credenza nel paranormale: fra psicologia e

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credenza nel paranormale: fra psicologia e
C R E D E N Z A N E L P A R A N OR M A L E :
F R A P S I C O L O GI A E P S I C O P A T O L O GI A
GIOVANNI IANNUZZO
“...sappiamo bene che sotto qualsiasi cielo, in qualsiasi cultura, i meccanismi cognitivi che
rendono possibili le illusioni sono partecipi d’ogni credenza personale e collettiva. Le stesse
ideologie sociali, i movimenti religiosi e politici, fanno tutti presa su quelle vele della
motivazione soggettiva che sono appunto le “illusioni positive” : il vento della storia, della
trascendenza e dell’avventura o del cambiamento, non sarebbero possibili senza questa
disposizione della mente umana” (Taylor, 1991).
INTRODUZIONE
I fenomeni parapsicologici fanno parte della storia e della cultura umana. In
fondo, l'interesse propriamente scientifico verso questi misteriosi eventi,
indipendentemente dal grado di comprensione di essi raggiunto, è abbastanza
recente, se paragonato con la loro storia culturale. La caratteristica sostanziale dei
fenomeni che oggi definiamo “parapsicologici” è, insomma, quella di
rappresentare in prima istanza delle “credenze”. Alla telepatia, alla
chiaroveggenza o alla psicocinesi, insomma si può, o meno, “credere”. Se non si
crede alla loro realtà, si crede almeno alla loro possibilità. Senza questo
atteggiamento mentale essenziale, l'idea stessa di paranormale non esisterebbe sia
nell'immaginario individuale sia in quello collettivo.
E' una caratteristica che riguarda, tra i fenomeni in ogni modo oggetto di studi
scientifici solo le pretese parapsicologiche. Nessuno metterebbe mai in dubbio
che esiste la percezione, né tanto meno 'crederebbe' alla percezione. La
percezione semplicemente esiste, e ne siamo tutti consapevoli per il semplice
fatto che tutti la sperimentiamo. Nessuno, allo stesso modo, metterebbe in
discussione l'esistenza del sogno, perché chiunque, per quanto raramente, ha
sognato.
Nel caso dei fenomeni parapsicologici, la loro natura particolare, la loro
erraticità, il fatto che essi non siano condivisi da tutti, li rende fondamentalmente
oggetto di credenza. C'è chi crede alla loro esistenza, e chi no. Ora, mentre è
abbastanza facile comprendere perché le persone possano non credere ai
fenomeni parapsicologici - il motivo fondamentale essendo legato alla semplice
adesione alle nozioni scientifiche acquisite sulla natura del mondo - è abbastanza
più difficile spiegarsi i motivi per cui la gente crede al cosiddetto paranormale. Il
livello e i modelli di credenza possono modificarsi in differenti periodi storici,
ma il dato generale dell'esistenza di una credenza resta, sebbene con modalità
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differenti di volta in volta. In realtà, infatti, la 'credenza' è assai spesso
aprioristica: intendo dire che essa è presente o assente in maniera del tutto
autonoma rispetto ai dati scientifici disponibili. Insomma, indipendentemente dal
fatto che i fenomeni paranormali siano veri o no, molte persone credono che essi
esistono. E questo basta.
DEFINIZIONE E MISURAZIONE DEL PARANORMALE
E' ovvio che, parlando di credenze nel paranormale, bisogna intendersi su ciò che
si intende per paranormale, poiché, in mancanza di indicazioni precise, il range di
fenomeni che può essere definito in questo modo è vastissimo. Se allora
indaghiamo quali siano le credenze sul paranormale della gente, a cosa
esattamente ci riferiamo?
Esistono diverse “scale di valutazione” della credenza nel paranormale (Jones,
Russel, & Nickell, 1977; Randall & Desrosiers, 1980; Scheidt, 1973; Thalbourne
e Delin, 1993; Tobacik, 1988); uno degli argomenti più indagati è stata la
credenza nella percezione extrasensoriale (psi), nei confronti della quale esistono
scettici e credenti. Ma si possono anche indagare, in maniera più estensiva altre
credenze, come in una scala ideata da Thalbourne e Delin (1993), nella quale
vengono prese in considerazione anche la credenza in una vita dopo la morte e
quella relativa alla possibilità di contatti con gli spiriti dei defunti. Altri criteri di
valutazione prendono in considerazione la psicocinesi, la proiezione del corpo
astrale e le guarigioni paranormali, l'astrologia, il mostro di Loch Ness, il voodu,
la comunicazione con le piante, il deja-vu, la reincarnazione, la grafologia e altro
ancora.
Dopo i primi entusiasmi rispetto alla possibilità di misurare un singolo fattore
paranormale (Randall & Desrosiers, 1980), si è lentamente imposta la
convinzione che un’accurata misurazione della credenza nel paranormale
passasse attraverso la misurazione di molteplici fattori (Clarke 1991; Grimmer e
White, 1990; Sobal & Emmons, 1982; Thalbourne e Delin, 1983). Questo
problema metodologico non è indifferente. Credere nell’esistenza della ESP è
proprio la stessa cosa che credere nell'esistenza del mostro di Loch Ness? Se
adottassimo rigorosamente questo punto di vista, ci troveremmo a dovere
appiattire in maniera indiscriminata tutte le tipologie di credenze. In realtà, c'è chi
crede che l'esistenza della ESP sia possibile, e non credere ai dischi volanti, al
mostro di Loch Ness. Le credenze quindi possono essere molto selettive, e per
valutarle vanno probabilmente considerate molteplici dimensioni. Una conferma
dell’utilità di questo approccio è data dai numerosi studi che hanno dimostrato
come determinate caratteristiche psicologiche siano associabili soltanto a
determinate tipi di credenza, e non ad altre.
Tra tutte le scale prese in considerazione nelle ricerche sulla credenza nel
paranormale, una particolare attenzione merita quella costruita da Tobacik
(Tobacik e Milford, 1983; Tobacik 1988) per la sua diffusione (Lawrence, 1995)
e per l’approfondimento psicometrico e concettuale di cui è stata protagonista
negli ultimi anni (in relazione alla definizione di paranormale ma soprattutto in
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relazione al problema del numero dei fattori in cui è scomponibile la credenza).
