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La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 PAGINA 1 Roberto Gessi Il 4 Dicembre VOTATE NO al referendum costituzionale. Dall’Ottobre scorso abbiamo introdotto qualche novità: LA PAGINA 11 DELL’INSERTO MADRE DIVENTA UNA RACCOLTA DI LINK DELLE PAGINE DI ALTRE PUBBLICAZIONI DI CUI CONSIGLIAMO LA LETTURA E LA PAGINA 4 È DEDICATA QUASI ESCLUSIVAMENTE ALLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE. INFINE DAL MESE SCORSO ABBIANO AGGIUNTO UN NUOVO INSERTO DEDICATO ALLA FEDERAZIONE RUSSA. L’Editoriale In questo numero vantiamo la presenza di articoli molto interessanti di Salvatore Settis, di Adriana Chiaia, di Ireneo Corbacci, di Matteo Renzi, di Nino Di Matteo, di Paolo Flores d’Arcais, di Armando Spataro e Giacomo Russo Spena, di Mario Albanesi, di Lorenza Carlassare, di Robert Charvin, di Giorgio Cremaschi, di Orfilio Peláez, di Carmen Esquivel Sarría, di Marinella Correggia, di Pepe Mujica, di João Pedro, di Jorge Luis Merencio Cautín, di Alberto G. Walon, di Lauren Céspedes Hernández, di Ángel Freddy Pérez, di Ileana Labaut López, di Franco Bianco, di Roberto Prinzi, di Amira Hass, di Ben White, di Gideon Levy e Alex Levac, di Barak Ravid, di Rosa Schiano, di Ghennady Zyuganov, di Ivan Melnikov, di Giordano Stabile, di Bernard Guetta, di Valerio Mazzoni, di Ipazia, di Guglielmo Forges Davanzati, di Manlio Dinucci, di Teresa Noce, di Maria Mantello. Il calendario di Spartaco attende volonterosi aggiornamenti al solito link. Il calendario è stato fatto con excel proprio per dare a tutti la possibilità di ampliarlo e di tenerlo aggiornato inviandomelo con le modifiche proposte al solito indirizzo e.mail [email protected]. Ora si può visionare e aggiornare anche in formato .doc per chi preferisca utilizzare questo formato. Questo calendario sarà un link fisso della prima pagina e potrà anche servirmi di spunto per nuovi articoli in occasione delle ricorrenze. Grazie, come sempre a tutti per la collaborazione. La lista delle fonti consultate è aumentata ancora e l’ho linkata per comodità di consultazione. Gli appelli di reciprocità hanno dato pochi risultati, ma rimane sempre in vigore su questa pagina, nello spirito di unire idealmente tutte le espressioni della sinistra e auspicabilmente ricreare poi uno spirito internazionalista (inizativa che per ora è stata per lo più disattesa: che sia un sintomo della disgregazione della sinistra in Italia? Speriamo veramente che le cose cambino: noi facciamo già tutto il possibile). La VOCE si avvale dei contributi mensili: dell’astrofisico, dott. Andrea Martocchia, noto anche per le sue preziose pubblicazioni storiche su aspetti meno conosciuti della resistenza in Italia, che cura l’intero inserto della Jugoslavia e una pagina dell’inserto della Scienza; dell’ingegner Vincenzo Brandi, ricercatore chimico dell’ENEA, che cura l’editoriale dell’inserto della Scienza e la pagina successiva che attualmente ospita una sua ricostruzione della storia del pensiero. Occasionalmente ospitiamo articoli e commenti: della nostra presidente, Miriam Pellegrini Ferri, già partigiana di Giustizia e Libertà; del giornalista Mario Albanesi, con i suoi preziosissimi video su Youtube; di importanti inserzionisti di altre testate in tema con i nostri inserti. Primo Piano MADRE 1 Editoriale 2 Intervista alla partigiana comunista Miriam Pellegrini Ferri 2 RenziBoschi, Settis: “Una pessima riforma che non affronta i veri problemi del Paese” di Salvatore Settis 3 Nostalgia del passato o prospettive per l’avvenire? di Adriana Chiaia 3 LA COSTITUZIONE DEL 2016 di Ireneo Corbacci 4 Tensioni CinaUSA nel Mar Cinese Meridionale: con Trump non cambierà molto 4 Cina testa missile supersonico: centra obiettivi fino a 482 km 4 Se Trump si smarca dall’Asia non lascia campo a Pechino 4 DALLA CINA/ Lao Xi: ecco il discorso segreto preparato da Renzi per il 1° dicembre di Matteo Renzi 5 Nino Di Matteo: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione” di Nino Di Matteo 6 La controriforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini di Paolo Flores d’Arcais 7 Referendum Costituzionale, Black Rock ha paura di un governo che fa gli interessi delle masse popolari 7 Spataro: “La riforma Renzi? Come quella di Berlusconi” intervista a Armando Spataro di Giacomo Russo Spena 8 VOTIAMO “NO” PER CAMBIARE L’ITALIA! 9 "LA GRANDE SORPRESA" di Mario Albanesi 9 "POVERO CARTER" di Mario Albanesi 9 Referendum, menzogna contro democrazia di Lorenza Carlassare 10 Cuba ricorda Yaser Arafat nell’anniversario della sua morte 10 Gli insegnamenti della vita e dell’opera di Adriana Chiaia 10 Monumento a Camilo Cienfuegos, omaggio all’Eroe di Yaguajay 11 AFRICA AMERICA CINA EUROPA ITALIA MEDIO ORIENTE RUSSIA SCIENZA COREA 13 Come possiamo essere Coreani (del Nord)? di Robert Charvin 14 L’Ambasciata della Repubblica Popolare Democratica di Corea in Italia 14 GIORGIO CREMASCHI Il SI può; vincere solo giocando sporco e lo sta facendo di Giorgio Cremaschi 15 Il governo colombiano e le FARCEP hanno firmato un nuovo accordo di pace 15 Esposizione sulla biodiversità cubana a Nuova York di Orfilio Peláez 15 Cuba; entrate di mille milioni di dollari per il turismo nel semestre 16 Fraterno incontro di Fidel con il presidente del Vietnam 16 Raúl ha ricevuto il Primo Ministro del Canada 16 La Bolivia fomenta l’Operazione Miracolo, con l’appoggio di Cuba di Carmen Esquivel Sarría 16 La Celac chiama a rinforzare la lotta contro la fame CUBA 17 Viva il Comandante Fidel Castro, fondatore di Cuba socialista 17 E’ morto a 90 anni Fidel Castro: Cuba piange il suo Lider Maximo 18 A ItaliaCuba di Miriam Pellegrini Ferri 18 Fidel. Auguri, e grazie anche per la Pace di Marinella Correggia 18 «Querido Fidel…», la lettera d’addio di Pepe Mujica a Castro di Pepe Mujica 18 Abbiamo perso Fidel. Abbiamo conquistato una storia di esempi e saggezza di João Pedro 19 Cuba e Russia hanno firmato un contratto per la fornitura di elementi ferroviari di Orfilio Peláez 19 Crogiolo della migliore gioventù di Jorge Luis Merencio Cautín 19 Più di 700 milioni di persone nel mondo vivono in miseria 19 Il 92 % della popolazione mondiale vive in zone molto inquinate 19 E l’Isola fu una grande scuola di Alberto G. Walon 20 Il dibattito pubblico della nazione: un esercizio in costante evoluzione di Lauren Céspedes Hernández 20 I benefici della medicina rigenerativa per 4000 pazienti di Ángel Freddy Pérez 20 Omaggio al 99º anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre di Ileana Labaut López 20 Cuba per una riforma profonda del Consiglio di Sicurezza della ONU JUGOSLAVIA 21 La riforma, la guerra e il “rischio Stranamore” di Franco Bianco 23 Dittatura Mogherini in Montenegro 24 “NA MORE CON AMORE” Resoconto dell’iniziativa Quarta Edizione, anno 2016 PALESTINA 25 ISRAELE. Appello di 120 rabbini alla resistenza non violenta nell’avamposto di Amona di Roberto Prinzi 25 La risposta dei palestinesi agli incendi in Israele: se fossero intenzionali, sarebbe una follia di Amira Hass 26 La risposta dei palestinesi agli incendi in Israele: se fossero intenzionali, sarebbe una follia di Amira Hass 26 I crescenti attacchi israeliani contro civili a Gaza mettono a rischio il cessate il fuoco in vigore da due anni di Ben White 26 Un pogrom scuote un villaggio palestinese strangolato dai coloni israeliani di Gideon Levy e Alex Levac 27 Di colpo si può essere filoisraeliani ed antisemiti di Gideon Levy 27 Nonostante le obiezioni degli Stati Uniti, Netanyahu pensa di trasferire i coloni nelle terre palestinesi abbandonate di Barak Ravid 27 Abbas rieletto presidente di Fatah 28 Le navi da guerra israeliane aprono il fuoco contro i pescherecci palestinesi 28 In Israele Cala il segreto sugli interrogatori: stop alle registrazioni di Rosa Schiano 28 29 novembre: Giornata Onu per la Palestina 28 Continua la crisi energetica negli ospedali di Gaza 28 Decine di coloni entrano a alAqsa scortati dalla polizia israeliana 28 Forze israeliane spianano terreni a sud della Striscia di Gaza 28 Bulldozer israeliani demoliscono parte di una casa palestinese RUSSIA 29 DA ALEPPO OVEST: le toccanti testimonianze degli abitanti in questi giorni terribili 30 Fermiamo la repressione contro i comunisti, gli antifascisti e i difensori della pace in Lituania! 31 La riflessione del leader comunista russo sul significato della vittoria di Donald Trump di Ghennady Zyuganov 31 Dichiarazione di Ivan Melnikov, vicepresidente del Partito Comunista della Federazione Russa di Ivan Melnikov 31 L’Egitto invia militari in Siria a sostegno di Assad di Giordano Stabile 32 L’agonia di Aleppo di Bernard Guetta 32 FranciaRussia: sfida di interessi in Africa di Valerio Mazzoni SCIENZA 33 SINTOMI DI CRISI DEL SISTEMA: BREXIT, TRUMP, FILLON, E LA CARICA PER IL NO di Vincenzo Brandi 34 CARATTERI DELL’ILLUMINISMO DEL ‘700: MONTESQUIEU E VOLTAIRE di Vincenzo Brandi 35 Sonde che si perdono, sonde che si ritrovano a cura di Andrea Martocchia 35 Il dio dei pazzi provoca i terremoti di Ipazia 36 Sulle elezioni presidenziali USA e la vittoria di Donald Trump 36 Sulle elezioni presidenziali USA e la vittoria di Donald Trump 36 Perle di propaganda e di insana disperazione 38 La Costituzione al servizio della finanza di Guglielmo Forges Davanzati 38 L’alternanza del Potere imperiale di Manlio Dinucci 38 99° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre: le radici del futuro di Teresa Noce 39 VERSO IL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA GRANDE RIVOLUZIONE SOCIALISTA D’OTTOBRE (novembre 19172017) 39 Opere di Lenin e di Stalin in formato digitale / 39 MARIA MANTELLO Referendum: il SÌ delle falsità, il NO delle verità di Maria Mantello Per consultare gli arretrati La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 PAGINA 2 IN QUESTO NUMERO: Domenica 4 Dicembre POPOLO FRATELLO SALVIAMO IL NOSTRO AMATO PAESE CONTRO LO STRAPOTERE CHE VUOLE ANNULLARE LE NOSTRE CONQUISTE: VOTIAMO UN GIGANTESCO NO !!!! Roberto Gessi Intervista alla partigiana comunista Miriam Pellegrini Ferri Qual è il tuo giudizio sulla riforma costituzionale del governo Renzi, che giunge dopo settanta anni di mancata applicazione dei contenuti più avanzati e progressisti della Costituzione repubblicana da parte delle classi dominanti? Pessimo. Persone inqualificate non possono permettersi di mettere le mani sulla legge fondamentale dello stato Secondo te quali forze economiche nazionali e internazionali hanno spinto per questa riforma e qual è la vera posta in gioco nel referendum del 4 dicembre? Sono lobby del più bieco capitalismo quelle che hanno voluto la globalizzazione disumana e deleteria verso i più deboli ossia i popoli Per quale motivo i dirigenti dei sindacati confederali, dei partiti e dei gruppi socialdemocratici e riformisti che sostengono il NO non hanno voluto dar vita ad una vera mobilitazione, con lo sciopero generale e le manifestazioni di massa, in vista del referendum? Hanno preso l’ uso di dimenticare la lotta di classe e le ragioni per le quali i lavoratori hanno pagato col sangue il diritto ad avere queste rappresentanze. Praticano la concertazione voluta dal potere Molti partigiani hanno combattuto non solo per distruggere il regime fascista, cacciare gli occupanti nazisti, abolire la monarchia e riconquistare le libertà democratiche, ma anche perché aspiravano a liberarsi definitivamente dal capitalismo, un sistema che genera inevitabilmente le guerre e la reazione. Pensi che le ragioni di allora siano valide anche oggi? Certo che sì. Fino a che esistono ingiustizie sociali e oggi vanno oltre ogni limite il desiderio di socialismo umano civile e lottare per questo è doveroso e legittimo. Quale messaggio vorresti lanciare ai giovani che vivono la realtà della disoccupazione, del precariato, della devastazione culturale, della mancanza di una qualsiasi prospettiva favorevole nel sistema capitalistaimperialista? Preparatevi e organizzatevi come diceva Gramsci e leggete i suoi libri come quelli di Marx ed Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse Tung, Kim Il Sung, Enver Hoxha, Tito, Di Vittorio e con la cultura scientifica acquistate forza dignità e volontà di lottare. Chiudo con le parole del comandante partigiano filosofo della scienza tenuto prigioniero Ludovico Geymonat:MI RIBELLO PER NON VENIR MENO AL MIO SCONFINATO DESIDERIO DI SINCERITA’ Infine, ti chiediamo di rivolgere un tuo breve appello al popolo italiano per il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. POPOLO FRATELLO SALVIAMO IL NOSTRO AMATO PAESE CONTRO LO STRAPOTERE CHE VUOLE ANNULLARE LE NOSTRE CONQUISTE VOTIAMO UN GIGANTESCO NO|||| La redazione di “Scintilla”, organo di Piattaforma Comunista per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia RenziBoschi, Settis: “Una pessima riforma che non affronta i veri problemi del Paese” di Salvatore Settis, da ilponterivista.com Ritengo necessario pronunciare un energico no alla riforma costituzionale RenziBoschi, per considerazioni specifiche che ho meglio articolato nel mio recente libro Einaudi "Costituzione! Perché attuarla è meglio che cambiarla". Secondo Piero Calamandrei, «quando il Parlamento discuterà pubblicamente la Costituzione, i banchi del governo dovranno esser vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana». Questo galateo istituzionale è stato violato brutalmente dal governo Renzi. Questa e altre (numerose) improprietà e forzature nella procedura non basterebbero da sole a giustificare un pieno no, che solo il merito della riforma può, anzi deve, innescare. Lo giustificano, invece, altre ragioni, per esempio: con scelta politica quanto mai impropria, la proposta di riforma si è intrecciata a una nuova legge elettorale (detta Italicum), che pur essendo stata fatta dopo la sentenza della Corte costituzionale che condannava il Porcellum bollandone la «illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i principî costituzionali», ha ribadito, truccandoli, i due motivi di incostituzionalità di quella legge, un irragionevole premio di maggioranza (di fatto assegnabile, al secondo turno, anche a una minoranza, poniamo del 20%), e un meccanismo che favorisce i nominati e limita le scelte degli elettori; confuse campagne di disinformazione hanno oscurato la vera natura della riforma, presentandola come «la fine del monocameralismo», mentre il Senato sopravvive, in un intrico di competenze dello sterminato art. 70, che non meno di 11 ex presidenti della Corte costituzionale hanno denunciato come fonte di conflitti di competenze e ritardi nelle procedure; l’abolizione dei Consigli provinciali (elettivi), lasciando le Province presidiate dai prefetti, che dipendono dal governo, si congiunge a un Senato di nominati dalla politica, a una Camera per oltre il 50% condizionata dalle nomine dei “capi” dei partiti; cioè corrisponde a una forte diminuzione della democrazia; il meccanismo di elezione del presidente della Repubblica (art. 83), che dal settimo scrutinio prevede una maggioranza dei 3/5 non dei componenti il collegio elettorale, ma dei votanti, comporta una violenta delegittimazione della più alta carica dello Stato; con la modifica dell’art. 67 i membri del Senato non rappresenteranno più la Nazione eppure del Senato faranno parte di diritto gli ex presidenti della Repubblica, derubricati a rappresentanti delle autonomie locali: ulteriore delegittimazione della figura del capo dello Stato e della sua funzione. Queste sono solo alcune delle storture di una pessima riforma, che non affronta i veri problemi del Paese, dalla corruzione all’evasione fiscale, dalla disoccupazione alla decrescita infelice della produzione. Una riforma voluta da un governo che intanto nulla fa per attuare gli articoli della Costituzione fino a oggi rimasti lettera morta (per citare un solo esempio, l’art. 3 sul diritto al lavoro). La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 Nostalgia del passato o prospettive per l’avvenire? Adriana Chiaia gennaio 2013 Riproponiamo, a pochi giorni dalla sua scomparsa, alcuni stralci dell’introduzione di Adriana Chiaia del libro di A. V. TiŠkov, Dzeržinskij il «giacobino proletario» di Lenin. Una vita per il comunismo, Zambon Editore. 