L`eclissi del tempo solare nei Preludes di TS Eliot

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L`eclissi del tempo solare nei Preludes di TS Eliot
Luigi Paglia
L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
di Luigi Paglia
Preludes1
I
1
2
3
4
5
6
7
8
9
The winter evening settles down
With smell of steaks in passageways.
Six o’ clock.
The burnt-out ends of smoky days.
And now a gusty shower wraps
The grimy scraps
Of whitered leaves about your feet
And newspapers from vacant lots;
The showers beat
1
I Preludes, di cui si dà una traduzione fedelmente referenziale, senza alcuna pretesa di efficacia estetica,
furono pubblicati per la prima volta in Blast, 11 luglio 1915, e poi inseriti nella raccolta Prufrock and Other
Observations, London, The Egoist Ltd., 1917:
Preludi
I 1La sera invernale scende/ 2Con odore di carne arrostita nelle vie./ 3Le sei./ 4Consumati tramonti (fuochi)
di fumosi giorni./ 5Ed adesso un tempestoso rovescio avvolge/ 6Gli sporchi resti/ 7Di foglie appassite intorno
ai vostri piedi/ 8E giornali da suoli fabbricabili;/ 9Gli scrosci picchiano/ 10Sulle persiane rotte e sui camini, 11E
all’angolo della via/ 12Un solitario cavallo da cab fuma e scalpita./ 13E poi l’accensione dei fanali.
II 1Il mattino si rivela alla coscienza/ 2Con leggeri e stantii odori di birra/ 3Dalla segatura calpestata nella
via/ 4Con tutte le scarpe infangate che si affrettano/ 5Verso i caffè mattutini./ 6Con le altre mascherate/ 7Che il
tempo rinnova, /8Si pensa a tutte le mani/ 9Che levano ombre oscure/ 10In migliaia di camere ammobiliate.
III 1Tu gettasti la coperta dal letto,/ 2Giacesti supina, e attendesti;/ 3Sonnecchiasti e guardasti la notte
rivelante/ 4Le mille immagini sordide/ 5Di cui era costituita la tua anima;/ 6Esse ondeggiavano contro il soffitto./ 7E quando tutto il mondo ritornò/ 8E la luce filtrò tra le imposte/ 9E sentisti i passerotti sulle grondaie,/
10
Avesti una visione della via/ 11Che la via appena intende;/ 12Seduta sull’orlo del letto, (dove)/ 13Ti togliesti i
bigodini dai capelli,/ 14O stringesti le gialle piante dei piedi/ 14Nei palmi delle mani sporche.
IV 1La sua anima si stendeva attraverso i cieli/ 2Che sbiadiscono dietro un blocco cittadino,/ 30 calpestata da
piedi insistenti/ 4Alle quattro e alle cinque e alle sei;/ 5E corte dita quadrate riempiono pipe,/ 6E giornali della
sera, ed occhi/ 7Sicuri di certezze indubitabili,/ 8La coscienza di una via annerita / 9Impaziente di attribuirsi il
mondo./ 10 Io sono mosso da fantasie che si intrecciano/ 11Intorno a queste immagini, e si stringono:/ 12L’indizio di qualcosa infinitamente dolce/ 13E infinitamente sofferente./ 14Strofinatevi la mano sulla bocca e ridete;/
15
I mondi ruotano come anziane donne/ 16Che raccolgono legna in suoli edificabili.
Riprendo, con modifiche e sostanziali integrazioni soprattuto di diagrammi e di prospetti grafici (che possono essere utili in proiezione didattica), il mio articolo I «Preludes» di T. S. Eliot: l’eclissi del tempo solare in
«Strumenti critici», 2000, 92 (gennaio), che rappresenta il necessario precedente della presente analisi.
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On broken blinds and chimney-pots,
And at the corner of the street
A lonely cab-horse steams and stamps.
And then the lighting of the lamps.
II
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
The morning comes to consciousness
Of faint stale smells of beer
From the sawdust-trampled street
With all its muddy feet that press
To early coffee-stands.
With the other masquerades
That time resumes,
One thinks of all the hands
That are raising dingy shades
In a thousand furnished rooms.
III
1 You tossed a blanket from the bed,
2 You lay upon your back, and waited;
3 You dozed, and watched the night revealing
4 The thousand sordid images
5 Of which your soul was constituted;
6 They flickered against the ceiling.
7 And when all the world came back
8 And the light crept up between the shutters
9 And you heard the sparrows in the gutters,
10 You had such a vision of the street
11 As the street hardly understands;
12 Sitting along the bed’s edge, where
13 You curled the papers from your hair,
14 Or clasped the yellow soles of feet
15 In the palms of both soiled hands.
IV
1
2
3
4
5
His soul stretched tight across the skies
That fade behind a city block,
Or trampled by insistent feet
At four and five and six o’ clock;
And short square fingers stuffing pipes,
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6
7
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13
And evening newspapers, and eyes
Assured of certain certainties,
The conscience of a blackened street
Impatient to assume the world.
