Prestazioni di servizi di trasporto di beni in importazione nel
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Prestazioni di servizi di trasporto di beni in importazione nel
Scambi internazionali di merci e servizi Prestazioni di servizi di trasporto di beni in importazione nel territorio comunitario di Mariacristina Scarpa (*) L’adempimento In risposta ad un’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come le prestazioni di servizi di trasporto di beni provenienti da Paesi extracomunitari ed importati in uno Stato membro anche diverso dall’Italia, godano del regime agevolato IVA che considera non imponibili, tra l’altro, “i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta” a norma del primo comma dell’art. 69 decreto IVA. Una società italiana, parte di un gruppo multinazionale operante nel settore della logistica, ha chiesto chiarimenti all’Amministrazione Finanziaria in merito al trattamento IVA delle prestazioni di servizi connesse al trasporto di beni, provenienti da un Paese extra-UE, importati in uno Stato membro diverso dall’Italia. Più in particolare, l’attività svolta dalla società italiana, oggetto dell’istanza di interpello, si concretizza nel trasporto di beni per conto di committenti soggetti passivi stabiliti in Italia. Fino all’implementazione del c.d. VAT package il 1° gennaio 2010, i servizi in esame erano fuori campo IVA in virtù delle previsioni dell’allora vigente art. 7, comma 4, lettera c) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale prevedeva che tali servizi fossero territorialmente rilevanti in Italia limitatamente alla porzione di trasporto ivi materialmente resa. Di conseguenza, essendo il trasporto interamente reso al di fuori del territorio italiano, il servizio non era rilevante ai fini IVA in Italia. A partire dal 1° gennaio 2010, e per effetto dell’emanazione del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, con il quale sono state implementate le modifiche apporta- te dalla Direttiva 2008/08/CE alla Direttiva 2006/112/CE, i servizi di trasporto di beni sono divenuti territorialmente rilevanti, ai sensi dell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972, nel Paese del committente, indipendentemente dal luogo di materiale svolgimento degli stessi. Di conseguenza, trattandosi di servizi territorialmente rilevanti in Italia, la società istante si è posta il problema di individuare il corretto trattamento ai fini IVA dei servizi e, in particolare, di verificare l’applicabilità agli stessi del regime di non imponibilità previsto per i “servizi di beni in importazione” dall’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972. La società istante ha, pertanto, chiesto all’Amministrazione Finanziaria se sia corretto: - interpretare la dicitura “servizi relativi a beni in importazione sempreché i corrispettivi (...) siano assoggettati ad imposta a norma del primo comma dell’art. 69” di cui all’art. 9 D.P.R. n. 633/1972, come relativa all’importazione di beni avvenuta in qualsiasi Paese comunitario, anche diverso dall’Italia, sempreché i corrispettivi del servizio in oggetto (trasporto, noleggio, carico, scarico, magazzinaggio, deposito, itermediazione, etc.) siano stati assoggettati ad IVA in tale Paese di importazione; e, per l’effetto - trattare tali servizi, laddove territorialmente rilevanti in Italia, come non imponibili. In altre parole, se sia corretto interpretare la previsione di cui all’art. 69, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, in quanto richiamata dal suddetto art. 9, come riferita all’importazione di beni in un qualunque Paese comunitario e non unicamente in Italia. (*) Senior Associate, Baker &McKenzie n. 5/2012 5 Scambi internazionali di merci e servizi Il caso La società italiana effettua servizi di trasporto per il tramite di altre società comunitarie all’uopo identificate a seconda del luogo di partenza e/o arrivo dei beni; le società incaricate dall’istante si occupano del trasporto dei medesimi beni fino al Paese comunitario di importazione e/o successivo trasporto dal luogo di importazione alla destinazione finale. I beni vengono presi in carico nel Paese extra-comunitario di partenza con la clausola “Free on Board” e gli stessi, arrivati nel porto di sbarco, sono sdoganati dai committenti della società istante per il tramite di un rappresentante fiscale locale o di uno spedizioniere doganale. Le formalità doganali relative all’importazione nella Comunità Europea, ivi compreso il pagamento dell’IVA, vengono, pertanto, espletate dal committente, direttamente o per suo conto. I