Quandogliarmatori deciserodisfidare l`OceanoAtlantico

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Quandogliarmatori deciserodisfidare l`OceanoAtlantico
IL SECOLO XIX
xte / cultura
DOMENICA
14 NOVEMBRE 2010
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
Il varo del
“Città di Catania”
sulla spiaggia Sestri.
Era il 1912
ARCHIVIO FINCANTIERI
1­ DALLA FINE DELL’OTTOCENTO ALLA GRANDE GUERRA
ALBERTO QUARATI
Quando gli armatori
decisero di sfidare
l’Oceano Atlantico
ICANTIERINAVALIoggisonounareal­
tà poco conosciuta. Un mondo vagamen­
te démodé, come del resto tutto quello
che riguarda i porti e la navigazione. Un
mondo che però ha scritto alcune delle
pagine più entusiasmanti della storia in­
dustriale italiana. Nonostante l’immagi­
nedell’acciaio,dellegruedeigrandibaci­
ni, la cantieristica è un’industria delica­
ta, che si regge sulla capacità delle mae­
stranze, l’intelligenza dei tecnici e
l’abilità commerciale dei manager. Un
artigianato di altissimo livello, che ha
contribuito a costruire l’identità econo­
mica e culturale del nostro Paese. Una
storia che da oggi proviamo a raccontare,
partendo dalla produzione più impor­
tante della navalmeccanica italiana:
quella dei transatlantici, che attraverso
120 anni è arrivata a noi sotto la forma
delle grandi navi da crociera.
Primadeibacini,c’eranoartigiani,ma­
estri d’ascia. Le aree su cui insistono i
cantierisonoancoraquellesucuisièfor­
matapersecolilaculturadellacostruzio­
ne navale. Ma solo con l’Ottocento si può
parlare di un vero processo industriale.
Un processo legato alla crescita di do­
manda per navi militari e mercantili. Ma
anche, e in Italia soprattutto, per navi
passeggeri.
Il viaggio in questa storia non può che
partire da Genova e Palermo. Perché qui,
alla metà dell’Ottocento, hanno vissuto e
lavorato quegli armatori che prima di
tuttiinItaliahannocominciatoainvesti­
re sul serio, facendo uscire il mondo ar­
matoriale italiano da una realtà di piccoli
cabotaggi. Raffaele Rubattino in Liguria
e Ignazio Florio in Sicilia, sono i primi a La costruzione a Sestri Ponente del transatlantico “Giulio Cesare”, nel 1910
comprare piroscafi a vapore. Mentre
l’Italiaconsolidavailsuoprocessodiuni­
ficazione, le famose grandi famiglie ge­ America. Una massa di persone che si ri­
IL PROGETTO
novesicomincianoaseguireiduepionie­ versa soprattutto nei porti di Genova e
ri, comprando all’estero “clipper” di se­ Napoli. E che per raggiungere una nuova
UN ARCHIVIO
conda mano (non più navi a vela, ma vita,deveperforzaattraversarel’Oceano
nemmeno completamente dipendenti Atlantico. Un business fino all’inizio del
E MILLE STORIE
dal motore). Così nascono le fortune dei secolo controllato dai colossi del Nord
Lavarello, degli Oneto.
Europa che in Italia,
••• LA STORIA dei cantieri na­
Le dinastie dei Raggio,
soprattutto a Genova,
vali italiani vista attraverso le
dei Piaggio, i primi ita­
apronoleloroagenziee
navi più importanti uscite dai
I PIONIERI
liani a gestire traffici
cominciano il processo
bacini della nostra penisola.
conilSudAmerica.Alla Rubattino, Lavarello, di internazionalizza­
Questo il progetto che parte
fine del secolo queste
zione della città.
oggi con il Secolo XIX, in col­
Raggio, Piaggio:
società si fondono, cre­
Ci sono alcuni arma­
laborazione con il gruppo Fin­
ando la prima grande
tori
stranieri,
come
il
cantieri, che apre così una fi­
così sorsero
compagniadelPaese:la
leggendarioAlbertBal­
nestra sul suo corposo archi­
intere dinastie
Navigazione Generale
lin ­ l’artefice della po­
vio storico.
Italiana (Ngi). Soldi e
tenzamarittimadiAm­
La prima serie di puntate ri­
industriali
testa a Genova ma sede
burgo ­ che in Italia
guarderà l’evoluzione dei
a Roma, flotta da 81 pi­
aprono
numerose
transatlantici (dagli esordi fi­
roscafi: la seconda del Mediterraneo, la compagniedinavigazioneacapitalestra­
no all’attualità, con le navi da
quarta al mondo. Il business più promet­ niero. La prima compagnia a chiamarsi
crociera).
tente, era quello dell’immigrazione. Dal Italia di Navigazione è tedesca: control­
Successivamente, l’obiettivo
1880 alla prima guerra mondiale sono 14 lata proprio dalla Hamburg Amerika Li­
si allargherà alla produzione
milioni le persone che decidono di ab­ nie(Hapag)diBallin.Iprimiclipperaeli­
traghetti e mercantile.
bandonare l’Italia per cercare fortuna in ca italiani sono costruiti a Sestri Ponen­
“CittàdiMilano”eil“CittàdiTorino”.Le
costruiranno, tra il 1897 e il 1898 i cantie­
ri Odero, alla Foce e a Sestri Ponente.
Viaggiano a 14 nodi di velocità, pesano
3.400 tonnellate e possono trasportare
888 persone, 138 passeggeri di prima
classe e 750 emigrati. Il “Savoia”, un po’
più grande (4.300 tonnellate), traspor­
ta 920 persone, di cui 800 in terza classe.
La prima unità costruita ex novo in Ita­
lia da Ngi è invece il “Liguria”, commis­
sionato all’Ansaldo di Sestri Ponente.
Poco più grande del “Venezuela” proget­
tato a Sestri da Fabio Carelli, trasporta
1.244persone,dicuisolo50inprima.Era
già considerata una nave di un certo lus­
so: per dare una dimensione, oggi un tra­
ghetto di quelli vecchi, un po’ spartani,
degli anni Settanta, come ad esempio la
“Domiziana” della Tirrenia, ha una staz­
za lorda di 12 mila tonnellate, e trasporta
circa 2.000 passeggeri. Insomma, il
comfort non era una delle priorità degli
armatori che operavano sulle rotte
transatlantiche. A fine Ottocento l’abate
Alberto Cougnet definiva l’emigrazione
«una disonesta e barbara tratta di bian­
chi (...) illusi (...) in cerca di pane e lavoro
in luoghi ignoti, dove sovente non si tro­
van che stenti, miseria e morte». Ma nel
1901 arriva la legge sull’emigrazione, che
tra gli altri aspetti delimita le condizioni
per il trasporto degli emigranti. Viene
precisato lo spazio, il cibo, i servizi alle
persone in viaggio. E questo si traduce in
nuove specifiche tecniche da rispettare
al momento della costruzione: il mo­
mento per un nuovo salto di qualità. La
Veloce, nel frattempo passata sotto il
controllo di Ngi, fa costruire il transa­
tlantico “Europa”, nei Cantieri di Paler­
ARCHIVIO FINCANTIERI mo: 7.800 tonnellate di stazza lorda, lun­
go 138 metri per oltre 2.500 passeggeri. I
cantieri siciliani fanno parte anche loro
te, commissionati da Giobatta Lavarello del trust di Ngi, sempre pi collegato alla
aicantieriCadenacciotrail1863eil1870. BancaCommerciale.SitrattadeiCantie­
Dagli impianti dei Briasco escono il “Cle­ ri Navali Riuniti (Palermo, Ancona,
mentina” e l’ “Agnese”, commissionate Muggiano). E al Muggiano vengono co­
dall’armatore Alessandro Cerruti. Ma la struitelenavichefinalmenteallineanole
stragrande maggioranza delle navi veni­ flotte italiane ­ ma non i cantieri ­ allo
va comprata o commis­
standard del Nord Eu­
sionata all’estero, spe­
ropa: “Oceania” ed
cie in Gran Bretagna,
“Europa”. Nel 1910, la
A SESTRI PONENTE
allora il più grande co­
Ngi con la Veloce tra­
struttore navale del
sporta sull’Atlantico 61
La prima nave
mondo.
