592 - Il quotidiano giuridico

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592 - Il quotidiano giuridico
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO composta dai seguenti magistrati: Gabriele De Sanctis Presidente Stefano Imperiali Consigliere Angela Silveri Consigliere Luigi Cirillo Consigliere relatore Marco Smiroldo Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sull’appello iscritto al n.31728 del registro di segreteria, notificato il 10‐15.1.2008 e depositato il 28.2.2008, proposto avverso la sentenza non definitiva‐ordinanza n. 2395/07 della Sezione giurisdizionale per la regione Campania, depositata il 17.9.2007 e non notificata ex art. 285 c.p.c.., proposto DA Pasquale ROCCO rappresentato e difeso dall’Avvocato Mario D’Urso e con lui domiciliato presso l’Arch. Ugo Caminiti in Roma, alla Via Ottorino Lazzarini n.19, giusto mandato a margine dell’appello APPELLANTE CONTRO IL PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DEI CONTI domiciliato per la carica in Roma, alla Via Baiamonti n.25 APPELLATO Visti gli atti ed i documenti di causa. Uditi nella pubblica udienza del giorno 17 giugno 2014 il Consigliere relatore Luigi Cirillo, nonché il difensore costituito dell’appellante, che si soffermava sull’eccezione di prescrizione e si riportava all’appello chiedendo la riforma della sentenza impugnata; nonché il Vice Procuratore Generale Amedeo Federici, che illustrava le argomentazioni della Procura Generale e chiedeva la conferma della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1 – Con atto di citazione depositato il 4.10.2006 (notificato il 24.11.2006, a quanto dichiarato dal convenuto nella memoria di costituzione in primo grado), la Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale conveniva in giudizio Pasquale ROCCO, dirigente dell’Ufficio Personale dell’Azienda Ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno, chiedendone la condanna al pagamento di € 1.136,70 e di € 5.000,00, più rivalutazione monetaria, interessi legali e spese, rispettivamente a titolo di danno patrimoniale e di danno all’immagine derivati dall’uso abusivo di diverse linee telefoniche dell’amministrazione di appartenenza (a fini personali, su siti porno), nel periodo marzo–settembre 1999. Tale vicenda era stato oggetto di un procedimento penale per peculato, reso noto alla Procura di questa Corte con notizia di danno del 19.4.2002, trasmessa dalla Procura delle Repubblica di Salerno ex art.129 disp. att. c.p.p., e conclusosi con il proscioglimento di altri due dirigenti (Valitutti e Fiore) e con il rinvio a giudizio del Rocco, risultato responsabile di tutte le telefonate illecite (sia sulla linea passante a lui intestata, sia sulle linee di altri due indagati, mentre per un terzo pendeva separato procedimento). Tale vicenda aveva arrecato all’amministrazione, oltre al danno patrimoniale pari al costo sostenuto per le telefonate non giustificato da motivi di servizio, un danno all’immagine per l’esteso risalto dato dalla stampa locale alla vicenda. La citazione dava atto che – come eccepito in sede di deduzioni – pendeva ancora processo penale, ma riteneva che gli elementi indiziari raccolti durante l’istruttoria penale fornissero prova sufficiente per l’affermazione di responsabilità del Rocco nel giudizio di responsabilità amministrativa. 2 – Il Rocco si costituiva in giudizio con memoria depositata il 19 giugno 2007 con la quale veniva sollevata, in via preliminare, l’eccezione di prescrizione dell’azione erariale, affermando che erano trascorsi più di cinque anni: a) sia tra la denuncia sindacale in data 15.12.2000 della Segreteria Regionale Federazione Lavoratori Sanità, CISAL (presentata alla “Corte dei Conti” di Roma ‐ non alla Procura – nonché all’Autorità giudiziaria penale ed all’Assessore alla Sanità della Regione Campania) e la notifica dell’invito a dedurre (avvenuta il 7.4.2006); b) sia tra la trasmissione della medesima denuncia dalla Procura Generale della Corte dei Conti alla Procura Regionale per la Campania (nota del 23.1.2001) e la data della notifica dell’invito a dedurre (7.4.2006). 