1970.03.04 - Comunità dell`Isolotto
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1970.03.04 - Comunità dell`Isolotto
04.03.70. Problemi per gli Scout, problemi prima comunione, problema sfratto Lino e Domenico. Cosa fare a Pasqua BA054 (dal giro 451 della seconda parte della bobina al termine) e BA 055 (all'inizio della prima parte). (Interventi di: Sergio Gomiti, Raffaello Corsi, Vittorio Tabacchini, Urbano Cipriani, Mira Furlani, Sergio Custodoni, Enzo Mazzi, Aldo De Santi, Luciana Angeloni, Domenico Arpino, Mauro Sbordoni, Daniele Protti, Giancarlo Zani, d. Enzo Galardi, voce femminile non identificata). Sergio G.: Si comincia ma fra qualche momento dovrebbero arrivare anche quelli che stanno vedendo perdere la Fiorentina. Eh, sì! La perde! Che cosa ci posso fare?! Mentre si aspetta, intanto vi volevo dire le cose di cui si parlerà stasera. Poi verrà Urbano e credo che sia lui a tenere l'assemblea di stasera. Dunque si dovrebbe fare una specie di diario delle cose che sono successe questa settimana, poi si dovrebbe parlare di quello che ci aspetta in futuro e in particolare la settimana santa, Pasqua, per decidere le cose che si vorrà fare in quel momento e poi ci saranno anche altre cose alla fine di cui si discuterà insieme. Tra le cose successe in questi ultimi giorni c'è questo: gli Scout. Voi sapete che qui all'Isolotto sono circa novanta ragazzi, tra ragazzi e giovani. Hanno cercato un posto diverso, delle stanze dove potersi sistemare perché hanno trovato una enorme difficoltà a mantenere le stanzette lì sotto a quegli scantinati della chiesa e quindi hanno avuto diverse trattative con l'Arcivescovado, con i preti. Poi, a un certo momento, questi figlioli, soprattutto non tanto i capi ma anche i ragazzi stessi, si sono trovati in una grande difficoltà, difficoltà di subire costantemente i soprusi di quella gente lì insomma. I più piccini, soprattutto i lupetti - sono bambini dai nove agli undici anni - sono venuti qui, hanno preso una stanza qui delle Baracche e per ora loro si sono sistemati qui e hanno lasciato libero quella specie di avamposto davanti alla chiesa, quello a destra. Glielo hanno lasciato libero. Poi, mentre invece gli Scout, quelli un pochino più grandi hanno cercato delle cantine presso le famiglie di qualcuno di loro e per ora la roba l'hanno portata lì. Non hanno riconsegnato ancora le chiavi però la roba l'hanno portata in queste cantine. Ora riguardo a questo problema degli Scout, che è un problema che ci interessa, noi se ne è parlato un po' poco nelle nostre assemblee. Se ne è parlato poco anche perché si aveva un po' di timore di strumentalizzare questi ragazzi oppure di metterli ancor più a disagio dato che già a disagio si trovavano dovendo stare lì. Però, a questo punto, le cose vanno chiarite e io spero che in questa settimana o nella prossima ci si possa vedere un po', specialmente con quelli che sono un po' più responsabili dei ragazzi, e, a una delle prossime assemblee, si preparerà una relazione per dirvi un po' come noi si cercherà di impostare di nuovo questa attività, che non è proprio una attività nel senso attivistico ma questa attenzione ai ragazzi cercando di educarli nel modo migliore possibile. Questo dei ragazzi, degli Scout, è un problema che ci interessa, vi dicevo, un po' particolarmente perché si tratta di un numero non indifferente di ragazzi. E poi veramente dobbiamo dire questo: che questi figlioli, quelli giovani in particolare, quelli che sono venuti negli anni precedenti negli Scout, hanno fatto un lavoro non soltanto qui all'Isolotto ma anche a livello nazionale. Cioè a dire: il nostro reparto nella Toscana - e questo non è un vanto - è uno dei meglio e anche a livello nazionale. Quando si sono trovati alle assemblee, alle riunioni, hanno portato avanti certi discorsi che poi sono stati accettati anche fuori, anche a livello nazionale. Quindi è un valore che noi abbiamo in mano e, a un certo momento, non lo possiamo lasciar cadere ma anzi bisogna metterci tanto impegno da parte nostra e vedere di portare avanti questo discorso. Un'altra cosa che sono venuto a sapere in questa settimana è questa: due bambini, un bambino e una bambina che erano segnati, due su sessantacinque o sessantasei dei bambino che fanno la prima comunione, due non la faranno la prima comunione. Era un paio di volte che saltavano la riunione del giovedì, non si facevano sempre vivi e allora la catechista è andata dai genitori e ha domandato di che cosa si trattava, come mai. E mentre questi bambini, questi figlioli erano d'accordo, anzi erano scontenti di lasciare la catechista, la mamma ha fatto questo discorso: "Mi scusi tanto signorina ma lei ci deve capire: noi dobbiamo star qui; se a un certo momento abbiamo bisogno di qualcosa per forza saremo costretti a rivolgerci a questi preti nuovi e quindi noi i bambini li mandiamo lì".[Alcune donne contestano il comportamento di questa mamma]. A un certo momento… insomma lasciamo andare quattrini o altre cose. Di fatto vi rendete conto - e questo è importante e non per fare una critica ai genitori di questi figlioli che anzi io rifiuto di criticarli, ma per renderci ancora più conto di come molte persone, non all'Isolotto e basta, ma in tutta la Chiesa, è un discorso molto più grande - molte persone che vanno in chiesa e che fanno tante cose non è che le facciano per convinzione ma le fanno perché vi sono costrette da una situazione particolare, per andare d'accordo con l'autorità, per non aver delle grane, perché domani se ne può avere bisogno. Quindi a questo punto voi capite (che) la fede non c'entra più nulla. C'entra, però di fatto siamo uomini e queste cose bisogna essere pronti anche a capirle. Quindi non è per un giudizio su questi genitori, anzi, se me l'avessero detto, gli avrei detto: se vi trovate in necessità fate bene a sfruttare la situazione. Io glielo avrei detto tranquillamente. Però di fatto questo ci serve per capire in che situazione si trova la Chiesa. La maggior parte, la quasi totalità dei cristiani che vanno alla messa, osservano tutto soltanto perché a un certo punto devono essere in regola con tutti quanti. Poi per quello che riguarda la benedizione delle case. Dunque noi si è avuto diverse telefonate, direi parecchie veramente. Quelli che ci hanno telefonato e vogliono che si vada a casa sono più di duecento famiglie. Ora voi lo sapete: Enzo in questa settimana ha avuto un po' di febbre e quindi non abbiamo potuto stabilire come si farà. Io penso che in settimana prossima, quando Enzo starà un pochino meglio, noi preti con alcuni altri ci si vedrà un po' e si deciderà quando. Si manderà un biglietto a casa a quelli che ci hanno detto di andarci. E di questo se ne parlerà anche dopo. Oggi stesso, non so se ve ne parlerà Urbano, l'ho visto far capolino e poi si è ritirato indietro, oggi stesso è arrivata la intimazione, la intimazione ed è firmata dal parroco dell'Isolotto, dal nuovo parroco dell'Isolotto Pietro De Marchi, l'intimazione, entro dieci giorni, a lasciare le stanze a Lino e a Domenico. E' una cosa molto grossa questa. Noi non ci vogliamo fare la polemichina sopra. Io penso che Urbano dopo, se la legge lui questa intimazione con tanto di timbro del tribunale, eccetera, eccetera, voi vedrete, ci fa comodo perché a un certo punto - ah! è proprio questa! bellina! - anche questo ci aiuta a chiarire come tanti discorsi che vengono fatti e che vengono anche scritti: "fate la carità operosa" coi salvadanai, poi, a un certo momento, la "carità operosa" diventa l'intimazione a due, che non hanno casa, d'andar via. Che bella "carità operosa"! Poi ne parlerà qualcun altro. Urbano stava facendo un pochino il diario delle cose successe. Ecco: una cosa. Queste sono le cose più o meno successe in questa settimana. Poi le si vedranno un po' meglio: questa intimazione, eccetera. L'altro problema, l'altro problema che noi ci s'ha di fronte, e si affronta subito, così… [vi sono delle voci dell'assemblea che mettono in difficoltà a proseguire l'intervento, probabilmente sono cose che riguardano il punto precedente] l'argomento che ci sta un po' di fronte è questo ed è l'argomento… via! Ora non facciamo… non ci interessa la polemica soltanto, anzi non ci interessa affatto. Queste sono cose che le persone le smerdano da sé, non c'è bisogno di farle noi, però di fronte.. il Covi ne terrà due o tre metri cubi in una autobotte ma questi se ne tirano addosso altro che…questa è peggio dell'alluvione e non è acqua, questa è popò. Una cosa.: lasciamo andare. Però ci interessa per sapere come la Chiesa purtroppo agisce e questo ci fa tanto dispiacere perché a un certo momento non si vorrebbe che la Chiesa facesse queste cose, la Chiesa ufficiale. Allora parliamo un momentino della settimana santa. Ci si avvicina a Pasqua e praticamente ci sono questi giorni in cui noi bisogna decidere