mila passeggeri e in ba­
a vapore italiana
Curiosamente, i pri­
se alla Mediterranean
mi a scommettere in
Conference di Firenze
fu voluta
maniera concreta sui
controlla 64 partenze
da una società
cantieri italiani furono
dall’Italia contro le 154
ibanchieritedeschiche
a capitale tedesco delle compagnie nord­
nel 1888 ereditarono
europee. I numeri per
dai Lavarello la compa­
l’epoca sono da capogi­
gnia La Veloce. Grazie a sovvenzioni sta­ ro. Inevitabilmente, all’interno di Ngi si
tali, La Veloce ordina infatti una maxi­ scatenano appetiti e lotte di potere: sor­
commessa da cinque unità con scafo in tir una guerra tra azionisti senza prece­
ferro e motore a triplice espansione, le denti. Inizia così l’avventura di Erasmo
prime costruite in Italia. Sono il “Centro Piaggio.
America”, il “Venezuela”, il “Savoia”, il
(1­ continua)
Soldi e disperazione: nasce l’industria del mare
49
xte / cultura
IL SECOLO XIX
MERCOLEDÌ
8 DICEMBRE 2010
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
La “Jolanda” poche decine di
minuti dopo il varo
a Riva Trigoso,
il 22 settembre 1907.
Nessuno scoprì le cause
dell’affondamento
2­ PRIMI DEL NOVECENTO: LE PRIME GRANDI NAVI
ALBERTO QUARATI
Jolanda e Mafalda
la maledizione
delle due principesse
insieme a tutta la flotta del Lloyd Italia­
PRIMA della Grande guerra, ci fu la
no, viene rilevata dalla Ngi, che domina
grande illusione. L’alba del Novecento,
sututtoetutti.Ilpiroscafoèunverogio­
epoca prima di tutto: dei conflitti, della
iello, il primo in Italia che per qualità
crisi economica, delle dittature e delle
può far impensierire le grandi compa­
rivoluzioni. In Italia, i primi anni del XX
gnie del Nord Europa. Per dieci anni
secolo sono una corsa al gigantismo in­
“Mafalda”èl’ammiragliadellaflottaita­
dustriale – meglio se assistito dallo Sta­
liana. Ma la nave pensata per il Mediter­
to. Gli imprenditori, gente bellicosa.
raneo, per rotte d’èlite e tramonti dora­
Con un mondo intero da conquistare,
ti, viene buttata sulla linea del Sud. Ad
poche regole e molte risorse.
affrontare le miglia di Atlantico tempe­
Erasmo Piaggio fa parte di questo
stosocheseparanoGenovadaRiodeJa­
mondo. Armatore, ma anche un indu­
neiro e Buenos Aires. Non era il suo ruo­
striale dello zucchero. Senatore del Re­
lo: lo sospettavano i passeggeri stipati
gno e presidente della Banca di Genova.
come in un carro bestiame, lo sapevano
I suoi interessi costituiscono la base di
i vertici del Ngi.
una leggenda industriale ligure, la Mira
E’ l’ottobre del 1927, il regime fascista
Lanza. Soprattutto, Piaggio fa parte di
ha già ampiamente provveduto a narco­
quel gruppo di potenti che è guida della
tizzare la stampa. Per questo i dettagli
Navigazione Generale Italiana, la più
della più grande tragedia della marine­
grande società armatoriale dell’epoca.
ria italiana non sono venuti mai com­
L’unica che a fatica compete con i colos­
pletamente a galla. Proprio così. Nella
si del Nord Europa nel controllo delle
notte del 25 ottobre “Mafalda” cola a
rotte oceaniche.
picco nell’Oceano, a 80 miglia da Rio de
Piaggio ha idee tutte sue: una società,
Janeiro: 292 morti secondo il Lloyd’s di
per rafforzarsi, deve vivere in autono­
Londra, 385 secondo i giornali italiani –
mia. Bisogna finirla di appoggiarsi a ter­
molti dei quali riducono la notizia a una
zi. Ai diktat dei Perrone, agli umori degli
“breve”,tregiornidopolatragedia–500
Oderoodegliinglesi.Piaggioèconvinto:
quelli censiti dalla stampa sudamerica­
costruzione, esercizio e manutenzione
na.InItalia,ititolonisonoperl’eroismo
della flotta vanno concentrati sotto un
delcapitanoSimoneGulì,dei“marconi­
unico trust. I soci della Ngi (le famiglie
sti”, delle epiche gesta dell’equipaggio.
Florio, Raggio e Rubattino) non gli dan­
Ma a far luce sulla nuda cronaca, ci ha
noretta,eglichiudonolaportainfaccia.
pensato solo L’Europeo, nel ’56.
Piaggio lascia la presidenza di Ngi e con
Laverità,èchenel’27dellaprincipes­
propri capitali fonda una nuova compa­
saerarimastosolopiùcheilricordo.Per
gnia: il Lloyd Italiano. A Riva Trigoso,
capire le condizioni in cui viaggia “Ma­
l’imprenditore ha già cantieri di sua
falda”,bastaanalizzareilsuoultimotra­
proprietà. Lui li ha fatti costruire – nel
gitto. La nave parte da Genova con cin­
1898–eluiligestisceattraversola Eser­
que ore di ritardo perché all’ultimo bi­
cizio Bacini di Genova. Riva Trigoso,
sogna sostituire una delle pompe di cir­
unaspeciediastronavenelselvaggioLe­ Il cantiere di Riva Trigoso in un’immagine dei primi del Novecento
ARCHIVIO DEL SECOLO XIX
Erasmo Piaggio
colazione della miscela frigorifera. A
vanteligure:400dipendenti,ottoscalia
Barcellona è necessario fermare il mo­
disposizioneefonderie,suun’areadiol­
tore di sinistra per riparare la coppetta
tre 30 mila metri quadrati. Il compro­ velocità 17,5 nodi. Propulsori della stes­
biglietti
per
il
primo
viaggio
e
pubblicità
di lubrificazione della testa. Per diverse
IL PROGETTO
messo tra la tradizione manifatturiera sa Società Esercizio Bacini. Un sogno,
nelle agenzie, dove la nave è raffigurata orenelcorsodellasuccessivanavigazio­
locale e le ambizioni di un magnate del­ due principesse. E due fatti di cronaca
mentre affronta il mare in tempesta. Un ne, la nave marcia con una sola macchi­
UN ARCHIVIO
l’industria.
nerissima.
danno d’immagine incalcolabile, tanto na, perché si devono sostituire alcuni
Nell’annodifondazionedelLloydIta­
Per“Jolanda”,unvarodisastroso.Per
che il Lloyd Italiano preferisce evitare il pezzi di una biella.
