Intervista a un imprenditore di successo
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Intervista a un imprenditore di successo
INTERVISTA AD UN IMPRENDITORE DI SUCCESSO 1. Cosa serve per aprire un'azienda? Gli elementi fondamentali sono riconducibili a due diverse tipologie. Per un verso, contano le doti e le caratteristiche personali del titolare o manager, per fondare e far crescere l'impresa nel tempo. Per altro verso, sono invece importanti una serie di requisiti, che potremmo definire oggettivi, come i capitali, l'assetto gestionale ed organizzativo, da definire e modellare sulle specifiche esigenze della singola impresa. Di assoluto rilievo, ovviamente, la consistenza di un mercato di riferimento, che possa costituire una solida domanda dei beni o servizi dell'impresa in questione. 2. Come si possono trovare i soldi per aprire un'azienda? Principalmente, sono tre le fonti di finanziamento aziendale: linee di credito bancarie, finanziamento dei soci, ad esempio tramite aumenti di capitale sociale, emissioni obbligazionarie, cui possono ricorrere certi tipi di società, dotate di una certa consistenza patrimoniale. Non possiamo, però, dimenticare il rilievo sempre maggiore assunto da linee di credito agevolato, che per determinati settori sono poste a disposizione da vari enti, tra cui Regione, Comunità europea, ed altri ancora come l’autofinanziamento, possibile quando è l'attività stessa, tramite i propri flussi finanziari, a consentire la copertura degli investimenti necessari. Vi sono, poi, strumenti particolari, nel nostro ordinamento, che consentono di sfruttare il proprio eventuale patrimonio immobiliare, per trarne interessanti flussi finanziari. Questi, per la verità, non riguardano solo l'impresa, e conoscerli può essere utile a molti, indipendentemente dall'essere titolari o manager d'impresa. 3. Che capacità servono per gestire un'azienda? Diverse persone spesso si domandano: “ma cos’è che fa realmente la differenza tra un imprenditore, o manager di successo, ed altri, che altrettanto successo non hanno avuto?”. Certo, sarebbe molto comodo credere che si tratti solo di fortuna, ma non è sempre così….O meglio. Nella vita una giusta dose di fortuna non guasta, anzi… ma spesso possiamo crearci da soli il nostro personale successo, nei più diversi settori. Imprenditori, in effetti, si può diventare per diversi motivi, talora perché lo si è scelto, ma spesso anche perché ci si è ritrovati a farlo, come quando in famiglia già altri parenti gestiscono un’azienda, poi lasciata in eredità…. Diverso è però essere imprenditori, ed esserlo con successo, proprio perché quest’ultimo rappresenta un vero e proprio obiettivo che richiede, innanzi tutto, alcune caratteristiche psicologiche, che non tutti possiedono, sicché non è infrequente vedere imprenditori di successo, che tali sono diventati, ed imprenditori, invece, che sono poi falliti, ma che avevano ereditato un’azienda di famiglia. Una delle principali ragioni per cui capita questo è che non tutti sono portati a svolgere un’attività di questo tipo. Vediamo quindi le principali caratteristiche che un imprenditore deve possedere: o capacità organizzativa. Impresa significa soprattutto organizzazione e, conseguentemente, richiede un’efficace gestione di ogni sua singola componente, nonché del complesso di tali elementi; o saper cogliere i cambiamenti della società e, conseguentemente, dei mercati in cui l’azienda opera ed a cui si rivolge, per adattarla ad un mondo in continuo cambiamento. Troppe volte, purtroppo, capita ad esempio che l’imprenditore si innamori del prodotto della propria impresa, perdendo così di vista che tale attività deve, innanzi tutto, conseguire una finalità anche, ed innanzi tutto, economica. Se quel prodotto non è più idoneo al conseguimento di un risultato economico, per esempio per una modifica della domanda di mercato, sarà bene sostituirlo con altri, e non rimanere arroccati su di esso; o avere capacità di leadership, il che è ben diverso, come invece molti potrebbero pensare, dal comandare. Essere leader significa, innanzitutto, avere la capacità di coinvolgere i propri collaboratori, e di farsi considerare autorevoli per la propria competenza. Non si tratta, quindi, di comandare, ma di convincere gli altri che le proprie decisioni sono fondate e motivate. E’ evidente, infatti, la differenza tra un imprenditore che non fa che ordinare, ed