alcune cose da un punto di vista della liturgia, come la celebrazione della messa, queste cose qui. Voi sapete che i giorni più importanti sono il giovedì santo, il venerdì santo, il sabato santo e la Pasqua. Allora si tratta di vedete un momento insieme cosa si intende fare, anche perché bisogna chiedere i permessi e voi lo sapete che bisogna dare il preavviso alla Questura, bisogna chiedere al Comune l'occupazione del suolo pubblico che ormai si fa da più di un anno e quindi bisogna sapere quali giorni noi intendiamo adoperare perché si possano fare le cose in tegola. Ora io non so cosa particolarmente pensate voi riguardo a questi giorni. Quali giorni pensate che sia importante che noi facciamo qualcosa del giovedì, del venerdì, del sabato e della domenica di Pasqua. Ecco: sono quattro giorni praticamente e bisogna a un certo momento scegliere. Bisognerebbe scegliere, secondo me - io faccio una specie di proposta - i momenti più importanti e vedere come noi li possiamo realizzare questi momenti, Noi, a disposizione, chiedendolo, abbiamo la piazza e questo richiede la nostra partecipazione. Cioè noi dobbiamo decidere delle cose alle quali possiamo partecipare proprio come Comunità. Quindi non si tratta di dire che, siccome nella settimana santa si fanno questi riti, si fanno questi riti e via. Ma siccome noi sappiamo che dobbiamo essere tutti quanti insieme a promuovere e a fare queste cose, si tratta di vedere un po' quali sono realmente le nostre possibilità. Quindi se c'è qualcuno che vuole già prendere la parola e dire cosa pensa riguardo a questo argomento, quali sono i giorni per esempio che noi potremmo adoperare, quali sono le cose che noi possiamo fare in questi giorni. Raffaello C.: Per conto mio più che proposte vorrei dire il mio pensiero e sarebbe questo: cercherei di concentrare tutta l'attenzione e anche la ricorrenza sul fatto della distribuzione dell'olivo ma dandogli un significato della settimana santa. La domenica delle palme, sì. Sergio G.: Questa è un'altra questione. Cioè a dire la preoccupazione nostra non era tanto quella di riti che fare ma si trattaqva di vedere quali di questi giorni. La domenica delle palme è una domenica e noi la domenica, come sempre, ci si ritrova. Quindi vedremo insieme cosa fare. Mi premeva ora, e penso che prema a tutti, orientarsi un po' per i quattro giorni della settimana santa, cioè giovedì, venerdì, sabato santo e domenica di Pasqua. Quindi si tratta di sapere come si pensa di passare questi quattro giorni da un punto di vista, non so, delle nostre riunioni di preghiera. Certo c'è da tener conto di tutte queste cose e quindi venite a dirlo quello che voi pensate. Chi ha delle difficoltà, chi ha delle proposte riguardo a questi giorni viene qui e lo dice anche agli altri. Di tutte queste cose certamente bisogna tenerne conto. Vittorio T.: Io proporrei che si rifacesse come anno scorso. Cioè a dire l'anno scorso si fece una specie di testimonianza per il centro perché noi vediamo che purtroppo la Chiesa è rimasta indurita, se ne frega di ciò che avviene nel mondo. Noi lo vediamo anche con questa testata che hanno mandato ai nostri fratelli per sfrattarli. Di conseguenza questi tipi di azione noi li vediamo nella Chiesa, tutta la Chiesa ufficiale. Purtroppo questa Chiesa è rimasta in queste condizioni che non ci sente. E allora noi, per dimostrare che ci siamo ancora, che siamo più vivi che mai, crederei opportuno di fare come anno scorso, di invitare tutti i gruppi che sono collegati con noi, cioè a dire i gruppi di altre zone e fare una specie di manifestazione per la pace che purtroppo il nostro caro papa non ha mosso un dito per creare un qualche cosa di concreto della pace che succede nel mondo. In verità bisogna riconoscere questo fatto qui: che purtroppo ci sono molta gente che parlano di pace. Tutte le Chiese parlano di pace però all'atto pratico noi di pace non ne vediamo. E siccome noi vogliamo mettere il dito sulla piaga, noi dovremmo riscattare questo tipo di inganno che tutte le Chiese fanno nei confronti della pace e mettere in evidenza, attraverso il nostro contributo, diciamo così, piccolo contributo e creare una suscettibilità in mezzo agli uomini di come si interpreta noi il concetto della religione, cioè la religione al servizio non del servirsi e fare i quattrini. Purtroppo, anche sul caso qui di don Marchi, fa dispiacere perché lui non lo sa che il contributo per la costruzione della chiesa è stato dato da tutto il popolo dell'Isolotto però la chiave la tiene l'Arcivescovo. Lui sa benissimo che questi contributi sono stati dati da tutti. Di conseguenza non lo ritengo in diritto, nel senso di coscienza, di mandare un atto del genere. Questo lui lo dovrebbe capire perché quelle sono cose fatte da tutto il popolo. Ora, come ripeto, io non voglio allungarmi, proporrei appunto già di rifare la stessa manifestazione che si fece di venerdì santo dopo pranzo. Il venerdì santo si fece e cercare di organizzare in modo che riesca maggiormente e che stimoli, diciamo così, questa indifferenza che c'è nei confronti della Chiesa oggi. Urbano C.: A proposito del problema della pace. Il venerdì santo è proprio il giorno di lutto e di passione. C'è un collega mio, un insegnante, il quale mi ha detto - lo conosco bene - che a Firenze si sono riuniti alcuni. Sono di tutte le idee, di idee diverse e cercano di far riparlare un po' l'opinione pubblica, non solo italiana ma anche tutta occidentale, del Vietnam. Noi si è sentito parlare delle stragi, si sa dei defoglianti. Se non si sa ci si informa che cosa sono e cosa non sono. Vogliono, chiedono insomma, hanno chiesto a me, ma ad alcuni di noi io ne ho già fatto parola, di poter venire qui una sera a presentare una loro proposta perché sentono il bisogno che, finché si rimane a Palazzo Medici Riccardi, siamo i soliti intellettuali e allora noi si vuole parlare alla gente di questo problema. Ora alla fine di marzo, non so se in Danimarca o in Svezia, qualcuno qui lo saprà, c'è una di nuovo una riunione internazionale di tante persone che vogliono parlare della situazione nel Vietnam. Io penso che se questa gente ci chiede di venire qui ad illustrarci che cosa vogliono e fra l'altro hanno delle informazioni da darci, non so se ci faranno vedere un documentario che ci farà star male, io direi che il mercoledì santo potrebbe anche essere l'occasione. Se loro vengono, non so, anche mercoledì prossimo - io ho detto loro che ne avrei parlato stasera - se siamo d'accordo, vengono qui alcuni e ci dicono un po' che cosa vorrebbero fare, cioè chiedono a noi se si può collaborare con loro. Noi abbiamo il venerdì santo, se si parlerà della pace… Gli si potrebbe rispondere che mercoledì possono venire? Poi c'è un nostro amico di Milano che voleva anche lui parteciparci una loro iniziativa - non so cosa di preciso - So che ne aveva accennato con i nostri preti. Deve prendere il treno fra un po'. Quindi sentiamo anche lui che cosa avrà da dirci. Un minuto solo, dopo eh! Un attimo! Mira F.: Ho ricevuto, prima di venire via, una telefonata da Graziella Mori che non può venire stasera. Mi ha detto riguardo a questa faccenda del Vietnam. Non so quale collegamento ci sia fra questi ragazzi, questi giovani che conosci te e Enriquez Agnoletti, perché anche Enriquez Agnoletti avrebbe espresso il desiderio di presentare un documentario, non un documentario, sono delle riprese dirette fatte in Vietnam da lui su quello che sta succedendo là. Sono documenti ripresi dal vivo, che possono interessarci, che possono darci una idea precisa e non contraffatta della realtà di laggiù. E diceva di chiedere se a noi questa cosa ci interessava. Quindi si potrebbero unire le due cose o forse sono già un'unica cosa, non lo so. Urbano C.: Un'unica cosa non sono però sono… Mira F.: Molto vicine. Urbano C.: Questo documentario di cui accennavo io è quello eventualmente che ha portato dal Vietnam Agnoletti. Mira F.: Ecco. Era quello che io volevo dire. Se noi si può discutere questa proposta, loro potrebbero (venire), non so se domenica pomeriggio sono disponibili, se no mercoledì oppure la domenica successiva ancora, insomma non andando troppo avanti. Urbano C.: In linea di principio gli si dice che gli si fa spazio qui nelle Baracche. Poi una domenica o un mercoledì… non è poi una faccenda tanto lunga. Si tratterà di vedere insieme che cosa si può fare eventualmente la giornata del venerdì santo. Certo non si può parlare della pace e far finta di nulla su quello che succede nel Vietnam. Questo è chiaro. Non so, se si dà la parola… Sergio, vuoi venire? Se no se dopo perdi il treno… Sergio C.: Grazie. Io sono Custadoni e appartengo al Movimento Mani Tese. Non so se voi lo conosciate. Urbano C.: Spiega brevemente. Sergio C.: Mani Tese è una associazione aconfessionale in cui c'entra chi ne ha voglia, a prescindere