NOVEMBRE 2014

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NOVEMBRE 2014
Press
novembre 2014 / no.71
ISSN 2039-540X
Professione Economica e Sistema Sociale
Press
Sommario/novembre
PRIMO PIANO
50 Luca Santi
CNDCEC REPORT
Castellani: “I bilanci di sostenibilità”
- Pag. 12
53 L’attività di novembre
EDITORIALE
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Maria Luisa Campise
Mio: “L'informativa non financial, un'opportunità
di crescita anche per la Professione”
- Pag. 4
PEOPLE
4 Chiara Mio
9 H. J. Correa Pinzòn
10 Giovanni G. Parente
DIAMO I NUMERI
56 Organizzazione dello
studio e specializzazione
professionale
PROFESSIONE
E TEMPO LIBERO
61 Letti per voi
CNDCEC-Report: “L’attività di novembre”
- Pag. 53
L’INTERVENTO
Modello di bilancio sociale e ambientale del Cilea
- Pag. 9
12 Giovanni Castellani
14 Paolo Pietro Biancone
18 Davide Barberis
Giuseppe Chiappero
26 Gianluca Marini
32 Raffaele D’Alessio
Emanuela M. Cafaro
34 Giuseppe Iuliano
38 Filippo Carlin
41 Maurizio Cisi
Laura Corazza
Simone D. Scagnelli
44 Cristiana Rogate
Le nuove frontiere dei bilanci
ullo sfondo di un elevato grado di crisi di fiducia e di allarmante quadro
S
economico caratterizzato da risorse vieppiù limitate, per le imprese risulta oggi
sempre più pressante l'esigenza di sottoscrivere un nuovo patto sociale e
relazionale. Oltre all’aspetto economico, si tende, infatti, a soddisfare anche quello
sociale, verificando che il comportamento delle unità produttive sia socialmente
rilevante per stakeholder più tradizionali come gli azionisti, ma anche per un pubblico
più vasto.
Il riconoscimento della dimensione sociale dell’attività aziendale è avvenuto grazie,
anche, alla presa di coscienza che l’obiettivo di remunerazione per gli azionisti è
perseguibile non solo massimizzando i profitti a breve termine, ma anche adottando
comportamenti responsabili nei confronti del mercato, che
daranno i loro frutti sul lungo periodo.
Un numero crescente di imprese stanno facendo quindi
proprio il concetto di RSI (Responsabilità sociale
d’impresa), considerandolo necessario per la creazione di
valore e fonte di vantaggi competitivi. Del resto, diversi
studi dimostrano che la RSI ha un effetto positivo sia sulla
performance economica, sia su quella finanziaria,
migliorando la competitività dell’impresa che ne fa uso
rispetto a chi non ne fa.
Ed è proprio al tema dei bilanci sociali o sostenibili e alle
loro caratteristiche che è dedicato questo numero di Press. Attraverso gli interventi di
professionisti, docenti, esperti del settore, abbiamo voluto analizzare i diversi tipi di
rendicontazione e i suoi effetti. Il dato che emerge è significativo. Sebbene tuttora non
imposto da alcuna norma imperativa, non v’è dubbio che la redazione di un bilancio
sociale rappresenta una di quelle best practice naturalmente auspicabile nell’ambito di
organizzazioni complesse, ma anche di piccole medie realtà. Da questo punto di vista
significativo risulta, tra l’altro, il modello proposto dal Cilea e presentato a Roma nei
giorni scorsi. L’estensione del bilancio socio-ambientale anche alle piccole aziende
consente, infatti, a queste realtà di accreditarsi presso il proprio ambito di riferimento
come realtà solide non solo dal punto di vista economico.
Una logica che andrebbe estesa, come giustamente sottolinea la professoressa Chiara
Mio nell’intervista concessa a Press, anche al settore pubblico. Una innovazione, dice la
Mio, che proprio i commercialisti dovrebbero impegnarsi a sollecitare, dal momento
che, in questo contesto, il nostro ruolo è strategico.
Maria Luisa Campise
Direttore Press
Mio: “L’informativa non
financial, un’opportunità
di crescita anche per la
Professione”
L’ambiente e la socialità devono essere percepiti come un
modo per rafforzare la posizione dell’impresa sul mercato.
E i commercialisti sono fondamentali per far cogliere loro
questa opportunità strategica
di Marcella Caradonna
People
L’ambiente sta assumendo un valore sociale sempre più
importante e da tutelare in tutti gli ambiti, compreso quello
produttivo. Da qui l’esigenza delle imprese di comunicare
quanto viene fatto in materia. Si parla quindi di bilancio
ambientale… ma cosa si intende con questo termine?
Sul tema, a settembre, la Commissione Europea ha
definitivamente licenziato l’emendamento alla Quarta
direttiva (che, di conseguenza, dovrà essere recepita negli
Stati membri, compresa l’Italia, entro due anni).
In essa si stabilisce che vi è l’obbligatorietà di informative
non financial negli annual report, quindi nei fascicoli di
bilancio per le quotate, per le aziende con più di 500
dipendenti, per le aziende di pubblico interesse, fermo
restando la possibilità degli Stati membri di estendere il
campo di applicazione.
In attesa di questa obbligatorietà, a latere dell’informativa
propria del bilancio d’esercizio, l’informativa non financial
si trova già da qualche tempo frequentemente declinata in
una delle seguenti tre forme: report (o bilancio) di
sostenibilità, report ambientale, report sociale.
Il bilancio ambientale, in particolare, rende conto degli
impatti dell’azienda sull’ambiente, concentrandosi, quindi,
sullo stakeholder ambiente. Con questo documento, di
solito, si rendiconta sul tema rifiuti (approccio alla
dematerializzazione, cioè all’uso di meno materie possibili CO2, carbon footprint, water footprint,...-) ovvero di
tematiche legate ai fattori ambientali.
È chiaro che sul focus ambientale sono più sensibili le
aziende che lavorano in settori dove l’ambiente è impattante,
come ad esempio quello chimico e tessile, e che possono, se
non ben gestite, causare danni all’ambiente. Altre aziende
invece, dove i temi ambientali non sono così centrali,
redigono i bilanci sociali.
In relazione alle singole situazioni, la comunicazione può
essere rivolta allo stakeholder risorse umane e/o comunità,
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“Oggi le aziende piccole
vivono una crisi che va
ricucita, fra ciò che
comunicano nel bilancio
e che vedono come un costo
e ciò che invece comunicano
nel web o nella
documentazione destinata
ai clienti...”
e altri ancora prendono complessivamente tutti i loro impatti
e fanno un report di sostenibilità, sommando o combinando
i due.
Quali sono i costi ed i benefici per una piccola media
impresa che vuole volontariamente introdurre questo tipo
di comunicazione? Che cosa può condurre a effettuare una
scelta di questo genere?
Le spinte possono essere di tipo endogeno, cioè un’azienda
vuole far percepire il vantaggio competitivo e vuole crearsi
quindi un premium price o una posizione di mercato, perché
si fa riconoscere come rispettosa dell’ambiente o dei diritti
umani o di alcune pratiche; quindi investe in questi settori
perché ritiene di averne un vantaggio, o di quota di mercato
o di immagine. I costi sono legati alla produzione di
informazioni. Però, le aziende che investono in ambiente, in
socialità, sono aziende che gestiscono queste leve, quindi
minimizzano il rischio; pertanto, sono investimenti che poi si
traducono in mancati costi del futuro per adeguarsi o per
pagare multe. Nel lungo termine si spende sicuramente di
meno a investire prima.
È una forma di prevenzione...
Assolutamente sì. E poi il vantaggio di fare l’investimento
prima, volontariamente, consente al management di
scegliere il momento finanziariamente più adeguato.
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People
Quando l’azienda paga la multa o deve fare l’investimento
obbligatorio per legge, non è detto che sia nelle condizioni di
equilibrio finanziario migliore per sostenere quella
dimensione di investimento.
E noi commercialisti che ruolo possiamo avere nella
sensibilizzazione verso le piccole-medie imprese, in
relazione proprio all’importanza che questi temi sono
destinati a rivestire anche a seguito dell’introduzione della
citata normativa?
I commercialisti sono fondamentali per aiutare gli
imprenditori ad avere una visione strategica, dove anche
l’ambiente e la socialità devono essere percepiti non come
un burden, un carico, ma come un modo per rafforzare la
propria posizione sul mercato. Questo vale anche per le
piccole imprese, per distinguersi dal competitor e magari per
diversificare i clienti, aggredire nuove filiere, i mercati, per
esempio nel Nord Europa e/o Centro Europa.
Il commercialista, da sempre vicino alla vita della azienda,
può sensibilizzare e far capire che mettere in sicurezza la
propria società è un obiettivo raggiungibile con poco sforzo.
Da parte nostra dobbiamo sapere che, per affrontare queste
tematiche, serve un approccio di informazione affidabile dal
punto di vista della spendibilità del bilancio.
Spesso si ritiene che la redazione di questi documenti sia di
competenza di esperti nella specifica materia, è così?
La presenza di dati tecnici (per esempio la quantità di CO2,
la quantità di acqua) è certamente garantita dagli esperti
nella materia, ma solo noi sappiamo trasformarli in
informazioni utili per gli investitori finanziari e per
l’imprenditore.
La realizzazione di questo tipo di report sta ormai entrando
nella prassi delle grandi imprese, ma quale è la situazione
nel segmento delle pmi?
Oggi le aziende piccole vivono una crisi che va ricucita, fra
ciò che comunicano nel bilancio e che vedono come un
People
costo (e quindi essendo un costo, un fastidio per cui non ci
mettono attenzione), e ciò che invece comunicano nel web
o nella documentazione destinata ai clienti, dove già molte
piccole aziende fanno sapere ai clienti quanto sono proattive
sull’ambiente, quanto sono attente ai temi sociali, quanto si
agganciano a tematiche di attenzione alle risorse umane.
E questa informativa, oggi molto diffusa, in ottica di
marketing, è già presente nelle brochure e nei siti web
aziendali.
Il compito di noi commercialisti è quello di far presente
all’imprenditore che bisognerebbe mettere un po’ più in
ordine e farla assurgere a informazione istituzionale a livello
azienda.
Quindi possiamo dire che è un’idea più che altro di cultura,
di approccio alla comunicazione?
Sì, che deve essere percepita non come marketing, ma come
un modo per elevare il bilancio a documento, una sorta di
carta di identità dell’impresa, che la introduce nel mondo
delle banche e in quello dei clienti, che parla di sé a tutto
tondo, del suo equilibrio economico finanziario, della sua
capacità di creare valore. Mentre oggi tutto ciò è molto
sottostimato ed assolutamente non valorizzato.
È il motivo per cui Press ha scelto di dedicare questo mese
a queste tematiche. Al di là dei numeri, l’azienda è una
realtà e questa realtà va comunicata...
A tutto tondo. Oggi moltissime piccole imprese che insistono
nelle filiere, nei distretti, sono interessate da questi stimoli
perché il loro cliente, spesso di grande dimensione nella
subfornitura, nella supply chain, impone la rispondenza a
questi requisiti per avviare rapporti commerciali.
Molte aziende dei distretti, delle filiere, vivono già queste
richieste.
Noi dobbiamo, però, farli uscire da un’ottica passiva, perché
lo chiede la grande azienda, e far loro comprendere come
può essere un vantaggio competitivo investire anche in altri
contesti.
Questo approccio costituisce anche un percorso per ridurre
i rischi d’impresa...
Sì. È evidente che un’azienda che ha, come strategia, un risk
assessment dinamico, se vuole minimizzare i rischi
ambientali, sociali, i rischi della competizione, deve
presidiare questi temi.
Si pensi, sempre in un’ottica di risk assessment, come
quanto detto può incidere rispetto al rischio, per esempio, di
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perdere posizioni, che una nuova normativa butta fuori dal
mercato.
E per la Professione?
Per la Professione questa è una grandissima opportunità, per
uscire da solchi già battuti da alto tasso di competizione.
Questi di cui stiamo parlando, invece, sono dei mondi dove
un professionista può interpretare molto bene il ruolo di
supporto, counselor, consulente dell’azienda, per aiutarlo a
creare valore; è veramente una professione che può spaziare
senza grandi competitor.
E ci vuole una formazione particolare?
Una formazione aziendale, ma è già nel nostro percorso di
studio e poi, ovviamente, anche una specifica formazione,
ma facilmente acquisibile.
In altre parole, in questa area di consulenza vi è una
tecnicalità, ma la barriera di ingresso non è alta.
A conclusione di questo interessante colloquio, vuole
mandare un messaggio ai lettori di Press?
Oltre che sensibilizzare ancora i Colleghi verso questo tipo
di consulenza, vorrei lanciare un messaggio politico e
sociale. Trovo totalmente anacronistico che il settore
pubblico non sia obbligato a predisporre dei report di
sostenibilità.
Realtà come un ospedale, una scuola, un’università, una casa
di riposo non devono rendere conto alla comunità solo in
relazione ai risultati economici, ma dovrebbero essere
vincolati a predisporre e comunicare una rendicontazione
sulle ricadute ambientali e sociali di questi organismi
vocazionalmente orientati al bene comunque.
È sicuramente un auspicio importante perché tale approccio
potrà essere la dimostrazione di un profondo cambiamento
culturale...
Sì e noi commercialisti dobbiamo, a mio avviso, impegnarci
presso le sedi competenti perché questo avvenga al più
presto cogliendo, come opportunità, l’introduzione
dell’emendamento alla Direttiva.
Il nostro ruolo è strategico e spero che nei colleghi si sviluppi
questa consapevolezza e venga colta questa opportunità. Chiara Mio, Professore Ordinario presso il Dipartimento
di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia
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Il Modello di bilancio
sociale e ambientale
del Cilea
Nel luglio del 2012 sono stati pubblicati i risultati dell’Inchiesta sul bilancio sociale e ambientale dei paesi del
CILEA, il cui obiettivo è stato quello di raccogliere informazioni affidabili in merito alla presenza, nell’area
geografica di appartenenza degli intervistati, di disposizioni che prevedevano la presentazione di informazioni di
tipo sociale e ambientale, e quali erano i requisiti, le formalità e le modalità di presentazione delle stesse.
Nell’ottobre del 2013 è stata pubblicata la “Proposta di modello di bilancio sociale e ambientale per le PMI” del
CILEA, nell’ambito della collana editoriale Estudios Internacionales CILEA, disponibile anche nella traduzione
italiana curata dal CNDCEC.
Il 10 novembre 2014 è stato presentato a Roma, presso la sede dell’Istituto Italo-Latinoamericano (IILA) e in
collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, il Modello CILEA.
La fase di sperimentazione del progetto partirà la fine dell’anno: il CILEA metterà a disposizione gratuitamente
ai professionisti e alle imprese l’applicazione informatica per l’utilizzo del modello. Costituirà inoltre un gruppo
di tecnici, per avviare un’esperienza pilota in un numero selezionato di imprese operanti in Argentina, Bolivia,
Colombia e Italia.
I lavori del CILEA sono reperibili sul sito internet: www.cilea.info
People
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Pinzón: “Un Modello a supporto delle Pmi”
La sfida del modello di bilancio sociale e ambientale per le
Pmi che il CILEA ha proposto consiste nel mostrare il
comportamento delle imprese rispetto al capitale umano,
sociale, intellettuale e naturale. Perché oggi si riconosce
l’importanza assunta dall’informativa diversa da quella
finanziaria nella relazione annuale sulla gestione delle
imprese?
Si tratta di un processo chiave poiché la maggior parte delle
imprese nel mondo non è sufficientemente consapevole di
quanto concerne la RSI, il bilancio sociale e la preservazione
dell’ambiente in generale. Questa è la ragione per la quale il
CILEA, grazie all’importante contributo di un selezionato
gruppo di esperti in materia, ha messo a disposizione della
comunità imprenditoriale, professionale e parti interessate
questo modello di facile applicazione e comprensione, che
attribuisce molta importanza alla comparazione dei diversi
esercizi, al fine di promuovere un processo di miglioramento
continuo dell’impegno delle imprese nei confronti della
società e dell’ambiente.
Oggi sono pochissime le Pmi che rendono pubbliche queste
attività, poiché la redazione di informazioni sulla
sostenibilità o di bilanci sociali ha per loro un costo
eccessivo. Il modello di bilancio sociale e ambientale
proposto dal CILEA in che modo può aiutare loro ed i
professionisti che le coadiuvano?
La presentazione di bilanci sociali ed ambientali non è
obbligatorio in tutte le organizzazioni imprenditoriali. Per
questo motivo, il CILEA si è proposto, attraverso il suo
modello di bilancio sociale ed ambientale, di fare conoscere
a tutta la comunità una forma semplice, ma piena di
specialità, di come farlo in ogni tipo di organizzazione
imprenditoriale, comprese le imprese giuridiche e personali.
Si pretende che questo modello si implementi laddove sia
obbligatorio ed ugualmente si sviluppi in maniera volontaria
dove non sia obbligatorio, ma che sia tale il livello di
convinzione che si implementi proprio per convinzione più
che per obbligatorietà.
Prima di affrontare la fase della redazione del bilancio
sociale e ambientale è indispensabile conoscere le
aspettative e rilevare la situazione dell’impresa attraverso
l’identificazione dei gruppi di interesse e l’analisi della Pmi.
In che modo avviene la raccolta di questi dati?
Dentro il modello di bilancio sociale ed ambientale, si guida
l’utente dell'informazione in maniera semplice ma
contundente, affinché possa fare conoscere ai differenti
gruppi di interesse i benefici dell'applicazione del modello, in
maniera economicamente razionale e di comprensione quasi
che immediata. Non si era previsto mai prima tanta
semplicità e credibilità nell'informazione plasmata.
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People
Il modello del bilancio proposto dal CILEA attribuisce molta
importanza alla comparazione dei diversi esercizi, invitando
le imprese a stabilire un “piano di miglioramento”. Di cosa
si tratta?
Il CILEA ha previsto nel suo modello di bilancio sociale ed
ambientale che tutto quello che si realizzi in bene della cosa
sociale e la cosa ambientale, che ogni attività sia suscettibile
di migliorare e generare valore aggiunto nel processo di
implementazione e diffusione del modello, rendendolo
dinamico e facile da capire cosicché ogni utente possa avere
la possibilità di fare parte del piano di miglioramento
continuo, tanto nella cosa personale, così come nella cosa
pratica e dinamica di applicazione in ogni tipo di impresa,
tanto commerciale, quanto di servizi o industriale. Questi
piani di miglioramento che può stabilire ogni azienda in
maniera individuale porteranno a sviluppare dei processi che
indurranno a massimizzare i temi sociali e a minimizzare gli
impatti ambientali. Héctor Jaime Correa Pinzón, Presidente CILEA
Parente: “Uno sguardo al futuro”
Il Bilancio Sociale, un documento essenziale. Il Bilancio
Sociale come elemento di sviluppo anche per le piccole
aziende e non più solo per le multinazionali. È una delle
grandi novità che emerge dal congresso mondiale dei
commercialisti e ce ne parla Giovanni Gerardo Parente,
consigliere nazionale dell’Ordine con delega ai rapporti
internazionali e vice presidente del CILEA, il Comitato
d’Integrazione Latino Europa-America.
Vogliamo illustrare l’importanza del documento?
Il bilancio sociale ambientale esteso anche alle piccole
aziende consente a queste realtà di accreditarsi presso il
proprio ambito di riferimento come realtà solide, non solo dal
punto di vista economico finanziario. Nel mercato di oggi, il
rispetto di certi parametri, sociali e ambientali, è considerato
fondamentale dagli stakeholders, e la loro applicazione
comporterà un risparmio da preservare per le generazioni
future. Guardando appunto al futuro, ognuno di noi non può
esimersi dal valutare i costi necessari all’inquinamento, costi
che saranno tanto più bassi, quanto più la nostra generazione
riuscirà a preservare l’ambiente a favore delle future
generazioni; uno studioso della materia sostiene che noi
dovremmo lasciare alle future generazioni, perlomeno quello
che abbiamo ereditato dalle precedenti generazioni, se non
addirittura migliorarlo.
Come si realizza il bilancio socio ambientale?
Gli indicatori utilizzati per le Pmi sono gli stessi utilizzati per
People
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i grandi gruppi industriali, ovviamente tarati sulle ridotte
dimensioni di queste realtà. Si valuta la percentuale di utile
reinvestita in attività sociali ed ambientali, inoltre tra le
informazioni messe a disposizione degli stakeholders non
figurano solo quelle finanziarie, bensì anche quelle di natura
sociale ed ambientale, quali ad esempio la presenza di asili
nido e servizi per i dipendenti all’interno dell’azienda, la
capacità di ridurre l’impatto ambientale, la capacità di
realizzare forme di risparmio energetico, l’ammontare delle
risorse investite nel territorio di riferimento ecc..
E che vantaggi trae un’azienda dal rispetto di questi
parametri?
Nel mercato di oggi è importantissimo rapportarsi con il
territorio e non guardare solo al risultato economico della
produzione. Il lettore attento capisce che un’azienda,
integrandosi meglio di altre nel territorio di riferimento, è
sicuramente accettata dagli abitanti del luogo e dagli
stakeholders di riferimento; pertanto, quanto più questi
parametri saranno accettati dai soggetti di cui sopra, più
l’azienda avrà una visione di insieme molto positiva. Giovanni Gerardo Parente, Vicepresidente CILEA - Italia
SCHEDA TECNICA DEL “MODELLO DI BILANCIO SOCIALE E AMBIENTALE PER LE PMI”
SVILUPPATO DA: Comitato d’Integrazione Latina Europa-America – Gruppo di Lavoro “Bilancio Sociale e
Ambientale”
OBIETTIVO: contare con un modello di bilancio sociale e ambientale che consenta la redazione delle informazioni
relative alle dimensioni economica, sociale e ambientale della PMI.