I am moved by fancies that are curled
Around these images, and cling:
The notion of some infinitely gentle
Infinitely suffering thing.
14 Wipe your hand across your mouth, and laugh;
15 The worlds revolve like ancient women
16 Gathering fuel in vacant lots.
La dimensione temporale dei Preludes eliotiani (esaminati nella loro unità
semantica e nella loro solidarietà strutturale, cui non nuoce la diversa data di composizione: 1909-1910 per i primi due, 1911 per il terzo e 1914 per il quarto) comprende l’arco di ventiquattro ore.
La serie delle correlazioni cronologiche è delineata da Eliot o mediante l’esatta
designazione oraria o con accenni agli elementi caratterizzanti ed alle tappe dell’attività giornaliera, in una successione che viene rappresentata nello schema seguente:
I Prelude
1 The winter
evening
II Prelude
III Prelude
1 The morning
3 the night
3 Six o’ clock
4 The burnt-out
ends of smoky
days
IV Prelude
4 At four and five
and six o’ clock
5 To early coffee-stands
13 And then the
lighing of the
8 And the light
crept up
6 And evening
newspapers
lamps
Il primo Prelude presenta una serie di riferimenti temporali che vanno dalla
presentazione sfumata del periodo considerato (“1, I evening”) alla precisione
cronometrica (“3, I six o’ clock”), col parallelismo figurativo dell’immagine dell’accensione dei fanali, che conclude la traiettoria cronologica e simbolica dell’altra
immagine: “4, I The burnt-out ends of smoky days”.
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L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
Lo stesso procedimento dialettico, ma con schema compositivo rovesciato,
tra l’indeterminazione dei dati designanti il tempo serale (6, IV “evening newspapers”) e l’esatta indicazione delle ore (4, IV “At four and five and six o’ clock”), è
presente nel quarto Prelude, mentre il brevissimo arco diurno introdotto nei Preludes II e III non ha una definizione cronometrica ed è insinuato con l’allusione alla
vaga infiltrazione luminosa (1, II “The morning comes to consciousness”; 8, III
“And the light crept up”).
È possibile individuare all’interno della compattezza compositiva dei Preludes una polarizzazione binaria che, collegando i due Preludes estremi (I/IV) e quelli
intermedi (III/II), fa assumere all’opera la figurazione del chiasmo o della contrapposizione alternata.
Si viene così a sovrapporre una doppia possibilità di analisi: sulla estensione
totale del quartetto e sulla scomposizione binaria dello stesso, con la conferma e
l’intensificazione di alcuni dati e l’introduzione di altri.
L’analisi della polarità orientata sui Preludes II e III porta all’individuazione
di una parziale sovrapposizione tematica (espressa nella doppia descrizione della
vuota mattina) che realizza un’accentuazione semantica relativa al momento
introduttivo della giornata: il risveglio dal sonno e l’inizio dell’attività quotidiana.
Un secondo raddoppiamento si manifesta nel rintocco reiterato delle “six o’
clock” nel I e IV Prelude, quasi un rintocco funebre sulla ‘eroica fatica’ del giorno.
I due poli di intensificazione semantica fissati all’inizio e al termine della
giornata (o, meglio, del cammino apparente del sole), già affermati nel doppio
abbinamento dei Preludes, vengono sottolineati e precisati, in correlazione e parallelo, dalla lettura sull’estensione totale del quartetto.
Infatti, il continuum temporale, designato dai quattro Preludi (con l’inversione della successione tra il secondo e il terzo) può essere così raffigurato:
La sequenza oraria evidenzia, oltre alla sovrapposizione dei due momenti predetti, l’interruzione della continuità cronologica in corrispondenza delle ore 8-16.
Inoltre, tra i due paradigmi temporali: quello presentato da Eliot e quello
riferito al progresso della luce e, quindi, fissato sul viaggio apparente del sole, v’è
una sfasatura determinata dalla differenza dell’ora d’inizio, poiché mentre la giornata eliotiana ha come termine iniziale e finale le “six o’ clock” della sera, con la
messa in parentesi delle ore 8-16, e, pertanto, si estende nello spazio notturno (e
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solo nello stadio iniziale di illuminazione), la giornata solare, o il periodo luminoso, nella dimensione ambientale e nella stagione invernale (richiamata esplicitamente
da Eliot nel 1 v. del I Prelude), comincia tra le 7,00 e le 8,00 e termina tra le 16,00 e
le 17,00, secondo i riferimenti individuabili nel quartetto, a cui segue, ovviamente,
la notte nell’arco restante delle ventiquattro ore.
Il raffronto dei due modelli temporali porta, quindi, all’individuazione dell’opposizione fondamentale, della perfetta inversione, o sovrapposizione al negativo, degli stessi, poiché l’itinerario umano prospettato nei Preludes si svolge nel periodo non illuminato (o, almeno non avviene nell’arco di culminazione del sole) e,
viceversa, l’irradiazione solare coincide col tempo in cui non è registrata alcuna
attività degli uomini.