un altro che ha leadership. Nel primo caso, si può determinare una non sufficiente motivazione, o addirittura una demotivazione, nelle persone che devono eseguire una scelta; nel secondo caso, invece, non si tratta più di eseguire una scelta, ma di mettere in atto una decisione, che può essere compresa dal collaboratore, tramite la condivisione delle sue ragioni; o capacità di comunicare. Nelle imprese di successo, infatti, la comunicazione costituisce un fondamentale fattore di crescita e di sviluppo. All’interno è opportuno comunicare gli obiettivi che l’impresa si è posta. Ciò determina un forte elemento di motivazione, contribuendo al coinvolgimento ed alla motivazione del personale. Ma sarà opportuno comunicare anche all’esterno, per contribuire a creare una positiva immagine aziendale, cioè una buona opinione verso l’impresa, che determina un generale atteggiamento di favore nei suoi confronti, nonché una fidelizzazione nella clientela già acquisita, ed una predisposizione favorevole in quella nuova. Ma essere imprenditori significa anche intraprendere, cioè svolgere un’attività assumendo determinati rischi che, nel caso dell’imprenditore, sono quelli relativi alla possibilità di perdite economiche e di fallimento; o attitudine al rischio, che un imprenditore deve possedere. L’imprenditore deve poi prendere delle decisioni relative a diversi tipi di problematica. Si tratta, ad esempio, di decidere la dislocazione di una nuova sede, piuttosto che la realizzazione di un nuovo impianto. La vita di tutti noi è, per la verità, fatta di decisioni, ma non tutti prendiamo sempre la miglior decisione. Questo dipende, innanzi tutto, dal fatto che non è stata compiuta una sufficiente analisi della questione, che richiede una soluzione del problema da risolvere. Ecco che quindi la capacità di analisi di problemi e situazioni si rivela fondamentale quale ulteriore attitudine dell’imprenditore/manager di successo. Queste sono quindi alcune principali caratteristiche, che deve possedere, sotto il profilo caratteriale e psicologico, un imprenditore/manager di successo. Spesso, infatti, senza mutare nessun’altra variabile di un’impresa, ma solo con il cambio alla sua guida, si assiste ad un deciso cambiamento del suo andamento. Evidentemente, quindi, il precedente imprenditore non aveva saputo gestire con efficacia la sua posizione. Può anche essere stato sufficiente, magari, che il nuovo imprenditore abbia saputo meglio motivare collaboratori e dipendenti, con ciò contribuendo ad un più generale miglior andamento aziendale. 4. Se una persona vuole amministrare seriamente la propria azienda, come deve comportarsi? (nel senso, deve stare tanto tempo in azienda? Deve lavorare più degli altri? Deve dimostrarsi molto autoritario? E via dicendo... ) Un'abitudine che dovrebbe essere fondamentale per ogni manager di successo è il lavorare per obiettivi. Si dovrebbe, cioè, sostituire ad una visione del lavoro tradizionale, basata su autoritarismo e lavoro proseguito per un certo numero di ore, il concetto che ciò che realmente conta è il raggiungimento degli obiettivi, che ci si è posti. Questo si deve inoltre accompagnare all'assenza di qualunque autoritarismo. Oggi, l'obiettivo di creare un team, un gruppo di lavoro, basato su collaboratori affiatati e di fiducia, certo non passa dall'imposizione di decisioni e di politiche aziendali, bensì dalla capacità di comunicare ai propri collaboratori le proprie motivazioni, in modo da infondere autorevolezza e motivazione. Come detto precedentemente, è la fondamentale distinzione tra comandare e leadership che evidenzia la differenza tra un vero capo, anzi un leader, riconosciuto come tale, e qualcuno che mal si sopporti o che sia accettato come leader solo formalmente. Ma anche la gestione del tempo è importante. Ovviamente, una certa presenza in azienda è importante, anche per esercitare il controllo dei propri collaboratori, ma poi non è indispensabile dedicare all'attività un lasso di tempo preordinato. Ciò che conta è il raggiungimento dell'obiettivo che anzi, minor tempo richiede, meglio è. 5. E' vero che gestire un'azienda offre serie possibilità di guadagno? Certamente. Basti pensare che tra gli uomini più ricchi del mondo, molti sono proprio degli imprenditori. 