dalle sue idee religiose o partitiche, la quale si occupa del problema del Terzo mondo. E sono problemi di cui voi sapete la gravità. Tra l'altro ho sentito che siete parecchio sensibili perché ho sentito un paio di interventi proprio a proposito della pace e del Vietnam, che è un Paese del terzo mondo, per cui sono contento di essere qua a parlare a voi perché è un ambiente recettivo a queste idee. E' da molti giorni che io sono a Parma a organizzare questa manifestazione che vi spiegherò subito e, per l’indifferenza di vari ambienti, è una cosa che rende un po' pessimisti. Noi abbiamo intenzione di fare una cosa di questo genere: vogliamo fare una manifestazione a livello nazionale, la prima che si fa in Italia, contro lo sfruttamento dei Paesi sottosviluppati e contro la fame, la guerra la quale fra l'altro spesso è un effetto di queste condizioni e abbiamo deciso di incentrare la manifestazione nella città di Parma per vari motivi. Innanzitutto perché ci siamo messi d'accordo con altre associazioni oltreoceano, in Canada e negli Stati Uniti, le quali, nella stessa giornata, il ventidue di marzo, la domenica è degli ulivi - siamo sempre in quel periodo - faranno altrettante manifestazioni in altre città del continente americano chiamate Parma. E in Italia la manifestazione sarà nazionale. Dovrebbero partecipare diverse migliaia di persone, almeno sarebbe nei nostri intendimenti, perché è la prima, perché il problema, almeno in certi ambienti, è piuttosto vivo specialmente tra i giovani a Parma. E siamo venuti qua a portarvi l'invito, nei limiti del possibile, di aderire a questa manifestazione. Si svolgerà per tutta la giornata. Non è una solita marcia di una o due ore che ce ne sono una infinità in giro. E' una marcia che dura tutto il giorno. E' lunga venti chilometri ma non è una corsa. Voglio dire non deve essere una cosa eccezionalmente faticosa perché si va avanti tranquillamente, in ordine, portando manifesti, striscioni che esprimono il pensiero di quelli che parteciperanno alla manifestazione. Evidentemente, se voi vorrete aderire e vorrete venire, siamo contenti se voi esprimete il vostro pensiero a questo proposito con i vostri problemi che avete. Tenete conto che anche loro hanno questi problemi dovuti a un sistema mondiale ingiusto, dovuto a strutture economiche che sono la causa principale di questo sottosviluppo, mostrare la solidarietà di chi, pur preoccupato dei propri problemi, capisce così l'angoscia di chi non soltanto soffre la fame ma ci muore addirittura. Sappiamo benissimo che voi siete perfettamente a conoscenza di questo. Verranno poi letti al Parco di Parma, durante una breve sosta per mangiare qualcosa, riposarsi un po', dei discorsi sui problemi cari a Mani Tese e cioè il problema della fame, il problema dell'arretratezza culturale, della spesa folle per gli armamenti e speriamo di farlo leggere a un soldato in divisa questo discorso. Gli prospettiamo i rischi a cui va incontro naturalmente. Il problema della violenza e non violenza, il problema del colonialismo, dei rapporti commerciali. Sapete tutti, non posso farvi una conferenza, sapete tutti delle grandi ingiustizie a cui i popoli del Terzo mondo sono soggetti nei rapporti internazionali. Praticamente i Paesi industrializzati, fra cui anche l'Italia, fanno il bello e cattivo tempo, impongono le condizioni e se non accettano comprano da qualche altro Paese. E purtroppo non sono Paesi come il nostro, che hanno varie attività industriali per cui se da noi un anno la gomma va male c'è il mercato dell'automobile o il mercato tessile oppure l'agricoltura. Là, spesso, i Paesi concentrano l'attività economica in uno, due prodotti, per cui se in un anno il caffè, il cacao vengono ribassati come prezzo sul mercato internazionale, (va) tutto a rotoli per un anno. Non so se mi spiego. Ora io ripeto l'invito a partecipare. Se volete lascio del materiale illustrativo. Vi chiedo se ne avete voglia, se siete d'accordo naturalmente con l'iniziativa perché dovete dire il vostro parere. Non so, mettere un paio di manifesti qua nel vostro locale e benvenuti se volete venire a Parma. Noi vi chiediamo, non perché non ci siate simpatici, ma perché abbiamo promesso di dare un certo stile alla manifestazione, dobbiamo impegnarci presso di tutti a mantenerlo tale, a non presentarsi nominalmente, nome e cognome, sui cartelli, vogliamo per evitare questo la propaganda di associazioni, gruppi, partiti, eccetera e vogliamo che le idee scaturiscano non dal nome di chi partecipa ma scaturisca proprio attraverso quegli slogan che ciascuno vuol portare avanti, che voi riterrete opportuno scrivere sui cartelli, sugli striscioni, su quello che volete fare voi. Tra parentesi, e concludo, sempre secondo la linea di Mani Tese, noi vogliamo finanziare un paio di opere nel Terzo Mondo, uno veramente nel Terzo Mondo italiano, nella Valle del Belice in Sicilia, non so se voi siete a conoscenza. Verrà una delegazione apposta dalla Valle del Belice a presentare le loro richieste che sono proprio richieste categoriche che loro vogliono portare avanti e l'altro è la costruzione di un Centro agricolo nel Pachistan. Noi di Mani Tese come organizzatori non ci occupiamo di finanziamenti perché abbiamo pensato bene che siano le persone che vogliono aderire, che avranno la briga di cercare delle persone d'accordo col problema, sensibilizzarle. Se loro vogliono finanziare il progetto ben venga il loro contributo. Sergio G.: Non perché ci si sia espressi in maniera determinata ma così, ascoltando, mi sembra che si punti, per quello che saranno i giorni di cui vi accennavo avanti, un po' sul venerdì santo e sulla domenica di Pasqua e questo mi sembra molto importante perché sia per la morte di Gesù che attraverso la morte di lui, che col suo sangue ha riunito tutti gli uomini, che ha fondato la pace. Dovrebbe essere un impegno di tutti i cristiani proprio in nome di Gesù Cristo, che è morto per questo, per portare avanti questo discorso sulla pace. Gesù per portare avanti questo discorso è morto. Qualcosa c'è toccato anche a noi ma non certamente tanto: ancora non siamo morti. Quindi mi sembra molto bello, mi sembra fondamentale legare questa nostra tensione verso la pace, sia che riguardi il Vietnam, sia che riguardi il Terzo mondo, sia che riguardi tutte queste cose, legarlo al venerdì santo perché per noi cristiani è un momento fondamentale. Mi sembra quindi che siano questi due giorni. Oltretutto si ritorna alla morte e alla resurrezione di Gesù. E quindi io non so se questa proposta vi va, lasciare correre gli altri giorni e cercare di impegnarsi proprio in questi due giorni particolarmente qui all'Isolotto, poi accogliendo l'invito per la domenica delle palme ma quello è un altro discorso. Ma per quello che riguarda la nostra presenza qui, come poi mi pare che abbiamo fatto anche l'anno scorso: ci si ritrovò il venerdì santo, la sera dopo cena, lì in piazza e poi ci si ritrovò per la domenica. Quindi potrebbero essere questi due i momenti che si sceglie per esprimere la nostra fede, per esprimere le cose in cui crediamo. Non so se qualcuno prospetta qualche altra cosa. Non so se questa proposta raccoglie un po' l'idea di tutti: il venerdì santo, magari dopo cena e la domenica di Pasqua. Va bene questo? [Risposte affermative dall'assemblea]. Lasciando correre il giovedì santo, lasciando correre poi anche il sabato in cui anche la Chiesa non fa liturgia, non fa nulla. Poi si vedrà. Era importante questo per orientarsi un pochino. Poi nelle assemblee che faremo in seguito decideremo un po' che cosa si farà di particolare durante queste riunioni che faremo. Bene, allora: il venerdì santo dopo cena e la domenica mattina, la domenica di Pasqua. Per la settimana santa quindi si prende questi due punti fondamentali. Allora se qualcuno vuole parlare di questo…[Qualcuno accenna alla proposta fatta da Sergio di Milano per la manifestazione di Parma]. La questione presentata avanti è una proposta questa che lui ha fatto per la domenica. Questa la possiamo discutere ancora ma si tratta di andare a Parma. Io dico la mia idea. La proposta ce l'ha fatta. Ne parliamo? A noi ci va molto bene, a noi ci va tutto bene quando, ci va tutto bene quando queste cose sono fatte con la massima chiarezza e si dice le cose come stanno, perché a un certo momento noi parlare di pace, parlare del Terzo mondo… ne parlano tutti, ne parlano anche i capitalisti del Terzo mondo facendoci le lacrime sopra. Noi, quando affrontiamo questi problemi, il bianco è bianco e il nero è nero per cui, se a un certo momento ci sono delle cose che vanno dette, si dicono e basta. Ecco, allora a noi ci va bene il discorso su questi problemi. Poi per quello che riguarda la nostra partecipazione là a Parma, c'è da tener conto delle condizioni in cui ci si trova noi. Se ne parlerà, ci si troverà