Il procedimento di puntuale rovesciamento dei termini della giornata solare
impone immediatamente l’evidenza dell’interpretazione “notturna” del tempo
eliotiano, una sorta di viaggio tenebroso, di passaggio infernale;2 ed, in connessione
col precedente, emerge il tema della degradazione delle attività quotidiane dell’uomo, attuandosi un processo di rispecchiamento tra la cancellazione del corso solare
e l’inversione semantica dei simboli dell’espansione vitale. Appare come un prolungamento del senso in tale direzione anche l’inclusione delle primissime ore di
luce nella giornata eliotiana, poiché esse rappresentano la premessa - e la promessa
non compiuta - del processo di culminazione e di crescita, che s’interrompe bruscamente. Tra l’altro, l’elemento luminoso è prospettato in modo indiretto ed è quasi
ricondotto all’oscurità mediante la sostituzione sinestesica degli odori di birra, e lo
sbarramento delle imposte.
È da sottolineare, inoltre, la valenza significativa dell’elemento stagionale
connotato dai Preludes: la dimensione invernale appare rivelativa, in quanto l’inverno rappresenta l’arresto (o il rallentamento) del processo della vegetazione, e
quindi, per trasposizione al piano umano, della crescita e dell’espansione vitale e
creativa dell’uomo, un segnale, questo, di vasta ricorrenza nell’opera eliotiana: basti pensare al sistema semantico-archetipico di The Waste Land.
È stato infatti rivelato dagli studi antropologici e psicologici il parallelismo
tra la parabola dell’esistenza umana e la traiettoria giornaliera (e stagionale) del
sole, ed, in corrispondenza, tra il moto di evoluzione dell’uomo e il profilo culminativo solare.
La somiglianza strutturale (corrispondenza simbolica) dei due itinerari viene
così precisata nelle sue correlazioni profonde da Rudolf Arnheim: “tali configurazioni di forze, che vengono percepite, sono spontaneamente viste come immagini
del comportamento delle forze in situazioni di vita significative. Ad esempio, il
2
Sul versante ‘notturno dell’immagine’, dei tre elementi in cui si articola il quotidiano corso simbolico del
sole (Vita/ Morte/ Rinascita) è presente nei Preludes solo il secondo (Morte), mentre la Resurrezione è solo
prefigurata ed è interrotta nella fase iniziale. Cfr. Mircea ELIADE, Trattato di storia delle religioni, Torino,
Boringhieri, 1976, p. 140: “[…] il Sole scende ogni notte nel regno dei morti: di conseguenza può condurre gli
uomini con sé e, tramontando, farli morire; d’altra parte, può contemporaneamente guidare le anime attraverso le regioni infernali e ricondurle alla luce l’indomani, col giorno”.
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L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
corso quotidiano del sole è visto come simbolo della vita umana perché gli aspetti
percettivi del sorgere, salire, raggiungere un culmine, e discendere, vengono percepiti spontaneamente come strutturalmente simili (isomorfi) rispetto alla dinamica
del nascere, crescere, declinare”, e ciò è valido non solo sul piano biologico, ma
anche e soprattutto sul terreno psichico. Infatti, Durand sottolinea che “i simboli
ascensionali ci appaiono tutti marcati dalla preoccupazione della riconquista di una
potenza perduta, di un tonus degradato.”3
L’interpretazione eliotiana del mondo, quindi, rovescia completamente il significato positivo del rapporto di equivalenza tra culminazione solare e crescita
umana, realizza una sorta di “eclissi di sole”, fotografa il mondo in negativo, nella
notturnità dell’esperienza mondana.
Il moto di maturazione e di crescita (o di rinascita) dell’uomo, nella visione
di Eliot, si è arrestato nella stagnazione vitale o si è rovesciato nel processo opposto
di degenerazione e di morte, nella misura in cui si delinea il disegno di opposizione
tra il giorno e la notte, tra il progresso della luce e la discesa delle tenebre.
Il carattere di regressione dell’esistenza, l’interruzione e l’inversione della
parabola evolutiva dell’uomo, nella visione eliotiana, vengono, inoltre, connotati
da tutta una serie significativa di simboli di degradazione e di evanescenza che sottolineano la mancanza o l’affievolirsi della vitalità e della creatività dell’esperienza
umana.
Le serie sintagmatiche s’accentrano intorno alle polarità archetipiche dell’acqua e del fuoco, ma nella loro apparenza di degenerazione, nella loro fluidità materica,
di passaggio da uno stato all’altro, a significare l’estrema labilità ed instabilità e la
decadenza esistenziale:
a) il fumo come consunzione, vanificazione del fuoco (o dei suoi attributi
vitali):
4, I The burnt-out ends of smoky days
in cui il determinante “smoky”, dichiarante la perdita di vitalità del giorno, si
accompagna esplicitamente all’idea della sua consumazione, del suo incenerimento
metaforico (quasi un fuoco che si estingue).