6. Quanto tempo si impiega, mediamente, ad avere un ritorno sull'investimento dalla creazione dell'azienda? Non esiste una sola risposta a questa domanda, nel senso che, sopratutto a seconda del settore e della fase economica che si sta attraversando, evidentemente questo parametro può essere molto diverso. Certamente, in questo periodo, a prescindere dalla considerazione se sia preferibile iniziare un'attività imprenditoriale o meno, l'eventuale ritorno è mediamente destinato ad allungarsi, a fronte delle difficoltà che sta attraversando il ciclo economico. 7. Esistono "modelli" di azienda più semplici da creare di altri? Il concetto di "modello" può assumere almeno due diverse valenze, in ambito aziendale. Possiamo, per un verso, riferirci all'assetto giuridico e di corporate governance di un'impresa. Sotto questo profilo, certamente esistono modelli più semplici di altri, come nel nostro ordinamento l'impresa individuale, rispetto alla società. Ma non necessariamente si deve scegliere un modello più articolato o più semplice. Dipende dalla singola situazione. Certe realtà imprenditoriali, vista anche la loro complessità, non potrebbero essere gestite in forma diversa da quella di società per azioni, ad esempio, talora anche per obblighi di natura normativa. Ma è anche sotto l'aspetto organizzativo, che si deve stabilire come strutturare un'impresa, in base alle sue specifiche esigenze ed agli obiettivi che l'impresa stessa si è posta. 8. Siamo in piena crisi finanziaria. Ci sono centinaia di migliaia di nuovi disoccupati (se non addirittura un paio di milioni ) a causa della crisi. Come pensi si possa sfruttare questa crisi a proprio vantaggio? Indubbiamente, le recenti vicende economiche e finanziarie, sono state caratterizzate da un precipitare, per certi versi, della situazione, dovuta anche agli effetti negativi che la finanza strutturata, sopratutto quella statunitense, ha riversato sul sistema economico complessivo. Le conseguenze per l'occupazione già si sono fatte sentire, basti pensare alla situazione, ad esempio, delle banche americane, ma anche alle nostre imprese. Tuttavia, come la storia economica insegna, quest'ultima è sempre stata caratterizzata da un alternarsi di fasi espansive e recessive dell'economia, e probabilmente la cosiddetta crisi dei “subprime” è stata solo una variante in più, rispetto ad una crisi che, anche se con caratteristiche diverse, si sarebbe comunque verificata. Direi, però, che il peggio è probabilmente alle nostre spalle, sopratutto dal punto di vista della crisi dei mercati, mentre sotto il profilo economico, probabilmente è già giunto il momento di guardarsi attorno, a caccia delle nuove opportunità, che manifesteranno pienamente i propri effetti nella prossima fase espansiva. Chi sopravvivrà, certamente potrà beneficiare di uno scenario di mercato favorevole dove, rimasti in piedi i soggetti sani, sarà interessante lavorare su diversi mercati dei beni e dei servizi, per certi versi caratterizzati da minor concorrenza e, per altro verso, pronti a caratterizzare una nuova fase espansiva dell'economia. Calcolare, a tale riguardo, una precisa tempistica non è certo agevole, ma direi, con qualche ottimismo, che si stanno delineando più occasioni, che rischi. 9. Questa crisi economica sta rendendo la vita difficile a molti proprietari d'azienda. Che consigli daresti per superare la crisi finanziaria senza rischiare troppo? Direi, a tale riguardo, che chi ha saputo seguire, ancor prima della crisi, una linea di gestione aziendale all'insegna della serietà, della professionalità e della capacità manageriale, certamente avrà attraversato questi ultimi periodi, senza eccessive preoccupazioni. Solo chi ha interpretato i periodi cosiddetti di "vacche grasse" come se non dovessero terminare mai, ha evidentemente commesso errori, che sarebbe stato preferibile evitare. Tuttavia, anche in periodi di crisi, conducendo un'efficace ed efficiente gestione aziendale, si possono quanto meno attutire gli effetti più negativi della crisi, sopratutto se si sono realizzate due fondamentali politiche aziendali. Per un verso, penso alla diversificazione dell'azione commerciale, a differenza di aziende che per troppo tempo hanno avuto una concezione sostanzialmente monocliente, e la stessa cosa dicasi sotto il profilo delle linee di credito. Troppe realtà italiane hanno commesso l'errore di affidarsi prevalentemente, o esclusivamente, ad alcune banche, mentre avrebbero senz'altro fatto meglio a diversificare maggiormente le proprie fonti di finanziamento. 