2012. Da anni ci dedichiamo alla battaglia contro la cancellazione della memoria storica del movimento operaio rivoluzionario e la sua sostituzione con una congerie di falsità, volgari o raffinate, a seconda della "platea" di lettori a cui esse sono destinate. Come i lettori potranno facilmente immaginare, i nostri critici di destra e di "sinistra" ci accusano di rifugiarci nel passato, di continuare a richiamarci alle lotte di classe e alle teorie rivoluzionarie che le hanno interpretate al fine di cambiare i rapporti tra le classi. Ci si accusa, di contro, di non esserci aggiornati, di non esserci sforzati di capire i cambiamenti sopravvenuti nelle dinamiche economiche e sociali del nostro tempo, nelle tecnologie, nei sistemi di informazione, di comunicazione, ecc. Ai nostri critici rispondiamo: a noi sembra che siate voi a essere rimasti inchiodati al passato. I nuovi rapporti di forza che non ci sforzeremmo di capire non sono forse ancora quelli della società del capitale, "globalizzato" come lo chiamate , cioè entrato nella fase dell’imperialismo già dalla fine del secolo XIX (ve ne siete accorti?), i rapporti di forza tra le classi non sono ancora quelli tra sfruttatori e sfruttati, quelli basati sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo? Per quanto le classi dominanti capitalistiche si sforzino di soffocarle con la repressione o di addormentarle con i palliativi delle riforme, le contraddizioni inconciliabili tra gli oppressi e gli oppressori, tra gli sfruttati e gli sfruttatori permangono e si manifestano in ogni angolo del mondo. Ammettete che il capitale si scontra ancora una volta con una delle sue crisi economiche generali, ma invece di attribuirne la causa alla natura intrinseca del capitale, cioè alla contraddizione insanabile tra i rapporti di produzione (la proprietà privata dei mezzi di produzione) e il carattere sociale delle forze produttive, l’attribuite ai suoi effetti, al calo della produzione e dei consumi, alle speculazioni del capitale finanziario, alle oscillazioni delle borse, all’andamento capriccioso dei mercati, alle classifiche delle agenzie di rating, nuove divinità apparentemente indipendenti dalla volontà degli uomini, che governerebbero quella che chiamate l’"economia reale", cioè le condizioni di vita di milioni di uomini e donne che si traducono, molto concretamente, in tassi sempre crescenti di disoccupazione e nell’estensione dei livelli di indigenza, se non di miseria di strati sempre più vasti della popolazione. I rimedi che ci proponete sono anch’essi quelli frusti e abusati: tagli al welfare, alla salute, alle norme sulla sicurezza del lavoro, all’istruzione, alla ricerca scientifica; licenziamenti, precarietà del lavoro, riduzione del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni; cancellazione dei diritti acquisiti dai lavoratori in decenni di lotte. In una parola: sacrifici, al grido di "siamo tutti sulla stessa barca" (ma i sacrifici non valgono per chi sta sul ponte di comando). Sacrifici imposti per diktat sempre più dall’alto, che sia il Consiglio europeo (Fiscal compact) o la Banca centrale europea o la Banca mondiale o il Fondo monetario internazionale, sacrifici che ricadono sempre sulle spalle delle classi subalterne al potere "democratico" borghese. Agitate lo spettro della crisi del ’29 per convincerci della necessità della collaborazione di tutte le classi per uscirne ancora una volta e ci promettete, con scadenze sempre più lontane, la ripresa dell’economia. Ma noi, che non abbiamo la memoria corta, ricordiamo come i capitalisti (i briganti imperialisti, per dirla con Lenin) sono usciti dalle precedenti crisi economiche: con la corsa al riarmo, con una sequela ininterrotta di guerre dapprima circoscritte (e molte sono già in atto nei nostri giorni) e infine con il grande massacro di intere popolazioni e la distruzione di beni nei conflitti mondiali. In tal modo, dal sangue e dalle macerie la fase espansiva del capitale può ripartire e procedere ad una nuova spartizione del mondo. Chi ci vuole dunque respingere nel passato? Noi invece vi proiettiamo nel futuro. Nell’ultimo capitolo del libro che presentiamo si ripercorrono le tappe della lotta decisiva sul destino dell’Unione Sovietica. L’URSS sarebbe diventata un paese capace di costruire un’economia socialista basandosi esclusivamente sulle proprie risorse o era destinata a divenire un paese dipendente economicamente e politicamente dal sistema capitalista? Come si ricorderà, con la scelta della priorità dello sviluppo dell’industria pesante e metallurgica (cioè della produzione dei macchinari necessari per tutti gli altri rami dell’industria e per la meccanizzazione dell’agricoltura) prevalse la prima opzione, sostenuta dalla maggioranza leninista del partito al prezzo di dure lotte contro la "nuova opposizione" lotte che videro in prima linea Dzeržinskij. I successi dello sviluppo dell’economia socialista in tutti i suoi rami, dall’industria, all’agricoltura, ai trasporti, e i loro riflessi politici nella società e nella vita culturale del paese, furono al centro del rapporto del Comitato centrale al XVII Congresso del Partito comunista(b) dell’URSS, che si tenne nel gennaio del 1934[1] nel corso del quale venne presentato il bilancio dei risultati del I Piano quinquennale. Rimandando alla lettura dell’intero rapporto, in cui si confrontano dettagliatamente i dati statistici di tutti i settori dell’economia sovietica con quelli corrispondenti dei principali paesi imperialisti, diamo, in rapidi flash alcuni dei risultati raggiunti: Il flagello sociale della disoccupazione è scomparso. Il salario medio annuo degli operai dell’industria è aumentato nel 1933 del 53,28% rispetto a quello del 1930. Si è adottata la giornata lavorativa di 7 ore per tutti gli operai dell’industria di superficie (per l’industria estrattiva vi erano condizioni di lavoro particolarmente favorevoli). Si è introdotta in tutta l’URSS l’istruzione primaria obbligatoria (ovviamente gratuita, come sancito dalla Costituzione della Repubblica Sovietica del 1918); la percentuale delle persone che sanno leggere e scrivere è aumentata dal 67% alla fine del 1930 al 90% alla fine del 1933. La percentuale degli operai tra gli studenti negli istituti di insegnamento superiore raggiunge il 51,4% e la percentuale dei contadini lavoratori il 16,5%. Citiamo ancora brevemente alcuni dati relativi al ruolo dirigente assunto dalle donne nelle campagne: PAGINA 3 Le donne presidenti dei kolchoz sono circa 6.000, le donne membri della direzione dei kolchoz superano le 60.000, le donne capo squadra sono 28.000, le organizzatrici dei gruppi di lavoro sono 100.000. 9000 donne sono incaricate di dirigere l’allevamento del bestiame nei kolchoz. 7000 donne sono conduttrici di trattori. La nota fotografia della ragazza sorridente alla guida di un trattore simboleggia il grande avanzamento sociale e culturale compiuto da quelle donne, ieri contadine analfabete, e la loro emancipazione dalle tradizioni medioevali imposte nelle campagne dai pope, dai kulaki e dalle famiglie patriarcali. Nel 1934, nello stesso anno del Congresso del PC(b) dell’URSS di cui sopra, tutti i paesi imperialisti europei ed extraeuropei erano attanagliati da una crisi economica e politica generale che durava da quattro anni. Come rimedio alla recessione, i loro governi ricorrevano al protezionismo, scatenavano guerre commerciali e si lanciavano in avventure coloniali. Le classi dominanti, non potendo più governare con i metodi della democrazia borghese, facevano ricorso al fascismo e al terrore per reprimere la ribellione delle classi oppresse e rovinate e imboccavano la via senza uscita che avrebbe precipitato il mondo nei massacri e nelle devastazioni della Seconda guerra mondiale. Perché, dunque, volete farci retrocedere nel passato? Dobbiamo ricordarvi che l’Unione Sovietica, malgrado il terribile prezzo pagato (23 milioni di morti), fu in grado di sconfiggere il nazismo? Dobbiamo ricordarvi la bandiera sovietica issata sul Reichstag, simbolo dell’ascesa e della caduta del nazismo? Dobbiamo ricordarvi che il campo socialista nella sua massima estensione comprese un terzo dell’umanità? Sappiamo bene che i nostri critici di destra e di "sinistra" ci sbatteranno in faccia la fine (definitiva per loro, soltanto temporanea per noi) di quel mondo: la dissoluzione dell’URSS, la scomparsa dei paesi socialisti europei. Rispondiamo loro che così come la Comune di Parigi, sebbene sconfitta, rappresentò "il punto più alto raggiunto dal proletariato nella lotta per la sua emancipazione" e costituì il punto di partenza delle successive teorie e lotte rivoluzionarie, gli insegnamenti della rivoluzione d’Ottobre, dell’instaurazione del potere sovietico e della costruzione del socialismo costituiscono un prezioso patrimonio di esperienze del quale faranno tesoro, nella teoria e nella prassi, i movimenti rivoluzionari presenti e futuri. Le nuove ondate dell’"assalto al cielo" si dispiegheranno nella crescente consapevolezza che la soluzione del dilemma "socialismo o barbarie" si impone con sempre maggiore perentorietà e urgenza. [1] J. Staline, Les questions du léninisme "Rapport présenté au XVII Congrès sur l’activité du CC du Parti communiste (b) de l’URSS, 26 Janvier 1934", Editions en langues étrangères, Pekin 1977, p. 683 e segg. LA COSTITUZIONE DEL 2016 PRINCIPI FONDAMENTALI Art. 1 L‘Italia è una Repubblica del Capitale a guida statunitense, fondata sul lavoro non pagato di quanti vi nascono e di coloro che vi vengono importati. La sovranità appartiene ai Funzionari del Capitale, che la esercitano senza limitazioni e vincoli di qualsiasi natura. Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dei Funzionari del Capitale. Gli altri cittadini godono dei Diritti dell‘Uomo internazionalmente riconosciuti se e in quanto adempiono ai doveri inderogabili di sottomissione politica, economica e sociale nei confronti dei Funzionari del Capitale. Art. 105 Nessuna riforma della Costituzione può essere proposta contro l’Ordine del Capitale, i Suoi Bisogni e Valori. Solo i Funzionari del Capitale e le loro Commissioni possono modificare il testo della Costituzione dandone tempestiva comunicazione alla Camera dei Rappresentanti, al Governo e al Presidente della Repubblica. Il testo originale della Costituzione è redatto in lingua inglese. È allegata ad esso la traduzione in lingua italiana, che ha valore legale solo se abbinata all’originale. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 PAGINA 4 0:01 / 0:01 Tensioni CinaUSA nel Mar Cinese Meridionale: con Trump non cambierà molto Sabato, 26 Novembre 2016 IBTimes.com Molti analisti si attendevano con l’elezione di Trump uno sconvolgimento della politica estera statunitense, ma più passa il tempo più ci si rende conto che molte cose rimarranno esattamente come sono ora. La USS Mustin transita a fianco della nave JS Kirisame delle Forze di autodifesa del Giappone, nel corso di un’esercitazione congiunta nel Mar Cinese Meridionale David Flewellyn/U.S. Navy/Handout via REUTERS La politica di Washington nei confronti del Mar Cinese Meridionale non dovrebbe cambiare sotto la presidenza Trump e gli Stati Uniti continueranno a inseguire la loro “egemonia territoriale”, secondo gli studiosi dell’Istituto Nazionale per gli Studi del Mar Cinese Meridionale, un think tank cinese. Il rapporto, rilasciato venerdì a Pechino, ha sottolineato che non ci saranno cambiamenti nella posizione degli Stati Uniti rispetto alla libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, in quanto “il controllo assoluto” sulle acque contese è il cuore pulsante della strategia militare statunitense nella regione dell’AsiaPacifico. Sotto Trump è lecito attendersi “più continuità che cambiamenti” nella politica militare nell’AsiaPacifico, ha fatto sapere nel rapporto Zhu Feng, direttore del Centro del Mar Cinese Meridionale presso l’Università Najing, secondo quanto riportato dalla Reuters. Wu Shicun, capo dell’istituto, ha detto che le relazioni tra Washington e Pechino potrebbero aggravarsi mentre la Cina continua a perseguire la sua crescita militare. “A seguito del ribilanciamento della sua strategia militare nell’Asia Pacifico, gli Stati Uniti hanno disposto nell’area aerei avanzati di ricognizione, droni, navi da sorveglianza, sottomarini nucleari, satelliti di osservazione, e così via. La Cina è diventata per gli Stati Uniti l’obiettivo numero uno, in termini di monitoraggio, per frequenza e mezzi impiegati”, è scritto nel rapporto. Trump non ha parlato molto della sua politica nei confronti del Mar Cinese Meridionale, dove circolano beni per circa 5 trilioni di dollari ogni anno. Si è limitato per ora ad accusare il paese di effettuare manipolazioni valutarie. “Dal punto di vista degli Stati Uniti, le attività di costruzione su larga scala nel Mar Cinese Meridionale da parte della Cina confermano i sospetti che il paese intende adottare una strategia finalizzata a restringere l’accesso, cosa che ha portato l’amministrazione Obama a pensare a un ribilanciamento nell’area. Gli Stati Uniti hanno fatto del Mar Cinese Meridionale un veicolo importante per implementare la sua politica di ribilanciamento nell’Asia Pacifico”, secondo il rapporto. Sia Zhu che Wu sono dell’opinione che gli Stati Uniti aumenteranno la spesa militare nell’area sotto il nuovo presidente. Zhu ha spiegato che la decisione di pubblicare ora il rapporto non è per mostrare che la Cina si “sta preparando alla guerra”, ma piuttosto per impedire un’escalation bellica tra le due super potenze. Sono coinvolti nella disputa territoriale del Mar Cinese Meridionale diversi vicini della Cina, tra cui Brunei, Malesia, Filippine, Taiwan e Vietnam. Cina testa missile supersonico: centra obiettivi fino a 482 km 3 ore fa Blitz PECHINO – La Cina ha recentemente testato, con grande successo, un missile ipersonico J16 teleguidato. Il missile è riuscito a colpire diversi bersagli, posti a una distanza molto elevata, e gli esperti che hanno analizzato le immagini sostengono che riesca a colpire gli obiettivi fino a 482 km di distanza. “Questo si rivela un grande problema, poiché riuscirebbe ad abbattere un missile ariaaria della Nato con molta facilità” scrivono Jeffrey Lin e P.W. Singer su Popular Science. Il nuovo dispositivo, inoltre, ha il radar system completamente aggiornato, oltre a un mirino ottico a infrarossi e a un sistema di navigazione satellitare; una volta raggiunto l’obiettivo, i propulsori laterali aumentano la propria manovrabilità. I test arrivano a qualche settimana di distanza da quelli di Vladimir Putin, che ha lanciato un missile supersonico in grado di raggiungere il Regno Unito in 13 minuti. Il razzo Object 4202 è stato lanciato a migliaia di km dalla base di lancio Yasny, in Russia, e gli ufficiali del Cremlino lo hanno subito ritenuto un “successo”. Invisibile ai sistemi anti missile americani, si muove a una velocità così elevata che è virtualmente impossibile da intercettare, riuscendo a raggiungere gli Stati Uniti in appena 12 minuti. Igor Sutyagin, esperto di capacità nucleare russa presso il Royal United Services Institute di Londra, ha detto al Daily Mail: “L’SS18 (il missile più usato dalla Russia) è vecchio di 30 anni. Quindi, anche se i rapporti con la Nato sono ottimi, si vuole comunque aggiornare il proprio sistema missilistico. Al presidente Putin, però, piace che tutto ciò sia visto come una mossa, in un certo senso, cattiva. Vuole sottolineare la propria imprevedibilità, oltre che la sua importanza”. Le tensioni tra Russia e Occidente sono a un punto di rottura, Theresa May, infatti, ha attaccato Putin perché “mina gli sforzi che l’occidente fa ogni giorno per affrontare la crisi in Siria”. La Russia dal canto suo ha accolto con favore l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e Putin non ha aspettato molto per decidere alcuni colloqui in cui affrontare questioni cruciali come la guerra all’Isis, la questione ucraina e la minaccia terroristica globale. Trump ha spesso espresso ammirazione nei confronti di Putin e c’è preoccupazione che gli Stati Uniti ritirino le sanzioni nei confronti del Cremlino, volte a prevenire ulteriori azioni militari ai confini del paese, dopo la presa della Crimea. Se Trump si smarca dall’Asia non lascia campo a Pechino Giovedì, 24 Novembre 2016 Apocalisse Laica Roma Gli Usa di Trump annunciano il ritiro a gennaio dal TransPacific Partnership (TPP) e la Cina incassa una vittoria strategica, candidandosi a nuovo artefice dell’integrazione economica dell’AsiaPacifico. Ma il nuovo Pivot in Asia lo rilancerà The Donald se riuscirà a ricucire i rapporti con Mosca. “Il fatto che Trump abbia annunciato di voler concentrare gli sforzi sulla ricostruzione interna degli Stati Uniti, non implica un atteggiamento isolazionista e non significa che Washington dedicherà meno tempo a contenere la Cina”: lo ha dichiarato ad AgiChina Enrico Fardella, Professore di Storia delle relazioni internazionali alla Peking University e ricercatore del Torino World Affairs Institute. Dopo l’addio al Tpp (l’accordo di libero scambio tra gli Usa e 11 Paesi che si affacciamo sul Pacifico, esclusa la Cina) annunciato da Trump nel suo video sul piano dei primi 100 giorni alla Casa Bianca, la Cina assicura di promuovere l’integrazione dell’area AsiaPacifico (spingendo su un’altra alleanza commerciale, la Rcep) e spera di avere nuovi spazi di manovra senza intaccare il rapporto con Washington, rilanciando il concetto di cooperazione. “Non siamo tuttavia di fronte a un nuovo isolazionismo americano“, ha spiegato Fardella. “La decisione di Trump non deve trarre in inganno – ha aggiunto . Si tratta di una revisione tattica, seppur profonda, della proiezione americana verso l’AsiaPacifico. Ma la strategia resta la stessa: impedire l’emergere di un’altra potenza capace di sfidare la supremazia globale degli Stati Uniti”. DALLA CINA/ Lao Xi: ecco il discorso segreto preparato da Renzi per il 1° dicembre Caro direttore, il funzionario cinese che mi ha dato quanto segue è un amico, e sono sicuro che mai mi trarrebbe in inganno. Lo dico perché questa storia sembra uno scherzo, ma non lo è, lo giuro. Dunque, il fatto è che in Sardegna, quando il premier italiano Matteo Renzi e il presidente cinese Xi Jinping chiacchieravano da vecchi amici, Renzi ha messo una mano in tasca, l'ha tolta, poi ce l'ha rimessa, si è fermato, ha esitato, ha interrotto il discorso e infine l'ha tolta con in pugno un foglio di carta. Ha fatto per darlo a Xi, il presidente ha sgranato gli occhi, l'interprete non sapeva che fare, infine Renzi l'ha teso nelle mani del funzionario lì vicino che poi mi ha raccontato l'episodio e me l'ha dato. Renzi voleva che Xi Jinping gli dicesse cosa ne pensava di un suo discorso — un messaggio grave e importante, da farsi a reti unificate. Xi lo ha letto e ha detto che era bellissimo, che era proprio quello di cui l'Italia ha bisogno. Io non dovrei parlarne, ma, che volete?, il vizio del giornalista è difficile a morire, così invece di tenerlo per me, lo pubblico. Forse i cinesi volevano solo essere cortesi.… (Lao Xi) Cari italiane e italiani, oggi, a pochi giorni dal voto per il referendum costituzionale siamo di fronte a una situazione drammatica come forse non lo è stata da almeno 30 anni. Il rischio è reale, non facciamoci illusioni. L'euro può crollare, l'Europa unita, dopo sette decenni di fatica, potrebbe dissolversi, i gruppi criminali che gestiscono il traffico di poveri immigrati dalla Libia potrebbero occupare il sud Italia. Le nostre banche sono sull'orlo di un tracollo e i nostri tassi di interesse potrebbero schizzare in alto, rendendoci rapidamente tutti molto più poveri. Naturalmente questi sono rischi, non realtà, ma per evitare che si realizzino occorre lavorare rapidamente tutti insieme per obiettivi di breve orizzonte e poi forse anche per obiettivi di largo respiro. Non sono qui per adornarmi di gloria di quello che ho fatto durante il mio governo, ma nemmeno per coprirmi di fango. Ho fatto quello che ho potuto, al meglio che ho potuto. Così credo. Ho cercato di fare passare una riforma costituzionale, perché sono convinto, e fino a ieri era convinto tutto il paese con me, che il bandolo della matassa dei problemi italiani sia la costituzione, splendida nel 1948, problematica oggi. Questa riforma non era e non voleva essere uno strumento per dividere il paese in buoni e cattivi, amici e nemici. Deve essere, e ne sono convinto, qualcosa che aiuti tutti, quelli che mi vogliono bene e quelli che mi vogliono male, gli italiani di oggi e quelli di domani, quelli che non sono ancora nati. Serve a rimettere l'Italia in piedi. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 Nino Di Matteo: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione” “Altro che cambiare la Costituzione, va applicata senza indugi!”. Il pm antimafia di Palermo denuncia le falsità e le mistificazioni della Renzi Boschi, una riforma che ha come reale obiettivo quello voluto dalla P2 di Licio Gelli: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la democrazia in una “sorta di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere oligarchico della finanza e dell’economia”. di Nino Di Matteo * Devo dire che sono Stato subito contento di accettare l’invito a partecipare a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno studente di giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro dicembre. Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre, questa più che mai non ci si può permettere che prevalga l’astensionismo o le decisioni improntate all’appartenenza politica o alla simpatia per un partito o per una fazione politica. Qui è in ballo qualcosa di molto più importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale! Si decide su una riforma che ne modifica quarantasette articoli e che incide profondamente sugli assetti fondamentali della nostra Democrazia. Questa è la mia opinione, la mia sensazione e il mio sentimento: se ancora conserviamo l’aspirazione, nonostante tutto, ad essere cittadini e non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e verso i nostri giovani, per la nostra dignità personale l’obbligo di reagire alla indifferenza all’apatia alla rassegnazione all’opportunismo, al sistematico nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno dilagando fino a trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza speranza e quindi senza futuro. Per questo sono d’accordo con l’onorevole Sarti e con tutti quelli che mi hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo riflettere, guardarci indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo abbandonare i facili slogan e saper volare alto e capire che al di là delle singole norme di modifica della Costituzione, il significato complessivo della riforma è importantissimo. Dobbiamo capire le gravi conseguenze che deriverebbero dalla sua approvazione, sul delicato equilibrio di ogni vera democrazia, quell’equilibrio che è fondato sulla separazione e sull’effettivo bilanciamento dei tre fondamentali poteri dello Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in vista della consultazione del quattro dicembre. Io ho sempre pensato e in questi venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto sempre più intensamente che l’esigenza fondamentale del Paese è quella di arrivare ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali. Sono sempre più convinto che il vero grande necessario cambiamento, la vera grande rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non per cambiare ma per applicare effettivamente la Costituzione. Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Anziché moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la Costituzione. Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche ‘diritto ad una retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro famiglie un’esistenza libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della Costituzione. Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività’. Riflettiamo prima di smontare la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la Costituzione, ‘le scuole statali per tutti gli ordini e gradi vengono prima delle scuole private che possono operare liberamente ma senza oneri per lo Stato’. Prima di cambiarla la Costituzione vediamo se è applicata. Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se travestiti da operazioni di pace, che l’Italia ripudia la guerra, articolo undici, e che lo stato di guerra può essere deliberato non dal Governo ma dalle Camere. Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato egoismo proprietario, la proprietà privata trova il suo limite nella funzione sociale, articolo quarantadue, che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuto prima di me, che la sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioè a tutti noi. Dobbiamo applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel proprio ambito. Per un’attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza sancito dall’articolo tre della Costituzione non possiamo più accettare, per esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia rigorosa e certe volte spietata con i deboli e sia invece ancora troppo timida e con le armi spuntate nei confronti della criminalità dei potenti. Dobbiamo lottare per l’applicazione dei princìpi della Carta costituzionale! Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e garanzia dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non privilegio della casta. Dobbiamo lottare tutti quanti per preservare l’indipendenza della magistratura dai pericoli esterni. Dagli attacchi esterni di quella gran parte della politica che vorrebbe che il potere giudiziario divenisse sostanzialmente servente rispetto al potere politico e al potere esecutivo. Dobbiamo lottare per preservare indipendenza della magistratura dei pericoli interni. Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di collateralismo da parte della magistratura alla politica e ai potenti. Dobbiamo lottare perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte giudiziarie, il criterio della opportunità, che valuta le conseguenze dell’atto giudiziario e ci si abbandoni invece soltanto all’unico criterio che deve ispirare l’azione del magistrato che è quello della doverosità dell’agire. Dobbiamo impegnarci perché un altro principio della nostra Carta costituzionale, l’obbligatorietà dell’azione penale, venga effettivamente rispettato nei confronti di tutti perché la legge sia uguale per tutti e PAGINA 5 perché i magistrati possano lavorare per applicare il diritto anche quando l’applicazione del diritto comporti delle conseguenze negative per il potere. Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la Carta costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità sulle stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei risultati, pur importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia il coraggio di andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno. Vada oltre nella ricerca anche di eventuali responsabilità esterne rispetto alle organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati giustamente condannati. Il vero grande problema italiano, a mio parere, è la forbice tra la Costituzione formale, quella scritta dopo la Resistenza al nazifascismo e approvata nel 1948 e la Costituzione materiale, cioè la trasformazione, il travisamento, l’elusione della prima nella pratica politica. Quella pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la gravissima colpa di contrapporre ad un’Italia che ancora crede nel progetto di attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e libertà contenuti nella Costituzione, un’altra Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e sull’accettazione di metodi mafiosi clientelari e poteri criminali. Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a prescindere dal loro specifico orientamento culturale e politico si riconoscono nell’idea e nel progetto di applicare, nelle scelte concrete, la Costituzione senza indugi e a qualunque costo. Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il referendum del quattro dicembre. Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma. La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo l’elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la Costituzione. Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell’ex Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese. C’è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente: “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell’approvazione della nostra Carta costituzionale. Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento. La nuova legge elettorale, lo ricordava l’onorevole Sarti, ripropone le stesse caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di rappresentatività sacrificato sull’altare della stabilità dei Governi. La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina che priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”. I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il 21% dei voti conquisti il 54% dei seggi. E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte costituzionale senz’altro sempre attraverso questo meccanismo. Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso. Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale! Sulla designazione dei senatori, sull’impiego parttime di sindaci e consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo scranno da senatore all’altro sindaco che nel frattempo viene eletto. Una confusione totale. L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale. Senza ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici ..segue ./. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 Segue da Pag.5: “Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione” e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia. Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l’assetto costituzionale? Altra mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan assolutamente falso. L’iter di formazione delle leggi non è per niente semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parole. Nell’articolo 70 del progetto di riforma RenziBoschi quelle nuove parole diventano 434. Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di consultazione di cui all’articolo settantuno per le leggi che determinano l’ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell’Italia e la formazione all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l’ufficio di senatori di cui all’articolo sessantacinque primo comma e per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma. Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70. Io credo che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c’è nessuna semplificazione anzi c’è una moltiplicazione dei processi legislativi c’è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l’angolo c’è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il suo potere. La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla Costituzione. Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti della politica nel senso deteriore del termine. Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant’anni. Questa riforma crea uno spostamento grave dell’equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell’esecutivo e dello svilimento del potere legislativo. Ma d’altra parte basta leggere la relazione che accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi della riforma costituzionale. Vi si legge, nella relazione che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario processo di adattamento dell’ordinamento interno alle nuove sfide Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà 1 L’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio 2 Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell’economia dal mutato contesto della competizione globale 3 L’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione 4 La cronica debolezza degli esecutivi nell’attuazione del programma di governo la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla decretazione d’urgenza eccetera..” Cosa si evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge? Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità imposta dall’Unione europea e alle regole di mercato dell’economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un governo unitario. Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell’iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se non determinata. A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall’Europa dalla BCE e dal commissario per l’economia dell’Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan. Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati. Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l’ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l’Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”. Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”. Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto. Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere è altrove” scriveva Leonardo Sciascia deplorando un Parlamento di anime PAGINA 6 morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio. Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un’idea di Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli interessi dell’economia e della finanza internazionale. E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli. Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell’Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”. Sono passati quasi quarant’anni, questo per dirvi che l’attacco alla Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l’esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione. Da Gelli ad oggi ci sono quarant’anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale. La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che lega quarant’anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al Governo ma l’obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici da governare. Non possiamo permetterci il nome della parola d’ordine governabilità che il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri. Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato ma ci sono dei momenti e degli argomenti per i quali il magistrato non ha soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di intervenire e di esporsi personalmente. Io come magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ad altre Istituzioni politiche né tanto meno alle persone che rivestono incarichi istituzionali. Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a dimenticare che per quella Costituzione, per quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti semplici cittadini hanno offerto la loro vita! Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole di Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione del 26 gennaio 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per rispettare la libertà e la dignità andate lì o giovani col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione e anche per questo che la dobbiamo difendere”. * da antimafia duemila.com, trascrizione dell’intervento a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a Palermo il 21 ottobre 2016. (28 ottobre 2016) La controriforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini di Paolo Flores d’Arcais, da Repubblica Amici lettori, pensate davvero che la “riforma” costituzionale RenziBoschiVerdini non costituisca un pericolo per le vostre libertà? Provate a ragionare su questi ineludibili dati di fatto. Oggi in Italia vi sono tre schieramenti che ottengono grosso modo il 25/30% dei voti (il resto si disperde tra forze minori). Poiché ormai un terzo degli italiani non va a votare (e il fenomeno è in crescita), con la “riforma” suddetta e la concomitante nuova legge elettorale (sia nella versione Italicum che, forse ancora peggio, in quella “corretta Cuperlo”), chi rappresenta solo il 17/20% dei cittadini otterrà una schiacciante maggioranza assoluta in Parlamento (di nominati, dunque fedeli al Capo “perinde ac cadaver”), il controllo della Corte Costituzionale, del Consiglio Superiore della Magistratura (da cui dipendono tutte le nomine ai vertici di Procure Tribunali e Cassazione), la scelta del Presidente della Repubblica (e la possibilità di facile impeachment nel caso non piacesse più e non si “allineasse”), il controllo della Rai, tutte le nomine delle Authority di “garanzia” (Consob, Privacy, ecc.), oltre ovviamente al governo. Potrebbe vincere Renzi, potrebbe vincere Grillo, potrebbe vincere la destradestra (in declinazione Berlusconi/Salvini o Berlusconi/Parisi, a seconda degli umori di Arcore). Io voterò M5s, come faccio già da tempo, ma avrei paura se a questa forza andassero i poteri previsti dalla contro riforma (chiamiamola col suo nome, vivaddio!) RenziBoschiVerdini. E ne avrebbero anche i “cinquestelle”, responsabilmente, visto che hanno proposto una legge elettorale “proporzionale corretta” (tipo Spagna e in parte Germania) e sono impegnati per il No. Perché con la controriforma costituzionalelettorale (le due cose sono inscindibilmente intrecciate proprio nel disegno dei promotori), un leader da 17/20% di consenso dei cittadini avrebbe un potere che sfiora quello di Putin e di Erdogan, senza necessità di ricorrere alla galera e alla violenza. E, ripeto, chi sia questo leader dipenderebbe da spostamenti minimi di voti (nel caso del turno unico saremmo addirittura alla roulette). Davvero questa prospettiva non vi gela il sangue? Se non vi fa paura vuol dire che avete superato in atarassica serenità zen il più “disincarnato” dei monaci orientali, il che sarà magari ottimo per la vostra psiche e le vostre future reincarnazioni, ma per il funzionamento di una democrazia è micidiale. In ogni democrazia fondamentale è il rispetto delle minoranze, le garanzie per i bastiancontrari, i diritti civili e gli spazi di comunicazione reale di quella minoranza delle minoranze che è il .. segue ./. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 Segue da Pag.6: La controriforma putiniana di Renzi, Boschi e Verdini singolo dissidente. Niente di tutto questo resta in piedi con le controriforme RenziBoschiVerdini. Vi flautano nelle orecchie: ma è il prezzo da pagare per l’efficienza, per la velocità del processo legislativo. Davvero ci siete cascati? Non l’avete ancora letto l’articolo 70 controriformato? Claudio Santamaria lo ha recitato in pubblico, alla manifestazione indetta da MicroMega con Maltese, Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare, Ovadia e tanti altri, lo ha letto come si conviene a un grande attore e come esige la punteggiatura di quella pagina e mezzo (attualmente l’articolo 70 è di una riga): un incomprensibile labirinto mozzafiato di commi e sottocommi, su cui i giuristi hanno già dato una dozzina di interpretazioni diverse, una sbobba procedurale che garantirà ricorsi su ricorsi fino alla Corte Costituzionale. Santamaria ha detto che sembrava scritta da Gigi Proietti in uno dei suoi momenti satirici di grazia. Forse, ma certamente con la collaborazione del notissimo e manzoniano dottor Azzeccagarbugli. Vi sventolano davanti agli occhi lo specchietto per le allodole dei costi della politica che diminuiscono, davvero ve la siete bevuta? Qualche decina di milioni in meno: costa assai di più ogni settimana semplicemente tener in vita l’ipotesi del Ponte sullo Stretto (se poi, con il Sì nelle vele, lo costruiranno davvero, saremmo a una tragedia da piangere per generazioni). E se i senatori saranno un pochino di meno, in compenso i politici regionali e comunali che andranno in quegli scranni godranno del premio più ambito per i troppi politicanti che della politica fanno mercimonio e profitto: l’amatissima immunità. I costi della politica si tagliano in radici riducendo a zero le migliaia e migliaia di consigli di amministrazioni delle “partecipate”, le migliaia e migliaia di consulenze di nomina politica, il groviglio ciclopico di enti inutili, e insomma i milioni di persone che “vivono di politica”, e lautamente, per meriti che con il merito hanno ben poco a che fare. Millantano che con il Sì combatterete la Casta, ma la Casta sono loro, ormai, il giglio magico e le sue infinite propaggini, l’indotto di nuovi piccoli satrapi messo in moto dalle Leopolde, le incredibili mediocrità assurte a posizioni apicali, le imbarazzanti nullità innalzate nell’Olimpo dell’intreccio affaristicopolitico, che ormai fanno apparire uno statista perfino Cirino Pomicino. Col No, il No che conta, vince invece la società civile di questo quarto di secolo di lotte. Che ha come programma l’unica grande riforma necessaria: realizzare la Costituzione, che i conservatori di sempre hanno bloccato, edulcorato, sfigurato, avvilendola nella camicia di forza della “Costituzione materiale”, democristiana prima, del Caf (Craxi Andreotti Forlani) poi, infine di Berlusconi (che con le sue televisioni ammicca al Sì e a chiacchiere sta col No, il solito piede in due scarpe), e oggi del suo nipotino Renzi. Se col tuo voto vincerà il No, amico lettore, non ci sarà nessuna instabilità, semplicemente diventerà inevitabile un governo di coerenza costituzionale, e si aprirà la strada per l’unico rinnovamento di cui l’Italia ha bisogno, quello che porta scritto “giustizia e libertà” e come stella polare ha l’eguaglianza incisa nella Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. (21 novembre 2016) Referendum Costituzionale, Black Rock ha paura di un governo che fa gli interessi delle masse popolari Perché Black Rock, il fondo finanziario più potente del mondo chiama a votare SI? Perché le masse popolari devono votare no e organizzarsi per applicare la parte progressista della Costituzione? “Chiunque andasse al potere più o meno faceva le stesse cose, non c’era grande differenza. (…) Il problema è che l’emersione di certe forze antiglobalizzazione ci lascia molto incerti. (…) E siamo dunque ai rischi a cui siamo esposti nei prossimi mesi, il referendum in Italia, le elezioni in America..”