3 – La Sezione giurisdizionale per la Campania, con la sentenza non definitiva‐ordinanza n. 2395/07 depositata il 17 settembre 2007 (emessa all’esito dell’udienza del 12 luglio 2007), respingeva l’eccezione di prescrizione, ritenendo che il termine prescrizionale decorresse dalla data della comunicazione della richiesta di rinvio a giudizio del P.M. penale, trasmessa il 19.4.2002 (ai sensi dell’art.129 disp. att. c.p.p.), essendo “inidonea ai fini che ne occupa” la prima segnalazione del 15.12.2000, “per la sua genericità”. Quindi la sentenza‐ordinanza sospendeva il giudizio ex art. 295 c.p.c. (onde acquisire la sentenza penale irrevocabile) e demandava la decisione sulle spese alla sentenza definitiva. 4 – Avverso detta sentenza non definitiva il Rocco proponeva appello (notificato il 10‐15.1.2008 e) depositato il 28.2.2008 presso il ruolo generale dei giudizi di appello, nel quale – ripercorsi i fatti di causa – chiedeva l’annullamento della sentenza e la declaratoria di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa oggetto di causa, per i seguenti motivi. a) In rito, la difesa dell’appellante affermava la ricevibilità ed ammissibilità dell’appello in quanto la sentenza non definitiva non era stata notificata (onde decorreva il termine lungo di impugnazione) e l’art.1 comma 5 bis L.19/1994 prevedeva solo il deposito di una copia della sentenza appellata (nella fattispecie, era stata esibita una “copia conforme”), non della copia “autenticata” o della copia “notificata” (a suo tempo prevista dall’art.99 Reg. proc. Cdc). b) Nel merito, si riproponeva l’eccezione di prescrizione già formulata in primo grado, evidenziando che la decorrenza del termine prescrizionale non poteva farsi coincidere con la notizia di danno del P.M. penale in data 19.4.2002 (come affermato in sentenza), bensì coincideva con la denunzia dell’organizzazione sindacale del 15.12.2000, trasmessa alla Procura della Corte dei conti di Napoli il 23.1.2001 (che in atti risulta pervenuta il 6.2.2001); con la conseguenza che, nel momento in cui l’invito a dedurre, primo atto interruttivo della prescrizione, era stato notificato (il 7.4.2006), il termine quinquennale di prescrizione era già spirato, senza che risultassero atti interruttivi intermedi. Tale denunzia, infatti, non era “generica” come affermato in sentenza, bensì conteneva sia l’indicazione del danno, sia i nominativi dei dirigenti presunti autori delle telefonate illecite, onde la Procura della Corte dei conti era in grado di procedere all’istruttoria fin dal gennaio 2001, e non doveva attendere l’esito del processo penale per procedere (Corte cost. 65/1992); tanto è vero che la Procura penale aveva proceduto all’istruttoria sulla base della medesima denunzia. Inoltre, il termine prescrizionale di cui all’art.1 comma 2 L.20/1994 decorreva non dalla conoscenza, ma dalla conoscibilità del danno (in quanto l’art.2935 c.c., ai fini del decorso della prescrizione, dava rilievo solo agli impedimenti “di diritto”, non ai meri impedimenti “di fatto” dell’esercizio dell’azione: si citavano in tal senso vari precedenti della Cassazione civile e di Sezioni territoriali della Corte dei conti) . Infine, non poteva affermarsi che l’istruttoria del P.M. contabile fosse condizionata dalla notitia criminis ex art.129 disp. att. c.p.p., in presenza di una notizia di danno già inviata alla Procura della Corte dei conti. 5 – In data 30.9.2008 la Procura Generale della Corte dei conti depositava le proprie conclusioni sull’appello, chiedendone il rigetto con condanna dell’appellante alle spese di giudizio. Il P.M., dopo avere ripercorso brevemente i fatti di causa: a) da un lato, ribadiva la correttezza delle argomentazioni della sentenza impugnata (ritenute conformi a “costante giurisprudenza”); b) dall’altro, eccepiva che, anche a voler affermare una diversa decorrenza della prescrizione, essa risultava interrotta dalla intervenuta costituzione dell’Azienda Ospedaliera come parte civile nel giudizio penale, comprovata dalla sentenza 694/2002 del G.I.P. di Salerno (cfr. pag. 4 della sentenza). 6 – Infine, con decreto presidenziale del 17.2.2014 (comunicato a mezzo PEC all’appellante, che lo notificava il 17‐24.3.2014 al P.M.), si fissava per la discussione della causa l’ udienza del 17.6.2014, nella quale, sentite le parti che concludevano come in epigrafe, l’appello passava in decisione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1 – Premesse la tempestività e l’ ammissibilità dell’appello, incontestate dal P.M., la decisione dell’eccezione di prescrizione (sollevata dalla difesa come unico motivo di gravame) impone un separato esame delle due voci di danno in contestazione. 