10. Quanto conta la ricerca e lo sviluppo nell'azienda? Le aziende che puntano molto sull'innovazione funzionano meglio? Dipende dal settore e dalla tipologia d’impresa. E’ ovvio che questa funzione non sussiste per le imprese commerciali, innanzi tutto. Per le aziende di produzione il settore ricerca è una componente strategica fondamentale, in taluni settori, soprattutto quelli dei beni con un elevato contenuto tecnologico. Pensiamo, ad esempio, alla telefonia, ai computer, ma anche ai sistemi d’allarme ed ai sistemi automatizzati di produzione industriale. Sono tutti esempi di attività, caratterizzate da una veloce obsolescenza del prodotto. Questo significa che un prodotto nuovo, immesso sul mercato, tende a passare velocemente da una fase di lancio e sviluppo, a quella di maturità e declino, per essere presto sostituito da altri, caratterizzati da contenuti tecnologici più recenti. In tal senso, un settore alla ribalta è proprio quello dei lettori di ebook. Per altri settori, invece, concentrati prevalentemente sulla tradizione di un prodotto, l’aspetto della ricerca è decisamente meno importante. Pensiamo, ad esempio, alla costruzione di mobili di pregio, in cui si cerca di mantenere nel tempo una certa tradizione costruttiva. In tali ambiti è sicuramente prevalente il rispetto di una certa tradizione. 11. E per quanto riguarda la formazione del personale? Conviene investire nella formazione del personale, sia sotto l'aspetto professionale sia sotto quello personale? L’elemento umano è fondamentale per ogni impresa. L’impresa è un’attività svolta da persone e, quindi, un’adeguata motivazione e formazione del personale può davvero fare la differenza per una realtà vincente. Troppo spesso, questi fattori sono sottovalutati, almeno in Italia, ed è anche per questo che si riscontra una perdita di competitività del nostro sistema imprenditoriale. 12. E' fatto sempre più noto che molte aziende italiane puntano sul precariato di massa. Secondo te conviene "investire" nel precariato sottopagando i dipendenti oppure conviene alzare gli stipendi, dando magari dei bonus alla produttività e a chi fa degli straordinari? Da tempo è in corso un dibattito tra due fondamentali scuole di pensiero. Da un lato i sostenitori dell’open source, o ricorso alle risorse esterne ad ogni costo, dove per esterne s’intendono anche quelle riconducibili al precariato, dall’altra parte i sostenitori delle risorse umane interne. Direi che ogni soluzione ha i suoi pro ed i suoi contro. Tra gli aspetti positivi dell’evitare il ricorso a risorse umane esterne, indubbiamente la maggior fidelizzazione e motivazione del personale, che non è poca cosa, soprattutto oggi. Per contro, sono evidenti i maggiori oneri finanziari, che questo tipo di opzione comporta. Personalmente, direi che, comunque, è assolutamente indispensabile che un’impresa si dia un’adeguata organizzazione di risorse umane, ricorrendo alle proprie professionalità interne, almeno per quanto concerne i fondamentali ruoli direttivi, anche se all’estero, in particolare negli USA, è da tempo invalsa la moda del cosiddetto temporary manager, cioè una sorta di dirigente affittato all’impresa. Per ruoli con compiti di maggior dettaglio, più operativi, si potrà anche ricorrere a risorse temporanee. 13. Business Plan e Mission di un'azienda: cosa sono, perché sono indispensabili e soprattutto come si possono creare? I business plan non sono semplici previsioni sui futuri bilanci aziendali, ma veri e propri programmi, che indicano dove l’azienda ha intenzione di andare, cioè quali obiettivi si prefigga a breve, medio e lungo termine. In tale contesto assume un ruolo decisivo la mission, che è l’obiettivo fondamentale dell’impresa. Un esempio di mission potrebbe essere il seguente: operare nel settore dei mobili d’ufficio, concentrandosi soprattutto sull’acquisizione delle quote di mercato in Italia. Oggi i business plan sono ancora più importanti di un tempo. Servono, infatti, ad evitare uno stile puramente empirico di gestione, basato sul giorno per giorno, che rischia di far andare fuori mercato l’azienda, ma contribuiscono anche, ed in misura ancora più consistente oggi, dopo Basilea 2 ( per approfondire clicca qui ), ad una valutazione da parte del sistema creditizio, per la concessione di linee di credito. Per realizzarli ci si basa su una certa esperienza, basata soprattutto su una conoscenza di tecniche statistiche, di alcuni dati aziendali, e delle proiezioni di sviluppo, legate ad eventuali progetti specifici, come il lancio di nuovi prodotti, o l’utilizzo di un particolare know how aziendale. 