CONFORMAZIONE DEL MODELLO: integra informazioni sulla performance economica, sociale e ambientale,
tramite indicatori delle seguenti caratteristiche:
1 - Indicatori economici: evidenziano il valore aggiunto generato dall’organizzazione e le modalità della sua
distribuzione tra chi ha contribuito ad ottenerlo.
2 - Indicatori social interni: informano sul comportamento della PMI relativamente ai suoi dipendenti.
3 - Indicatori sociali esterni: informano sugli investimenti della PMI a favore della società in cui opera.
4 - Indicatori sulle risorse umane: informano circa le assunzioni, licenziamenti, litigi, livello di istruzione, assunzione
di portatori di handicap, ecc.
5 - Indicatori di politiche del lavoro: evidenziano le politiche stabilite dall’impresa rispetto a tutto ciò che abbia lo
scopo di migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro.
6 - Indicatori ambientali: servono a far conoscere le azioni svolte rispetto alle materie prime, riciclo dei materiali,
rifiuti, impatto delle emissioni di gas a effetto serra e le risorse naturali.
7 - Altri indicatori: evidenziano le misure adottate dalla PMI riguardo al lavoro minorile, corruzione e responsabilità
per il prodotto. È possibile aggiungere indicatori che rispondano agli altri principi del Patto Globale dell’ONU.
È importante che le informazioni inserite nel bilancio sociale e ambientale siano sottoposte a revisione esterna, per
ragioni di credibilità e trasparenza.
APPLICAZIONE: rivolto a tutte le PMI che volontariamente vorranno presentare informazione economica, sociale e
ambientale, o alle aziende a cui queste informazioni sono richieste da altre organizzazioni, catena di valore o enti creditizi.
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I bilanci
di sostenibilità
Giovanni Castellani
Odcec Roma, Direttore Scientifico Fondazione Nazionale Commercialisti
La sostenibilità ha ed avrà sempre più un ruolo centrale nel
cambiamento che organizzazioni, mercati e società dovranno affrontare
egli ultimi venticinque
anni, nelle organizzazioni
(di seguito
indifferentemente anche
“aziende” o “imprese”) di
tutto il mondo, almeno in quelle di più
grandi dimensioni, si è registrato un
incremento delle azioni in tema di
Responsabilità Sociale d’Impresa. Lo
strumento più visibile adottato dalle
aziende per l’estrinsecazione di tale
attività, è un documento di
rendicontazione che può essere
definito Bilancio di Sostenibilità.
Il dibattito relativo alla forma che
meglio si adatta a questo documento
era, agli inizi, essenzialmente centrato
sui diversi orientamenti rispetto
all’autonomia che esso avrebbe dovuto
assumere rispetto al tradizionale
Bilancio di Esercizio. Se per alcuni
studiosi esso doveva godere di piena
autonomia e individualità, per altri il
risultato dell’attività d’impresa verso
l’intera comunità degli Stakeholder
doveva e poteva trovare spazio
all’interno del Bilancio di Esercizio o
nei documenti che lo accompagnano.
Si deve altresì rilevare che anche
relativamente alla denominazione da
N
assegnare a tale documento non vi
era, ed ancora non vi è, unanimità di
vedute. Al termine Bilancio di
Sostenibilità (che qui si preferisce)
spesso si affiancano quelli di Bilancio
Sociale, Rapporto di Sostenibilità,
Bilancio Socio-economico,
Rendiconto Sociale, Bilancio socialeambientale e altri simili, ora utilizzati
come sinonimi ora caricati di
connotazioni diverse.
È necessario anche porre in
evidenza che alcuni studiosi non
ritengono neppure opportuno
utilizzare il temine “bilancio”, poiché le
risultanze non finanziarie dell’attività
aziendale non potrebbero essere
raffigurate in “forma bilanciante”.
A parte il fatto che nella nostra
lingua il termine “bilancio” non ha
solo la sua funzione ragionieristica
legata al sistema della “partita doppia”
(ma assume ormai anche il significato
di “risultato complessivo”, ovvero di
“valutazione consuntiva” non solo
numerica, si pensi al c.d. “bilancio di
una vita” o al “bilancio dei pro e dei
contro”), ai fini di una chiarezza
espositiva, non ritenendo utile né
produttivo entrare nel merito di
questa discussione lessicale, si
preferisce utilizzare il termine
Bilancio di Sostenibilità per indicare
un documento unitario, redatto in
base a specifici modelli di
rendicontazione che estenda e/o
integri la Relazione sulla Gestione del
Bilancio d’esercizio e che raccolga ed
esplichi al suo interno le informazioni
di carattere non finanziario e tutto
l’impegno profuso da un’azienda in
ambito di RSI e quindi in tema di
sviluppo sostenibile.
All’inizio anni ’90, quando
cominciarono a diffondersi i primi
report ambientali, le ragioni
sottostanti alla loro pubblicazione
differivano fra i vari continenti: in
Europa i driver (così generalmente
definite, nella prassi corrente inglese,
le forze propulsive connesse alle
prestazioni aziendali) furono
soprattutto l’accresciuta sensibilità
del management verso le questioni
ambientali, le relazioni pubbliche, la
ricerca di un vantaggio competitivo e
la volontà di aderire compiutamente
alle norme di legge. In America,
invece, secondo il modello del
capitalismo filantropico di radice
L’intervento
calvinista, che prende la libertà e la
erge a pietra angolare rimandando le
valutazioni etiche alla filantropia post
o para-mercantile, la spinta in tal
senso venne direttamente dalla base
azionaria degli investitori che
reclamava soprattutto la
comunicazione esplicita di azioni di
tutela ambientale.
Si teorizzava, in ogni caso, che un
report ambientale potesse accrescere
la consapevolezza sulle problematiche
ecologiche e facilitare l’adozione di
una strategia di risposta che
comunicasse il messaggio aziendale
sia all’interno che all’esterno.
L’accresciuta trasparenza
dell’impresa, inoltre, avrebbe
migliorato la sua stessa credibilità e
gli sforzi compiuti e i parametri
adottati potevano essere comunicati
per mezzo dello stesso report.
Ulteriori vantaggi furono
individuati nella possibilità di
effettuare risparmi sui costi,
migliorare la reputazione aziendale,
conseguire una maggiore efficienza,
accrescere il morale del personale,
così come sviluppare migliori
opportunità d’affari.
Alcune organizzazioni, nella
consueta relazione annuale, iniziarono
così ad inserire un rapporto sulla
sostenibilità che conteneva tre diverse
dimensioni: economica, ecologica e
sociale, adottando un approccio che
fu poi definito in dottrina della c.d.
Triple Bottom Line.
La rendicontazione sulla
sostenibilità è divenuta, in tal modo,
la pratica di misurare e di rendere
note (di esserne quindi responsabili
nei confronti degli stakeholder interni
ed esterni) le performance
organizzative rispetto agli obiettivi di
sviluppo sostenibile.
A prima vista a qualcuno poté
sembrare, con un’ottica di breve
termine, che la rendicontazione di
sostenibilità imponesse troppi oneri
alle aziende che dovevano predisporre
strumenti e processi per la raccolta e
l’elaborazione dei dati. Tuttavia,
guardare alla rendicontazione di
sostenibilità come un costo, piuttosto
che come un investimento, è sempre
stato un errore.
Ed infatti, l’idea emergente di
integrare, in un unico documento,
informazioni strategiche sulla
sostenibilità con informazioni
finanziarie (nata nel 2009 dagli studi di
Eccles e Krzus all’Harvard Business
School), è diventata poi una
scommessa decisiva. La sostenibilità
ha ed avrà sempre più un ruolo
centrale nel cambiamento che
organizzazioni, mercati e società
dovranno affrontare e le informazioni
sulla sostenibilità, significative per le
prospettive di un futuro valore di
un’azienda, non potranno che essere
parte fondamentale di un sistema di
Rendicontazione Integrata (IR,
nell’acronimo inglese).
Si tratta di un modello di struttura,
internazionale, studiato dall’IIRC
(International Integrated Reporting
Council), per intercettare informazioni
su strategie, governance, performance
e prospettive, in un formato chiaro,
conciso e paragonabile.
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Il Framework accolto il 15 aprile
scorso dal Parlamento Europeo con
una propria “risoluzione legislativa”
su una proposta della Commissione
Europea di modifica della direttiva
2013/34/UE, servirà per sostenere e
accelerare il processo di evoluzione
dei report aziendali, evidenziando gli
sviluppi, in campo finanziarioamministrativo, dell’analisi della
gestione e dei Bilanci di Sostenibilità.
Alcune imprese di grandi
dimensioni (almeno per ora),
nell’ottica di migliorare l'uniformità e
la comparabilità delle informazioni di
carattere non finanziario che
“circolano” nell'Unione, si vedranno
obbligate a redigere i loro Bilanci
Integrati, in base ad indicazioni
predefinite dalla legge.
Dopo di che, in un po’ di anni, si
aprirà un mondo sull’integrazione
della reportistica, finanziaria e non, e
si arriverà all’uniformità degli schemi
e dei contenuti, proprio come è
successo con i Bilanci di Esercizio ed
i Principi Contabili.
Lo spazio ristretto impone di finire qui.
Dei Bilanci di Sostenibilità, quanto
sopra è solo un flash. Ci si potrà
tornare, anche in virtù del fatto che si
tratta di una nuova ed
interessantissima prospettiva
professionale per i Commercialisti. 14
Pmi, alla prova
del report integrato
Paolo Pietro Biancone *
( )
Uno studio condotto dal Dipartimento di Management dell’Università
di Torino ne dimostra l’utilità.
La parola ai professionisti che devono farsi promotori
l report integrato è un valido
strumento strategico-gestionale
anche per le Pmi. Una recente
ricerca, condotta dal
Dipartimento di Management
dell’Università di Torino su 162
aziende del settore agroalimentare
piemontesi, ha dimostrato l’interesse
e l’opportunità dello strumento.
Il Report Integrato offre la
possibilità all’azienda di rileggere i
propri processi e gli obiettivi
strategici in un’ottica oggettiva e
critica: può configurarsi, se
accompagnato da uno sforzo e un
impegno coordinato dal vertice
aziendale, come un utile strumento
per le Pmi che intendono mettere in
discussione il proprio modo di fare
business per ottenere migliori risultati
in campo economico, ambientale,
organizzativo e sociale. Il Report
Integrato, per sua natura, fornisce una
visione della natura e della qualità
delle relazioni che l’azienda
intrattiene con i suoi portatori
d’interesse, includendo la misura in
cui l’organizzazione comprende e
tiene in considerazione i bisogni e gli
interessi. Rappresenta, dunque,
un’opportunità e una nuova sfida. La
I
redazione di un Report integrato può
consentire, inoltre, maggiori
opportunità di aggregazione con
organizzazioni complementari sotto
forma di reti aziendali o altre forme di
sviluppo congiunto.
L’analisi condotta sulle aziende del
campione ha permesso di capire quali
aspetti “non monetari” della gestione
sono solite tenere sotto osservazione,
in particolare tramite utilizzo di
appositi indicatori, e quali di questi
vengono comunicati all’interno e
all’esterno dell’azienda e con quali
modalità.
Questo processo è servito a porre
le premesse per la costruzione di un
Report Integrato per le piccole e
medie imprese del settore alimentare,
estendibile alle Pmi di altri settori di
attività: è stata ideata, quindi, una
struttura di Report Integrato che ha
l’ambizione di essere realmente
applicabile alle Pmi.
Il Report Integrato presentato di
seguito tiene in considerazione, in
primo luogo, le disposizioni contenute
nel Framework per il Report Integrato
( )
*
del International Integrated Reporting
Council (IIRC). Non solo, considerato
che il framework, essendo “principle
based”, non entra nel dettaglio per
quanto riguarda gli elementi di
contenuto e i collegati indicatori, per
definire questi è necessario fare
riferimento a ulteriori linee guida
attualmente esistenti: le linee guida
dell’ente Global Reporting Iniziative
(GRI) in materia di rendicontazione di
sostenibilità. Si tratta delle linee guida
internazionali attualmente più
utilizzate dalle aziende nella redazione
di report sociali, che danno
indicazioni su come articolare le
sezioni del report, quali contenuti
includere e quali indicatori, applicabili
a qualsiasi tipo di azienda, utilizzare.
Da guida fanno anche i Principi di
redazione del Bilancio Sociale, redatti
dal Gruppo di studio per il Bilancio
Sociale (GBS), e gli indicatori di
sostenibilità che l’Istat, in
collaborazione con CSR Manager
Network Italia (associazione dei
Responsabili delle politiche di
sostenibilità delle maggiori aziende
Presidente del Corso di Laurea in Professioni Contabili dell’Università di Torino
L’intervento
italiane), suggerisce poiché ritenuti
essenziali e applicabili alle aziende di
qualsiasi settore.
La struttura di Report Integrato
proposta è così articolata.
Ritratto dell’azienda
La sezione deve fornire al lettore
informazioni concise, ma sufficienti a
comprendere le dimensioni, le
performance economiche e sociali e le
linee guida utilizzate dall’azienda nello
svolgere la propria attività. Il ritratto
dell’azienda deve tener presentare
anche:
1.1 Storia: una breve descrizione
dell’azienda, relativa al tipo di attività
svolta e al settore di appartenenza.
1.2 Mission vision obiettivi: l’identità
dell’azienda è indicata tramite
dichiarazione della mission e/o della
vision aziendali. A queste può essere
affiancata la definizione di obiettivi di
lungo termine verso i quali il
15
management indirizza l’attività
aziendale.
1.3 Indicatori di sintesi: si consiglia di
presentare gli indicatori di sintesi che
meglio si prestano a riassumere le
performance economiche, ambientali
e sociali dell’azienda nell’esercizio
(confrontati con gli stessi valori
dell’esercizio precedente).
all’azienda. Qualora applicabile, è
doveroso dare una descrizione delle
aziende facenti parte del gruppo
attraverso dati di sintesi quali
superficie, addetti, attività
prevalentemente svolte. La stessa
descrizione si applica nel caso
l’azienda possieda diversi poli
produttivi.
Notizie sul Report
È indispensabile innanzitutto
precisare il perimetro del report
(quale/i società sono incluse) e il
periodo temporale a cui la
rendicontazione si riferisce. Occorre
precisare a quali principi si è fatto
riferimento nella redazione del report
e indicare quali documenti sono
contenuti o ripresi in toto dal report.
Mercato
Utili indicatori della posizione
dell’azienda all’interno del mercato
sono: la quota di mercato, il numero di
competitor diretti, il confronto tra la
quota di mercato dell’azienda e quella
dell’azienda leader.
Assetto societario e governance
La sezione è dedicata alla descrizione
della struttura e degli organi interni
Processi
Si descrive il modello di business
dell’organizzazione, cioè il processo
attraverso cui gli input, tramite le
attività di trasformazione economica,
sono convertiti in output e risultati
16
L’intervento
che contribuiscono a raggiungere gli
obiettivi strategici e di remunerazione
congrua di tutti i fattori produttivi
utilizzati nel breve, medio e lungo
periodo. Questa sezione è quella che
più di tutte dipende dalle
caratteristiche specifiche della singola
azienda che effettua la
rendicontazione e si occupa nel
dettaglio di processi di:
Acquisti
Produzione
Vendita
Innovazione
Certificazioni
Qualità.
Stakeholders
Questa sezione contiene l’indicazione
di quelli che sono i portatori di
interesse primari e secondari
dell’azienda
Valori Economico-Finanziari
e Valore aggiunto
Sono contenuti i valori di Stato
Patrimoniale e Conto Economico in
maniera immediata e sintetica. Questa
sezione permette, anche al lettore
meno abituato a consultare bilanci, di
avere una visione completa delle
performance dell’impresa, ma anche
al lettore esperto di individuare i dati
principali senza sfogliare i documenti
in tutti i loro dettagli. La forma di
presentazione consigliata è quindi
quella di tabelle sintetiche che
contengano le voci principali con gli
indicatori patrimoniali, finanziari e di
redditività utili a comprendere gli
equilibri della gestione aziendale. Per
quanto riguarda il valore aggiunto è
opportuno presentare la struttura del
conto economico per fare emergere
come il valore creato viene distribuito
tra i portatori di interesse.
Bilancio
Questa sezione riprende
integralmente il bilancio d’esercizio
così come redatto e depositato
dall’azienda secondo le disposizioni di
legge e comprende:
Prospetti di Stato Patrimoniale e
Conto Economico
Nota integrativa
Relazione sulla gestione
Relazione Collegio Sindacale
Relazione revisore/società di
revisione.
pone in essere nei confronti della
società nel suo complesso e, nello
specifico, verso le comunità locali con
le quali essa si confronta
quotidianamente.
Capitali
In questa sezione sono trattate
specifiche categorie di capitale:
9.1 Capitale umano rappresentato
dalle competenze espresse dal
management dell’azienda e più in
generale da tutto il personale.
9.2 Capitale sociale e relazionale,
definito dalle relazioni e dai valori
condivisi con la comunità nella quale
l’impresa opera, e con i gruppi di
stakeholder.
9.3 Capitale intellettuale: include i
diritti di proprietà intellettuale, quali
software, diritti di copyright, licenze e
le componenti intangibili dell’impresa,
quali l’organizzazione, la conoscenza,
la capacità di innovare, le procedure,
la cultura.
9.4 Capitale naturale, rappresentato
da tutte le risorse naturali rinnovabili
e non, che sono utilizzate per la
produzione e supportano il successo
presente e futuro dell’organizzazione;
include anche le modalità con cui
l’azienda prende atto dell’impatto che
la sua attività ha sull’ecosistema e sul
territorio.
Revisione degli aspetti sociali
attraverso la certificazione sociale
e ambientale, curata da
certificatori ad hoc
Per la redazione del Report Integrato
da parte delle Pmi occorre,
comunque, combattere le resistenze:
in primo luogo, la mancanza di tempo:
le piccole e medie imprese hanno
generalmente quale obiettivo primario
la produzione e la vendita dei propri
prodotti. Non solo, le piccole e medie
imprese sono generalmente restie a
diffondere informazioni all’esterno; la
stessa diffidenza si estende poi alla
comunicazione degli aspetti non
monetari della gestione. Non ultimo,
hanno carenza di personale informato
sul tema. Quest’aspetto è correlato
alla mancanza di linee guida o esempi
costruiti sulla misura delle
piccole e medie imprese.
In questo contesto, il
professionista può farsi promotore del
Report Integrato, dimostrandone le
utilità: un solo documento per
descrivere in maniera sistemica tutti
quei processi e quelle iniziative, legate
alla gestione sociale e ambientale, che
le aziende al momento realizzano, ma
non hanno ancora formalizzato
all’interno dei processi gestionali. Performance sociali
La sezione riguarda tutte quelle forme
di impegno e attenzione che l’azienda
Obiettivi futuri
L’azienda può utilizzare questa sezione
per riassumere i punti principali delle
proprie performance economicofinanziarie, ambientali e sociali ed
esplicitare gli obiettivi futuri in
termini di miglioramento delle stesse.
Rappresentiamo una minoranza del 99,9%.
In Italia le PMI sono
il 99,9% della forza
economica, eppure
vengono trattate come
una minoranza. Il
mondo produttivo e le
istituzioni funzionano
solo grazie alle libere
professioni, eppure
queste ultime non
vengono prese
in considerazione
dai poteri forti.
Essere utili al Paese
significa cambiare
anche questi squilibri,
ma soprattutto
lavorare per le
cose che contano.
18
I nuovi modelli di gestione
e comunicazione
Davide Barberis e Giuseppe Chiappero
Odcec Torino
L’esperienza dell’Ordine di Torino, Ivrea e Pinerolo: una proposta per i
professionisti impegnati nell’indirizzare le organizzazioni a una gestione
socialmente responsabile
o scenario economico
mondiale è in continua
trasformazione. Gli
strumenti tradizionali di
rilevazione e
rappresentazione dei risultati di
gestione delle organizzazioni,
contabilità finanziaria rivolta al
processo decisionale prevalentemente
giuscontabile e contabilità generale
rivolta alla rappresentazione delle
dimensioni economiche e
patrimoniali, non sono più sufficienti
ad esaudire nei confronti degli
stakeholder la totalità sempre
crescente delle esigenze informative.
In tale contesto, la scienza
manageriale ha proseguito senza sosta
ad elaborare nuovi modelli di gestione
e comunicazione.
Il bilancio sociale si pone nel solco
dell’innovazione in materia di
trasparenza e di accountability. È uno
strumento in grado di fornire visioni
sistemiche delle organizzazioni
pubbliche e private, sia orientate al
profitto e sia non lucrative, con un
approccio complesso e
interdisciplinare capace di cogliere le
connessioni anche deboli tra cultura,
valori e modelli di gestione,
evidenziando il patrimonio intangibile
fatto soprattutto di relazioni, capacità
organizzative e capitale umano.
L
Il bilancio sociale è l’esito di un
processo complesso in quanto
multidirezionale (top down e bottom
up), inclusivo in quanto riguarda una
molteplicità di stakeholder (interni ed
esterni; diretti e indiretti),
multidimensionale in quanto integra le
dimensioni identitarie (visione,
missione e storia), strategiche e della
programmazione operativa, gestionali
e del controllo, contabili e della
rendicontazione, della misurazione
della performance e della valutazione
dei risultati e degli impatti, del
miglioramento operativo e strutturale.
Nelle sue dimensioni di processo e di
rendiconto, costituisce per tutte le
organizzazioni una modalità operativa
e comunicativa particolarmente
efficace con cui le stesse,
dichiarandosi socialmente
responsabili, rendono conto ai propri
interlocutori della “fedeltà” ai principi
e valori che informano le proprie
mission.
Per queste ragioni il processo di
realizzazione del bilancio sociale deve
essere gestito con adeguata
competenza professionale e corretti
strumenti operativi. Quanto al primo
requisito la competenza tecnica del
(1)
Commercialista è propria del nostro
ruolo professionale come riconosciuta
dall’art. 1 c. 3 lett. o) del d.lgs.