Essa nasce nel 1983 (Tobacik e Milford, 1983) attraverso una analisi fattoriale
che riduce un iniziale questionario di 61 item ad uno più ristretto di 26 misurati
su una scala a 5 punti. Vengono evidenziati sette fattori: Credenze Religiose
Tradizionali, Credenza nella psi, Stregoneria, Superstizione, Spiritualismo,
Forme di Vita Straordinarie, e Precognizione. Come si può constatare la
definizione di paranormale su cui si basa la scala di Tobacik è alquanto ampia;
egli riprendendo una definizione di Broad (1949/1978), definisce come
paranormale tutto ciò che: a) non può essere spiegato dalle attuali conoscenze
scientifiche; b) per essere spiegato comporta una revisione sostanziale dei
principi basilari su cui si basano le scienze; c) non è compatibile con le
percezioni, credenze e aspettative riguardo la realtà normalmente condivise
(Tobacik, 1983; Tobacik, 1995a). Nel 1988 Tobacik (1988) propone una
revisione della scala con l’obiettivo di migliorarne la qualità metodologica: gli
item diventano 26, la scala assume un range che va da 1 a 7, gli item sulla
precognizione diventano e 4 e vengono completamente riformulati, due dei
quattro item sulla stregoneria ed uno sulle forme di vita straordinarie vengono
sostituiti. Nel 1995 Lawrence (1995) ne mette in discussione i criteri di selezione
dei fattori nonché la definizione stessa di paranormale; l’utilizzazione di quattro
differenti criteri avrebbe condotto all’estrazione di troppi fattori e l’idea di
selezionare quelli dotati di significato interpretativo darebbe troppo spazio alla
soggettività (Lawrence addirittura parla di metodica equiparabile ad un test
proiettivo!); la definizione di paranormale dovrebbe secondo lui essere più
ristretta, comprendendo (Irwin, 1993): a) processi che sono fisicamente
impossibile; b) processi che sono al di là del regno delle capacità umane come
attualmente sono intese dagli scienziati. Egli applicando l’uso dello scree slope
analysis individua invece quattro fattori: Credenze Religiose Tradizionali,
Credenza nella psi, Stregoneria, Superstizione. Tobacik (1995a) risponde che è
in realtà l’uso della scree slope analysis soggettivo, poiché essa si basa su una
lettura intuitiva di un grafico. Successivamente Lawrence, Roe e Williams (1997)
e Lawrence e De Cicco (1997) effettuano due nuove somministrazioni della scala
giungendo ad un modello a cinque fattori (Oblique Five), mentre Hartman (1999)
propone un modello a quattro fattori. Lange, Irwin e Houran (2000) invece, pur
confermando la presenza di sette fattori, sostengono che la presenza di sue singoli
fattori sia in grado di migliorare le qualità psicometriche della scala (in
particolare riferendosi all’effetto del sesso e dell’età ed alla non additività di
alcuni item). Tobacik sintetizza probabilmente al meglio i motivi di tali
disaccordi: “Una parte della mancanza di accordo sull’analisi fattoriale della PBS
è dovuta al fatto che non esistono criteri quantitativi esatti per l’applicazione
dell’analisi fattoriale esploratoria. Così, molte decisione sull’analisi dei fattori
dipende dal giudizio del ricercatore” (Tobacik 1995b, pag. 142). In attesa di un
miglioramento delle qualità psicometriche della scala – miglioramento che tutti i
ricercatori auspicano – la scala di Tobacik (1988) rimane attualmente il migliore
strumento di misurazione della credenza del paranormale ed i sette fattori, ormai
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abbondantemente in uso, dovrebbero verosimilmente essere abbandonati di fronte
ad una convergenza di studi in grado di identificare in maniera inequivocabile il
numero dei fattori. I sette fattori hanno infatti consentito di effettuare una
notevole mole di ricerche che appare molto produttiva, anche se
psicometricamente non perfettamente corretta.
FATTORI PRESI IN CONSERAZIONE IN ALCUNE SCALE PER LA
VALUTAZIONE DELLA CREDENZA NEL PARANORMALE
Autore
Sullivan (1982)
Fattori
1. CREDENZA SUPERSTIZIOSA GENERALE
(ESP,
astrologia,
UFO,
case
infestate,
bioritmi,lettura dei Tarocchi)
2. FATTORE RELIGIOSO ORTOGONALE
(Dio, evoluzione, possessione degli spiriti)
Sobal e Emmens (1982)
1. CREDENZA NEI FENOMENI PSICHICI
2. CREDENZA RELIGIOSA
CREDENZA NELL'ESISTENZA DI ALTRI
ESSERI (Mostro di Loch Ness, spiriti)
Clarke (1991)
1. CREDENZE RELIGIOSE TRADIZIONALI
2. CREDENZE PARAPSICOLOGICHE
3. CREDENZE
IN
FORME
DI
VITA
STRAORDINARIE
Tobacyk
1. CREDENZA RELIGIOSA TRADIZIONALE
(1988)/Tobacyk
E
2. CREDENZA NELLA PSI
Mildford (1983
3. STREGONERIA
4. SPIRITUALISMO
5. SUPERSTIZIONE
6. FORME DI VITA STRAORDINARIE
7. PRECOGNIZIONE
Gimmer e White (1990)
1. SCIENZA POPOLARE
2. OBSCURE UNBELIEF
3. RELIGIONE TRADIZIONALE
4. TERAPIE ALTERNATIVE
5. PARATERAPIE
6. PSI FUNZIONALE
7. PSI STRUTTURALE
LA FUNZIONE DELLA CREDENZA
Diversi studi si sono occupati di capire quale sia l'origine delle credenze nel
paranormale e quale sia la loro funzione nel contesto della personalità e della vita
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degli individui. La gente può ovviamente credere nel paranormale per una serie
di motivi apparentemente plausibili: per aver letto testi scientifici convincenti, per
aver letto qualcosa di suggestivo e affascinante (l'articoletto sulla rivista
popolare) o anche per personali esperienze “psichiche”. Naturalmente esiste
un'altra chiave di lettura. Ci si può infatti chiedere se tutte le persone, di fronte a
questi stimoli, reagirebbero allo stesso modo. E la risposta è che dipende
probabilmente dalla personalità dell'individuo fare di certe letture (scientifiche o
meno) o di certe esperienze (realistiche o meno) un mezzo per credere al
paranormale. L'avvicinamento al paranormale, insomma, non sarebbe casuale e
solo alcune persone, rispetto alla popolazione generale, si trovano, tutto
sommato, in situazioni che incoraggiano la credenza nel paranormale. Allora la
credenza nel paranormale può essere spiegata come fatto implicito alla
personalità, come se, insomma, esistessero soggetti più o meno “predisposti” a
credere al paranormale. E' chiaro che quando parliamo di paranormale ci si
riferisce un po' a tutte le credenze relative a fenomeni genericamente irrazionali,
e sebbene vari tipi di credenza possano essere differenziati,questo ha abbastanza
poca importanza, in realtà. E' come se esistesse un fattore generale che
chiamiamo “credenza nel paranormale”. Che poi questa credenza possa essere
diversificata in vari modi è tutt'altro argomento. Un argomento che, in effetti (e lo
vedremo più oltre) può essere oggetto di valutazioni controverse.