14. Collaborazioni tra aziende: quando convengono? Sicuramente, convengono per fronteggiare periodi, come l’attuale, di recessione. Anche il nostro ordinamento le prevede, ad esempio, nella forma consortile. Accordi di questo tipo consentono, ad esempio, di ottimizzare gli acquisti, tramite ordini che raggiungono una dimensione sufficiente a ottenere certi sconti, più difficilmente conseguibili tramite gli ordini, più ridotti, delle singole imprese. Ma ci possono essere significativi vantaggi anche nell’efficacia dell’azione commerciale, o nel mettere in comune specifici know how delle diverse imprese, tra loro sinergici. 15. Come un'azienda può essere quotata in borsa? Perché è vantaggioso essere quotati in borsa? La quotazione in borsa richiede soprattutto una fase di affiancamento e di analisi da parte di una banca, che operi in qualità di consulente. Sarà compito di quest’ultima soprattutto compiere un’analisi approfondita della situazione aziendale, con particolar riferimento all’aspetto economico-finanziario. Il fine è quello di elaborare un prospetto informativo, che andrà quindi approvato dalla Consob. L’approvazione subentra quando l’investimento in tale società possa essere valutato sufficientemente scevro da certi rischi, da parte della commissione, e sufficientemente esauriente per i potenziali investitori interessati. Sicuramente possiamo affermare che il ricorso alla quotazione in borsa ha soprattutto una finalità di incrementare la propria consistenza patrimoniale. Si tratta, quindi, di reperire del capitale, in forma alternativa all’aumento di capitale, riservato a chi sia già socio, alle emissioni obbligazionarie, ed al ricorso al credito bancario. Vi si ricorre, soprattutto quando le altre forme di reperimento dei capitali sono di difficile praticabilità. Va da sé che elemento imprescindibile, per un ricorso alla quotazione in borsa, è ovviamente l’andamento dei mercati finanziari, ragione per la quale, quando in borsa le cose volgono al peggio, sicuramente si soprassiede su tutte o quasi le operazioni di quotazione, o anche solo di aumento di capitale, che erano state programmate. 16. Quanto vale un sito web ben gestito per un'azienda di piccola e di grandi dimensioni? Tradizionalmente, l’operatività delle imprese si svolgeva solo off line. L’avvento del web ha sicuramente introdotto consistenti novità in ambito aziendale, dove il marketing on line ha rappresentato soprattutto due fattori rilevanti: · possibilità di ridurre, o di annullare, i costi di commercializzazione e di logistica · rivolgersi a target di mercato prima difficilmente raggiungibili. Sotto il primo profilo, pensiamo ad esempio agli ebook, immediatamente scaricabili, senza costi di trasporto e di immagazzinamento, ma pensiamo anche, per altri settori, dove ancora sussiste la fisicità del prodotto, all’aver acquisito ordini in tempo reale, il che consente un’ottimizzazione anche dei tempi di permanenza in magazzino e dei costi di deposito e di spedizione. Molti utenti del web, peraltro, non sarebbero stati raggiungibili con tradizionali strategie di marketing off line. Pensiamo, ad esempio, alla generazione di giovani, che prevalentemente utilizza il pc per i propri acquisti, e che magari effettua acquisti degli stessi beni o servizi anche off line, ma in misura decisamente inferiore. Se, quindi, il cosiddetto infomarketing può rivelarsi una risorsa strategica per molte imprese, direi che è ancora più importante per le piccole e medie aziende, soprattutto in fase di lancio. Queste ultime, infatti, a differenza dei grandi gruppi industriali, più difficilmente possono sopportare i costi di certe strutture logistiche e commerciali, e questo in particolare in fase di startup. In gran parte, questo tipo di problematica può infatti essere risolto brillantemente proprio da adeguate strategie di infomarketing. 