139/2005; quanto al secondo aspetto
l’Ordine di Torino, in collaborazione
con la Regione Piemonte e con il
Dipartimento di Management
dell’Università di Torino, ha elaborato
il “Metodo Piemonte per il Bilancio
sociale” (nel seguito “Metodo
Piemonte”) quale sintesi di metodica
scientifica e prassi
professionale/istituzionale.
Il valore del Metodo Piemonte:
innovazione e inclusione
Il Metodo Piemonte trova le sue radici
nelle motivazioni stesse che avviano,
sostengono ed esplicitano il processo
di rendicontazione sociale delle
organizzazioni, riconducibili a due
diverse concezioni del bilancio
sociale(1):
una visione “umanistica/valoriale”,
che spinge le organizzazioni a
dimostrare, attraverso i report
sociali, la capacità di declinare
nelle attività aziendali, in modo
misurabile e documentabile, i
principi e i valori incorporati nella
propria mission, facendo
Cfr. “Bilancio sociale e valutazione” in Di Russo, Falduto (a cura di) “Governo, controllo e valutazione delle
società partecipate dagli enti locali”, MAP, 2009.
L’intervento
emergere la cultura dell’ente;
una visione di “allargamento della
responsabilità” che, spingendosi
oltre i confini della contabilità
finanziaria, consente
all’organizzazione di essere più
efficace e incisiva nel rispondere
alle aspettative degli stakeholder,
accogliendo nel perimetro della
rendicontazione fattori di tipo
sociale e ambientale che, uniti a
quelli economico-finanziari, siano
in grado di fornire una
rappresentazione adeguata e
completa in termini di effetto delle
attività aziendali sulle dinamiche
delle relazioni con tutti gli
interlocutori, titolari di interessi
legittimi nei confronti
dell’organizzazione.
Quale che sia la motivazione
prevalente, nel Metodo Piemonte il
bilancio sociale assume, prima ancora
che le fattezze di un documento, la
valenza di esito di un processo di
gestione responsabile, diventa il
bilancio stesso dell’organizzazione, il
solo documento capace di rispondere
ai bisogni informativi di tutti i soggetti
che debbono effettuare, nei confronti
dell’organizzazione, valutazioni o
(Slide 1)
analisi decisionali. (Slide 1)
Il bilancio sociale, all’interno del
sistema di accountability,
rappresenta dunque l’esito di un
processo di gestione responsabile,
idoneo a:
definire un gruppo di processo;
interpretare il processo di gestione
strategica;
rilevare obiettivi, indicatori e
target significativi;
far cooperare i responsabili di
organizzazioni complesse;
individuare e valutare i risultati
raggiunti;
verificare la qualità del processo
attraverso il feedback (rilevazione
del consenso).
La forma più evoluta di bilancio
sociale rispondente ai principi del
Metodo Piemonte è dunque un vero e
proprio “bilancio di sostenibilità”,
intendendosi con tale accezione un
bilancio che esprima, attraverso un
insieme di indicatori finanziari e non
finanziari, la capacità delle
organizzazioni di generare valore nel
tempo, attraverso scelte organizzative
e di processo orientate alla creazione
di rapporti duraturi e, appunto,
sostenibili, con tutti gli interlocutori
(Slide 2)
19
interni ed esterni.
Ecco perché nei bilanci sociali
l’identità dell’organizzazione si
caratterizza non tanto nella sua
essenza giuridica, quanto nella sua
“centralità” rispetto a una complessa
rete di interrelazioni, fondate sulla
condivisione di valori, che legano
l’azienda alle individualità che la
compongono e al mondo esterno,
rappresentabile con una matrice,
denominata “mappatura degli
stakeholder”, in grado di
rappresentare le diverse modalità con
cui gli stakeholder si relazionano
all’azienda (interni - esterni; diretti indiretti). (Slide 2)
3. IL Metodo Piemonte per il
bilancio sociale
Il Metodo Piemonte fa propria la
filosofia “endogena” secondo cui il
processo di predisposizione del
bilancio sociale deve essere governato
e gestito dall’interno
dell’organizzazione, differentemente
dall’approccio cosiddetto “esogeno”
che vede affidate a soggetti terzi gran
parte delle attività preposte alla
redazione del documento.
Il Metodo Piemonte punta molto sulla
20
L’intervento
creazione di competenze e sul senso
di appartenenza degli attori di
processo, a differenza di altri che
vedono nel bilancio sociale uno
strumento prettamente di
comunicazione, ideabile e realizzabile
da professionisti/tecnici del settore.
Secondo questa filosofia, il Metodo
Piemonte prevede innanzitutto
l’individuazione dei responsabili di
processo, la definizione degli
strumenti operativi, nonché la
costituzione di un comitato scientifico
di cui fanno normalmente parte
rappresentanti degli enti, istituzioni e
categorie che presiedono alla
pianificazione di processo secondo
corretti standard metodologici e
riferimenti scientifici.
I principali strumenti del Metodo
Piemonte sono:
l’indice programmatico o
metodologico che individua, per
ciascuna sezione del bilancio esito
di processo, i relativi responsabili e
gli elementi qualificanti del
processo di rendicontazione
sociale;
il cronoprogramma (sotto forma di
diagramma di Gantt), che
scandisce le fasi temporali di
svolgimento delle procedure
preposte alla predisposizione del
bilancio sociale, secondo
l’impostazione tipica del project
management;
le schede di valutazione di
processo, di cui si avvale il gruppo
di validazione, formato da
commercialisti, per l’espletamento
delle sue funzioni.
Il ruolo del commercialista si svolge
dunque lungo tutto l’arco del
processo, interagendo sia con il
comitato scientifico sia con i
responsabili di processo.
In particolare, è compito del
commercialista assistere il comitato
scientifico nella corretta
pianificazione di processo e
individuazione dei riferimenti
metodologici, nonché supportare il
gruppo di lavoro interno
nell’implementazione dello schema
metodologico e definizione delle
scadenze operative. Il commercialista
interagisce altresì con i responsabili di
processo, individuati dallo schema
metodologico/indice programmatico,
ai fini di un continuo confronto
professionale finalizzato al giudizio di
conformità procedurale.
Questa è tipicamente, secondo il
Metodo Piemonte, lo schema di
analisi delle fasi di processo e
correlazione degli esiti con la
struttura tipica del bilancio sociale:
Analisi strategica, in cui
evidenziare, quali componenti
dell’IDENTITÀ AZIENDALE, la storia
dell’organizzazione, i valori e principi
che ne informano la mission, gli
obiettivi strategici e le relative
politiche, la mappatura di tutti gli
interlocutori che ripongono
nell’organizzazione aspettative e
interessi, la descrizione delle attività
svolte e le relative scelte organizzative
effettuate ai fini di un ottimale
svolgimento delle attività aziendali
(Slide 3)
sotto i profili dell’efficienza, efficacia
ed economicità della gestione, nonché
della creazione di valore.
L’esplicitazione dei principi crea una
maggiore responsabilizzazione da
parte di tutti gli attori di processo che,
attraverso la rendicontazione sociale,
dovranno attestare il grado di
coerenza dell’operato aziendale con i
principi dichiarati. Assume
preminente rilievo in questa sede la
piena adesione dell’organizzazione ai
principi declinati da ISO 26000
nell’affermare la responsabilità
sociale delle organizzazioni: (i)
responsabilità; (ii) trasparenza; (iii)
comportamento etico; (iv) ascolto
delle parti interessate; (v) rispetto
delle leggi (compliance); (vi) rispetto
delle norme internazionali di
comportamento; (vii) rispetto dei
diritti umani.
Tali principi, che potremmo definire di
etica aziendale, informano la mission,
determinano gli impatti, indirizzano i
processi decisionali, qualificano il
rapporto con gli stakeholder
(nell’ottica del shared value),
rientrando in un sistema di scelte
organizzative e prima ancora
nell’adesione a un modello di cultura
aziendale fondato sulla centralità
L’intervento
della persona, ovvero sulla creazione
di valore e sulla qualità delle relazioni
con i portatori di interessi. (Slide 3)
Analisi dei prospetti del bilancio
economico-finanziario, ai fini delle
opportune rielaborazioni necessarie
per evidenziare, nel RENDICONTO, la
ricchezza prodotta dall’organizzazione
e la relativa distribuzione ai soggetti
destinatari di politiche specifiche,
supportati da un set di indicatori
rilevanti ai fini di una completa
rappresentazione della realtà
economica sottostante (c.d. financial
highlights).
Analisi dei processi operativi,
rispetto alla presenza di adeguati
indicatori, di tipo prettamente
qualitativo (non financial KPI),
idonei a rappresentare il grado di
raggiungimento degli obiettivi di
processo in termini di impatti sociali e
ambientali della gestione,
rappresentabili nella terza parte del
bilancio sociale, denominata
RELAZIONE SOCIALE.
Analisi del processo di
rendicontazione sociale, volto
all’individuazione delle declinazioni di
report sempre più rispondenti alle
reali esigenze dei destinatari,
superando i limiti della comunicazione
(Slide 4)
(2)
21
Cfr. “Validazione professionale di processo” in AA.VV. “Manuale del Non Profit”, Eutekne, Collana Piero
Piccati, 2014.
finanziaria, per arrivare a forme
crescenti di integrazione, riconducibili
al bilancio sociale piuttosto che a
forme diverse di global reporting,
quali il bilancio di sostenibilità,
piuttosto che di report dedicati a
specifici aspetti / chiavi di lettura della
gestione (bilancio ambientale, bilancio
di genere, ecc.), in ogni caso
strutturati, con le opportune
derivazioni e adattamenti per industry,
tipologia di organizzazione e/o finalità
specifiche della rendicontazione, nello
schema degli esiti di processo prima
evidenziato (IDENTITÀ RENDICONTO - RELAZIONE
SOCIALE).
Un percorso che vede il suo
completamento con un prologo e
un’appendice qualificanti il nostro
metodo di analisi: la definizione dei
principi e linee guida del processo di
rendicontazione, esplicitati nella
NOTA METODOLOGICA, e il giudizio
del soggetto incaricato della verifica
della coerenza di processo ai principi
dichiarati, insito nella VALIDAZIONE
PROFESSIONALE. (Slide 4)
(Slide 5)
Il ruolo del commercialista può
trovare varie sfumature nel processo
di rendicontazione sociale, in quanto
professionista che affianca/supporta
la direzione aziendale sin dalla fase
delle decisioni strategiche in merito
all’opportunità di dotare l’azienda di
un sistema organizzativo adeguato. In
effetti, proprio nelle esperienze sul
campo, come si illustrerà più oltre,
sono emerse molte di queste valenze
di possibili apporti del
commercialista, in diverse fasi del
processo, che vanno indubbiamente
nella direzione di valorizzare la nostra
professione.
Cionondimeno, elemento
caratterizzante del ruolo del
commercialista è riscontrabile, nel
Metodo Piemonte, nel ruolo di
accreditamento scientifico e
metodologico finalizzato alla
validazione professionale di
processo(2). (Slide 5)
La validazione professionale comporta
la formulazione di un giudizio di
conformità procedurale che attesta la
rispondenza del processo agli assunti
22
L’intervento
dichiarati nella Nota metodologica, nonché ai requisiti di
correttezza metodologica che rappresentano, nel Metodo
Piemonte, gli elementi qualificanti specifici di ciascuna fase
del processo di amministrazione razionale (pianificazione,
gestione, controllo, implementazione). (Slide 6)
Il giudizio di conformità procedurale si basa su apposite
“schede di valutazione del processo di rendicontazione
sociale” fornite dal Metodo Piemonte, sulla cui base il
commercialista formula le proprie valutazioni in merito
alla rispondenza del processo a ciascun elemento di
analisi; tali valutazioni si traducono quindi in range
numerici a loro volta collegati, in forma di giudizio
sintetico, a espressioni di maggiore o minore qualità di
processo rispetto allo scenario ottimale.
(Slide 6)
RUOLO DEI COMMERCIALISTI - METODO PIEMONTE
Il ruolo dei commercialisti nel Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale - quali professionisti dotati di particolari competenze nell’analisi di gestione dei processi aziendali, si
esplica:
nella diffusione dei principi di responsabilità sociale nelle organizzazioni;
nell’assistenza alla direzione aziendale nel processo decisionale strategico di implementazione di strumenti di responsabilità sociale;
nell’assistenza alla definizione di adeguati strumenti e protocolli nell’ambito dei processi;
nell’affiancamento al gruppo di lavoro per condivisione delle esperienze acquisite e sperimentazione sul campo, in ottica anche di auto-formazione, dei principi di
rendicontazione sociale;
nell’elaborazione di uno schema metodologico contente la struttura ragionata del bilancio sociale con definizione dei contenuti da sviluppare e assegnazione delle
responsabilità nell’ambito del gruppo di lavoro;
nella verifica in progress della coerenza delle attività di processo ai principi dichiarati nella nota metodologica, ai fini del dovuto riscontro scientifico e rigore di approccio
tipici dei processi di gestione e rendicontazione della responsabilità sociale.
In particolare, tenuto conto degli schemi contenuti nei principi metodologici adottati dagli enti sperimentatori, il Metodo Piemonte propone una macro-struttura di bilancio
sociale - adattabile per industry e/o tipologia di organizzazione a specifiche esigenze di rendicontazione sociale - articolata in tre sezioni principali: l’identità aziendale, il
rendiconto, la relazione sociale. Tali sezioni sono precedute da una premessa metodologica e seguite dalla validazione professionale.
PREMESSA METODOLOGICA
Riveste un ruolo fondamentale affinché il bilancio sociale segua le migliori pratiche e definisca con ragionevole precisione i riferimenti metodologici adottati, ai fini di un
progressivo accreditamento metodologico di processo.
La chiara definizione di questi aspetti costituisce il presupposto per una corretta rendicontazione, e soprattutto la base per la verifica, nel corso del processo, dell’effettiva
aderenza dello stesso agli indirizzi metodologici dichiarati in premessa, il cui esito è rappresentato dalla validazione professionale.
IDENTITÀ
Rappresenta il profilo dell’ente ed è così articolata:
n
Storia
n
Scenario globale e locale di riferimento
n
Definizione del sistema di governo
n
Assetto istituzionale e organizzativo
n
Identificazione degli stakeholder interni ed esterni
n
Principi e valori di riferimento e conseguenti rappresentazioni: visione e missione.
Dall’insieme di questi aspetti emergono il quadro completo dell’organizzazione e, soprattutto, i riferimenti culturali e valoriali che costituiscono il collante per ottenere sia
un’efficace coerenza interna sia un collegamento funzionale fra le diverse parti del bilancio sociale.
RENDICONTO
Si articola nei seguenti prospetti complementari e bilancianti, opportunamente adattati alla specifica realtà di riferimento:
Determinazione del valore aggiunto;
Ripartizione del valore aggiunto ai diversi gruppi di stakeholder titolari di aspettative legittime nei confronti dell’organizzazione.
Tali prospetti, integrati da ulteriori indicatori rappresentativi (financial highlights), fanno quindi emergere, andando oltre la mera rappresentazione contabile, il valore creato
dall’organizzazione e la sua ricaduta a favore degli stakeholder.
RELAZIONE SOCIALE
È la parte meno numerica e più qualitativa del bilancio sociale. Richiede lo studio di un sistema di indicatori in grado esprimere la capacità dell’ente di creare con gli
stakeholder rapporti qualificati e duraturi, incentrati sui principi della sostenibilità e sui valori che informano la cultura dell’organizzazione.
VALIDAZIONE PROFESSIONALE DI PROCESSO
È l’ultima e fondamentale sezione del bilancio sociale che rappresenta, secondo il Metodo Piemonte, l’esito della funzione di controllo assegnata ai commercialisti nell’ambito
del processo di rendicontazione sociale. Tale funzione accredita il processo, dimostrandone in ogni sua fase la coerenza o meno ai principi di riferimento, e facendone
risaltare, per esprimerli sotto forma di aree di miglioramento, gli aspetti ancora non perfettamente allineati ai requisiti metodologici. Questo ruolo di controllo intrinseco al
processo richiede, in posizione di osservatore, l’apprezzamento da parte del gruppo di validazione degli orientamenti strategici del processo di bilancio sociale, verificando
in particolare la capacità dell’organizzazione di declinare con coerenza sul piano del project management i principi metodologici adottati.
È di tutta evidenza che siffatto ruolo di verifica procedurale spetti ad un soggetto dotato, da un lato, di un approccio professionale tipico dell’attività di revisione, sebbene
adattato a un diverso contesto, e, dall’altro, di una conoscenza approfondita delle metodologie e dei principi di rendicontazione sociale. La forma di controllo meglio integrata
nella filosofia operativa del bilancio sociale e maggiormente idonea ad accrescere l’attendibilità del bilancio sociale stesso è dunque riconducibile in questo ruolo di
accompagnamento e di supervisione scientifica svolto dai commercialisti attraverso la validazione professionale di processo.
I
I
I
I
I
I
L’intervento
La valenza scientifica
Il processo di elaborazione del Metodo
Piemonte si è realizzato con il costante
confronto scientifico con il Dipartimento
di Management dell’Università di Torino.
Tale impostazione ha seguito un
percorso iterativo di enunciazione dei
principi e di raccolta delle evidenze
empiriche attraverso i casi di studio.
Ogni esperienza operativa è stata
caratterizzata da proprie specificità che
hanno contribuito a implementare il
metodo che ha trovato una sintesi nel
documento elaborato nel 2010 in
collaborazione con la Regione Piemonte.
Enti sperimentatori ed esperienze
significative
Dal punto di vista operativo
l’applicazione del Metodo Piemonte
ha, altresì, comportato:
il coordinamento con i principi
guida delle migliori prassi nazionali
e internazionali in materia di
bilancio sociale che nell’ambito del
Metodo Piemonte vengono
contestualizzati nella dimensione
dell’analisi di processo e declinati
alle specifiche realtà aziendali;
l’esplicitazione del ruolo del
commercialista quale attore nel
processo di ricerca scientifica
finalizzata all’innovazione del
pensiero organizzativo nell’ambito
di progetti istituzionali in
partnership con il Dipartimento di
Management dell’Università di
Torino;
23
la “codificazione” di attività e
comportamenti sperimentati “sul
campo” e finalizzati alla validazione
professionale quale elemento
innovativo di miglioramento del
processo di realizzazione della
rendicontazione sociale, attuato
tramite il costante confronto tra i
principi metodologici e la verifica di
processo.
Queste le principali esperienze che
hanno contribuito alla realizzazione
del Metodo Piemonte nell’ambito di
aziende pubbliche e private e che
sono state caratterizzate da
specificità qualificanti ai fini della
ricerca scientifica sul processo
organizzativo.
Bilancio sociale della Città di Torino
(2003 - 2004)
Prima realizzazione di un modello di rendicontazione sociale nell’ambito di una città
metropolitana. Per le sue caratteristiche qualitative il documento venne premiato con l’Oscar di
Bilancio della FERPI per l’anno 2003. Come dichiarato dalla Città di Torino, il rapporto con il
Dipartimento di Management dell’Università e con l’Ordine di Torino nel processo di realizzazione
del bilancio sociale ha consentito di realizzare anche “un momento di crescita per dirigenti e
personale coinvolto all’interno dell’Amministrazione comunale”.
Bilancio sociale della Città di Rivoli (2003)
Sviluppato in contemporanea a quello di Torino, ha realizzato un’esperienza prototipale di bilancio
sociale nell’ambito degli enti locali di minori dimensioni.
Bilancio sociale
della Regione Piemonte
(2007 - progetto in corso)
Il Bilancio sociale della Regione Piemonte si pone l’obiettivo di dialogare con le amministrazioni
pubbliche, con le imprese e con i cittadini, nell’ottica di realizzare, quale esplicita missione
dell’ente, un “Piemonte aperto, tollerante e innovativo”.
La durata del progetto ha permesso di elaborare il valore scientifico e professionale della ricerca
organizzativa e di pubblicare, nel 2010, il “Manuale Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale”,
con l’obiettivo di rappresentare la valenza metodologica dell’esperienza vissuta sul campo
nell’interazione fra ordine professionale, istituti di ricerca, università e struttura regionale.
Bilancio sociale e di mandato
(2004-2009) del comune
di Rivarossa (2010)
Attuazione del progetto di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, in enti locali di
piccole dimensioni con una valenza innovativa in quanto riferita all’intero periodo di mandato
dell’amministrazione comunale come oggi previsto dall’art. 4 del D.lgs. 149/2011.
Bilancio sociale del Consorzio
Intercomunale Torinese - CIT (2009-20102011)
Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito dei consorzi di
funzione degli enti locali. Principale evidenza di processo è stata la rappresentazione sintetica
ma completa dell’evoluzione dell’ente in un momento di profondo cambiamento con la
descrizione degli scenari di evoluzione in coerenza con l’analisi delle esigenze del sistema degli
stakeholder di riferimento.
24
L’intervento
Bilancio sociale di Finpiemonte S.p.A.
(2010 - progetto in corso)
Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle società
finanziarie regionali, guidato dalla condivisione, in ogni esercizio, da una metafora profonda
caratterizzante le modalità di rendicontazione sociale (dalle persone viste quali risorse al servizio
del territorio, alla trasparenza, al ruolo dell’azienda pubblica quale “ponte” fra finanza e società).
Bilancio sociale di Finpiemonte
Partecipazioni S.p.A. (2010 - progetto in
corso)
Prototipo di rendicontazione estesa alle società partecipate, secondo il Metodo Piemonte, facendo
emergere con l’aiuto di adeguati strumenti di rilevazione, le esternalità prodotte dalle attività
aziendali in termini di impatto sociale e salvaguardia ambientale.
Bilancio sociale di Enviroment Park S.p.A.
(2009 - 2011)
Prototipo di applicazione del Metodo Piemonte nell’ambito dell’evoluzione del Bilancio sociale
verso il bilancio di sostenibilità, quale strumento ottimale di rendicontazione nell’ambito dei
parchi scientifici tecnologici ambientali.