Che senso ha, per l'individuo, credere nel paranormale? Una risposta possibile è
che questa credenza gli serve per il suo adattamento psicologico.
La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerato uno dei prodotti
della pratica all’auto-inganno che caratterizza in talune occasioni la mente
umana. Le credenze, con la loro capacità di dare significato ad eventi
apparentemente casuali e incontrollabili, consentono la costruzione di una trama
cognitivo-emotiva che favorisce l’adattamento dell’uomo. Detto in altre parole, la
mente umana è pronta a ritenere esistenti relazioni inesistenti o quantomeno
indimostrabili (“correlazioni illusorie”) purché queste favoriscano il benessere
psicologico dell’individuo: “...le illusioni mantengono una immagine favorevole
nell’anticipazione degli eventi probabili” (Taylor, 1991). Per alcune persone,
quindi, è possibile - è l'opinione dello psicologo americano Schumaker (1987) costruire una trama concettuale e cognitiva del mondo quotidiano solo credendo
nel paranormale. Il fatto che queste credenze possano essere del tutto illusorie,
erronee o addirittura false ha poca importanza, in quanto la cosa importante e
prioritaria è l'adattamento psicologico. Si tratta di un concetto che è stato bene
espresso da Taylor e Brown (1988) quando suggeriscono l'immagine di selfserving illusion (illusione auto-sufficente), in altre parole di un’illusione che è
sicuramente falsa, ma che comunque ha la funzione, fondamentale per la salute
mentale, di creare un “filtro” attraverso il quale la realtà acquista un suo ordine e
un suo senso.
Credere in fenomeni come i sogni premonitori, la chiaroveggenza, gli
extraterrrestri, ecc., significa ritenere come esistenti enti, leggi o comunque
fenomeni per i quali non esiste alcuna condivisa evidenza. Potrebbe stupire il
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pensiero che una persona dotata di normali capacità di ragionamento possa
lasciarsi ingannare in tal modo. In realtà una serie di studi hanno
inequivocabilmente dimostrato che la nostra capacità di percepire relazioni tra i
fenomeni in cui siamo inseriti, può essere considerata come una funzione al
servizio del nostro benessere psicologico. La mente sana pratica l’autoinganno
per adattarsi all’ambiente e sopravvivere.
La credenza nei fenomeni paranormali può essere considerata allora una illusione
che nasce da una fiducia eccessiva nelle proprie capacità di controllo personale
su eventi che sono per loro natura caotici o inevitabili. Fin da piccolo il bambino
sembra possedere una motivazione autonoma a padroneggiare l’ambiente in cui
vive (White, 1959): cerca di conoscerlo, e quando è possibile modificarlo, in
modo da rendere più probabile il raggiungimento dei suoi scopi.
Le persone non sembrano distinguere bene tra eventi i cui esiti sono determinati
dal caso, e quindi incontrollabili, da eventi condizionabili da abilità personali. La
possibilità di controllare gli eventi è una capacità cui l’uomo non vuole
rinunciare. E’ stato dimostrato che quando si sottopongono dei soggetti ad
attività in cui il successo è puramente casuale (es. partecipazione ad una
lotteria), e in tale attività vengono inseriti fattori normalmente legati a situazioni
controllabili (competizione, scelta, familiarità, coinvolgimento, pratica), tali
soggetti mettono in atto comportamenti che chiaramente tradiscono un tentativo
di controllo ed una quantomeno sfumata percezione della casualità degli esiti in
cui sono coinvolti (Langer, 1975). Una semplice coincidenza casuale tra un
comportamento prodotto da un organismo ed l’evenienza di un fenomeno esterno
può generare la convinzione che quel comportamento possa generare l’evento
concomitante. Questo è il senso del famoso esperimento di Skinner sulla
“superstizione nei piccioni” (Skinner, 1992) : una contiguità casuale (adventitious
reinforcement) tra la somministrazione di cibo (rinforzo) ed un comportamento
del piccione, spingeva l’animale a compiere automaticamente quel
comportamento nella ‘convinzione’ di poter causare di nuovo l’acquisizione del
cibo. Benché la prassi sperimentale su cui si è fondato tale esperimento sia stata
criticata (Staddon, 1992), sono stati prodotti nuovi studi che hanno dimostrato in
modo inequivocabile, la ‘conflittualità’ della razza umana nei confronti del caso.
Soggetti sottoposti ad una prova di problem solving in un gioco computerizzato,
tendono a considerare come soluzioni comportamenti assolutamente inefficaci, se
questi vengono rinforzati qualche volta in maniera assolutamente casuale (Heltzer
e Vyse, 1994). Quindi uno dei processi cognitivi sottostanti la credenza nei
fenomeni paranormali è la suscettibilità a credere in correlazioni illusorie
(Tobacyk, 1991) : una sorta di bias cognitivo che porta a sostituire coincidenze
con connessioni causa-effetto. Non è un caso che i credenti nei fenomeni
paranormali tendono a preferire giochi i cui esiti sono determinati dal caso : la
percezione di correlazioni illusorie li porta a sovrastimare la loro abilità nel
controllare gli esiti di tali giochi (Tobacyk e Wilkinson, 1991).