E MILLE STORIE
liano, Riva ha già costruito postali, ri­ “Mafalda”, una tragedia consumata nel­
recupero dello scafo. Meglio rinunciare
Dopoun’ultimasostatecnicaaDakar,
morchiatori, briganti­
le foschie dell’Atlanti­
••• LA STORIA dei cantieri na­
a recuperare quattrini,
la tragedia. La nave
ni e velieri. Ora la mis­
co e nel quasi totale si­
vali italiani vista attraverso le
e chiudere in fretta la
procede sbandata sul
sione si fa più dura.
lenzio della stampa.
navi più importanti uscite dai
faccenda. Effetto col­
fianco sinistro. All’ora
L’AMBIZIONE
300 MORTI
Perché da qui, ora
Il varo della “Jolan­
bacini della nostra penisola.
laterale: ancora oggi
del the un boato esplo­
Piaggio vuole vedere
da”
avviene
nel
set­
Questo
il
progetto
del
Secolo
non
ci
sono
certezze
su
dagli inferi delle sti­
Le due navi erano
Quella di Mafalda de
uscire la nave perfetta.
tembre del 1907. La
XIX, in collaborazione con il
com’è potuto avvenire
ve.“Mafalda”èalcapo­
le prime in Italia
fu la più grande
L’industriale fa le cose
nave, completamente
gruppo Fincantieri, che apre
quel flop clamoroso.
linea: l’asse dell’elica si
in grande, e per il suo
allestita, deve scivola­
così una finestra sul suo cor­
Il varo di “Mafalda” tragedia della flotta spezza, squarciando il
a impensierire
Lloyd Italiano com­
re dagli scali fino in
poso archivio storico.
avviene esattamente
tunnel dove si trova il
i grandi armatori
italiana. Ma passò propulsore.Allenovee
missiona due navi.
mare. “Jolanda” arriva
La prima serie di puntate ri­
un anno e un mese do­
del Nord Europa
Meglio, due princi­
in acqua. Galleggia
guarderà l’evoluzione dei
poildisastrodi“Jolan­
mezza di sera la prua
sotto silenzio
pesse. “Jolanda” e
qualche minuto. Poi si
transatlantici (dagli esordi fi­
da”. Nessuno respira.
punta le stelle, mentre
“Mafalda”, ossequioso
affloscia su un fianco.
no all’attualità, con le navi da
Non ci si può permet­
1.259 persone cercano
omaggio alle figlie di Vittorio Emanuele L’acqua comincia a entrare dagli oblò,
crociera). Poi, l’obiettivo si al­
tere un’altra brutta figura. In pochi se­ la salvezza su poche e malconce scialup­
III. Le unità devono fare concorrenza a chenonhannoancoraivetri.Filtranegli
largherà alla produzione tra­
condi la nave scivola nel mare cobalto. pe. Ben protetto dal silenzio generale,
Ngisullerottemediterranee.Stazzalor­ interni, cola sugli arredamente imma­
ghetti e mercantile.
Un anno dopo, “Mafalda” entra in servi­ qualcuno si accorge che è ormai neces­
da da 9.210 tonnellate, lunghezza 146 colati.Dopoun’ora,“Jolanda”èunrelit­
La prima puntata è uscita lo
zio sulla linea per il Sud America.
sario cambiare passo. Il rilancio, passe­
metri, larghezza 17. Due motori a qua­ to nelle acque del Tigullio, con buona
scorso 14 novembre.
Ma ormai Piaggio è un armatore sulla rà su Sestri Ponente.
druplice espansione da 10.500 cavalli, pace di Piaggio, che ha già fatto vendere
via del tramonto. Nel 1912 “Mafalda”,
(2 – continua)
Piaggio e i misteri irrisolti del Lloyd italiano
61
48
IL SECOLO XIX
MARTEDÌ
4 GENNAIO 2011
xte / cultura
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
Il transatlantico “Duilio” incro­
cia al largo delle coste liguri.
Varato nel 1916, entrò in servi­
zio dopo la grande guerra.
Il gemello è il “Giulio Cesare”
FONDAZIONE FINCANTIERI
3­ ANNI DIECI, IL PRIMO GRANDE TRANSATLANTICO ITALIANO
ALBERTO QUARATI
“Duilio”: la sfida
di Sestri Ponente
ai cantieri inglesi
FINO al 28 luglio del 1913, l’industria ar­
matoriale italiana si è limitata a stare ai
margini. La storia dello “shipping” viene
scritta in altre lingue: inglese, tedesco,
francese. In Italia domina la Navigazio­
ne generale italiana (Ngi), che non ha
buona fama: navi vecchiotte, piccole,
scomode. Del resto, qui non ci sono im­
peri,néeconomicienécoloniali.Ilmare,
per gli italiani, non è un mezzo per met­
tere in contatto pezzi lontani di un gran­
de sistema economico, come nel caso
della Gran Bretagna. In Italia il mare,
più che altro, è una via di fuga.
Ma in questo pomeriggio di luglio,
mentre tutta Genova si scioglie sotto lo
scirocco,c’èqualcunochesenteibrividi.
Perché Mario Perrone sa bene che se ac­
cetterà il contenuto di quella busta ap­
poggiata sulla sua scrivania, con rilevate
sopra le tre grandi lettere scure “NGI”,
dovrà fare una scelta ben precisa: mette­
reingiocotuttalasuaazienda.Conunri­
schio di fallire altissimo. La busta, segui­
ta da tre dossier, contiene infatti il pro­
gettoperil“Duilio”.Chepertecnologiae
«maestosità» ­ come dissero gli inglesi ­
non doveva avere pari al mondo. Sì, que­
sta volta la coppia Brunelli e Biancardi, i
due boss della Ngi, vogliono giocare in
serieA.Eperesseresicuri,affidanolaco­
struzione della nave gemella “Giulio Ce­
sare”allaSwan,Hunter&Wigham.Indi­
rizzo: Wallsend­on­Tyne, Nord dell’In­
ghilterra, non ancora Scozia. Lì, tra neb­
bia e fuliggine, si nasconde il più grande
cantiere del pianeta, che in quegli anni
firma ogni anno il 17% della flotta mon­
diale. Da Wallsend sono uscite navi leg­
gendarie: il velocissimo “Mauretania” o
il glorioso “Carpathia” ­ che portò in sal­ Gli interni del “Duilio” furono curati dalla ditta Ducrot di Palermo
vo i 700 superstiti del “Titanic”. Eppure,
di fronte al progetto per la Ngi, persino
gli inglesi esprimono qualche concern: verno, quando l’Oceano solleva onde al­
IL PROGETTO
gli italiani non si accontentano più.
