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La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
PAGINA 1
Roberto Gessi
Il 4 Dicembre VOTATE NO al referendum costituzionale.
Dall’Ottobre scorso abbiamo introdotto qualche novità:
LA PAGINA 11 DELL’INSERTO MADRE DIVENTA UNA RACCOLTA DI LINK DELLE PAGINE DI
ALTRE PUBBLICAZIONI DI CUI CONSIGLIAMO LA LETTURA E LA PAGINA 4 È DEDICATA QUASI
ESCLUSIVAMENTE ALLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE.
INFINE DAL MESE SCORSO ABBIANO AGGIUNTO UN NUOVO INSERTO DEDICATO ALLA
FEDERAZIONE RUSSA.
L’Editoriale
In questo numero vantiamo la presenza di articoli molto interessanti di Salvatore Settis, di Adriana Chiaia, di Ireneo Corbacci, di Matteo Renzi, di Nino Di Matteo, di Paolo Flores
d’Arcais, di Armando Spataro e Giacomo Russo Spena, di Mario Albanesi, di Lorenza Carlassare, di Robert Charvin, di Giorgio Cremaschi, di Orfilio Peláez, di Carmen
Esquivel Sarría, di Marinella Correggia, di Pepe Mujica, di João Pedro, di Jorge Luis Merencio Cautín, di Alberto G. Walon, di Lauren Céspedes Hernández, di Ángel Freddy
Pérez, di Ileana Labaut López, di Franco Bianco, di Roberto Prinzi, di Amira Hass, di Ben White, di Gideon Levy e Alex Levac, di Barak Ravid, di Rosa Schiano, di Ghennady
Zyuganov, di Ivan Melnikov, di Giordano Stabile, di Bernard Guetta, di Valerio Mazzoni, di Ipazia, di Guglielmo Forges Davanzati, di Manlio Dinucci, di Teresa Noce, di Maria
Mantello.
Il calendario di Spartaco attende volonterosi aggiornamenti al solito link. Il calendario è stato fatto con excel proprio per dare a tutti la possibilità di ampliarlo e di tenerlo
aggiornato inviandomelo con le modifiche proposte al solito indirizzo e.mail [email protected]. Ora si può visionare e aggiornare anche in formato .doc per chi preferisca utilizzare
questo formato. Questo calendario sarà un link fisso della prima pagina e potrà anche servirmi di spunto per nuovi articoli in occasione delle ricorrenze. Grazie, come sempre a
tutti per la collaborazione.
La lista delle fonti consultate è aumentata ancora e l’ho linkata per comodità di consultazione. Gli appelli di reciprocità hanno dato pochi risultati, ma rimane sempre in vigore su
questa pagina, nello spirito di unire idealmente tutte le espressioni della sinistra e auspicabilmente ricreare poi uno spirito internazionalista (inizativa che per ora è stata per lo
più disattesa: che sia un sintomo della disgregazione della sinistra in Italia? Speriamo veramente che le cose cambino: noi facciamo già tutto il possibile).
La VOCE si avvale dei contributi mensili: dell’astrofisico, dott. Andrea Martocchia, noto anche per le sue preziose pubblicazioni storiche su aspetti meno conosciuti della resistenza in Italia,
che cura l’intero inserto della Jugoslavia e una pagina dell’inserto della Scienza;
dell’ingegner Vincenzo Brandi, ricercatore chimico dell’ENEA, che cura l’editoriale dell’inserto della Scienza e la pagina successiva che
attualmente ospita una sua ricostruzione della storia del pensiero.
Occasionalmente ospitiamo articoli e commenti:
della nostra presidente, Miriam Pellegrini Ferri, già partigiana di Giustizia e Libertà;
del giornalista Mario Albanesi, con i suoi preziosissimi video su Youtube;
di importanti inserzionisti di altre testate in tema con i nostri inserti.
Primo Piano
MADRE
1 Editoriale
2 Intervista alla partigiana comunista Miriam Pellegrini Ferri 2 Renzi­Boschi, Settis: “Una pessima riforma che non affronta i veri
problemi del Paese” di Salvatore Settis
3 Nostalgia del passato o prospettive per l’avvenire? di Adriana Chiaia
3 LA COSTITUZIONE DEL 2016 di Ireneo Corbacci
4 Tensioni Cina­USA nel Mar Cinese Meridionale: con Trump non
cambierà molto 4 Cina testa missile supersonico: centra obiettivi fino a 482 km 4 Se Trump si smarca dall’Asia non lascia campo a Pechino 4 DALLA CINA/ Lao Xi: ecco il discorso segreto preparato da Renzi per
il 1° dicembre di Matteo Renzi
5 Nino Di Matteo: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è
legittimato a modificare Costituzione” di Nino Di Matteo
6 La contro­riforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini di Paolo Flores
d’Arcais
7 Referendum Costituzionale, Black Rock ha paura di un governo che fa
gli interessi delle masse popolari 7 Spataro: “La riforma Renzi? Come quella di Berlusconi” intervista a
Armando Spataro di Giacomo Russo Spena
8 VOTIAMO “NO” PER CAMBIARE L’ITALIA! 9 "LA GRANDE SORPRESA" di Mario Albanesi
9 "POVERO CARTER" di Mario Albanesi
9 Referendum, menzogna contro democrazia di Lorenza Carlassare
10 Cuba ricorda Yaser Arafat nell’anniversario della sua morte 10 Gli insegnamenti della vita e dell’opera di Adriana Chiaia 10 Monumento a Camilo Cienfuegos, omaggio all’Eroe di Yaguajay 11 AFRICA ­ AMERICA ­ CINA ­ EUROPA ­ ITALIA ­ MEDIO ORIENTE ­
RUSSIA ­ SCIENZA COREA
13 Come possiamo essere Coreani (del Nord)? di Robert Charvin
14 L’Ambasciata della Repubblica Popolare Democratica di Corea in
Italia 14 GIORGIO CREMASCHI ­ Il SI può vincere solo giocando
sporco e lo sta facendo di Giorgio Cremaschi
15 Il governo colombiano e le FARC­EP hanno firmato un nuovo accordo
di pace 15 Esposizione sulla biodiversità cubana a Nuova York di Orfilio Peláez
15 Cuba; entrate di mille milioni di dollari per il turismo nel semestre 16 Fraterno incontro di Fidel con il presidente del Vietnam 16 Raúl ha ricevuto il Primo Ministro del Canada 16 La Bolivia fomenta l’Operazione Miracolo, con l’appoggio di Cuba di
Carmen Esquivel Sarría
16 La Celac chiama a rinforzare la lotta contro la fame CUBA
17 Viva il Comandante Fidel Castro, fondatore di Cuba socialista 17 E’ morto a 90 anni Fidel Castro: Cuba piange il suo Lider Maximo 18 A Italia­Cuba di Miriam Pellegrini Ferri 18 Fidel. Auguri, e grazie anche per la Pace di Marinella Correggia
18 «Querido Fidel…», la lettera d’addio di Pepe Mujica a Castro di Pepe
Mujica
18 Abbiamo perso Fidel. Abbiamo conquistato una storia di esempi e
saggezza di João Pedro
19 Cuba e Russia hanno firmato un contratto per la fornitura di
elementi ferroviari di Orfilio Peláez
19 Crogiolo della migliore gioventù di Jorge Luis Merencio Cautín
19 Più di 700 milioni di persone nel mondo vivono in miseria 19 Il 92 % della popolazione mondiale vive in zone molto inquinate 19 E l’Isola fu una grande scuola di Alberto G. Walon
20 Il dibattito pubblico della nazione: un esercizio in costante
evoluzione di Lauren Céspedes Hernández
20 I benefici della medicina rigenerativa per 4000 pazienti di Ángel
Freddy Pérez
20 Omaggio al 99º anniversario della Grande Rivoluzione Socialista
d’Ottobre di Ileana Labaut López 20 Cuba per una riforma profonda del Consiglio di Sicurezza della ONU JUGOSLAVIA
21 La riforma, la guerra e il “rischio Stranamore” di Franco Bianco
23 Dittatura Mogherini in Montenegro 24 “NA MORE CON AMORE” Resoconto dell’iniziativa ­ Quarta Edizione,
anno 2016 PALESTINA
25 ISRAELE. Appello di 120 rabbini alla resistenza non violenta
nell’avamposto di Amona di Roberto Prinzi
25 La risposta dei palestinesi agli incendi in Israele: se fossero
intenzionali, sarebbe una follia di Amira Hass
26 La risposta dei palestinesi agli incendi in Israele: se fossero
intenzionali, sarebbe una follia di Amira Hass
26 I crescenti attacchi israeliani contro civili a Gaza mettono a rischio il
cessate il fuoco in vigore da due anni di Ben White
26 Un pogrom scuote un villaggio palestinese strangolato dai coloni
israeliani di Gideon Levy e Alex Levac
27 Di colpo si può essere filoisraeliani ed antisemiti di Gideon Levy
27 Nonostante le obiezioni degli Stati Uniti, Netanyahu pensa di trasferire i
coloni nelle terre palestinesi abbandonate di Barak Ravid
27 Abbas rieletto presidente di Fatah 28 Le navi da guerra israeliane aprono il fuoco contro i pescherecci
palestinesi 28 In Israele Cala il segreto sugli interrogatori: stop alle registrazioni di
Rosa Schiano
28 29 novembre: Giornata Onu per la Palestina 28 Continua la crisi energetica negli ospedali di Gaza 28 Decine di coloni entrano a al­Aqsa scortati dalla polizia israeliana 28 Forze israeliane spianano terreni a sud della Striscia di Gaza 28 Bulldozer israeliani demoliscono parte di una casa palestinese RUSSIA
29 DA ALEPPO OVEST: le toccanti testimonianze degli abitanti in questi
giorni terribili 30 Fermiamo la repressione contro i comunisti, gli antifascisti e i difensori
della pace in Lituania! 31 La riflessione del leader comunista russo sul significato della vittoria di
Donald Trump di Ghennady Zyuganov
31 Dichiarazione di Ivan Melnikov, vicepresidente del Partito Comunista
della Federazione Russa di Ivan Melnikov
31 L’Egitto invia militari in Siria a sostegno di Assad di Giordano Stabile
32 L’agonia di Aleppo di Bernard Guetta
32 Francia­Russia: sfida di interessi in Africa di Valerio Mazzoni
SCIENZA
33 SINTOMI DI CRISI DEL SISTEMA: BREXIT, TRUMP, FILLON, E LA
CARICA PER IL NO di Vincenzo Brandi
34 CARATTERI DELL’ILLUMINISMO DEL ‘700: MONTESQUIEU E VOLTAIRE di
Vincenzo Brandi
35 Sonde che si perdono, sonde che si ritrovano a cura di Andrea
Martocchia
35 Il dio dei pazzi provoca i terremoti di Ipazia
36 Sulle elezioni presidenziali USA e la vittoria di Donald Trump 36 Sulle elezioni presidenziali USA e la vittoria di Donald Trump 36 Perle di propaganda e di insana disperazione 38 La Costituzione al servizio della finanza di Guglielmo Forges Davanzati
38 L’alternanza del Potere imperiale di Manlio Dinucci
38 99° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre: le radici del futuro di
Teresa Noce
39 VERSO IL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA GRANDE RIVOLUZIONE
SOCIALISTA D’OTTOBRE (novembre 1917­2017) 39 Opere di Lenin e di Stalin in formato digitale /
39 MARIA MANTELLO ­ Referendum: il SÌ delle falsità, il NO delle verità di
Maria Mantello
Per consultare gli arretrati
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
PAGINA 2
IN QUESTO NUMERO:
Domenica 4 Dicembre
POPOLO FRATELLO SALVIAMO IL NOSTRO
AMATO PAESE CONTRO LO STRAPOTERE CHE
VUOLE ANNULLARE LE NOSTRE CONQUISTE:
VOTIAMO UN GIGANTESCO
NO !!!!
Roberto Gessi
Intervista alla partigiana comunista
Miriam Pellegrini Ferri
Qual è il tuo giudizio sulla riforma costituzionale del governo
Renzi, che giunge dopo settanta anni di mancata applicazione
dei contenuti più avanzati e progressisti della Costituzione
repubblicana da parte delle classi dominanti?
Pessimo. Persone inqualificate non possono permettersi
di mettere le mani sulla legge fondamentale dello stato
Secondo te quali forze economiche nazionali e internazionali
hanno spinto per questa riforma e qual è la vera posta in gioco
nel referendum del 4 dicembre?
Sono lobby del più bieco capitalismo quelle che hanno
voluto la globalizzazione disumana e deleteria verso i
più deboli ossia i popoli
Per quale motivo i dirigenti dei sindacati confederali, dei partiti e
dei gruppi socialdemocratici e riformisti che sostengono il NO
non hanno voluto dar vita ad una vera mobilitazione, con lo
sciopero generale e le manifestazioni di massa, in vista del
referendum?
Hanno preso l’ uso di dimenticare la lotta di classe e le
ragioni per le quali i lavoratori hanno pagato col sangue
il diritto ad avere queste rappresentanze. Praticano la
concertazione voluta dal potere
Molti partigiani hanno combattuto non solo per distruggere il
regime fascista, cacciare gli occupanti nazisti, abolire la
monarchia e riconquistare le libertà democratiche, ma anche
perché aspiravano a liberarsi definitivamente dal capitalismo, un
sistema che genera inevitabilmente le guerre e la reazione.
Pensi che le ragioni di allora siano valide anche oggi?
Certo che sì. Fino a che esistono ingiustizie sociali e
oggi vanno oltre ogni limite il desiderio di socialismo
umano civile e lottare per questo è doveroso e
legittimo. Quale messaggio vorresti lanciare ai giovani che vivono la realtà
della disoccupazione, del precariato, della devastazione
culturale, della mancanza di una qualsiasi prospettiva favorevole
nel sistema capitalista­imperialista?
Preparatevi e organizzatevi come diceva Gramsci e
leggete i suoi libri come quelli di Marx ed Engels, Lenin,
Stalin, Mao Tse Tung, Kim Il Sung, Enver Hoxha, Tito, Di
Vittorio e con la cultura scientifica acquistate forza
dignità e volontà di lottare. Chiudo con le parole del
comandante partigiano filosofo della scienza tenuto
prigioniero Ludovico Geymonat:MI RIBELLO PER NON
VENIR MENO AL MIO SCONFINATO DESIDERIO DI
SINCERITA’
Infine, ti chiediamo di rivolgere un tuo breve appello al popolo
italiano per il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.