La percezione di tali ingiustificate correlazioni nasce probabilmente dalla
incapacità a rinunciare alla possibilità di controllare gli eventi. Per altro si sa che
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una perdita anche temporanea di controllo è ansiogena : meglio illudersi di poter
controllare che sentirsi impotenti (learned helplesness) (Matute, 1994). L’uomo
ha bisogno di sentirsi capace di svolgere una prestazione perché il percepirsi
come in grado di agire sulla realtà è un preludio indispensabile per una efficace
azione su di essa. L’auto-efficacia può essere definita come l’aspettativa di poter
portare avanti con successo comportamenti necessari al raggiungimento di
obiettivi desiderati; l’auto-percezione di sé stessi come ‘efficaci’, modifica
pattern di pensieri, azioni e l’arousal emotivo : insomma l’aver fiducia nelle
proprie capacità di performance porta concretamente a prestazioni migliori
(Bandura, 1982) . Non è un caso che i credenti nei fenomeni paranormali hanno
punteggi significativamente più bassi nella scala di misurazione dell’autoefficacia (Tobacyk e Shrader, 1991). Il credente nei fenomeni paranormali può
essere considerato una persona che ha sperimentato il fallimento in una o più aree
della propria vita, è convinto di non essere capace di influenzare con il proprio
comportamento aspetti rilevanti della sua esistenza, così che, per non rinunciare
alla possibilità di influenzare gli esiti della propria vita, è più portato a praticare
l’autoinganno : meglio la percezione di un controllo illusorio, che la perdita di
controllo.
D’altro canto, benché la letteratura sull’argomento non sia chiara (Averill, 1973),
sembra che anche l’impatto di uno stimolo doloroso (in termini soggettivi,
comportamentali e fisiologici) è ridotto se tale stimolo può essere somministrato,
o in qualche misura comunque controllato, dal soggetto stesso che lo riceve
(Miller, 1979 ; Geer e Maisel, 1972). Anche la semplice convinzione, non reale,
di poter effettuare un controllo su uno stimolo avversivo è in grado di diminuire
la sua capacità di indurre stress (Geer, Davison & Gatchel, 1970). L’aspetto che
sembra più influire sull’effetto di stimoli dolorosi è, non tanto il senso stesso di
controllo in sè, ma il significato che si attribuisce ad una condizione frustrante ;
se tale condizione può essere prevista, se ne si conosce la durata e se fa parte di
un insieme di circostanze desiderate da un soggetto, allora tale condizione
produrrà una frustrazione meno intensa (Thompson, 1981). In altre parole una
qualsiasi condizione stressante può essere tollerata meglio se inserita in una
trama cognitiva che le dia un senso. La credenza nei fenomeni paranormali può
essere così considerata un complesso tessuto di conoscenze che, per quanto
ingiustificate, forniscono un modo per controllare e quindi attenuare situazioni
potenzialmente minacciose, e di fatto inevitabili. Una persona che sperimenta il
fallimento in aree quali ad esempio l’acquisizione di un lavoro o nella gestione
della vita amorosa e affettiva, può più facilmente rivolgersi ad un cartomante per
‘conoscere’ ed essere rassicurato su questioni che una mancanza di auto-efficacia
personale circonda di una ansia difficilmente gestibile.
Le persone mostrano per altro una sorta di ottimismo ingiustificato che le porta a
ritenere che alcuni eventi frustranti (come le malattie, gli incidenti, il divorzio...)
possano più probabilmente accadere ad altri che a se stessi ; esiste cioè una sorta
di motivazione alla protezione di se stessi (Self-Serving bias) che porta a
distorcere la percezione della causalità di eventi qualora questi possono
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minacciare la sopravvivenza dell’organismo (Miller & Ross, 1975 ; Kunda, 1987)
La nostra mente sembra quindi pronta ad alterare la percezione dei fatti, se questo
può servire a sentirsi più protetti. Ad esempio la formulazione di un giudizio sulla
covariazione tra eventi comporta una serie di operazioni mentali che possono
essere svolte scorrettamente se la nostra mente ha bisogno di confermare
convinzioni di cui ha bisogno (Crocker, 1981). E’ realmente difficile raccogliere
indizi per confutare le nostre convinzioni se queste ci servono : una teoria sul
funzionamento della realtà che ci serve, difficilmente viene abbandonata. Una
persona convinta che i sogni premonitori esistono tenderà a selezionare tra i
propri sogni solo quelli che si realizzano, tenderà a prendere in considerazione
soltanto un campione di sogni che più somigliano ad eventi che si realizzano,
distorcerà il contenuto del sogno per farlo somigliare ad un evento realmente
accaduto, considererà i sogni che non si realizzano non una confutazione ma una
dimostrazione che le nostre capacità premonitrici non sempre funzionano, riterrà
la frequenza dei sogni che si realizzano maggiore di quella che non si realizzano,
per concludere infine che esistono prove più che convincenti dell’esistenza di
fenomeni in realtà invisibili.
LA CREDENZA NEL PARANORMALE: SALUTE O MALATTIA?
Schumaker afferma che le credenze nel paranormale hanno 'spostato' le
tradizionali credenze religiose, quasi a costituire una sorta di 'religione non
religiosa' che ha il valore sostanziale di essere “mental health prophilactics”.
Credere nel paranormale servirebbe, anche se il costo di questa credenza è
l'autoinganno, la sospensione del pensiero razionale e critico e un certo
impoverimento della realtà. Se Schumaker pensa, in conclusione, che credere nel
paranormale può essere un modo di salvaguardare la propria salute mentale, altri
non solo affatto d'accordo. Zusne e Jones (1982) pensano per esempio,
esattamente al contrario, che credere nel paranormale sia un segno evidente di
instabilità emozionale. E Greyson (1977) ha notato come la credenza nel
paranormale sia molto più frequente tra i pazienti con disturbi psicologici. Due
altri studiosi (Tobacyk e Mildford,1983) hanno notato la stessa cosa: le persone
che credono di più al paranormale sono persone con un cattivo adattamento
(rivelato dal Test del Locus of Control). D'altra parte numerose ricerche
dimostrano che esiste una correlazione diretta tra credenza nel paranormale e
pensiero magico, ed il pensiero magico è tipico di certe gravi forme di disturbo
psichiatrico (per esempio il disturbo schizotipico) o comunque di propensione
alla schizofrenia. Irwin (1994b) e Woldraft (1997) hanno invece riscontrato
un’associazione tra tendenza ad avere esperienze dissociative e credenza (in
particolare con la credenza nella psi, nella precognizione, nello spiritualismo e
nelle forme di vita straordinarie). Questo ovviamente non significa che credere
nel paranormale sia segno di malattia mentale, almeno nella stessa misura in cui
credere al paranormale non è segno di salute mentale. E' un dato di fatto che la
credenza nel paranormale può essere associata facilmente a disturbi mentali, o
comunque a disturbi della sfera emotiva, come hanno tra gli altri ancora visto
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Windholz e Diamant (1974) e Thalbourne (1994, 1998), che hanno evidenziato
come i credenti nel paranormale esaminati nel loro studio mostrino risposte
tipiche di soggetti schizoidi e di problematiche collegate asse psicotico (ideazione
magica e alterazioni percettive). Thalbourne e French (1995) e Andrews e Lester
(1998), Thalbourne, Keogh e Crawley (1999), hanno riscontrato invece la
presenza di problematiche che riguardavano anche l’umore, notando che la
tendenza a credere nei fenomeni paranormali era associata alla presenza di
depressione, mania ed esperienze maniaco-depressive.