2 – Quanto al prescrizione del danno all’immagine, premesso che non è motivo di appello l’applicazione dell’art.17 comma 30‐ter D.L.78/2009 e succ. modd., va anzitutto precisato che – in deroga alle specifiche norme che fissano la decorrenza del termine prescrizionale – l’art.2935 c.c. fissa il principio che la prescrizione non può iniziare a decorrere se il diritto non è azionabile in giudizio; ne consegue che nei giudizi di responsabilità amministrativa – essendo inammissibile l’azione del Pubblico Ministero in assenza di un danno concreto ed attuale – in mancanza di un danno siffatto la prescrizione non decorre. Inoltre, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (ab imis, n. 26972/08 del 24.6.2008 depositata l’11.11.2008), è pacifico che il danno non patrimoniale – come quello “all’immagine” qui in esame – è risarcibile solo in presenza di una “effettiva” e “significativa” lesione, poiché l’azione ex art.2059 c.c. presuppone non solo una lesione di un interesse non patrimoniale protetto di un soggetto giuridico, ma di un serio e concreto pregiudizio di tale interesse. Pertanto, in caso di danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante da illeciti penali dei suoi funzionari, l’azione risarcitoria e quindi il decorso della prescrizione presuppongono che l’immagine dell’ente pubblico sia stata compromessa effettivamente ed in modo significativo. In caso di presunti illeciti penali, tale compromissione non si verifica in presenza di mere indagini (note per vox populi o notizie di stampa) cui non abbiano fatto seguito concrete iniziative penali o di altro genere nei confronti dei presunti responsabili (in specie il rinvio a giudizio) che radichino nella collettività la convinzione del distorto esercizio dei pubblici poteri, essendo insufficiente una mera denunzia a concretizzare una seria ed effettiva lesione dell’immagine; ferma restando, ovviamente, l’autonomia tra giudizio contabile e giudizio penale, e l’irrilevanza dal successivo esito del giudizio penale. 3 – Quanto, poi, al danno patrimoniale, va evidenziato che il danno contestato in questa sede deriva da reato (utilizzo abusivo di linee telefoniche pubbliche). In tal caso, secondo la giurisprudenza di questa Sezione (Sez. II app. 641/2013, 416/2013 e giurisprudenza ivi citata) si verte in un’ipotesi di “doloso occultamento”, in quanto l’art.1 comma 2 L.20/1994 (secondo cui “il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”) non fa nessun riferimento ad un’attività di occultamento effettuata dal debitore, diversamente dall’analogo art. 2941 n.8 cod. civ., secondo cui “La prescrizione rimane sospesa: (..) 8) tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia scoperto”. In altri termini, il “doloso occultamento” è una fattispecie rilevante non tanto soggettivamente (in relazione ad una condotta occultatrice del debitore), ma obiettivamente (in relazione all’impossibilità dell’amministrazione di conoscere il danno e quindi di azionarlo in giudizio ex art. 2935 c.c.). Inoltre, ai sensi del medesimo art.1 comma 2 L.20/1994, la prescrizione dell’azione risarcitoria decorre dalla “scoperta” del danno, che va intesa come conoscenza delle componenti essenziali dal danno stesso: non basta sapere che esiste un danno, ma occorre che sia concretamente disvelato (sì da consentire l’esercizio dell’azione di responsabilità) con l’esercizio dell’azione penale o quanto meno con indagini precise (penali o extrapenali) che lo accertino e quantifichino, consentendo l’azione del P.M. contabile. In tal senso può citarsi Sez. II app. n.416/2013, secondo cui la scoperta del danno non consiste nella conoscenza o conoscibilità ipotetica di un illecito penale, ma presuppone che l’attività dolosa e soprattutto il danno siano delineati nelle loro linee essenziali, a seguito di specifiche attività investigative. In tal senso possono citarsi – oltre a Sez I centr. app. n.407/2012 sopra riportata ‐ Sez. I n. 264 depositata il 23.5.2012, secondo cui <<nei casi – come quello all’esame ‐ di indebita percezione di denaro, collegata con la consumazione di fatti delittuosi, si deve ritenere in re ipsa la sussistenza di un doloso occultamento del danno: cfr., in proposito, Corte dei conti, SS.RR., 15.2.1999, n. 3 e 11.2.1994, n. 929; Sezione I app., 25.11.2008, n. 508; Sezione II app., 13.4.2000, n. 134; Sezione III app., 2.4.1999, n. 63. Tale situazione, a sua volta, comporta un obiettivo