Bilancio sociale di Unioncamere
Piemonte(2006 - 2012)
Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle unioni
regionali degli enti camerali, secondo un modello inclusivo di tutte le realtà economiche del
territorio di riferimento. Innovazione nei modelli di individuazione e coinvolgimento degli
stakeholder territoriali. Progetto in forte sintonia con la vocazione del mondo camerale a
diffondere la cultura della responsabilità sociale e della sostenibilità nel mondo economico.
Bilancio sociale ASL TO1 (2008-2009)
Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle aziende
sanitari locali. Elemento caratterizzante è stato il processo inclusivo della struttura interna
dell’Ente sanitario coinvolta nell’elaborazione dei processi di analisi valutazione e rendicontazione
delle attività.
Bilancio sociale di Madian Orizzonti onlus
(dal 2011 - progetto in corso)
Prima sperimentazione del Modello Piemonte in ambito non profit e in particolare per le onlus
operanti nel settore degli aiuti umanitari a livello internazionale. Modello di rendicontazione
innovativo attento alle attese degli stakeholder e laboratorio di inclusione per i commercialisti dei
gruppi di studio che partecipano al progetto. Presentato ufficialmente il 25 marzo 2014 presso
l’Università di Torino in occasione della pubblicazione del Manuale del Non Profit edito da Eutekne,
in cui il progetto è stato oggetto di un apposito case study nell’ambito del capitolo dedicato ai
sistemi di responsabilità sociale.
Bilancio sociale della Fondazione CRT
(2008)
Progetto pilota per il bilancio sociale delle fondazioni bancarie, secondo il Metodo Piemonte,
modellato quale evoluzione e innovazione del bilancio di missione.
Bilancio di genere
della Città di Pinerolo (2007)
Progetto pilota per la validazione professionale dei bilanci di genere, realizzato quale rilettura
delle dinamiche di responsabilità sociale nell’ambito delle iniziative per l’anno internazionale
delle pari opportunità.
(3)
Il “Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale” è
scaricabile, sotto forma di manuale, dal sito
internet della Regione Piemonte
(http://www.regione.piemonte.it/bilanciosocial
e/dwd/manuale_metodo_piemonte.pdf)
Il Metodo Piemonte è, dunque, uno
strumento a disposizione dei
Commercialisti per implementare
l’innovazione nell’ambito
dell’organizzazione aziendale e per
continuare a ricercare nuovi
strumenti gestionali utili al sistema
economico pubblico e privato(3). Vogliamo lavorare per qualcosa,
non contro qualcuno.
Crediamo che sia
giunto il momento
di ragionare come
una comunità.
Servono regole certe,
riforme del sistema
fiscale e giudiziario.
Serve un pensiero
tecnico, imparziale,
non schierato
che affianchi
le istituzioni:
per lavorare, non più
contro qualcuno,
ma a favore di tutti.
26
A proposito
di continuità aziendale
Gianluca Marini
Odcec Viterbo
In un periodo di crisi, come quello attuale, il tema sta assumendo
sempre più rilevanza
ell’attuale contesto di
crisi numerose società,
quotate e non, hanno
subìto un progressivo
deterioramento delle
condizioni economiche e finanziarie,
che si è sostanziato, di norma, nella
continua erosione dei margini
reddituali e in una situazione di
tensione finanziaria, attestata da
posizioni debitorie scadute e linee di
credito da rinegoziare per il mancato
rispetto dei covenants
originariamente pattuiti.
Le crescenti difficoltà di
reperimento di capitale di
funzionamento tramite gli ordinari
canali ha fatto sì che le società
ricorressero ad operazioni di carattere
straordinario, quali aumenti di
capitale ed integrazioni aziendali,
anche per far fronte alle esigenze di
finanziamento della gestione aziendale
corrente.
Lo strumento di norma utilizzato
per ripristinare le condizioni di
equilibrio economico-patrimonialefinanziario che sono venute meno per
effetto dei suddetti accadimenti è il
piano di ristrutturazione, che
individua gli interventi operativi e
strategici e fissa gli obiettivi di
risanamento e rilancio dell’azienda, la
cui attuazione avviene, sempre più
N
spesso, nell’ambito degli istituti di
composizione della crisi previsti
dall’ordinamento.
In tale contesto viene ad assumere
una grandissima e decisiva rilevanza il
tema della continuità aziendale,
ovvero della capacità della impresa di
continuare ad operare come entità in
funzionamento e di produrre risultati
positivi e correlati flussi finanziari nel
tempo.
Prima della crisi, tale
fondamentale principio era
considerato un presupposto indiscusso
e non si poneva l’attenzione circa la
sua appropriatezza; solo con il
manifestarsi della grave attuale crisi si
è iniziato a prestare la dovuta
attenzione al concetto di continuità
aziendale.
Provando a riepilogare i principali
destinatari interessati alla continuità
aziendale, i primi sono senz’altro i
soci o gli azionisti, per i quali tale
presupposto è una condizione
imprescindibile del loro investimento
e degli interventi finanziari a cui, in
periodo di crisi, sono sempre più
spesso chiamati ad effettuare
nell’ambito dei piani di
ristrutturazione.
Vi è, poi, il management ovvero i
soggetti che hanno la responsabilità
della gestione dell’azienda e che
quindi attivamente contribuiscono al
mantenimento o alla perdita della
continuità aziendale e che devono
effettuare la valutazione specifica in
merito a tale presupposto,
evidenziando, ove ravvisate, tutte le
significative incertezze che possano
far sorgere dubbi in merito alla
sussistenza della stessa ed
individuando le misure idonee per
garantirla.
Vi sono i soggetti finanziatori, per
i quali il presupposto della continuità
aziendale è una condizione essenziale
per la erogazione del credito, il cui
rimborso, al di là delle garanzie
ricevute, dipende unicamente proprio
dalla capacità dell’impresa di operare
in continuità nel tempo, generando
flussi reddituali e finanziari positivi ed
adeguati per far fronte alle
obbligazioni contratte; per gli stessi
motivi, vi sono, più in generale, tutti i
creditori dell’azienda (fornitori,
dipendenti, ecc.).
Vi sono, infine, gli organi di
controllo, sia interni che esterni
all’azienda, per i quali il monitoraggio
costante della continuità aziendale
rientra nei propri compiti e nei propri
doveri.
La responsabilità che hanno il
collegio sindacale ed il revisore,
nell’ambito delle rispettive funzioni e
L’intervento
quali organi di garanzia, nei confronti
dei terzi in merito ad un carente
monitoraggio della continuità
aziendale è enorme.
Tra gli organi di controllo vi sono
anche quelli istituzionali di interesse
pubblico (quali la Consob e la Banca
d’Italia), per i quali il monitoraggio
costante della continuità aziendale è
indispensabile per garantire la
credibilità dei mercati in cui la
aziende quotate e le banche e/o gli
istituti finanziari operano.
La valutazione della continuità
aziendale non è sempre agevole e
comporta una analisi approfondita di
tanti aspetti, sia quantitativi che
qualitativi, che variano da caso a caso.
In un contesto di crisi come quello
attuale, caratterizzato da estrema
incertezza e volatilità dei risultati
aziendali, occorre tener conto di tutte
le informazioni disponibili sul passato
e sul futuro e procedere ad una analisi
e ad una valutazione dettagliata della
redditività attuale ed attesa, dei piani
di rimborso dei debiti e delle
potenziali fonti di finanziamento
alternative.
Quando si verificano significative
incertezze e seri dubbi sulla capacità
dell’azienda di continuare ad operare,
queste debbono essere prima
tempestivamente individuate e poi
adeguatamente evidenziate; dopo di
ché il management deve individuare
le possibili azioni ed i possibili
interventi, operativi e strategici, volte
al superamento delle stesse e idonee,
quindi, a garantire la continuità
aziendale.
Si tratta, come è facilmente intuibile,
27
di una verifica di per sé non facile, che
tuttavia, nella situazione attuale,
diventa ancor più ardua ed espone i
soggetti interessati a notevoli
responsabilità e rischi.
Molteplici sono i motivi che
possono compromettere la continuità
aziendale e numerosi sono in generale
i fattori che possono generare una
crisi aziendale, al cui verificarsi
diventa necessario procedere
tempestivamente ad una corretta
individuazione delle sue cause al fine
di definire il tipo di intervento da
compiere.
Non vogliamo entrare in questa
sede nel dettaglio dei principali fattori
di rischio della continuità aziendale e
rimandiamo ai documenti e agli studi
esistenti in materia elaborati da
autorevoli ed illustri colleghi, che ci
limitiamo a richiamare.
Prima di tutto, il “documento n. 570 La continuità aziendale - elaborato dal
CNDCEC - commissione paritetica per
i principi di revisione”, in cui vengono
definite le regole di comportamento e
fornita una guida per il revisore in
merito alla valutazione del
presupposto della continuità
aziendale; nel documento vengono
elencati alcuni esempi di eventi o
circostanze che possono comportare
rischi per l’impresa connessi
all’attività svolta e che, presi
singolarmente o nel loro complesso,
possono far sorgere significativi dubbi
riguardo il presupposto in esame.
In particolare, quelli che più
comunemente si stanno verificando
nel contesto attuale sono:
situazione di deficit patrimoniale o
di capitale circolante netto
negativo;
prestiti a scadenza fissa e prossimi
alla scadenza senza che vi siano
prospettive verosimili di rinnovo o
28
L’intervento
di rimborso; oppure eccessiva
dipendenza da prestiti a breve
termine per finanziare attività a
lungo termine;
indicazioni di cessazione del
sostegno finanziario da parte dei
finanziatori e altri creditori;
bilanci storici o prospettici che
mostrano cash flow negativi;
principali indici economicofinanziari negativi;
consistenti perdite operative o
significative perdite di valore delle
attività che generano cash flow;
incapacità di saldare i debiti alla
scadenza;
incapacità nel rispettare le
clausole contrattuali dei prestiti;
capitale ridotto al di sotto dei
limiti legali o non conformità ad
altre norme di legge.
Altro documento importante è quello
elaborato dall’Unione Nazionale dei
dottori commercialisti ed esperti
contabili del 25 maggio 2010 - “Il
principio della continuità aziendale”,
ove vengono approfondite le
principali modalità operative di
svolgimento dell’attività di revisione
contabile e definite le linee operative
circa la valutazione del presupposto in
esame, formulando una check-list
operativa ad hoc destinata alla realtà
delle Pmi.
Vi è poi il documento di ricerca n.
176/2013 della Assirevi, che riporta
un’efficace sintesi degli effetti sul
giudizio al bilancio emesso dal
revisore in presenza di incertezze
sulla continuità aziendale.
Vi sono, infine, le delibere Consob
(tra le altre, comunicazioni n. 9012559
del 6 febbraio 2009 e n. 13028158 del 4
aprile 2013), con cui viene richiamata
l’attenzione sulle problematiche
connesse alla continuità aziendale e
raccomandato l’utilizzo dei principi
contabili e delle regole contenute nel
citato documento n. 570,
individuando, rispetto ad esso,
indicatori ulteriori che possono
aiutare il revisore ad identificare gli
eventi o le circostanze che possono
far sorgere dubbi significativi sulla
sussistenza di tale presupposto.
Gli aspetti su cui si vuole porre
l’attenzione nel presente scritto sono i
seguenti.
A) La continuità aziendale non è
evidentemente un fondamentale
principio di redazione soltanto del
bilancio d’esercizio (e consolidato),
bensì di tutti i c.d. “bilanci intermedi”,
facendo rientrare in tale definizione
ogni situazione economicopatrimoniale e/o ogni prospetto
contabile informativo, completo o
sintetico, relativo ad un periodo
inferiore all’anno.
Per “bilancio intermedio” si
intende, più in generale, ogni
prospetto informativo contabile,
anche in forma semplificata, e quindi
non necessariamente costituito dallo
stato patrimoniale, dal conto
economico e dalla nota integrativa,
riferito ad una data che cade nel corso
dell’esercizio e redatto per molteplici
finalità, quali ad es. per eventi
particolari eccezionali espressamente
disciplinati dal codice civile o
semplicemente per utilità di
informazione o per necessità di dare
pubblicità all’andamento aziendale in
corso d’anno.
I bilanci intermedi sono infatti
obbligatori, quando sono prescritti
dalle norme di legge e/o da
regolamenti o imposti da previsioni
contrattuali, e volontari, quando sono
redatti per l’esigenza di fornire ai
terzi, o anche solo internamente
all’azienda per esigenza
dell’imprenditore, una informazione
limitata ad una porzione dell’esercizio.
Riguardo il bilancio d’esercizio,
l’art. 2423-bis del codice civile stabilisce
che “la valutazione delle voci deve
essere fatta secondo prudenza e nella
prospettiva della continuità
aziendale”; il principio contabile
internazionale (IAS) 1 - “Presentazione
del bilancio” - stabilisce che “Nella fase
di preparazione del bilancio, la
direzione aziendale deve effettuare
una valutazione della capacità
dell’entità di continuare ad operare
come una entità in funzionamento.
Il bilancio deve essere redatto nella
prospettiva della continuazione
dell’attività a meno che la direzione
non intenda liquidare l’entità o
interrompere l’attività, o non abbia
alternative realistiche a ciò”.
Allo stesso modo, i c.d. “bilanci
intermedi” debbono essere redatti nel
rispetto delle norme civilistiche sul
bilancio d’esercizio, interpretate ed
integrate dai principi contabili,
nazionali ed internazionali, e pertanto
nella prospettiva della continuazione
dell’azienda (going concern), salvo
ovviamente che risulti la mancanza di
tale prospettiva.
Questo secondo un consolidato
orientamento giurisprudenziale, fatto
espressamente proprio dai principi
contabili che attengono alla redazione
dei bilanci intermedi: l’OIC 30 per
quelli nazionali e lo IAS 34 per quelli
internazionali.
Quanto sopra, con particolare
riferimento ai bilanci intermedi,
presuppone che ogni valutazione deve
essere effettuata basandosi sulla data
di riferimento cui si riferisce
l’informativa intermedia; pensiamo ad
es. alla valutazione che il management
deve fare circa la recuperabilità dei
beni iscritti nell’attivo patrimoniale
(impairment test), che anch’essa
L’intervento
deve essere accuratamente analizzata
applicando principalmente i postulati
della prudenza e della continuità
aziendale.
Ovviamente, sempre con
riferimento alla valutazione circa la
sussistenza del presupposto della
continuità aziendale, maggiore
attenzione deve essere posta dal
management in sede di redazione di
quei bilanci intermedi che hanno una
rilevanza esterna ovvero che sono
destinati al pubblico o comunque a
terzi, i quali su tali valutazioni
ripongono affidamento; pensiamo alle
relazioni trimestrali e semestrali alla
cui redazione e messa a disposizione
del pubblico sono tenute le quotate o
alle situazioni economico-patrimoniali
destinate ai finanziatori in
adempimento di un obbligo
contrattuale.
B) Una particolare riflessione deve
essere, poi, fatta in riferimento alle
“situazioni patrimoniali” (rientranti
anch’esse nella più ampia definizione
di “bilanci intermedi”) richieste dal
codice civile nel caso di riduzione del
capitale sociale (ex artt. 2446-2447 e
2482-bis e ter).
Tali disposizioni impongono agli
amministratori, quando risulta che il
capitale è diminuito di oltre un terzo
in conseguenza di perdite (art.
2446/2482-bis) o per effetto delle
perdite si riduce al di sotto del
minimo legale (art. 2447/2482-ter), di
convocare senza indugio l’assemblea
per gli opportuni provvedimenti, alla
quale deve essere sottoposta una
relazione sulla situazione patrimoniale
aggiornata, con le osservazioni
dell’organo di controllo.
Si tratta, purtroppo a causa della
attuale grave crisi, di una situazione in
cui molte aziende sempre più spesso
vengono a trovarsi; il perdurare della
crisi economica obbliga, infatti, gli
amministratori a considerare la
necessità di svalutare nei bilanci
(d’esercizio ed intermedi) i beni
materiali (mobili e immobili) ed
immateriali iscritti nell’attivo
patrimoniale, in presenza di una
29
perdita durevole, con effetti negativi
sul patrimonio netto aziendale.
Con riferimento a tali fattispecie
si vuole rilevare che la situazione
patrimoniale che gli amministratori
debbono redigere (sia per le imprese
che adottano i principi contabili
nazionali che per i soggetti ias
adopter) deve essere redatta nella
prospettiva della continuazione
dell’attività, salvo che risulti la
mancanza della stessa.
Il che sta a significare che la
perdita del capitale non comporta
necessariamente il venir meno della
continuità aziendale, ma è semmai un
indicatore “significativo” ovvero una
incertezza “significativa” circa la
sussistenza di tale presupposto, ed al
cui verificarsi il management deve
senz’altro procedere ad una più
rigorosa, attenta e prudente
valutazione al fine di determinare se il
presupposto della prospettiva della
continuazione dell’attività resti o
meno applicabile.
La perdita del capitale sociale
determina automaticamente e con
efficacia immediata lo scioglimento
della società (art. 2484 cod. civ.), salvo
che l’assemblea, all’uopo convocata,
non provveda alla ricapitalizzazione.
Gli amministratori, che al
verificarsi di tale situazione
conservano il potere di gestire la
società ai soli fini della conservazione
dell’integrità e del valore del
patrimonio sociale (art. 2486 c.c.),
dovranno sottoporre all’assemblea
una relazione sulla situazione
patrimoniale della società, ove devono
essere individuate ed illustrate le
cause e la natura della crisi e le
previsioni dei risultati economici
dell’esercizio in corso e dei successivi
(attraverso un piano economicofinanziario a medio termine), in modo
30
L’intervento
da fornire ai soci i necessari elementi
di giudizio ai fini degli interventi sul
capitale.
Tale situazione patrimoniale va
redatta, come detto, nella prospettiva
di continuazione dell’attività, a seguito
di una valutazione che dovrà,
pertanto, essere ancor più rigorosa e
prudente, in quanto da effettuare in
una situazione di insufficienza
patrimoniale e, quindi, caratterizzata
da una maggiore incertezza,
esponendo gli amministratori e gli
organi di controllo ad elevati rischi e
responsabilità.
Qualora, invece, gli
amministratori ritengano mancante
tale prospettiva e che, quindi, non vi
siano più le condizioni, anche in caso
di ricapitalizzazione da parte dei soci,
perché l’azienda possa proseguire la
sua attività nel normale corso, non
rimane altra strada che la messa in
liquidazione e/o il ricorso alle
procedure concorsuali.
C) La verifica ed il monitoraggio circa
la sussistenza del presupposto della
continuità aziendale non va effettuata
dal management soltanto in
occasione della redazione dei bilanci
d’esercizio ed intermedi, ma deve
essere continua e costante nel tempo.
Per questo possiamo affermare
che la continuità aziendale è un
principio fondamentale di buona e
corretta amministrazione, che gli
amministratori, all’emergere di una
situazione di difficoltà e/o di crisi
aziendale, debbono sempre tener in
debito conto prima di assumere ogni
rilevante decisione e il cui
mantenimento diventa il loro
principale obiettivo.
La valutazione del presupposto
della continuità aziendale è, pertanto,
un processo costante che può anche
prescindere dai dati e dalle rilevazioni
contabili, potendosi basare su una
informativa integrativa che scaturisce
da diverse fonti di natura qualitativa e
quantitativa.
In conclusione, al verificarsi di
una crisi aziendale gli amministratori
sono chiamati ad effettuare una
valutazione circa la sussistenza del
presupposto della continuità
aziendale e qualora riscontrino
significative incertezze che possano
comportare seri dubbi sulla capacità
dell’azienda di operare in ipotesi di
funzionamento, debbono prima di
tutto fornire le opportune
informazioni nelle note e nelle
relazioni al bilancio d’esercizio ed ai
bilanci intermedi e poi individuare
tempestivamente le necessarie azioni
volte ad eliminare e/o a superare tali
incertezze ed a ristabilire un equilibrio
gestionale economico-patrimoniale e
finanziario di medio periodo.
Le valutazioni degli
amministratori si basano di norma su
piani industriali e di
rinegoziazione/ristrutturazione del
debito e, ove necessario, di
disponibilità di fonti finanziarie
aggiuntive da parte dei soci.
Poiché la crisi d’impresa si
accompagna di solito a perdite che
riducono il patrimonio netto, ponendo
la società nelle condizioni di cui agli
articoli 2446-2482 bis o 2447-2482 ter
del codice civile, il risanamento deve
avvenire in condizioni di corretta
gestione societaria e, quindi, nel
rispetto delle norme in materia di
mantenimento del patrimonio netto
minimo di legge, tenendo conto dei
doveri e delle limitazioni che
conseguono a tale situazione.
A tale riguardo, qualora gli
amministratori individuino lo
strumento idoneo ad affrontare la crisi
nell’accordo di ristrutturazione ex art.
182-bis della legge fallimentare, il
sesto comma del suddetto articolo,
introdotto nel 2012, prevede la
sospensione degli obblighi di
ricapitalizzazione in caso di una
domanda di omologazione
dell’accordo o di una proposta di
accordo e la inoperatività della causa
di scioglimento conseguente alla
perdita del capitale (stessi effetti in
caso di deposito di una domanda di
concordato preventivo).
Qualora invece gli amministratori,
di fronte ad una crisi aziendale che
giudicano irreversibile, ritengono che
l’azienda non sia in grado di
proseguire nella sua normale attività,
non essendovi più i presupposti,
l’unica alternativa è di metterla in
liquidazione, cessando l’attività ed
esponendo il patrimonio residuo in
termini liquidatori, e di assoggettarla,
ricorrendone i presupposti, alle
procedure concorsuali.
Si tratta spesso di valutazioni non
semplici da fare e di decisioni difficili
da prendere, in quanto legate ad
eventi e condizioni future di varia
natura, e comunque di grande
responsabilità per la direzione, gli
amministratori e gli organi di
controllo, nell’ambito dei rispettivi
compiti e ruoli.