POPOLO FRATELLO SALVIAMO IL NOSTRO AMATO PAESE
CONTRO LO STRAPOTERE CHE VUOLE ANNULLARE LE
NOSTRE CONQUISTE VOTIAMO UN GIGANTESCO NO||||
La redazione di “Scintilla”, organo di Piattaforma Comunista ­ per
il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
Renzi­Boschi, Settis: “Una pessima riforma che
non affronta i veri problemi del Paese”
di Salvatore Settis, da
ilponterivista.com
Ritengo necessario pronunciare un
energico no alla riforma
costituzionale Renzi­Boschi, per
considerazioni specifiche che ho
meglio articolato nel mio recente libro
Einaudi "Costituzione! Perché
attuarla è meglio che cambiarla".
Secondo Piero Calamandrei,
«quando il Parlamento discuterà
pubblicamente la Costituzione, i
banchi del governo dovranno esser
vuoti; estraneo del pari deve
rimanere il governo alla formulazione
del progetto, se si vuole che questo
scaturisca interamente dalla libera
determinazione dell’assemblea
sovrana». Questo galateo istituzionale
è stato violato brutalmente dal governo Renzi.
Questa e altre (numerose) improprietà e forzature nella procedura non basterebbero
da sole a giustificare un pieno no, che solo il merito della riforma può, anzi deve,
innescare. Lo giustificano, invece, altre ragioni, per esempio:
­ con scelta politica quanto mai impropria, la proposta di riforma si è intrecciata a una
nuova legge elettorale (detta Italicum), che pur essendo stata fatta dopo la sentenza
della Corte costituzionale che condannava il Porcellum bollandone la «illimitata
compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i
principî costituzionali», ha ribadito, truccandoli, i due motivi di incostituzionalità di
quella legge, un irragionevole premio di maggioranza (di fatto assegnabile, al secondo
turno, anche a una minoranza, poniamo del 20%), e un meccanismo che favorisce i
nominati e limita le scelte degli elettori;
­ confuse campagne di disinformazione hanno oscurato la vera natura della riforma,
presentandola come «la fine del monocameralismo», mentre il Senato sopravvive, in
un intrico di competenze dello sterminato art. 70, che non meno di 11 ex presidenti
della Corte costituzionale hanno denunciato come fonte di conflitti di competenze e
ritardi nelle procedure;
­ l’abolizione dei Consigli provinciali (elettivi), lasciando le Province presidiate dai
prefetti, che dipendono dal governo, si congiunge a un Senato di nominati dalla
politica, a una Camera per oltre il 50% condizionata dalle nomine dei “capi” dei partiti;
cioè corrisponde a una forte diminuzione della democrazia;
­ il meccanismo di elezione del presidente della Repubblica (art. 83), che dal settimo
scrutinio prevede una maggioranza dei 3/5 non dei componenti il collegio elettorale,
ma dei votanti, comporta una violenta delegittimazione della più alta carica dello Stato;
­ con la modifica dell’art. 67 i membri del Senato non rappresenteranno più la Nazione
eppure del Senato faranno parte di diritto gli ex presidenti della Repubblica,
derubricati a rappresentanti delle autonomie locali: ulteriore delegittimazione della
figura del capo dello Stato e della sua funzione.
Queste sono solo alcune delle storture di una pessima riforma, che non affronta i veri
problemi del Paese, dalla corruzione all’evasione fiscale, dalla disoccupazione alla
decrescita infelice della produzione. Una riforma voluta da un governo che intanto
nulla fa per attuare gli articoli della Costituzione fino a oggi rimasti lettera morta (per
citare un solo esempio, l’art. 3 sul diritto al lavoro).
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
Nostalgia del passato o
prospettive per l’avvenire?
Adriana Chiaia ­ gennaio 2013
Riproponiamo, a pochi giorni dalla sua scomparsa, alcuni stralci
dell’introduzione di Adriana Chiaia del libro di A. V. TiŠkov,
Dzeržinskij il «giacobino proletario» di Lenin. Una vita per il
comunismo, Zambon Editore. 2012.
Da anni ci dedichiamo alla battaglia contro la cancellazione della
memoria storica del movimento operaio rivoluzionario e la sua
sostituzione con una congerie di falsità, volgari o raffinate, a seconda
della "platea" di lettori a cui esse sono destinate.
Come i lettori potranno facilmente immaginare, i nostri critici di
destra e di "sinistra" ci accusano di rifugiarci nel passato, di
continuare a richiamarci alle lotte di classe e alle teorie rivoluzionarie
che le hanno interpretate al fine di cambiare i rapporti tra le classi. Ci
si accusa, di contro, di non esserci aggiornati, di non esserci sforzati
di capire i cambiamenti sopravvenuti nelle dinamiche economiche e
sociali del nostro tempo, nelle tecnologie, nei sistemi di informazione,
di comunicazione, ecc.
Ai nostri critici rispondiamo: a noi sembra che siate voi a essere
rimasti inchiodati al passato.
I nuovi rapporti di forza che non ci sforzeremmo di capire non sono
forse ancora quelli della società del capitale, "globalizzato" ­ come lo
chiamate ­, cioè entrato nella fase dell’imperialismo già dalla fine del
secolo XIX (ve ne siete accorti?), i rapporti di forza tra le classi non
sono ancora quelli tra sfruttatori e sfruttati, quelli basati sullo
sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo? Per quanto le classi
dominanti capitalistiche si sforzino di soffocarle con la repressione o di
addormentarle con i palliativi delle riforme, le contraddizioni
inconciliabili tra gli oppressi e gli oppressori, tra gli sfruttati e gli
sfruttatori permangono e si manifestano in ogni angolo del mondo.
Ammettete che il capitale si scontra ancora una volta con una delle
sue crisi economiche generali, ma invece di attribuirne la causa alla
natura intrinseca del capitale, cioè alla contraddizione insanabile tra i
rapporti di produzione (la proprietà privata dei mezzi di produzione) e
il carattere sociale delle forze produttive, l’attribuite ai suoi effetti, al
calo della produzione e dei consumi, alle speculazioni del capitale
finanziario, alle oscillazioni delle borse, all’andamento capriccioso dei
mercati, alle classifiche delle agenzie di rating, nuove divinità
apparentemente indipendenti dalla volontà degli uomini, che
governerebbero quella che chiamate l’"economia reale", cioè le
condizioni di vita di milioni di uomini e donne che si traducono, molto
concretamente, in tassi sempre crescenti di disoccupazione e
nell’estensione dei livelli di indigenza, se non di miseria di strati
sempre più vasti della popolazione.
I rimedi che ci proponete sono anch’essi quelli frusti e abusati: tagli al
welfare, alla salute, alle norme sulla sicurezza del lavoro,
all’istruzione, alla ricerca scientifica; licenziamenti, precarietà del
lavoro, riduzione del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni;
cancellazione dei diritti acquisiti dai lavoratori in decenni di lotte. In
una parola: sacrifici, al grido di "siamo tutti sulla stessa barca" (ma i
sacrifici non valgono per chi sta sul ponte di comando). Sacrifici
imposti per diktat sempre più dall’alto, che sia il Consiglio europeo
(Fiscal compact) o la Banca centrale europea o la Banca mondiale o il
Fondo monetario internazionale, sacrifici che ricadono sempre sulle
spalle delle classi subalterne al potere "democratico" borghese.
Agitate lo spettro della crisi del ’29 per convincerci della necessità
della collaborazione di tutte le classi per uscirne ancora una volta e ci
promettete, con scadenze sempre più lontane, la ripresa
dell’economia. Ma noi, che non abbiamo la memoria corta, ricordiamo
come i capitalisti (i briganti imperialisti, per dirla con Lenin) sono
usciti dalle precedenti crisi economiche: con la corsa al riarmo, con
una sequela ininterrotta di guerre dapprima circoscritte (e molte sono
già in atto nei nostri giorni) e infine con il grande massacro di intere
popolazioni e la distruzione di beni nei conflitti mondiali. In tal modo,
dal sangue e dalle macerie la fase espansiva del capitale può ripartire
e procedere ad una nuova spartizione del mondo.
Chi ci vuole dunque respingere nel passato?
Noi invece vi proiettiamo nel futuro.
Nell’ultimo capitolo del libro che presentiamo si ripercorrono le tappe
della lotta decisiva sul destino dell’Unione Sovietica. L’URSS sarebbe
diventata un paese capace di costruire un’economia socialista
basandosi esclusivamente sulle proprie risorse o era destinata a
divenire un paese dipendente economicamente e politicamente dal
sistema capitalista?
Come si ricorderà, con la scelta della priorità dello sviluppo
dell’industria pesante e metallurgica (cioè della produzione dei
macchinari necessari per tutti gli altri rami dell’industria e per la
meccanizzazione dell’agricoltura) prevalse la prima opzione, sostenuta
dalla maggioranza leninista del partito al prezzo di dure lotte contro la
"nuova opposizione" ­ lotte che videro in prima linea Dzeržinskij.
I successi dello sviluppo dell’economia socialista in tutti i suoi rami,
dall’industria, all’agricoltura, ai trasporti, e i loro riflessi politici nella
società e nella vita culturale del paese, furono al centro del rapporto
del Comitato centrale al XVII Congresso del Partito comunista(b)
dell’URSS, che si tenne nel gennaio del 1934[1] nel corso del quale
venne presentato il bilancio dei risultati del I Piano quinquennale.
Rimandando alla lettura dell’intero rapporto, in cui si confrontano
dettagliatamente i dati statistici di tutti i settori dell’economia
sovietica con quelli corrispondenti dei principali paesi imperialisti,
diamo, in rapidi flash alcuni dei risultati raggiunti:
­ Il flagello sociale della disoccupazione è scomparso.
­ Il salario medio annuo degli operai dell’industria è aumentato nel
1933 del 53,28% rispetto a quello del 1930.
­ Si è adottata la giornata lavorativa di 7 ore per tutti gli operai
dell’industria di superficie (per l’industria estrattiva vi erano condizioni
di lavoro particolarmente favorevoli).
­ Si è introdotta in tutta l’URSS l’istruzione primaria obbligatoria
(ovviamente gratuita, come sancito dalla Costituzione della
Repubblica Sovietica del 1918); la percentuale delle persone che
sanno leggere e scrivere è aumentata dal 67% alla fine del 1930 al
90% alla fine del 1933.
­ La percentuale degli operai tra gli studenti negli istituti di
insegnamento superiore raggiunge il 51,4% e la percentuale dei
contadini lavoratori il 16,5%.
Citiamo ancora brevemente alcuni dati relativi al ruolo dirigente
assunto dalle donne nelle campagne:
PAGINA 3
­ Le donne presidenti dei kolchoz sono circa 6.000, le donne membri della
direzione dei kolchoz superano le 60.000, le donne capo squadra sono
28.000, le organizzatrici dei gruppi di lavoro sono 100.000. 9000 donne sono
incaricate di dirigere l’allevamento del bestiame nei kolchoz. 7000 donne
sono conduttrici di trattori.
La nota fotografia della ragazza sorridente alla guida di un trattore
simboleggia il grande avanzamento sociale e culturale compiuto da quelle
donne, ieri contadine analfabete, e la loro emancipazione dalle tradizioni
medioevali imposte nelle campagne dai pope, dai kulaki e dalle famiglie
patriarcali.
Nel 1934, nello stesso anno del Congresso del PC(b) dell’URSS di cui sopra,
tutti i paesi imperialisti europei ed extraeuropei erano attanagliati da una
crisi economica e politica generale che durava da quattro anni. Come
rimedio alla recessione, i loro governi ricorrevano al protezionismo,
scatenavano guerre commerciali e si lanciavano in avventure coloniali. Le
classi dominanti, non potendo più governare con i metodi della democrazia
borghese, facevano ricorso al fascismo e al terrore per reprimere la
ribellione delle classi oppresse e rovinate e imboccavano la via senza uscita
che avrebbe precipitato il mondo nei massacri e nelle devastazioni della
Seconda guerra mondiale.
Perché, dunque, volete farci retrocedere nel passato?
Dobbiamo ricordarvi che l’Unione Sovietica, malgrado il terribile prezzo
pagato (23 milioni di morti), fu in grado di sconfiggere il nazismo?
Dobbiamo ricordarvi la bandiera sovietica issata sul Reichstag, simbolo
dell’ascesa e della caduta del nazismo? Dobbiamo ricordarvi che il campo
socialista nella sua massima estensione comprese un terzo dell’umanità?
Sappiamo bene che i nostri critici di destra e di "sinistra" ci sbatteranno in
faccia la fine (definitiva per loro, soltanto temporanea per noi) di quel
mondo: la dissoluzione dell’URSS, la scomparsa dei paesi socialisti europei.
Rispondiamo loro che così come la Comune di Parigi, sebbene sconfitta,
rappresentò "il punto più alto raggiunto dal proletariato nella lotta per la sua
emancipazione" e costituì il punto di partenza delle successive teorie e lotte
rivoluzionarie, gli insegnamenti della rivoluzione d’Ottobre, dell’instaurazione
del potere sovietico e della costruzione del socialismo costituiscono un
prezioso patrimonio di esperienze del quale faranno tesoro, nella teoria e
nella prassi, i movimenti rivoluzionari presenti e futuri. Le nuove ondate
dell’"assalto al cielo" si dispiegheranno nella crescente consapevolezza che
la soluzione del dilemma "socialismo o barbarie" si impone con sempre
maggiore perentorietà e urgenza.
[1] J. Staline, Les questions du léninisme "Rapport présenté au XVII
Congrès sur l’activité du CC du Parti communiste (b) de l’URSS, 26 Janvier
1934", Editions en langues étrangères, Pekin 1977, p. 683 e segg.
LA COSTITUZIONE DEL 2016
PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1
L‘Italia è una Repubblica del Capitale a guida statunitense, fondata sul
lavoro non pagato di quanti vi nascono e di coloro che vi vengono importati.
La sovranità appartiene ai Funzionari del Capitale, che la esercitano senza
limitazioni e vincoli di qualsiasi natura.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dei Funzionari del
Capitale. Gli altri cittadini godono dei Diritti dell‘Uomo internazionalmente
riconosciuti se e in quanto adempiono ai doveri inderogabili di sottomissione
politica, economica e sociale nei confronti dei Funzionari del Capitale.
