TEMI – GEOGRAFIA ALPINA Prof. Giuseppe
Transcript
TEMI – GEOGRAFIA ALPINA Prof. Giuseppe
Intervista-Dematteis TEMI – GEOGRAFIA ALPINA Prof. Giuseppe Dematteis Dipartimento Interateneo Territorio Politecnico di Torino Presidente Dislivelli Quali filoni tematici hanno caratterizzato la sua attività di ricerca sulla montagna? Sono diversi. Un interesse giovanile ha riguardato lo studio degli aspetti e delle dinamiche geomorfologiche, quali carsismo e morfogenesi, in relazione alla pratica della speleologia in particolare nelle Alpi Liguri: le grotte possono essere considerati come degli “archivi”, ambienti molto conservativi dai quali è possibile ricavare l’evoluzione della grotta stessa e dell’ambiente 1/7 Intervista-Dematteis circostante. In seguito, mi sono occupato di temi maggiormente socio-economici. Per il Congresso Geografico del 1970 ho coordinato una ricerca nazionale sul tema della città e del popolamento alpini. Allo stesso periodo sono riconducibili alcune ricerche “regionali”, ad esempio sul Pinerolese, con un taglio monografico. Più recentemente, attraverso la fondazione e le attività di Dislivelli, mi sono dedicato ai temi dell’abitare e lavorare in montagna oggi e al rapporto tra territori alpini e città, intesa come spazio di innovazione e servizi alla popolazione. Quali sono i principali risultati ottenuti attraverso la ricerca sulla montagna? Potrei dire che i maggiori risultati hanno riguardato la negazione di alcuni pregiudizi e luoghi comuni e la conferma di alcune verità affermate. Per quanto riguarda gli stereotipi: - Lo spopolamento della montagna non è un fenomeno irreversibile: oggi si vive una certa fase di ripresa (definito neo-insediamento) che ha il suo principale limite nella scarsa urbanizzazione della montagna: questa è competitiva con la città sotto il profilo ambientale, ma non dal punto di vista dei servizi, ad esempio. - La città e la montagna non sono due realtà contrapposte, ma la montagna può rappresentare 2/7 Intervista-Dematteis un laboratorio per una città più sostenibile. - L’ambiente e la cultura montana non sono un semplice patrimonio da conservare ed esibire ai visitatori, ma qualcosa che si deve riprodurre nel tempo anche attraverso pratiche innovative. - Il futuro della montagna non può dipendere soltanto dal turismo, che ha caratteri di forte specializzazione settoriale e presenta diversi rischi, come la competitività internazionale, il cambiamento climatico, la stagionalità, e così via. E’ quindi necessario puntare e valorizzare anche altre risorse. - E’ da evitare una idealizzazione della montagna come ambiente ideale per vivere a contatto con la natura e le persone. La montagna è un ambiente duro, prima di tutto per le sue caratteristiche climatiche e orografiche, ma anche per i suoi aspetti sociali: le comunità possono facilmente presentare una chiusura localistica verso l’esterno o i nuovi insediati. Ci sono poi delle verità confermate, tra le quali: - La montagna è altamente differenziata per caratteristiche ambientali e storiche. E’ un territorio particolare che va considerato nella sua diversità, la quale rappresenta tra l’altro la sua principale risorsa. Conta di più la qualità rispetto alla quantità. In una certa prospettiva, l’effetto della città sulla montagna è stato quello di cancellare questa diversità, entrando nella montagna con le sue caratteristiche peggiori, senza adattarvisi. - La diversità della montagna esige un governo: dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, per garantire che la risorsa sia tramandata. 3/7 Intervista-Dematteis - Senza servizi, la montagna muore: per servizi si intende sia quelli più elementari, sia quelli superiori (scuole secondarie e università, tribunali, ospedali, ecc.) che devono essere usufruibili anche dalla montagna interna. - La rinascita deve partire da abitanti e istituzioni locali: è qui che si sono registrati i maggiori successi. Anche i programmi sviluppati alle scale superiori hanno successo se fondati su iniziative locali. E un problema di autonomia dei territori montani. Quali sono le principali indicazioni che la ricerca sulla montagna ha offerto alle politiche locali? Innanzitutto, la necessità di elaborare visioni strategiche del territorio ad una scala inter-comunale, che possa garantire la fattiva partecipazione degli stakeholders e che consentirebbe maggiori capacità di dialogo con le scale superiori (la scala comunale, in tal senso, è troppo piccola). In secondo luogo, azioni di accoglienza ai nuovi insediati, di solito lasciati a se stessi: ad esempio, potrebbero essere utili sportelli di accompagnamento, come fatto in Val Chiusella ad opera di alcune associazioni locali. L’integrazione dei nuovi insediati richiede una politica più ampia, che preveda uno scambio di conoscenze, informazioni sulle condizioni