Fondamentale rilievo assume una
tempestiva ed adeguata informativa
resa a cura della direzione e degli
amministratori in merito alla presenza
e alla corretta evidenziazione delle
significative incertezze circa la
sussistenza del presupposto della
continuità aziendale ed alle azioni e
agli interventi che la società ha posto
ed intende porre in essere per far
fronte a tali incertezze, che debbono
essere sorrette da valutazioni basate
su criteri principalmente di prudenza
e ragionevolezza. È tempo di pensare al futuro.
Oggi i nostri figli
hanno molti dubbi
e un’unica convinzione:
che in futuro staranno
peggio dei loro padri.
Il futuro si può, però,
ancora cambiare,
con regole e scelte
che interessino
i nostri figli,
facendo sacrifici
oggi per farne fare
meno a loro domani.
Trasformando
la crisi in opportunità
e l’immobilità in
ottimismo.
32
Il rendiconto finanziario
nei bilanci ordinari
Raffaele D’Alessio *
Emanuela Mattia Cafaro **
( )
(
)
L’Organismo Italiano di Contabilità è intervenuto con un nuovo principio
contabile a modificare la disciplina previgente in materia di rendiconto
finanziario
passato oltre un secolo
da quando Cole nel 1908
illustrò il primo schema
di rendiconto finanziario
il “Where-gone Wheregot Statement” ed è servito un
principio, l’OIC 10, per far
comprendere l’importanza informativa
dell’analisi della dinamica finanziaria.
Come è noto, il rendiconto
finanziario è “il prospetto nel quale
sono riassunti i movimenti in entrata
ed i movimenti in uscita che spiegano
perché determinate risorse finanziarie
hanno subito una certa variazione in
un dato periodo di tempo”(1).
Mediante il rendiconto emerge,
dunque, la dinamica finanziaria di una
società, determinata sulla base degli
andamenti di entrate ed uscite
finanziarie e sull’origine delle stesse(2).
Queste caratteristiche
conferiscono al rendiconto la natura
di documento imprescindibile
all’interno del bilancio, in quanto
capace di completare il contenuto
informativo desumibile dallo stato
patrimoniale e dal conto economico.
Dalla lettura dei due singoli prospetti,
infatti, non emerge il raggiungimento
È
dell’equilibrio, inteso nella sua duplice
accezione. La realizzazione dei
presupposti di equilibrio economico,
che si identificano con una superiorità
dei ricavi rispetto ai costi, può essere
evinta dalla lettura del prospetto del
reddito e, quindi, del conto
economico.
Ma come verificare la sussistenza
delle condizioni che attestano il
raggiungimento dell’equilibrio
finanziario?
Nonostante lo schema di stato
patrimoniale contenga alcune
informazioni finanziarie (ad esempio
in merito alla scadenza dei crediti)
esso è pur sempre una grandezza
stock, quindi è in grado di
rappresentare le informazioni di tipo
finanziario esclusivamente in chiave
statica. Mette in luce la consistenza
patrimoniale in un determinato istante
senza che si possa, però, dedurre la
variazione che interviene in quella
consistenza in un certo lasso di
tempo. Esso non consente, quindi, di
( )
*
(
evidenziare gli aspetti relativi
all’equilibrio finanziario intesi nella
loro natura dinamica (Ferrarese)
(Caramiello).
Ciò rende necessaria la redazione
del rendiconto finanziario, quale
prospetto indispensabile ad integrare
l’informativa presente in bilancio ed in
grado di garantire al lettore una
“visione dinamica della gestione
finanziaria”(3).
Data la sua importanza,
l’Organismo Italiano di Contabilità ha,
recentemente, predisposto un nuovo
principio contabile finalizzato a
stabilire e disciplinare la modalità di
redazione del rendiconto finanziario
che ha sostituito le disposizioni
dettate dell’OIC 12: “Composizione e
schemi del bilancio d’esercizio di
imprese mercantili, industriali e di
servizi”.
Rispetto alla precedente
formulazione le modificazioni
apportate dal nuovo principio
possono essere sintetizzate come
Professore Associato di Ragioneria Generale e Applicata presso l’Università degli
Studi di Salerno, Odcec Avellino
**) Dottoranda
di Ricerca presso l'Università degli Studi di Salerno
L’intervento
segue: in primo luogo l’OIC 10
raccomanda la redazione del
rendiconto finanziario per tutte le
tipologie societarie
(indipendentemente dalla
dimensione). Al contrario, la vecchia
formulazione, prevista dall’OIC 12, ne
richiedeva la redazione, ad eccezione
delle imprese di minori dimensioni.
Anche nella nuova formulazione,
l’Organismo Italiano di Contabilità si
limita a raccomandare al redattore di
bilancio l’inserimento del rendiconto
finanziario in Nota integrativa; non
considera, dunque, la mancata
predisposizione del rendiconto una
violazione alla rappresentazione
veritiera e corretta della situazione
finanziaria della società. Nell’ambito
dei principi contabili internazionali, al
contrario, per lo IAS 7, il rendiconto
finanziario assurge a ruolo di
documento contabile obbligatorio e
non di mero allegato.
La novità fondamentale di cui
l’OIC 10 è fautore rispetto al principio
contabile 12 riguarda la risorsa
finanziaria assunta come base per la
redazione del rendiconto.
L’OIC 12, infatti, lasciava al
redattore una possibilità di scelta
prevedendo due opzioni: era possibile
assumere come base per il calcolo del
rendiconto le disponibilità liquide
ovvero il capitale circolante netto.
Con il nuovo principio viene meno
tale facoltà e, come è ovvio, l’OIC
impone l’utilizzo delle disponibilità
liquide, in quanto la risorsa finanziaria
di capitale circolante netto è stata
considerata obsoleta e incompatibile
con le prescrizioni dello IAS 7.
In realtà, già da tempo, una
consolidata dottrina aveva messo in
luce i limiti intrinseci del rendiconto
finanziario redatto a capitale
circolante netto, sottolineando che
all’interno del prospetto a capitale
circolante netto non confluiscono una
serie di eventi finanziari e le connesse
variazioni monetarie e che tutti i
movimenti che riguardano l’attivo e il
passivo corrente vengono riassunti in
un’unica voce: quella del capitale
circolante netto, appunto (Coda).
L’OIC 10 precisa che, ai fini della
redazione del rendiconto, tra le
disponibilità liquide vanno compresi
anche gli strumenti regolati a vista
utilizzati per soddisfare sbilanci di
cassa dovuti ad esigenze di breve
periodo.
Il principio contabile, inoltre,
elimina alcune alternative previste
dall’OIC 12. Dispone, infatti, che gli
interessi pagati e ricevuti debbano
essere presentati distintamente tra i
flussi finanziari della gestione
reddituale e che i dividendi ricevuti e
pagati vanno inseriti, i primi nella
gestione reddituale e i secondi tra le
attività di finanziamento.
(1)
V. Coda, Il rendiconto finanziario, in Rivista dei Dottori Commercialisti, luglio-agosto 1974, pag. 682.
(2)
G. Ferrero, Le analisi di bilancio, Giuffrè, Milano, 1961, pag. 109.
(3)
C. Caramiello, Il rendiconto finanziario, introduzione alla tecnica di redazione, Giuffrè, Milano, 1993, pag. 2.
33
Le imposte per motivi di
comparabilità e semplificazione
andranno riportate all’interno della
gestione reddituale.
Altre novità sono rappresentate
dalla riformulazione dei concetti di
gestione reddituale, attività di
finanziamento e attività di investimento
e dall’inserimento del generale divieto
di compensazione tra flussi finanziari.
Si è, inoltre, introdotta la
distinzione tra flussi finanziari che
derivano dal capitale proprio e dal
capitale di debito.
Per la classificazione dei flussi
finanziari connessi ai derivati di
copertura è stato specificato che essi
sono presentati nella stessa categoria
in cui vengono classificati i flussi
dell’elemento coperto.
Nonostante il principio contabile
non abbia imposto la redazione del
rendiconto ha, in ogni caso, sentito
l’esigenza di raccomandarne la
predisposizione. Ciò implica un
ulteriore, indispensabile sforzo per il
professionista al fine di garantire il
raggiungimento di quella chiarezza
informativa tanto auspicata dal 2423
del codice civile a favore di tutti i
portatori di interesse e, soprattutto,
dell’azienda stessa. 34
La rendicontazione
sociale nell’azienda
pubblica
Giuseppe Iuliano *
( )
Due gli aspetti fondamentali da soddisfare in modo equilibrato:
Economicità e Socialità
l riconoscimento della
dimensione sociale dell’attività
aziendale è avvenuto soltanto
negli ultimi anni. Le aziende, nel
tempo, hanno preso sempre più
coscienza del fatto che l’obiettivo di
rimunerazione di lungo andare per gli
azionisti non è perseguibile
massimizzando i “profitti” a breve
termine, bensì̀ adottando
comportamenti vigili e responsabili
nei confronti del mercato che daranno
i loro frutti nel lungo periodo.
In tale contesto, un numero crescente
di imprese ha fatto proprio il concetto
di Responsabilità Sociale d’Impresa
(RSI o Corporate Social
Responsibility - CRS), considerandolo
come necessario alla creazione di
valore e fonte di vantaggi competitivi.
Robert E. Freeman, negli anni ‘80,
propone la teoria degli stakeholder
(ovvero tutti coloro che hanno un
interesse, stake, nell’attività
d’impresa) e della responsabilità
sociale d’impresa dichiarando che è
impossibile separare gli effetti
I
economici da quelli sociali dell’agire
dell’azienda e che, quindi, la stessa
deve integrare i valori etici nello
svolgimento delle proprie attività.
Occorre considerare, infatti, che
ogni azienda è, al tempo stesso, attore
economico e sociale. In questo
contesto, riflettere sulla responsabilità
sociale d’azienda significa cogliere la
funzione sociale della stessa la quale,
ovviamente, dipende da quanto il
soggetto economico decide di
investire nel capitale umano, nella
protezione e difesa dell’ambiente
naturale, nel rispetto e nella tutela dei
diritti civili, nei rapporti di reciproca e
proficua soddisfazione con i partner e
con i clienti.
Nel corso del tempo si è registrato
un sempre maggiore interesse anche
da parte degli stakeholders affinché il
comportamento delle unità
produttive, private e pubbliche,
considerato nel suo complesso, sia
( )
*
socialmente rilevante. Certo, tali
comportamenti non si sono sottratti a
critiche. In alcuni casi, per dirla con le
parole di Friedman, può sembrare che
tenere tali comportamenti
socialmente rilevanti rappresenti un
vincolo dell’attività aziendale, ovvero
rappresenti una “tassa imposta agli
azionisti”, la rimunerazione dei quali
per lungo tempo è stata considerata
l’unica e vera finalità da raggiungere.
Recenti studi condotti mostrano,
invece, che la CSR ha un effetto
significativamente positivo sia sulla
performance economica sia su quella
finanziaria dell’impresa,
migliorandone la competitività
rispetto alle imprese che non fanno
uso di strumenti di corporate
responsibility.
Quali, allora, gli stakeholder di
riferimento? Secondo tale prospettiva,
gli stakeholder di riferimento
dell’azienda dovrebbero essere
Ricercatore di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Salerno
L’intervento
molteplici. Iniziando dal considerare,
dapprima, i dipendenti dell’azienda,
allontanandosi, quindi, da una visione
shareholder-centrica, se così
possiamo definirla. L’azienda può
mostrare attenzione verso di essi in
vari modi: rispettando i loro diritti,
aumentando le misure di sicurezza,
offrendo benefit di varia natura
compreso un orario di lavoro
compatibile con gli impegni familiari
oppure con la creazione di un asilo
nido aziendale. Tra gli stakeholder di
fondamentale importanza con cui si
interfaccia l’azienda dobbiamo
considerare anche la comunità nei
confronti della quale l’azienda può
creare o distruggere valore. Lo può
fare, per esempio, rispettando o non
rispettando l’ambiente, sviluppando
programmi di implementazione di
nuove tecnologie e usando energia
rinnovabile oppure rinunciando a
nuovi investimenti affidandosi a
tecnologie superate e altamente
inquinanti (si veda il caso Ilva).
Ovviamente stakeholders sono
anche i consumatori e l’azienda può
migliorare le caratteristiche dei
prodotti in modo da soddisfarli nella
massima misura possibile e fidelizzarli
grazie a maggiore qualità, migliori
garanzie, minor impatto ambientale
dei prodotti.
Gli strumenti per la
rendicontazione sociale
Uno degli strumenti di cui si avvale
l’azienda che voglia gestire e
comunicare la propria dimensione
35
sociale è il bilancio sociale.
Quest’ultimo rappresenta, quindi,
quel documento che periodicamente
le aziende redigono volontariamente,
rivolto agli stakeholder e finalizzato a
comunicare gli effetti economici,
ambientali e sociali dei loro
comportamenti.
La nascita di un documento ad
hoc è dovuta al fatto che rispetto alle
esigenze sopra riportate, gli strumenti
di rendicontazione tra cui il fascicolo
di bilancio previsto dalla normativa
civilistica - ancorché rinforzato dalla
nuova relazione sulla gestione ex art.
2428 c.c. (come modificato dal d.lgs.
32/2007) - non appaiono del tutto
sufficienti da un punto di vista
comunicativo, in quanto non mettono
in evidenza aspetti non quantificabili
in termini monetari. Occorre, inoltre,
considerare che la situazione attuale è
caratterizzata da una forte diffusione
di mezzi di comunicazione di vario
tipo che hanno modificato e
continuano a modificare l’ambiente
sociale e culturale. Questo nuovo
ambiente rende molto più facile il
giudizio da parte della società, non
esistendo un hiding place in cui
l’operato dell’azienda è al sicuro da
giudizi e controlli sociali.
Cosa dire dell’azienda
pubblica?
Discutere di bilancio sociale nel
campo delle organizzazioni che non
contemplano la massimizzazione e la
distribuzione dell’utile tra le proprie
finalità istituzionali appare ancora più
delicato. Basti pensare agli enti
pubblici, alle diverse organizzazioni
(enti di tipo associativo, comitati,
fondazioni) che non operano in una
“logica di profitto” (i cosiddetti “enti
od aziende non profit”).
Per l’azienda pubblica e per la totalità
36
L’intervento
degli enti pubblici, il discorso appena
fatto vale appieno. La riforma della
Pubblica amministrazione e le
profonde trasformazioni intervenute
sul piano culturale e normativo che ne
sono derivate, hanno mutato il
rapporto tra cittadini e istituzioni. Il
nuovo contesto richiede una
crescente trasparenza e
partecipazione alla vita politica e alla
gestione amministrativa da parte della
collettività, in modo da consentire ai
cittadini di avere una visione
complessiva e comprensibile
dell’attività amministrativa.
Nasce, per l’azienda pubblica,
l’esigenza di orientare la gestione, non
solo ai risultati finanziari, ma,
soprattutto, alla coerenza con il
mandato che le viene assegnato. La
stessa esigenza vale anche per la PA.
La responsabilità sociale tende a
coincidere con la responsabilità
gestionale e diventa ancora più
importante, rispetto alle unità
produttive private, assicurare ai
propri cittadini che le vie della
gestione seguite (allocazione delle
risorse, natura dei beni e servizi
prodotti, grado di miglioramento del
benessere sociale) siano socialmente
rilevanti.
Considerazione conclusive
L’azienda di oggi deve essere capace
di soddisfare in modo equilibrato due
aspetti fondamentali: l’economicità e
la socialità. Il governo aziendale non
deve soddisfare, come visto, solo gli
interessi dei tradizionali portatori
d’interessi (azionisti per le imprese e
partiti politici per le amministrazioni
pubbliche), ma anche quelli di un
pubblico più vasto, tenendo in
considerazione, quindi, non solo i
risultati economico/finanziari, ma
anche quelli socio/ambientali.
Concludendo, la gestione della
responsabilità sociale poggia su tre
“pilastri” ovvero le prospettive
economica, etico-sociale e
ambientale. L’economicità, quindi,
deve essere ancorata ad una matrice
umanistico-ambientale, per poter
“gestire” la responsabilità sociale
dell’azienda.
L’integrazione tra la dimensione
reddituale e quella socio-politica,
espressa in termini di centralità della
persona, integrità dell’ambiente,
qualità della vita, dovrebbe essere
gestita e comunicata da parte
dell’azienda. L’azienda, in altre parole,
deve poter esprimere comportamenti
idonei a soddisfare le aspettative degli
stakeholder interni ed esterni.
Soltanto facendo ciò, si assicura la
possibilità di “perdurare nel tempo”
come vuole la migliore tradizione
economico aziendale.
Se tutti gli stakeholder sono,
infatti, soddisfatti in termini di
remunerazione - ovvero i lavoratori
hanno un salario congruo e una
qualità del lavoro soddisfacente, i
fornitori vengono pagati rispettando
le scadenze, i clienti comprano
prodotti che rispecchiano la qualità
desiderata, la comunità riconosce un
processo produttivo che non alteri
l’ambiente, i proprietari ritengono
l’utile soddisfacente, e così via - allora
i circuiti della produzione potrebbero
andare avanti all’infinito.
Ciò significa, in definitiva,
assicurare la soddisfazione di chi
impiega risorse nell’azienda senza
pregiudicare i diritti delle future
generazioni. Vogliamo dare una mano al Paese.
Anzi centodiecimila.
Crediamo nell’utilità
sociale del pensiero
tecnico e che non
sia questo il momento
di chiedere, ma di dare.
E di mettere al servizio
della comunità
la competenza,
la professionalità
e l’esperienza dei
Commercialisti Italiani.
Possiamo essere
utili al Paese perché
siamo professionisti,
vogliamo esserlo
perché siamo cittadini.
38
Il bilancio sociale
regionale
Filippo Carlin
Odcec Rovigo, Redattore Rivista Press
L’esperienza della Regione Veneto (2003-2009). Un gruppo di lavoro
d’eccellenza per un nuovo percorso di rendicontazione
l Veneto è stata la prima, tra le
regioni d’Italia, a dar vita, tramite
un gruppo di lavoro formato da
docenti universitari,
professionisti e dirigenti
regionali, ad una esperienza di
Bilancio Sociale applicato alla
rendicontazione regionale.
L’esperienza è durata dal 2003 al 2009.
È stato un percorso graduale per il
quale, non essendovi parametri di
riferimento, gli esperti hanno dovuto
creare un paradigma metodologico al
quale uniformare il proprio lavoro.
I
Le finalità del documento
Il Bilancio Sociale è stato inteso come
il documento consuntivo attraverso
cui l’Ente aveva la possibilità di
comunicare, a tutte le categorie
interessate, il “valore” che aveva
generato per la comunità; e ciò pur
“mettendo in mostra” solo una
piccola parte del più ampio sistema di
documenti con cui la Regione
rendiconta la propria gestione.
Il valore generato
Per mettere in luce al meglio l’operato
regionale si è partiti da alcuni concetti
basilari:
la Regione acquisisce e impiega
risorse per lo svolgimento delle
proprie funzioni;
i processi di organizzazione e di
realizzazione delle azioni in favore
della comunità si traducono nella
creazione di un valore nuovo
rispetto alle risorse acquisite;
tale valore, non riconducibile
esclusivamente ai dati di bilancio,
si misura con gli effetti reali
generati per la comunità, sia
direttamente che indirettamente,
attraverso il coinvolgimento di altri
soggetti pubblici e privati ai quali
la Regione trasferisce risorse
finanziarie.
Nel Bilancio sociale si analizza,
dunque, la “filiera” con la quale la
Regione genera valore per la
comunità: con la “filiera finanziaria” si
è voluto rappresentare il percorso dei
flussi finanziari verso i soggetti
destinatari dei finanziamenti, mentre
attraverso la “filiera dei benefici” si
sono identificati i soggetti che
effettivamente beneficiano delle utilità
generate dai trasferimenti regionali.
L’ambito di rendicontazione
Il Bilancio sociale ha assunto come
aree di rendicontazione tutti gli ambiti
di intervento regionale.
Pertanto, il contenuto del documento
è stato articolato tenendo delle
macro-aree di rendicontazione,
coerenti con l’articolazione del
Programma Regionale di Sviluppo
(PRS), ovvero:
Persona e famiglia;
Territorio ambiente e
infrastrutture;
Sviluppo economico;
Assetto istituzionale e governance.
Struttura del documento
Coerentemente con le aree d’analisi, il
BS della Regione del Veneto si
sviluppava in una serie di capitoli in
una sequenza “logica” tra loro.
Preliminarmente si affrontava il
metodo di costruzione del Bilancio
sociale, la visione strategica, l’assetto
istituzionale ed organizzativo della
Regione, poi, utilizzando la
metodologia della “filiera del valore”,
si evidenziavano le modalità
attraverso cui la Regione trasferiva le
risorse ed i relativi benefici ai propri
interlocutori sociali, corredato dal
percorso di dialogo con gli stakeholder
e, solo successivamente, si illustravano
le azioni di coinvolgimento degli
interlocutori sociali.
Per finire venivano fornite indicazioni
L’intervento
39
Associazioni di categoria,
Sindacati dei lavoratori,
Rappresentanti delle autonomie
funzionali, ecc..
di tipo metodologico volte ad
assicurare il collegamento del BS con
il Rendiconto generale prodotto dalla
Regione.