d'accordo riguardo a questo se, non so, se andiamo così chi vuole andare oppure se una delegazione dell'Isolotto vuole andare là. Vedremo se prospettare una nostra idea là a Parma anche senza nominare i gruppi. Questo mi dà un po' noia, sinceramente. Mi dà un po' noia questo anonimato perché la gente ha una faccia. Quando io mi presento io dico: mi chiamo Sergio Gomiti e quando una si presenta deve dire: sono il tal dei tali, per cui se una persona partecipa a questa manifestazione, se anche dicesse io vengo dall'inferno e vi dico che siete una massa di demoni, bene, quello viene dall'inferno e dice che sono una massa di demoni. L'unica cosa che personalmente a me dà un po' noia è questo anonimato, questo agire in massa, voler togliere la propria personalità a quelle forze che a un certo momento ci tengono a fare questo discorso da un loro punto di vista. E' vero che può portare anche problemi, però se a un certo punto c'è un gruppo politico che vuole qualificarsi come tale ma che lo faccia a un certo momento! Capisco che può dar noia a qualcun altro però questo anonimato secondo me sembra che sia un po' - dico la mia impressione, poi ditemi che non è vero - ma mi sembra che sia un mettere le mani avanti da parte di chi organizza questo per non trovarsi poi in grane, perché se no ci sono quelli, ci sono quegli altri, si comincia a fare i nomi.. Ho questa impressione. Può darsi che sia una impressione sbagliata. Può darsi che sia molto meglio partecipare così. Io dico ora quello che sento immediatamente. Ho avuto l'impressione che questa preoccupazione di non volere che la gente si qualifichi ma presentare una massa di gente che dice "vogliamo che il Terzo mondo sia uguale al secondo o al primo mondo" sia un modo per contentare un po' tutti e non scontentare nessuno. Sergio C.: Anche noi abbiamo discusso i motivi, lo stile con cui portare avanti questa manifestazione. Noi non abbiamo niente in contrario, anzi lo faremo (quello) di dire esplicitamente i gruppi che aderiscono, che danno il loro appoggio politico e di partecipazione e quindi se voi aderite ce lo fate sapere e diremo che anche il gruppo dell'Isolotto ha aderito alla manifestazione. Ma il 22 di marzo, il giorno in cui sfileremo, effettivamente volevamo proprio dare il significato di gente che a prescindere da come si chiami - anch'io scrivo il mio nome all'angolo della piazza, non ho nulla da nascondere - gente che a prescindere da chi sia, da dove venga, da come si chiama, porta avanti le idee. Ma non è detto che si debba dire che il Terzo mondo debba essere uguale al secondo: voi dite quello che volete. Voi siete liberi di dire tutto quello che volete e vi qualificate e date il tono alla marcia dando il vostro contributo di idee. Però, siccome appunto a Parma pensavamo che ci fossero dei gruppi che volessero sfruttare questo, pigliamo qualsiasi gruppo, e sempre d'accordo con il Terzo mondo, perché appunto ora ne parlano anche i capitalisti, ma ne parlano pochino perché urta un po'. Quando abbiamo la pancia piena urta un po', per lo meno è poco delicato, lo capiscono anche loro che è poco delicato. Quando uno bastona un debole e poi dice: poverino come è magro… Sinceramente io non ne ho sentiti molti parlare. Comunque ne parlano sempre in ritardo e mai a proposito. Ora voi vi qualificate e date il tono alla marcia dicendo quello che volete però non è che ora voglia difendere a spada tratta questa posizione. E' uno stile che noi abbiamo voluto dare. Poteva essere dato anche un altro stile e c'erano prove contro. Naturalmente voi capite che lo chiediamo a tutti in modo di adeguarsi a questo minimo di cose anche se personalmente possono far dispiacere. Comunque le adesioni di chi partecipa saranno date, in anticipo anche. Enzo M.: Tu hai questo materiale. Lo lasci. Raffaello C.: Scusate, sul Terzo mondo io ho due parole da dire. Alla radio oggi, si sa tutti, hanno detto che è successa un'altra catastrofe già a Pozzuoli. Allora hanno detto le stesse parole - bisogna stare attenti perché per me sono molto importanti queste cose - hanno detto le stesse parole che dissero a proposito del Vajont e che hanno ripetuto per i disastri della Valle del Belice. E questo è importante perché ora fanno così come hanno fatto con l'Arno. Vi ricordate, con l'Arno promisero che sarebbe stato fatto a Firenze le Olimpiadi. Vi ricordate, no? E ora fanno i finti tonti a cominciare da Bergellini, La Nazione, eccetera, fanno i finti tonti. Chiunque le può leggere queste cose. Allora per il Terzo mondo il meglio discorso che si può fare per me è questo: che loro stanno ripromettendo un'altra volta per la faccenda di Pozzuoli, dove quei disgraziati non sanno come fare, molti hanno paura a scappare, ad andar via perché stanno dicendo: voi ci trattate come avete trattato i terremotati della Valle del Belice. E anche hanno promesso, con una spudoratezza veramente vergognosa, alla radio, - prendetene nota perché è importante - hanno promesso che inizieranno a fare le costruzioni, le case per questi novemila sfrattati. Perché lì succede qualcosa di grave. Hanno chiamato due sismologi dal Giappone e sono lì perché in Italia, a regola, non c'è nemmeno due elementi che sanno che la terra si muove e non ci si può più stare. Sono fatti di questi giorni. Quindi il meglio discorso da fare per il Terzo mondo noi lo abbiamo in Italia. Hanno detto proprio queste cose stasera. Alle ore tre, alle quindici, hanno detto che noi faremo le case, faremo tutto quello che occorre, servizi, le scuole per questi novemila. E non vogliono andar via di lì perché gli hanno detto lì che voi ci tradite come avete tradito quelli del Belice. Ragazzi, sono cose gravi queste. Ecco il Terzo mondo, il Terzo mondo è qui fra noi. Poi un'altra cosa ancora più grave. Hanno fatto parlare due ragazzette al Treuno treuno, due sole - ma io vi dico la verità perché io piglio gli appunti sapete! - due ragazze. Ad una gli hanno fatto dire - guardate che sono cose veramente gravi perché fanno riflettere. Io mi ricordo che prima di fare le guerre loro cercano di creare un psicosi speciale A una di queste ragazze dico che gli hanno fatto dire perché non è possibile che se la sia levata dalla testa, hanno fatto dire queste cose qui: che Dio può distruggere tutto quello che ha creato perché noi siamo in peccato. Guardate che cosa fanno dire alla radio italiana! L'hanno fatto dire a una ragazza a Treuno treuno che c'è dopo il giornale radio delle ore dieci e trenta. Poi un altro. Queste testuali parole: le può prendere in appunto: che Dio può distruggere tutto quello che ha creato perché noi siamo in peccato. Gliel'ha fatto dire quell'ipocrita di Mocagratta. E un'altra ragazza invece molto semplicemente ha detto: ma se Dio è amore queste cose non le può fare, non si può vendicare. E ha detto: Se noi siamo anche col peccato originale basta correggersi dentro di noi, ha detto questa ragazzetta, basta correggersi dentro di noi. E non è necessario, ha detto, andare a confessarsi e poi continuare a fare il male. Questa è un'altra ragazzetta. Però il fatto grave è questo che loro stanno creando la psicosi di una guerra di distruzione perché a cominciare dalla regina d'Inghilterra hanno i sotterranei a quaranta cinquanta metri sottoterra. Perché quelli che comandano il mondo, guardate, sono dieci famiglie. Se voi riflettete un pochino su quello che è successo in questi giorni che Nixon ha chiamato il ministro degli esteri francese e che gli ha fatto fare quelle po'po' di manifestazioni di quegli ebrei eccetera, l'ha chiamato perché lui è uno dei primi responsabili di quello che sta succedendo nel mondo. C'è Mansfield che ha chiesto a Nixon spiegazioni su ciò che sta facendo non nel Vietnam ma in un'altra nazione, lì che confina con il Vietnam, il Laos. Sta facendo una guerra di penetrazione continuamente ed ora è passato ai bombardamenti delle zone perché il Laos è diviso in due cose e Mansfield ha chiesto a Nixon che cosa sta facendo laggiù e gli ha risposto che lui glielo dirà però a porte chiuse, in separata sede. Guardate come sono queste cose. Perché? Perché loro sono i padroni del mondo. Sono quattro o cinque famiglie nel mondo che tengono in mano tutto. Ecco il Terzo mondo. Se noi non abbiamo il coraggio di denunziare queste cose noi non facciamo niente. Vanno denunciate perché da queste cose qui, da quello che si spende oggi per portare il mondo alla distruzione, viene fuori tutte le altre faccende. Altrimenti se non si risolve quel problema laggiù, questo cancro, se non si denuncia, giorno per giorno, in tutti i luoghi dove siamo a lavorare, le trame che fanno alle spalle dell'umanità e poi fanno dire a queste ragazze che Dio può distruggere tutto perché come l'ha creato. A me sembra che si sia a un punto tragico tale - e voglio finire con questo - che se loro avessero un pochino non di buonsenso soltanto ma d'amore, di buon cuore loro hanno tutto nelle mani oggi, hanno i mezzi per produrre tutto quello che si vuole nel mondo. Invece preferiscono, invece sono accecati dalla sete della ricchezza, preferiscono portare il mondo alla catastrofe. E allora noi vanno denunciate, denunciate continuamente. E questi nostri governanti che sono i servi di quella gente laggiù.. il capoccione disse: noi abbiamo fatto una scelta di civiltà. Ecco, se la civiltà è quella lì, Madonna, ma io mi ammazzo subito, domattina mi ammazzo se la si chiama civiltà quella lì.