Art. 105
Nessuna riforma della Costituzione può essere proposta contro l’Ordine del
Capitale, i Suoi Bisogni e Valori. Solo i Funzionari del Capitale e le loro
Commissioni possono modificare il testo della Costituzione dandone
tempestiva comunicazione alla Camera dei Rappresentanti, al Governo e al
Presidente della Repubblica. Il testo originale della Costituzione è redatto in
lingua inglese. È allegata ad esso la traduzione in lingua italiana, che ha
valore legale solo se abbinata all’originale. La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
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Tensioni Cina­USA nel Mar
Cinese Meridionale: con Trump
non cambierà molto
Sabato, 26 Novembre 2016
IBTimes.com
Molti analisti si attendevano
con l’elezione di Trump uno
sconvolgimento della politica
estera statunitense, ma più
passa il tempo più ci si rende
conto che molte cose
rimarranno esattamente come
sono ora.
La USS Mustin transita a fianco della nave JS Kirisame delle Forze di
auto­difesa del Giappone, nel corso di un’esercitazione congiunta nel Mar
Cinese Meridionale David Flewellyn/U.S. Navy/Handout via REUTERS
La politica di Washington nei confronti del Mar Cinese Meridionale non
dovrebbe cambiare sotto la presidenza Trump e gli Stati Uniti
continueranno a inseguire la loro “egemonia territoriale”, secondo gli
studiosi dell’Istituto Nazionale per gli Studi del Mar Cinese Meridionale,
un think tank cinese.
Il rapporto, rilasciato venerdì a Pechino, ha sottolineato che non ci
saranno cambiamenti nella posizione degli Stati Uniti rispetto alla libertà
di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, in quanto “il controllo
assoluto” sulle acque contese è il cuore pulsante della strategia militare
statunitense nella regione dell’Asia­Pacifico.
Sotto Trump è lecito attendersi “più continuità che cambiamenti” nella
politica militare nell’Asia­Pacifico, ha fatto sapere nel rapporto Zhu Feng,
direttore del Centro del Mar Cinese Meridionale presso l’Università Najing,
secondo quanto riportato dalla Reuters.
Wu Shicun, capo dell’istituto, ha detto che le relazioni tra Washington e
Pechino potrebbero aggravarsi mentre la Cina continua a perseguire la
sua crescita militare.
“A seguito del ribilanciamento della sua strategia militare nell’Asia
Pacifico, gli Stati Uniti hanno disposto nell’area aerei avanzati di
ricognizione, droni, navi da sorveglianza, sottomarini nucleari, satelliti di
osservazione, e così via. La Cina è diventata per gli Stati Uniti l’obiettivo
numero uno, in termini di monitoraggio, per frequenza e mezzi
impiegati”, è scritto nel rapporto.
Trump non ha parlato molto della sua politica nei confronti del Mar
Cinese Meridionale, dove circolano beni per circa 5 trilioni di dollari ogni
anno. Si è limitato per ora ad accusare il paese di effettuare
manipolazioni valutarie.
“Dal punto di vista degli Stati Uniti, le attività di costruzione su larga
scala nel Mar Cinese Meridionale da parte della Cina confermano i
sospetti che il paese intende adottare una strategia finalizzata a
restringere l’accesso, cosa che ha portato l’amministrazione Obama a
pensare a un ribilanciamento nell’area. Gli Stati Uniti hanno fatto del Mar
Cinese Meridionale un veicolo importante per implementare la sua
politica di ribilanciamento nell’Asia Pacifico”, secondo il rapporto.
Sia Zhu che Wu sono dell’opinione che gli Stati Uniti aumenteranno la
spesa militare nell’area sotto il nuovo presidente. Zhu ha spiegato che la
decisione di pubblicare ora il rapporto non è per mostrare che la Cina si
“sta preparando alla guerra”, ma piuttosto per impedire un’escalation
bellica tra le due super potenze.
Sono coinvolti nella disputa territoriale del Mar Cinese Meridionale diversi
vicini della Cina, tra cui Brunei, Malesia, Filippine, Taiwan e Vietnam.
Cina testa missile supersonico:
centra obiettivi fino a 482 km
3 ore fa Blitz
PECHINO – La Cina ha
recentemente testato, con
grande successo, un missile
ipersonico J­16 teleguidato.
Il missile è riuscito a colpire
diversi bersagli, posti a una
distanza molto elevata, e gli
esperti che hanno analizzato le
immagini sostengono che
riesca a colpire gli obiettivi
fino a 482 km di distanza. “Questo si rivela un grande problema, poiché
riuscirebbe ad abbattere un missile aria­aria della Nato con molta
facilità” scrivono Jeffrey Lin e P.W. Singer su Popular Science. Il nuovo
dispositivo, inoltre, ha il radar system completamente aggiornato, oltre a
un mirino ottico a infrarossi e a un sistema di navigazione satellitare;
una volta raggiunto l’obiettivo, i propulsori laterali aumentano la propria
manovrabilità. I test arrivano a qualche settimana di distanza da quelli di
Vladimir Putin, che ha lanciato un missile supersonico in grado di
raggiungere il Regno Unito in 13 minuti. Il razzo Object 4202 è stato
lanciato a migliaia di km dalla base di lancio Yasny, in Russia, e gli
ufficiali del Cremlino lo hanno subito ritenuto un “successo”. Invisibile ai
sistemi anti missile americani, si muove a una velocità così elevata che
è virtualmente impossibile da intercettare, riuscendo a raggiungere gli
Stati Uniti in appena 12 minuti. Igor Sutyagin, esperto di capacità
nucleare russa presso il Royal United Services Institute di Londra, ha
detto al Daily Mail: “L’SS­18 (il missile più usato dalla Russia) è vecchio
di 30 anni. Quindi, anche se i rapporti con la Nato sono ottimi, si vuole
comunque aggiornare il proprio sistema missilistico. Al presidente Putin,
però, piace
che tutto ciò sia visto come una mossa, in un certo senso, cattiva. Vuole
sottolineare la propria imprevedibilità, oltre che la sua importanza”. Le
tensioni tra Russia e Occidente sono a un punto di rottura, Theresa
May, infatti, ha attaccato Putin perché “mina gli sforzi che l’occidente fa
ogni giorno per affrontare la crisi in Siria”. La Russia dal canto suo ha
accolto con favore l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e Putin
non ha aspettato molto per decidere alcuni colloqui in cui affrontare
questioni cruciali come la guerra all’Isis, la questione ucraina e la
minaccia terroristica globale. Trump ha spesso espresso ammirazione nei
confronti di Putin e c’è preoccupazione che gli Stati Uniti ritirino le
sanzioni nei confronti del Cremlino, volte a prevenire ulteriori azioni
militari ai confini del paese, dopo la presa della Crimea. Se Trump si smarca dall’Asia non
lascia campo a Pechino
Giovedì, 24 Novembre 2016 Apocalisse Laica
Roma ­ Gli Usa di Trump annunciano il ritiro a gennaio dal Trans­Pacific
Partnership (TPP) e la Cina incassa una vittoria strategica, candidandosi a
nuovo artefice dell’integrazione economica dell’Asia­Pacifico. Ma il nuovo
Pivot in Asia lo rilancerà The Donald se riuscirà a ricucire i rapporti con
Mosca. “Il fatto che Trump abbia annunciato di voler concentrare gli
sforzi sulla ricostruzione interna degli Stati Uniti, non implica un
atteggiamento isolazionista e non significa che Washington dedicherà
meno tempo a contenere la Cina”: lo ha dichiarato ad AgiChina Enrico
Fardella, Professore di Storia delle relazioni internazionali alla Peking
University e ricercatore del Torino World Affairs Institute.
Dopo l’addio al Tpp (l’accordo di libero scambio tra gli Usa e 11 Paesi che
si affacciamo sul Pacifico, esclusa la Cina) annunciato da Trump nel suo
video sul piano dei primi 100 giorni alla Casa Bianca, la Cina assicura di
promuovere l’integrazione dell’area Asia­Pacifico (spingendo su
un’altra alleanza commerciale, la Rcep) e spera di avere nuovi spazi di
manovra senza intaccare il rapporto con Washington, rilanciando il
concetto di cooperazione. “Non siamo tuttavia di fronte a un nuovo
isolazionismo americano“, ha spiegato Fardella. “La decisione di
Trump non deve trarre in inganno – ha aggiunto ­. Si tratta di una
revisione tattica, seppur profonda, della proiezione americana verso
l’Asia­Pacifico. Ma la strategia resta la stessa: impedire l’emergere di
un’altra potenza capace di sfidare la supremazia globale degli Stati
Uniti”.
DALLA CINA/ Lao Xi: ecco il
discorso segreto preparato da
Renzi per il 1° dicembre
Caro direttore,
il funzionario cinese che mi ha
dato quanto segue è un amico,
e sono sicuro che mai mi
trarrebbe in inganno. Lo dico
perché questa storia sembra
uno scherzo, ma non lo è, lo
giuro. Dunque, il fatto è che in
Sardegna, quando il premier
italiano Matteo Renzi e il
presidente cinese Xi Jinping
chiacchieravano da vecchi
amici, Renzi ha messo una
mano in tasca, l'ha tolta, poi ce l'ha rimessa, si è fermato, ha esitato,
ha interrotto il discorso e infine l'ha tolta con in pugno un foglio di carta.
Ha fatto per darlo a Xi, il presidente ha sgranato gli occhi, l'interprete
non sapeva che fare, infine Renzi l'ha teso nelle mani del funzionario lì
vicino che poi mi ha raccontato l'episodio e me l'ha dato. Renzi voleva
che Xi Jinping gli dicesse cosa ne pensava di un suo discorso — un
messaggio grave e importante, da farsi a reti unificate. Xi lo ha letto e
ha detto che era bellissimo, che era proprio quello di cui l'Italia ha
bisogno. Io non dovrei parlarne, ma, che volete?, il vizio del giornalista è
difficile a morire, così invece di tenerlo per me, lo pubblico. Forse i
cinesi volevano solo essere cortesi.…
(Lao Xi)
Cari italiane e italiani, oggi, a pochi giorni dal voto per il referendum
costituzionale siamo di fronte a una situazione drammatica come forse
non lo è stata da almeno 30 anni. Il rischio è reale, non facciamoci
illusioni.
L'euro può crollare, l'Europa unita, dopo sette decenni di fatica, potrebbe
dissolversi, i gruppi criminali che gestiscono il traffico di poveri immigrati
dalla Libia potrebbero occupare il sud Italia. Le nostre banche sono
sull'orlo di un tracollo e i nostri tassi di interesse potrebbero schizzare in
alto, rendendoci rapidamente tutti molto più poveri.
Naturalmente questi sono rischi, non realtà, ma per evitare che si
realizzino occorre lavorare rapidamente tutti insieme per obiettivi di
breve orizzonte e poi forse anche per obiettivi di largo respiro. Non sono
qui per adornarmi di gloria di quello che ho fatto durante il mio governo,
ma nemmeno per coprirmi di fango. Ho fatto quello che ho potuto, al
meglio che ho potuto. Così credo.
Ho cercato di fare passare una riforma costituzionale, perché sono
convinto, e fino a ieri era convinto tutto il paese con me, che il bandolo
della matassa dei problemi italiani sia la costituzione, splendida nel
1948, problematica oggi. Questa riforma non era e non voleva essere
uno strumento per dividere il paese in buoni e cattivi, amici e nemici.
Deve essere, e ne sono convinto, qualcosa che aiuti tutti, quelli che mi
vogliono bene e quelli che mi vogliono male, gli italiani di oggi e quelli di
domani, quelli che non sono ancora nati. Serve a rimettere l'Italia in
piedi. La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
Nino Di Matteo: “Parlamento
eletto con legge incostituzionale
non è legittimato a modificare
Costituzione”
“Altro che cambiare la
Costituzione, va applicata senza
indugi!”. Il pm antimafia di
Palermo denuncia le falsità e le
mistificazioni della Renzi­
Boschi, una riforma che ha
come reale obiettivo quello
voluto dalla P2 di Licio Gelli:
“favorire il potere esecutivo a
scapito del legislativo e del
giudiziario” trasformando così
la democrazia in una “sorta di
dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere
oligarchico della finanza e dell’economia”.
di Nino Di Matteo *
Devo dire che sono Stato subito contento di accettare l’invito a
partecipare a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno
studente di giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito
considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla
Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro
dicembre. Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre,
questa più che mai non ci si può permettere che prevalga l’astensionismo
o le decisioni improntate all’appartenenza politica o alla simpatia per un
partito o per una fazione politica. Qui è in ballo qualcosa di molto più
importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale! Si decide su una
riforma che ne modifica quarantasette articoli e che incide profondamente
sugli assetti fondamentali della nostra Democrazia. Questa è la mia opinione, la mia sensazione e il mio sentimento: se
ancora conserviamo l’aspirazione, nonostante tutto, ad essere cittadini e
non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non
servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci
rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e
verso i nostri giovani, per la nostra dignità personale l’obbligo di reagire
alla indifferenza all’apatia alla rassegnazione all’opportunismo, al
sistematico nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno
dilagando fino a trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza
speranza e quindi senza futuro. Per questo sono d’accordo con l’onorevole Sarti e con tutti quelli che mi
hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo riflettere, guardarci
indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo abbandonare i facili
slogan e saper volare alto e capire che al di là delle singole norme di
modifica della Costituzione, il significato complessivo della riforma è
importantissimo. Dobbiamo capire le gravi conseguenze che deriverebbero dalla sua
approvazione, sul delicato equilibrio di ogni vera democrazia,
quell’equilibrio che è fondato sulla separazione e sull’effettivo
bilanciamento dei tre fondamentali poteri dello Stato: il potere
legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in vista della
consultazione del quattro dicembre. Io ho sempre pensato e in questi
venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto sempre più
intensamente che l’esigenza fondamentale del Paese è quella di arrivare
ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali. Sono sempre più
convinto che il vero grande necessario cambiamento, la vera grande
rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non per cambiare ma
per applicare effettivamente la Costituzione. Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente
violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Anziché
moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la Costituzione.
Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche ‘diritto ad una
retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro famiglie un’esistenza
libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della Costituzione. Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la
Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività’. Riflettiamo prima di smontare
la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la Costituzione, ‘le scuole
statali per tutti gli ordini e gradi vengono prima delle scuole private che
possono operare liberamente ma senza oneri per lo Stato’. Prima di
cambiarla la Costituzione vediamo se è applicata. Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se travestiti da
operazioni di pace, che l’Italia ripudia la guerra, articolo undici, e che lo
stato di guerra può essere deliberato non dal Governo ma dalle Camere.
Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato egoismo proprietario, la
proprietà privata trova il suo limite nella funzione sociale, articolo
quarantadue, che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale. Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuto prima di me, che la
sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioè a tutti noi. Dobbiamo
applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel proprio ambito.
Per un’attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza
sancito dall’articolo tre della Costituzione non possiamo più accettare, per
esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia rigorosa e certe volte
spietata con i deboli e sia invece ancora troppo timida e con le armi
spuntate nei confronti della criminalità dei potenti. Dobbiamo lottare per l’applicazione dei princìpi della Carta costituzionale!
Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e garanzia dei cittadini,
soprattutto dei più deboli, non privilegio della casta. Dobbiamo lottare
tutti quanti per preservare l’indipendenza della magistratura dai pericoli
esterni. Dagli attacchi esterni di quella gran parte della politica che
vorrebbe che il potere giudiziario divenisse sostanzialmente servente
rispetto al potere politico e al potere esecutivo. Dobbiamo lottare per
preservare indipendenza della magistratura dei pericoli interni. Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di collateralismo da
parte della magistratura alla politica e ai potenti. Dobbiamo lottare
perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte giudiziarie, il criterio
della opportunità, che valuta le conseguenze dell’atto giudiziario e ci si
abbandoni invece soltanto all’unico criterio che deve ispirare l’azione del
magistrato che è quello della doverosità dell’agire. Dobbiamo impegnarci perché un altro principio della nostra Carta
costituzionale, l’obbligatorietà dell’azione penale, venga effettivamente
rispettato nei confronti di tutti perché la legge sia uguale per tutti e
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perché i magistrati possano lavorare per applicare il diritto anche quando
l’applicazione del diritto comporti delle conseguenze negative per il
potere. Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino
fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la Carta
costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità sulle
stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei risultati, pur
importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia il coraggio di
andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno. Vada oltre nella
ricerca anche di eventuali responsabilità esterne rispetto alle
organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati giustamente
condannati. Il vero grande problema italiano, a mio parere, è la forbice tra la
Costituzione formale, quella scritta dopo la Resistenza al nazifascismo e
approvata nel 1948 e la Costituzione materiale, cioè la trasformazione,
il travisamento, l’elusione della prima nella pratica politica. Quella
pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la gravissima
colpa di contrapporre ad un’Italia che ancora crede nel progetto di
attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e libertà contenuti
nella Costituzione, un’altra Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca
esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e
sull’accettazione di metodi mafiosi clientelari e poteri criminali. Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti
del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse
superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a prescindere
dal loro specifico orientamento culturale e politico si riconoscono
nell’idea e nel progetto di applicare, nelle scelte concrete, la
Costituzione senza indugi e a qualunque costo. Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio
sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il
referendum del quattro dicembre. Voglio fare due premesse, che sono
mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul
contenuto nella riforma. La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata
da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla
base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale
illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo
l’elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al
Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a
pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento
eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la
legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la
Costituzione. Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal
Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell’ex
Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati
presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non
dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e
come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a
prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi
sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la
scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva
competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di
assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da
essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche
sociali e culturali presenti nel Paese. C’è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione”
che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente: “Nella
preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel
campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche
preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova
Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del
pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole
che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione
dell’Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell’approvazione della
nostra Carta costituzionale. Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il
giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale.
Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei
due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la
procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento. La nuova
legge elettorale, lo ricordava l’onorevole Sarti, ripropone le stesse
caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la
sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di
rappresentatività sacrificato sull’altare della stabilità dei Governi. La
sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava
pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del
premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina
che priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”. I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte
costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al
ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia
ottenuto anche semplicemente il 21% dei voti conquisti il 54% dei
seggi. E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati
sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene
conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende
conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche
piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi
in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti
laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte
costituzionale senz’altro sempre attraverso questo meccanismo.
Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma
non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente
abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere
alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non
abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso. Il
Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori
rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono
essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale!
Sulla designazione dei senatori, sull’impiego part­time di sindaci e
consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero
fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo
avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i
Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso
anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che
magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo
scranno da senatore all’altro sindaco che nel frattempo viene eletto. Una
confusione totale. L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e
consiglieri regionali di spazi di immunità penale. Senza ovviamente
generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una
situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici
..segue ./.
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
Segue da Pag.5: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è
legittimato a modificare Costituzione”
e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni
comunali, che hanno problemi con la giustizia. Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica
io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che
smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato
non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati
e dei senatori senza stravolgere l’assetto costituzionale? Altra
mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi
consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi
attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan
assolutamente falso. L’iter di formazione delle leggi non è per niente
semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un
clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La
funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.
Nella Costituzione vigente nove parole. Nell’articolo 70 del progetto di
riforma Renzi­Boschi quelle nuove parole diventano 434. Scusate ma io
penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della
Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di
attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle
minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di
consultazione di cui all’articolo settantuno per le leggi che determinano
l’ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni
fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di
principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce
le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell’Italia e
la formazione all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione
europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità
con l’ufficio di senatori di cui all’articolo sessantacinque primo comma e
per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo
periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma
centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma
centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue
secondo comma. Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono
essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da
leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per
chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo
a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70. Io credo
che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c’è
nessuna semplificazione anzi c’è una moltiplicazione dei processi
legislativi c’è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l’angolo c’è
la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il
suo potere. La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale
della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra
fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla
Costituzione. Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in
mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai
professionisti della politica nel senso deteriore del termine. Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole
norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta
rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche
costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria
analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant’anni. Questa riforma crea uno spostamento grave dell’equilibrio tra i poteri in
funzione del rafforzamento dell’esecutivo e dello svilimento del potere
legislativo. Ma d’altra parte basta leggere la relazione che accompagna il
disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi
della riforma costituzionale. Vi si legge, nella relazione che accompagna
il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della
Costituzione non può più attendere per il necessario processo di
adattamento dell’ordinamento interno alle nuove sfide ­ Segue una lista
dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà ­ 1­
L’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione
della governance economica europea e alle relative stringenti regole di
bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio 2­ Le sfide
derivanti dalla internazionalizzazione dell’economia dal mutato contesto
della competizione globale 3­ L’elevata conflittualità tra i diversi livelli
di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della
riforma del Titolo quinto della Costituzione 4­ La cronica debolezza degli
esecutivi nell’attuazione del programma di governo la lentezza e la
farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla
decretazione d’urgenza eccetera..” Cosa si evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge? Che è
urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità
imposta dall’Unione europea e alle regole di mercato dell’economia
globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un
governo unitario. Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la
direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che
nell’iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al
percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più
incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica
ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se
non determinata. A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall’Europa dalla BCE e dal
commissario per l’economia dell’Unione europea del 2011 dopo le
dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più
significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione
su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli
investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan. Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che
nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una
gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di
avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati. Cosa si
legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l’ho
trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei
paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo
di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi
causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al
tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della
periferia meridionale, cioé saremmo noi l’Italia, il nuovo Governo può
chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”. Sarà poi il
Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme
mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da
JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti ­ di questo si
lamentava il grande colosso bancario e finanziario ­ e Stati centrali
deboli rispetto alle Regioni”. Mi pare che la riforma costituzionale, sarà
forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che
vi ho letto. Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel
1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il
potere è altrove” scriveva Leonardo Sciascia ­ deplorando un Parlamento
di anime
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morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio. Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un’idea di
Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su
una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del
popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle
leggi e gli interessi dell’economia e della finanza internazionale. E questa
idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro,
per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita
democratica della P2 di Licio Gelli. Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio
Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando
fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della
Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima
volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la
Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare
di romperlo definitivamente. E’ il parto dell’Assemblea Costituente
avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra
nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”. Sono passati quasi quarant’anni, questo per dirvi che l’attacco alla
Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli
analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l’esecutivo a
scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con
fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi e
ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso
fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del
mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per
stravolgere la nostra Costituzione. Da Gelli ad oggi ci sono quarant’anni di tentativi per ribaltare gli assetti
fondamentali della nostra Carta costituzionale. La posta in gioco è la
realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che
lega quarant’anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di
questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al
Governo ma l’obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione
a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come
sudditi impotenti e perciò apatici da governare. Non possiamo permetterci
il nome della parola d’ordine governabilità che il bastone del comando
venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in
dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri. Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la
proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato
ma ci sono dei momenti e degli argomenti per i quali il magistrato non ha
soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di intervenire e di esporsi
personalmente. Io come magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione
non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ad altre
Istituzioni politiche né tanto meno alle persone che rivestono incarichi
istituzionali. Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a
dimenticare che per quella Costituzione, per quei principi che afferma,
tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti
semplici cittadini hanno offerto la loro vita! Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più
autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole di
Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione del
26 gennaio 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è
nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i
partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono
impiccati. Dovunque è morto un italiano per rispettare la libertà e la
dignità andate lì o giovani col pensiero perché lì è nata la nostra
Costituzione e anche per questo che la dobbiamo difendere”. * da antimafia duemila.com, trascrizione dell’intervento a “Una notte per
la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la
Costituzione” a Palermo il 21 ottobre 2016.
(28 ottobre 2016)
La contro­riforma putiniana di
Renzi, Boschi e Verdini
di Paolo Flores d’Arcais, da
Repubblica
Amici lettori, pensate davvero
che la “riforma” costituzionale
Renzi­Boschi­Verdini non
costituisca un pericolo per le
vostre libertà? Provate a
ragionare su questi ineludibili
dati di fatto.
Oggi in Italia vi sono tre
schieramenti che ottengono
grosso modo il 25/30% dei voti
(il resto si disperde tra forze minori). Poiché ormai un terzo degli italiani
non va a votare (e il fenomeno è in crescita), con la “riforma” suddetta e
la concomitante nuova legge elettorale (sia nella versione Italicum che,
forse ancora peggio, in quella “corretta Cuperlo”), chi rappresenta solo il
17/20% dei cittadini otterrà una schiacciante maggioranza assoluta in
Parlamento (di nominati, dunque fedeli al Capo “perinde ac cadaver”), il
controllo della Corte Costituzionale, del Consiglio Superiore della
Magistratura (da cui dipendono tutte le nomine ai vertici di Procure
Tribunali e Cassazione), la scelta del Presidente della Repubblica (e la
possibilità di facile impeachment nel caso non piacesse più e non si
“allineasse”), il controllo della Rai, tutte le nomine delle Authority di
“garanzia” (Consob, Privacy, ecc.), oltre ovviamente al governo.
Potrebbe vincere Renzi, potrebbe vincere Grillo, potrebbe vincere la
destra­destra (in declinazione Berlusconi/Salvini o Berlusconi/Parisi, a
seconda degli umori di Arcore). Io voterò M5s, come faccio già da tempo,
ma avrei paura se a questa forza andassero i poteri previsti dalla contro­
riforma (chiamiamola col suo nome, vivaddio!) Renzi­Boschi­Verdini. E ne
avrebbero anche i “cinquestelle”, responsabilmente, visto che hanno
proposto una legge elettorale “proporzionale corretta” (tipo Spagna e in
parte Germania) e sono impegnati per il No.
Perché con la contro­riforma costituzional­elettorale (le due cose sono
inscindibilmente intrecciate proprio nel disegno dei promotori), un leader
da 17/20% di consenso dei cittadini avrebbe un potere che sfiora quello di
Putin e di Erdogan, senza necessità di ricorrere alla galera e alla violenza.
E, ripeto, chi sia questo leader dipenderebbe da spostamenti minimi di
voti (nel caso del turno unico saremmo addirittura alla roulette). Davvero
questa prospettiva non vi gela il sangue?
Se non vi fa paura vuol dire che avete superato in atarassica serenità zen
il più “disincarnato” dei monaci orientali, il che sarà magari ottimo per la
vostra psiche e le vostre future reincarnazioni, ma per il funzionamento di
una democrazia è micidiale. In ogni democrazia fondamentale è il rispetto
delle minoranze, le garanzie per i bastian­contrari, i diritti civili e gli spazi
di comunicazione reale di quella minoranza delle minoranze che è il
.. segue ./.
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
Segue da Pag.6: La contro­riforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini
singolo dissidente. Niente di tutto questo resta in piedi con le contro­riforme
Renzi­Boschi­Verdini.
Vi flautano nelle orecchie: ma è il prezzo da pagare per l’efficienza, per la
velocità del processo legislativo. Davvero ci siete cascati? Non l’avete
ancora letto l’articolo 70 controriformato? Claudio Santamaria lo ha recitato
in pubblico, alla manifestazione indetta da MicroMega con Maltese, Rodotà,
Zagrebelsky, Carlassare, Ovadia e tanti altri, lo ha letto come si conviene a
un grande attore e come esige la punteggiatura di quella pagina e mezzo
(attualmente l’articolo 70 è di una riga): un incomprensibile labirinto
mozzafiato di commi e sottocommi, su cui i giuristi hanno già dato una
dozzina di interpretazioni diverse, una sbobba procedurale che garantirà
ricorsi su ricorsi fino alla Corte Costituzionale. Santamaria ha detto che
sembrava scritta da Gigi Proietti in uno dei suoi momenti satirici di grazia.
Forse, ma certamente con la collaborazione del notissimo e manzoniano
dottor Azzeccagarbugli.
Vi sventolano davanti agli occhi lo specchietto per le allodole dei costi della
politica che diminuiscono, davvero ve la siete bevuta? Qualche decina di
milioni in meno: costa assai di più ogni settimana semplicemente tener in
vita l’ipotesi del Ponte sullo Stretto (se poi, con il Sì nelle vele, lo
costruiranno davvero, saremmo a una tragedia da piangere per generazioni).
E se i senatori saranno un pochino di meno, in compenso i politici regionali e
comunali che andranno in quegli scranni godranno del premio più ambito per
i troppi politicanti che della politica fanno mercimonio e profitto:
l’amatissima immunità. I costi della politica si tagliano in radici riducendo a
zero le migliaia e migliaia di consigli di amministrazioni delle “partecipate”,
le migliaia e migliaia di consulenze di nomina politica, il groviglio ciclopico
di enti inutili, e insomma i milioni di persone che “vivono di politica”, e
lautamente, per meriti che con il merito hanno ben poco a che fare.
