Pdf Opera - Penne Matte

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Pdf Opera - Penne Matte
LA TIGRE TRA LA NEVE
DI DOMENICO DE FERRARO
Così và la vita , per i fatti suoi , verso altre storie che
s'intrecciano, diventano assurde , come nel gioco dell’oca, casella
dopo casella in balia della sorte , influenzato da passi biblici ,
eminenze grigie , chitarre e mandolini ,tutto si consuma in un
breve lasso di tempo , in una vita ai margini di un mondo che
divora se stesso , la propria storia.
Brevemente a volte ho vissuto in questa incertezza , mano nella
mano, di un dolore con un fritto di alice in mano, insieme
all’incomprensione altrui ho cercato di essere me stesso, forse
un altra persona , nell'attimo di una conoscenza che trascende la
verità in strani giochi linguistici et varie espressioni surreali . La
prima volta che la vide ,sudai, stavo per uscire fuori di testa , non
vedevo che lei, non pensavo ad altro . Il viaggio che ci avrebbe
condotto verso un epilogo fatale , ebbe inizio nella primavera del
duemila , si cantava, si beveva, ed io non pensavo altro che lei ,
il suo profumo ,il suo charme, eravamo tutti pronti a correre contro
pericoli immani ed anche se il semaforo lampeggiava arancione,
eccoci in poco tempo sulla dirittura d'arrivo , pronti di nuovo a
ricominciare. Ed il mare in quelle sera era placido, con tutti i suoi
ricordi , i suoi dolori , con le onde su onde che attraversavano gli
sconfinati confini dell’universo poetico , fin a giungere dove la
morte giace sulla sabbia, tra lidi ed insenature , silenzi che sono
tutelati dalla mutua assicurazione.
Ho provato ha ricostruire questo amore, con tutte le sue pecche ,
analizzando il bello ed il brutto , eccomi qui ora dietro una bara
pronto a recitare il mio De profundis , la mia illusione di potercela
ancora fare , di continuare a far finta che il mondo continua a
ruotare intorno ad un punto , intorno ad un idea , giusta o
sbagliata che sia , dentro questa storia che non conosce altre
ipotesi o
soluzioni . Dove sei, ora ,dolce chimera ? hai
spalancato le tue ali , leggera hai condotto via il senso d'una
antica poesia per calli et vicoli , hai fatto sentire la tua voce come
un lamento funebre, come una vecchia litania ,senza denti dai
capelli bianchi , dove hai condotto il mio amore, che si fa
chiamare Carmela?
Era bello stare insieme a Carmela , poterci parlare , stringerla tra
le mie braccia , provare a cambiare , questo sali e scendi , questo
voltare pagina , far finta che tutto vada sempre bene. Ed anche se
ero stato licenziato dal mio posto di lavoro ed avevo una gran
voglia di fargliela pagare a quei maledetti padroni ,provavo pietà
sventolando la mia bandiera rossa per coloro che m'avevano
trattato cosi male.
La mia vita è uno strano mosaico . Carmela lo sempre amata ,ho
sempre cercato di non fargli mancare mai niente. Ella mi diceva :
Vincenzo , ma stai sempre incazzato? io facevo finta di non
sentirla ed anche quando veniva la madre a casa nostra , con
tutte le sue beghe e malelingue i tanti guai che non hanno denti
,corna, pentimenti con il
corpo simile ad una sfinge che si
morde ad ogni momento la coda. Io rimanevo impassibile , muto,
ma la suocera era una tosta anzi tostissima , cosi come metteva
piedi in casa mia , m’ incitava a cambiare atteggiamento ad
essere sereno a far finta d'essere felice.
Anche sé io ho sempre cercato di non apparire, antipatico
,apatico ai cambiamenti di giustificare il mio modo di fare come
un fatto increscioso, litigioso di natura, di carattere somatico
incline a giustificare la mia innata testardaggine , finivo sempre
tra una sigaretta ed una chiacchierata, ad annaffiare le stelle con
il mio piscio , si pisciavo contro il cielo , contro le tante maledizioni
, i guai , passati a causa di mia moglie Carmela . Che da giovane
era un gran bel pezzo di gnocca , ed una volta dovetti litigare,
che dico, diverse , molte volte, causa apprezzamenti di passanti
e diversi amici. “ Ma tua moglie è propria nà bella figliola “ Oh
ma che culo che tiene Carmela .” Che bei occhi , mi fanno
perdere la capa” “ Carmelina sei chiù doce nà caramella ” E via
discorrendo che a me a sentire tali commenti , mi saliva il
sangue alla testa e mi veniva un nervoso che avrei dato del
matto ed avrei fatto uno sproposito. Avrei volentieri , cacciato la
mia calibro trentotto , ed avrei fatto fuoco , contro quei luridi
mascalzoni.