Un’indagine recente di Willging e Lester (1997) non ha rilevato invece alcuna
associazione tra disturbi psicologici e credenza in un campione di adolescenti,
piuttosto rilevando una relazione con la presenza di esperienze paranormali
nell’infanzia
D'altra parte non è possibile ignorare il numero notevole di studi compiuti su
questo argomento, i cui risultati mostrano come la credenza nel paranormale sia
associata con una serie di caratteristiche psicologiche che con la salute mentale
hanno abbastanza poco a che vedere, come per esempio ideazione magica,
dogmatismo, scarso interesse verso il sociale, convinzione di essere dominati da
forze esterne e misteriose (locus di controllo esterno). Allo stesso modo, in
genere, la superstizione si collega all'ideazione magica, ma anche a una serie di
fattori che denotano un cattivo adattamento psicologico.
Il concetto di locus of control è andato assumendo una importanza sempre più
determinante nella ricerca sulle credenze. Il costrutto teorico del “locus of
control” è stato elaborato nel 1966 dallo psicologo Rotter, e si riferisce alle
credenze che possiede una persona relativamente al controllo degli eventi
dell'esistenza. Diciamo che le persone, da questo punto di vista possono essere
divise in due grandi categorie: quelli che credono che siano personalmente
responsabili di ciò che accade loro (e sono definiti individui “interni”); e quelli
che ritengono che gli eventi della vita siano determinati da forze esterne che
sfuggono al loro controllo, per esempio dal fato, da altre persone o entità, dalla
sorte (“individui esterni”). Secondo questo costrutto teorico, insomma, esiste una
sorta di continuum di credenze che va da una tendenza alla “internalità” ad una
tendenza dalla “esternalità”, con una serie, ovvia, di sfumature intermedie.
Esistono delle differenze tra i vari tipi di credenza: per esempio è stato notato,
sempre con quel suggestivo strumento che è il Locus of Control, che credenze
religiose tradizionali, credenza nello spiritismo e superstizione sono in genere
associate ad un Locus of Control esterno, mentre la credenza nella stregoneria e
nelle capacità psi è legata maggiormente ad un locus of control interno. Diversa è
la situazione per le credenze religiose per così dire “ortodosse”, tradizionali:
l'unico tratto comune è una certa frequenza di locus of control esterno, ma le
credenze religiose in genere sono associate ad indici di salute mentale, con una
maggiore aderenza tra ideale e concetto di se: si trovano correlazioni infatti con
un buon funzionamento sociale, con un buon adattamento, con alti interessi
sociali. Persino la relazione con l'ideazione magica è variabile, essendo
probabilmente correlata con una maggiore o minore intransigenza religiosa.
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Insomma, Schumaker (1987) è un ottimista. I dati riportati dagli studiosi che si
sono occupati dell'argomento non sono molto a favore della sua ipotesi, e la
credenza nel paranormale più che essere un fattore di salute mentale sembra, al
contrario, essere un indice di psicopatologia. A fronte di queste interpretazioni ne
esiste un'altra che è particolarmente suggestiva. Si tratta di quel fenomeno
psicologico che viene definito “propensione alla fantasia”; questa caratteristica
psicologica è tipica di quelle personalità che fantasticano una gran parte del loro
tempo, e che sono profondamente assorbiti nelle loro fantasie tanto da essere
assorbiti o comunque esperire ciò che stanno “fantasticando” (Lynn e Rhue,
1988). La gente “propensa alle fantasie” è fortemente portata a riportare
esperienze parapsicologiche personali (Wilson e Barber, 1983).
Insomma, le persone con fantasie intense sembrano più portate ad essere
protagoniste di presunti fenomeni paranormali, il che, se fosse così semplice, la
direbbe assai lunga sulla realtà di questi fenomeni. In realtà esistono convincenti
spiegazioni alternative, per esempio quella che sostiene che persone con grande
fantasia possono essere indotte ad avvicinarsi al paranormale, e questa credenza
essere a sua volta un modo per produrre autenticamente esperienze psichiche.
La propensione alle fantasie in relazione alle credenze paranormali è stata
indagata in un campione di soggetti australiani dallo psicologo Irwin (1990a) che
ha rilevato come questa caratteristica di personalità sia correlata ad una serie
piuttosto complessa di credenze, che vanno dalla credenza in concetti religiosi
tradizionali, a quella nella precognizione, nello spiritismo, nella stregoneria, in
forme di vita straordinarie e nella superstizione.
Le persone così propense alla fantasia sono comunque soggetti particolarmente
labili sul piano mentale? Sembra proprio di no. Wilson e Barber (1983), che
hanno studiato attentamente il problema, ritengono che la persona con una forte
propensione alle fantasie sia sostanzialmente ben adattata, sia nella media per
quanto riguarda la salute mentale ed esclude che una estrema propensione alla
fantasia sia dovuta ad una certa incapacità a vivere nella vita reale. Certo, è pur
vero che in certi disturbi mentali (l’isteria, la schizofrenia) sembra esistere una
maggiore incidenza di personalità “inclini alla fantasia”, ma è altrettanto vero che
la psicopatologia è in genere indipendente da questa caratteristica di personalità,
nel senso che non è ad essa causalmente correlata. Si intende dire che essere
inclini alla fantasia è tipico degli schizofrenici e degli isterici, esattamente quanto
lo è delle persone medie, in medie condizioni di salute mentale. D’altra parte,
negli studi psicometrici condotti su questo argomento (per esempio Rhue e Lynn,
1987) si è visto che solo tra il 10 e il 20 per cento dei soggetti del campione
preso in esame presentavano segni di disadattamento; questi studiosi ne
conclusero che l'atteggiamento incline alle fantasie non precede disturbi
psicopatologici, e che anzi, per un certo numero di persone questo atteggiamento
può essere un modo per migliorare il proprio adattamento.