te come palazzi. Per la prima volta, viene
Ngi impone la costruzione a tambur studiato un meccanismo per veicolare
LA FONDAZIONE
battentediunanaveda24milatonnella­ l’ariaforzatamente,edareunpo’direfri­
te, lunga 200 metri. Nessuna unità mer­ gerio quando il sole estivo arroventa
FINCANTIERI
cantile in Italia ha mai raggiunto quelle ponti e murate.
dimensioni. Ma la car­
Soprattutto, miglio­
••• LA STORIA dei cantieri na­
ta più importante è
rano le condizioni per i
vali italiani vista attraverso le
quella
tecnologica.
600 passeggeri della
unità più importanti uscite dai
IL RISCATTO DI NGI
L’opinione pubblica,
terzaclasse.Atuttivie­
bacini della nostra penisola.
scossadallesemprepiù
ne
garantito
un
“tot”
di
Questo il progetto del Secolo
La compagnia
frequenti tragedie in
metri cubi d’aria. Ven­
XIX, in collaborazione con il
doveva affrancarsi gono studiate prote­
mare, chiede navi più
gruppo Fincantieri, che apre
sicure. A Londra c’è
zioni per i bambini,
così una finestra sui tesori do­
da decenni
un’importante confe­
tutti hanno a disposi­
cumentari e fotografici custo­
di cattiva
renza sul tema. Si sta­
zione acqua potabile,
diti dalla Fondazione Fincan­
reputazione
bilisce che le navi van­
sia calda che fredda, ci
tieri del Muggiano. La prima
no dotate di comparti­
sono ampi lavatoi.
serie di puntate riguarderà
menti stagni: perché in
Compaiono le cabine
l’evoluzione dei transatlantici
caso di una falla, l’acqua non invada tut­ private, a mensa ci sono le sedie e non le
(dagli esordi fino alle navi da
to. Il numero di compartimenti è fissato panche. Tutto è studiato per dare un
crociera).
a 12, il “Duilio” ne ha 17. Per la prima vol­ senso di sicurezza, e di igiene. Un forno
La precedenti puntate sono
ta,cisonoscialuppepertutti.Unmoder­ garantisce 1.500 tonnellate di pane al
uscite il 14 novembre e l’8 di­
no sistema antirollio garantisce una na­ giorno. Ci sono negozi, palestre, il cine­
cembre.
vigazione meno tormentata, specie d’in­ ma. Il quotidiano di bordo e la prigione.
zione è sparpagliata dalle colline di Bor­
zoli a Molo Giano, nel centro di Genova.
Gli scali sono in muratura, ma scoperti.
E poi la solidità: gli inglesi non devono
comprare ferro e carbone dall’estero.
Ansaldo sì. Tra l’altro, con la scusa della
guerra imminente, l’Ilva già nel ‘15 alza i
prezzi dei suoi semilavorati, costringen­
doPerroneafareshoppinginGermania.
Infine,ivolumi:il“Duilio”,notaCarosio,
rappresentava in termini di tonnellag­
gio un terzo di tutto quello che l’Ansaldo
aveva prodotto fino a quel momento.
Eppure, la nave è varata nel ‘16, in van­
taggio sugli inglesi. Ma la guerra comin­
cia a farsi sentire. Né Perrone, né la Ngi
hanno più tanta fretta di vedere il “Dui­
lio” terminato. Anzi, Perrone propone a
Brunelli e Biancardi di trasformare la
nave in un cargo. Sarebbe stata più gran­
de e più veloce di qualunque altra unità
dell’epoca, e sicuramente funzionale al­
le politiche di guerra. Il problema è il
prezzo: l’Ansaldo propone 41 milioni di
lire. Cifra spropositata per Ngi, che tra
l’altro teme la requisizione da parte del­
lo Stato. Meglio aspettare la fine della
guerra:conlaflottadecimatadabombee
sottomarini, “Duilio” ­ e “Giulio Cesare”
ferma negli scali in Inghilterra ­ potran­
no mangiarsi ampie fette del mercato la­
sciato libero dal conflitto. Nel ‘17 però la
nave viene requisita. Comincia così un
estenuante braccio di ferro tra l’Ansaldo
e la Ngi. La costruzione procede ancora
più a rilento, e alla fine della guerra Per­
rone dietro alla “Duilio” ha perso 40 mi­
lioni. Una goccia, per la verità, nell’ocea­
no di debiti in cui navigava l’Ansaldo:
un’industria cresciuta sulle commesse
statali, che ora si trova alle strette pro­
FONDAZIONE FINCANTIERI prioacausadelgoverno.Romanonordi­
na più niente, ma in compenso aumenta
adismisuraglionerifiscali.Perronepro­
E per scelta, non parliamo del lusso sfar­ va a fare causa all’armatore. Tenta di
zoso della prima classe, gli interni eclet­ mettere le mani sul “Duilio”. Dall’altra
tici lavorati dalla Ducrot di Palermo.
parte, la Ngi ­ controllata dalla Comit,
Ma fu durissima per l’Ansaldo la ge­ che a sua volta è la holding di un com­
stazione di questa nave, che come la sua plessoindustrialeconcorrentedell’Ans­
gemella porta il nome dell’ammiraglia aldo,laTerni­accettadianticiparequal­
della Marina militare.
cosa, ma che non basta
La storia è raccontata
certo a salvare l’Ansal­
bene da Giovanni Ca­
do dal baratro. I Perro­
LE NOVITÀ
rosio sul catalogo della
ne lasciano la guida
mostra che si tenne a
dell’azienda alla fine
Attenzione
Genova nel 2004 al Ga­
del ‘21, dopo che l’ispe­
alla sicurezza,
lata, “Transatlantici e
zione della Banca
sogni di mare” (edizio­
d’Italia ne certifica il
dignità
niSkira).Giàinparten­
crac. Nel ‘22 viene va­
per chi viaggia
za, c’è la sfida con i can­
rata la “Giulio Cesare”
tieri di Wallsenden,
inInghilterra.L’Ansal­
in terza classe
chesistendonolungoil
do è scorporata, spez­
Tyne per due chilome­
zettata, ferita. La sua
tri e mezzo, hanno di una superficie di guerra per sopravvivere non è certo fini­
342milametriquadrati,scalicopertiper ta.Mail30ottobre1923la“Duilio”inizia
costruire anche con il brutto tempo. Le a navigare sulla rotta per New York. La
aree dell’Ansaldo non sono tanto più stagione dei grandi transatlantici è ap­
piccole: 304 mila metri quadrati. Ma il pena all’inizio.
fronte mare è lungo 500 metri, la produ­
(3­ continua)
L’ultima nave prima del crac dell’Ansaldo
48
IL SECOLO XIX
SABATO
5 FEBBRAIO 2011
xte / cultura
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
La portaerei “Aquila” nel 1943,
opportunamente camuffata,
durante le lavorazioni
a Sestri Ponente. In alto, nella
sua prima vita, quando era
il transatlantico “Roma”
4­ IL REGIME FASCISTA E LA SECONDA GUERRA MONDIALE
ALBERTO QUARATI
QUESTA volta raccontiamo una storia
un po’ diversa. Facciamo un salto in
avanti, superiamo per un momento gli
anni Trenta, e approdiamo alla secon­
da guerra mondiale.