[molti dei presenti applaudono a questo intervento un po' sgangherato ma che mette in luce il modo di pensare e di esprimersi assai significativo di 'un uomo della strada', così come si definiva spesso Raffaello C.]. Urbano C.: A proposito di Terzo mondo, noi tanto siamo destinati eh! Anche oggi ci è arrivata la nostra piccola porzione di Terzo mondo. C'è come il Laos, dicevi te, è diviso in due. Il Vietnam è diviso in due così anche l'Isolotto è stato diviso in due e viene tutti i giorni diviso e continua a dividere in due. E in effetti è la stessa cosa. Il Terzo mondo è la Valle del Belice, ora è a Pozzuoli. Il nostro pezzettino è arrivato qui. Naturalmente non hanno sfrattato il più ricco del quartiere. Questo piccolo, questa fetta è arrivata attraverso un ufficiale giudiziario qui della sede di Firenze, consegnata ad Arpino Domenico, via delle Mimose 14 e l'altra a Lino è arrivata. E' una carta da bollo da quattrocento lire. In testa c'è: avvocato Luigi Figna, via Ricasoli 9, l'avvocato della Curia fiorentina. Firenze. Il titolo è: "Atto di precetto di rilascio". In parole povere significa che invita a smammare. "Atto di precetto di rilascio. Il sottoscritto sacerdote don De Marchi Pietro, nella sua qualità di parroco titolare e legale", di parroco titolare, "e legale rappresentante della chiesa della Beata Vergine Maria Madre delle Grazie, all'Isolotto, domiciliato presso la casa canonica di detta parrocchia di via delle Mimose 14, Firenze e quivi elettivamente in via Ricasoli numero 9, presso e nello studio dell'avvocato Luigi Figna dal quale è rappresentato e difeso come da mandato in calce al presente Atto, premesso che, con sentenza provvisoriamente esecutiva n° 54 del 15 gennaio 1970 il Pretore di Firenze condannava i signori Benvenuti Lino" - belli questo 'signori' - "e Arpino Domenico alla immediata restituzione della stanza da ciascuno di essi occupata nella canonica della chiesa parrocchiale della Beata Vergine Maria Madre delle Grazie all'Isolotto" - quindi premesso che il pretore ha detto questo - "che detta sentenza registrata a Firenze, Atti Giudiziari, il 28 gennaio 1970, n° 916, modulo 71/M, munita di formula esecutiva in data 5 febbraio 1970, è stata come tale notificata al Procuratore domiciliatario dei signori Benvenuti Lini e Arpino Domenico in data 9 febbraio 1970, ciò premesso intima" - il soggetto è il sottoscritto sacerdote De Marchi Pietro "intima formale precetto ai signori Benvenuti Lino e Arpino Domenico residenti in Firenze in via delle Mimose 14, di rilasciare entro il termine di giorni dieci dalla notificazione del presente Atto nella piena disponibilità dell'istante libera e vacua da persone e da cose la cosa da ciascuno di essi occupate nella canonica della chiesa parrocchiale della Beata Maria Vergine Madre delle Grazie all'Isolotto, in Firenze come da sentenza del Pretore sopra menzionata. Con avvertimento" - mi viene da ridere per non piangere perché penso alla Beata Maria Vergine Madre delle Grazie - allora "formale precetto ..di lasciare libera, come da sentenza del signor Pretore sopra menzionata. Con avvertimento che non effettuandosi il richiesto rilascio entro il termine sopra indicato si procederà ad esecuzione forzata a norma di legge. Firenze 28 febbraio 1970. Sacerdote De Marchi Pietro. avvocato Figna, mi pare, “Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento l'avvocato Luigi Figna con ogni più ampia facoltà compreso quella di farsi sostituire occorrendo ed eleggo domicilio presso lo studio del medesimo in Firenze, via Ricasoli n° 9, rifirmato don Pietro De Marchi. Visto per l'autentica avvocato Figna", mi pare, deve essere. "Consegnata". L'ufficiale giudiziario dichiara: io ho consegnato con le mie mani questa notifica all'interessato. Sergio G.: A questo punto il discorso "non dipende da me" cade. E' la prima volta che questo signore firma, e la firma è di sua mano, un documento di questo genere. E allora a me veniva in mente quello che vi accennavo dianzi: che "la parrocchia è una famiglia, che sarà sempre più famiglia se ogni famiglia è una piccola chiesa, che bisogna fare la carità operosa e che daremo un salvadanaio e il venerdì santo li porteremo ai piedi di Gesù Cristo". Ecco il venerdì santo ai piedi di Gesù Cristo noi gli portiamo questa e sentiamo un po' che cosa Gesù Cristo dice [Applausi]. Aldo D.S.: Io propongo che di questo documento se ne faccia qualche migliaio di copie e il venerdì santo si distribuisca in tutta Firenze. [Applausi]. Sergio G.: Il venerdì santo ci vado io in chiesa a portarlo a Gesù Cristo crocifisso questo. Raffaello C.: Scusate due parole. C'è, te Sergio, c'è un passo della Bibbia dove dice che, io non mi ricordo dove, che vendi tutti i tuoi averi e poi portali nella Comunità per distribuirli ai più bisognosi. E c'è un passo di due che hanno venduto un podere e hanno denunciato alla loro Comunità un terzo e il Signore li ha fatti morire. Morirono in seguito perché tradirono il Signore. Chi sono questi due? Sergio G.: Anania e Zaffira la sua moglie. Raffaello C.: Dicevo: come si concilia il fatto della proprietà? Loro hanno una proprietà e c'è scritto nella Bibbia di vendere la proprietà prima di entrare nella Comunità, vedi Chiesa, per metterla a disposizione dei più bisognosi. Va bene? Io aggiungerei quel passetto di quei due che non mi ricordo come si chiamano. Come si concilia? Io vorrei una spiegazione: qui c'è dei preti. Perché Dio li fece morire? Sergio G.: Li fece morire perché erano bugiardi. Sì è vero! Morirebbero lo stesso. Anche se non erano obbligati a vendere però chi voleva farlo lo faceva. Non è che morirono perché - dicono gli Atti degli Apostoli - che dovevano vendere e loro non vendettero oppure vendettero e poi se ne tennero mezzo per sé ma fu proprio perché dissero una cosa e poi era un'altra. Speriamo che non si ripeta, via! Se no…ci tocca a fare il funerale a noi. Urbano C.: No, scusa, ora non bisogna far battute su queste cose. Qui non c'è bugia. Quando dicono una cosa come questa è quella. Sergio G.: E' la lettera che hanno mandato all'Isolotto, capito? [La registrazione continua ancora per una ventina di secondi fino al termine della BA054 ma registra solo voci confuse di commento che non è possibile capire. C'è poi cambio di bobina e la registrazione di questa assemblea continua nella BA=55 prima parte]. Vittorio T.: …siamo arrivati a capire i valori del cristianesimo appunto perché dobbiamo fare un servizio al cristianesimo. Noi non vogliamo odiare nessuno. Noi vogliamo aiutare la Chiesa di ritornare nell'orbita del cristianesimo. Noi vogliamo cacciare "i falsi profeti che vengono con veste da pecore e sotto sono lupi rapaci". Il Cristo ci dice: "Voi li riconoscerete dai loro frutti" e questi sono i frutti che le Chiese ufficiali fanno in tutto il mondo, non solamente quella cattolica, anche quelle protestanti perché noi vediamo che anche in America pochissimi, sono in minoranza il popolo americano ad intervenire nei confronti dei massacri che compie. Oggi qui in Italia ci diamo da fare appunto perché non avvenga questo diciamo così ingannare i popoli attraverso la religione perché, quando un ricco cerca di tutelare i propri interessi facendo della violenza, non ci sia la religione che copre la violenza del ricco, non si metta su una posizione di servizio del ricco la religione, perlomeno rimanga neutra. Se, come dice il Cristo, dovrebbe aiutare il debole per lo meno in questo momento rimanga neutra. Oggi purtroppo noi vediamo questo tipo di convivere pratico nel mondo, vediamo in sostanza tutta una serie di violenza, di violenza sottomano perché non si fanno vedere. E' quello il guaio. Ora appunto perché noi vogliamo tirarli fuori, cioè a dire noi vogliamo portar fuori il Cristo che è imprigionato nelle cattedrali, come diceva Gonzalez Ruiz, e che viene baciato da della gente dei traditori. Ecco, noi dobbiamo fare questo e per far questo bisogna che ci diamo da fare pubblicando le grandi contraddizioni di questa gente che vengono con veste da pecore e sotto sono lupi rapaci. Ecco perché noi vogliamo fare questo, non per non dire il Bollettino di qua. Certo il Bollettino lo leggono, certo. Però sarebbe più significativo che il popolo, tutto il mondo sapesse queste contraddizioni perché il Cristo ci dice che quando i