Anche in questo caso non tutti sono d'accordo, e due altri studiosi, Huff e
Council (1987) hanno riportato risultati meno incoraggianti. Secondo essi, l'alta
propensione alla fantasia si associa ad un'alta percentuale di psicopatologia e,
10
comunque, a modalità di adattamento decisamente inferiori rispetto a quelle di
persone con una bassa attitudine alle fantasie. I “grandi fantasticatori”,
presenterebbero con più frequenza rispetto ai “piccoli” fantasticatori tratti
schizoidi, disturbi borderline di personalità, ansia, un concetto di se negativo, e
una sostanziale incapacità a far fronte allo stress.
Questi soggetti potrebbero necessitare, in ogni caso, anche in assenza di
psicopatologia, di maggiore sostegno da parte di un insieme di meccanismi di
difesa dell'Io per prevenire psicopatologia significativa. Insomma, se si concorda
sul fatto che, sicuramente, credere nel paranormale non è affatto indice di salute
mentale, c'è un certo disaccordo sul fatto che essere particolarmente inclini alle
fantasticherie sia un buon modo di migliorare il proprio adattamento.
Uno degli studi più recenti e più interessanti al riguardo è stato condotto da
Harvey J. Irwin, che già ripetutamente si era occupato del problema della
correlazione tra credenze nel paranormale e tratti di personalità. Egli sottopose ad
un triplice questionario un campione di 200 studenti (solo 122 dei quali,
comunque, risposero). I tre questionari erano relativi ai tre aspetti in discussione
nel suo studio, ovvero la credenza nel paranormale, il livello di adattamento (e
quindi di salute mentale) e la propensione alla fantasia. La propensione alla
fantasia fu indagata mediante un test chiamato ICMIC (Inventory of Childhood
Memories and Imaginings); l'adattamento psicologico mediante l'LMHS
(Langner's Mental Health Scale) e la credenza nel paranormale mediante un altro
questionario specifico, PBS (Paranormal Beliefs Scale). I risultati della ricerca
furono decisamente interessanti. Anzitutto, per l'ennesima volta, i dati di
Schumaker vennero smentiti: non solo non risultava che vi fosse una correlazione
diretta tra credenza nel paranormale e salute mentale, ma anzi, che credenze
maggiori nel paranormale si associano a un maggior numero di sintomi
psicopatologici.
Williams e Irwin (1991) hanno proposto di discriminare tra credenza normale e
patologica. Nel primo caso le persone sono perfettamente consapevoli degli
aspetti irrazionali della credenza e degli aspetti cognitivi legati alla percezione
del caso; in questi casi l’ideazione magica convive con il pensiero logico. Nel
secondo caso invece la credenza è associata in maniera patologica al pensiero
magico; essa diventa sintomatica di un funzionamento cognitivo difettoso che
porta a non comprendere la natura irrazionale della credenza, che serva piuttosto
per far fronte ad esperienze psicopatologiche bizzarre, anomale.
La relazione tra credenza nel paranormale e salute mentale dunque esiste, ma è
inversa. Soprattutto sono i 'forti credenti' ad avere più problemi con l'equilibrio
mentale, mentre lo scetticismo o una credenza molto moderata possono essere
meno devianti, e quindi fungere da “self-serving cognitive bias”, e quindi essere
realmente un fattore di salute mentale. Riguardo alla relazione tra credenza nel
paranormale e propensione alla fantasia, Irwin trovò che essa in realtà esiste.
Riguardo alla relazione tra propensione alla fantasia e salute mentale, anche in
questo caso la relazione fu evidenziata, nel senso che le persone con 'propensione
alla fantasia' presentano anche una maggiore 'propensione' alla psicopatologia,
11
presentano cioè più sintomi psicopatologici della media. Insomma esiste un
continuum tra credenza nel paranormale e propensione alla fantasia, così come
propensione alla fantasia e disturbo mentale.
RAGIONAMENTO E CREDENZA NEL PARANORMALE
Le persone che credono nel paranormale, insomma, hanno certe caratteristiche di
personalità. Quanto queste caratteristiche possono influenzare i ragionamenti a
favore o contro il paranormale? Si tratta di un discorso estremamente importante.
Gli scettici hanno ripetutamente sostenuto che esiste una relazione inversa tra le
capacità di ragionamento (logico) e il grado di credenza nel paranormale, sia
come insieme di fenomeni che come trama teorica. Chi crede nel paranormale
sarebbe, infatti, dogmatico, credulone e sostanzialmente incapace di ragionamenti
critici. Tali ipotesi - perché di questo si tratta - sono state vagliate attraverso una
serie di studi sperimentali condotti da diversi psicologi. Alcock e Otis (1980), per
esempio, hanno confrontato le capacità di pensiero critico in due gruppi di
studenti, uno di “credenti” e l'altro di “scettici” ed hanno dimostrato che gli
studenti che credevano nel paranormale erano carenti riguardo al pensiero critico
rispetto agli studenti scettici. Risultati simili furono trovati da Gray e Mill (1990),
che per valutare la capacità di pensiero critico utilizzarono dei sommari,
inventati, di lavori scientifici difettosi. Non si trattava di una differenza dovuta a
carenza di intelligenza o cultura: anzi, i due autori sostennero che persone che
hanno peraltro ricevuto una formazione valida, sono propense ad accettare il
paranormale perché applicano le loro capacità di pensiero critico ad argomenti
selezionati, e non a tutti gli argomenti. Più recentemente Mogan e Morgan (1998)
hanno confermato la presenza di una associazione negativa tra pensiero critico e
due sole forme di credenze: religiose e spirituali.
Un altro lavoro (Polzella, Popp e Hinsman, 1975) aveva osservato che le persone
che credevano nel paranormale (in particolare nell'ESP), avevano meno successo
in un test che implicava prove di ragionamento - sebbene i risultati da loro
ottenuti non fossero poi particolarmente significativi. Non si tratta comunque di
risultati generalizzabili: anche le performance di fronte ad una prova di sillogismi
possono dipendere da diverse variabili, visto che, come è stato dimostrato, anche
il ragionamento fondato sui sillogismi può essere alterato dalle convinzioni
individuali (Janis e Frick, 1943; Morgan e Morton, 1944).