È fondamentale, perché oggi parlia­
mo di un capitolo importante della na­
valmeccanica. E cioè quello delle tra­
sformazioni. Poche navi, infatti, arri­
vano alla demolizione senza passare
attraverso processi di trasformazione
più o meno importanti. Un ponte in
più, lo scafo allungato. Oppure uno
stravolgimento completo. La nave di­
venta qualcosa che i suoi progettisti
non avrebbero mai pensato. Uno dei
casipiùeclatantièquellodiduetransa­
tlantici costruiti negli anni Venti a Se­
stri Ponente, in servizio prima per la
Navigazione Generale, e poi per l’Italia
di Navigazione. Si tratta del “Roma” e
dell’ “Augustus” ­ due unità quasi ge­
melle. Nate come eleganti transatlan­
tici,trasformate­mamaifinite­inpor­
taerei.
Varate dall’Ans­
aldo nel 1926, oltre
30 mila tonnellate
LA PRIMA
di stazza lorda, le
VITA
due navi fanno par­
Le due navi te dell’âge d’or della
marineria mercan­
erano
il campione tile, e presentano
di un’epoca alcune novità inte­
ressanti: ad esem­
d’oro
pio una terza classe
dignitosa, senza più
cameroni ma con cabine da due o quat­
tro letti. Non particolarmente innova­
tive nel design o nella meccanica, pre­
stanoserviziosullarottaperNewYork.
In quegli stessi anni, sul fronte mili­
tare, si discute dell’opportunità di do­
tare la flotta italiana di una nave porta­
erei. Già nel 1936 l’ “Augustus” viene
identificato in ambienti della Marina
come possibile unità da trasformare
portaerei. Perché partire da una nave
già fatta e finita? Molto semplice: per
ridurre tempi e costi di lavorazione.
Addiritturacircolanodueprogetti,uno
dei quali ispirato alle grandi portaerei
giapponesi.
Ma in fatto di guerra, l’Italia fascista,
si sa, fonda i suoi principi sull’assunto
per cui le battaglie si fanno essenzial­
mente «con l’om, il mul, el canon», co­
me dice il maresciallo Pietro Badoglio.
Il Paese che negli anni Trenta si lancia
nell’impresa coloniale, e che più tardi
affronta la seconda guerra mondiale
con grande leggerezza, fonda le sue
strategie di battaglia su schemi otto­
centeschi: in sostanza, grandi masse di
ragazzi da mandare allo sbaraglio.
Le innovazioni tecnologiche sono
guardate con sospetto. La Marina mili­
tare è in conflitto con l’Aviazione. Per
“Augustus” e “Roma”
da transatlantici
a portaerei
L’impresa disperata della Regia Marina
La piscina esterna sul transatlantico “Augustus”
rimanere in campo marittimo, all’Ita­
lia verrà imputato il fatto di aver af­
frontato la guerra senza dotare di radar
le sue navi. Sulle portaerei si discute
parecchio,malostessoMussoliniritie­
ne che la nostra Penisola è già di per sé
«unagrandeportaereistesainmezzoal
Mediterraneo». Vero, ma allora perché
non si è puntato con decisione sulla
conquista di Malta, avamposto decisi­
vo per le battaglie sul mare? Soprattut­
to, subito all’inizio del conflitto mon­
diale c’è un episodio che getta nel pani­
co i vertici militari e spinge Mussolini a
contraddirsi, dichiarando «improro­
gabile la necessità di dotare la nostra
FINCANTIERI
LA FONDAZIONE
••• LA STORIA dei cantieri na­
vali italiani vista attraverso le
unità più importanti uscite dai
bacini della nostra penisola.
Questo il progetto del Secolo
XIX, in collaborazione con il
gruppo Fincantieri, e la sua
Fondazione.La precedenti
puntate sono uscite il 14 no­
vembre, l’8 dicembre 2010 e il
4 gennaio 2011.
FONDAZIONE FINCANTIERI
Marina di una portaerei»: siamo a Ta­
ranto, nella notte tra l’11 e il 12 novem­
bre 1940. Dalla portaerei britannica
“Illustrious” si alzano in volo sei aero­
silurantiSwordfish,chefannoscempio
della base navale pugliese, decisiva per
le nostre operazioni nel Mediterraneo.
Bilancio: 58 morti (30 solo a bordo del­
la corazzata “Littorio”), 581 feriti, sei
navi da guerra gravemente danneggia­
te. L’Italia è punita, ma non basta. Per
far capire lo squilibrio di forze con cui è
finita in guerra, bisogna ricordare al­
menolabattagliadiCapoMatapan,Pe­
loponneso, tra il 27 e il 28 marzo 1941.
La Mediterranean Fleet fa scempio
della Regia Marina: 2.400 morti, cin­
que navi affondate e una danneggiata.
Solo un morto nelle fila inglesi. Dietro
ai micidiali attacchi delle Destroyer
Flotilla, c’è anche la portaerei “Formi­
dable”.
Nel 1942 il mondo progetta la bomba
atomica, l’Italia si aggrappa alle mae­
stranzediSestriPonente.Intendiamo­
ci: non che avere una portaerei potesse
cambiare il destino di un Paese allo
sbando, ma queste furono le decisioni
prese da Mussolini in quel momento.
In fretta e furia si decide di requisire il
“Roma” e trasformarlo nella nave am­
miraglia dalla Marina. Tranciati di net­
to alcuni ponti, eliminati gli eleganti
arredi (solo la statua della Dea Roma è
arrivata ai giorni nostri: si può osserva­
re alla Stazione Marittima di Genova,
l’autore è Angelo Zanelli, che si occupò
della statuaria dell’Altare della Patria)
la portaerei “Aquila” deve essere pron­
ta nell’arco di otto mesi. Ma in realtà le
cose vanno per le lunghe, mancano uo­
mini e materie prime. Intanto ci si ren­
de conto, troppo
tardi, che l’Italia
non ha un’Aviazio­
DURANTE
ne preparata a ope­
IL
CONFLITTO
rare su una nave di
Troppo
questo tipo: e il
tempo per adde­ tardi si capì
strare il personale
l’utilità
non c’è più, perché di una nave
il Paese è divorato
portaerei
dalla guerra. Così
un anno dopo, nel
‘43, viene decretato che tutto è inutile,
e che dell’ “Aquila” ­ ormai pronta al 90
per cento ­è meglio farne metallo da
fondere. Non si fa in tempo: arrivano i
bombardamenti del ‘44, poi il semi­af­
fondamento nel ‘45. Parzialmente re­
cuperata, il suo rottame rimane a lan­
guire per anni a calata Bettolo. Trasfe­
rita alla Spezia nel 1951, l’ “Aquila” vie­
ne demolita l’anno successivo.