figlioli non riconosceranno il proprio padre come faranno a chiamarsi 'padre'? Con questo io mi riferisco alla Chiesa, alla Chiesa ufficiale che si fa chiamare 'padre' nei confronti di noi che siamo pecore. Ma noi siamo veramente pecore, non pecore nel senso che diceva il Cristo, ma pecore pecore. Luciana A. Dicevo che queste sono cose molto delicate. Chiedevo a Domenico che ci spiegasse un pochino meglio quello che lui ha voluto dire. Ora la Mirca diceva se lui vuole così…io sono d'accordo insomma volevo dire, se lui vuole così. Penso però che noi qui si stia insieme per chiarirsi certe cose. Ora io volevo dire un attimo il mio pensiero in questo senso. La discussione di mercoledì scorso fu una discussione molto bella, molto importante perché tutti noi ci siamo assunti delle responsabilità e abbiamo insieme fatto una scelta. E questo grazie a Domenico che ha accettato di fare la scelta insieme con noi e che quindi ha accettato di fare la nostra scelta. Ora questo è un momento che era previsto, questa qui noi la prevedevamo. Quando noi mercoledì scorso, Domenico, si è fatto quel tipo di scelta, cioè insieme si è discusso fino ad arrivare a quella conclusione lì, l'abbiamo fatto sapendo che i passi successivi sarebbero stati questi. Noi lo sapevamo. Quindi se avessimo fatto una scelta diversa mercoledì avremmo evitato questo, tu lo sai bene. Questo non sarebbe mai arrivato. Quando abbiamo detto invece mercoledì scorso di fare quella scelta lì era perché prevedevamo questo passo qui. Abbiamo anche detto che era importante fare quella scelta che fu fatta mercoledì per mettere in evidenza queste contraddizioni che esistono. Cioè: giustamente, finalmente c'è un documento che don Pietro De Marchi ha firmato. E' il suo primo documento con firma che compare nel quartiere. E' questo. Ed è un documento fondamentale. Ora tu sai che con don Pietro abbiamo cercato e con gli altri abbiamo cercato di parlare molte volte e tutte le volte che abbiamo cercato di parlare lui ha sempre parlato di vogliamoci bene, cerchiamo di volerci bene, di andare d'accordo, noi siamo qui per amarvi, siamo qui per unire. Ha detto tante belle parole. Tant'è vero che tante persone sono rimaste anche bene impressionate da queste belle parole che don Pietro ha detto e poi ci sono i gesti. E noi gli chiedevamo: sì a noi ci vanno bene, sulle parole siamo d'accordo, noi vogliamo che voi compiate dei gesti che significhino queste parole e il primo gesto che gli chiedemmo, già sei mesi fa, fu proprio quello di ritirare questo mandato di sfratto. Ti ricordi? Vi ricordate tutti: "Se volete (fare) un gesto significativo ritirate il mandato di sfratto. Allora noi vediamo che siete disponibili a camminare insieme con noi e noi siamo pronti a camminare insieme con voi". Quindi questo, secondo me, è un momento importante che mette in contraddizione una realtà. E' un fatto molto importante. E siccome i poveri hanno sempre subito in silenzio, noi abbiamo fatto quella scelta mercoledì per non subire in silenzio un'altra milionesima volta, cioè perché l'opinione pubblica finalmente prendesse coscienza di come stanno realmente le cose. Ecco. E quindi il fatto di mettere a conoscenza dell'opinione pubblica questo documento io lo ritengo un fatto importante non a livello polemico con don Pietro, che a me non interessa il livello polemico con don Pietro, ma come si comporta chi ha il potere nei confronti di chi è sfruttato. Per cui vorrei che tu spiegassi invece perché, secondo te, dovrebbe bastare quello che in fondo dice il Notiziario che è la fase già prima di questa. Questa è un'altra fase. Domenico A.: Per me questo fatto qui di seguire questo in tutta Firenze mi sembra anche un fatto di volere sfruttare la situazione. Ma anche per me e per Lino. In che senso dite voi. Siccome noi ci abbiamo, ci troviamo in uno stato di urgenza di aiuto non vogliamo che questo foglio diventi una pretesa di aiuto vero e proprio. Voialtri potete dire: è comodo fare questo discorso quando c'è già chi vi aiuta. Vogliamo essere aiutati, sì, siamo d'accordo, però da quelli che noi conosciamo intimamente, cioè voi, non da persone estranee che fanno uno scopo beneficiario così a scopo di elemosina. Ora per il fatto anche perché noi non vogliamo che siano distribuiti in tutta Firenze questi fogli per il semplice motivo che anche non è solo questo che verrà distribuito. A parte i Notiziari ma ci sarà anche la stampa, ci sarà dal momento in cui verranno i giornalisti, i fotografi a lato dello sfratto. Quindi c'è già un'altra popolarità in più. Ci saranno altre conoscenze di questo fatto. E penso anzi giustamente che, dal momento che verranno appunto questi giornalisti, questi fotografi, non dico di fare le cose man mano che vengono avanti, ma già l'avete esposto un migliaio di volte che lo sa già tutta Firenze il fatto. Dal momento che si è cominciato finirlo lì, al momento che ci sfrattano: includere anche questo qui. Non dico di fare le cose così, di fare giornalmente l'opinione che noi si vuole mandare avanti. Quando vengono i giornalisti mandate anche questo lì sui giornali in modo che lo sappiano tutti uguale. Lo sanno ora, poi lo sanno dopo. Ripetere, sai per noi veramente, per me è scocciante. Mi baso anche su un senso morale, ecco. Io mi sento così, mi sento vergognoso nei confronti degli altri. Questo è tutto quello che devo dire. Voce femminile: Si devono vergognare gli altri mica te! Luciana A.: Io sono d'accordo però. Questo è un problema che io lo capisco. Volevo che lo dicesse. Vittorio T.: Dunque noi vediamo questo tipo - alla svelta voglio fare - e dunque per non metterci nelle condizioni di fare del pietismo, io penso che, quando un individuo ha bisogno, bisogna aiutarlo, siamo d'accordo, prima cosa. Contemporaneamente bisogna accusare quello che ha messo nelle condizioni questo tizio del bisogno. Noi, in questo caso, aiutiamo proprio perché non vogliamo fare del pietismo e denunciamo anche quelli che ti hanno messo in queste condizioni. E questo deve valere per tutte le cose perché se no noi si fa del teatrismo e del pietismo, quello che han sempre fatto le Chiese ufficiali. Gli altri lo devono capire questo linguaggio. Noi vediamo che il Terzo mondo che cosa fa? Il mondo occidentale nei confronti del Terzo mondo fa del pietismo, cioè a dire fa vedere che ci manda missionari, ci manda tecnici, manda aiuti, però, se il mondo occidentale dovesse restituire quello che ha rubato, il mondo occidentale sarebbe povero nei confronti del Terzo mondo. Mauro S.: Io volevo intervenire un po' su questa faccenda del volantino perché mentre mi va bene la proposta della chiesa - già prima si diceva di portarlo in chiesa - ma a me non va bene quello di distribuirlo nella città. A parte quello che dice Domenico che sarebbe già per conto mio un fatto determinante perché una persona a un certo punto ha anche il diritto a un minimo di vita privata. Io non dico che il caso debba essere (nascosto) ma (ci vuole) anche una certa misura nell'esporre le cose. Poi mi sembra anche questo: non dobbiamo anche peccare di eccessivo provincialismo. Tutti sappiamo che all'Isolotto ci sono dei problemi, ci sono delle situazioni. Che il De Marchi non ci vuole bene e che ci chiudono le porte in faccia è ormai dimostrato e noi anche l'abbiamo detto molte volte. Il ripetere troppe volte in una maniera ossessiva e clamorosa, dei fatti che poi, guardiamo bene, in tutta la problematica generale, sono anche fatti limitati. Questi fatti possono servire a una meditazione nostra, a un discorso nel quartiere, a rinsaldare certi legami, però francamente andare in centro e portare una fotocopia di questo è sproporzionato. Perché? Perché in fondo il discorso importante per noi è quello di salvare, salvaguardare, tutelare la dignità di Lino e di Domenico e di chiarire certe cose all'interno del quartiere ma poi, al di fuori di questo quartiere, ci sono tante persone che soffrono e ci sono dei problemi anche obbiettivamente molto più grossi. Tutti i giorni, scusate, ci sono persone che in tribunale sono condannate semplicemente per avere scritto degli articoli, per delle assurdità e noi ora vogliamo che ogni cosa piccolissima che accade all'Isolotto la vogliamo gonfiare in modo enorme, quando c'è stato uno, Bellocchio, l'avete letto sul giornale, condannato a quindici mesi perché lui era direttore responsabile di un giornale e gli articoli non li aveva nemmeno letti. Faceva un piacere a questo giornale, faceva il direttore responsabile, è stato condannato per qualcuno di questi articoli. Lui ha detto: "Io non li ho letti, li ho letti soltanto quando sono stati stampati, li ho trovati". Ha detto al giudice a un certo punto: "E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco vada in paradiso". Eh! si è richiamato anche a un discorso evangelico: quindici mesi di galera. Quindi riflettiamo