Thalbourne e Nofi (1997) hanno invece osservato come sia l’eccessiva intensità
della credenza ad essere associata con la presenza di abilità intellettive inferiori
alla media .
E' stato Irwin (1991b) a riproporre il problema in termini molto razionali. Le
ipotesi possibili sono infatti solo due: i credenti nel paranormale hanno scarse
capacità di ragionamento razionale, oppure, il ragionamento a favore o contro la
parapsicologia varia con sistematicità in dipendenza del livello di credenza nel
paranormale. Per studiare l'argomento Irwin utilizzò un gruppo di studenti ai
quali sottopose un questionario fondato su sillogismi e il questionario PBS per la
valutazione delle credenze sul paranormale. I risultati di Irwin furono
12
interessanti: egli trovò che la capacità di ragionare a favore o contro il
paranormale non era in diretta correlazione con il grado di credenza nel
paranormale stesso, con una sola eccezione: le persone che avevano credenze
paranormali di tipo 'religioso', che sembravano in realtà mostrare una più bassa
attitudine al ragionamento critico. Il suo studio contrastava con la massima parte
degli studi precedenti, e la discrepanza nei risultati doveva avere una spiegazione.
Irwin ritiene che ad influenzare i risultati sia l'atteggiamento del ricercatore. Un
ricercatore che è palesemente scettico, trasmette al gruppo di soggetti che sta
sottoponendo ai test la sensazione che i credenti nel paranormale siano
necessariamente irrazionali, creduloni e dogmatici, un ricercatore che invece
appare disponibile verso il paranormale (come appunto Irwin, per esempio) può
trasmettere una maggiore sensazione di sicurezza. Questi differenti atteggiamenti
possono condizionare le risposte, in quanto nel caso di un ricercatore scettico i
soggetti possono essere maggiormente in allarme, e quindi fornire risposte
adeguate all'aspettativa del ricercatore (e questo vale anche nel caso opposto). I
risultati, quindi, sarebbero dovuti ad un “effetto dello sperimentatore” rilevante
quanto non intenzionale. Gli scettici hanno ripetutamente rimarcato come la
credenza nel paranormale può essere importante nel fare scambiare per eventi
paranormali fatti normali. Questo allora potrebbe essere un indice di disagio
sociale, e comunque di inadeguatezza dei programmi scientifici scolastici, che
dovrebbero appunto evitare la credenza nel paranormale. E' stato anche rilevato
come credere nel paranormale può indurre a trascurare una certa quantità di
informazioni non coerenti con una ipotesi paranormale, con un meccanismo di
selezione (pag.3). Questa ipotesi è stata successivamente studiata e corroborata
sperimentalmente da Smith, Foster e Stovin (1998). Essi hanno osservato come la
presenza di un contesto sperimentale favorevole all’esistenza dei fenomeni
paranormali era in grado di aumentare l’intensità della credenza del gruppo, e che
questa tendenza si produceva maggiormente nei soggetti più intelligenti, creando
conseguentemente delle correlazioni spurie tra credenza ed intelligenza. Merla
(2000) ha invece notato come sia possibile riscontrare una relazione tra credenza
nel paranormale e difficoltà di soluzione di sillogismi solo nel caso in cui il
contenuto della credenza e quello dei sillogismi coincide; nessuna differenza era
invece riscontrabile per i sillogismi di contenuto neutro.
ALCUNE IPOTESI
Sono state formulate numerose ipotesi per comprendere le motivazioni della
credenza nel paranormale. Una delle più interessanti, di natura sociologica, si
fonda sul concetto di “marginalità sociale” (Bainbridge, 1978; Wuthnow, 1976).
Secondo questa ipotesi la credenza nel paranormale è maggiormente presente in
strati della popolazione caratterizzati da una posizione sociale marginale - quindi
con scarsa educazione scientifica e culturale, o disoccupati o comunque persone
che sono in una posizione piuttosto bassa sulla scala sociale. Questa condizione
si associa ovviamente ad una condizione di alienazione e povertà generale,
frustrante, che pertanto renderebbe queste persone più predisposte a credenze
13
religiose o 'paranormali', anche come compensazione delle frustrazioni del loro
status. In realtà, per quanto interessante, questa ipotesi non è stata dimostrata
inconfutabilmente. Esistono delle evidenze, ma esse non consentono di stabilire
che l'ipotesi è incontestabilmente vera, anche se suggeriscono la sua fruibilità
come orientamento di ricerca.
Più interessante appare il problema generale delle credenze individuali, quello
che è stato chiamata “ipotesi della visione del mondo” (Zusne e Jones, 1982).
Dagli studi empirici effettuati si sono evidenziati alcuni dati di grande interesse:
in genere sono più portati a credere nel paranormale persone che hanno avuto (o
pensano di avere avuto) esperienze paranormali, con un tipo di relazione tra le
due cose che appare sostanzialmente circolare: la credenza incoraggia il
coinvolgimento nelle esperienze psichiche, e le esperienze psichiche
rafforzerebbero la credenza. Un altro fattore di una qualche rilevanza è la
credenza religiosa in generale, che sembra essere positivamente correlata con la
credenza nel paranormale. Chi è religioso, insomma, tende ad essere
maggiormente un “credente” nel paranormale rispetto a chi non lo è, anche se tale
dato non appare univoco.
In genere, dal punto di vista psicologico, il 'credente' nel paranormale adotta una
visione del mondo soggettiva, non ha particolari attitudini scientifiche nei
confronti delle indagini sull'ESP, anche se non ha necessariamente una visione
'antiscientifica' o 'antitecnologica' del mondo. E' un 'dualista' (convinto, cioè, che
mente e cervello non siano la stessa cosa), e, detto in termini più palesemente
psicologici, adotta il punto di vista di un “locus of control” esterno.
Un'altra ipotesi è quella del “deficit cognitivo”. Nel paranormale, insomma,
crederebbero solo i creduloni, gli irrazionali, le persone prive di una sana
mentalità critica. Ma anche in questo caso, i dati disponibili non sono affatto
univoci, anzi questa è forse l'ipotesi meno confermata. Un solo dato presenta una
certa importanza ed un certo interesse: quello relativo alla “propensione alle
fantasie” (Alcock, 1981).
