Quando la sinistra dimentica il rispetto per la donna

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Quando la sinistra dimentica il rispetto per la donna
n.15 - 17 gennaio 2016
Le reazioni italiane alle violenze degli immigrati nel Capodanno di Colonia
Quando la sinistra dimentica il rispetto per la donna
Il nuovo anno è iniziato ormai da qualche settimana e incalzano nuovi eventi da commentare: la legge sulle unioni civili,
l’utero in affitto, le adozioni da parte di coppie omosessuali, i risparmiatori truffati dalla Banca Etruria e nel campo più
propriamente politico i contrasti tra l’Italia e l’Unione Europea. Tuttavia le molestie e le violenze di gruppo praticate da
immigrati musulmani in Germania la notte di Capodanno sono così gravi da meritare, anche se in ritardo, un nostro commento. I fatti avvenuti a Colonia – ma anche ad Amburgo, Zurigo, Helsinki e Stoccolma – non sono fenomeni di sola criminalità comune. Che lo abbia detto Angela Merkel, che per alcune ore ha sentito addirittura vacillare la sua poltrona, è
comprensibile. Non lo è da noi, dove il dibattito che si è sviluppato avrebbe dovuto essere scevro da preoccupazioni
elettoralistiche. Sui bigliettini trovati in tasca a qualcuno dei profughi identificati per le molestie e i furti a Colonia c’era
una frase scritta in tedesco, da gettare in faccia alla ‘preda’: ‘Ti voglio scopare fino alla morte’. Uno di questi fermati, già a
piede libero grazie alle garanzie giuridiche dell’odiato Occidente, è un ragazzo marocchino di soli sedici anni.
Il caso ha voluto che negli stessi giorni in cui l’Europa si indignava per le violenze alle donne tedesche ci abbia raggiunto l’atroce notizia dell’uccisione di una madre di Raqqa, Lena Al-Qasem, da parte del figlio jihadista. Un fanatico sanguinario che
non aveva tollerato l’invito rivoltogli dalla madre a lasciare la capitale del Califfato. Sono fatti che hanno una radice comune:
la considerazione della donna è tale, in certe sottoculture, da essere indotti o ad umiliarle o ad eliminarle fisicamente, anche
se sono madri, mogli o sorelle. Oggetti di trastullo, o oggetti fastidiosi, in ogni caso privi della dignità di persone.
Certo, non si vuole dire che tutta la cultura islamica soggiace a questo schema, ma il problema esiste e non è con la comprensione compiacente che lo si risolverà. E’ stato detto che le femministe sono state parche di parole dinanzi ai fatti di
Colonia. Bè forse lo sono state il sindaco di Colonia e Laura Boldrini, che non rappresentano nessuno. La femminista francese Elisabeth Badinter, intervistata dal Corriere della Sera, ha invece parlato chiaro e ha detto cose interessanti. Per
esempio questa: ‘La prima reazione delle autorità e dei media agli incidenti di Colonia è stata, subito, difendere l’immagine dei rifugiati e degli stranieri in generale. Non le donne. Non posso dirvi quanto questo mi abbia dato fastidio. Come se
la tutela delle donne possa venire dopo. I commenti si concentravano sul proteggere gli stranieri dalla xenofobia, e questo è uno scopo nobile. Ma il risultato è che nessuno si è dichiaro inorridito per le donne aggredite’.
Il punto è proprio questo. Il rispetto per le donne esige anche che non si abbia paura di passare per islamofobi, né di temere di essere accusati di imitare certa propaganda stracciona della peggior Lega. Il rispetto per le donne esige che si dica
che nelle piazze tedesche sono avvenuti fatti nuovi, inediti e inquietanti e che – se pure la polizia fosse riuscita a reprimerli – anche la sola intenzione di mettere in atto molestie di massa alle ragazze tedesche sarebbe stato un fatto intollerabile,
ripugnante e generato dalla sottocultura di cui abbiamo detto. Il rispetto delle donne è un valore di civiltà mentre non lo è
l’accoglienza, che è solo un metodo per fronteggiare un’emergenza. E i metodi si possono cambiare, i valori no.
Ben diversa è stata invece la reazione della sinistra italiana, con in prima fila le
femministe. La ‘tesi’ assolutoria delle violenze di Colonia può essere condensata
nell’assunto: la cultura dello stupro (se così vogliamo definirla) è sostanzialmente un’invenzione del ‘maschio bianco’. Questo è quanto hanno ripetuto le femministe, come una sorta di racconto autorassicurante, sintetizzato nella vignetta
di Vauro che raffigura un energumeno con camicia sbottonata e crocifisso al collo (particolare che dice tutto…) il quale pensa dopo i fatti di Colonia a uno ‘scatto
d’orgoglio’ e cioè: ‘le nostre donne ce le stupriamo noi’.
Chi è il soggetto cui Vauro si ispira? Un fascista, un neonazista, un leghista, uno
delle Sentinelle in piedi? Chi lo sa. Però dice ciò che l’orecchio progressista vuole
sentirsi dire: gli stupri sono connaturati ontologicamente alla condizione maschile. Ogni preoccupazione per i comportamenti degli immigrati e per la sottocultura tribale che considera la donna come cosa e che purtroppo arriva da noi con il
solo filtro degli scafisti è vacua propaganda ‘alla Salvini’. E’ anche così che la sinistra si ritaglia il suo spazio da eterna perdente.
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