L’immagine del fumo è proposta, in altri luoghi della composizione, attraverso la mediazione di oggetti o animali da cui esso esala, anche solamente come
possibilità futura, in ulteriore passaggio di stato fisico (o temporale):
10, I [...] chimney-pots
3
Cfr. Rudolf ARNHEIM, Analisi percettiva di un simbolo di interazione, in Verso una psicologia dell’arte,
Torino, Einaudi, 1969, p. 273, e Gilbert DURAND, Le strutture antropologiche dell’immaginario, Bari, Dedalo,
1972, p. 142. L’antropologo francese, inoltre, puntualizza: “Come lo schema dell’ascensione si oppone punto
per punto, nei suoi sviluppi simbolici, a quello della caduta, così ai simboli tenebrosi si oppongono quelli della
luce e specialmente il simbolo solare. Un notevole isomorfismo unisce universalmente l’ascensione alla luce”
(p. 143).
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12, I A lonely cab-horse steams
5, IV And short square fingers stuffing pipes
b) l’immagine dell’acqua è presentata non nell’aspetto della fecondità, ma in
quello della violenza e della distruttività:
5, I a gusty shower
9, I The showers beat
10, I On broken blinds and chimney-pots,
in cui vengono a contatto gli attributi deviati dei due nuclei archetipici;
4, II With all its muddy feet that press
in cui la qualità purificatrice e rigeneratrice dell’acqua si è oscurata in evidenza di corruzione e di contaminazione (“muddy”).
Si attua così una precisa correlazione tra il rovesciamento dei dati della giornata solare e la torsione semantica delle immagini archetipiche per cui le connotazioni
di vitalità e di fecondità del fuoco e dell’acqua si rovesciano nel loro contrario, in linea
con le interpretazioni bipolari che dei simboli predetti prospetta l’analisi antropologica (e psicoanalitica),4 precisando che l’acqua e il fuoco sono immagini archetipiche
ambivalenti polarizzanti i campi alternativi della creatività-fertilità/distruttività.
V’è, inoltre, da segnalare la serie delle immagini di oscuramento, di labilità, di
debolezza luminosa, con le quali viene declinato al negativo, nell’aspetto dell’ambiguità o dell’inversione degli attributi, il tema archetipico luminoso, e che rappresenta il parallelo figurativo del nucleo semantico del mondo tenebroso (4, I “The
burnt-out ends of […] days”; 9, II “dingy sbades”; 8, III “And the light crept up
between the shutters”; 1-2, IV “the skies/ That fade”; 8, IV “a blackened street”).
Le immagini fissate sulla torsione semantica degli archetipi acqua-fuoco (e
luce) vengono, inoltre, a contatto con tutta una serie di sintagmi nominali e verbali,
e di determinanti, denotanti la degradazione, la decadenza, lo sfacelo, la morte, sia
nell’ordine biologico, sia in quello psicologico, sia in quello inorganico, e che designano un esteso panorama di oggetti (oltre che di elementi della vita organica o di
immagini psichiche) colti nel processo di consunzione: un’impressionante, apocalittica “natura morta”:
6, I
7, I
8, I
4
The grimy scraps
Of withered leaves [...]
And newpapers from vacant lots
Cfr. Erich FROMM, Il linguaggio dimenticato, Milano, Bompiani, 1972.
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L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
10, I On broken blinds [ ... ]
3, II From the sawdust-trampled street
4, III The thousand sordid images
14, III Or clasped the yellow soles of feet
15, III In the palms of both soiled hands.
In particolare, è da notare nel primo Prelude l’architettura di corrispondenze
e di opposizioni delle immagini predette, che consolidano il blocco semantico nella
saldezza e nella solidarietà compositiva, realizzata quasi con precisione geometrica,
come si rileva dal prospetto:
Infatti, il collegamento (e l’interazione) dei nuclei archetipici si svolge, simmetricamente e specularmente, sulla direttrice bipolare: (A) fumo-fuoco (“smoky”
– “chimney-pots”) / (B) scroscio-acqua (“a gusty shower” – “The showers”), nei
versi intermedi (4/10 e 5/9), le cui immagini presentano, pertanto, uno schema
compositivo incrociato, un chiasmo figurativo: AB/BA, e sull’antitesi: (C) oscurità
/ (D) luce (“evening” – “lamps”), nei versi estremi 1 / 13 (racchiudenti in cornice la
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composizione), che si orientano parallelamente alla connotazione dei simboli di
degradazione già segnalati (“sporchi resti”, “foglie appassite”, “giornali”, e “persiane rotte”), collocati strategicamente nella parte centrale della composizione (nei
vv. 6, 7 e 8, e nel più marginale v. 10), mentre un’ulteriore linea semantica è indicata,
nell’interposizione dei vv. 2, 7 e 11, dal collegamento dei lessemi “passageways”,
“street” e “feet”, che anticipano le immagini dei Preludes II e IV:
3, II From the sawdust-trampled street
4, II With all its muddy feet that press
3, IV Or trampled by insistent feet
con cui viene dichiarata la insistente e vana ricerca di una meta.