. Sono le parole di un esponente del fondo finanziario Black Rock. La dichiarazione è chiara: non solo appoggia il SI per garantire meno “vincoli” alle opere di speculazione che gli garantiscono introiti stellari, d’altro canto teme apertamente la creazione di un governo che faccia gli interessi delle masse popolari, un governo d’emergenza, contro le multinazionali e gli sciacalli della finanza quali sono. Spataro: “La riforma Renzi? Come quella di Berlusconi” Dopo le barricate per bloccare la riforma del 2006, il noto magistrato è attivo ora nella campagna per il NO e invita tutti a leggere la riforma confrontandola con l’attuale Costituzione: “Chi ha realmente a cuore il bilanciamento costituzionale dei poteri dello Stato, allora, comprenderà le ragioni di un impegno per opporsi alla demolizione di principi e valori irrinunciabili per la nostra storia, per la tutela piena dei diritti dei cittadini e per ogni democrazia”. intervista a Armando Spataro di Giacomo Russo Spena Già nel 2006 è stato protagonista della campagna referendaria per bloccare la riforma costituzionale di Berlusconi, Armando Spataro – procuratore della Repubblica e uno dei magistrati più attivi nella lotta in Italia contro il terrorismo e l’infiltrazione della ‘ndrangheta al Nord – è nuovamente sulle barricate, ora, per contrastare il disegno renziano: “Le due riforme hanno l’identica caratteristica di fondo, cioè il fine di attribuire al capo del partito di maggioranza la carica di presidente del Consiglio e la possibilità di governare il Parlamento, tendenzialmente ridotto ad un ruolo di ratifica delle sue decisioni”. Nello stesso momento Spataro invita alla pacatezza del dibattito non intravedendo rischi per la nostra democrazia e ribadendo la necessità di far conoscere ai cittadini i contenuti della riforma: “Consiglio sempre di rispettare e cercare di comprendere il pensiero di tutti, anche di chi sostiene il SÌ”. PAGINA 7 Lei ha apertamente dichiarato di votare per il No al referendum del 4 dicembre. Non considera inopportuno, legittimo ma inopportuno, che i magistrati si schierino in un referendum di natura costituzionale? Non si tradisce così la terzietà? La Costituzione non equivale ad un manifesto di partito sicché tutti possono e devono impegnarsi nella direzione che reputano migliore. I magistrati, in particolare, possono farlo come tutti i cittadini, pur dovendo rispettare specifiche norme deontologiche e disciplinari: di qui la necessità di prudenza nella selezione delle occasioni in cui intervenire. Sento inoltre la necessità di un impegno personale sia a causa dello sbilanciamento evidente dell’informazione sul referendum, che per la “divisività” che caratterizza questa riforma, nonostante la Costituzione debba unire e non dividere il Paese. Si è schierato per il NO anche alla riforma del 2006 di Silvio Berlusconi. Vede somiglianze tra le due riforme? Beh, è sufficiente richiamare all’attenzione l’intervista al Foglio di Renzi (“Il referendum si vince a destra”) del 29 settembre scorso ed anche un documento diffuso nel sito “BastaUnSì” in cui venivano poste in evidenza le somiglianze – rispetto a questa riforma – di alcuni passaggi del programma di Berlusconi per le elezioni del 2013. Nella partita referendaria come giudica la presa di posizione dell’ex presidente Giorgio Napolitano? Ha giocato un ruolo fondamentale nella partita? Napolitano ha sostenuto senza riserve la necessità di una riforma costituzionale. Con lui non condivido l’esternazione secondo la quale se questa riforma non passasse, “non se ne faranno altre per 30 anni”: basta pensare a quelle approvate dopo la bocciatura della riforma berlusconiana del 2006 per non condividere la visione del futuro ed il tipo di preveggenza che quell’affermazione contiene. Però – va aggiunto – ha ben fatto a consigliare a Renzi di spersonalizzare la campagna referendaria. È sbagliato quindi considerare il referendum un voto sul governo? E nel caso di vittoria del NO, cosa succederà? Si vota sulla Costituzione, non su Renzi. E il 4 dicembre non sarà affatto un referendum sul governo: è dovere dei “non politici” che discutono di questa riforma quello di spiegare che la sua sorte è estranea al nostro impegno. In altre parole, mi è del tutto indifferente quel che accadrà alla maggioranza di governo ed al suo leader. Se sosteniamo il contrario, si rischia di cedere ad una provocazione e si offrono ragioni di propaganda al “Fronte del SÌ”. In questo referendum è a rischio la nostra democrazia, come paventa qualcuno? Esiste il rischio di una svolta oligarchica in caso di vittoria del SI’? Non penso, occorrono serenità e ragionevolezza. Tanto che non apprezzo neppure le affermazioni di chi sostiene che dietro questa riforma vi sia la massoneria o che essa richiami il pianoGelli. Si diffondono in tal modo argomenti inutili e secondo me anche privi di fondamento. Diverso – evidentemente – è il richiamo alle aspettative del mercato finanziario internazionale, non a caso diffusamente favorevole al SÌ. A me pare doveroso e sufficiente, comunque, affermare e tentare di dimostrare che questa riforma sbilancia il rapporto tra i poteri dello Stato, esaltando – in nome della mitica “governabilità” – le competenze dell’esecutivo e penalizzando quelle del Parlamento. Mi basta e ne avanza pure per sentirmi preoccupato. Si riduce il numero di senatori, si risparmiano soldi e sprechi e, soprattutto, si semplifica l’iter legislativo superando il bicameralismo paritario, oltre alla cancellazione del Cnel… Cosa non la convince della riforma? La riduzione del numero dei Senatori – è stato dimostrato dalla ragioneria di Stato – non riduce affatto i costi nella misura pubblicizzata, sempre ammesso che – quando si parla di funzioni fondamentali dello Stato – quella del risparmio sia una finalità decisiva. Ma la riduzione in sé del numero dei senatori (100) a fronte di quello dei deputati (630) conferma ancora lo sbilanciamento di cui ho parlato, specie ove si considerino un paio di ulteriori rilievi: il Senato non perde affatto tutte le sue competenze di natura legislativa in materie che esulano da quelle di interesse regionale, ma in tal modo, visti i diversi numeri dei componenti, soccombe di fronte alla Camera. Inoltre, l’iter legislativo – ormai è noto a tutti – non è affatto semplificato ma si complica, tanto che gli studiosi ne hanno individuati almeno otto diversi (alcuni dieci) con grande confusione. Le due camere potrebbero entrare persino in conflitto tra loro ed i conflitti dovrebbero essere risolti dai due rispettivi presidenti. Come ciò avverrà in caso di dissenso non è dato di capire. Al referendum però non si voterà sulla legge elettorale e l’Italicum potrebbe essere modificato in Parlamento… E’ vero che non voteremo sull’Italicum ma il “combinato disposto” (termine efficace per significare le ricadute della legge stessa sul futuro assetto costituzionale) è gravido di pericolose conseguenze, come ammettono anche coloro che, nel partito di maggioranza, chiedono ormai di cambiare la legge, nonostante fosse stata approvata a seguito di mozione di fiducia. L’Italicum consegna al partito di maggioranza relativa al ballottaggio 340 seggi, senza una soglia minima di consenso richiesto e sganciando in larga parte gli eletti dalle preferenze dei cittadini. La legge elettorale del Senato è invece ancora un mistero: sarà approvata dalle future due camere ma la previsione secondo cui, oltre i cinque designati dal Capo dello Stato, i senatori 21 sindaci e 74 consiglieri regionali saranno eletti dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi” è ancora oggetto persino di interrogativi di natura lessicale. Altro che semplificazione dell’iter legislativo o superamento del bicameralismo perfetto! Se poi passiamo al rapporto tra Parlamento e Governo e a quello tra Stato e Regioni, o alle ricadute sulla elezione del Capo dello Stato, dei membri della Consulta (non si comprende perché separatamente tre debbano essere eletti dalla Camera e due dal Senato, nonostante la citata sproporzione numerica dei rispettivi componenti) e di quelli del CSM, ancora una volta ci troviamo a dovere constatare una criticabile nozione di governabilità nel senso già indicato ed una spinta alla centralizzazione, in capo allo Stato, di competenze che devono logicamente essere regionali. Per non parlare del “Senato mutante” visto che il mandato dei senatori comunque quasi impossibile da esercitare con la doverosa attenzione ove si consideri la duplicità dei loro ruoli politici viene meno quando decadono i consigli regionali che li hanno eletti o quando cessano di essere sindaci. La Costituzione si può modificare ed è migliorabile oppure dovrà rimanere così vita natural durante? Certo che si può modificare e migliorarla, come è infatti è avvenuto varie volte da quando è stata approvata (dicembre del 1947). Ma un governo costituente, come è chiaro, non può esistere se non si sforza di trovare un vasto consenso in Parlamento, attraverso la elaborazione di principi e di procedure di loro valorizzazione che devono essere chiare anche ai cittadini. Qualche sera fa, in televisione, c’è stato un confronto tra Renzi e De Mita. Per il fronte del SI’ è l’emblema del nuovo contro il vecchio, del cambiamento contro la conservazione. E, in effetti, De Mita non mi sembra un grande sponsor per il NO, non trova? Di fronte alla Costituzione ed al rischio di un suo stravolgimento è dovuto l’impegno di tutti, senza distinzione. E va tra l’altro considerato che conta soprattutto il contenuto del pensiero (e quello di molti personaggi dalla lunga storia politica personale non è affatto secondario), non la modalità del messaggio rapido e fulminante che le regole della comunicazione moderna ci impongono. Aggiungo pure che mi sono trovato a parlare in vari eventi, durante gli ultimi 30 giorni, con politici ed accademici impegnati per il NO, di diverse generazioni ed estrazioni politiche. Ma – discutendo – ho apprezzato il loro pensiero e l’ho detto pubblicamente. Più in generale, il fronte del NO come può ribaltare la propaganda renziana dell’essere un voto di “conservazione” e contro il cambiamento? Non credo che dobbiamo cedere alle logiche propagandistiche fondate anche sull’accusa di conservatorismo rivolte al Fronte del NO. Continuo ad avere fiducia, forse ingenuamente, nella capacità e volontà dei cittadini italiani di conoscere e capire. Per questo invito tutti a leggere la riforma confrontandola con la Costituzione come approvata nel dicembre 1947 e con il testo vigente. Chi ha realmente a cuore il bilanciamento costituzionale dei poteri dello Stato, allora, comprenderà le ragioni di un impegno per opporsi alla demolizione di principi e valori irrinunciabili per la nostra storia, per la tutela piena dei diritti dei cittadini e per ogni democrazia. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 PAGINA 8 VOTIAMO “NO” PER CAMBIARE L’ITALIA! SI AVVICINA IL VOTO REFERENDARIO DEL 4 DICEMBRE. VOTANDO IN MASSA “NO” DETERMINEREMO LA FINE DEL POTERE REAZIONARIO DI RENZI, DEL SUO GOVERNO E DEL PD, APRENDO UNA NUOVA FASE DI LOTTA PER CONQUISTARE, CON L’UNITA’ DEI COMUNISTI, DELLA CLASSE OPERAIA E DELLE FORZE COERENTEMENTE E SINCERAMENTE PROGRESSISTE DEL PAESE, IL GOVERNO DELLA CLASSE OPERAIA E DEGLI ALTRI LAVORATORI SFRUTTATI, QUALE PRESUPPOSTO PER ABBATTERE IL DOMINIO CAPITALISTA E AVVIARE LA COSTRUZIONE DELLA SUPERIORE SOCIETA’ SOCIALISTA! COMBATTIAMO PER UN NUOVO ORDINE SOCIALE IN CUI SARA’ GARANTITO IL COMPLETO SODDISFACIMENTO DELLE ESIGENZE MATERIALI E CULTURALI DELL’INTERA SOCIETA’. La Costituzione italiana uscita dalla lotta antifascista, dalla Resistenza armata e dalla Guerra civile di Liberazione è in pericolo per aprire la strada a un potere politico e istituzionale reazionario e ancor più repressivo dei diritti, dei bisogni e delle aspettative sociali delle masse lavoratrici e popolari. Lo stato di sofferenza sociale del proletariato italiano ha già raggiunto livelli non più tollerabili, a causa dell’economia capitalistica, fondata sullo sfruttamento degli operai e degli altri lavoratori salariati, dell’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi magnati parassiti e di un potere politico borghese, clericale e capitalistico asservito al dominio del capitale finanziario. Il sistema capitalistico e imperialistico che oggi domina incontrastato il mondo è in crisi a causa della contraddizione insanabile esistente tra il carattere sociale del processo della produzione e la forma capitalistica, privata, dell’appropriazione dei risultati della produzione. Contraddizione che rende il mondo capitalistico gravido di rivoluzione che segnerà la fine inevitabile del sistema capitalistico e, di conseguenza, della sua espansione imperialistica. Naturalmente il sistema economico parassitario dominante cerca di reagire alle sue crisi cicliche di sovrapproduzione di merci e capitali – che causano enormi distruzioni di forze produttive, massiccia disoccupazione, miseria e fame per milioni di uomini e di donne per sopravvivere quanto più a lungo possibile e lo fa pure utilizzando i suoi governi borghesi e clericali, coadiuvati nell’impresa dalle forze armate per tenere a bada o reprimere la lotta di classe e rivoluzionaria della classe lavoratrice. Il sistema capitalistico con lo sfruttamento della forzalavoro, il profitto commerciale e gli interessi usurai derivanti dalle operazioni bancarie e finanziarie purtroppo continua ad esistere, ad accumulare ricchezza e a dominare il pianeta ricorrendo, inevitabilmente, alle guerre di rapina, di occupazione e di sterminio per sottomettere e sfruttare popoli e territori mediante l’imposizione di propri governi fantocci, che prendono ordini e governano in nome e per conto degli Stati e dei monopoli imperialisti. Questo ruolo hanno svolto e svolgono il capitalismo e l’imperialismo americano, europeo, israeliano e col sostegno militare della Nato, così come quello russo e cinese, oltre alla collaborazione delle Nazioni Unite, che rispondono soprattutto alla politica egemonica e guerrafondaia degli Stati Uniti d’America. A queste infami politiche di sottomissione e di dominio corrispondono le prolungate guerre di occupazione e di sterminio dei popoli dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Libia, con l’uccisione barbara di Muammar Gheddafi, delle persecuzioni e dei massacri infiniti del popolo palestinese, della Siria, dove è in atto un conflitto interimperialista in cui i nordamericani foraggiano da anni i mercenari dell’opposizione cosiddetta ingannevolmente democratica per assassinare Bashar al Assad e sostituirlo con un governo fantoccio al servizio degli ordini e degli affari dell’imperialismo assassino americano ed europeo. L’Italia, che coi suoi governi borghesi, clericali e capitalistici si è sempre e indecorosamente accodata alle politiche guerrafondaie e neocoloniali dell’imperialismo USA e dell’UE calpestando l’articolo 11 della Costituzione che recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…” è attualmente impegnata con circa 30 missioni – ipocritamente definite “operazioni di assistenzacooperazione o monitoraggio” in 22 paesi per un totale di circa 8.000 militari all’estero e con una spesa annua da sostenere che supera il miliardo e duecento milioni, alla faccia dei disoccupati e dei pensionati italiani che muoiono di fame. La crisi del sistema capitalistico e le sue correlate esigenze di guerra e di espansione dei mercati richiedono sempre di più obbedienza e risposte celeri da parte dei governi asserviti agli interessi del sistema industriale, bancario e finanziario per ottenere scelte e leggi sempre più vessatorie e di repressione dei diritti di libertà e democrazia e dei bisogni di vita delle masse lavoratrici e popolari. Il governo Renzi, come quelli che lo hanno preceduto, per rispondere a tale esigenza di dominio e di sopravvivenza del capitale finanziario ha avuto bisogno di liberarsi di elementari garanzie di democrazia, di rappresentatività e di sovranità popolare contenuti dalla Costituzione del 1948 e lo ha fatto con la famigerata riforma anticostituzionale di cui al referendum confermativo del 4 dicembre prossimo. Una controriforma della Costituzione vigente che per celerità di decisioni assegna il potere legislativo alla sola Camera dei deputati sopprimendo la doppia lettura delle leggi da parte del senato; che affida il governo del paese nelle mani di un solo uomo e di un solo partito, esattamente com’era nel ventennio della dittatura mussoliniana, grazie anche alla scandalosa legge elettorale di stampo fascista, detta Italicum, che consente, col premio di maggioranza del 54% dei deputati, di vincere le elezioni finanche col circa 25% dei voti validi e il consenso di appena il 15% degli italiani, considerato l’elevato numero degli astenuti; che abolisce il Senato elettivo, che sarà nominato dalle regioni, ma che manterrà l’immunità parlamentare e le spese di funzionamento; che permette al governo di un solo uomo e un solo partito di decidere l’elezione del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura; che abolisce il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, ente pubblico incaricato dell’elaborazione della legislazione economica e sociale, lasciando tale importante compito nelle mani rapinatrici del capitalismo nazionale e multinazionale, con tutte le conseguenze di disoccupazione e miseria che conosciamo. E ancora, una controriforma che nulla o poco risparmia, perché non si toccano i ricchi stipendi e i privilegi degli eletti o nominati nelle istituzioni della Repubblica; che stravolge e paurosamente depotenzia persino la natura democratica borghese della Costituzione del 1948, scaturita dalla lotta antifascista, dalla Resistenza armata e dalla Guerra civile di Liberazione del paese dal fascismo e dal nazismo, intaccandone consistentemente i principi fondamentali del vivere umano e civile del nostro popolo e avviando l’Italia verso una nuova dittatura personalizzata e centralizzata della borghesia, che comprometterà sempre di più persino le libertà e i diritti di agibilità democratica, utili alla lotta del proletariato italiano per conquistarsi una vita dignitosa, il potere politico e il nuovo e superiore ordine sociale socialista. La verità è che le sanguisughe parassitarie del sistema capitalistico, industriali, banchieri, finanzieri, mercanti e usurai vari, ritengono la nostra Costituzione borghese – le cui libertà noi comunisti utilizziamo e difendiamo solo in quanto base utile per favorire il passaggio rivoluzionario alla democrazia e alla Costituzione socialista troppo democratica e garante della partecipazione popolare alla gestione degli affari pubblici. Per questo hanno chiesto e ottenuto dal governo Renzi di modificarla. L’esito del referendum condizionerà il futuro politico e sociale del nostro Paese e le sorti del nostro popolo lavoratore disumanamente sfruttato. La sciagurata vittoria del SI’ ci riserverebbe un tragico futuro di dittatura senza maschera della classe dominante, di repressione e di ulteriore miseria sociale, mentre l’auspicata vittoria del NO ci darà la possibilità di continuare più agevolmente e proficuamente la battaglia per una esistenza migliore, di mantenere e ampliare i diritti e le conquiste sociali realizzate nell’ultimo settantennio e di avanzare più agevolmente verso la liberazione dalla dittatura capitalistica e la conquista di quella proletaria. Ci sono tutte le condizioni perché vinca il NO, ma occorre un impegno concreto e consistente da parte di tutte le forze politiche e sociali classiste, democratiche e popolari schierate per il NO. L’esatto contrario della politica inconsistente e ambigua dei capi socialdemocratici e riformisti! Dobbiamo spiegare bene ai lavoratori e a tutti i cittadini le ragioni storiche, politiche, sociali e civili del NO. Dobbiamo votare NO e intensificare la mobilitazione e la lotta di massa contro i “poteri forti” nazionali e internazionali, che la controriforma costituzionale hanno sollecitato e voluto e sciaguratamente ottenuto dal PD, da Renzi e dal suo governo clericale e padronale; contro lo scellerato cosiddetto Jobs Act, che ha abolito il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e consentito ai padroni di licenziare i lavoratori a proprio piacimento; contro la decisione del governo di autorizzare lo sfruttamento in profondità dell’energia geotermica senza il parere delle regioni e dei comuni sull’impatto ambientale e la sicurezza sismica e sociale; contro la piaga della disoccupazione, in modo particolare di quella giovanile; contro la pessima riforma della scuola, che ha indebolito il ruolo democratico degli organismi di partecipazione e di autogoverno e rafforzato il potere autoritario e insindacabile dei presidi, oltre ad aver spinto ulteriormente in avanti l’indecoroso processo di privatizzazione della scuola pubblica italiana; contro le pensioni di fame, non solo di quelle minime, ma di tutte le altre che non consentono di vivere una vecchiaia dignitosa; contro la svalutazione del potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni; contro l’aumento delle tasse e dei servizi pubblici; contro la privatizzazione del patrimonio pubblico; contro i disservizi e le carenze strutturali nei trasporti marittimi e terrestri e nella sanità; contro i tagli all’indennità di disoccupazione, alla previdenza e all’assistenza sociale; contro l’aumento progressivo del ritmo di sfruttamento del lavoro nelle aziende industriali, agricole e commerciali e contro tutti gli altri mali di questo infame sistema sociale capitalistico. Nulla giustifica il SI’, tutto invita a votare NO. Il Comitato Nazionale di Unità MarxistaLeninista (CONUML) è totalmente impegnato nella campagna referendaria per la vittoria del NO e lo fa all’interno della sua totale autonomia ideologica e politica rispetto a tutte le forze borghesi del centrodestra e centrosinistra schierate opportunisticamente e per propri fini di potere a favore del NO. Noi consideriamo la lotta per il NO un momento storico importante della battaglia più generale che condurrà alla rivoluzione socialista nel nostro paese. Riteniamo che l’auspicata vittoria del NO debba favorire l’unità dei comunisti, il Fronte Unico della classe operaia e la costruzione di un Fronte Unito di tutte le forze anticapitalistiche e antimperialistiche, democratiche e progressiste, per sconfiggere i disegni reazionari e avviare nel nostro paese una fase rivoluzionaria che conquisti il potere politico al proletariato per costruire la società socialista, dove, finalmente, le donne e gli uomini saranno veramente e concretamente liberi e protagonisti del loro destino sociale. Dobbiamo riprendere e rilanciare il processo storico di cambiamento della vita sulla Terra avviato dalla Rivoluzione Socialista d’Ottobre in Russia del 7 novembre 1917, dobbiamo lavorare per far trionfare la seconda ondata della gloriosa rivoluzione proletaria socialista temporaneamente sconfitta col ventesimo congresso del PCUS nel 1956 ad opera infame del revisionismo e dell’opportunismo interni al movimento comunista e operaio nazionale e internazionale, portavoce ed esecutori della volontà della borghesia. L’odierna migrazione di popoli interi a causa di guerre, fame, malattie e repressioni, le guerre imperialistiche in numerosi paesi, la distruzione delle risorse naturali e ambientali del pianeta ad opera dello sfruttamento dissennato da parte delle multinazionali imperialistiche, che stanno mettendo a rischio la stessa sopravvivenza dell’umanità, il ritorno minaccioso di nuove dittature fasciste e naziste, il disastro di una possibile terza guerra mondiale atomica e distruttiva dell’intero pianeta che il capitalismo e l’imperialismo utilizzeranno come ultima possibilità per trascinare l’umanità nel loro abisso, sono mali e pericoli gravissimi che possono essere combattuti e sconfitti solo con la lotta di classe e rivoluzionaria delle masse proletarie di tutti i paesi della Terra e la vittoria del socialismo e del comunismo. A questa via di salvezza dell’umanità non c’è alternativa. Ora come obiettivo immediato cerchiamo di far trionfare il NO, per esigere le dimissioni immediate del governo Renzi, la rottura con le criminali politiche borghesi finora seguite e l’avvio di una politica di pace, di lavoro, di vera democrazia e uguaglianza sociale, che solo un governo espressione del potere della classe operaia e di tutti gli sfruttati potrà attuare. Dinanzi all’occupazione permanente della televisione e della radio pubbliche da parte di Renzi e del suo governo, che con chiacchiere e illusioni cercano di convincere gli italiani a votare SI’, dinanzi ai ricatti, alle minacce e alle ingerenze del capitale e delle sue istituzioni, il CONUML rivolge un appello a tutte le forze comuniste, lavoratrici e progressiste del nostro paese a intensificare l’impegno per il NO spiegandone le sue ragioni di classe. Raggiungiamo quei votanti che non ancora conoscono le conseguenze nefaste di un’eventuale vittoria del SI. Spieghiamo anche bene che noi marxistileninisti della Costituzione borghese del 1948 difendiamo unicamente le conquiste progressiste in essa contenute e necessarie per proseguire la lotta verso la sconfitta del potere e del sistema capitalistico e la conquista del potere proletario e del socialismo. VOTIAMO ”NO” ALLA CONTRORIFORMA COSTITUZIONALE PER DIFENDERE E ALLARGARE GLI SPAZI DI DEMOCRAZIA E I DIRITTI CIVILI, SEPPUR DI NATURA BORGHESE, CONQUISTATICI CON LA DURA LOTTA ANTIFASCISTA, LA RESISTENZA ARMATA E LA GUERRA DI LIBERAZIONE DAL FASCISMO, DAL NAZISMO E DALLA MONARCHIA! CHE LA VITTORIA DEL “NO” COSTRINGA RENZI E IL GOVERNO, ILLEGITTIMI, A DIMETTERSI E SEGNI LA RIPRESA DI UN PROCESSO RIVOLUZIONARIO CHE CONDUCA ALLA RIVOLUZIONE PROLETARIA E AL SOCIALISMO! Roma, 16 novembre 2016. COMITATO NAZIONALE DI UNITA’ MARXISTALENINISTA Partito Comunista Italiano MarxistaLeninista Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia Visitate il nostro sito: www.conuml.weebly.com La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 "LA GRANDE SORPRESA" di Mario Albanesi A non farsi cogliere di sorpresa dalla vittoria di Donald Trump sono stati quei pochi mezzi di informazione alternativi che usi a dire la verità sono portati ad esaminare con maggiore attenzione lo svolgersi degli avvenimenti. "LA GRANDE SORPRESA" "POVERO CARTER" di Mario Albanesi Pensavamo che Jimmy Carter, l’ex presidente degli Stati Uniti fosse una persona equilibrata invece ci ha sorpreso appendere che appoggia nella corsa alla Casa Bianca una squilibrata guerrafondaia piena di risentimenti. "POVERO CARTER" Referendum, menzogna contro democrazia di Lorenza Carlassare, da MicroMega 3/2016 Le ragioni del «no» sono persino troppe. Una forte mobilitazione è indispensabile per opporsi a una riforma costituzionale costruita sul falso e sull’inganno che cela la sua reale sostanza, antidemocratica e illiberale, con trucchi miserabili. Lunga è la catena dei «falsi», a cominciare dagli obiettivi dichiarati: 1. Fine del bicameralismo paritario è l’ingannevole slogan. Ma il Senato, in posizione di parità con la Camera esattamente come adesso, partecipa ancora alla più alta forma di legislazione, la revisione della Costituzione e in molti casi alla legislazione ordinaria. Si approvano infatti secondo le regole del bicameralismo paritario leggi di forte rilievo politico: elezione del Senato (art. 55), referendum, Unione europea, ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di senatore, elezioni e ordinamento di comuni e città metropolitane, e altre ancora (art. 70, comma 1). Il Senato, inoltre, in modi vari e differenziati, ha voce sulla legislazione intera. 