e tecniche di lavoro, sulla cultura locale, che consenta una reale ibridazione in entrambi i sensi, altrimenti il rischio è che si creino malintesi e che le iniziative innovative non vengano accettate. Un terzo tema importante riguarda il governo del territorio. C’è tutta una urbanistica da reinventare in ambiente alpino, fondata sul controllo del consumo di suolo e dello sprawl edilizio (in particolare quello connesso alle seconde case), al ripensamento dei trasporti pubblici, e così via. 4/7 Intervista-Dematteis Ai livelli superiori (come Provincia e Regione) bisognerebbe premiare maggiormente l’iniziativa locale, attraverso investimenti pubblici non a pioggia ma sulla base di progetti ben costruiti, con obiettivi precisi e indipendenti dal colore politico. In quest’ottica, bisognerebbe recuperare alcuni aspetti dei Programmi Territoriali Integrati, che seguivano questa logica sebbene gli esiti non siano stati sempre soddisfacenti. E’ poi necessario individuare risorse integrative per finanziare i progetti: ad esempio, attraverso piani strategici di livello regionale che regolino l’utilizzo delle risorse della montagna (a partire dai pascoli e dai boschi) e che portino, attraverso i proventi derivanti dalla gestione, ad istituire un Fondo Regionale per la Montagna. Vi sono anche altri ambiti dove l’intervento delle politiche è irrinunciabile: la diffusione delle infrastrutture telematiche (su tutte, banda larga e ripetitori) e l’occupazione giovanile in settori altamente qualificati: questa potrebbe perseguirsi attraverso la localizzazione di attività all’interno e ai margini della montagna nei rami della bio-edilizia, della green-economy, dell’ingegneria ambientale, e così via. Quali sono i principali problemi della ricerca sulla montagna in Piemonte, oggi, e quali temi sarebbe più urgente affrontare? La ricerca sulla montagna, almeno in Piemonte, è estremamente frammentata e dipende dall’occasionalità di singoli interessi e singole iniziative. C’è una mancanza di relazioni orizzontali tra chi fa ricerca sulla montagna. Questo fatto di per sé non è negativo (ognuno deve coltivare i propri interessi nella ricerca), ma porta a due conseguenze problematiche: alcuni settori importanti rimangono scoperti e,in generale, c’è poca comunicazione sui risultati della ricerca e tra ricerche. Forse basterebbe un tessuto organizzativo, una rete di incontro e scambio di esperienze (anche in forme molto agili e soft): non è necessario avere da subito un ente ad hoc, un centro di ricerca sulla montagna. Tali soggetti spesso vengono creati ma senza 5/7 Intervista-Dematteis una chiara idea di quello che dovrebbero fare. Per quanto riguarda le tematiche, alcune sono particolarmente urgenti: - Il rischio idrogeologico e idraulico, insieme al tema degli incendi e dei rischi naturali in genere: si tratta di un problema nazionale ma che dovrebbe essere affrontato innanzitutto da un punto di vista conoscitivo a livello locale e regionale. Ad esempio, spesso si trascurano le conoscenze locali a riguardo, anche da parte degli stessi soggetti locali. Invece di ripetere che l’80% dei comuni piemontesi è soggetto a rischi del genere, sarebbe opportuno uno studio molto dettagliato sulle priorità verso cui indirizzare le scarse risorse a disposizione: dove sono i rischi più seri sotto i profilo idrogeologico? - Architettura e urbanistica montana, anche rispetto al tema di un impiego efficiente delle seconde case. Questo si lega ad un tema più generale, dell’abitare la montagna, che tocca alcuni aspetti di psico-antropologia: cosa cerca colui che va in montagna? Che rapporti instaura con il territorio? A che cosa è disposto a rinunciare e a che cosa no? - Green economy: bisognerebbe, in questo campo, stabilire alcuni settori prioritari nella prospettiva di realizzare qualcosa di concreto, che abbia funzioni di esemplarità, anche. In tal senso, sarebbero importanti studi sulle risorse primarie della montagna e sulle condizioni per farle passare da potenziali a utilizzabili subito. - Turismo: si parla molto della sua evoluzione e delle nuove forme di turismo, ma spesso il dibattito ha aspetti un po’ troppo ideologici: che contributi offre effettivamente il nuovo turismo? In che misura le esperienze sono replicabili? 6/7 Intervista-Dematteis Suggerimenti di lettura Batzing W. (2004), Le Alpi, una regione unica al centro dell’Europa, Bollati Boringhieri, Torino. Camanni E. (2002), La nuova vita delle Alpi, Bollati Boringhieri, Torino. CIPRA (2007), Noi Alpi! Uomini e donne costruiscono il futuro, Cda & Vivalda editori, Torino Corrado F. (“010), Ri-abitare le Alpi. Nuovi abitanti e politiche di sviluppo. Eidon edizioni, Genova Salsa A. (2007), Il tramonto delle identità tradizionali. Spaesamento e disagio esistenziale nelle Alpi, Priuli e Verlucca, Scarmagno (To) 7/7