Le due polarità archetipiche sono, come si è già prospettato, in correlazione
reciproca, o in parallelo, per quanto riguarda la valenza significativa attinente alla
regressione esistenziale, alla mortificazione del mondo umano e naturale, e sono
sostenute ironicamente dall’immagine dell’accensione dei fanali. Assume una particolare rilevanza semantica la fioca luce artificiale, figura emblematica dell’opera
tecnologica dell’uomo e del degradato mondo umano, che appare come una pallida
sostituzione della (cessata) irradiazione solare, opponendosi vanamente alla discesa
della notte, e a tutta la congerie di immagini notturne, la cui schiacciante forza è
sottolineata dal profilo compositivo dell’ultimo verso, con l’apertura dell’ “And
then” che sembra il preludio di una liberazione, che però si arresta nel vuoto, e che
pertanto si carica di una compressa ironia o di una dolente mortificazione.
Dall’analisi della sequenza temporale dell’intero quartetto emerge l’altro dato
dell’occultamento del tempo del lavoro: la giornata eliotiana, come si è detto, presenta una dissolvenza relativa al periodo che va dalle otto alle sedici che, comunque, è implicitamente compreso nella descrizione della giornata, dato l’orario iniziale e finale proposto da Eliot. Il tempo del lavoro non è cancellato, ma è posto
volutamente, e sapientemente, in parentesi.
È da rilevare, a questo proposito, la differenza (e, nello stesso tempo, la contiguità semantica) tra i Preludes e un brano di The Ascent of F6, tragedia in due atti
in versi e prosa, di W. H. Auden e C. Isherwood, musicata da Benjamin Britten
(1936):
Extract from The Ascent of F6 (Act 1)
1
2
3
4
5
6
No, nothing that matters will ever happen;
Nothing you’d want to put in a book;
Nothing to tell to impress your friends The old old story that never ends:
The eight o’clock train, the customary place,
Holding the paper in front of your face,
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20
The public stairs, the glass swing-door,
The peg for your hat, the linoleum floor,
The office stool and the office jokes
And the fear in your ribs that slyly pokes:
Are they satisfied with you?
Nothing interesting to do,
Nothing interesting to say,
Nothing remarkable in any way;
Then the journey home again
In the hot suburban train
To the tawdry new estate,
Crumpled, grubby, dazed and late:
Home to supper and to bed.
Shall we be like this when we are dead?5
Nel testo di Auden l’arco della giornata si estende dalle otto del mattino alla
sera, comprendendo le ore di ufficio ma non quelle notturne, con una
contrapposizione di sviluppo figurativo con l’iter eliotiano dei Preludes (in cui,
come si è detto, si realizza un’intensificazione semantica delle ore serali e notturne,
con l’introduzione, subito interrotta, delle prime ore del mattino, viste, comunque,
come un’estensione ed una conseguenza della notte, mentre, simmetricamente, le
ore serali, nel brano di Auden, sono presentate come l’effetto e la conclusione del
giorno) ma con una coincidenza semantica, risultante dalla diversa disposizione
retorico-simbolica del materiale tematico utilizzato nelle due composizioni.
La comparazione grafica dei segmenti temporali dei due testi (messi in parallelo cronologico-figurativo) evidenzia la loro specularità, il disegno complementare:
5
L’ascesa dell’F6
No, niente d’importante avverrà mai;/ 2Niente che tu possa voler mettere in un libro;/ 3Niente da raccontare per impressionare gli amici -/ 4La vecchia vecchia storia che non finisce mai:/ 5Il treno delle otto, il posto
abituale,/ 6Tenendo il giornale davanti al viso, / 7Le scale affollate, la porta a vetri da far oscillare,/ 8Il piolo per
il cappello, il pavimento di linoleum,/ 9Lo sgabello d’ufficio e gli scherzi d’ufficio/ 10E la paura nelle costole
che ti fruga sorniona:/ 11Sono soddisfatti di te?/ 12Niente di interessante da fare,/ 13Niente di interessante da
dire,/ 14Niente di notevole per alcun aspetto;/ 15Poi il viaggio di ritorno a casa/ 16Nel caldo treno suburbano/
17
Verso il vistoso quartiere nuovo,/ 18Coi vestiti spiegazzati, sudicio, stordito, e in ritardo:/ 19A casa per la cena
e a letto./ 20Saremo così da morti?
1
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La descrizione di Auden ruota intorno al periodo illuminato, mentre la giornata eliotiana risulta interrotta, vuota, proprio nell’arco e nell’acme luminoso.
Auden descrive il tempo della costrizione (1 “No, nothing that matters will
ever happen”), i meccanismi della noia ricorrente, della perpetuazione della pena
(20 “Shall we be like this when we are dead?”).
Eliot, ironicamente, vuol farci assistere ai movimenti di una presunta libertà,
alle evoluzioni di un fittizio sviluppo della personalità umana.