Un salto indietro. L’ “Augustus” vie­
ne ribattezzato “Falco” e poi più mode­
stamente “Sparviero”. Anche questa
nave viene modificata, per farne
un’unità ausiliaria all’ “Aquila”. Niente
isola centrale, ponte tutto piatto soste­
nuto da piloni come le terribili navi
giapponesi, la nave ha una storia ancor
meno gloriosa della sua gemella: il pro­
getto, si diceva, risale al 1936, ma viene
messo in cantiere nel 1942. La sua tra­
sformazione è avvolta nel mistero, po­
che carte la documentano. Nei giorni
dopo l’8 settembre i tedeschi decidono
trasportare lo scafo all’imboccatura
del porto di Genova, e lì affondarlo. Re­
cuperata nel 1950, la “Sparviero” viene
demolita in fretta e furia. La Marina
militare avrà la sua prima portaerei nel
1980, con il varo della “Garibaldi”.
(4­ continua)
xte / società
IL SECOLO XIX
MERCOLEDÌ
23 FEBBRAIO 2011
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
Il “Saturnia” fu varato
a Monfalcone nel 1928,
per la Cosulich Line
5 ­ LE NAVI DEGLI ANNI TRENTA
ALBERTO QUARATI
Saturnia e Oceania:
nasce a Monfalcone
l’impero dei Cosulich
“Vulcania”hannovitalunga.Tantiviag­
BISOGNA fare una salto di 500 chilo­
gi dall’Italia a New York, o verso l’Ame­
metri, lasciare Genova e andare nell’an­
rica del Sud. L’attraversamento infinite
sa più profonda del Golfo di Trieste, per
volte dell’Atlantico, ma anche di tre
capirecom’ènatoilpiùimportantecan­
epoche storiche ben distinte. Il fasci­
tiere navale italiano.Parliamo dello sta­
smo, la guerra, il dopoguerra.
bilimento di Monfalcone, 750 mila me­
Le navi sopravvivono al tracollo eco­
triquadratieunbacinoda350metri,dal
nomico dei Cosulich ­ anzi, in parte lo
qualenegliultimiannisonouscitelepiù
provocano ­ e costituiscono il nucleo
importanti navi da crociera del mondo.
centrale della Società Italia Flotte Riu­
Oggi,comeSestriPonente,fapartedegli
nite, nel 1932, quando Mussolini si ac­
otto impianti sparsi lungo la Penisola
corge che è meglio controllare l’indu­
italiana gestiti dalla Fincantieri.
stria armatoriale attraverso un unico
Come Sestri, anche Monfalcone na­
soggetto, piuttosto che sovvenzionare
sce da un progetto visionario, frutto di
una miriade di armatori sempre più
quellagenerazionediimprenditoriein­
spendaccioni. Non solo: anche il cantie­
dustriali che all’inizio del Novecento
re che le ha prodotte viene nazionaliz­
vanno alla conquista del mondo, consa­
zato e accorpato insieme agli stabili­
pevoli di avere sotto mano soldi, risorse
menti di Muggia e Trieste. Nascono così
e una possibilità di sviluppo senza con­
i Cantieri Riuniti dell’Adriatico, in un
fini.
certo senso il primo accorpamento sot­
Se a Genova i bacini di Sestri vivono
to l’ombrello dello Stato che costituirà,
sotto la stella dei Perrone, a Trieste la
attraverso mille trasformazioni, l’at­
dinastia imprenditoriale dominante è
tuale assetto della Fincantieri.
quella dei Cosulich. Armatori dell’isola
Durante la seconda guerra mondiale,
di Lussino, in Dalmazia, la loro ascesa
“Saturnia” e “Vulcania” sono requisite
inizia a fine Ottocento, quando passano
dalla Marina britannica, e dipinte di
dalcabotaggioaltrafficotransatlantico,
bianco svolgono servizio per la Croce
grazieallafusioneconlasocietàAustro­
rossa internazionale come navi­ospe­
Americana, proprietà della potente fa­
dale. Nel dopoguerra vivono la stagione
miglia austriaca Schenker. La prima
del declino di transatlantici, arrivando ­
compagnia dell’Impero austro­ungari­
nel caso del “Saturnia” ­ fino al 1965: la
co non può più farsi costruire navi dagli
carriera termina sotto le insegne del­
inglesi, e del resto tutti i cantieri del gol­
l’Italia di Navigazione con una lunga
fodiTriestesonoimpegnatiarealizzare
crociera da Trieste a New York e ritor­
unità da guerra, principalmente in vista
no, per poi essere demolita alla Spezia
di un conflitto con l’Italia. Per questo
nello stesso anno.
Cosulich decidono di costruirsi una
Più articolato il destino del “Vulca­
struttura in proprio, anche grazie ai ge­
nia”,cheanchedopolaguerrapassasot­
nerosi contributi concessi dallo Stato.
to la proprietà di diversi armatori, vi­
Da qui nasce la storia di Monfalcone.
vendo di volta in volta vite diverse. Così,
I Cosulich sono un clan ambizioso. Il Il “Vulcania” negli anni Sessanta, in forza alla flotta Grimaldi con il nome di “Caribia”. L’ultimo capitolo della sua esistenza prima di tornare in Italia, nel ‘43 “Vul­
cantiere navale spunta dal nulla tra gli
cania” è una nave della Us Navy adibita
acquitrinidelPanzano.Laforzalavoroè
al trasporto delle truppe. Dal ‘46 svolge
costituita da maestranze sottratte al­ un malcerto Stato mediterraneo. Eppu­
Line)ottienecometuttiglialtriarmato­
un servizio cargo sotto l’American
IL PROGETTO
l’agricoltura, e per questo i Cosulich re, nonostante tutto, nel 1923 Monfal­
ri del regime fascista ampi fondi pubbli­ Export Line tra l’Egitto e New York.
chiamano un team di tecnici dalla Gran cone ha triplicato le sue strutture, rein­
ci. E le navi sulle quali la dinastia fonda Nello stesso anno viene restituita al­
LA FONDAZIONE
Bretagna,perinsegnarelorocomesico­ ventandosi industria ferroviaria, ter­
no il loro orgoglio si chiamano “Satur­ l’Italia e nuovamente trasformata in pi­
struisconolenavi.AdifferenzadiSestri, momeccanica, aeronautica. Intorno
nia” e “Vulcania” (entrambe circa 23 roscafo per passeggeri. Dopo un sostan­
FINCANTIERI
a Monfalcone bisogna costruire tutto viene costruito il villaggio operaio, una
mila tonnellate di stazza lorda) varate ziale ventennio di oscurità, il “Vulca­
dall’inizio. Non c’è una
comunità autonoma,
••• LA STORIA dei cantieri na­
rispettivamente nel
nia” passa ai Grimaldi.
tradizione, intorno al
dotata di tutti i servizi
vali italiani vista attraverso le
1927 e nel 1928.
