2 - Comune di Sant`Antimo
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Pag. 2 Numero 9 Viaggio della memoria... il racconto Ricordando Auschwitz Nell’irreale silenzio di Birkenau gli occhi di tutti noi sono diventate fessure. Il motivo però non è del sole accecante. È ben altro. Camminiamo sulla terra del dolore. Non si fuma nel campo, né si mangia o si masticano gomme. Qui tutto è rispetto. Nessuno del nostro gruppo contravviene. Nessuno alza la voce. Troppo freddo forse. No! Solo la consapevolezza di quel dolore che nessuno, a nessuna età può sfuggire: la compassione per ciò che è avvenuto. Una compassione tutta umana, che possiamo dire, con il poeta latino Terenzio: «Sono un uomo. Nulla di quanto riguarda l’uomo mi è estraneo». La compassione, ecco che cosa che i nazisti avevano dimenticato. Loro massacrarono qui 1 milione e 200 mila esseri umani: ebrei, zingari, omosessuali, cattolici, prigionieri di guerra, disabili; 200 mila bambini sotto i 10 anni. Lì il tempo si è spaccato e il nostro gruppo lo ha subito percepito quasi avesse visto materialmente il dolore ancora aggrappato ai legni delle baracche. La stessa scena si ripete ad Auschwitz. Sui muri di vecchi mattoni vi è rimasta incrostata un’infamia tra le più terrificanti della storia umana. Avendo visitato prima Birkenau e poi Auschwitz, siamo il solo gruppo a camminare a quell’ora in quei luoghi di morte. La neve rende tutto più bianco e surreale e i campi di sterminio appaiono quasi come un set cinematografico. L’unica differenza è che lì non si è vissuta una finzione, ma la più cruda delle realtà. In quei luoghi si è vissuto, perpetrato e consumato l’Orrore. Ascoltando la guida, appaiono sui volti di alcuni lacrime di commozione. A tratti sembra quasi di udire le urla di dolore e le grida di dispera- zione degli uomini, delle donne e dei bambini. Il freddo, però, morde e sbriciola l’illusione. Non possiamo dimenticare e questo percorso sarà ancora più necessario farlo quando il tempo ci priverà del privilegio di poter ascoltare i fatti dalla viva voce dei testimoni, guardando sui loro volti la tragedia vissuta. Scende la sera quando usciamo dal cancello di Auschwitz. Tutto intorno il bianco della neve è illuminato dal rosso del tramonto. Il paesaggio diventa spettrale, ma al contempo da una sensazione di dolcezza. Una domanda nasce nel cuore di ognuno: «Come potremo mai dimenticare tutto questo?» L’unica risposta possibile è questa: «Non possiamo. Non dobbiamo dimenticare mai!» Carmine Di Giuseppe Per non dimenticare Sono tante le cose che stupiscono nel percorrere quei luoghi, tanti gli interrogativi che assillano la mente, tanti, proprio tanti, i momenti in cui senti di stare per esplodere, di non potere trattenere le lacrime agli occhi. Eppure quello che accadde certo non era per me un mistero. Quante volte l’avevo letto nei libri di storia, l’avevo visto in tv, l’avevo sentito raccontare da qualche anziano parente. Mi ritornavano in mente le parole della nonna di una mia cara amica, la stessa grazie alla quale ho letto “Se questo è un uomo”, di Primo Levi. Lei la guerra l’aveva vissuta e ogni scusa era buona per parlarne, per raccontare aneddoti spesso anche simpatici. Per nonna Maria i nazisti erano semplicemente i Tedeschi, e quando li citava assumeva un’espressione così cupa che portava con sé un misto tra terrore e rabbia - Non è possibile che tutto quello che è successo possa essere vero! - così concludeva i suoi racconti e inevitabilmente finiva per commuoversi e noi con lei. Questa frase mi picchiava in testa mentre camminavo in quei luoghi, mentre calpestavo quel terreno, così, forse come per nonna Maria, pur sapendo che quella era storia vera, cruda e amara verità, a tratti mi sembrava di stare su un set cinematografico, non è possibile che quello che è successo possa essere vero, mi ritrovavo a pensare. Ma ecco che in uno dei Block di Auschwitz, dove le pareti sono tappezzate di foto di deportati, ognuna con nome e cognome, nazionalità, data di ingresso e data di morte, quella storia è diventata realtà, un’atroce e feroce realtà raccontata da quegli sguardi, tutti diversi ma tutti uguali, tutti pieni di disperazione e paura. Quasi non riuscivo a sostenerli, quegli sguardi sembravano gridare: Sì, è successo davvero!!! Così sembravano anche gridare gli sguardi di quelle bambine ritratte in una foto che spiegava che erano alcune delle vittime degli esperimenti di Mengele. Rabbrividisco davanti a quella foto! Nell’attesa di quel viaggio pensi a se avrai il coraggio di entrare in un block, di resistere all’orrore dei crematori, di affrontare quella massa di scarpe, di capelli che sai che appartenevano a qualcuno cui sono stati strappati insieme alla vita. Invece eccomi lì, mi manca il terreno sotto i piedi a guardare quella foto. A inquietarmi di più è la bambina con gli occhi chiusi, quegli occhi lanciano un urlo più acuto di tutti gli sguardi in cui mi sono imbattuta, Sì, è successo davvero! Non so perché ma subito, con la mia macchinetta, ho provato a fotografare quelle bambine, ma quegli occhi chiusi non me lo permettevano, quella scena tutto ad un tratto stava diventando realtà, le mani mi tremavano, quella bambina sembrava vergognarsi davanti a quell’obiettivo crudele e io lì, mi sentivo come se stessi per ripetere lo stesso gesto di violenza; per non rinnovare quel dolore, quella umiliazione, ho desistito e mi sono allontanata. Da quel momento però era quella foto a picchiarmi in testa, non riuscivo a non pensarci, ero in lotta con me stessa e alla fine ho deciso di ritornare in quella stanza e l’ho scattata, quella foto, e oggi scelgo di condividerla, perché chiunque sappia che è successo davvero e nessuno mai possa dimenticare!!!! Monica Galdo Giuseppe Nappa - Fortuna Quaranta - Monica Galdo Giuseppina D’Andrea - Antimo Verde - Carlo Cantales Rosa Mungiguerra - Antonio Petito - Cesare Bizzarro Antonino Fiorino - Carmine Di Giuseppe - Ilario Imparato Salvatore Cammisa - Le scolaresche della Giovanni XXIII, Nicola Romeo, dell’I.S.T.S. Giuseppe Moscati e del Liceo Scientifico