La sequenza di Auden è tutta centrata sul tema del lavoro, e gli altri avvenimenti sono in funzione di questo atto centrale della giornata; le composizioni di Eliot
organizzano una serie di eventi che solo apparentemente non sembrano avere alcun
nesso con l’attività lavorativa ma, in realtà, la fissano al centro dell’azione, rovesciando il rapporto al negativo; e la rappresentazione di Eliot è molto più sottile e conturbante proprio per l’assenza, a livello superficiale, del motivo, poiché un elemento è
messo maggiormente in risalto dalla sua latenza nel contesto verbale (e psichico).
Il periodo centrale diventa il grande buco della giornata, presenza ed assenza
nello stesso tempo.
L’affinità semantica delle due composizioni è fissata, di là dalla differenziazione
nella struttura figurativa, dalla concordanza degli esiti stilistici per la presenza, in
entrambe, delle due coordinate modali dell’accumulazione e della divisione (che
rappresentano lo stesso processo in forma positiva e negativa: di semplice aggregazione-somma di unità minime, e di segmentazione di organismi complessi), con
una più marcata polarizzazione nel senso della divisione in quella eliotiana, e maggiormente in funzione cumulativa in Auden.
Sul piano delle modalità reiterative, nel testo di Auden ed Isherwood, l’accumulazione del negativo e la ricorrenza della noia vengono scandite da tutta una
serie di ripetizioni testuali ad apertura di verso (modalità anaforiche), in posizione
di evidenza e di martellamento fonico, all’inizio (“No, nothing [...]/ Nothing [ ... ]/
Nothing”) e a metà della composizione (“Nothing [...]/ Nothing [...]/ Nothing”),
da reiterazioni a contatto (4 “The old old”) e all’interno di uno stesso verso (9 “The
office stool and the office jokes”), da duplicazioni semantiche e del profilo sintattico:
12 Nothing interesting to do
13 Nothing interesting to saw
14 Nothing remarkable in any way
oltre che dal martellante raddoppiamento fonico delle rime baciate.
D’altra parte il processo di divisione è rimarcato dalla ossessiva scansione
dell’attività umana segmentata in una serie di frammenti sintattici, circoscritti
asindeticamente e quasi tutti in incalzante stile nominale:
5 The eight o’ clock train, the customary place
6 Holding the paper in front of your face,
7 The public stairs, the glass swing-door,
8 The peg for your hat, the linoleum floor.
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L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
Più complessa per la presenza stratificata di modalità foniche, microgrammaticali, sintattiche, simbolico-archetipiche (e tematiche), in posizione di riecheggiamento e di interazione, che fondano l’estesa costellazione semiologica, la grande
tensione semantico-conoscitiva e la vitalità estetica dell’opera, risulta la composizione eliotiana che evidenzia, particolarmente, il processo della divisione, della frattura.
Nella vicenda umana descritta da Eliot si è prodotta, infatti, un’interruzione
nel ritmo biologico e psichico, un taglio netto che impedisce la maturazione graduale e la culminazione delle forze vitali, in parallelo con l’occultamento delle ore
di irradiazione, in particolare di quelle di massima potenza solare.
L’ulteriore passaggio interpretativo che si può prospettare è ancora più significativo: poiché il periodo illuminato (e, in particolare, la traiettoria culminativa)
della giornata umana coincide col tempo del lavoro può configurarsi l’ipotesi della
derivazione genetica (o, almeno, di una causa concomitante) della mancanza di vitalità dalla soppressione del lavoro creativo, o dalla condanna irrevocabile alla fatica noiosa ed insoddisfacente, realizzandosi così nei Preludes un’equazione di rovesciamento per cui l’identificazione tra il tempo lavorativo e il momento creativo è
proposta al negativo.
L’estensione della “terra desolata”, l’aridità del panorama spirituale dell’uomo sono indotte dal taglio vitale della creatività umana mortificata dalla meccanica
ripetizione delle operazioni lavorative, per cui anche l’area di effimera libertà al di
fuori del lavoro (il cosiddetto tempo libero) rappresenta una dilatazione “improduttiva” di quel tempo di costrizione, in una diffusione-reazione a catena della
“malattia mortale” dell’uomo.
Le immagini di divisione (in stretta correlazione con quelle di accumulazione) costituiscono il segnale di più marcata evidenza e ricorrenza nel tessuto poetico
e sono orientate nella duplice direzione della stratificazione verticale e della disseminazione orizzontale, ponendosi come polo espressivo primario ed elemento strutturante della composizione, in correlazione (ed accentuazione semantica) con l’estesa
organizzazione metaforica a livello archetipico.