un pochino su queste cose e non crediamo che dopotutto esistano soltanto questi problemi qui. Sono molto importanti per noi ma all'esterno c'è la gente che è oppressa da mille e mille altre situazioni che sono anche più gravi. E questa ha valore se noi la inseriamo, per quello che ci riguarda, in tutto un quadro più vasto e non pensiamo che c'è soltanto il De Marchi che fa il cattivo e a Lino e Domenico tocca a subire queste ingiustizie. Vanno in un quadro più generale. Daniele P.: Io volevo semplicemente dire due parole su quello di Lino e Domenico e poi di fare un altro discorso. Io sono d'accordo con quanto ha detto Domenico. Io penso che dovremmo fare come dice lui e se mai il giorno del venerdì santo portare tutti questi fogli in chiesa. Limitarsi a questo se non altro per un profondo rispetto che dovremmo avere sia per Lino che per Domenico. Credo che a questo punto sia estremamente importante valutare bene anche la loro posizione e quello che chiedono. Per questo sarei contrario a portare questi manifestini in centro. Ora però volevo dire un'altra cosa, cioè non vorrei che quello di Mani Tese che è venuto a fare una proposta e se ne andasse così con l'impressione di aver parlato e di essere stato liquidato con due battute e basta. Credo che il problema sia un po' da affrontare. Però io accolgo quasi in pieno quello che diceva Sergio prima. Prima di tutto così brevemente sulla faccenda delle etichette, dei partiti, dei gruppi, i nomi insomma. Sono d'accordo con quel che diceva Sergio perché, tra l'altro, una posizione come quella che hai espresso tu finisce per essere molto strumentale, perché in pratica tutto quanto, tutta quanta la manifestazione si ridurrebbe sotto l'etichetta di Mani Tese e quindi tutti quanti sarebbero di Mani Tese. Lì è poco chiara la faccenda. Però non è questo il discorso. Il discorso è tutto un altro e cioè che quando si parla di Terzo mondo bisogna un pochino centrare la mira. Qui all'Isolotto abbiamo… - non la Mira, qui all'Isolotto abbiamo una Mira - qui all'Isolotto è venuto Zola Sonkosi, quel sudafricano, a parlarci della situazione in Sudafrica, sono venuti dei negri d'America, parecchio di noi sono andati in Sicilia a lavorare nella valle del Belice, insomma in più occasioni la Comunità ha dimostrato di avere una concreta solidarietà con i popoli del Terzo mondo. Però qui all'Isolotto è stato fatto anche un altro discorso. Cioè si è cercato di evitare di cadere nelle solite mistificazioni che vengono fatte su questo Terzo mondo. Cioè molto spesso troviamo tanta gente, più a meno tutti, i quali piangono sul Terzo mondo, fanno manifestazioni sul Terzo mondo, deplorano il comportamento dei Paesi capitalistici nei confronti del Terzo mondo però poi vediamo che raramente arrivano più in là. Cioè: quando si tratta di affrontare concretamente il problema di come risolvere questi problemi, vediamo tanta gente che svicola. Faccio un esempio: Paolo Sesto va in Colombia, va dai campesinos, va in Colombia, stato dove veramente ci sono una ventina di famiglie che possiedono l'80% della terra, eccetera. Va là, va dai campesinos e dice: "Siate buoni". Nel Paese dove c'era Camillo Torres, un prete che s'è messo a fare guerriglia perché si è reso conto che non c'era più altra possibilità per liberare veramente la popolazione, il papa va a dire: "State buoni". Non è stato mica soltanto a Bogotà. E' stato in tutto il mondo il papa andando a dire "state buoni", altrimenti gli affari del Vaticano tra l'altro van male. Questo discorso dello stare buoni rischia anche di essere il discorso di Mani Tese. Quando Mani Tese propone di fare, così come rimedio, di fare l'edificio nella Valle del Belice o la fattoria nel Pakistan rischia di ripetere, sia pure in forme migliori, il vecchio colonialismo cioè col paternalismo di andare là, dire vi portiamo questo ma non si affronta mai il discorso di come questi popoli, essi devono liberarsi. uando si arriva a vedere questi popoli (che) si ribellano per esempio, si comincia a dire: eh no! la violenza! Guardiamo che cosa han fatto in Algeria per esempio. Si è visto anche un film 'La battaglia di Algeri'. Finché loro protestavano e han protestato all'ONU tutto andava bene, tutti d'accordo. Quando hanno cominciato a mettere le bombe e a lottare contro l'esercito francese allora tanta gente è scappata, non si è più trovata. Ecco quindi che la solidarietà va precisata. Non si può soltanto dire poverini, non si può soltanto dire è colpa di quello. Bisogna anche e soprattutto cominciare a dire quali forme di lotta. Ecco quindi che salta fuori il discorso della lotta. E soprattutto bisognerebbe anche cominciare un po' a pensare alla nostra posizione, cioè a che cosa possiamo fare noi. Tante volte è il vecchio discorso che salta fuori: che cosa facciamo noi per il Terzo mondo, per il Vietnam, eccetera. Si sono fatte migliaia di manifestazioni per il Vietnam e bisogna farne ancora però con la coscienza che non bastano, cioè che molto spesso il discorso sul Terzo mondo può essere un alibi, un alibi per dire noi protestiamo ma di fatto concretamente non facciamo nulla per loro. Allora diventa una scusa quella di protestare. Cioè, se noi non capiamo che l'unico, vero, concreto modo per aiutare il Terzo mondo e tutti i popoli che si ribellano è quello di lottare qui, io credo che noi veramente compiamo una grossissima mistificazione. Non a caso queste organizzazioni come quella di Mani Tese, San Vincenzo ed altre parlano sempre del Terzo mondo ma mai una volta che io abbia sentito queste organizzazioni affrontare i problemi della classe operaia italiana, mai.[Applausi]. Ecco allora che il discorso va puntualizzato qui e basta dire il Terzo mondo, il Terzo mondo. Aiutiamo il Terzo mondo cercando di cambiare le cose qui in Italia. Questo è l'unico vero discorso serio altrimenti si rischia di fare tante belle gite a Parma o a Firenze o a Milano, eccetera, e poi in conclusione di avere un articolo su un giornale, di avere ancora un po' di commiserazione, di avere raccolto magari un po' di quattrini, di mandare qualche brava persona in Pakistan, il quale va là e cosa fa? Fa il bravo tecnico, ma quando si tratta di aiutare effettivamente questa gente che magari vuole ribellarsi, non ci si sta perché siamo contro la violenza, perché la violenza fa sempre spavento e non si distingue mai fra la violenza dell'oppressore e la violenza dell'oppresso che si difende. Giancarlo Z.: Scusa. Ti dispiace? Io vorrei riprendermi un attimino invece sul discorso del documento qui che hanno presentato per Lino e per Domenico. Io personalmente capisco perfettamente lo stato d'animo di Lino, di Domenico e forse anche a me personalmente, se fosse arrivata questa lettera, dico avrei cercato di tenermela quasi per me, di non farla vedere a nessuno in circolazione. Però da quando siamo all'Isolotto, da quando siamo tutti insieme, mi sembra che questo discorso un po' vada un po' superato, cioè che noi siamo tutti una famiglia, le decisioni, anche se dispiacciono a volte prenderle e anche se dispiace a un certo punto sentirsi umiliati, vanno prese. Io personalmente, per dire e continuare sul discorso di dianzi, io personalmente sono d'accordo sulla proposta di Aldo. Perché? Perché questo significa a un certo punto non tanto, come Mauro diceva, continuare una polemica che può essere sterile, perché se era così a un certo punto si poteva fare anche a meno di fare tutto l'Isolotto perché questa è tutta una polemica a un certo punto. Qui noi se si vuole fare un atto politico, si vuol far vedere a questa gente che il potere che loro esercitano è veramente un potere che opprime e che colpisce veramente gli ultimi fra di noi e non certamente quelli che sono i primi tra di noi. Quindi a testimoniare che loro veramente sono degli autoritari ma testimoniarlo coi fatti perché finora potrebbero essere state solo delle parole le nostre (dicendo) guardate, colpiscono ma, in realtà, sinora, sul serio, materialmente si vedono poco. Ci sono, lo sappiamo noi, però questa è una testimonianza netta, diretta, la quale, Dio mio, qualsiasi persona che la vede non può che dire questo è vero perché è una carta da bollo, è un atto pubblico fra l'altro, è un atto pubblico questo, non è un atto privato. Quindi, io personalmente lo vedo molto buono: un atto politico che va fatto. Raffaello C.: Scusate, due parole. Io penso che… scusate un pochino, due parole. Mercoledì scorso, e credo sia molto importante, l'assemblea ha dato una valutazione, un giudizio preciso. Dopo quello che ha detto Lino e l'altro, e Domenico, ha capito che era giusto fare in quel determinato modo, cioè respingere quell'offerta con l'impegno della Comunità che sappiamo. Quindi penso che questi due fratelli hanno fatto già una scelta e molto rispettosa e molto profonda. Quindi va rispettato una volta di più i desideri di questi