Millantano che con il Sì combatterete la Casta, ma la Casta sono loro,
ormai, il giglio magico e le sue infinite propaggini, l’indotto di nuovi piccoli
satrapi messo in moto dalle Leopolde, le incredibili mediocrità assurte a
posizioni apicali, le imbarazzanti nullità innalzate nell’Olimpo dell’intreccio
affaristico­politico, che ormai fanno apparire uno statista perfino Cirino
Pomicino.
Col No, il No che conta, vince invece la società civile di questo quarto di
secolo di lotte. Che ha come programma l’unica grande riforma necessaria:
realizzare la Costituzione, che i conservatori di sempre hanno bloccato,
edulcorato, sfigurato, avvilendola nella camicia di forza della “Costituzione
materiale”, democristiana prima, del Caf (Craxi Andreotti Forlani) poi, infine
di Berlusconi (che con le sue televisioni ammicca al Sì e a chiacchiere sta
col No, il solito piede in due scarpe), e oggi del suo nipotino Renzi.
Se col tuo voto vincerà il No, amico lettore, non ci sarà nessuna instabilità,
semplicemente diventerà inevitabile un governo di coerenza costituzionale, e
si aprirà la strada per l’unico rinnovamento di cui l’Italia ha bisogno, quello
che porta scritto “giustizia e libertà” e come stella polare ha l’eguaglianza
incisa nella Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza.
(21 novembre 2016)
Referendum Costituzionale, Black Rock ha paura di un
governo che fa gli interessi delle masse popolari
Perché Black Rock, il fondo finanziario più potente del mondo chiama a votare SI?
Perché le masse popolari devono votare no e organizzarsi per applicare la parte progressista della
Costituzione?
“Chiunque andasse al potere più o meno faceva le stesse cose, non c’era grande differenza. (…) Il
problema è che l’emersione di certe forze anti­globalizzazione ci lascia molto incerti. (…) E
siamo dunque ai rischi a cui siamo esposti nei prossimi mesi, il referendum in Italia, le elezioni
in America..”.
Sono le parole di un esponente del fondo finanziario Black Rock. La dichiarazione è chiara: non
solo appoggia il SI per garantire meno “vincoli” alle opere di speculazione che gli garantiscono
introiti stellari, d’altro canto teme apertamente la creazione di un governo che faccia gli interessi
delle masse popolari, un governo d’emergenza, contro le multinazionali e gli sciacalli della
finanza quali sono.
Spataro: “La riforma Renzi? Come quella di
Berlusconi”
Dopo le barricate per bloccare la riforma
del 2006, il noto magistrato è attivo ora
nella campagna per il NO e invita tutti a
leggere la riforma confrontandola con
l’attuale Costituzione: “Chi ha realmente a
cuore il bilanciamento costituzionale dei
poteri dello Stato, allora, comprenderà le
ragioni di un impegno per opporsi alla
demolizione di principi e valori
irrinunciabili per la nostra storia, per la
tutela piena dei diritti dei cittadini e per
ogni democrazia”.
intervista a Armando Spataro di Giacomo Russo Spena
Già nel 2006 è stato protagonista della campagna referendaria per bloccare la riforma
costituzionale di Berlusconi, Armando Spataro – procuratore della Repubblica e uno dei
magistrati più attivi nella lotta in Italia contro il terrorismo e l’infiltrazione della ‘ndrangheta al
Nord – è nuovamente sulle barricate, ora, per contrastare il disegno renziano: “Le due riforme
hanno l’identica caratteristica di fondo, cioè il fine di attribuire al capo del partito di
maggioranza la carica di presidente del Consiglio e la possibilità di governare il Parlamento,
tendenzialmente ridotto ad un ruolo di ratifica delle sue decisioni”. Nello stesso momento
Spataro invita alla pacatezza del dibattito non intravedendo rischi per la nostra democrazia e
ribadendo la necessità di far conoscere ai cittadini i contenuti della riforma: “Consiglio sempre di
rispettare e cercare di comprendere il pensiero di tutti, anche di chi sostiene il SÌ”.
PAGINA 7
Lei ha apertamente dichiarato di votare per il No al referendum del 4 dicembre.
Non considera inopportuno, legittimo ma inopportuno, che i magistrati si
schierino in un referendum di natura costituzionale? Non si tradisce così la
terzietà?
La Costituzione non equivale ad un manifesto di partito sicché tutti possono e devono
impegnarsi nella direzione che reputano migliore. I magistrati, in particolare, possono
farlo come tutti i cittadini, pur dovendo rispettare specifiche norme deontologiche e
disciplinari: di qui la necessità di prudenza nella selezione delle occasioni in cui
intervenire. Sento inoltre la necessità di un impegno personale sia a causa dello
sbilanciamento evidente dell’informazione sul referendum, che per la “divisività” che
caratterizza questa riforma, nonostante la Costituzione debba unire e non dividere il
Paese.
Si è schierato per il NO anche alla riforma del 2006 di Silvio Berlusconi. Vede
somiglianze tra le due riforme?
Beh, è sufficiente richiamare all’attenzione l’intervista al Foglio di Renzi (“Il referendum
si vince a destra”) del 29 settembre scorso ed anche un documento diffuso nel sito
“BastaUnSì” in cui venivano poste in evidenza le somiglianze – rispetto a questa riforma
– di alcuni passaggi del programma di Berlusconi per le elezioni del 2013.
Nella partita referendaria come giudica la presa di posizione dell’ex presidente
Giorgio Napolitano? Ha giocato un ruolo fondamentale nella partita?
Napolitano ha sostenuto senza riserve la necessità di una riforma costituzionale. Con lui
non condivido l’esternazione secondo la quale se questa riforma non passasse, “non se ne
faranno altre per 30 anni”: basta pensare a quelle approvate dopo la bocciatura della
riforma berlusconiana del 2006 per non condividere la visione del futuro ed il tipo di
preveggenza che quell’affermazione contiene. Però – va aggiunto – ha ben fatto a
consigliare a Renzi di spersonalizzare la campagna referendaria.
È sbagliato quindi considerare il referendum un voto sul governo? E nel caso di
vittoria del NO, cosa succederà?
Si vota sulla Costituzione, non su Renzi. E il 4 dicembre non sarà affatto un referendum
sul governo: è dovere dei “non politici” che discutono di questa riforma quello di
spiegare che la sua sorte è estranea al nostro impegno. In altre parole, mi è del tutto
indifferente quel che accadrà alla maggioranza di governo ed al suo leader. Se sosteniamo
il contrario, si rischia di cedere ad una provocazione e si offrono ragioni di propaganda al
“Fronte del SÌ”. In questo referendum è a rischio la nostra democrazia, come paventa qualcuno?
Esiste il rischio di una svolta oligarchica in caso di vittoria del SI’?
Non penso, occorrono serenità e ragionevolezza. Tanto che non apprezzo neppure le
affermazioni di chi sostiene che dietro questa riforma vi sia la massoneria o che essa
richiami il piano­Gelli. Si diffondono in tal modo argomenti inutili e secondo me anche
privi di fondamento. Diverso – evidentemente – è il richiamo alle aspettative del mercato
finanziario internazionale, non a caso diffusamente favorevole al SÌ. A me pare doveroso
e sufficiente, comunque, affermare e tentare di dimostrare che questa riforma sbilancia il
rapporto tra i poteri dello Stato, esaltando – in nome della mitica “governabilità” – le
competenze dell’esecutivo e penalizzando quelle del Parlamento. Mi basta ­ e ne avanza
pure ­ per sentirmi preoccupato.
Si riduce il numero di senatori, si risparmiano soldi e sprechi e, soprattutto, si
semplifica l’iter legislativo superando il bicameralismo paritario, oltre alla
cancellazione del Cnel… Cosa non la convince della riforma?
La riduzione del numero dei Senatori – è stato dimostrato dalla ragioneria di Stato – non
riduce affatto i costi nella misura pubblicizzata, sempre ammesso che – quando si parla
di funzioni fondamentali dello Stato – quella del risparmio sia una finalità decisiva. Ma
la riduzione in sé del numero dei senatori (100) a fronte di quello dei deputati (630)
conferma ancora lo sbilanciamento di cui ho parlato, specie ove si considerino un paio di
ulteriori rilievi: il Senato non perde affatto tutte le sue competenze di natura legislativa
in materie che esulano da quelle di interesse regionale, ma in tal modo, visti i diversi
numeri dei componenti, soccombe di fronte alla Camera. Inoltre, l’iter legislativo –
ormai è noto a tutti – non è affatto semplificato ma si complica, tanto che gli studiosi ne
hanno individuati almeno otto diversi (alcuni dieci) con grande confusione. Le due
camere potrebbero entrare persino in conflitto tra loro ed i conflitti dovrebbero essere
risolti dai due rispettivi presidenti. Come ciò avverrà in caso di dissenso non è dato di
capire. Al referendum però non si voterà sulla legge elettorale e l’Italicum potrebbe essere
modificato in Parlamento…
E’ vero che non voteremo sull’Italicum ma il “combinato disposto” (termine efficace per
significare le ricadute della legge stessa sul futuro assetto costituzionale) è gravido di
pericolose conseguenze, come ammettono anche coloro che, nel partito di maggioranza,
chiedono ormai di cambiare la legge, nonostante fosse stata approvata a seguito di
mozione di fiducia. L’Italicum consegna al partito di maggioranza relativa al ballottaggio
340 seggi, senza una soglia minima di consenso richiesto e sganciando in larga parte gli
eletti dalle preferenze dei cittadini. La legge elettorale del Senato è invece ancora un
mistero: sarà approvata dalle future due camere ma la previsione secondo cui, oltre i
cinque designati dal Capo dello Stato, i senatori ­ 21 sindaci e 74 consiglieri regionali ­
saranno eletti dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i
candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” è ancora oggetto
persino di interrogativi di natura lessicale. Altro che semplificazione dell’iter legislativo
o superamento del bicameralismo perfetto! Se poi passiamo al rapporto tra Parlamento e
Governo e a quello tra Stato e Regioni, o alle ricadute sulla elezione del Capo dello
Stato, dei membri della Consulta (non si comprende perché separatamente tre debbano
essere eletti dalla Camera e due dal Senato, nonostante la citata sproporzione numerica
dei rispettivi componenti) e di quelli del CSM, ancora una volta ci troviamo a dovere
constatare una criticabile nozione di governabilità nel senso già indicato ed una spinta
alla centralizzazione, in capo allo Stato, di competenze che devono logicamente essere
regionali. Per non parlare del “Senato mutante” visto che il mandato dei senatori ­
comunque quasi impossibile da esercitare con la doverosa attenzione ove si consideri la
duplicità dei loro ruoli politici ­ viene meno quando decadono i consigli regionali che li
hanno eletti o quando cessano di essere sindaci.
La Costituzione si può modificare ed è migliorabile oppure dovrà rimanere così
vita natural durante?
Certo che si può modificare e migliorarla, come è infatti è avvenuto varie volte da
quando è stata approvata (dicembre del 1947). Ma un governo costituente, come è chiaro,
non può esistere se non si sforza di trovare un vasto consenso in Parlamento, attraverso
la elaborazione di principi e di procedure di loro valorizzazione che devono essere chiare
anche ai cittadini.
Qualche sera fa, in televisione, c’è stato un confronto tra Renzi e De Mita. Per il
fronte del SI’ è l’emblema del nuovo contro il vecchio, del cambiamento contro la
conservazione. E, in effetti, De Mita non mi sembra un grande sponsor per il NO,
non trova?
Di fronte alla Costituzione ed al rischio di un suo stravolgimento è dovuto l’impegno di
tutti, senza distinzione. E va tra l’altro considerato che conta soprattutto il contenuto del
pensiero (e quello di molti personaggi dalla lunga storia politica personale non è affatto
secondario), non la modalità del messaggio rapido e fulminante che le regole della
comunicazione moderna ci impongono. Aggiungo pure che mi sono trovato a parlare in
vari eventi, durante gli ultimi 30 giorni, con politici ed accademici impegnati per il NO,
di diverse generazioni ed estrazioni politiche. Ma – discutendo – ho apprezzato il loro
pensiero e l’ho detto pubblicamente.
Più in generale, il fronte del NO come può ribaltare la propaganda renziana
dell’essere un voto di “conservazione” e contro il cambiamento? Non credo che dobbiamo cedere alle logiche propagandistiche fondate anche sull’accusa
di conservatorismo rivolte al Fronte del NO. Continuo ad avere fiducia, forse
ingenuamente, nella capacità e volontà dei cittadini italiani di conoscere e capire. Per
questo invito tutti a leggere la riforma confrontandola con la Costituzione come
approvata nel dicembre 1947 e con il testo vigente. Chi ha realmente a cuore il
bilanciamento costituzionale dei poteri dello Stato, allora, comprenderà le ragioni di un
impegno per opporsi alla demolizione di principi e valori irrinunciabili per la nostra
storia, per la tutela piena dei diritti dei cittadini e per ogni democrazia.
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
PAGINA 8
VOTIAMO “NO” PER CAMBIARE
L’ITALIA!
SI AVVICINA IL VOTO REFERENDARIO DEL 4 DICEMBRE.
VOTANDO IN MASSA “NO” DETERMINEREMO LA FINE DEL POTERE
REAZIONARIO DI RENZI, DEL SUO GOVERNO E DEL PD, APRENDO UNA
NUOVA FASE DI LOTTA PER CONQUISTARE, CON L’UNITA’ DEI
COMUNISTI, DELLA CLASSE OPERAIA E DELLE FORZE COERENTEMENTE
E SINCERAMENTE PROGRESSISTE DEL PAESE, IL GOVERNO DELLA
CLASSE OPERAIA E DEGLI ALTRI LAVORATORI SFRUTTATI, QUALE
PRESUPPOSTO PER ABBATTERE IL DOMINIO CAPITALISTA E AVVIARE LA
COSTRUZIONE DELLA SUPERIORE SOCIETA’ SOCIALISTA!
COMBATTIAMO PER UN NUOVO ORDINE SOCIALE IN CUI SARA’
GARANTITO IL COMPLETO SODDISFACIMENTO DELLE ESIGENZE
MATERIALI E CULTURALI DELL’INTERA SOCIETA’.