beni sdoganati vengono, quindi, presi in carico dalla società incaricata dall’istante e trasportati fino al luogo di destinazione finale. Tale luogo, normalmente, si trova all’interno del Paese comunitario di importazione della merce; tuttavia, occasionalmente, la merce può essere destinata ad altro Paese UE, normalmente diverso dall’Italia (Tavola 1). Le società comunitarie incaricate del trasporto dei beni fino al Paese di importazione e/o fino alla destinazione finale, fatturano alla società istante il relativo servizio. La società istante provvede, quindi, a fatturare a sua volta il medesimo servizio di trasporto al proprio committente italiano. In particolare, la società istante fattura al proprio committente: (i) il servizio di trasporto dal Paese extra-comunitario di esportazione al Paese comunitario di importazione; e/o (ii) il servizio di trasporto dal Paese comunitario di importazione alla destinazione finale (Tavola 2). Tavola 1 - Flusso dei beni Tavola 2 - Flusso di Fatturazione 6 n. 5/2012 Scambi internazionali di merci e servizi Territorialità IVA delle prestazioni di trasporto di beni Fino all’implementazione del c.d.VAT package il 1° gennaio 2010, l’art. 7, comma 4, lettera c) del D.P.R. n. 633/1972, prevedeva che “le prestazioni di trasporto si considerano effettuate nel territorio dello Stato in proporzione della distanza ivi percorsa”. Di conseguenza, per i servizi di trasporto il criterio di territorialità andava individuato con riferimento al luogo di svolgimento materiale di tali servizi, indipendentemente dal Paese del prestatore ovvero del committente. Successivamente, a partire dal 1° gennaio 2010, e per effetto dell’emanazione del D.lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, con il quale sono state implementate le modifiche apportate dalla Direttiva 2008/08/CE alla Direttiva 2006/112/CE, le regole di territorialità dei servizi sono state completamente riformate. Il criterio generale di territorialità è stato recepito nell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972 il quale prevede, al comma 1, che: “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato: a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato; b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello stato”. Di conseguenza, a partire dal 1° gennaio 2010, i servizi di trasporto sono divenuti territorialmente rilevanti in Italia se resi a committenti soggetti passivi ivi stabiliti, indipendentemente dal luogo di materiale esecuzione dei servizi stessi. Regime IVA delle prestazioni di trasporto di beni in importazione Nel caso di specie, in cui i committenti dei servizi di trasporto sono sempre soggetti passivi stabiliti nel territorio italiano, le prestazioni di trasporto di beni resa da società comunitaria sono sempre territorialmente rilevanti in Italia, in virtù della regola generale di cui all’art. 7-ter, comma 1) lett. a) del D.P.R. n. 633/1972. In merito al regime IVA applicabile alla prestazione, occorre precisare che l’art. 9, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972, prevede la non imponibilità dei servizi di trasporto relativi a beni in importazione a condizione che i corrispettivi per tali servizi siano assog- gettati all’imposta a norma del primo comma dell’art. 69 del D.P.R. n. 633/1972. Al riguardo, il suddetto art. 69 prevede, al primo comma, tra l’altro, che: “L’imposta è commisurata, con le aliquote indicate nell’art. 16, al valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto, nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo”. Alla luce del combinato disposto degli articoli 9 e 69 del D.P.R. n. 633/1972, emerge come i servizi di trasporto relativi a beni in importazione siano non imponibili a condizione che il valore degli stessi sia già stato assoggettato ad IVA al momento dell’importazione come componente della base imponibile del bene importato. La ratio di tale disposizione risiede nel fatto di evitare che il medesimo servizio di trasporto sia assoggettato a doppia imposizione al momento dell’importazione, come componente della base imponibile del bene importato, prima, e, quindi, autonomamente, al momento della fatturazione ovvero del riaddebito del servizio di trasporto stesso. La finalità di evitare la doppia imposizione, che, nel caso di specie, consisterebbe nell’assoggettamento ad IVA del medesimo servizio due volte in capo a soggetti diversi (doppia imposizione economica, laddove il soggetto che importa i beni per conto di un terzo coincida con il soggetto che effettua il trasporto) ovvero in capo al medesimo