Siamonel1965:questo
cantiere non ci sono
essenziali.
unità più importanti uscite dai
Ecco, Monfalcone è
transatlantico carico
TRA I CAMPI E IL MARE
SETTE VITE
che poche baracche.
Paternalismo, si di­
bacini della nostra penisola.
il cantiere da dove
di anni viene ribattez­
Ma lo stabilimento
rà.
Ma
i
Cosulich
rie­
Questo
il
progetto
del
Secolo
escono
tra
le
navi
più
“Caribia”, e le sue
La struttura
Fascismo, guerra, zato
cresce, lavora. Attra­
scono a crearsi intor­
XIX, in collaborazione con il
innovative in Italia:
ultime miglia servono
nasce dal nulla,
ricostruzione:
versa difficoltà che og­
no una grande squa­
gruppo Fincantieri, che apre
basta guardare queste
a lanciare gli armatori
gipotrebberospazzare
dra. I membri della fa­
così una finestra sui tesori do­
due unità. Un solo fu­
napoletani nel settore
pochi anni dopo
le navi triestine
via qualunque indu­
miglia
vengono
cumentari e fotografici custo­
maiolo centrale, basso
del trasporto passeg­
sarà circondata
passano indenni
stria: viene distrutto
apprezzati e accettati
diti dalla Fondazione Fincan­
e lungo, la prua alta e
geri. Il capolinea è nel
da una cittadina
durante la guerra pri­
alla direzione del can­
tieri del Muggiano. La prima se­
dritta,
soprattutto attraverso la storia 1973: “Vulcania­Cari­
ma guerra mondiale, e
tiere anche dopo il
rie di puntate riguarderà l’evo­
quelle lunghe fessure
bia” arriva a rimorchio
la ricostruzione è diffi­
crac economico dei
luzione dei transatlantici (dagli
sulle murate: si tratta
nel porto di Barcello­
cile, i Cosulich sono considerati “au­ primi anni Trenta, che porta Monfalco­
esordi fino alle navi da crocie­
delleprimenavipasseggeridotatedica­ na, e dopo poco riparte per una meta al­
striacanti” e dunque lo Stato a lungo ne sotto l’ala dello Stato.
ra). Le precedenti puntate so­
bine con balcone. In pratica sul “Satur­ lora sconosciuta, quasi impronunciabi­
nonconcedecontributiperrimetterein
Con Monfalcone e i Cosulich, Trieste
no uscite il 14 novembre, l’8 di­
nia” e “Vulcania” sono già scritte le re­ le: Kaoshiung, isola di Taiwan. Un anno
piedi la struttura. Le commesse sono riesce a ritagliarsi uno spazio di tutto ri­
cembre, il 4 gennaio e il 5 feb­
gole delle navi da crociera di oggi.
dopo, dell’antica regina rimarrà solo il
poche, Trieste non è più il porto di un guardo nel mondo armatoriale italiano.
braio.
A differenza dei molti transatlantici ricordo e un pugno di foto.
impero mitteleuropeo ma la periferia di La compagnia di navigazione (Cosulich
costruiti in quest’epoca, “Saturnia” e
(5­ continua)
La genesi del più grande cantiere italiano
49
48
IL SECOLO XIX
SABATO
30 APRILE 2011
xte / cultura
120 ANNI DI TRANSATLANTICI IN ITALIA
Lo scafo del “Rex”
in costruzione
nei bacini dell’Ansaldo
a Sestri Ponente
FONDAZIONE FINCANTIERI
6 ­ ANNI TRENTA: L’INDUSTRIA DEI CANTIERI È ALL’APICE
ALBERTO QUARATI
«ALLORA, Madonna santissima? Ti
muovi o no? Quanto durò l’esitazione del
“Rex” non l’ho mai saputo. Poi mi rag­
giunse l’urlo della gente e anche il “Rex”
urlò... Un solo urlo. Ma dovette annullare
ogni altro rumore a Sestri, a Genova e in
buona parte della costa».
Così l’operaio Mario Negrin Magonio
descrive,nel“RomanzodelRex”diUlde­
rico Munzi (Sperlig & Kupfer editori), il
varo del più importante transatlantico
della marineria italiana. Era il primo
agostodel1931,egiàalleottodelmattino
Vittorio Emanuele III e la regina Elena
sudavanosottoilsolediSestri.Strettisul
palchetto d’onore, circondati dai potenti
di turno, divise lustrini e gagliardetti del
regime tirati a lucido per la grande festa.
Intorno, la folla della Grande Genova,
curiosa di vedere l’ultima creatura dei
suoi cantieri e del suo porto. Migliaia di
persone, curiose di vedere se questo gi­
gante (che completo arriverà pesare 51
mila tonnellate) potrà effettivamente
galleggiare.
Di tutto questo, Negrin non vide gran­
ché: lui era laggiù, in fondo al bacino, uno
degli addetti a togliere i blocchi allo scafo
del “Rex”. Schiacciato sotto tonnellate di
acciaio.
«“Hai sentito le sirene della navi, Ne­
grin?”
“No”.
“Hai sentito almeno le cannonate?”
“No”.
“Ma allora cos’hai sentito là sotto?”
“La voce del Rex”.
“E com’è la voce del Rex, Negrin?”
“Come un tuono”».
A conti fatti, il “Rex” non ebbe una vita
tanto lunga. In totale, otto anni di servi­
zio operativo. Eppure fu un mito. Sicura­
mente fu la nave più grande costruita
sotto il regime fascista, e la terza più
grande del mondo fino a quel momento.
Fu anche la più veloce: quando il “Rex”
vinse il Nastro Azzurro, i giornalisti più
impudenti scrissero che il transatlantico
era «spinto dallo spirito guerriero del
Duce». Il “Rex” fu l’unica nave che entrò
nella memoria collettiva italiana, lo stes­
so posto d’onore riservato alla Cinque­
cento o ai grandi campioni dello sport.
Tutti sanno cos’è il “Rex”.
E questo nonostante le navi, in Italia,
non erano come altrove i mezzi di colle­
gamentotraunaparteel’altradiungran­
de impero coloniale, come ad esempio
succedeva in Gran Bretagna. In Italia, la
naveerapiùchealtrounmezzoperscap­
pare via. Sud America, Stati Uniti. Oppu­
re sì, le colonie: partire per la più sgan­
gherata impresa imperialista che la sto­
ria ricordi: addomesticare la sabbia della
Libia, i sassi dell’Etiopia...
“Rex”, la grande nave
che si trasformò
in leggenda
Il transatlantico che cambiò il volto a Genova
Ma una cosa che pochi sanno, è che il
“Rex” cambiò la geografia di interi luo­
ghi. A cominciare dagli stessi cantieri di
Sestri Ponente. Lo scalo dell’Ansaldo fu
allungato di 21 metri, e alle cinque gru
elettriche con braccio di 35 metri ne fu
aggiuntaunaperservireilnuovoprolun­
gamento dello scalo.