Gli scettici hanno spesso messo in evidenza come esista un legame tra problemi
psicologici e credenza nel paranormale. Questa credenza, pertanto,sarebbe la
risposta ad un preciso bisogno psicologico. L'ipotesi può essere definita delle
“funzioni psicodinamiche”. I dati ottenuti sono abbastanza curiosi, e significativi.
Almeno due ricerche (Tobacyk, e Tobacyk e Pirtilla-Backman) hanno trovato che
le credenze nel paranormale sono in genere correlate in qualche modo ad
alienazione sociale.
In realtà, l'interesse sociale, cioè la capacità di trascendere i propri interessi
personali, prestando attenzione ai bisogni di altre persone, sembra essere
negativamente correlato con la credenza nel paranormale. Insomma il credente, in
genere, è sostanzialmente un egoista, al contrario del credente in senso religioso
tradizionale. I credenti nel paranormale hanno in genere una motivazione sociale
molto bassa, con un'ansia sociale bassa; non sono particolarmente portati a
comportarsi in modi socialmente desiderabili, mentre non hanno paura del
ridicolo. D'altra parte si tratta di dati perfettamente comprensibili, se pensiamo
14
che i credenti nel paranormale hanno in genere un maggiore interesse alle proprie
esperienze soggettive che non ai bisogni degli altri.
E' stata anche valutata la percezione individuale di se. E' stato evidenziato come
alcuni “credenti” nel paranormale hanno un senso grandioso della propria
importanza e unicità. Sono tendenzialmente narcisiste. La credenza nel
paranormale è stata anche messa in correlazione diretta con una quota di
neuroticismo. Inoltre, i credenti nel paranormale con estrema difficoltà
modificano le proprie idee, sono tendenzialmente rigidi e dogmatici. Questo
potrebbe essere indicativo di un adattamento psicologico abbastanza povero.
Shumaker (1987) è convinto (ma è uno dei pochi ad esserlo) che la credenza nel
paranormale sia compatibile con un adattamento psicologico superiore. In realtà,
altri studi hanno trovato risultati completamente opposti, e la credenza nel
paranormale si correla assai spesso con un adattamento psicologico difettuale.
IL RUOLO DELLA CULTURA
La cultura decide quanto credere nel paranormale, ma soprattutto la forma di
questa credenza. Avviene, in qualche modo, ciò che succede con disturbi mentali
in culture non occidentali, dove, come dice Devereux: la cultura decide il modo
in cui ci si può ammalare di mente, secondo forme codificate a priori.
Ma esiste anche un bisogno fondamentale: per mezzo dell'inserimento nel proprio
sistema di credenza delle credenze paranormali, l'individuo riesce ad ottenere una
trama concettuale per strutturare e rendere plausibili molti eventi che altrimenti
potrebbero apparire incomprensibili. La credenza nel paranormale, pertanto,
costituirebbe un bias cognitivo, mediante il quale la realtà viene filtrata,
aumentando il senso di sicurezza emozionale individuale. La credenza nel
paranormale creerebbe pertanto una 'illusione di controllo' su eventi che sono
anomali, o che non sono realmente controllabili dall'individuo.
Questo dipende molto dalle caratteristiche individuali, ovviamente. I credenti nel
paranormale hanno un maggior bisogno di senso di controllo sulla realtà e sul
loro mondo in particolare. Ma perché hanno questo bisogno? La credenza nel
paranormale è correlata con la propensione alla fantasia, e la propensione alla
fantasia appare chiaramente correlata (è uno dei maggiori fattori) con la presenza
nella storia personale di esperienze infantili traumatiche, in particolare abuso
fisico. I traumi infantili possono pertanto costituire una delle origini delle
credenze paranormali. Irwin (1992, 1994) ha trovato una correlazione positiva tra
credenze paranormali e abuso fisico intrafamiliare durante l'infanzia. Il bisogno
di un maggiore controllo sulla realtà sembra pertanto essere in diretta
correlazione con il verificarsi di eventi imprevedibili anche dopo l'infanzia.
Qualunque acuta sofferenza può orientare il pensiero di una persona verso il
paranormale. La sequenza dei meccanismi psicologici sembra quindi essere:
trauma infantile, bisogno di controllo, propensione alle fantasie, illusione di
controllo sugli eventi della vita: tutto ciò porta alla nascita e al mantenimento di
15
credenze paranormali1 (Irwin, 1993). D'altra parte, la propensione alla fantasia
può anche essere incoraggiata dalla famiglia, e sarebbe pertanto necessario
studiare anche questo aspetto, oltre a quello dell'abuso fisico. Il bisogno di
controllo tende a rendere ancora più rilevanti l'occorrenza di eventi anomali e
incontrollabili nella vita dell'individuo.
Perché si scelgono le credenze paranormali? Perché queste credenze offrono
l'illusione di controllo. La facilitazione delle credenze paranormali per mezzo
della tendenza alla fantasia è incoraggiata da una serie di fattori: educazione,
ambiente sociale e culturale, i modelli di credenza offerti dalla famiglia, dagli
insegnanti, dai media, da altri credenti. Inoltre queste credenze possono ancora
maggiormente essere incoraggiate da esperienze paranormali; ma è un circolo
vizioso: la credenza nel paranormale e il bisogno di controllo tende a fare
interpretare come paranormali esperienze anomale e l'incontro con esperienze che
sembrano paranormali tende ad incoraggiare la credenza. Inoltre quando una
credenza paranormale fornisce all'individuo un senso di controllo su eventi
incontrollabili, si attenua la sensazione di aver bisogno di aiuto, e questo rinforza
la credenza nel paranormale e probabilmente anche la sottostante tendenza alle
fantasie.
Le ricerche sull'origine e il significato della credenza nel paranormale
rappresentano un'area di indagine di importanza fondamentale. Esse suggeriscono
molte ipotesi, anche se non hanno ancora costruito una teoria forte che
comprenda tutti gli aspetti di questa fondamentale caratteristica del
comportamento umano.
La credenza nel paranormale, infatti, sembra
rappresentare una delle costanti psicologiche e sociali della storia dell'umanità.
Ignorarne il significato e l’importanza significa anche ignorare millenni di storia
evolutiva della mente della nostra specie.
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lo sviluppo delle credenze.
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