soggetto (doppia imposizione giuridica, laddove, come nel caso di specie, il soggetto che importa i beni sia il committente del servizio di trasporto), è un principio cardine del sistema fiscale in generale e del sistema IVA nel caso di specie. Il concetto di “importazione” nella normativa italiana e comunitaria Il concetto di “importazione” richiamato dagli articoli 9 e 69 del D.P.R. n. 633/1972, va interpretato alla luce del sistema comunitario e, in particolare, del vigente sistema IVA comunitario. Per effetto della creazione della Comunità Europea, n. 5/2012 7 Scambi internazionali di merci e servizi infatti, il concetto di importazione è stato radicalmente modificato. Mentre prima della creazione della Comunità Europea, si qualificava come importazione in Italia l’ingresso di beni provenienti da un qualsiasi Paese terzo, con la creazione della Comunità Europea ed, in particolare, con l’istituzione di un sistema IVA europeo, il concetto di importazione va interpretato esclusivamente come ingresso di beni di provenienza extra-comunitaria in un qualsiasi Paese della Comunità nel quale i beni stessi siano stati sdoganati ed assoggettati ad IVA all’importazione. Il concetto di importazione, in particolare, riflette il concetto di “unicità” del territorio comunitario ai fini IVA nei confronti dei Paesi terzi. I beni importati in un qualunque Paese comunitario, infatti, perdono il loro “status” di beni esteri divenendo beni nazionali, nel Paese di importazione, ovvero beni comunitari in tutti gli altri Paesi comunitari, e non possono essere più soggetti di successiva importazione per effetto della loro movimentazione verso altro Paese comunitario. Laddove anche la normativa IVA - domestica ovvero comunitaria - faccia riferimento all’importazione, tale importazione dovrà essere interpretata come ingresso di beni in un qualsiasi Paese comunitario. Tale concetto di importazione è richiamato dallo stesso art. 69 del D.P.R. n. 633/1972 il quale fa esplicito riferimento proprio al concetto comunitario di importazione richiamando l’ingresso dei beni nel territorio della Comunità e non contiene alcun riferimento al territorio italiano. Al contrario, il riferimento al territorio italiano, o, più precisamente, al “territorio doganale”, originariamente contenuto nell’art. 69, è stato sostituito dal riferimento al “territorio della Comunità” ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), Legge 18 febbraio 1997, n. 28, in vigore dal 14 marzo 1997. Si noti come il concetto di importazione vada interpretato, in senso lato, come genericamente riferito a beni importati in un qualsiasi Paese comunitario e non necessariamente in Italia e come, di conseguenza, rientrino nella previsione di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 i servizi relativi a beni in importazione indipendentemente dallo specifico Paese comunitario di ingresso di tali beni nel territorio della Comunità. La necessaria qualificazione del concetto di “impor- 8 n. 5/2012 tazione” come generico ingresso di beni extracomunitari in un qualsiasi Paese comunitario è supportata, peraltro, dalla normativa comunitaria in materia e, in particolare, dal combinato disposto degli articoli 144 e 86.1.b della Direttiva 112/2006/CE secondo i quali: “Gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni il cui valore è compreso nella base imponibile, conformemente all’articolo 86, paragrafo 1, lettera b)“ (art. 144) e, quindi, “Devono essere comprese nella base imponibile: (...) b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello stato membro d’importazione, nonché quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella comunità, qualora quest’ultimo sia noto al momento in cui si verifica il fatto generatore dell’imposta” (art. 86.1.b) e, infine, “si considera primo luogo di destinazione il luogo che figura sulla lettera di vettura o su qualsiasi altro documento sotto la cui scorta i beni sono introdotti nello stato membro di importazione. In mancanza di tale indicazione, si considera primo luogo di destinazione il luogo della prima rottura di carico in detto Stato membro” (art. 86.2). La prassi dell’Amministrazione Finanziaria L’Amministrazione Finanziaria, proprio con riferimento all’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972, e al regime di non imponibilità ivi previsto, ha espressamente recepito il concetto speculare a quello di importazione sopra descritto, ossia il concetto di “esportazione”. Con la risoluzione n. 134/E del 20 dicembre 20101, infatti, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato come rientrino nel concetto di esportazione richiamato dal suddetto art. 9, tutte le operazioni di uscita di un bene da un qualunque Paese comunitario, ancorché diverso dall’Italia, con destinazione un Paese extra-comunitario (nel caso di specie Arabia Saudita). In tale occasione, di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria ha esplicitamente riconosciuto l’applicazione del regime di non imponibilità a serNota: 1 In Banca dati BIG Suite, IPSOA. Scambi internazionali di merci e servizi vizi relativi a beni in esportazione essendo del tutto irrilevante il coinvolgimento del territorio italiano nell’intera operazione. Per raggiungere le proprie conclusioni, l’Amministrazione Finanziaria ha fatto proprio riferimento al concetto comunitario di esportazione e alla normativa comunitaria in materia, precisando come: “l’operazione principale consiste nel trasferimento di un bene da uno Stato membro verso un Paese extra-UE e pertanto è qualificabile come cessione all’esportazione. Tale assunto ha una propria base giuridica nella normativa comunitaria. In particolare, l’art. 146, par. 1, lettera a) della Direttiva 2006/112/CEE, considera tali le “cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori della Comunità”. Orbene, si può ritenere come tale ragionamento, seguito dall’Amministrazione Finanziaria, possa essere ragionevolmente mutuato in tutti i casi in cui nell’individuazione di una fattispecie si debba necessariamente far riferimento al concetto all’uopo delineato alla luce del sistema comunitario in generale e, nello specifico, del sistema IVA comunitario, ivi compreso il concetto di importazione. Dir. Reg.Lombardia, risoluzione n. 103519/2011 Il ragionamento di cui sopra, seguito per definire il concetto di esportazione, di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 è stato, effettivamente, espressamente seguito anche per definire lo speculare concetto di importazione richiamato dalla medesima norma. Nella risoluzione n. 103519 del 14 luglio 2011, infatti, la Direzione Regionale della Lombardia ha condiviso la tesi prospettata dalla società istante riconoscendo espressamente come anche il concetto di importazione vada interpretato “non più con riferimento al territorio dello Stato, ma con riferimento al territorio comunitario (che ai fini doganali rappresenta un unicum)”. Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria ha affermato come le previsioni di non imponibilità di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 “possano trovare applicazione, per i servizi di trasporto acquistati da committenti stabiliti nel territorio dello Stato, anche quando le predette fattispecie (esportazione, importazione, transito) si verifichino nel territorio di uno Stato diverso dall’Italia”. L’Amministrazione Finanziaria ha, quindi, concluso affermando come: “la corretta applicazione della disciplina di non imponibilità sarà, dunque, provata dalla relativa documentazione doganale, emessa dagli uffici dello Stato membro interessato, da cui dovrà risultare che il servizio di trasporto fino al primo luogo di destinazione dei beni nella Comunità è stato assoggettato ad IVA nella dogana dello Stato membro in cui il bene è stato importato”. Conclusioni Alla luce delle disposizioni di cui sopra, la conclusione dell’Amministrazione Finanziaria circa la non imponibilità dei servizi di trasporto in esame è oltremodo coerente con la ratio della non imponibilità in generale e con il sistema IVA comunitario, laddove si consideri che: - la ratio sottesa alla previsione della non imponibilità è quella di evitare la doppia imposizione (sui servizi come tali e come componenti del valore di importazione del bene). L’esigenza di evitare la doppia imposizione è sicuramente obiettivo coerente con le più ampie finalità di armonizzazione fiscale e con l’attuazione degli obiettivi vincolanti di attuazione del mercato comune; - la direttiva IVA non fa riferimento ai servizi di trasporto “fino al momento di superamento dei confini comunitari”, bensì “fino al primo luogo di destinazione all’interno dello Stato membro in cui avviene l’importazione ovvero, se già conosciuto al momento dell’importazione dei beni, fino allo Stato terzo comunitario”. Alla luce delle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione Finanziaria, si può, quindi, affermare come, in generale, debbano considerarsi non imponibili tutti i servizi di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 relativi ad importazioni avvenute in qualunque Stato membro alle condizioni previste dalla suddetta norma. n. 5/2012 9