L’interruzione del processo creativo dell’uomo non solo si manifesta sul piano della realtà psichica, ma si riflette anche sugli aspetti del mondo fisico, così che le
immagini di divisione coprono un’area vastissima di traiettorie semantiche:
a) divisione tra gli oggetti e gli attributi, o le emanazioni, degli stessi (2, I
“smell of steaks”; 2, II “faint stale smells of beer”; 7, 1 “withered leaves ”: staccate
dal ramo);
b) scomposizione delle componenti anatomiche della persona umana (e dell’unità vitale), ed azione autonoma delle stesse, in una sorta di automatismo e di
mancanza di collegamento degli atti umani (rispecchianti l’atomizzazione della catena di montaggio), nel riecheggiamento delle formule scompositive del cubismo,
di cui è forse superfluo sottolineare la contemporaneità con i Preludes (7, I “your
feet”; 4, II “all its muddy feet that press”; 8-9, II “One thinks of all the hands/ That
are raising dingy shades”; 3, IV “Or trampled by insistent feet”; 5, IV “And short
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Luigi Paglia
square fingers stuffing pipes”; 6-7, IV “and eyes assured of certain certainties”, e
con una figurazione di sineddoche continuata, o, più modernamente, di primissimi
piani e dettagli cinematografici;
c) scomposizione in cellule distinte dal tessuto urbano: caffè, strade, terreni
in vendita, camere, ecc.;
d) inversione delle caratteristiche della realtà: animazione degli oggetti inanimati e disumanizzazione dei soggetti antropomorfi (4-5, III “The thousand sordid
images / Of which your soul was constituted”; 1, IV “His soul [of the street] stretched
tight across the skies”; 8-9, IV “The conscience of a blackened street/ Impatient to
assume the world”;
e) diversificazione delle presenze umane e oggettuali o, almeno, della determinazione pronominale, e dei tratti numerali e personali, delle stesse (7, I “your
feet”; 4, II “feet that press”; 8-9, II “all the hands / That are raising”; 1-2-3, III “You
tossed [...]/ You lay upon your back [...] / You dozed”; 1, IV “His soul”; 5, IV “And
short square fingers stuffing pipes”; 10, IV “I am moved”; 14, IV “Wipe your hand”);
f) diversificazione tra attività e creatività (l’eccesso di attività che non approda a nessun risultato diventa puro movimento): piedi che si muovono incessantemente, ma senza una meta; mani che ripetono gesti usuali e monotoni e senza alcuna carica vitale; occhi che percepiscono le solite immagini (e le solite certezze);
g) contrapposizione tra la “maschera” (6, 11 “With the other masquerades”),
ossia il complesso degli atti, delle ipocrisie, delle abitudini psichiche e comportamentali indotte dalla società, e il nucleo centrale, profondo, della personalità (Cfr.
The love song of J. Prufrock: “To prepare a face to meet the faces that you meet”), in
consonanza con le formulazioni della psicologia analitica e con la tematica pirandelliana;
h) un’altra scissione che sembra prospettarsi in modo significativo è quella
tra le varie operazioni e azioni (già focalizzate dal punto di vista della divisione e
dell’autonomia operativa) e il linguaggio (e il pensiero).
Nei Preludes i personaggi (o le parvenze dei personaggi) non parlano, non
entrano in un rapporto di dialogo, addirittura non sembrano neanche pensare,
evidenziando una dissociazione psicotica nella struttura comportamentale.
Sul piano sintattico, questa estesa fenomenologia di divisione (e accumulazione) è sottolineata dal taglio rapido ed incisivo degli enunciati, e dall’andamento
paratattico delle sequenze linguistiche (in cui si addensano plurime costellazioni
verbali) che, logicamente, riverbera i suoi effetti sul piano delle microstrutture grammaticali nella martellante proliferazione anaforica della congiunzione “and” (o nel
raccordo asindentico).
Tale meccanismo (segmentazione sintattica - moltiplicazione delle congiunzioni) esemplifica la correlazione delle modalità di divisione e di accumulazione
presenti nella composizione, per cui ad ogni divisione corrisponde un procedimento sommatorio (in cui è da segnalare il movimento di semplice aggregazione di parti
separate, e non di fusione, compenetrazione, delle stesse).
I modi di reiterazione consolidano, al livello delle strutture formali, il tema
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L’eclissi del tempo solare nei Preludes di T. S. Eliot
della moltiplicazione dei gesti (coi quali - come si è detto - si manifesta l’attività
insensata degli uomini), dell’accumulazione (capitalistica) degli oggetti, nella dispersione essenziale della sostanza umana, nella regressione ed evirazione vitale.
L’accumulazione si collega, pertanto, alla divisione, alla frantumazione dell’unità psichica della persona umana, ad una sorta di schizofrenia vitale.
Anche le reiterazioni che investono ampiamente il campo lessicale, disegnando
una rete di riecheggiamenti sintagmatici a distanza (tra le 4 sezioni), presentano la
duplice caratteristica della moltiplicazione delle immagini verbali e del sostanziale
isolamento delle stesse all’interno di ogni singola sezione (con l’eccezione delle
omologie: “ infinitely”, nei vv. 12-13 del IV Prelude, a distanza di un solo verso, e
“shower”, vv. 5-9, I, che presenta, tuttavia, oltre all’allontanamento di quattro versi, anche la differenziazione singolare-plurale).