I destinatari del Bilancio sociale
Il bilancio sociale “teneva conto” dei
cd. Interlocutori sociali ovvero quelle
persone, quei gruppi portatori di
valori, bisogni, interessi, aspettative
nei confronti della Regione del
Veneto, secondo la seguente
articolazione:
beneficiari finali: soggetti cui si
rivolgevano le politiche pubbliche
e distinguibili nelle macrocategorie
“Cittadini” e “Imprese”:
identificabili, nel dettaglio, nella
comprensione delle attività e degli
interventi concretamente realizzati
con i contributi regionali;
destinatari ultimi dei
finanziamenti regionali: ovvero i
destinatari dei trasferimenti
finanziari provenienti dalla
Regione. Essi potevano coincidere,
o meno, con i Beneficiari finali
delle politiche regionali;
attori intermedi della
sussidiarietà: soggetti che,
anziché trattenere e utilizzare
direttamente le risorse finanziarie
ricevute dalla Regione, le
reimpiegavano a favore di altri
soggetti. In tali casi essi
svolgevano una funzione
intermedia nell’ambito della
sussidiarietà, esercitando un ruolo
attivo nel definire i reali percettori
dei fondi, nonché la quantità di
risorse da erogare;
interlocutori istituzionali:
soggetti che svolgevano un ruolo di
rappresentanza di interessi quali
Le tappe del progetto
Il percorso per la redazione del BS ha
avuto, come indicato in precedenza,
un approccio graduale chiamato
“Verso il Bilancio Sociale”: la
pubblicazione del 2004, in riferimento
all’anno finanziario 2003, trattando
solamente l’aspetto del Capitale
Umano, e ciò attesa l’iniziale necessità
di “creare” l’aspetto metodologico alla
base del progetto; a seguire, nel 2005,
al Capitale umano si è aggiunto come
nucleo di rendicontazione anche il
Welfare sociale.
Poi, nel 2006, tale nucleo è stato
ulteriormente esteso fino a
ricomprendere tutte le aree di
rendicontazione regionale, ad
esclusione del Welfare Sanità.
Il documento del 2006 si è
caratterizzato per un’altra grande
novità: l’introduzione del Focus,
ovvero un approfondimento dedicato
ad una tematica specifica.
Il primo anno è stato dedicato al
“Nuovo turista” con una lettura
“trasversale” degli interventi realizzati
dalla Regione a supporto, soprattutto,
del cosiddetto “turismo emergente”.
Nel 2007 il percorso progressivo
intrapreso con il progetto “Verso il
Bilancio sociale” si è concluso e il
documento di rendicontazione sociale
della Regione (Bilancio Sociale 2006)
si è esteso a tutte le aree di
rendicontazione compreso il Welfare
Sanità, mentre il Focus è stato rivolto
alle “Pari Opportunità per tutti” in
corrispondenza dell’Anno europeo
dedicato al tema.
Nel 2008, il Bilancio sociale 2007
(corredato dal focus dedicato
40
L’intervento
La sfida dell’Accountability
La centralità della persona
Nelle sue varie edizioni, la pubblicazione del Bilancio
Sociale della Regione del Veneto, è sempre stata
introdotta dalla presentazione del Presidente della
Conferenza permanente fra gli Ordini dei Dottori
Commercialisti delle Tre Venezie.
Riportiamo di seguito uno stralcio dell’introduzione, alla
IV edizione del BS, di Massimo Miani, allora presidente
della conferenza, oggi membro del CNDCEC.
«La regione del Veneto ha positivamente intrapreso la sfida
dell’accountability, volendo “dar conto” della strategia
scelta, delle azioni intraprese, degli effetti delle stesse allargando la prospettiva a tutti gli stakeholder rilevanti e
tracciando gli effetti di misurazione e rappresentazione…
… la finalità che l’Amministrazione Regionale si è
preposta, è stata quella di evidenziare come un Bilancio
sociale possa tener conto degli obiettivi di carattere
generale indicati nella missione dell’ente, individuando i
progressi ottenuti e i risultati raggiunti…
… questo Bilancio sociale non [deve apparire] solo come
strumento di comunicazione ma [deve rappresentare] la
logica strategica sottostante l’organizzazione, favorendo
la connessione tra principi e politiche dichiarate, scelte
effettuate, risorse impiegate, risultati ed effetti
ottenuti…».
Tratto dall’intervista rilasciata a Il Commercialista Veneto
(n. 196/2010), rivista dell’Associazione dei Dottori
Commercialisti delle Tre Venezie, dall’Assessore Marialuisa
Coppola, Assessore al Bilancio che introdusse, e coltivò
durante tutto il suo mandato, la “buona prassi” del Bilancio
Sociale alla Regione del Veneto, ora Assessore alle
Infrastrutture, Sviluppo Economico, alla Ricerca e
all’Innovazione.
D. Il Veneto è stata la prima regione a dotarsi di un
Bilancio Sociale; Lei è stata una sorta di “pioniere” nel
diffondere la buona prassi di amministrare
rendicontando come si utilizzano i soldi pubblici.
Quanta strada deve essere ancora percorsa per arrivare
ad una pubblica amministrazione che sia del tutto
trasparente e rispondente alle esigenze e alle domande
del singolo?
«Potrei dire con orgoglio “in Veneto di strada da percorrere ne è rimasta poca!!!”, ma mi rendo conto che non
siamo l’ombelico del mondo.
Basta girare per i Ministeri o avvicinarsi all’operato delle
commissioni europee per rendersi conto che il principio
fondamentale del Bilancio Sociale, cioè la centralità della
persona, con i suoi bisogni sociali, economici, culturali,
non è spesso il fine della comunicazione politica, ma
soltanto il mantra dei convegni e di infinite tavole
rotonde o di noiosi libri bianchi, gialli e turchini.
Se, come ritengo ed ho sempre ritenuto, la politica è
passione, solo attraverso uno strumento come il Bilancio
sociale, noi possiamo umanizzare il nostro impegno
verso il cittadino.
E, visto che parliamo di Bilancio Sociale, vorrei
pubblicamente ringraziare la Conferenza del Triveneto,
ed in particolare i suoi presidenti che si sono succeduti
in questi anni, che ha sempre visto con favore la nostra
iniziativa, asseverando la nostra pubblicazione».
all’Acqua) assume un particolare
significato perché corona un impegno
avviato cinque anni prima,
rappresentando il documento “a
regime” di rendicontazione sociale per
contenuti e per metodo.
Nel 2009, in prossimità di chiusura
dell’ottava legislatura, l’edizione del
Bilancio sociale 2008 ha dedicato il
Focus annuale ad una visione
d’insieme delle attività regionali degli
ultimi quattro anni. L’intervento
41
Bilanci integrati
sotto osservazione
Maurizio Cisi *
Laura Corazza **
Simone Domenico Scagnelli ***
( )
(
)
(
)
L’osservatorio su etica aziendale, sostenibilità ambientale e sociale, inseriti
nel tema emergente della “Creazione di Valore Condiviso”, monitora le best
practices in materia di disclosure delle informazioni non finanziarie,
nell’ottica di nuove prospettive per aziende e professionisti nella
comunicazione di dati che dimostrino valore condiviso
tudiare i fenomeni
connessi all’applicazione
delle tematiche dell’etica
aziendale, della
sostenibilità ambientale
e sociale, e del tema emergente quello
della “Creazione di Valore Condiviso”
(CVC). Questi gli interessi
dell’Osservatorio sullo Shared Value,
nato nel Novembre del 2013 presso il
Dipartimento di Management
dell’Università degli Studi di Torino. l.
L’Osservatorio
(www.center4sharedvalue.org),
composto da docenti e studiosi
esperienza sui temi di management e
sostenibilità sociale ed ambientale, è
concentrato attualmente sul modello
della Creazione di Valore Condiviso
(CVC), che può essere inteso come un
rinnovato modo di fare impresa che
eleva a livello strategico il
raggiungimento degli obiettivi sociali
di un’azienda, orientando la strategia
della stessa verso la risoluzione di
problematiche sociali attraverso il
proprio business. Tale teorizzazione è
S
stata introdotta da Michael Porter e
Mark Kramer nel loro articolo apparso
nel 2011 sull’Harvard Business Review
intitolato “Big Idea: Creating Shared
Value”. Secondo Porter e Kramer
(2011), affinché la strategia CVC
venga incorporata in tutte le
componenti in cui l’azienda è in grado
di creare valore, è fondamentale che
sia guidata all’interno
dell’organizzazione attraverso un
approccio top-down, che integri e
faccia dialogare gli aspetti di:
(i) compliance legale, etica e
sociale,
(ii) reporting tipici dell’approccio
triple bottom-line (reporting
finanziario, ambientale e sociale)
(Elkington,1997), sui cambiamenti
reali apportati a livello manageriale
(iii) sui diversi processi,
( )
*
(
**)
(
***)
l’organizzazione e la comunicazione.
Questo approccio permette all’azienda
di integrare questi tre ambiti,
solitamente trattati a compartimenti
stagni dalla dottrina manageriale, così
da sviluppare valore da condividere
all’esterno dei suoi confini.
Un’opportunità per le aziende, ma
anche una sfida professionale
interessante per i commercialisti che
possono contribuire alla promozione
e alla redazione di documenti che
dimostrino la creazione di valore
condiviso. (Figura 1)
L’Osservatorio monitora le best
practices in materia di disclosure
delle informazioni non finanziarie. Per
questo tiene sotto controllo l’universo
delle aziende che redigono un report
di sostenibilità GRI (Global Reporting
Initiative) o un bilancio integrato IIRC
Professore associato, Scuola di Management ed Economia, Dipartimento
di Management, Università degli Studi di Torino
Dottorando, Facoltà di Economia, Università di Torino
Professore Aggregato di Economia Aziendale, Dipartimento di Management,
Università degli Studi di Torino
42
L’intervento
VA
LO
RE
RE
LO
VA
REPORTING
COMPLIANCE
ETICA
Certificazioni
STRATEGIA
VALORE
VALORE
LEGGE
MANAGEMENT
PROCESSI CONTROLLO
RE
LO
VA
Comunicazione
VA
LO
RE
Figura 1
Una strategia focalizzata alla creazione di valore
condiviso guida ed integra gli ambiti manageriali,
del reporting e della compliance
(International Integrated Reporting
Council).
Le linee guida del GRI (Global
Reporting Initiative) definiscono il
Sustainability report come quel
bilancio pubblicato da
un’organizzazione o azienda che
contiene informazioni sugli impatti
economici, ambientali e sociali
causati dalla sua attività quotidiana.
Le aziende e le organizzazioni sentono
la necessità, per creare valore nel lungo
periodo, di misurare e comunicare le
performance rispetto all’obiettivo dello
sviluppo sostenibile, e di assumersi le
responsabilità nei confronti di
stakeholder sia interni sia esterni.
Il bilancio di sostenibilità ha lo
scopo di rendere trasparente la
sostenibilità delle attività svolte da
un’organizzazione, agli occhi di tutti i
suoi stakeholder. Tale report deve
fornire una rappresentazione
equilibrata e corretta delle
performance ambientali, sociali e
finanziarie di un’organizzazione,
tenendo conto di tutti gli impatti
positivi e/o negativi generati dalla sua
attività. Il report di sostenibilità
illustra i risultati e gli effetti relativi
agli impegni, alla strategia e alla
modalità di gestione
dell’organizzazione, sotto i diversi
punti di vista prima citati.
Le Linee Guida del GRI sono
diventate di fatto lo standard più
utilizzato per la redazione del bilancio
di sostenibilità, grazie alla loro
credibilità, coerenza e comparabilità.
Il Report di Sostenibilità serve ad
esempio:
A confrontarsi con le altre
organizzazioni per analizzare e
valutare le performance di
sostenibilità rispetto a quanto
previsto da leggi, norme, codici,
standard su base volontaria;
A dimostrare in che modo
l’organizzazione influenza ed è
influenzata dalle aspettative in
tema di sostenibilità;
http://www.cocacolacompany.com/sustainabilityreport/
Danone:
http://www.danone.com/en/forall/mission-strategy/our-strategy/asustainable-food-chain/
Diageo:
http://www.diageo.com/enrow/CSR/Pages/default.aspx
Enel:
http://www.enel.com/itIT/doc/report_2012/enel_sustainabi
lity_report_2012.pdf
Hsbc:
http://www.hsbc.com/citizenship/s
ustainability/reports-anddownloads
Hyundai:
http://worldwide.hyundai.com/WW
/Corporate/CorporateInformation/
CSR/index.html
IntesaSanPaolo:
A confrontare la performance nel
corso del tempo sia internamente
sia esternamente, cioè con altre
organizzazioni.
http://www.group.intesasanpaolo.com/s
criptIsir0/si09/sostenibilita/eng_wp_
sostenibilita.jsp
Pirelli:
http://www.pirelli.com/corporate/it
/sustainability/default.html
Il Bilancio Integrato (Integrated
Reporting, IR) rappresenta la nuova
frontiera della rendicontazione, che si
Chi lo fa?
Ecco alcuni esempi di aziende che
redigono il bilancio di sostenibilità:
Coca-Cola:
L’intervento
propone di legare il tradizionale
Bilancio Consolidato con la
reportistica di Sostenibilità, inserendo
all’interno dei risultati aziendali i dati
relativi alle performance legate alla
Creazione di Valore.
Per “Integrated Reporting” si intende
un nuovo approccio alla
rendicontazione aziendale che
dimostra il legame tra la strategia, le
performance finanziarie e il contesto
sociale, ambientale ed economico
all'interno del quale opera
l'organizzazione. Attraverso tale
strumento l’azienda comunica i propri
valori e le proprie decisioni ai suoi
stakeholder in modo sintetico ed
esauriente.
Questo tipo di approccio, che è
ancora in fase di definizione a livello
internazionale, richiede di
documentare i risultati finanziari,
ambientali, sociali e di governance
attraverso un unico strumento, con
l’obiettivo di aumentare la
trasparenza nei confronti di tutta la
collettività e tutti gli stakeholder.
Gli obiettivi del bilancio integrato
possono essere così riassunti:
Migliorare la qualità delle
informazioni a disposizione degli
investitori, al fine di permettere
loro di allocare il capitale in modo
più efficiente e produttivo;
Promuovere un approccio alla
contabilità aziendale più efficiente,
che evidenzi i nessi logici fra le
componenti economico-finanziarie
e tutti quei fattori che hanno
influenza sulla creazione di valore
dell’organizzazione;
Allargare la contabilità e
l’amministrazione a tutte le
tipologie di capitale (capitale
finanziario, umano, intellettuale,
sociale, relazionale e naturale) e
far comprendere l’importanza della
loro interdipendenza;
Sostenere un modo di pensare
integrato, prendere decisioni ed
intraprendere azioni che si
focalizzino sulla creazione di
valore nel breve, medio e lungo
periodo.
È necessario comprendere che, con la
redazione del Bilancio Integrato, non
si tratta di produrre più informazioni,
ma di evidenziare le relazioni tra le
variabili non solo economiche,
andando oltre al concetto dei Bilanci
tradizionali, creando quindi un
Bilancio migliore. In questo modo
l’organizzazione comunica più
efficacemente la sua identità, il suo
ruolo e il suo valore agli stakeholder.
L’IR è una combinazione di sinteticità,
enfasi sulla strategia di corporate,
orientamento al futuro, sistemi
informativi integrati, gestione dei
diversi capitali e delle loro
interdipendenze: tutto ciò deve
diventare la base del pensiero
integrato di tutta l’organizzazione. Il
Reporting Integrato porterà alla
contabilità aziendale un’ondata di
innovazione a livello globale.
Chi lo fa?
Alcuni esempi di aziende che redigono
annualmente il Bilancio Integrato
sono:
Atlantia:
http://www.atlantia.it/en/sustainabi
lity/integrated-report.html
Exxaro:
http://www.exxaroreports.co.za/reports/ar_2012/integ
rated/pro-intro.php
Gold Fields:
http://www.goldfields.co.za/reports
/2012/ir.pdf
Liberty Holdings:
http://liberty.investoreports.com/li
berty_iar_2012/
43
Masisa:
http://www.masisa.com/medios/arc
hivos/Informe-Masisa-2012INGLES.pdf
Nedbank Group Limited:
http://www.nedbankgroup.co.za/fin
ancial/Nedbank_ar2012/
Royal DSM:
http://annualreport2012.dsm.com/p
ages/EN/Homepage.html
Sasol:
http://www.sasol.co.za/investorcentre/publications/integrated-repo
rt-1
Transnet:
http://overendstudio.co.za/online_r
eports/transnet_ar2013/index.php
Truworths:
http://www.truworths.co.za/annual
report2012/
Vodacom:
http://www.vodacom.com/com/abo
utus/integratedreports
Wilderness Holdings:
http://www.wildernessholdings.co
m/investor_centre/presentations/a
nnual_reports
Anas:
http://www.stradeanas.it/index.php
?/content/index/arg/bilancio_integr
ato
Banca Popolare Etica:
http://www.bancaetica.it/sites/banc
aetica.it/files/web/bilanci/DOSS_1_
BILANCIO_INTEGRATO_totaleLO
W.pdf
Schiphol:
http://www.annualreportschiphol.c
om/results/sustainableperformance
Smithfield:
http://files.shareholder.com/downl
oads/SFD/2747261510x0x590240/F
33D665C-409C-4825-A50ED7F90C10F399/smi_integrated_12.
pdf. 44
La responsabilità
sociale come leva per
il successo dell’impresa
Cristiana Rogate
Amministratore Refe - Strategie di Sviluppo Responsabile
L’adozione del report di sostenibilità è lo strumento principe
per verificare in modo puntuale i risultati e gli effetti delle attività
aziendali al suo interno e nei rapporti con l’esterno
ormai chiaro che la
complessità della fase
attuale chiede di
ripensare
profondamente le
“regole del gioco” del mercato, i
modelli di governance dell’impresa,
prassi e sistemi gestionali e
comunicativi, che rimettano al centro
la qualità delle relazioni con gli
stakeholder interni ed esterni in
un’ottica strategica. Tuttavia,
nonostante il perdurare della crisi e
una normativa europea e italiana
sempre più attenta, l’approccio delle
imprese italiane ai temi della
trasparenza, della responsabilità e
dell’accountability è ancora, in molti
casi, formale e burocratico.
È
RSI e normativa
D.lgs. 231/01 prevede la
responsabilità diretta dell’azienda
per oltre 100 reati commessi nel
suo interesse o a suo vantaggio;
l’impresa si esime da tale
responsabilità se dimostra la
presenza di un Modello
organizzativo teso alla prevenzione
dei reati.
DM 3.12.2010 L’Inail premia con
uno "sconto" denominato
"oscillazione per prevenzione"
(OT24), le aziende, operative da
almeno un biennio, che eseguono
interventi per il miglioramento
delle condizioni di sicurezza e di
igiene nei luoghi di lavoro, in
aggiunta a quelli minimi previsti
dalla legge.
DM 57/2014 introduce il rating di
legalità, un sistema premiante
nell’accesso al credito privato e a
contributi o finanziamenti pubblici
rivolto alle aziende (con un
fatturato superiore a 2 mln euro)
che adottano strumenti di RSI e di
prevenzione.
La Direttiva 2014/24/UE sugli
appalti pubblici che considera i
sistemi di governance e
management finalizzati all’etica o
al rispetto della legalità come
criterio preferenziale per
l’attribuzione di incarichi o appalti
pubblici; nell’individuare l’offerta
più vantaggiosa la PA può
considerare anche il rapporto
qualità/prezzo, anche con
riferimento ad aspetti qualitativi
sociali e ambientali.
La nuova Direttiva UE in materia
di comunicazione di informazioni
di carattere non finanziario e di
informazioni sulla diversità da
parte di talune società e di taluni
gruppi di grandi dimensioni,
attualmente in attesa di
pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea; essa
prevede che le imprese con più di
500 dipendenti forniscano
informazioni ambientali, sociali,
attinenti al personale, al rispetto
dei diritti umani, alla lotta contro
la corruzione attiva e passiva in
misura necessaria alla
comprensione dell’andamento
dell’impresa, dei suoi risultati,
della sua situazione e dell’impatto
della sua attività.
Le nuove norme organizzative
internazionali, in fase di prossima
emanazione, UNI EN ISO
L’intervento
9001:2015 14001:2015 e BS OHSAS
18001:2015 che prevedono
l’integrazione piena di
qualità/ambiente/sicurezza nella
pianificazione strategica,
l’orientamento agli stakeholder, il
potenziamento delle attività di
comunicazione esterna.
In realtà, la Responsabilità Sociale - se
bene applicata - può rappresentare
una leva di innovazione continua su
più dimensioni, interne ed esterne:
mission-vision-strategy (MVS), sistemi
di controllo e reporting, governance e
benessere organizzativo, innovazioni
di prodotto e processo e supply
chain, marketing e stakeholder
dialogue. Questo favorendo la
crescita di una nuova cultura
d’impresa e qualificando il
posizionamento e la brand reputation
nei confronti di un mercato sempre
più evoluto, consapevole ed esigente.
Alcuni esempi possono essere utili a
chiarire la funzione strategica della
RSI. Un primo elemento è la
costruzione condivisa ai diversi livelli
dell’impresa di una strategia chiara e
verificabile che non sia orientata alla
sola efficacia gestionale interna, ma si
declini in una logica di efficacia
sociale, ossia esprimendo i benefici e
le utilità che si intendono produrre
per il consumatore e la collettività.
Per indirizzare di fatto le scelte e le
attività dell’impresa la strategia deve
essere collegata ad un sistema di
misurazione multidimensionale economico, sociale e ambientale;
percepito e reale; qualitativo e
quantitativo - per monitorare in modo
puntuale e strutturato l’attuazione
della strategia.
Timberland ha costruito un Green
45
Index volto a misurare e comunicare
l’impatto dei propri prodotti
sull’ambiente. Il Green Index viene
calcolato come media tra 3 fattori:
l’impatto climatico in termini
emissioni di gas serra derivante
dalla produzione di ogni singolo
materiale in ciascuna fase del ciclo
produttivo; i prodotti chimici
utilizzati per migliorare la
performance e l’estetica dei prodotti
finali; il consumo delle risorse
idriche e di suolo. A partire dal
Green Index, nel 2012 è stato
sviluppato, a cura di un gruppo
composto da manifatture di
abbigliamento, produttori di scarpe,
commercianti, fornitori ed esperti,
l’Higg Index che intende misurare
l’impatto sociale e ambientale dei
prodotti di abbigliamento. Essendo
in grado di quantificare tali impatti,
46
L’intervento
le aziende potranno utilizzare i dati
per prendere decisioni consapevoli
ad esempio sulla gestione della
propria supply chain e soprattutto
ridurre i danni causati
sull’ambiente.