2. Falso è anche l’altro facile slogan: iter legislativo semplificato, mentre l’unica semplificazione non riguarda il procedimento legislativo, ma la fiducia al governo che sarà data dalla sola Camera. Basta leggere i commi 34 del nuovo articolo 70 per rendersi conto di come l’iter legislativo venga «semplificato»: «Ogni disegno di legge approvato dalla Camera deve essere immediatamente trasmesso al Senato», il quale, entro dieci giorni, può disporre di esaminarlo, e, nei trenta giorni successivi «può deliberare proposte di modifica del testo», e in tal caso si torna alla Camera per la pronuncia «definitiva». Lo schema ha però alcune varianti; a seconda della materia su cui verte la legge e dell’atteggiarsi dei consensi, si prevedono iter legislativi diversi per tempi, termini e maggioranze. In conclusione, per «semplificare», al procedimento attuale si sostituisce una pluralità di procedimenti – sette dice Gaetano Azzariti che ha avuto la pazienza di contarli – più l’ulteriore variante di un possibile intervento del governo nel procedimento legislativo (art. 71, ultimo comma). Incertezze e confusioni apriranno conflitti, che la riforma stessa ritiene inevitabili preoccupandosi di indicare chi dovrà comporli: i presidenti di Camera e Senato d’accordo fra loro. E se non trovassero l’accordo? Una «semplificazione complicante», la si potrebbe definire! 3. È falso che il Senato conti poco e non abbia funzioni di rilievo, come si ripete per toglier peso alle critiche verso la sua inqualificabile composizione (consiglieri regionali che si eleggono fra loro ed eleggono 21 sindaci!). Minimizzarne il ruolo fa parte dell’inganno. Tanto rumore per nulla è l’idea che si vuole accreditare: è inutile perder tempo a discutere sulla composizione di un organo che non conta nulla, che fa cose poco importanti. L’argomento, che si ritorce contro chi lo propone – se il Senato non serve a nulla, perché non abolirlo eliminando le enormi spese di apparato, servizi, sede? – è assolutamente falso. Il Senato partecipa intanto alla funzione legislativa, la più importante funzione da sempre riservata al popolo sovrano o ai suoi rappresentanti che un sistema democratico non consente sia affidata a un organo scollegato dai cittadini. Proprio questa funzione rende quella composizione più difficile da giustificare, per il costante collegamento di essa con il popolo; un principio PAGINA 9 antico che attraversa la storia, dai pensatori medievali come Marsilio da Padova, ai massimi giuristi della modernità come Hans Kelsen. L’affermazione di poter fare, da solo, le leggi del suo regno fu una delle accuse a Riccardo II, che poi ritorna negli atti di deposizione di Giacomo II e Carlo I. E su quel principio, risalente agli albori della storia, si basa per intero la nostra struttura costituzionale: la sovranità – disse Meuccio Ruini alla Costituente – «spetta tutta al popolo», e dunque, «il fulcro dell’organizzazione costituzionale» è nel parlamento «che non è sovrano di per sé stesso, ma è l’organo di più diretta derivazione del popolo: e come tale […] ha la funzione di fare le leggi». L’anomala composizione del Senato figlio della riforma, in una democrazia non è assolutamente compatibile con le funzioni ad esso attribuite. Ma il governo non ha consentito ripensamento alcuno. Al Senato, oltre alla legislazione, restano altre rilevanti funzioni co stituzionali come l’elezione del presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali; e qui, addirittura, grazie alla riforma, il Senato aumenta il suo peso e i senatori diventano determinanti in una scelta tanto delicata per l’equilibrio delle istituzioni di garanzia. 4. È falso che la riforma aumenti le garanzie, come si insiste a dire della modifica delle maggioranze necessarie all’elezione del presidente della Repubblica, organo di garanzia che deve essere super partes. Ad evitare che diventi, invece, espressione della maggioranza di governo la Costituzione esige un ampio consenso: per le prime tre votazioni la maggioranza dei due terzi, dal quarto scrutinio in poi, la maggioranza assoluta dei componenti. La riforma invece, a partire dal settimo scrutinio, prescrive la «maggioranza dei tre quinti dei votanti». La modifica è presentata come un vanto della riforma; sostituendo la maggioranza assoluta (metà più uno) con i tre quinti – si dice – si alza il quorum necessario all’elezione del capo dello Stato e dunque si aumenta la garanzia. Una falsità anche questa, ma il trucco è evidente: la nuova maggioranza richiesta è di tre quinti dei «votanti», non più dei «componenti»; il che fa una bella differenza! La norma svuotata di senso rende agevole al governo e ai suoi fedeli eleggere («portarsi a casa», nel linguaggio del premier e della sua ministra) un presidente su misura. Nel segno del comando, si potrebbe dire, dell’unico comando, che non deve trovare ostacoli sul suo cammino; tantomeno un capo dello Stato indipendente, garante della Costituzione! Ma è solo un tassello del disegno complessivo. Sempre in tema di istituzioni di garanzia, nella legge di riforma la competenza a eleggere cinque giudici della Corte costituzionale non è più del parlamento in seduta comune; tre li elegge la Camera, che ha 640 membri, e due il Senato che ne ha 100. I numeri parlano. Il divario di potere tra Camera e Senato è evidente, com’è evidente la voglia di mettere le mani sulla Corte attraverso i senatori, «uomini di paglia», la cui obbedienza è persino più sicura di quella di deputati, eletti con una legge truccata, ma pur sempre «eletti» dal popolo. 5. È falso che la riforma costituzionale non cambi la forma di governo. È vero che il testo non ne parla, ma il trucco è proprio qui. La trasformazione risulta da un disegno complessivo il cui perno non è la riforma costituzionale ma la legge elettorale, approvata anch’essa con frenetica velocità perché, senza l’Italicum, la riforma costituzionale non poteva raggiungere l’obiettivo finale: verticalizzare il potere e gestirlo senza ostacoli e limiti. Siamo di fronte a un doppio inganno (o doppia «furbata»): il primo sta nel modificare la forma di governo in modo indiretto (e meno appariscente) con legge ordinaria, la legge elettorale e il suo bel «premio», perno di tutto. Il secondo inganno sta nell’apparente rispetto della condizione richiesta dalla Corte costituzionale per l’attribuzione del premio, l’indicazione di una «soglia». Ma la soglia del 40 per cento prevista dall’Italicum è del tutto fittizia, è apparenza pura, scritta per non mostrare in modo vistoso il contrasto con la sentenza 1/2014. Il 40 per cento in realtà non interessa a nessuno, è un semplice schermo; se non lo si raggiunge, interviene infatti il ballottaggio per il quale nessuna soglia è richiesta. Il trucco è qui, attraverso il ballottaggio il legislatore ha aggirato la sentenza costituzionale: le due liste più votate partecipano qualunque percentuale abbiano ottenuto al primo turno. Così, anche conseguendo un risultato modesto (il 20 per cento o meno) chi vince piglia tutto, e una minoranza esigua, grazie al premio, può dominare il sistema intero: parlamento, governo, istituzioni di garanzia. Il ballottaggio è la chiave per cambiare la forma di governo, per arrivare in modo traverso all’elezione diretta del premier. Due liste vi partecipano e, nella competizione a due, il vincitore, forte della vittoria, tenderà ad attribuire al voto popolare il valore di un’investitura personale. Così il ballottaggio, fase finale del procedimento di elezione della Camera dei deputati, assumerà il senso di una decisione popolare finalizzata a investire di potere il governo e il suo capo. Il quale – come già Berlusconi – potrà definirsi «l’unto del Signore». Senza mutare il testo si supera la forma di governo parlamentare; e non per avvicinarsi al modello presidenziale americano col suo sistema di «freni e contrappesi», di limiti reciproci fra «poteri» rigorosamente separati e indipendenti, ma piuttosto al modello autoritario novecentesco che l’Italia ha costruito ed esportato. 6. È falso che la riforma non tocchi la forma di Stato: la democrazia costituzionale ne risulta travolta. Travolta per primo è il sostantivo, «democrazia». I cittadini alla fine sono rimasti senza voce: con un Senato non più eletto dal popolo ma da consiglieri regionali che si eleggono fra loro; con le province abolite che però funzionano ma senza un organo eletto dai cittadini; con una Camera dove, alterata la rappresentanza, domina una maggioranza artificiale creata distorcendo l’esito del voto. Una Camera in cui una simile maggioranza – che può essere una minoranza esigua – è in grado di dominare le istituzioni tutte estendendo la sua influenza oltre la sfera politica, alle stesse istituzioni di garanzia. Così un gruppo di potere può dominare senza trovare limiti politici – le altre forze sono ridotte all’irrilevanza – e neppure limiti giuridicocostituzionali. Neutralizzati i contrappesi del sistema costituzionale repubblicano, nessun limite infatti è stato creato dal nuovo sistema per contenere l’enorme potere prodotto dai meccanismi distorsivi; nessun freno è posto al concentrarsi di potere nel governo e nel suo capo cui il parlamento non si contrappone, obbedisce. Troppo forte è il vincolo creato dai meccanismi elettorali perché i parlamentari, legati a doppio filo a un vertice da cui dipende la loro rielezione, possano mostrarsi indipendenti. «Democrazia costituzionale» rischia così di divenire espressione vuota: travolto il sostantivo, è travolto anche l’aggettivo che la qualifica. Il potere, senza limiti e freni, potrà dispiegarsi liberamente, alla faccia del costituzionalismo, della separazione dei poteri, degli «immortali princìpi del 1789», che Mussolini odiava. Non dobbiamo permetterlo! Il referendum non è – non deve essere – scontro su una persona: non interessa la sorte di Renzi, interessa salvare la «democrazia costituzionale», i nostri diritti, i valori repubblicani. Un triste conformismo vela la vita della Repubblica; la libera stampa, l’informazione tutta già ne risente. Vogliamo liberarci dal pericolo che la nebbia offuschi il nostro orizzonte. La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 Cuba ricorda Yaser Arafat nell’anniversario della sua morte PAGINA 10 passo con il superamento dei suoi limiti: che sono stati limiti di dialettica nel modo di pensare. In questo spirito noi salutiamo la compagna comunista Adriana Chiaia! L’Avana, 11 nov (Prensa Latina) Istituzioni ed organismi di solidarietà cubani resero omaggio al leader palestinese Yaser Arafat, commemorandosi oggi il 12° anniversario del suo decesso. Dopo collocare un’offerta floreale nel busto di Arafat ubicato nel municipio Playa de L’Avana, il presidente dell’Associazione di Amicizia cubano arabo, Rodrigo Alvarez Cambra, espresse che Arafat costituisce un simbolo dell’unità delle forze politiche per il riconoscimento dello stato palestinese. Da parte sua l’ambasciatore della Palestina a Cuba, Akram Samhan, l’amicizia coltivata tra i due paesi risaltò, specialmente, tra l’anche premio Nobel della Pace ed il leader storico della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro. Inoltre, riaffermò la volontà delle nuove generazioni palestinesi di continuare la lotta per il diritto ad essere uno Stato sovrano ed indipendente, con l’esempio di chi costituisce un simbolo di nazionalismo, unità, resistenza e fermezza. Ig/vdf Per onorare la memoria della compagna, in alto la bandiera della rinascita del movimento comunista! Monumento a Camilo Cienfuegos, omaggio all’Eroe di Yaguajay Dopo 57 anni dalla sua scomparsa fisica, la figura del Comandante dell’Esercito Ribelle, Camilo Cienfuegos, continua legata alla storia della parte centrale di Cuba. La battaglia vinta da Cienfuegos alla fine del dicembre del 1958 a Yaguajay, a nord della provincia di Sancti Spiritus, rappresenta una delle vittorie più importanti per il trionfo della Rivoluzione Cubana. Erano gli ultimi giorni di dicembre del 1958 quando durante 11 giorni, il Comandante insieme ad un centinaio di uomini hanno avuto lo scontro più esteso che sia capitato in questa parte dell’isola ed hanno liberato uno degli ultimi territori che era sotto il dominio della tirannia di Fulgencio Batista. Con l’occupazione di questa città, il combattente è stato consacrato come “L’Eroe di Yaguajay”, appellativo che lo accompagna fino ad oggi a quasi sei decade dalla sua morte. La figura di questo uomo dell’Esercito Ribelle prevale nella storia di Cuba data la sua umiltà, giovialità e il carattere di leader, perciò viene anche ricordato come “Il Signor dell’Avanguardia” o “Il Comandante del Popolo”. A Yaguajay, particolarmente, la sua immagine è venerata per la sua determinazione e per la strategia con cui ha comandato la battaglia che si è svolta in questo luogo, che è stata considerata tra le più importanti nell’offensiva finale dell’Esercito Ribelle. Nello stesso luogo in cui alla fine del 1958 è scoppiata questa battaglia si alza oggi il centro storicoculturale Camilo Cienfuegos, Monumento Nazionale che include il Museo dallo stesso nome, una scultura di bronzo del leader e il Mausoleo del Fronte Nord di Las Villas. RICORDO IN PIETRA, BRONZO E MARMO Questa istallazione che inizialmente era conformata