No alla casa se il figlio è autosufficiente No alla casa

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No alla casa se il figlio è autosufficiente No alla casa
videnziali le indicazioni date
ziale di un credito privilegiato
stizia Ue con la pronuncia del 7
attesta
che il credito non avrebbe un
trattamento più favorevole in
caso di fallimento del debitore.
La procedura di concordato
La vicenda
Il procedimento ha avuto inizio
preventivo avanzata da una Srl.
Trattato sul funzionamento
dell’Ue) di un tribunale italiano, a cui un’impresa aveva preconcordato preventivo che ipotiz-
«di accertare - si legge nella
che, a causa dello stato di insol-
trate si era opposta, ritenendo il-
chiesto se fosse ammissibile un
concordato preventivo che
to membro interessato non
parziale del credito dello Stato
dito Iva in misura maggiore».
ne del pagamento parziale di un
comma 1,
7Il debitore che si trovi in uno stato
di crisi o di insolvenza può proporre
ai creditori un concordato
preventivo per tentare il
risanamento ed evitare il fallimento.
Il concordato preventivo può
prevedere la ristrutturazione dei
debiti e la soddisfazione dei crediti
attraverso qualsiasi forma, la
suddivisione dei creditori in classi
secondo posizione giuridica e
interessi economici omogenei e
trattamenti differenziati tra creditori
appartenenti a classi diverse. È
possibile anche prevedere la
prosecuzione dell’attività d’impresa
da parte del debitore.
re in stato di insolvenza può preda di concordato preventivo
re solo parzialmente un debito
clusione che «la non falcidiabilità di Iva e ritenute deve essere
confinata nell’ambito della
transazione fiscale».
un esperto indipendente accerti
un trattamento migliore in ipo-
La conclusione del Tribunale
In base a queste premesse, il Tribunale di Livorno chiarisce che
«la decisione si fonda sulla recentissima sentenza» della
Corte europea.
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Le sentenze citate in questa pagina
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Divorzio. L’abitazione familiare non è assegnata al genitore con cui convivono i ragazzi ma resta al coniuge proprietario esclusivo
No alla casa se il figlio è autosufficiente
pNo
all’assegnazione della
casa familiare al coniuge con
cui vive il figlio maggiorenne
che ha raggiunto l’autonomia
economica. Lo ribadisce il Tribunale di Gela (giudice Strazzanti) in un’ordinanza depositata lo scorso 14 marzo.
Il provvedimento è stato
pronunciato in un giudizio di
divorzio, dopo la comparizione dei coniugi separati all’udienza presidenziale. La moglie aveva chiesto l’assegnazio-
ne dell’abitazione familiare,
dove viveva con il figlio. Dal
canto suo, anche il marito aveva domandato l’attribuzione
della casa coniugale, di cui è
proprietario esclusivo.
Nel decidere sulle richieste
delle parti, il giudice osserva
che, in base all’articolo 6, comma 6, della legge sul divorzio
(898/70), l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore a cui vengono affidati i figli o con il quale convi-
vono oltre la maggiore età. In
ogni caso, quando stabilisce a
chi assegnare la residenza, il
giudice è tenuto a valutare le
condizioni economiche dei coniugi e a favorire quello più debole. La norma - aggiunge il Tribunale - va interpretata nel senso che l’assegnazione della casa
familiare al coniuge convivente con il figlio maggiorenne richiede la non autosufficienza
di quest’ultimo. Altrimenti,
l’attribuzione dell’abitazione
coniugale comporterebbe
«una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà», che
durerebbe «tendenzialmente
per tutta la vita del coniuge assegnatario» ai danni dell’altro.
Nel caso in esame, il figlio
convivente con la madre è
maggiorenne e autosufficiente, tant’è che la donna non aveva chiesto un assegno a titolo di
contributo per il mantenimento del ragazzo. Peraltro, la moglie separata è proprietaria di
un altro immobile, con cui
«può far fronte alla propria esigenza abitativa». In mancanza
delle condizioni previste dalla
legge sul divorzio, il Tribunale
non deve dunque pronunciare
alcuna statuizione sull’assegnazione della residenza, sicché «l’uso e l’abitazione dell’immobile» - conclude l’ordinanza - dovranno «seguire il diritto di proprietà».
La decisione è conforme alla giurisprudenza della Cassazione. Infatti, il giudice di legittimità ha chiarito che le
norme in esame subordinano
l’assegnazione dell’apparta-
mento coniugale alla presenza di figli, minori o maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, che vivano con
i genitori. Di conseguenza, se
non ricorre questo presupposto, «la casa in comproprietà ha affermato la Cassazione
nella sentenza 387 del 2012 non può essere assegnata dal
giudice in sostituzione o quale
componente dell’assegno di
mantenimento (di separazione o divorzio)» e il suo uso è
disciplinato dalle norme sulla
comunione dei beni.
An.Po.
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