17. Con il passare degli anni si nota come piccole aziende vengono inglobate in grandi aziende. Il capitalismo del resto tende naturalmente al monopolio. Per una piccola azienda ci sono possibilità di non venir schiacciata dalle grandi aziende concorrenti? Per la verità, si tende un po’ troppo a ripetere che le fasi del ciclo economico siano sempre le stesse, destinate a reiterarsi praticamente senza fine. Direi che l’economia tende, come tutte le discipline sociali, a generalizzare, mentre occorre, anche sotto questo profilo, considerare la specificità di ogni singolo periodo. Se oggi le recenti vicende hanno sottolineato la crisi di un tradizionale modello di sviluppo industriale, basato sul capitalismo accentratore dei grandi gruppi e sull’importanza esagerata attribuita alla componente finanziaria, a scapito dell’economia reale, non di meno la realtà dimostra anche un altro aspetto non secondario nell’attuale fase economica, cioè che piccole e medie aziende possono essere insostituibili, in certi tipi di economia, con specifico riferimento soprattutto a quella italiana, di cui anzi, da sempre, costituiscono l’asse portante. Intanto, perché la crisi non consente sempre e necessariamente di procedere ad oltranza sulla via dell’incorporazione per fusione della piccola azienda in quella di maggiori dimensioni, anche a fronte della consistente diminuzione di liquidità nel sistema economico, ma anche perché, in ogni caso, non necessariamente si determina una sinergia positiva dall’incorporazione. Non è un caso che, anche prima della crisi in atto, anche le grandi aziende abbiano ritenuto opportuno continuare ad operare, per esempio, con una rete di tradizionali piccoli e medi fornitori, che pur avrebbero potuto essere incorporati. Va poi considerato il caso a sé di imprese che, pur di piccole dimensioni, presentano un particolare valore aggiunto, costituito ad esempio da brevetti o particolari know how, che si rivelano indispensabili per le imprese di maggiori dimensioni. Non è detto che i titolari di queste piccole imprese siano necessariamente interessati a capitalizzare il proprio patrimonio informativo, eventualmente preferendo sfruttarlo in altro modo, ad esempio con licenze e concessioni d’uso e, in tali ipotesi, certo anche imprese di maggiori dimensioni non potranno fare a meno di adeguarsi. 18. Negli ultimi anni c'è stato un boom su Second Life. Le grandi aziende sono entrate in questo mondo virtuale per uscirne quasi subito, mentre tantissime piccole aziende stanno mantenendo le loro posizioni perché, a quanto pare, il sistema funziona. Tu che ne pensi? Fanno bene le grandi aziende a perdere un'occasione così ghiotta come quella di avere un proprio spazio in un mondo virtuale che conta diversi milioni di utenti? Va detto che le grandi imprese, più che essere attirate dalle potenzialità commerciali di S.L., sono state indotte ad approcciare questa realtà virtuale per motivi d’immagine. Soprattutto grandi multinazionali americane investono molto in una funzione, in Italia considerata un po’ di secondo piano, e cioè nelle pubbliche relazioni e nella propria immagine, intesa non solo dal punto di vista grafico, quindi, ma come politica finalizzata a costruire e diffondere una positiva opinione di sé presso i propri target di riferimento. Evidentemente, l’entrata in S.L. ha voluto soprattutto comunicare il messaggio di essere all’altezza dei tempi e di orientarsi verso dimensioni, come quella virtuale, che aziende più tradizionali hanno tralasciato. Del resto, è nata un po’ una corsa, anche per non essere da meno, da parte di chi è arrivato secondo, rispetto ai grandi nomi, che si sono affacciati per primi. Insomma, un po’ una moda, dettata essenzialmente da ragioni d’immagine e di Pubbliche relazioni. Poi, soprattutto a fronte della crisi, si sono decisi vari tagli di costi tra cui, evidentemente, anche la realtà virtuale, che probabilmente non ha consentito, in ottica di marketing, di conseguire obiettivi commerciali di un certo peso. Per le piccole aziende il discorso è diverso, perché probabilmente S.L. è vista tuttora come un mezzo, forse non tanto rivolto all’ottimizzazione di politiche di marketing, probabilmente un po’ deludenti in questo periodo, quanto piuttosto indirizzato al contenimento di certi costi, in alternativa ad opzioni offline, per realizzare una certa politica d’immagine, comunque necessaria per chi voglia approcciare una moderna concezione del marketing. Da considerare, in tale ottica, che molte grandi imprese già possedevano una certa immagine, ancor prima di attivarsi su S.L., mentre certo non può dirsi la stessa cosa per imprese di minori dimensioni, la cui immagine si è diffusa anche grazie al numero di frequentatori di S.L.