due ragazzi per il momento. Penso che il documento non ci sarà fretta di metterlo fuori, non ci sarà fretta. Capiterà non soltanto una occasione ma ne capiterà tante delle occasioni di dire: guardate, no, non è vero che voi siete ispirati dall'amore perché voi avete fatto questo, questo e questo. Quindi io penso che, se ci riportiamo a quello che ha deciso l'assemblea mercoledì, noi dobbiamo rispettare il volere di questi due ragazzi. E vorrei dire un'altra cosa, appunto sul Terzo mondo, due parole sole. No, no, sono due parole sole. Sì, sì è tardi e chiudo. L'India, prendiamo l'India. Noi se si dice il Terzo mondo per l'India. Per esempio noi sappiamo che in India c'è una religione, la religione induista (che) proibisce di mangiare la carne. Hanno in India quattrocentocinquanta milioni di capi di bestiame, sul De Agostini, e poi hanno in potenzialità di energia elettrica, una potenzialità di sviluppo di quarantacinque milioni di kilovat-ore. Non sono nemmeno a cinque. Ecco che la colpa è un po' di quella classe dirigente là come la colpa di quello che succede in Italia, nella Valle del Belice, eccetera, dal Vajont in giù è la colpa dei nostri amministratori come diceva giusto Daniele avanti. Io chiudo con questo: siccome si sta facendo la raccolta e molti non sapranno o non lo sanno ancora e non c'erano mercoledì, noi continueremo per ancora altri due mercoledì per quelli che non l'hanno saputo per sopperire quella cifra che ipocritamente ha offerto la Curia a questi due nostri fratelli. E chiudo. Sergio C.: Volevo rispondere all'amico di cui mi sfugge il nome, Daniele, perché alcune cose non corrispondono alla verità sulle nostre posizioni. Cioè è chiaro che qualsiasi tipo di critica è bene accetta ma deve essere fondata, appunto dopo aver conosciuto le posizioni di un determinato movimento, per cui il fatto che Mai Tese come la San Vincenzo ma io aggiungo anche l'Unione dei ciclisti italiani, cioè tante altre associazioni che con Mani Tese non hanno niente a che vedere perché noi con la San Vincenzo c'entriamo come i cosiddetti cavoli con la merenda. La San Vincenzo si basa sulla beneficenza e per noi la beneficenza è immorale. Immorale perché? Perché dare a uno per beneficenza quello che gli spetta di diritto oggi è immorale. Ora quando parliamo di fattorie non è beneficenza perché noi cerchiamo di creare laggiù delle opere sociali che creino lavoro. E quando noi creiamo le fattorie oppure, che so io, mandiamo, finanziamo pompe elettriche per irrigare i campi, dato che c'è scarsità in alcune zone di irrigazione, noi diamo la facoltà ai contadini di quelle zone di poter produrre prodotti agricoli in quantità doppia e tripla della tradizionale. Con questo il reddito agricolo si sviluppa e loro possono sganciarsi da latifondisti indiani. Voi sapete che in India sono legati da generazioni a debiti verso i latifondisti e non possono pagarli per la scarsezza dei loro redditi. In questo modo si incide anche sulla struttura sociale di un Paese sganciandoli appunto dalle forze dominanti di quei Paesi. Però è chiaro che anche così non abbiamo mai preteso di risolvere i problemi del Terzo mondo: saremmo dei folli. Figuriamoci: una piccola associazione privata risolvere queste cose! Siamo de parere che qua, nel nostro Paese, dobbiamo certamente prendere una posizione e non sono d'accordo sul pigliar posizione sul tipo di lotta da condurre. A questo tipo di lotta ci penseranno loro. Noi non dobbiamo interferire. E' troppo comodo da qua dire che devono fare la lotta in questo modo piuttosto che in un altro modo. Tu dicevi che l'unico modo… Daniele P.: Dicevo di accettare le loro forme di lotta. Sergio C.: Ah! Ecco, appunto, che è diverso dal dire che cosa debbono fare per cui non possiamo entrare in merito per esempio, come associazione perlomeno, se Camillo Torres ha fatto bene o ha fatto male. Insomma, faccende sue, no? E quanto a qua, in Italia, siamo perfettamente d'accordo. Noi vogliamo appunto criticare l'atteggiamento dei nostri dirigenti e del popolo italiano per quanto riguarda la nostra nazione e dire che esattamente la condizione dei popoli sottosviluppati dipende esattamente da certe strutture che noi contribuiamo a mantenere, il nostro sistema economico nel quale siamo tutti mischiati e l'Italia, come dicevo prima, in primo luogo visto che è uno dei Pesi con un potenziale industriale più alto nel mondo, tra i primi dieci, l'Italia ha una grande incidenza in questo. Questo lo diciamo e lo vogliamo fare portando il discorso alla marcia che non vuole essere assolutamente pietistico. Cioè io non escludo che qualcuno ci andrà con interessi pietistici ma questo non dipenderà da noi perché non entriamo nelle coscienze di ognuno. Daniele P. [Risponde a Sergio C. dal mezzo dell'assemblea e quindi lontano dal microfono, poi si avvicina. L'inizio di questo intervento non è c'erano una trentina di ragazzi di Mani Tese che erano venuti a Milano con alcuni di Mantova. C'era questa fabbrica occupata. C'erano tutti i gruppi mantovani impegnati per aiutare questi operai che occupavano la fabbrica. E questi ragazzi di Mani Tese che facevano? Raccoglievano carta da vendere per far quattrini per poi mandarli di qua e di là. D'accordo ma mai una volta questi di mani Tese si erano visti in questa fabbrica per esempio. Ecco perché dico che a un certo momento non è più sufficiente criticare anche i dirigenti dell'Italia. Il discorso non è quello della critica e basta. Il discorso è della partecipazione alla lotta altrimenti non serve a nulla [A questo punto per alcuni secondi diverse persone intervengono insieme. Le voci si accavallano e non si capisce quel che dicono]. …a un certo momento la fattoria in Pakistan chi la gestisce? A chi vanno i proventi di questa fattoria? Sono i pakistani che la gestiscono? Vorrei vedere! Questo è il problema. non è quello della colonia bella, della fattoria bella. Il discorso non è quello di dire agli altri che cosa fare ma di accettare quello che fanno. Quindi Camillo Torres ha fatto quella scelta? Io accetto. Non la critico neanche, l'accetto. Quando un popolo sceglie la rivoluzione per buttar fuori i padroni, buttar fuori gli americani, eccetera, accetto la loro scelta. Non vado ad aiutare i popoli che sono bravi, bravini, magari che perseguono la loro liberazione passo per passo come fa comodo a qualcun altro. Io accetto quello che fanno loro. Questo deve essere il discorso mi pare e deve essere per forza un discorso politico. Perché? Perché gli altri fan politica e non possiamo star qui a trastullarci con un discorso moralistico. perciò comprensibile]:… d. Enzo G.: Io vorrei dire semplicemente una esperienza. Nel posto dove sono io, piccolo posto, dove c'erano contadini, operai che lavoravano prima, da quattro anni a questa parte una ditta grossa, grossa di Milano, con una Direzione grossa, ha cominciato a mettere le pompe elettriche, ha cominciato a mettere tante cose, ruspe e compagnia. Che cosa è successo? Gli operai sono rimasti operai più oppressi di prima perché non si sentono ora nemmeno in grado di parlare perché dominano gli altri perché: "Siamo noi che s'è portato il benessere a voi, siamo noi che si è fatto tutte queste cose. Se non ci s'era noi che si tirava fuori tutti questi quattrini voi morivate di fame”: ecco il discorso che hanno fatto quei signori di Milano, dico senza riferimenti a nessuno naturalmente. Questa è una esperienza, una esperienza che si è cambiato i padroni ma la situazione è rimasta il solito. Da qui traete voi la conclusione [Applausi]. Sergio G.: Allora io penso che la discussione… non è che si sia detto tutto. Bisognerebbe approfondire il discorso perché io penso questo: almeno a livello di impegno e di volere non dobbiamo screditare nessuno. Ciascuno tende a degli obbiettivi che molto spesso sono comuni però si differenziano nel modo di portare avanti questo discorso. Quindi anche quello che si è fatto noi stasera deve servire a chiarire a noi e a chiarire agli altri e a capirci insieme anche perché tutti si viene da esperienze tanto diverse per cui è importante insomma che ciascuno di noi cerchi il più possibile di capire gli altri. Per cui, anche se può esserci a un certo momento un po' di polemica, bisogna saperla accettare per raccogliere il discorso di fondo. Con questo si va a nanna perché è l'undici e un quarto. Don Mazzi sta meglio, non ha più febbre e quindi domenica saremo tutti in piazza. Urbano C.: La faccenda di questo mandato di sfratto io penso che sia stata chiarita. Cioè noi, con calma, se ne farà l'uso che si crede. Per ora a Firenze non si manda e la cosa tanto va avanti da sé. E soprattutto sempre d'accordo sempre con Lino e con Domenico che sono quelli più esposti. Coi quali… buona notte! Raffaello, no! Eccolo! Saluti da Vivarelli per Mani Tese. [Termina la registrazione e l'assemblea del 4 marzo 1970].