Efficacia e credibilità si costruiscono
all’interno prima ancora che
all’esterno: il rafforzamento della
motivazione e del senso di
appartenenza del personale, la
convergenza verso gli obiettivi e le
strategie aziendali, l’aumento del
benessere organizzativo e lo sviluppo
del capitale intellettuale migliorano la
qualità della produzione e del servizio
al cliente e producono innovazione.
Due leve particolarmente efficaci per
raggiungere questi risultati sono la
formazione e la condivisione delle
scelte e dei risultati aziendali con le
risorse interne.
Ferrari investe nella
motivazione, nel coinvolgimento e
nella valorizzazione del personale,
con l’obiettivo di massimizzare
soddisfazione individuale e risultati
di gruppo. La crescita interna viene
definita tramite un annuale sistema
di valutazione che coinvolge tutto il
personale, basato su: risultati
individuali, attuazione di
comportamenti organizzativi
coerenti allo stile e ai valori
aziendali, conoscenze professionali,
assessment di valutazione del
potenziale. Per i migliori sono
definiti piani di carriera personali.
Vengono inoltre erogati a titolo
gratuito per i dipendenti alcuni
servizi di formazione extraprofessionale quali corsi
informatici, corsi tecnici, corsi
linguistici e di comunicazione.
Completano il quadro dei servizi a
disposizione dei dipendenti quelli
offerti dal Centro Benessere e dal
Service Point Ferrari (Ferrari Card,
Agenzia viaggi, agenzia
immobiliare, servizio foto,
takeaway, spesa on-line, banca online, ticketing e virtual shop). Il
livello di soddisfazione del personale
è verificato annualmente tramite
un’indagine, i cui risultati eccellenti
sono confermati dal tasso di
assenteismo e dal turnover
eccezionalmente bassi (attorno al
3%), dalla produttività e dal
contributo dei dipendenti
all’innovazione. Nel 2014 la Ferrari
si conferma l’azienda più ambita in
Europa dai neolaureati.
Per quanto riguarda il rapporto
con l’esterno, i percorsi di RSI
comportano il ripensamento dei
sistemi di reporting e dei processi,
canali e strumenti di comunicazione.
In particolare la disclosure
dell’informativa aziendale, di natura
contabile e non, permette di misurare
e comunicare la performance
economica, sociale e ambientale
conseguita. Una forma di
rendicontazione più evoluta (report di
sostenibilità) che supporta le
decisioni del board e soddisfa le
esigenze informative dei soggetti
esterni, rafforzando la fiducia nei
confronti dell’azienda, la sua
credibilità e reputazione.
Tutto ciò nella prospettiva di
sviluppare modalità e strumenti che
permettano una comunicazione
trasparente dell’utilità prodotta per gli
stakeholder interni ed esterni,
ottenendo dei feed back utili a riorientare strategia e gestione,
rendendole più aderenti alle attese del
mercato.
Barilla, al fine di assicurare
all’azienda un confronto costante con
una rappresentanza strutturata di
stakeholder sui temi della
sostenibilità, convoca 2 volte l’anno
un panel permanente di stakeholder,
oltre 150, chiamato ad esprimere il
proprio parere sul percorso di
sostenibilità dell’azienda. L’ascolto
avviene anche tramite il web: Barilla
infatti ha creato lo spazio interattivo
“Nel mulino che vorrei” in cui le
persone possono porre domande,
Indagine Nielsen “DOING WELL
BY DOING GOOD» Giugno 2014
67% preferisce lavorare per le
aziende socialmente responsabili
55% può pagare di più per prodotti
e servizi da aziende impegnate su
tematiche sociali e ambientali
52% ha effettuato almeno un
acquisto negli ultimi sei mesi da
una o più imprese socialmente
responsabili
52% controlla la confezione del
prodotto al fine di limitare
l’impatto ambientale
49% svolge attività di volontario o
effettua donazioni a organizzazioni
impegnate in programmi sociali e
ambientali
evidenziare punti critici e
segnalazioni o formulare proposte.
Dal 2009 al 2012 sono state raccolte
oltre 10.000 proposte.
In più di quindici anni di esperienza su
progetti innovativi di trasparenza e
responsabilità sociale, ho verificato
che il report di sostenibilità
rappresenta lo strumento principe per
conseguire, in un unico percorso
integrato e snello, la maggior parte dei
risultati sopra citati. Il report di
sostenibilità è infatti un processo
prima ancora di un documento, che,
se sviluppato secondo il metodo
Rendersi conto per rendere conto®,
produce un cambiamento durevole
all’interno dell’organizzazione e nei
L’intervento
suoi rapporti con l’esterno.
La sua adozione comporta
l’attivazione di un percorso di analisi
interna (il rendersi conto) per
verificare in modo puntuale risultati,
effetti e impatti delle scelte e delle
attività aziendali sui diversi
stakeholder e la conseguente
comunicazione esterna (il rendere
conto) per far conoscere in modo
chiaro ed incisivo gli elementi
distintivi dell’azienda, la value
proposition e gli asset intangibili.
Questo metodo consente di
individuare e superare le opacità che
minano la competitività, la credibilità
delle imprese e la capacità di attrarre
investimenti.
Se ciò vale per le imprese, è ancor
più vero per le organizzazioni non
profit e le istituzioni pubbliche, per le
quali il significato di responsabilità
sociale è intrinsecamente connesso
con la loro stessa ragion d’essere:
sono infatti organizzazioni che
condividono una missione sociale
(tutela e promozione dei diritti,
risposta a bisogni, produzione di beni
sociali) e che ricevono in vario modo
una delega fiduciaria da parte dei
cittadini, degli associati o dei
sostenitori e finanziatori pubblici e
privati. Non a caso, la recente riforma
del Terzo Settore nei principi sancisce
la necessità di prevedere una
disciplina degli obblighi di controllo
interno, di rendicontazione, di
trasparenza nei confronti degli
associati e dei terzi […] e di
individuare specifiche modalità di
verifica dell’attività svolta e delle
finalità perseguite.
Un grande contributo all’efficacia
del report di sostenibilità come
strumento di verifica interna e di
comunicazione con l’esterno è dato
47
dal web, che ne aumenta
l’immediatezza, l’interattività, la
diffusione ad ampio raggio
coniugando - a proposito di coerenza l’efficienza economica e ambientale.
Auspico quindi la diffusione di un
approccio più maturo alla RSI e di
percorsi rigorosi, credibili ed efficaci
di responsabilità e rendicontazione
sociale da parte di imprese, istituzioni
pubbliche, organizzazioni non profit e
associazioni di rappresentanza,
contribuendo a non sprecare le
potenzialità insite in questi processi e
a consolidare una cultura
organizzativa che permetta di
rispondere con coerenza alla mission,
ai valori e al disegno strategico
dichiarati; con efficacia sempre
crescente alle legittime aspettative dei
diversi stakeholder; con trasparenza
del valore economico, sociale e
ambientale prodotto. 48
Il primo bilancio
di responsabilità sociale
del corpo diplomatico estero
operante in Italia
l Rapporto che la Federazione Nazionale Consoli
(FENCO) ha elaborato a seguito di un interessante
questionario indirizzato ad un campione
assolutamente significativo dei Consoli(1) in Italia,
costituisce un primo tentativo di valutare sotto i vari
profili l’attività svolta da un Corpo Consolare che,
soprattutto nel nostro Paese, svolge compiti di grande
rilievo.
I
Macroregione
Uffici Consolari
Rip.ne
Nord Ovest
177
28%
Nord Est
136
21%
Centro
118
18%
Sud e isole
209
33%
Totale complessivo
640
100%
tavola 1 diffusione geografica
Questa pubblicazione contiene un’approfondita riflessione
sugli aspetti che dovrebbero essere maggiormente messi in
evidenza nell’attività consolare perché più innovativi, ma
sottolinea altresì quanto sia differenziata la percezione
delle varie Autorità locali sui compiti di questa categoria, e
al tempo stesso fa presente i diversi modi in cui viene
interpretato, da un Agente all’altro, il ruolo del Console.
Uffici Consolari
Paesi
Rip.ne
Agenzia Consolare
1
0%
Agenzia Consolare Onoraria
4
1%
Consolato Generale Onorario
79
12%
Consolato Onorario
550
86%
Vice Consolato Onorario
Totale complessivo
6
1%
640
100%
tavola 2 tipizzazione delle postazioni consolari
Per questo motivo la FENCO si propone di illustrare agli
uni e agli altri, siano essi Autorità locali o Agenti consolari,
come meglio rispondere alle attese non solo del Paese
inviante, ma anche di quello ricevente.
Obiettivo, tutt’altro che secondario di questa
pubblicazione, è quello di capovolgere la piramide delle
priorità.
Troppo spesso, infatti, gli incontri delle categorie consolari
hanno per oggetto i privilegi e le immunità e questo non
giova certo alla comprensione e alla definizione dei
compiti(2) che i Consoli Onorari sono chiamati a svolgere,
soprattutto in un momento in cui i Consoli di carriera sono
sempre meno numerosi(3) (Slide 1).
Nel dialogo con il Ministero degli Affari Esteri e altre
Autorità dello Stato e degli Enti territoriali occorrerà
pertanto sottolineare l’importanza del ruolo e dei compiti
svolti dai Consoli, mettendo in secondo piano gli aspetti
rivendicativi che pure hanno la loro importanza, ma che
certamente non possono avere la precedenza sui primi.
Lo spirito di servizio deve prevalere sulle prerogative di
immunità e privilegi.
Ricordo a questo proposito che la FENCO ha creato
quattro Gruppi di lavoro:
il primo riguarda le varie attività che i Consoli Onorari
sono chiamati a svolgere sia con gli esponenti del
mondo economico, produttivo e culturale sia con le
comunità presenti sul territorio (Slide 2);
il secondo sta approfondendo gli aspetti giuridici legati
alla figura del Console sotto la guida del professor Carlo
Curti Gialdino, docente di Diritto diplomatico e
consolare presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Le
norme in vigore risalgono infatti alla Convenzione di
Vienna sulle Relazioni Consolari del 1963, quando i
49
(Slide 1)
(Slide 2)
Qual è la tua attività economica?
43,2%
Impiegato Ente Privato
La rappresentazione dell’economia mondiale
23.070
miliardi di S
Pil dei Paesi rappresentati
Imprenditore
31,7%
23,0%
Professionista
Pensionato
2,2%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%100%
rapporti internazionali e le comunità straniere presenti
in Italia erano molto diverse da quelle di oggi e vanno
inoltre lette anche alla luce della prassi e della
giurisprudenza successive;
un terzo Gruppo di lavoro si propone di armonizzare il
trattamento riservato ai Consoli dalle diverse Autorità
regionali e comunali nei vari campi di loro competenza,
ampliando ed estendendone l’azione in base alle
comparazioni tra quanto accade nelle varie città,
provincie e regioni e lo statuto riservato ai Consoli
Onorari dai principali Paesi;
un quarto Gruppo di lavoro dovrà intensificare i rapporti
con la Federation of European Associations of
(1)
Pil dei Paesi non rappresentati
55.327
miliardi di S
tavola 3 Considerando un Pil mondiale di 78.397 miliardi di dollari (2011), i Paesi
rappresentati contano 55.327 miliari di dollari, vale a dire circa il 71% dell'economia
mondiale.
Honorary Consuls e con la World Federation of Consuls.
Aver impostato in questo modo l’intera problematica dei
Consoli ha già consentito alla FENCO di entrare a far parte
a pieno titolo della World Federation of Consuls (FICAC) e
della Federation of European Associations of Honorary
Consuls - F.U.E.C.H. i cui Consigli Direttivi hanno molto
apprezzato l’approccio innovativo e il metodo sistematico
di lavoro adottati.
Occorrerà pertanto continuare in questa direzione,
sottolineando l’importanza delle attività che i Consoli
Onorari, seguendo la falsariga dei Consoli di carriera,
possono efficacemente svolgere a vantaggio del Paese
inviante e del Paese ricevente. L’istituzione consolare (o consolato) è una figura giuridico-internazionale che consiste nello stabilimento di un organo dell’amministrazione pubblica di uno Stato
(ufficio consolare) in un altro Stato, con il consenso di questo, avente il compito di tutelare i connazionali, nelle forme autorizzate dallo Stato di residenza e secondo
le convenzioni internazionali, prestando loro assistenza e protezione e facilitandone l’esercizio dei diritti di cittadinanza mediante gli atti previsti dal proprio
ordinamento giuridico. Può occuparsi, altresì, degli interessi iure gestionis dello Stato di invio, nonché svolgere le attività sollecitate dagli organi dello Stato di
residenza.
(2)
Le funzioni consolari sono molteplici e varie. PROSPERO FEDOZZI (1872-1934), giurista internazionale dei primi del Novecento, nella terza edizione (1934) del
suo Corso di diritto internazionale, riferendosi alle funzioni del console e paragonandole a quelle svolte da soggetti diversi nell’ordinamento italiano scrisse che
“il console è all’estero quello che all’interno sono, contemporaneamente, per i cittadini e per lo Stato stesso, il prefetto ed il questore, il notaio e l’ufficiale di
stato civile, il capitano di porto ed il provveditore agli studi“ (oggi dirigente generale dell’Ufficio scolastico regionale).
(3)
GIUSEPPE BISCOTTINI (1909-1992), giurista internazionale del Novecento, nel tomo secondo della sua opera fondamentale sul Diritto amministrativo
internazionale (1966), ha efficacemente rilevato che, a motivo dell’evoluzione nel tempo dei campi di attività del console, “l’istituto consolare si presenta,
perciò, come una specie di caleidoscopio, in cui le immagini si compongono e mutano nelle forme più diverse al più lieve spostamento. E, come nel caleidoscopio
le figure che noi osserviamo sono determinate da frammenti di diverso colore, così nella missione del Console si intersecano le diverse funzioni di cui si è detto
e, spesso, chi si accinge all’analisi resta attratto or da questa or da quella componente, ma perde di vista l’armonia della composizione”.
50
Primo Piano
L’opportunità fiscale nella Mediazione Civile
e Commerciale
di Luca Santi
Odcec di Verona
La prima parte
del presente intervento ha analizzato
la disciplina fiscale agevolativa contenuta nella
mediazione civile e commerciale (v. Press n. 70/2014), la
seconda, più tecnica, riguarda l’applicazione pratica dei
benefici fiscali sulle imposte dirette.
Come già analizzato, a seconda del soggetto percipiente,
per il credito d’imposta dovrà essere compilato un
diverso quadro della dichiarazione dei redditi.
La norma (al comma 4) distingue fra soggetti esercenti
attività d’impresa o di lavoro autonomo in senso lato e
persone fisiche non titolari di tali redditi.
Per maggiore precisione occorrerà distinguere fra
persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o
professionale (cd. Privati cittadini), persone fisiche
titolari di reddito d’impresa, persone fisiche titolari di
reddito professionale, società di persone, società di
capitali ed Enti non commerciali. Il credito d’imposta non
consente rimborsi monetari ma l’usufruibilità è
consentita esclusivamente in compensazione a
detrazione di altre imposte.
Persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o
di lavoro autonomo
Per questa tipologia di soggetti occorre fare riferimento
alle istruzioni di Unico 2014 (fascicolo 1) che alla
SEZIONE VI - Credito d’imposta mediazioni per la
conciliazione delle controversie civili e commerciali
chiariscono che per le parti che si sono avvalse della
mediazione è riconosciuto un credito d’imposta
commisurato all’indennità corrisposta ai soggetti abilitati
a svolgere il procedimento di mediazione (decreto
legislativo 5 marzo 2010, n. 28). L’importo del credito
d’imposta spettante risulta dalla comunicazione
trasmessa all’interessato dal Ministero della giustizia
entro il 30 maggio di ciascun anno. Il credito d’imposta
deve essere indicato, a pena di decadenza, nella
dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a partire dalla
data di ricevimento della predetta comunicazione. Se la
comunicazione è pervenuta in data successiva alla
presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito
d’imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa
all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione. Il
credito d’imposta può essere utilizzato in diminuzione
delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà
luogo a rimborso e non concorre alla formazione del
reddito ai fini delle imposte sui redditi.
Il corretto rigo da compilare in dichiarazione è il
seguente:
Dove in Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione):
indicare il credito d’imposta che non ha trovato capienza
nell’imposta che risulta dalla precedente dichiarazione e
che è riportato nel rigo 135 del prospetto di liquidazione
(Mod. 730-3) del Mod. 730/2013, o quello indicato nel rigo
RN43, col.5, del quadro RN del Mod. UNICO PF 2013.
In Colonna 2 (Credito anno 2011) riportare l’importo del
credito d’imposta risultante dalla comunicazione ricevuta
dal Ministero della giustizia relativa alle mediazioni
concluse nell’anno 2013.
In Colonna 2 (di cui compensato in F24) indicare il
credito d’imposta utilizzato in compensazione nel
modello F24 fino alla data di presentazione della
dichiarazione.
L’eventuale credito residuo non utilizzato in
compensazione verticale dovrà essere indicato al rigo
RN24: Crediti d’imposta che generano residui.
Rigo RN24 Colonna 4 (Credito d’imposta mediazioni per
la conciliazione di controversie civili e commerciali).
Compilare questa colonna se si intende utilizzare in
diminuzione dall’Irpef il credito d’imposta relativo alla
mediazione per la conciliazione di controversie civili e
commerciali indicato nella col. 2 del rigo CR13 e il credito
d’imposta che non ha trovato capienza nell’imposta
Primo Piano
risultante dalla precedente dichiarazione (indicato nella
colonna 1 del rigo CR13), diminuiti dell’importo
eventualmente utilizzato in compensazione nel mod. F24
ed esposto nella colonna 3. Per determinare l’eventuale
quota del credito che non trova capienza nell’imposta
lorda, si rinvia alle istruzioni fornite al rigo RN43
(Residuo delle deduzioni), che, per esaustività, si riporta.
Rigo RN43 Residuo delle deduzioni
1. Residuo della detrazione di cui al rigo RN23 e dei
crediti di cui al rigo RN24
Ai fini della determinazione dei residui e dei crediti
d’imposta di cui ai righi RN23 e RN24 (col. 1, 2, 3 e 4)
calcolare la differenza tra l’ammontare dell’imposta
lorda, indicata nel rigo RN5 e la somma delle detrazioni
indicate nel rigo RN22.
Se tale differenza è superiore o uguale all’importo delle
detrazioni indicate nel rigo RN25, il presente rigo non
deve essere compilato.
Se invece tale differenza è inferiore all’importo del rigo
RN25, per ciascuna detrazione o credito esposto nei righi
RN23 e RN24 indicare nella relativa colonna del rigo
RN43 il corrispondente ammontare che non ha trovato
capienza nell’imposta lorda. Qualora risultino compilati
sia il rigo RN6 colonna 3 (ulteriore detrazione per figli a
carico) che il rigo RN23 (detrazione spese sanitarie per
determinate patologie) per la determinazione
dell’importo da indicare nella colonna 1 del rigo RN43 si
rimanda alle indicazioni fornite con riferimento al rigo
RN29.
In caso di mancata ripartizione in quattro rate delle spese
sanitarie, l’importo residuo esposto nella colonna 1 del
rigo RN43 costituisce la parte di detrazione che, non
avendo trovato capienza nell’imposta lorda, può essere
trasferita al familiare che ha sostenuto, nel vostro
interesse, le spese sanitarie per particolari patologie che
danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa
sanitaria pubblica. In questo caso il familiare che ha
sostenuto le spese può indicare nella propria
dichiarazione dei redditi al rigo RP2 l’importo da voi
indicato nella colonna 1 del rigo RN43 diviso 0,19.
L’importo residuo esposto nelle colonne da 2 a 9 di questo
rigo sarà utilizzabile nella prossima dichiarazione,
oppure, tramite delega di pagamento modello F24, in
compensazione delle somme a debito.
Esempio
Imposta lorda = 4.000
Totale detrazioni (rigo RN22) = 1.000
Differenza tra imposta lorda e rigo RN22 (4.000 – 1.000)
= 3.000
Credito d’imposta per il riacquisto della prima casa (rigo
RN24 col. 1) = 3.100
Credito per l’incremento dell’occupazione (rigo RN24
col. 2) = 500
Totale altre detrazioni (rigo RN25) = 3.600
La differenza tra l’imposta lorda e il rigo RN22 (euro
3.000) è inferiore all’importo del rigo RN25 (euro 3.600),
pertanto, il contribuente può
indicare l’importo di euro 600 che costituisce il residuo
che non ha trovato capienza nell’imposta lorda, o nella
colonna 2 del rigo RN43
per il suo intero ammontare ovvero suddividerla nella
misura che ritiene più opportuna tra le colonne 2 e 3 del
rigo RN43.
A titolo esemplificativo si propongono alcune delle
possibili modalità di compilazione delle colonne 2 e 3 del
rigo RN43:
Ipotesi 1: Rigo 43 col. 2 = 600 Rigo 43 col. 3 = 0
Ipotesi 2: Rigo 43 col. 2 = 100 Rigo 43 col. 3 = 500
Ipotesi 3: Rigo 43 col. 2 = 300 Rigo 43 col. 3 = 300
Si precisa che nell’esempio riportato, il credito residuo
di euro 600 non può essere indicato per intero nella
colonna 3 del rigo RN43 in
quanto d’importo superiore a quello del credito d’imposta
per l’incremento dell’occupazione di cui al rigo RN24 col.
2.
Lo stesso meccanismo è applicabile ai soggetti che
compilano il modello 730 (si vedano le istruzioni al
quadro G sezione VI, rigo G8 colonne 1,2 e 3). A questo
prima suddivisione, infine, fanno parte anche i soggetti
che non sono obbligati alla presentazione della
dichiarazione dei redditi perché titolari, ad esempio, del
solo reddito di lavoro dipendente ed assimilati per i quali
è previsto che il credito sia indicato nella Certificazione
Unica cd. CUD.