Ma cambiarono anche altre parti del
porto di Genova: in una ricerca di qual­
che anno fa, gli studenti dell’Istituto Ga­
staldi hanno scoperto che fu tagliato un
pezzo del molo vecchio all’ingresso por­
to. Il “Rex” doveva passare. Furono po­
tenziate anche le Riparazioni navali, sot­
to la collina di Carignano. Fu dragata
l’area intorno a Ponte dei Mille. Venne
messa in opera la moderna stazione ma­
rittima di Ponte Doria, progettata nel
1931dall’architettoLuigiViettipergliuf­
fici tecnici del Consorzio autonomo del
porto. La struttura era un terminal mo­
derno, costruito secondo i principi del
Movimento italiano per l’architettura
razionale, cui apparteneva. Era in curio­
socontrastoconilvoltoecletticochefino
a quel momento Genova mostrava ai na­
viganti:PontedeiMille,laStazionePrin­
cipe, l’albergo Miramare e il Castello
d’Albertis.Eranolelineefreddedellacit­
tà fascista, le stesse che più tardi avreb­
bero modificato lo skyline con i tozzi
“grattacieli” del centro e gli spazi infiniti
(per Genova) di piazza della Vittoria.
Dopo una carriera breve ma intensa,
l’ammiraglia dell’Italia di Navigazione è
stata bombardata mentre era in disarmo
in una baia vicino a Capodistria. Settem­
bre 1944: il “Rex” viene affondato da
1.230 colpi. Una vendetta dei tedeschi, e
degli inglesi, disse Negrin. La nave era
ferma lì, non faceva male a nessuno. Col­
pire un obiettivo strategico? «Più che al­
tro una vigliaccata. Gli inglesi bombar­
darono, i tedeschi non la difesero». Nes­
sunanaveerapiùveloceepiùmodernadi
quel maledetto transatlantico italiano,
che dal 1933 si teneva stretto il stretto il
suo Nastro Azzurro. Ecco, anche per lo­
ro, il “Rex” è stato un simbolo. Per sman­
tellarlo, le industrie di Spalato impiega­
rono dieci anni, fornendo acciaio all’in­
tera Yugoslavia. Per la sua qualità, il
bronzo della sua elica fu definito “bron­
zo­Rex”. Dal fondale limaccioso della
baia istriana ogni tanto spunta ancora
qualchevecchialamiera.Oggiquell’anti­
co sepolcro si chiama “pri Rexu”: cioè “al
Rex”.
(6­ continua)
LA STORIA
Tarabotto, il capitano del Nastro Azzurro
FRANCO MAGAZZÙ*
«ITALIAN super­liner “Rex” today
smashed all Atlantic speed records the­
reby capturing Blue Ribbon. Time Gi­
braltar to New York 4 days 13 hours 58
minutes. Average speed 28.92 knots
stop best days run 736 miles at average
speed 29,61 knots stop italian line.
Stop». È questo il telegramma che la So­
cietà Navigazione Generale Italiana
(poi Società Italia) inviò a tutte le sue
Agenzie sparse nel mondo: il 16 agosto
1933 il “Rex”, aveva conquistato il Na­
stro Azzurro, simbolo mondiale di indi­
scussa capacità industriale e suprema­
zia sui mari.
Il viaggio record verso New York, ini­
ziò con partenza da Genova il 10 agosto,
al comando del capitano Francesco Ta­
rabotto. Nel percorso di 3.181 miglia tra
Gibilterra e il battello faro Ambrose
strappò il primato al transatlantico te­
desco “Europa”. Il “Rex” fu accolto sia a
New York che al ritorno a Genova, dove
giunse inalberando uno splendido na­
IL PROGETTO
LA FONDAZIONE
FINCANTIERI
••• LA STORIA dei cantieri navali ita­
liani vista attraverso le unità più im­
portanti uscite dai bacini della nostra
penisola.
Questo è il progetto del Secolo XIX, in
collaborazione con il gruppo Fincan­
tieri, che apre così una finestra sui te­
sori documentari e fotografici custo­
diti dalla Fondazione Fincantieri del
Muggiano.
La prima serie di puntate riguarda
l’evoluzione dei transatlantici (dagli
esordi fino alle navi da crociera).
Le precedenti puntate sono uscite il
14 novembre e l’8 dicembre 2010, e
poi il 4 gennaio, il 5 febbraio e infine il
23 febbraio del 2011, con excursus sui
cantieri di Sestri e Monfalcone, oggi
operati dalla Fincantieri.
stro azzurro lungo 29 metri (i nodi della
sua media­viaggio). Il record resistette
sino al 3 giugno 1935, quando venne su­
peratodaltransatlanticofrancese“Nor­
mandie”. Il “Rex” rimase sulla linea del
NordAmericasinoal‘40.Tutteleperso­
nalitàpiùinvistadelmondopolitico,in­
tellettuale, scientifico e artistico di quel
periodocercaronodifareunatraversata
su questa famosa unità.Alternò ai viaggi
di linea alcune crociere. Poco prima del­
laguerra,il“Rex”fumilitarizzatoeasse­
gnato alla Marina per essere trasforma­
to in portaerei, ma in seguito la nave fu
adibitaaospedaleperiltrasportodiferi­
ti dal Nord Africa all’Italia. Tarabotto
nacqueaLericinel1877,frequentòl’isti­
tuto nautico, conseguendo il diploma di
Capitano di Lungo Corso. Nel 1909, era
primo ufficiale sul “Principessa Mafal­
da”. Successivamente ebbe il comando
del “Duilio” e dell’ “Augustus”. Nell’
estatedel‘37,lasciòilcomandodel“Rex.
Fino al ‘46 gestì delle linee marittime e
poi trascorse gli ultimi anni della sua vi­
ta in un appartamento in Corso Italia a
Genova, ove morì nel 1969, all’età di
quasi93anni.Tarabottoeraunuomoda
carattere taciturno e determinato, si
narra che nella traversata atlantica del
Nastro Azzurro, perse cinque chili e ro­
sicchiò un numero esorbitante di mati­
te.
Un capitano di Lungo Corso che navi­
gò con lui lo ricorda così: «I suoi unici
amori furono le navi e il mare, pare non
abbiamaipensatoametteresufamiglia.
Con le signore si dimostrava un genti­
luomo e con gli ospiti era sempre dispo­
nibile, soprattutto con chi voleva parla­
re con lui o con chi voleva visitare la na­
ve. Era molto abitudinario; ogni volta
che si partiva da Genova, si presentava
sulpontedicomandoalle11:00,control­
lando l’equipaggio. Con un cenno impo­
nente rispondeva al saluto; compiuta la
manovra, si rivolgeva poi al primo uffi­
ciale: “A lei la nave” e se ne andava....
Erano altri tempi, era l’epoca in cui, do­
po Dio, c’era il comandante della nave:
Le Maître après Dieu».
* Contrammiraglio Capitanerie di Porto nella Riserva