impedimento ad agire, di carattere giuridico e non di mero fatto: ciò implica che l’azione contabile può essere iniziata solo allorché il fatto comportante responsabilità amministrativa viene non meramente scoperto, ma quando esso assume una sua concreta qualificazione giuridica, atta ad identificarlo come presupposto di una fattispecie dannosa. Non vi è allora dubbio che l’inizio del termine di prescrizione debba essere individuato, in tali evenienze, nel momento in cui il danno stesso viene delineato in tutte le sue componenti, a seguito del provvedimento di rinvio a giudizio in sede penale (…): momenti che indubbiamente rappresentano, anche in virtù di quanto disposto dall’art. 2935 del c.c. (“la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”) il dies a quo di decorrenza, secondo quanto ampiamente chiarito dalla pacifica giurisprudenza di questa Corte dei conti, che questo Collegio condivide appieno: cfr., ex plurimis, SS.RR., sentenza 25.10.1996, n. 63; Sezione I app., 5.2.2008, n. 64; id., 4.12.2007, n. 497; id., 11.7.2007, n. 194; id., 16.4.2007, n. 94; id., 8.3.2007, n. 45; id., 18.3.2003, n. 103; Sezione II app., 7.6.2004, n. 184; id., 2.2.2004, n. 29; id., 29.5.2003, n. 208; Sezione III app., 26.3.2007, n. 73; id., 16.1.2002, n. 10; Sezione app. Sicilia, 22.4.2004, n. 66.>>. 4 – Tanto premesso in generale, nella concreta fattispecie è indubbio (sulla scorta della documentazione in atti) che il danno erariale era stato “scoperto” dall’Amministrazione già prima dell’esercizio dell’azione penale (dagli articoli di giornale esibiti dall’appellante, molto dettagliati, si parla di tabulati telefonici consegnati dai sindacati ai Carabinieri già nel 2000) ed anche dalla Procura regionale per la Campania della Corte dei conti (che aveva ricevuto la denunzia sindacale e gli allegati articoli di giornale già il 6.2.2001), che peraltro aveva invitato a dedurre i presunti responsabili solo nell’aprile 2006 (cfr. fasc. P.M. di primo grado, produzione n.1). Tuttavia, a quanto consta dagli atti di causa, un danno all’immagine risarcibile non può ritenersi insorto prima della richiesta di rinvio a giudizio (tra gli altri) del Rocco in data 12.4.2002 (trasmessa alla Procura della Corte il 19.4.2002), per i motivi sopra precisati (sub § 2); e l’invito a dedurre (contenente costituzione in mora) è stato notificato al Rocco il 7.4.2006, onde la prescrizione quinquennale (decorrente dall’azionabilità del danno all’immagine: cfr. § 2) non può ritenersi maturata. Inoltre, quanto al danno patrimoniale, la richiesta di rinvio a giudizio contiene una indicazione delle telefonate illecite, ma senza una quantificazione del danno; ma la scoperta degli elementi essenziali del danno (presupposto del decorso della prescrizione: cfr. § 3) va fatta decorrere dal 2003, quando la Procura contabile ha ricevuto notizie dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza sull’esatto importo del danno e sui presunti responsabili (cfr. fasc. P.M. di primo grado, produzione n.1, docc. 3 e 6). Di conseguenza, non decorrendo la prescrizione prima del 2003 ed essendo stato notificato l’invito a dedurre (contenente costituzione in mora) nel 2006, non può ritenersi maturata la prescrizione nemmeno per il danno patrimoniale. Pertanto, il motivo di gravame relativo alla prescrizione dell’azione di responsabilità va respinto tanto in relazione al danno all’immagine, quanto in relazione al danno patrimoniale. 5 – Ai sensi dell’art.91 c.p.c. e dell’art.26 R.D.1038/1933, al rigetto dell’appello segue la condanna alle spese del presente grado di giudizio, da liquidarsi come in dispositivo. P.Q.M. La Corte dei conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, ogni diversa e contraria istanza, azione, eccezione o deduzione disattesa o reietta, ‐ respinge l’appello n. 31728 proposto da Pasquale ROCCO, e per l’effetto conferma la sentenza non definitiva‐ordinanza n 2395/07, emessa dalla sezione giurisdizionale per la regione Campania,. ‐ condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giu‐dizio, che liquida in € 64,00 (Euro SESSANTAQUATTRO/00). Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014. IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE (Cons. Luigi Cirillo) (Pres. Gabriele De Sanctis) F.to Luigi Cirillo F.to Gabriele De Sanctis Depositata in Segreteria il 07 OTT. 2014 Il Dirigente (Dott.ssa Daniela D’Amaro) F.to Daniela D’Amaro