La Costituzione italiana uscita dalla lotta antifascista, dalla Resistenza
armata e dalla Guerra civile di Liberazione è in pericolo per aprire la
strada a un potere politico e istituzionale reazionario e ancor più
repressivo dei diritti, dei bisogni e delle aspettative sociali delle masse
lavoratrici e popolari. Lo stato di sofferenza sociale del proletariato
italiano ha già raggiunto livelli non più tollerabili, a causa dell’economia
capitalistica, fondata sullo sfruttamento degli operai e degli altri
lavoratori salariati, dell’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi
magnati parassiti e di un potere politico borghese, clericale e capitalistico
asservito al dominio del capitale finanziario.
Il sistema capitalistico e imperialistico che oggi domina incontrastato il
mondo è in crisi a causa della contraddizione insanabile esistente tra il
carattere sociale del processo della produzione e la forma capitalistica,
privata, dell’appropriazione dei risultati della produzione.
Contraddizione che rende il mondo capitalistico gravido di rivoluzione che
segnerà la fine inevitabile del sistema capitalistico e, di conseguenza,
della sua espansione imperialistica.
Naturalmente il sistema economico parassitario dominante cerca di
reagire alle sue crisi cicliche di sovrapproduzione di merci e capitali – che
causano enormi distruzioni di forze produttive, massiccia disoccupazione,
miseria e fame per milioni di uomini e di donne ­ per sopravvivere
quanto più a lungo possibile e lo fa pure utilizzando i suoi governi
borghesi e clericali, coadiuvati nell’impresa dalle forze armate per tenere
a bada o reprimere la lotta di classe e rivoluzionaria della classe
lavoratrice.
Il sistema capitalistico con lo sfruttamento della forza­lavoro, il profitto
commerciale e gli interessi usurai derivanti dalle operazioni bancarie e
finanziarie purtroppo continua ad esistere, ad accumulare ricchezza e a
dominare il pianeta ricorrendo, inevitabilmente, alle guerre di rapina, di
occupazione e di sterminio per sottomettere e sfruttare popoli e territori
mediante l’imposizione di propri governi fantocci, che prendono ordini e
governano in nome e per conto degli Stati e dei monopoli imperialisti.
Questo ruolo hanno svolto e svolgono il capitalismo e l’imperialismo
americano, europeo, israeliano e col sostegno militare della Nato, così
come quello russo e cinese, oltre alla collaborazione delle Nazioni Unite,
che rispondono soprattutto alla politica egemonica e guerrafondaia degli
Stati Uniti d’America.
A queste infami politiche di sottomissione e di dominio corrispondono le
prolungate guerre di occupazione e di sterminio dei popoli dell’Iraq,
dell’Afghanistan, della Libia, con l’uccisione barbara di Muammar
Gheddafi, delle persecuzioni e dei massacri infiniti del popolo
palestinese, della Siria, dove è in atto un conflitto interimperialista in cui
i nordamericani foraggiano da anni i mercenari dell’opposizione
cosiddetta ingannevolmente democratica per assassinare Bashar al­
Assad e sostituirlo con un governo fantoccio al servizio degli ordini e
degli affari dell’imperialismo assassino americano ed europeo.
L’Italia, che coi suoi governi borghesi, clericali e capitalistici si è sempre
e indecorosamente accodata alle politiche guerrafondaie e neocoloniali
dell’imperialismo USA e dell’UE calpestando l’articolo 11 della
Costituzione che recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali…” è attualmente impegnata con circa 30
missioni – ipocritamente definite “operazioni di assistenzacooperazione o
monitoraggio” ­ in 22 paesi per un totale di circa 8.000 militari all’estero
e con una spesa annua da sostenere che supera il miliardo e duecento
milioni, alla faccia dei disoccupati e dei pensionati italiani che muoiono
di fame.
La crisi del sistema capitalistico e le sue correlate esigenze di guerra e di
espansione dei mercati richiedono sempre di più obbedienza e risposte
celeri da parte dei governi asserviti agli interessi del sistema industriale,
bancario e finanziario per ottenere scelte e leggi sempre più vessatorie e
di repressione dei diritti di libertà e democrazia e dei bisogni di vita delle
masse lavoratrici e popolari. Il governo Renzi, come quelli che lo hanno
preceduto, per rispondere a tale esigenza di dominio e di sopravvivenza
del capitale finanziario ha avuto bisogno di liberarsi di elementari
garanzie di democrazia, di rappresentatività e di sovranità popolare
contenuti dalla Costituzione del 1948 e lo ha fatto con la famigerata
riforma anticostituzionale di cui al referendum confermativo del 4
dicembre prossimo.
Una controriforma della Costituzione vigente che per celerità di decisioni
assegna il potere legislativo alla sola Camera dei deputati sopprimendo
la doppia lettura delle leggi da parte del senato; che affida il governo del
paese nelle mani di un solo uomo e di un solo partito, esattamente
com’era nel ventennio della dittatura mussoliniana, grazie anche alla
scandalosa legge elettorale di stampo fascista, detta Italicum, che
consente, col premio di maggioranza del 54% dei deputati, di vincere le
elezioni finanche col circa 25% dei voti validi e il consenso di appena il
15% degli italiani, considerato l’elevato numero degli astenuti; che
abolisce il Senato elettivo, che sarà nominato dalle regioni, ma che
manterrà l’immunità parlamentare e le spese di funzionamento; che
permette al governo di un solo uomo e un solo partito di decidere
l’elezione del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e del
Consiglio superiore della magistratura; che abolisce il Consiglio nazionale
dell’economia e del lavoro, ente pubblico incaricato dell’elaborazione
della legislazione economica e sociale, lasciando tale importante compito
nelle mani rapinatrici del capitalismo nazionale e multinazionale, con
tutte le conseguenze di disoccupazione e miseria che conosciamo.
E ancora, una controriforma che nulla o poco risparmia, perché non si
toccano i ricchi stipendi e i privilegi degli eletti o nominati nelle
istituzioni della Repubblica; che stravolge e paurosamente depotenzia
persino la natura democratica borghese della Costituzione del 1948,
scaturita dalla lotta antifascista, dalla Resistenza armata e dalla Guerra
civile di Liberazione del paese dal fascismo e dal nazismo, intaccandone
consistentemente i principi fondamentali del vivere umano e civile del
nostro popolo e avviando l’Italia verso una nuova dittatura personalizzata
e centralizzata della borghesia, che comprometterà sempre di più persino
le libertà e i diritti di agibilità democratica, utili alla lotta del proletariato
italiano per conquistarsi una vita dignitosa, il potere politico e il nuovo e
superiore ordine sociale socialista.
La verità è che le sanguisughe parassitarie del sistema capitalistico,
industriali, banchieri, finanzieri, mercanti e usurai vari, ritengono la
nostra Costituzione borghese – le cui libertà noi comunisti utilizziamo e
difendiamo solo in quanto base utile per favorire il passaggio
rivoluzionario alla democrazia e alla Costituzione socialista ­ troppo
democratica e garante della partecipazione popolare alla gestione degli
affari pubblici. Per questo hanno chiesto e ottenuto dal governo Renzi di
modificarla.
L’esito del referendum condizionerà il futuro politico e sociale del nostro
Paese e le sorti del nostro popolo lavoratore disumanamente sfruttato. La
sciagurata vittoria del SI’ ci riserverebbe un tragico futuro di dittatura
senza maschera della classe dominante, di repressione e di ulteriore
miseria sociale, mentre l’auspicata vittoria del NO ci darà la possibilità di
continuare più agevolmente e proficuamente la battaglia per una
esistenza migliore, di mantenere e ampliare i diritti e le conquiste sociali
realizzate nell’ultimo settantennio e di avanzare più agevolmente verso la
liberazione dalla dittatura capitalistica e la conquista di quella proletaria.
Ci sono tutte le condizioni perché vinca il NO, ma occorre un impegno
concreto e consistente da parte di tutte le forze politiche e sociali
classiste, democratiche e popolari schierate per il NO.
L’esatto contrario della politica inconsistente e ambigua dei capi
socialdemocratici e riformisti!
Dobbiamo spiegare bene ai lavoratori e a tutti i cittadini le ragioni
storiche, politiche, sociali e civili del NO. Dobbiamo votare NO e
intensificare la mobilitazione e la lotta di massa contro i “poteri forti”
nazionali e internazionali, che la controriforma costituzionale hanno
sollecitato e voluto e sciaguratamente ottenuto dal PD, da Renzi e dal
suo governo clericale e padronale; contro lo scellerato cosiddetto Jobs
Act, che ha abolito il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e
consentito ai padroni di licenziare i lavoratori a proprio piacimento;
contro la decisione del governo di autorizzare lo sfruttamento in
profondità dell’energia geotermica senza il parere delle regioni e dei
comuni sull’impatto ambientale e la sicurezza sismica e sociale; contro la
piaga della disoccupazione, in modo particolare di quella giovanile; contro
la pessima riforma della scuola, che ha indebolito il ruolo democratico
degli organismi di partecipazione e di autogoverno e rafforzato il potere
autoritario e insindacabile dei presidi, oltre ad aver spinto ulteriormente
in avanti l’indecoroso processo di privatizzazione della scuola pubblica
italiana; contro le pensioni di fame, non solo di quelle minime, ma di
tutte le altre che non consentono di vivere una vecchiaia dignitosa;
contro la svalutazione del potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni;
contro l’aumento delle tasse e dei servizi pubblici; contro la
privatizzazione del patrimonio pubblico; contro i disservizi e le carenze
strutturali nei trasporti marittimi e terrestri e nella sanità; contro i tagli
all’indennità di disoccupazione, alla previdenza e all’assistenza sociale;
contro l’aumento progressivo del ritmo di sfruttamento del lavoro nelle
aziende industriali, agricole e commerciali e contro tutti gli altri mali di
questo infame sistema sociale capitalistico. Nulla giustifica il SI’, tutto
invita a votare NO.
Il Comitato Nazionale di Unità Marxista­Leninista (CONUML) è totalmente
impegnato nella campagna referendaria per la vittoria del NO e lo fa
all’interno della sua totale autonomia ideologica e politica rispetto a tutte
le forze borghesi del centrodestra e centrosinistra schierate
opportunisticamente e per propri fini di potere a favore del NO. Noi
consideriamo la lotta per il NO un momento storico importante della
battaglia più generale che condurrà alla rivoluzione socialista nel nostro
paese.
Riteniamo che l’auspicata vittoria del NO debba favorire l’unità dei
comunisti, il Fronte Unico della classe operaia e la costruzione di un
Fronte Unito di tutte le forze anticapitalistiche e antimperialistiche,
democratiche e progressiste, per sconfiggere i disegni reazionari e
avviare nel nostro paese una fase rivoluzionaria che conquisti il potere
politico al proletariato per costruire la società socialista, dove,
finalmente, le donne e gli uomini saranno veramente e concretamente
liberi e protagonisti del loro destino sociale.
Dobbiamo riprendere e rilanciare il processo storico di cambiamento della
vita sulla Terra avviato dalla Rivoluzione Socialista d’Ottobre in Russia
del 7 novembre 1917, dobbiamo lavorare per far trionfare la seconda
ondata della gloriosa rivoluzione proletaria socialista temporaneamente
sconfitta col ventesimo congresso del PCUS nel 1956 ad opera infame del
revisionismo e dell’opportunismo interni al movimento comunista e
operaio nazionale e internazionale, portavoce ed esecutori della volontà
della borghesia.
L’odierna migrazione di popoli interi a causa di guerre, fame, malattie e
repressioni, le guerre imperialistiche in numerosi paesi, la distruzione
delle risorse naturali e ambientali del pianeta ad opera dello sfruttamento
dissennato da parte delle multinazionali imperialistiche, che stanno
mettendo a rischio la stessa sopravvivenza dell’umanità, il ritorno
minaccioso di nuove dittature fasciste e naziste, il disastro di una
possibile terza guerra mondiale atomica e distruttiva dell’intero pianeta
che il capitalismo e l’imperialismo utilizzeranno come ultima possibilità
per trascinare l’umanità nel loro abisso, sono mali e pericoli gravissimi
che possono essere combattuti e sconfitti solo con la lotta di classe e
rivoluzionaria delle masse proletarie di tutti i paesi della Terra e la
vittoria del socialismo e del comunismo. A questa via di salvezza
dell’umanità non c’è alternativa.
Ora come obiettivo immediato cerchiamo di far trionfare il NO, per
esigere le dimissioni immediate del governo Renzi, la rottura con le
criminali politiche borghesi finora seguite e l’avvio di una politica di pace,
di lavoro, di vera democrazia e uguaglianza sociale, che solo un governo
espressione del potere della classe operaia e di tutti gli sfruttati potrà
attuare.
Dinanzi all’occupazione permanente della televisione e della radio
pubbliche da parte di Renzi e del suo governo, che con chiacchiere e
illusioni cercano di convincere gli italiani a votare SI’, dinanzi ai ricatti,
alle minacce e alle ingerenze del capitale e delle sue istituzioni, il
CONUML rivolge un appello a tutte le forze comuniste, lavoratrici e
progressiste del nostro paese a intensificare l’impegno per il NO
spiegandone le sue ragioni di classe. Raggiungiamo quei votanti che non
ancora conoscono le conseguenze nefaste di un’eventuale vittoria del SI.
Spieghiamo anche bene che noi marxisti­leninisti della Costituzione
borghese del 1948 difendiamo unicamente le conquiste progressiste in
essa contenute e necessarie per proseguire la lotta verso la sconfitta del
potere e del sistema capitalistico e la conquista del potere proletario e
del socialismo.
VOTIAMO ”NO” ALLA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE PER
DIFENDERE E ALLARGARE GLI SPAZI DI DEMOCRAZIA E I DIRITTI
CIVILI, SEPPUR DI NATURA BORGHESE, CONQUISTATICI CON LA
DURA LOTTA ANTIFASCISTA, LA RESISTENZA ARMATA E LA
GUERRA DI LIBERAZIONE DAL FASCISMO, DAL NAZISMO E DALLA
MONARCHIA!
CHE LA VITTORIA DEL “NO” COSTRINGA RENZI E IL GOVERNO,
ILLEGITTIMI, A DIMETTERSI E SEGNI LA RIPRESA DI UN PROCESSO
RIVOLUZIONARIO CHE CONDUCA ALLA RIVOLUZIONE
PROLETARIA E AL SOCIALISMO!
Roma, 16 novembre 2016.
COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTA­LENINISTA Partito
Comunista Italiano Marxista­Leninista Piattaforma Comunista – per il
Partito Comunista del Proletariato d’Italia Visitate il nostro sito: www.conuml.weebly.com
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
"LA GRANDE SORPRESA"
di Mario Albanesi
A non farsi cogliere di sorpresa dalla vittoria di Donald Trump sono stati
quei pochi mezzi di informazione alternativi che usi a dire la verità sono
portati ad esaminare con maggiore attenzione lo svolgersi degli
avvenimenti.
"LA GRANDE SORPRESA"
"POVERO CARTER"
di Mario Albanesi
Pensavamo che Jimmy Carter, l’ex presidente degli Stati Uniti fosse una
persona equilibrata invece ci ha sorpreso appendere che appoggia nella
corsa alla Casa Bianca una squilibrata guerrafondaia piena di risentimenti.
"POVERO CARTER"
Referendum, menzogna contro
democrazia
di Lorenza Carlassare, da
MicroMega 3/2016
Le ragioni del «no» sono persino
troppe. Una forte mobilitazione è
indispensabile per opporsi a una
riforma costituzionale costruita
sul falso e sull’inganno che cela la
sua reale sostanza,
antidemocratica e illiberale, con
trucchi miserabili. Lunga è la catena dei «falsi», a
cominciare dagli obiettivi
dichiarati:
1. Fine del bicameralismo paritario è l’ingannevole slogan. Ma il Senato, in
posizione di parità con la Camera esattamente come adesso, partecipa
ancora alla più alta forma di legislazione, la revisione della Costituzione e in
molti casi alla legislazione ordinaria. Si approvano infatti secondo le regole
del bicameralismo paritario leggi di forte rilievo politico: elezione del
Senato (art. 55), referendum, Unione europea, ineleggibilità e
incompatibilità con l’ufficio di senatore, elezioni e ordinamento di comuni e
città metropolitane, e altre ancora (art. 70, comma 1). Il Senato, inoltre, in
modi vari e differenziati, ha voce sulla legislazione intera.
2. Falso è anche l’altro facile slogan: iter legislativo semplificato, mentre
l’unica semplificazione non riguarda il procedimento legislativo, ma la
fiducia al governo che sarà data dalla sola Camera. Basta leggere i commi
3­4 del nuovo articolo 70 per rendersi conto di come l’iter legislativo venga
«semplificato»: «Ogni disegno di legge approvato dalla Camera deve essere
immediatamente trasmesso al Senato», il quale, entro dieci giorni, può
disporre di esaminarlo, e, nei trenta giorni successivi «può deliberare
proposte di modifica del testo», e in tal caso si torna alla Camera per la
pronuncia «definitiva». Lo schema ha però alcune varianti; a seconda della
materia su cui verte la legge e dell’atteggiarsi dei consensi, si prevedono
iter legislativi diversi per tempi, termini e maggioranze. In conclusione, per
«semplificare», al procedimento attuale si sostituisce una pluralità di
procedimenti – sette dice Gaetano Azzariti che ha avuto la pazienza di
contarli – più l’ulteriore variante di un possibile intervento del governo nel
procedimento legislativo (art. 71, ultimo comma). Incertezze e confusioni
apriranno conflitti, che la riforma stessa ritiene inevitabili preoccupandosi di
indicare chi dovrà comporli: i presidenti di Camera e Senato d’accordo fra
loro. E se non trovassero l’accordo? Una «semplificazione complicante», la si
potrebbe definire! 3. È falso che il Senato conti poco e non abbia funzioni di rilievo, come si
ripete per toglier peso alle critiche verso la sua inqualificabile composizione
(consiglieri regionali che si eleggono fra loro ed eleggono 21 sindaci!).
Minimizzarne il ruolo fa parte dell’inganno. Tanto rumore per nulla è l’idea
che si vuole accreditare: è inutile perder tempo a discutere sulla
composizione di un organo che non conta nulla, che fa cose poco importanti.
L’argomento, che si ritorce contro chi lo propone – se il Senato non serve a
nulla, perché non abolirlo eliminando le enormi spese di apparato, servizi,
sede? – è assolutamente falso.
Il Senato partecipa intanto alla funzione legislativa, la più importante
funzione da sempre riservata al popolo sovrano o ai suoi rappresentanti che
un sistema democratico non consente sia affidata a un organo scollegato dai
cittadini. Proprio questa funzione rende quella composizione più difficile da
giustificare, per il costante collegamento di essa con il popolo; un principio
PAGINA 9
antico che attraversa la storia, dai pensatori medievali come Marsilio
da Padova, ai massimi giuristi della modernità come Hans Kelsen.
L’affermazione di poter fare, da solo, le leggi del suo regno fu una
delle accuse a Riccardo II, che poi ritorna negli atti di deposizione di
Giacomo II e Carlo I. E su quel principio, risalente agli albori della
storia, si basa per intero la nostra struttura costituzionale: la sovranità
– disse Meuccio Ruini alla Costituente – «spetta tutta al popolo», e
dunque, «il fulcro dell’organizzazione costituzionale» è nel parlamento
«che non è sovrano di per sé stesso, ma è l’organo di più diretta
derivazione del popolo: e come tale […] ha la funzione di fare le
leggi». L’anomala composizione del Senato figlio della riforma, in una
democrazia non è assolutamente compatibile con le funzioni ad esso
attribuite. Ma il governo non ha consentito ripensamento alcuno.
Al Senato, oltre alla legislazione, restano altre rilevanti funzioni co­
stituzionali come l’elezione del presidente della Repubblica e dei
giudici costituzionali; e qui, addirittura, grazie alla riforma, il Senato
aumenta il suo peso e i senatori diventano determinanti in una scelta
tanto delicata per l’equilibrio delle istituzioni di garanzia. 4. È falso che la riforma aumenti le garanzie, come si insiste a dire
della modifica delle maggioranze necessarie all’elezione del presidente
della Repubblica, organo di garanzia che deve essere super partes. Ad
evitare che diventi, invece, espressione della maggioranza di governo
la Costituzione esige un ampio consenso: per le prime tre votazioni la
maggioranza dei due terzi, dal quarto scrutinio in poi, la maggioranza
assoluta dei componenti. La riforma invece, a partire dal settimo
scrutinio, prescrive la «maggioranza dei tre quinti dei votanti». La
modifica è presentata come un vanto della riforma; sostituendo la
maggioranza assoluta (metà più uno) con i tre quinti – si dice – si
alza il quorum necessario all’elezione del capo dello Stato e dunque si
aumenta la garanzia. Una falsità anche questa, ma il trucco è
evidente: la nuova maggioranza richiesta è di tre quinti dei «votanti»,
non più dei «componenti»; il che fa una bella differenza! La norma
svuotata di senso rende agevole al governo e ai suoi fedeli eleggere
(«portarsi a casa», nel linguaggio del premier e della sua ministra) un
presidente su misura. Nel segno del comando, si potrebbe dire,
dell’unico comando, che non deve trovare ostacoli sul suo cammino;
tantomeno un capo dello Stato indipendente, garante della
Costituzione! Ma è solo un tassello del disegno complessivo. Sempre in tema di
istituzioni di garanzia, nella legge di riforma la competenza a eleggere
cinque giudici della Corte costituzionale non è più del parlamento in
seduta comune; tre li elegge la Camera, che ha 640 membri, e due il
Senato che ne ha 100. I numeri parlano. Il divario di potere tra
Camera e Senato è evidente, com’è evidente la voglia di mettere le
mani sulla Corte attraverso i senatori, «uomini di paglia», la cui
obbedienza è persino più sicura di quella di deputati, eletti con una
legge truccata, ma pur sempre «eletti» dal popolo. 5. È falso che la riforma costituzionale non cambi la forma di governo.
È vero che il testo non ne parla, ma il trucco è proprio qui. La
trasformazione risulta da un disegno complessivo il cui perno non è la
riforma costituzionale ma la legge elettorale, approvata anch’essa con
frenetica velocità perché, senza l’Italicum, la riforma costituzionale
non poteva raggiungere l’obiettivo finale: verticalizzare il potere e
gestirlo senza ostacoli e limiti.
Siamo di fronte a un doppio inganno (o doppia «furbata»): il primo
sta nel modificare la forma di governo in modo indiretto (e meno
appa­riscente) con legge ordinaria, la legge elettorale e il suo bel
«premio», perno di tutto. Il secondo inganno sta nell’apparente
rispetto della condizione richiesta dalla Corte costituzionale per
l’attribuzione del premio, l’indicazione di una «soglia». Ma la soglia del
40 per cento prevista dall’Italicum è del tutto fittizia, è apparenza
pura, scritta per non mostrare in modo vistoso il contrasto con la
sentenza 1/2014. Il 40 per cento in realtà non interessa a nessuno, è
un semplice schermo; se non lo si raggiunge, interviene infatti il
ballottaggio per il quale nessuna soglia è richiesta. Il trucco è qui,
attraverso il ballottaggio il legislatore ha aggirato la sentenza
costituzionale: le due liste più votate partecipano qualunque
percentuale abbiano ottenuto al primo turno. Così, anche conseguendo
un risultato modesto (il 20 per cento o meno) chi vince piglia tutto, e
una minoranza esigua, grazie al premio, può dominare il sistema
intero: parlamento, governo, istituzioni di garanzia.
Il ballottaggio è la chiave per cambiare la forma di governo, per
arrivare in modo traverso all’elezione diretta del premier. Due liste vi
partecipano e, nella competizione a due, il vincitore, forte della
vittoria, tenderà ad attribuire al voto popolare il valore di
un’investitura personale. Così il ballottaggio, fase finale del
procedimento di elezione della Camera dei deputati, assumerà il senso
di una decisione popolare finalizzata a investire di potere il governo e
il suo capo. Il quale – come già Berlusconi – potrà definirsi «l’unto del
Signore». Senza mutare il testo si supera la forma di governo parlamentare; e
non per avvicinarsi al modello presidenziale americano col suo sistema
di «freni e contrappesi», di limiti reciproci fra «poteri» rigorosamente
separati e indipendenti, ma piuttosto al modello autoritario
novecentesco che l’Italia ha costruito ed esportato.
6. È falso che la riforma non tocchi la forma di Stato: la democrazia
costituzionale ne risulta travolta. Travolta per primo è il sostantivo,
«democrazia». I cittadini alla fine sono rimasti senza voce: con un
Senato non più eletto dal popolo ma da consiglieri regionali che si
eleggono fra loro; con le province abolite che però funzionano ma
senza un organo eletto dai cittadini; con una Camera dove, alterata la
rappresentanza, domina una maggioranza artificiale creata distorcendo
l’esito del voto. Una Camera in cui una simile maggioranza – che può
essere una minoranza esigua – è in grado di dominare le istituzioni
tutte estendendo la sua influenza oltre la sfera politica, alle stesse
istituzioni di garanzia. Così un gruppo di potere può dominare senza
trovare limiti politici – le altre forze sono ridotte all’irrilevanza – e
neppure limiti giuridico­costituzionali. Neutralizzati i contrappesi del sistema costituzionale repubblicano,
nessun limite infatti è stato creato dal nuovo sistema per contenere
l’enorme potere prodotto dai meccanismi distorsivi; nessun freno è
posto al concentrarsi di potere nel governo e nel suo capo cui il
parlamento non si contrappone, obbedisce. Troppo forte è il vincolo
creato dai meccanismi elettorali perché i parlamentari, legati a doppio
filo a un vertice da cui dipende la loro rielezione, possano mostrarsi
indipendenti. «Democrazia costituzionale» rischia così di divenire espressione vuota:
travolto il sostantivo, è travolto anche l’aggettivo che la qualifica. Il
potere, senza limiti e freni, potrà dispiegarsi liberamente, alla faccia
del costituzionalismo, della separazione dei poteri, degli «immortali
princìpi del 1789», che Mussolini odiava. Non dobbiamo permetterlo!
Il referendum non è – non deve essere – scontro su una persona: non
interessa la sorte di Renzi, interessa salvare la «democrazia
costituzionale», i nostri diritti, i valori repubblicani. Un triste
conformismo vela la vita della Repubblica; la libera stampa,
l’informazione tutta già ne risente. Vogliamo liberarci dal pericolo che
la nebbia offuschi il nostro orizzonte.
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
Cuba ricorda Yaser Arafat
nell’anniversario della sua morte
PAGINA 10
passo con il superamento dei suoi limiti: che sono stati limiti di dialettica nel modo di
pensare.
In questo spirito noi salutiamo la compagna comunista Adriana Chiaia!
L’Avana, 11 nov (Prensa Latina)
Istituzioni ed organismi di solidarietà
cubani resero omaggio al leader
palestinese Yaser Arafat,
commemorandosi oggi il 12°
anniversario del suo decesso. Dopo collocare un’offerta floreale nel
busto di Arafat ubicato nel municipio
Playa de L’Avana, il presidente
dell’Associazione di Amicizia cubano­
arabo, Rodrigo Alvarez Cambra,
espresse che Arafat costituisce un simbolo dell’unità delle forze politiche per il
riconoscimento dello stato palestinese. Da parte sua l’ambasciatore della Palestina a Cuba, Akram Samhan, l’amicizia coltivata
tra i due paesi risaltò, specialmente, tra l’anche premio Nobel della Pace ed il leader
storico della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro. Inoltre, riaffermò la volontà delle nuove generazioni palestinesi di continuare la lotta per
il diritto ad essere uno Stato sovrano ed indipendente, con l’esempio di chi costituisce
un simbolo di nazionalismo, unità, resistenza e fermezza. Ig/vdf Per onorare la memoria della compagna, in alto la bandiera della rinascita del
movimento comunista!
Monumento a Camilo Cienfuegos,
omaggio all’Eroe di Yaguajay
Dopo 57 anni dalla sua scomparsa
fisica, la figura del Comandante
dell’Esercito Ribelle, Camilo
Cienfuegos, continua legata alla storia
della parte centrale di Cuba.
La battaglia vinta da Cienfuegos alla
fine del dicembre del 1958 a
Yaguajay, a nord della provincia di
Sancti Spiritus, rappresenta una delle
vittorie più importanti per il trionfo
della Rivoluzione Cubana.
Erano gli ultimi giorni di dicembre del 1958 quando durante 11 giorni, il Comandante
insieme ad un centinaio di uomini hanno avuto lo scontro più esteso che sia capitato in
questa parte dell’isola ed hanno liberato uno degli ultimi territori che era sotto il dominio
della tirannia di Fulgencio Batista.
Con l’occupazione di questa città, il combattente è stato consacrato come “L’Eroe di
Yaguajay”, appellativo che lo accompagna fino ad oggi a quasi sei decade dalla sua
morte.
