuori ruolo , vale a dire il 17% del totale).
Una volta colmati i vuoti di organico, potrebbe essere ipotizzata, nell’ottica di una
maggiore efficienza, una struttura di ausilio (e non di supplenza!) del Magistrato
ordinario, sia giudicante sia requirente, al fine di ottimizzare lo svolgimento della
attività quotidiana.
Si pensa, quindi, alla soppressione della attuale figura dei GOT e dei VPO, ed alla
istituzione di un “ausiliario giudiziario”, simile per certi versi al “court clerk” di
derivazione anglosassone, cui affidare incarichi di assistenza al Giudice nell’esercizio
delle sue funzioni. All’Ausiliario potrebbero essere affidati, con la supervisione e sotto
la responsabilità del Giudice, incarichi di prevalente valenza amministrativa, oggi
attribuiti a quest’ultimo, liberando quindi energie per lo svolgimento della essenziale
funzione giurisdizionale, che dovrebbe rimanere solo ed esclusivamente nell’ambito
della Magistratura.
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All’Ausiliario del Giudice, in sostanza, potrebbe essere demandato lo studio preliminare
della problematica giuridica relativa alla stesura di sentenze e provvedimenti, lo
svolgimento
di
compiti
amministrativi
(Commissioni
Elettorali,
commissioni
esaminatrici, ecc), alcuni incarichi di vigilanza e controllo ed altri compiti consimili,
esclusa ogni funzione decisoria.
All’Ausiliario del Pubblico Ministero potrebbero essere invece demandati la attività
preliminare di assistenza nella redazione dei provvedimenti (chiusura indagini, decreto
La proposta dell’Aiga sulla Magistratura Onoraria
di citazione a giudizio, ecc.), la assistenza ad atti di indagine decisi dal PM
(interrogatori, audizioni di sommari informatori, ecc.) ovvero la sostituzione nelle
udienze, con delega, davanti al solo Giudice di prossimità, esclusa anche in questo caso
ogni funzione decisoria.
Per il reclutamento, dovendo essi essere inquadrati nella amministrazione della
Giustizia, ma non nell’Ordine giudiziario, potrebbe essere sufficiente un concorso
pubblico con introduzione di specifico ruolo organico.
Naturalmente, nel regime transitorio, ai VPO ed ai GOT attualmente in servizio
potrebbe essere garantito l’accesso, a pari condizioni, al corso-concorso per Giudice di
prossimità di cui sopra, ovvero avere titolo di privilegio per il concorso per ingresso
nell’organico di Ausiliario del Giudice, fermo restando il diritto, in ogni caso, di
mantenere il ruolo attualmente in essere sino alla scadenza naturale del mandato,
esclusa ogni proroga.
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Una disciplina organica sul modello di quella sopra sinteticamente esposta, porterebbe
finalmente al superamento della logica della precarietà che da troppi anni ci affligge, ed
assicurerebbe, oltre ad un recupero di efficienza, un investimento sulla qualità, che è il
fine ultimo essenziale di ogni giurisdizione che voglia dirsi tale.
Giunta Nazionale AIGA
Presidente: Avv. Giusepe Sileci · Via L. Rizzo, 29 · 95131 Catania · Tel. 095312082 · Fax 095312082 · e-mail: [email protected]
Segretario: Avv. Antonio Volanti · Largo Messico, 6 · 00198 Roma · Tel. 0690219617 · Fax 0690219600 · e-mail: [email protected]
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Aderente alla Association Internationale des Jeunes Avocats (A.I.J.A.)
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