Fù durante una gita al Matese, una bella domenica piena di neve
. Scendevamo dalle cime innevate , con i nostri slittini colorati
,veloci come il vento, incappucciati freddolosi, cantando : Lassù
sulle montagne , tra boschi e valli d'or tra l'aspre rupi echeggia un
cantico d'amor . Che bei giorni , quanta felicita. Scendendo lungo
il crinale del monte nevoso , c'imbattemmo contro Paolo un mio
vecchio amico di scuola , che là
si rabbattava a fare il
parcheggiatore abusivo , ed il tutto fare in una pensione del
luogo. Paolo , lungo , occhialuto, una mazza di scopa . Non
l'avesse mai detto : “ Che bella muglieria che tiene ,Vincè “
Ci vidi nero , mi salì alla testa tutto le frasi oscene che avevo
sempre sentito sul conto di mia moglie , persi la ragione, così
presi uno sci e glielo ruppi in testa. Il poverino incominciò a
sanguinare , la neve divenne rossa del suo sangue vermiglio,
della sua ingenuità , della sua ignoranza. Il male non ripaga , ebbi
paura. Carmela incominciò a piangere a gridare aiuto. In poco
tempo corsero intorno a noi tante persone, alcune non capivano
neppure cosa dicevamo, molti erano extracomunitari , c’era
perfino un africano che tra quella bianca neve, sembrava un
occhio nero. Una morte che ritorna indietro , dall'apatia, dal
disonore che t'abbraccia , ti fà sentire l'ultimo uomo di questa
terra.
Così afferrai Paolo, me lo caricai sulle spalle e scesi la montagna
con il slittino verso la valle , verso una salvezza, piangevo, mi
disperavo , avrei voluto non fargli mai male , avrei voluto essermi
,comportato in tutto altro modo. Povera, Carmela , pensai gli ho
rovinato la vacanza. Scesi, corsi ,slittai , dribblai, come una palla
di neve , ruciuliai , ammappuciato , sciancato, tiranneme a coscia,
chiudendo l'uocchio , giù verso la valle ove c'era un piccolo
pronto soccorso. Lì portai Paolo che lo medicarono e gli misero
dieci punti verticali e quindici orizzontali, sembrava Frankenstein,
che quando lo vidi medicato così conciato , mi scappò da ridere
e mi pisciai sotto, che il dottore mi disse : “Signore siete un
incontinente? Ed io sorrisi e dissi no , sono contento che questo
povero uomo , sia ancora vivo.
Dovetti presentarmi , successivamente davanti ad un giudice che
si chiamava Mastrangelo ed era un gran bevitore di vino ,
giocatore di banco lotto e un grande interprete della canzone
napoletana. Io credevo che m'avesse fatto scontare chell, chell e
mariastella, pensai chesta volta , non me la cavo. E mi feci tre
quattro preghiere, che sono sempre buone. Il giudice e la giuria
sulle prove e le accuse formulate da Paolo sull'incidente
avvenuto fecero piegare l'ago della bilancia verso la mia
ossessione possessiva e dato che non avevo mai fino ad allora
commesso nessun reato fui condannato ad una penale di
diecimila euro per risarcimenti e lesioni procurate al povero
Pauluccio. Mia moglie Carmela quella sera , dopo essere
ritornato dal tribunale , chiuse la porta della sua stanza ed anche
la porta del suo cuore . Mi disse : “chesta mò per punizione te la
puoi scordare “ . Io ci rimasi assai male . Provai a fargli cambiare
idea , mi travesti anche da pagliaccio , da imbianchino, da
contadino, ma lei , nulla irremovibile non mi fece mai trovare ,
dove aveva nascosta la chiave che apriva la sua cintura di castità.
Mesi, mesi dopo di lungo pentimento un bel giorno mi sorrise e
mi disse : stasera viene a trovarci mammà . Io dissi e la
benvenuta. E di nascosto, riesumai la mia calibro trentotto.
Il tempo passa e nun guarda in faccia nisciuno , le parole creano
dimensioni surreali , utopie ,tentativi per poterci sottrare dalla
cattiva sorte , parole che son piume di pavone, lettere leggiadre
, suoni sconosciuti , lettere che scivolano verso un dolce oblio,
verso un divenire che colora questa vita nel bene e nel male .
Ed ora và pensiero addò chiagno ò core , scialando,
scumbinato , vai addò pizzeche e vase nun fanno pertose , addò
i creature sò creature , sò chesta vita, che passa e nun te dice
niente male .Và addò tutto può essere , chelle che sempre hai
pensato, vai, con chisto sciore impazzito , scippate dalla terra,
che parla , ti racconta storie, novelle a lume di candela . Mò
sulo tu ed io Carmela , come tanto tempo fà . Come ti voglio
bene . Ma tu preferisti , metterti in mezzo con le braccia
spalancate tra me e tua madre ,gridasti: “Spara si tiene ò
coraggio , ed io sparai ,sparai e tu cadesti in una pozza di sangue
“ Non ci sta perdono , per quello che ho fatto. Devono buttare la
chiave della mia cella, dentro una fossa di serpenti . Non ho
scusanti, sono dannato. Ed il ricordo di te nella solitudine, mi fa
impazzire . Come ti vorrei tenè ancora n’atu poco , sopra ò core
mio , sopra a chesta vita che nun tene , scuorno di niente. Dentro
a chesta canzone che canto di nascosto che mi trasforma a
faccia, trasforma il male in un ritornello , in un motivo allegro che
rallegra l’animo e nun me fa penzà . Canzone solitarie ,
canzone dell’ammore che mi dà la forza per poter continuare a
vivere, in chesta vita , con tutto chelle , avimmo fatto , con tutto
chelle , c'avimmo passato .