Le serie di equivalenze lessicali si organizzano in quasi tutte le possibili combinazioni, presentando la completezza replicativa (in tutte le sezioni) per i sintagmi
nominali “feet” e “street” (il cui collegamento significativo è rimarcato dalla loro
disposizione in rima, nella I, III e IV sezione, e dalla rima interna della II sezione),
e la ripetizione in tre Preludes di “hand(s)”, per cui è possibile individuare in tale
insistente replicazione il segno di più marcata rilevanza semantica: il tema, già precisato, di una attività accanita che non trova una direzione liberatoria e creativa.
Gli altri sintagmi lessicali si raggruppano in serie di raddoppiamenti binari
relativi ai Preludes I e II (“smell/s”), 1 e IV “evening”; “vacant lots”; “six o’ clock”;
“newspapers”), II e III (“thousand”), III e IV (“images”; “soul”; “world”), evidenziando altri motivi semantici rilevanti della composizione eliotiana.
In parallelo con la selezione e l’organizzazione lessicale, sintattica e figurativa, pure il sistema delle corrispondenze foniche si organizza nel senso della bipolarità
e della correlazione delle modalità della divisione e della accumulazione.
Infatti, il prospetto di riecheggiamento fonico delle rime nelle quattro composizioni presenta un profilo di equivalenze a contatto (vv. I, 5-6; 12-13 / III, 8-9 /
IV, 9-10) o quasi a contatto, con l’interposizione di un solo verso (vv. I, 2-4 / IV, 1113), in cui il motivo reiterativo si realizza nell’isolamento degli altri nessi sonori, in
una struttura di raddoppiamento e di dispersione dei centri omofonici.
Anche quando le isotopie sonore prospettano un campo di collegamenti e di
interferenze, ciò si realizza, tranne che in un caso, (vv. I, 7-8-9-10-11: disegno di
reiterazione fonica alternata), con una figurazione contrappositiva di blocchi binari (vv. II, 5-8, 6-9 e 7-10) o di inserimento a cuneo di un blocco nell’altro: vv. III, 1115 e 12-13, con l’ulteriore interferenza dell’omofonia, già segnalata, “street-feet”:
vv. III, 10-14, o in un disegno scalare più complesso, con una contaminazione dei
due schemi precedenti (vv. IV 1-6 e 2-4 e 3-8: inscrizione di un blocco nell’altro e
ritmo alternato binario). Si realizza così ai vari livelli: metaforico, archetipico,
sintattico, microgrammaticale e fonico un doppio registro di motivi di raddoppiamento e di divisione, in funzione correlativa, che rappresentano le due facce di una
stessa situazione di impoverimento vitale.
L’isolamento degli uomini, la divisione delle funzioni essenziali dell’esisten220
Luigi Paglia
za (di cui è emblema, e causa, la divisione del lavoro, la parcellizzazione delle operazioni produttive), la perdita di un nucleo centrale che polarizzi tutta l’attività
umana, portano ad una dispersione di gesti, di azioni, ad una pura operazione
sommatoria di elementi discontinui, isolati, dispersi.
L’uomo contemporaneo è diventato, nella visione di Eliot, un numero in
un’immensa catena di montaggio, un robot, una maschera (che rappresenta - secondo l’interpretazione junghiana - la cristallizzazione delle funzioni pubbliche,
con la conseguente perdita dell’identità personale), i cui gesti, visti solo in funzione
produttiva, sono il ricalco di altri gesti di altri uomini. Ma da questa somiglianza
gestuale, dettata solo da motivi che trascendono l’uomo, da una logica estranea al
suo divenire, discendono la più completa estraneità, il più esteso isolamento, la
mancanza di una comunione.
Con l’analisi fin qui condotta, si è cercato di mettere in luce la presenza di
due figurazioni polarizzanti l’intero meccanismo compositivo dei Preludes: 1) la
devitalizzazione, la mancanza di creatività del mondo umano, evidenziata dal paragone al negativo con il processo di culminazione solare, simbolo archetipico della
fecondità delle forze vitali, e collegata a tutta una serie di immagini di morte, di
degradazione, e di degenerazione (inversione semantica dei nuclei archetipici dell’acqua e del fuoco e della loro connotazione di fecondità); 2) la sparizione del tempo del lavoro, vasta frattura che si apre nella parte centrale del giorno (o, almeno,
l’occultamento del periodo produttivo della giornata) che si collega (in rapporto
causale) all’evirazione delle funzioni creative dell’uomo, e che viene sottolineata da
una nutrita simbologia di divisione (e di accumulazione).
I due nuclei semantici sono in posizione di interdipendenza, di interazione
profonda. La condanna di un lavoro che non è creativo, ma solo ripetitivo, riverbera i suoi effetti su tutta la vita dell’uomo che diventa squallida ed infeconda; il tempo libero è vissuto da un pallido ed evanescente popolo di larve che consumano la
loro apparente libertà in una serie di gesti meccanici e scontati, in un’assurda mimesi
della creatività, in una luce di crepuscolo invernale, nella labilità delle fioche fiammelle
artificiali.
Il titolo della composizione diventa, quindi, il segnale ironico e dolente di un
preludio alla luce e all’espansione umana che si blocca nell’oscurità e nella stagnazione
vitale.
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