Rebecca ha 19 anni
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Rebecca ha 19 anni
Quando Oliver Sacks incontra Rebecca lei ha 19 anni. E uno sviluppo intellettivo pari a quello di una bambina di otto. Inabile alla comprensione concettuale – e di conseguenza incapace di afferrare le più elementari prassi di vita quotidiana – si muove in modo scoordinato, non distingue la destra dalla sinistra, non sa aprire una porta se c’è da girarci dentro una chiave né infilare i vestiti nel giusto verso. In più ha una forte miopia degenerativa, un problema al palato che la fa parlare con un sibilo, mani tozze e deformate. E’ un cumulo di handicap. E lo sa. Schiva e timida, nella dolorosa coscienza di sé di chi si sente grottescamente ridicolo e inadeguato. Ci sono condizioni organiche però che nel chiudere determinati accessi spalancano porte ulteriori. C’è la musica. Attraverso essa Rebecca perde la sua goffaggine e disgela danzando il suo corpo in movimenti pieni di grazia. Allo stesso terribilmente modo in frantumata mezzo alla durante i natura test la tesi sua ad identità, evidenziarne soltanto deficit e funzioni, si ricompone miracolosamente nella contemplazione di uno spettacolo che il suo mondo interiore ha la sensibilità di recepire come “un tutto coerente, intelligibile, poetico”. Seduta su una panchina a respirare la primavera non è dissimile da una fanciulla di Cechov in giardino. La poesia più di tutto la richiama con la sua forza immaginifica plasmando lei stessa come una sorta di poeta “primitivo” capace di esprimersi per metafore spiazzanti e commoventi. Così il linguaggio simbolico delle storie della Bibbia narrate dall’amata nonna diventa nutrimento quotidiano e indispensabile di cui fare continua richiesta. Fino alla morte dell’ unica figura familiare da sempre vicina. E’ nel lutto che il sé luminoso e lirico di Rebecca sprofonda tragicamente, conquistando una nuova dimensione emozionale ed etica, di sofferenza affrontata con dignità e compostezza. Una crescita che la riporta alla vita più consapevole. Basta “laboratori di sviluppo cognitivo ed ambientale”, basta lezioni frustranti e inefficaci. “Io sono come un tappeto, un tappeto vivente. Ho bisogno di un motivo, di un disegno. Se non c’è un disegno, vado in pezzi.” E quel disegno, quella struttura narrativa entro cui ricomporsi integralmente e riconoscersi, è il teatro. Attraverso cui Rebecca trova finalmente il suo posto nel mondo. A un livello “primordiale” dell’essere Rebecca è una creatura completa. Recepisce la realtà, con tutto il dolore e la bellezza ad essa connessi, attraverso un contatto concreto, immediato, che non si serve del filtro dell’astrazione e che pertanto ha un’ intensità soverchiante. E’ in presa diretta con la vita. Come i bambini, come i selvaggi. Il “mondo dei semplici”, come ben lo definisce Sacks, mi attira irresistibilmente per la sua precipua e commovente facoltà di dare senso all’ esistenza attraverso il Sentimento. E’ un mondo che pur nell’ ignoranza della schematizzazione e delle sue evoluzioni concettuali vive costantemente radicato nelle profondità dello Spirito. Possiede quel fluire armonico che è proprio d’ogni forma d’Arte nel momento in cui si avvicina alla grandezza. Mi colpisce l’abitudine a altrettanto tenere nella società preferibilmente lontano dei “normodotati” tutto questo per concentrarsi sullo sfruttamento Sfruttamento finalizzato peraltro massivo della sfera razionale. - nella maggioranza dei casi – soltanto alla mera sopravvivenza. Lungi dal desiderio di un potenziamento intellettuale le regioni della mente vengono schemi talmente incessantemente abitate da idee, pensieri, prosaici da esser ormai confortevoli come cucce. Alla larga dall’immateriale. Vorrei che questo fosse uno spettacolo sulla potenza dell’Anima. Sull’invisibile che alberga nell’essere umano. Sul nucleo radiante capace di trasfigurare una ragazza fisicamente invalida e cerebralmente menomata in luminosa, forte. Uno spazio nudo che vive attraverso le luci, un corpo in movimento, un distillato vivo di parole intrecciato al racconto di un caso clinico. All’essenza. Semplicemente. una persona integra,