La figura di questo uomo dell’Esercito Ribelle prevale nella storia di Cuba data la sua
umiltà, giovialità e il carattere di leader, perciò viene anche ricordato come “Il Signor
dell’Avanguardia” o “Il Comandante del Popolo”. A Yaguajay, particolarmente, la sua immagine è venerata per la sua determinazione e
per la strategia con cui ha comandato la battaglia che si è svolta in questo luogo, che è
stata considerata tra le più importanti nell’offensiva finale dell’Esercito Ribelle.
Nello stesso luogo in cui alla fine del 1958 è scoppiata questa battaglia si alza oggi il
centro storico­culturale Camilo Cienfuegos, Monumento Nazionale che include il Museo
dallo stesso nome, una scultura di bronzo del leader e il Mausoleo del Fronte Nord di
Las Villas. RICORDO IN PIETRA, BRONZO E MARMO
Questa istallazione che inizialmente era conformata dalla scultura e dal Museo, è stata
inaugurata dal Presidente Raul Castro, allora Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie,
l’8 ottobre 1989.
Nella stessa data nel 2009, quando si è celebrato il 50°anniversario della scomparsa del
“Signor dell’Avanguardia”, è stato istaurato il Mausoleo del Fronte Nord di Las Villas
dove arde la fiamma eterna, accesa in quell’occasione, sempre da Raul Castro.
All’entrata del congiunto, si incontra la scultura di bronzo alta cinque metri e che pesa
cinque tonnellate, preceduta da una piazza che può agglutinare 30mila persone.
L’opera dell’artista Thelvia Marin, presenta Camilo, vestito con la divisa da campagna,
usando il grande cappello che lo distingueva dalla sua entrata nell’Esercito Ribelle e con
lo sguardo rivolto verso l’antica caserma della Guardia Rurale, dove si trovavano le forze
nemiche durante la battaglia.
Secondo quanto ha rivelato Marin, per fare la scultura si è ispirata nell’ultima fotografia
fatta al guerrigliero prima della vittoria definitiva nello stesso luogo dove si erige oggi la
statua.
Il Museo ha una collezione con più di 500 oggetti, inclusi documenti, vestiti, armi da
fuoco, una collezione di fotografie originali ed un archivio filmico dell’eroe e di altri
compagni di lotta.
Tra i più pregiati c’è un piccolo fucile, l’unico giocatolo riscattato dall’infanzia di Camilo,
una mitraglietta Thompson utilizzata nella battaglia di Yaguajay e la sua uniforme da
campagna per l’invasione ad Occidente. Inoltre, si conserva mummificato il cavallo grigio con cui “Il Signor dell’Avanguardia”,
da quella città arrivò fino a L’Avana, dirigendo un gruppo di cavalleria di contadini che
venivano ad assistere al primo atto per il 26 luglio dopo il trionfo della Rivoluzione.
Nella parte posteriore del congiunto c’è il Mausoleo che comprende più di 10 ettari di
terra e possiede 180 loculi dove sono custoditi i resti dei combattenti delle lotte di
liberazione.
Tra i sepolcri, quello dedicato a Camilo è coperto di marmo rosso ed ha una
rappresentazione in bronzo del mare, di un fiore e del grande cappello, per ricordare il
tributo che i cubani rendono all’eroe ogni 28 ottobre, lanciando fiori al mare.
Tutto intorno, 27 palme reali, albero
nazionale di Cuba, rappresentano
l’età con cui l’eroe è morto quando è
scomparso nel 1959.
Allo stesso modo, sei muri di pietra
“jaimanita” e marmo disposti nel luogo
simbolizzano i territori dell’antica
divisione politico­amministrativa che
hanno tributato patrioti al Fronte e
innumerevoli fiori rossi della specie
Acalypha hispida ricordano il sangue
sparso nella lotta.
Tre fucili di bronzo che sopportano lo Scudo Nazionale rappresentano le tre forze
rivoluzionarie che integrano il Fronte Nord di Las Villas: i distaccamenti: Marcelo
Salado, del Movimento 26 Luglio, Maximo Gomez, del Partito Socialista Popolare e la
Colonna due Antonio Maceo, comandata da Camilo.
Un altro fatto, sempre allegorico, è che sopra un muro si legge una frase dell’Eroe di
Yaguajay che ricorda il suo spirito solidale e umano: “Quelli che lottano, non importa
dove, sono i nostri fratelli”.
Elizabeth Borrego Rodriguez, corrispondente di Prensa Latina a Sancti Spiritus
Gli insegnamenti della vita e
dell’opera di Adriana Chiaia
Il 27 ottobre è morta Adriana Chiaia (1925­2016) e molti hanno chinato la testa o levato
il pugno per salutare una compagna che ha dato molto alla causa della rinascita del
movimento comunista. Noi uniamo il nostro saluto al loro.
Adriana Chiaia ha partecipato con passione e intelligenza agli inizi della lotta che ha
portato alla costituzione della Carovana del (nuovo) Partito comunista italiano. Questa
storia inizia, come ben illustrato nel cap. 2.1.3 del nostro Manifesto Programma, negli
anni ’80 quando fummo posti di fronte al fallimento dei primi tentativi di ricostruzione
del partito comunista, in particolare dei due più importanti tentativi: quello del
movimento marxista­leninista (Nuova Unità) e quello delle Brigate Rosse.
Adriana fu tra i promotori del Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la
Repressione e del suo organo di stampa IL BOLLETTINO e tra gli animatori del
Convegno sulla repressione tenuto il 30­31 maggio 1981 alla Palazzina Liberty di Milano,
ospiti di Franca Rame e Dario Fo. Il Convegno chiamò alla lotta contro il pentimento e la
dissociazione e alla solidarietà con i prigionieri politici che resistevano alla ferocia della
Repubblica Pontificia, in gran parte compagni delle Brigate Rosse. Eredità del
Convegno è l’opuscolo Toni Negri, ovvero del soggettivismo e del gradualismo,
presentato dal Comitato Giuliano Naria (poi diventato CoProCo, Comitato di Propaganda
Comunista) di cui Adriana era membro. Erano gli anni di cui nel 1988 farà il bilancio
Pippo Assan nell’opuscolo Cristoforo Colombo di cui abbiamo parlato anche
recentemente nell’Avviso ai naviganti 61.
Senza il concorso di Adriana difficilmente avrebbero visto la luce le pubblicazioni della
Giuseppe Maj “Editore”, tra cui ricordiamo I fatti e la testa (1983) del CoProCo, Il
proletariato non si è pentito (1984) a cura di Adriana Chiaia, Politica e Rivoluzione
(1984) di Andrea Coi, Prospero Gallinari, Francesco Piccioni e Bruno Seghetti, La
nostalgia e la memoria (1986) di Sante Notarnicola.
Infine Adriana è stata tra i fondatori delle Edizioni Rapporti Sociali e della rivista
Rapporti Sociali il cui numero zero, Don Chisciotte e i mulini a vento uscì nel 1985, anno
in cui Adriana fece l’esperienza del carcere speciale di Voghera.
Fu all’inizio degli anni ’90 che Adriana si staccò dalla redazione di Rapporti Sociali e
dall’impresa che scaturì dalla rivista attraverso la pubblicazione delle Opere di Mao Tse­
tung (25 volumi pubblicati tra il 1991 e il 1994): la creazione dei CARC prima (1993) e la
creazione della Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del
(nuovo)Partito comunista italiano poi (gennaio 1999).
La discussione dei motivi del distacco di Adriana dalla nostra opera ci ha aiutato a
capire meglio la nostra opera stessa. Adriana si staccò perché, irriducibile nella
denuncia della deviazione revisionista, non aveva abbastanza fiducia nella rinascita del
movimento comunista cosciente e organizzato. Era per la resistenza, ma non aveva
fiducia che saremmo ripartiti all’attacco. Questa fu in sintesi la ragione profonda del suo
abbandono della lotta che avevamo iniziato insieme. La confermano anche la successiva
partenza e la lunga permanenza di Adriana a Cuba che della resistenza era diventata il
simbolo. La conferma anche il lavoro che Adriana ha fatto dopo il ritorno da Cuba, per
Zambon Editore, tutto incentrato sulla difesa dell’esperienza della prima ondata della
rivoluzione proletaria e sulla lotta contro le denigrazioni di ogni genere portate fin nelle
file della sinistra borghese: basti ricordare gli infami Fausto Bertinotti e Paolo Ferrero.
Ci siamo chiesti a fondo i motivi per cui una compagna come Adriana Chiaia, della cui
integrità morale e della cui intelligenza abbiamo avuto esperienza diretta, non aveva
fiducia nella rinascita del movimento comunista a cui tuttavia di fatto ha contribuito. In
sostanza la questione è che la rinascita del movimento comunista non si fonda solo sulla
vecchia verità del movimento comunista, dell’eroismo profuso nel suo primo “assalto al
cielo” e dei grandi risultati raggiunti nel corso della prima ondata della rivoluzione
proletaria. Si fonda anche sulla comprensione dei limiti che hanno impedito al
movimento comunista di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti nel corso della
prima crisi generale del capitalismo (1900­1945). Chi non capisce questi limiti, non
riesce ad aderire e partecipare a fondo alla rinascita, ad avere piena fiducia in essa e a
lavorarvi con successo, serenità e felicità. La storia della sua vita aveva formato Adriana
alla resistenza e alla difesa intransigente dei valori più avanzati elaborati dall’umanità.
Non l’aveva formata alla duttilità della dialettica.
Adriana era nata a Bari da un’insegnante figlia di quella stirpe di funzionari sabaudi
che “avevano fatto l’Italia” e da un nobile meridionale gaudente e scialacquatore con
cui la madre aveva ben presto rotto ogni rapporto nonostante gli usi e costumi del
tempo. Adriana si era formata nella Bari del periodo fascista alla scuola di sua madre.
Questo l’aveva portata all’adesione al movimento comunista appena approdata a Milano
come neolaureata professoressa di matematica. Tener ferma la posizione del movimento
comunista contro i revisionisti favoriti dal boom economico le fu per così dire facile.
Avere la libertà e la duttilità di pensiero necessarie per concepire la rinascita del
movimento comunista nonostante i fallimenti dei primi tentativi di ricostruzione
(movimento m­l e Brigate Rosse) le era più difficile.
L’esperienza e l’opera di Adriana Chiaia contengono quindi importanti insegnamenti per
tutti quei compagni che aspirano al “ristabilimento dei principi” del movimento
comunista, riconoscono il suo eroismo e difendono la sua memoria, ma trascurano la
ricerca dei limiti per cui la prima ondata della rivoluzione proletaria si è esaurita: i limiti
illustrati nel nostro Manifesto Programma e in tanta parte della letteratura del (n)PCI.
Solo chi capisce quei limiti, capisce che siamo in grado di fare quello che ieri
nonostante tanto eroismo non fu fatto e si mette a farlo con serenità e determinazione. Il
riconoscimento e l’esaltazione della rigorosa e intransigente difesa dei principi e della
verità di cui Adriana è fulgido esempio, devono andare di pari
La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
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quale il potere reale si concentra nelle mani di una oligarchia partitica
che occupa il cuore nevralgico dello stato. Il fine? Assicurare la migliore
consonanza ai diktat della Commissione europea, della Bce e alle pretese
dei mercati.
Intervista al generale Fabio Mini* di Rossella Guadagnini “No a riforma che sottrae al Parlamento decisione su
dichiarazione di guerra”
Riforme, democrazia, governabilità e inganni. Ne parliamo con una voce
fuori dal coro, un uomo che per 46 anni è stato nelle Forze Armate e
oggi si definisce molto progressista. Ci racconta di una legge
‘immaginaria’ e di un Parlamento ‘defraudato’, di una maggioranza non
rappresentativa del Paese e di una ‘guerra fredda interna’ all’Italia. Di
spazi informativi pubblici a favore del marketing governativo e di una
grande festa della disunità a cui, volenti o no, siamo tutti invitati.
I valori supremi della Costituzione traditi dalla riforma
La Corte Costituzionale ha affermato che ci sono dei valori
supremi sui quali si fonda la Costituzione, che non possono
essere sovvertiti o modificati nemmeno da leggi di revisione
costituzionale. Questi principi supremi affermati soprattutto nella prima
parte della Costituzione sono in gioco nella seconda, che ne dovrebbe
garantire l’attuazione; ma proprio questi sono ora disattesi o traditi nella
riforma sottoposta al voto popolare del 4 dicembre.
La Costituzione al servizio della finanza Il 4 dicembre andremo a pronunciarci anche sulla ridefinizione
dei rapporti Stato­mercato in Italia. La riforma Renzi­Boschi
accentua infatti il processo di messa al bando dell’intervento pubblico in
economia, già in buona parte realizzato con la revisione dell’art. 81 della
Costituzione e l’introduzione del pareggio di bilancio.
MEDIO ORIENTE
ITALIA
Le iene ­ puntata del 23 ottobre 2016 ­ giarrusso­l’italia­ha­le­
mani­sporche­di­sangue
a 48 ore dal referendum
Costituzione, "non vogliamo la riforma della P2". Firma l'appello
Ci siamo, finalmente possiamo annunciarlo
Ci siamo, finalmente possiamo annunciarlo – Aggiornamento su
"Votiamo "no" al #referendumcostituzionale e fermiamo la
legge elettorale"
Il tradimento della sinistra
di Sergio Cesaratto Lettera a mia figlia elettrice sul perché voterò No
Questa riforma è un vero e proprio passo indietro della
democrazia, perché l’esercizio del potere verrà di
nuovo concentrato in pochi, anziché maggiormente
diffuso tra i molti. E alle poche e chiare parole utilizzate dai Costituenti,
si sostituisce una cascata di articoli, di norme, commi, rimandi, di
estrema farraginosità e complessità.
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#IONONCOMPROHP – TECNOLOGIA DELL’OPPRESSIONE
ISRAELIANA
RUSSIA
MOLDAVIA: alle elezioni presidenziali il popolo moldavo
cambia rotta e cerca un'alternativa, rivolgendosi verso la
Russia. Una svolta geopolitica.
Il Nazismo e gli USA, dall'inizio ai giorni nostri (Ukrajna)
FULVIO SCAGLIONE ­ Se l'informazione indossa l'elmetto
di FULVIO SCAGLIONE
SCIENZA
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La VOCE ANNO XIX N°4
dicembre 2016
PAGINA 12