leggi - Libreria Piave

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Correva l’anno… 2019
di Alessandra Ferrero
Quando il primo raggio di sole filtrò curioso tra le imposte accostate, Anna era come
sempre immobile sul suo letto. E come sempre la sottile lama di luce attraversò il
pavimento e si arrampicò sulle lenzuola intatte fino ad accarezzare la pelle bianca della
sua mano. Ma in quella mattina di aprile le dita di Anna si mossero lievemente, come per
fermare quel raggio, per ricambiare il saluto, e la luce sembrò fermarsi, sorpresa. Anna
aprì gli occhi e sorrise al raggio di sole, unico amico in un limbo vuoto. Poi li richiuse, già
stanca.
Quando sua madre si accostò per il consueto bacio del mattino, Anna le rivolse uno
sguardo estraneo, e non capì perché quella sconosciuta d'improvviso avesse cominciato
ad urlare e piangere ondeggiando le mani al cielo come ali di un gabbiano. Aveva richiuso
ancora gli occhi con l'impressione di galleggiare nell'aria e quando li aveva riaperti accanto
alla donna c'era un uomo di mezza età che le sorrideva con grandi occhi neri. In quegli
occhi trovò rifugio, perché non era in grado di capire, parlare o muoversi. Suo padre
appoggiò la forte mano su quella di Anna, lì dove il sole aveva lasciato un leggero calore.
Dieci anni erano passati e molte cose erano cambiate, tutto sembrava diventato possibile.
Molte malattie erano state finalmente domate, potenti vaccini promettevano protezione
contro nemici sempre nuovi, confusi tra i paesi del mondo e ogni cosa si poteva scegliere,
perfino i figli, attraverso la selezione degli embrioni migliori. Molte leggi erano giunte per
garantire a ciascuno la possibilità di decidere se vivere o morire. Suo padre e sua madre
avrebbero potuto scegliere di liberare la sua anima dal quel corpo immobile, ma loro
avevano scelto di sperare, avevano scelto per lei una vita senza scelte. E quella mattina
sembrava d'improvviso dare un senso al lungo tempo trascorso.
Dopo l'incidente di Anna - aveva appena 12 anni quando venne investita davanti alla
scuola - sua madre Ottavia aveva lasciato il lavoro per poterla accudire da vicino. Ottavia
viveva per Anna, e Anna viveva attraverso sua madre: in coma irreversibile era tornata a
vivere in un grembo oscuro, isolato dal mondo reale. Ma Ottavia era certa che come una
volta nel suo grembo aveva potuto crescerla e alimentarla della sua stessa vita, così
avrebbe potuto farlo ancora, e Anna sarebbe cresciuta e rinata, un giorno. Poi nel paese
era arrivata la grande crisi e molti avevano perso ogni agiatezza. La vita era cambiata in
tutto il mondo, rapidamente. La terra sembrava ogni anno più inquieta e insofferente verso
chi non l'amava davvero.
Ben presto anche Bruno, suo padre, aveva lasciato gli abiti da manager per trasferirsi in
quella arida campagna, che doveva essere salvata. Lì avevano ricominciato a vivere della
terra che si estendeva alle spalle della piccola casa bianca. Lo Stato aveva offerto incentivi
a chi avesse scelto di dedicarsi agli appezzamenti di terreno, disponibili in seguito al
fallimento di alcuni grandi marchi di produzione industriale. Erano stati in molti, allora, ad
aver fatto la stessa scelta. Si viveva di poco, si mangiava ciò che la terra offriva, ciascuno
allevava con cura qualche animale, necessario a garantire la continuità nel tempo. Ci si
incontrava più spesso per parlare e forse si sorrideva con più franchezza, continuando a
sperare.
Gabriele, il figlio più giovane, lavorava con entusiasmo e sognava il suo futuro, ogni giorno
diverso. Gabriele non ricordava quasi più il suo cellulare né i tanti giochi elettronici della
sua infanzia. Molti coetanei rimasti in città erano invece cresciuti prigionieri delle sempre
nuove tecnologie, giocavano con immagini olografiche di amici solo virtualmente vicini. La
rete nata anni addietro per realizzare una socializzazione senza confini era diventata una
rete per farfalle senza più ali: nelle confuse città multietniche ragazzi e ragazze si
affannavano per riuscire a convivere senza mai incontrarsi davvero.
Il governo aveva varato da poco la risoluzione di demolire parte dei quartieri ormai
disabitati, per realizzare nuove aree verdi necessarie alla riabilitazione come aree abitabili.
Lì le automobili avevano dovuto lasciare il posto alle navette elettriche dopo l'anno in cui,
per intere settimane, nessuno era più potuto uscire di casa senza speciali permessi, a
causa dell'aria irrespirabile che stagnava sulla maggior parte delle città. Nelle campagne
tornate rigogliose, grazie all'opera di famiglie come la loro, la vita aveva ripreso invece a
germogliare di nuovo, e boccioli di speranza spuntavano ad ogni primavera portando
promesse per il futuro.
E così era arrivato il 2019 e quella primavera sembrava davvero voler regalare nuove
certezze di vita. Forse Anna ce l'avrebbe fatta. Forse i suoi genitori avrebbero avuto
ragione contro tutto e tutti. Forse Gabriele avrebbe potuto realizzare i suoi sogni di pace e
libertà. Forse Anna dopo mesi di immobilità avrebbe potuto riprendere a correre nei campi
che suo padre e i suoi amici erano riusciti a salvare. E avrebbe potuto finalmente riempire
di nuovo i suoi polmoni con il bene ormai più prezioso al mondo: l'aria pulita.
Lo sguardo di Anna vagò ancora esitante tra gli oggetti della sua stanza fino a quando la
ritrovata coscienza lo fece sguizzare avido di vita oltre il confine che lo aveva a lungo
rinchiuso.
Era una bella mattina d'aprile, e in quell'anno il cielo sembrava finalmente tornato azzurro.