dalla scultura e dal Museo, è stata inaugurata dal Presidente Raul Castro, allora Ministro delle Forze Armate Rivoluzionarie, l’8 ottobre 1989. Nella stessa data nel 2009, quando si è celebrato il 50°anniversario della scomparsa del “Signor dell’Avanguardia”, è stato istaurato il Mausoleo del Fronte Nord di Las Villas dove arde la fiamma eterna, accesa in quell’occasione, sempre da Raul Castro. All’entrata del congiunto, si incontra la scultura di bronzo alta cinque metri e che pesa cinque tonnellate, preceduta da una piazza che può agglutinare 30mila persone. L’opera dell’artista Thelvia Marin, presenta Camilo, vestito con la divisa da campagna, usando il grande cappello che lo distingueva dalla sua entrata nell’Esercito Ribelle e con lo sguardo rivolto verso l’antica caserma della Guardia Rurale, dove si trovavano le forze nemiche durante la battaglia. Secondo quanto ha rivelato Marin, per fare la scultura si è ispirata nell’ultima fotografia fatta al guerrigliero prima della vittoria definitiva nello stesso luogo dove si erige oggi la statua. Il Museo ha una collezione con più di 500 oggetti, inclusi documenti, vestiti, armi da fuoco, una collezione di fotografie originali ed un archivio filmico dell’eroe e di altri compagni di lotta. Tra i più pregiati c’è un piccolo fucile, l’unico giocatolo riscattato dall’infanzia di Camilo, una mitraglietta Thompson utilizzata nella battaglia di Yaguajay e la sua uniforme da campagna per l’invasione ad Occidente. Inoltre, si conserva mummificato il cavallo grigio con cui “Il Signor dell’Avanguardia”, da quella città arrivò fino a L’Avana, dirigendo un gruppo di cavalleria di contadini che venivano ad assistere al primo atto per il 26 luglio dopo il trionfo della Rivoluzione. Nella parte posteriore del congiunto c’è il Mausoleo che comprende più di 10 ettari di terra e possiede 180 loculi dove sono custoditi i resti dei combattenti delle lotte di liberazione. Tra i sepolcri, quello dedicato a Camilo è coperto di marmo rosso ed ha una rappresentazione in bronzo del mare, di un fiore e del grande cappello, per ricordare il tributo che i cubani rendono all’eroe ogni 28 ottobre, lanciando fiori al mare. Tutto intorno, 27 palme reali, albero nazionale di Cuba, rappresentano l’età con cui l’eroe è morto quando è scomparso nel 1959. Allo stesso modo, sei muri di pietra “jaimanita” e marmo disposti nel luogo simbolizzano i territori dell’antica divisione politicoamministrativa che hanno tributato patrioti al Fronte e innumerevoli fiori rossi della specie Acalypha hispida ricordano il sangue sparso nella lotta. Tre fucili di bronzo che sopportano lo Scudo Nazionale rappresentano le tre forze rivoluzionarie che integrano il Fronte Nord di Las Villas: i distaccamenti: Marcelo Salado, del Movimento 26 Luglio, Maximo Gomez, del Partito Socialista Popolare e la Colonna due Antonio Maceo, comandata da Camilo. Un altro fatto, sempre allegorico, è che sopra un muro si legge una frase dell’Eroe di Yaguajay che ricorda il suo spirito solidale e umano: “Quelli che lottano, non importa dove, sono i nostri fratelli”. Elizabeth Borrego Rodriguez, corrispondente di Prensa Latina a Sancti Spiritus Gli insegnamenti della vita e dell’opera di Adriana Chiaia Il 27 ottobre è morta Adriana Chiaia (19252016) e molti hanno chinato la testa o levato il pugno per salutare una compagna che ha dato molto alla causa della rinascita del movimento comunista. Noi uniamo il nostro saluto al loro. Adriana Chiaia ha partecipato con passione e intelligenza agli inizi della lotta che ha portato alla costituzione della Carovana del (nuovo) Partito comunista italiano. Questa storia inizia, come ben illustrato nel cap. 2.1.3 del nostro Manifesto Programma, negli anni ’80 quando fummo posti di fronte al fallimento dei primi tentativi di ricostruzione del partito comunista, in particolare dei due più importanti tentativi: quello del movimento marxistaleninista (Nuova Unità) e quello delle Brigate Rosse. Adriana fu tra i promotori del Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione e del suo organo di stampa IL BOLLETTINO e tra gli animatori del Convegno sulla repressione tenuto il 3031 maggio 1981 alla Palazzina Liberty di Milano, ospiti di Franca Rame e Dario Fo. Il Convegno chiamò alla lotta contro il pentimento e la dissociazione e alla solidarietà con i prigionieri politici che resistevano alla ferocia della Repubblica Pontificia, in gran parte compagni delle Brigate Rosse. Eredità del Convegno è l’opuscolo Toni Negri, ovvero del soggettivismo e del gradualismo, presentato dal Comitato Giuliano Naria (poi diventato CoProCo, Comitato di Propaganda Comunista) di cui Adriana era membro. Erano gli anni di cui nel 1988 farà il bilancio Pippo Assan nell’opuscolo Cristoforo Colombo di cui abbiamo parlato anche recentemente nell’Avviso ai naviganti 61. Senza il concorso di Adriana difficilmente avrebbero visto la luce le pubblicazioni della Giuseppe Maj “Editore”, tra cui ricordiamo I fatti e la testa (1983) del CoProCo, Il proletariato non si è pentito (1984) a cura di Adriana Chiaia, Politica e Rivoluzione (1984) di Andrea Coi, Prospero Gallinari, Francesco Piccioni e Bruno Seghetti, La nostalgia e la memoria (1986) di Sante Notarnicola. Infine Adriana è stata tra i fondatori delle Edizioni Rapporti Sociali e della rivista Rapporti Sociali il cui numero zero, Don Chisciotte e i mulini a vento uscì nel 1985, anno in cui Adriana fece l’esperienza del carcere speciale di Voghera. Fu all’inizio degli anni ’90 che Adriana si staccò dalla redazione di Rapporti Sociali e dall’impresa che scaturì dalla rivista attraverso la pubblicazione delle Opere di Mao Tse tung (25 volumi pubblicati tra il 1991 e il 1994): la creazione dei CARC prima (1993) e la creazione della Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano poi (gennaio 1999). La discussione dei motivi del distacco di Adriana dalla nostra opera ci ha aiutato a capire meglio la nostra opera stessa. Adriana si staccò perché, irriducibile nella denuncia della deviazione revisionista, non aveva abbastanza fiducia nella rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. Era per la resistenza, ma non aveva fiducia che saremmo ripartiti all’attacco. Questa fu in sintesi la ragione profonda del suo abbandono della lotta che avevamo iniziato insieme. La confermano anche la successiva partenza e la lunga permanenza di Adriana a Cuba che della resistenza era diventata il simbolo. La conferma anche il lavoro che Adriana ha fatto dopo il ritorno da Cuba, per Zambon Editore, tutto incentrato sulla difesa dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e sulla lotta contro le denigrazioni di ogni genere portate fin nelle file della sinistra borghese: basti ricordare gli infami Fausto Bertinotti e Paolo Ferrero. Ci siamo chiesti a fondo i motivi per cui una compagna come Adriana Chiaia, della cui integrità morale e della cui intelligenza abbiamo avuto esperienza diretta, non aveva fiducia nella rinascita del movimento comunista a cui tuttavia di fatto ha contribuito. In sostanza la questione è che la rinascita del movimento comunista non si fonda solo sulla vecchia verità del movimento comunista, dell’eroismo profuso nel suo primo “assalto al cielo” e dei grandi risultati raggiunti nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria. Si fonda anche sulla comprensione dei limiti che hanno impedito al movimento comunista di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti nel corso della prima crisi generale del capitalismo (19001945). Chi non capisce questi limiti, non riesce ad aderire e partecipare a fondo alla rinascita, ad avere piena fiducia in essa e a lavorarvi con successo, serenità e felicità. La storia della sua vita aveva formato Adriana alla resistenza e alla difesa intransigente dei valori più avanzati elaborati dall’umanità. Non l’aveva formata alla duttilità della dialettica. Adriana era nata a Bari da un’insegnante figlia di quella stirpe di funzionari sabaudi che “avevano fatto l’Italia” e da un nobile meridionale gaudente e scialacquatore con cui la madre aveva ben presto rotto ogni rapporto nonostante gli usi e costumi del tempo. Adriana si era formata nella Bari del periodo fascista alla scuola di sua madre. Questo l’aveva portata all’adesione al movimento comunista appena approdata a Milano come neolaureata professoressa di matematica. Tener ferma la posizione del movimento comunista contro i revisionisti favoriti dal boom economico le fu per così dire facile. Avere la libertà e la duttilità di pensiero necessarie per concepire la rinascita del movimento comunista nonostante i fallimenti dei primi tentativi di ricostruzione (movimento ml e Brigate Rosse) le era più difficile. L’esperienza e l’opera di Adriana Chiaia contengono quindi importanti insegnamenti per tutti quei compagni che aspirano al “ristabilimento dei principi” del movimento comunista, riconoscono il suo eroismo e difendono la sua memoria, ma trascurano la ricerca dei limiti per cui la prima ondata della rivoluzione proletaria si è esaurita: i limiti illustrati nel nostro Manifesto Programma e in tanta parte della letteratura del (n)PCI. Solo chi capisce quei limiti, capisce che siamo in grado di fare quello che ieri nonostante tanto eroismo non fu fatto e si mette a farlo con serenità e determinazione. Il riconoscimento e l’esaltazione della rigorosa e intransigente difesa dei principi e della verità di cui Adriana è fulgido esempio, devono andare di pari La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 In questa pagina potete trovare articoli molto interessanti, che non hanno trovato spazio in questo numero de La VOCE, ma di cui consigliamo ugualmente la lettura. AFRICA ... AMERICA L’ Impensabile è diventato realtà:Trump alla Casa Bianca. Intervista con Noam Chomsky Tempo fa, il famoso intellettuale Noam Chomsky aveva avvertito che il clima politico negli Stai Uniti era maturo per la nascita di uma figura autoritaria. Ora, in questa intervista, spiega quali saranno le consegeunze di questa elezione. Lo stato moribondo del sistema politico Usa e perchè Donald Trump è una vera e propria minaccia per il mondo e il pianeta in generale. Lo stratega(xenofobo?)di TrumpUsa, il ciclone Steve Bannon L’incendiario che ha demolito i repubblicani e anche Hillary Corriere.it Gli avvoltoi sulla bara di Fidel CINA ... EUROPA “In Polonia si sono poste le basi per l’instaurazione di uno stato totalitario” Dal suo arrivo al potere il partito Diritto e giustizia (Pis) mette a dura prova le basi dello stato di diritto, afferma il leader del Comitato per la difesa della democrazia (Kod), che guida le proteste antigovernative e filoeuropee degli ultimi mesi e che ha appena ricevuto dal parlamento europeo il premio Cittadino europeo. Renzi, fenomenologia di un imbonitore di Matteo Pucciarelli Seppelliamo sotto una valanga di “NO” la controriforma costituzionale Scarpinato: “La riforma Renzi è oligarchica e antipopolare” Grazie a meccanismi la cui comprensione sfugge al cittadino medio, il vero obiettivo della RenziBoschi è una transizione occulta da un repubblica parlamentare imperniata su sovranità popolare, centralità del Parlamento e separazione dei poteri, ad un regime nel quale il potere reale si concentra nelle mani di una oligarchia partitica che occupa il cuore nevralgico dello stato. Il fine? Assicurare la migliore consonanza ai diktat della Commissione europea, della Bce e alle pretese dei mercati. Intervista al generale Fabio Mini* di Rossella Guadagnini “No a riforma che sottrae al Parlamento decisione su dichiarazione di guerra” Riforme, democrazia, governabilità e inganni. Ne parliamo con una voce fuori dal coro, un uomo che per 46 anni è stato nelle Forze Armate e oggi si definisce molto progressista. Ci racconta di una legge ‘immaginaria’ e di un Parlamento ‘defraudato’, di una maggioranza non rappresentativa del Paese e di una ‘guerra fredda interna’ all’Italia. Di spazi informativi pubblici a favore del marketing governativo e di una grande festa della disunità a cui, volenti o no, siamo tutti invitati. I valori supremi della Costituzione traditi dalla riforma La Corte Costituzionale ha affermato che ci sono dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione, che non possono essere sovvertiti o modificati nemmeno da leggi di revisione costituzionale. Questi principi supremi affermati soprattutto nella prima parte della Costituzione sono in gioco nella seconda, che ne dovrebbe garantire l’attuazione; ma proprio questi sono ora disattesi o traditi nella riforma sottoposta al voto popolare del 4 dicembre. La Costituzione al servizio della finanza Il 4 dicembre andremo a pronunciarci anche sulla ridefinizione dei rapporti Statomercato in Italia. La riforma RenziBoschi accentua infatti il processo di messa al bando dell’intervento pubblico in economia, già in buona parte realizzato con la revisione dell’art. 81 della Costituzione e l’introduzione del pareggio di bilancio. MEDIO ORIENTE ITALIA Le iene puntata del 23 ottobre 2016 giarrussol’italiahale manisporchedisangue a 48 ore dal referendum Costituzione, "non vogliamo la riforma della P2". Firma l'appello Ci siamo, finalmente possiamo annunciarlo Ci siamo, finalmente possiamo annunciarlo – Aggiornamento su "Votiamo "no" al #referendumcostituzionale e fermiamo la legge elettorale" Il tradimento della sinistra di Sergio Cesaratto Lettera a mia figlia elettrice sul perché voterò No Questa riforma è un vero e proprio passo indietro della democrazia, perché l’esercizio del potere verrà di nuovo concentrato in pochi, anziché maggiormente diffuso tra i molti. E alle poche e chiare parole utilizzate dai Costituenti, si sostituisce una cascata di articoli, di norme, commi, rimandi, di estrema farraginosità e complessità. PAGINA 11 #IONONCOMPROHP – TECNOLOGIA DELL’OPPRESSIONE ISRAELIANA RUSSIA MOLDAVIA: alle elezioni presidenziali il popolo moldavo cambia rotta e cerca un'alternativa, rivolgendosi verso la Russia. Una svolta geopolitica. Il Nazismo e gli USA, dall'inizio ai giorni nostri (Ukrajna) FULVIO SCAGLIONE Se l'informazione indossa l'elmetto di FULVIO SCAGLIONE SCIENZA ... La VOCE ANNO XIX N°4 dicembre 2016 PAGINA 12