Persone fisiche titolare di reddito d’impresa o di
lavoro autonomo
Occorre subito sottolineare che in questo caso il credito
d’imposta può essere utilizzato in compensazione
51
52
Primo Piano
mediante il modello F24 (art. 17 del decreto legislativo 9
luglio 1997, n. 241). Vale anche qui che il concetto di base
che il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non
concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte
sui redditi.
Le istruzioni ricordano che “I contribuenti titolari di
redditi d’impresa o di lavoro autonomo possono
utilizzare questo credito d’imposta solo in
compensazione mediante il mod. F24 e pertanto non
devono compilare la presente sezione. Il credito
d’imposta dovrà essere esposto nell’apposita sezione del
quadro RU della dichiarazione relativa all’anno in cui
è stata ricevuta la comunicazione”.
Il Quadro RU deve essere compilato dai soggetti che
fruiscono dei crediti d’imposta derivanti da agevolazioni
concesse alle imprese.
Il quadro è composto da cinque sezioni ma nel caso in
specie interessa la sezione I che è quella riservata
all’indicazione di tutti i crediti d’imposta da riportare
nella dichiarazione dei redditi.
In questa sezione andrà indicato il codice 78 riferito
appunto all’Indennità di mediazione:
Tabella codici crediti d’imposta
Credito
Indennità di mediazione
Codice
78
Sezione
I
Società di persone
Come nel caso precedente va compilato il quadro RU
sezione I con il medesimo codice di credito d’imposta (n. 78)
Società di capitali ed Enti non commerciali
Nella pratica occorre anche in questo caso compilare il
Quadro RU nella sezione I utilizzando il Codice credito
78 INDENNITÀ DI MEDIAZIONE
Sul punto le istruzioni specificano quanto sotto riportato
in tema di Credito d’imposta per l’indennità di
mediazione finalizzata alla conciliazione delle
controversie civili e commerciali (art. 60 L. 69/2009; art.
20, D.Lgs. 28/2010; art. 84 D.L. 69/2013)
L’art. 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28,
emanato in attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno
2009, n. 69, riconosce alle parti che corrispondono
l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento
di mediazione presso gli organismi un credito d’imposta
commisurato, in caso di successo della mediazione,
all’indennità corrisposta, fino a concorrenza di euro
cinquecento (la misura del credito d’imposta è ridotta
della metà in caso di insuccesso della mediazione).
A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro
della giustizia è determinato, entro il 30 aprile di
ciascun anno, l’ammontare del credito d’imposta
effettivamente spettante per ciascuna mediazione, in
misura proporzionale alle risorse stanziate.
Possono beneficiare dell’agevolazione i soggetti che hanno
ricevuto dal Ministero della giustizia la comunicazione
attestante l’importo del credito d’imposta spettante.
Il credito d’imposta è utilizzabile, a decorrere dalla
data di ricevimento della predetta comunicazione, in
compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 241 del
1997 e deve essere indicato, a pena di decadenza, nella
dichiarazione dei redditi.
Per la compensazione mediante il modello F24 è
utilizzabile il codice tributo appositamente istituito
dall’Agenzia delle entrate.
La sezione va compilata solo dai soggetti con periodo
d’imposta 2013/2014 che hanno ricevuto dal Ministero
della giustizia, entro la fine del predetto periodo d’imposta,
la comunicazione di riconoscimento del credito.
Nella sezione possono essere compilati esclusivamente i
righi RU3, RU5, colonna 3, RU6, RU8, RU10 e RU12. CNDCEC-Report
L’attività
di novembre
a cura della Redazione
Principi di attestazione dei piani di risanamento
Si è svolto a Roma il 4 novembre il convegno nazionale “I
principi di attestazione dei piani di risanamento”,
organizzato dal CNDCEC, per fare il punto sugli aspetti
tecnici e teorici delle tematiche collegate ai piani di
risanamento e agli accordi di ristrutturazione e per
affrontare le problematiche applicative che i
professionisti incontrano nell’espletamento del proprio
incarico.
I principi di attestazione dei piani di risanamento, redatti
nei mesi scorsi da diversi enti, tra cui la Fondazione
nazionale dei commercialisti, possono essere delle linee
guida da seguire e da sottoporre a manutenzione. Pur
essendo già stati sottoposti ad una pubblica
consultazione, il Consiglio nazionale aprirà su di essi un
confronto mirato con gli Ordini territoriali e i colleghi, per
recepire le loro esperienze sul campo con la finalità di
arrivare a dei principi di comportamento anche in questo
ambito.
Fatturazione elettronica
Si è svolta il 5 novembre l’audizione del Consiglio
nazionale davanti alla Commissione parlamentare di
vigilanza sull'Anagrafe tributaria, presieduta
dall’onorevole Giacomo Portas.
Il giudizio dei commercialisti sulla fatturazione
elettronica è positivo se si inquadra il tema dal punto di
vista dei benefici per la Pubblica Amministrazione, per la
quale essa genera innegabili benefici in termini di
riduzione dei costi di gestione delle fatture e dei tempi per
la loro approvazione. Per la PA i risparmi derivanti a
regime dalla fatturazione elettronica saranno importanti,
ma i commercialisti hanno segnalato anche come la
fatturazione elettronica potrebbe tramutarsi per i
professionisti in un nuovo, pesante onere e per le imprese,
specie le più piccole, in un costo significativo. La
delegazione dei commercialisti ha proposto di utilizzare
gratuitamente un software di conservazione sostitutiva
che dovrebbe essere messo a disposizione da Sogei o, in
alternativa, di non obbligare le imprese alla conservazione
sostitutiva, trattandosi di dati già in possesso della PA.
A margine dell’audizione, l’onorevole Portas ha
annunciato che a breve si terrà un incontro per fare il
punto sulle criticità presenti in materia di fatturazione
elettronica a cui parteciperanno Agenzia delle Entrate,
Sogei, Ragioneria Generale dello Stato e CNDCEC.
Elenco dei revisori dei conti negli Enti locali
Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 25, ha
informato gli Ordini territoriali sulle modalità di iscrizione
all’Elenco dei revisori dei conti negli Enti locali. In merito,
il Ministero dell’Interno ha pubblicato un avviso relativo
alle modalità e ai termini per il mantenimento
dell’iscrizione nell’Elenco e per la presentazione di nuove
domande di iscrizione per il 2015.
A partire dal 3 novembre 2014, i soggetti già iscritti
nell’Elenco sono tenuti a dimostrare, per via
esclusivamente telematica, il possesso dei requisiti
previsti dal relativo Regolamento, pena la cancellazione
dall’Elenco. Dalla stessa data, è anche possibile
presentare domanda per l’inserimento nell’Elenco da
parte di soggetti non iscritti che siano in possesso dei
54
CNDCEC Report
requisiti previsti.
Il termine utile per la presentazione delle domande di
iscrizione nonché delle domande dirette a mantenere
l’iscrizione nell’Elenco è fissato entro le ore 18.30 del 16
dicembre 2014.
Affinché gli iscritti possano presentare domanda per
l’inserimento nell’elenco, è necessario che l’Ordine
territoriale importi entro il prossimo 30 novembre, tramite
la piattaforma web del CN, i file contenenti gli elenchi dei
partecipanti agli eventi di formazione professionale
continua per i quali abbiano ottenuto la condivisione del
programma da parte del Ministero dell’Interno. Soltanto
per gli eventi che si terranno o si concluderanno alla data
del 30 novembre, lo stesso Ministero concederà una
proroga di pochi giorni per l’importazione del file.
Trasparenza e anticorruzione
È stato protratto il termine entro cui gli Ordini ed i Collegi
professionali dovranno predisporre il Piano triennale di
prevenzione della corruzione, il Piano triennale della
trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente
pubblico. Lo ha comunicato il Consiglio nazionale con
l’informativa n. 28 che integra l’informativa n. 26. Infatti, su
sollecitazione del CNDCEC, l’Autorità nazionale
anticorruzione ha stabilito che il termine per l’inizio
dell’attività di controllo venga individuato nel 1° gennaio 2015.
Il Consiglio nazionale, inoltre, ha richiesto all’Autorità
un’audizione per affrontare il tema della nomina del
Responsabile della prevenzione e della corruzione negli
Ordini territoriali che presentano una struttura
organizzativa minima.
Sondaggio IFAC
Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 29, ha
comunicato che è stato fissato al 15 dicembre il termine
ultimo per l’invio delle risposte al sondaggio promosso
dall’IFAC (Organizzazione mondiale dei commercialisti)
rivolto ai professionisti dei piccoli e medi studi
professionali di tutto il mondo, i cui clienti siano per la
maggior parte pmi.
Il sondaggio punta a delineare le maggiori problematiche
del settore, individuandone le principali tendenze e
sviluppi, e a fare il punto sulle maggiori opportunità e
sfide che i piccoli e medi studi professionali e le pmi si
trovano ad affrontare a livello globale. Per completare il
sondaggio, disponibile nella traduzione italiana realizzata
dal Consiglio nazionale, sono sufficienti 10 minuti. I
risultati saranno pubblicati nel primo trimestre 2015 sui
siti del CNDCEC e dell’IFAC.
Ipsas
Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 30, ha
comunicato che ha preso il via una consultazione pubblica
sulla traduzione in bozza dei Principi Contabili
Internazionali per il Settore Pubblico (IPSAS), realizzata
dal Cndcec, finalizzata a raccogliere suggerimenti e
proposte sulla traduzione e sulla terminologia adottata, in
linea con quanto previsto dalla Policy for Translating and
Reproducing Standards Published by the International
Federation of Accountants. La consultazione si chiuderà il
19 dicembre.
Trattandosi di una traduzione fedele del testo originale in
lingua inglese, i commenti devono riguardare unicamente
la correttezza e la comprensibilità della traduzione, senza
entrare nel merito del principio stesso. I testi originali in
lingua inglese sono pubblicati da IFAC e liberamente
consultabili sul sito www.ifac.org/public-sector. Commenti
e proposte vanno inviati all’indirizzo:
[email protected].
Legge di stabilità
Secondo il Consiglio nazionale, la norma inserita nella
legge di stabilità, relativa alla deducibilità dalla base
imponibile ai fini IRAP delle spese per lavoro dipendente,
rischia di penalizzare seriamente le imprese operanti nel
settore turistico. Il Consiglio sottolinea che essa,
prevedendo la deducibilità delle spese per i soli lavoratori
a tempo indeterminato, finisca sostanzialmente per non
impattare sulle imprese turistiche che, essendo legate alla
stagionalità, sono spesso costrette ad assumere invece
solo a tempo determinato. Per questo motivo, il Consiglio
nazionale dei commercialisti appoggia alcuni
emendamenti alla legge di stabilità, finalizzati proprio a
superare questa situazione, definita dalla Categoria
incongruente e a rischio incostituzionalità, per l’evidente
diversità di applicazione delle imposte ad imprese
operanti nel medesimo settore.
Pur condividendo l’intento del legislatore di incentivare i
rapporti a tempo indeterminato i commercialisti ritengono
che, se davvero l’Esecutivo vuole usare la legge di Stabilità
per contribuire a rilanciare un settore così strategico, non
possano essere escluse dal taglio dell’Irap quelle imprese
che oggettivamente non possono assumere che a tempo
determinato.
CNDCEC Report
55
Voluntary disclosure
Convenzione Ordini territoriali-Università
Il Consiglio nazionale, durante un'audizione parlamentare
lo scorso 20 novembre, ha sostenuto che il disegno di
legge sul rientro dei capitali detenuti all’estero è un passo
importante ai fini dell’adeguamento dell’ordinamento
italiano alla necessità di contrastare l’area delle attività
illecite secondo le linee guida indicate dall’OCSE. Ma per
evitare che esso si trasformi in un flop, anche in termini di
gettito, servono degli aggiustamenti che rendano la
procedura di collaborazione volontaria più accessibile. Le
principali richieste avanzate dai commercialisti riguardano
il mantenimento dell’anonimato nella prima fase di
accesso alla procedura di disclosure e l’introduzione
dell’obbligo del contraddittorio preventivo. Riserve sono
state espresse dalla Categoria anche sull’inserimento del
reato di autoriciclaggio in un disegno di legge di natura
fiscale.
Il CNDCEC, attraverso l’informativa n. 31, ha trasmesso
una bozza di convenzione che potrà essere sottoscritta tra
gli Ordini territoriali e l’Università per dare attuazione alla
convenzione quadro siglata tra il Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, il ministro della Giustizia e
il CNDCEC.
Società sportive
Il 20 novembre, il CNDCEC è stato audito presso la
commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera
sulle Osservazioni ai disegni di legge abbinati recanti
“Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della
funzione sociale nello sport nonché delega al Governo per
la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia
di attività sportiva”.
Secondo il Consiglio nazionale appare doveroso inserire
nella norma la previsione di un collegio sindacale/collegio
dei revisori che sia tenuto a svolgere attività di vigilanza e
revisione legale dei conti per consentire alle associazioni
sportive dilettantistiche di dotarsi di soggetti qualificati,
considerato che i componenti del collegio
sindacale/collegio dei revisori sono scelti tra gli iscritti
negli Albi professionali competenti come quello dei dottori
commercialisti e degli esperti contabili che risultano
anche iscritti nel registro dei Revisori legali dei conti. È
evidente che tali soggetti potrebbero prevenire il
verificarsi di irregolarità, consentendo un regolare gettito
fiscale e garantendo che le eventuali irregolarità non
emergano quando queste abbiano generato effetti
irreversibili.
Inoltre, il Consiglio nazionale si rende disponibile sia ad
organizzare corsi specifici sulla materia, a fronte anche
dell’esperienza acquisita nel corso del tempo sul tema
(specificamente sul controllo degli enti non lucrativi), sia a
tenere un apposito registro di iscritti specialisti a cui le
associazioni potrebbero attingere per la scelta dei controllori.
Agenzia per l’Italia digitale
Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 32, ha
comunicato che dal 20 al 30 novembre è nuovamente
disponibile la procedura on line per comunicare
all’Agenzia per l’Italia digitale l’elenco delle basi di dati
gestite dagli Ordini professionali e degli applicativi che
essi utilizzano.
La comunicazione riguarda tutte le basi di dati gestite
dall’amministrazione per il perseguimento dei fini
istituzionali, comprese quelle connesse al funzionamento
dell’amministrazione stessa (personale, bilancio,
protocollo informativo, gestione documentale, ecc.). La
comunicazione riguarda solo le basi di dati accessibili con
l’uso delle tecnologie dell’informazione, mentre sono
escluse le comunicazioni riguardanti archivi e/o
infrastrutture di dati basati solo su supporto cartaceo.
Professionisti delegati dal Giudice delle esecuzioni
Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 33, ha
comunicato agli Ordini che entro il 31 dicembre 2014 sarà
necessario provvedere a rinnovare gli adempimenti
connessi alla formazione degli elenchi degli Iscritti
disponibili a compiere, su delega del Giudice delle
esecuzioni, le operazioni di vendita giudiziaria di beni
immobili. In particolare, il Consiglio dell’Ordine
territoriale è chiamato a comunicare ai presidenti dei
tribunali tali elenchi, distinti per ciascun circondario,
allegando a questi le schede predisposte e debitamente
sottoscritte da ciascun iscritto recanti l’indicazione delle
specifiche esperienze maturate nell’ambito dello
svolgimento di procedure esecutive ordinarie o
concorsuali.
Il presidente del Tribunale, sulla base di tali schede,
procederà a formare l’elenco dei professionisti disponibili
a svolgere tali attività e lo trasmetterà ai giudici delle
esecuzioni, unitamente alla copia delle schede
informative. 56
Diamo i Numeri
Organizzazione dello studio
e specializzazione professionale
di Tommaso Di Nardo, Fondazione Nazionale dei Commercialisti
Esiste un modello di specializzazione
per la professione di Commercialista? Il
tema è stato oggetto dell’ultima ricerca
statistica della Fondazione Nazionale
dei Commercialisti che, rielaborando i
dati dell’Indagine statistica sui
Commercialisti, grazie anche alle
tecniche di cluster analysis, si è
occupata di tracciare i profili
specialistici della professione.
La ricerca, contenuta nel volume
“Organizzazione dello studio e
specializzazione professionale”, edito da
Press, mostra come in un’economia in
rapida trasformazione, accanto
all’assistenza e alla consulenza alle Pmi,
i Commercialisti hanno sviluppato
sempre più la funzione di sussidiarietà
verso il sistema pubblico coinvolto in un
processo di trasformazione epocale.
Sintetizzando, l’indagine mostra alcuni
elementi di fondo che delineano una
professione che, per quanto resti
saldamente ancorata al core business
della consulenza in ambito contabile e
fiscale, appare fortemente proiettata
verso la ricerca di nuove specializzazioni
e di nuovi assetti organizzativi.
Principali risultati
Questi in sintesi i risultati principali.
Cresce l’aggregazione professionale,
in forma associata o in forma
condivisa, tra i Commercialisti che
beneficiano di economie di scala e di
specializzazione. Gli studi associati e
quelli condivisi raggiungono il 42,7%
del totale.
Gli studi associati (21,8%) presentano
profili specialistici a più alto valore
aggiunto.
Sempre più diffusa la pratica dello
studio “condiviso” (20,9%) che
permette di sfruttare meglio alcuni
vantaggi dello studio associato.
Gli studi individuali (52,9%) sfruttano
sempre più le economie di rete offerte
dalla pratica dei network professionali
e grazie anche ai servizi offerti dagli
Ordini territoriali, nonostante i limiti
dimensionali e organizzativi,
rispecchiano il profilo specialistico
della professione.
Accanto alla consulenza in ambito
contabile e fiscale, che coinvolge oltre
il 90% dei Commercialisti, le
specializzazioni che interessano la
maggioranza dei professionisti sono il
diritto societario (62,8%) e il
contenzioso tributario (51,5%).
Le altre specializzazioni significative
sono la contrattualistica (34,4%), la
consulenza in ambito immobiliare
24,1%), le procedure concorsuali (23,3%)
e la consulenza aziendale (22,1%).
Dalla cluster analysis emerge un
cluster di circa il 20% che presenta un
profilo specialistico nel campo della
consulenza aziendale e societaria.
Il 12% circa presenta una iper
specializzazione nel campo degli
incarichi professionali.
Aree di specializzazione
Le altre aree di specializzazione
significative (tassi superiori al 20%) sono
il Contenzioso tributario (51,5%), la
Contrattualistica (34,4%), l’area
Consulenze per le agevolazioni fiscali
(26,3%), l’area Locazione condominio e
compravendita immobiliare (24,1%),
Fallimento e procedure concorsuali
(23,3%), Gestione d’impresa (22,1%).
Tra le aree di specializzazione minori
(tassi inferiori al 20%) segnaliamo l’area
Finanza e controllo di gestione (18,8%),
Amministrazione e gestione del
personale (18,8%), Mediazione (15,3%),
Enti locali (14,8%), Terzo settore
(14,5%).
Per quanto riguarda le funzioni
sussidiarie, il 73,9% dei Commercialisti
svolge almeno un’attività nell’ambito
delle funzioni sussidiarie. La funzione
con il tasso di frequenza più elevata è
Visti di conformità e asseverazioni
(23,4%) seguita da Procedure
concorsuali, giudiziarie e amministrative
(19,3%).
Nell’ambito delle funzioni di interesse
pubblico, il 73,3% dei Commercialisti
svolge almeno un’attività di interesse
pubblico. La funzione con il tasso di
frequenza più elevato è quella di
Sindaco (47,6%) seguita da Revisore
legale dei conti (44,3%), Trasferimento
di partecipazioni di Srl (16,6%) e
Revisore di enti pubblici territoriali
(16,5%).
Infine, nel campo della consulenza
specialistica è interessante rilevare
come il 61,5% si occupi di Costituzione
di società, il 56,3% di Contenzioso
tributario, il 56,2% di Consulenza
societaria, il 48,5% di Perizie, valutazioni
e pareri, il 43,5% di Consulenza
contrattuale, il 39,8% di Operazioni
straordinarie, il 29,1% di Consulenza
aziendale, il 28,6% di Liquidazione di
aziende.
Organizzazione degli studi
Gli studi associati presentano un profilo
specialistico più evoluto rispetto agli
studi individuali e a quelli “condivisi” ed
hanno performance migliori in termini
di organizzazione e fatturato. In
particolare, gli studi associati
presentano una più marcata
specializzazione nelle funzioni a più
elevato valore aggiunto.
Se consideriamo l’area del Diritto
societario, i tassi di specializzazione
sono pari al 73% per i Commercialisti
che operano in uno studio associato,
contro il 69% di quelli che operano in
uno studio condiviso e il 58% di quelli
che operano in uno studio individuale.
Ancora, nell’area del contenzioso
tributario, il tasso di specializzazione
degli associati è 58% contro 52% dello
studio condiviso e 50% dello studio
individuale.
Se, invece, consideriamo il tasso di
svolgimento di funzioni sussidiarie,
nello studio associato esso raggiunge il
78% contro il 72% dello studio condiviso
57
e il 74% dello studio individuale. In
particolare, la funzione principale svolta
dagli associati è quella dei Visti di
conformità e delle asseverazioni che
raggiunge un tasso di specializzazione
del 32,3% contro il 21,1% dello studio
condiviso e il 21,9% dello studio
individuale.
Cluster analysis
Rinviando al volume una lettura più
approfondita dei risultati della ricerca,
presentiamo in sintesi i risultati della
cluster analysis.
L’indagine ha individuato cinque cluster
di professionisti.
Il cluster più numeroso è rappresentato
Tabelle
Tabella 1 Analisi per tipologia di studio
Almeno un incarico di categoria
Almeno un incarico istituzionale
Dimensione Studio > 100 mq
Studio con 6 e più addetti
Studi organizzati per ASA
Studi che operano in rete (network)
Area di spec. 1: “Diritto Societario”
Area di spec. 2: “Contenzioso tributario”
Area di spec. 3: "Contrattualistica”
Esercizio di funzioni sussidiarie
Funz. Suss. 1: “Visti di conformità e asseverazioni”
Funz. Suss. 2: “Procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative”
Funz. Suss. 3: “Mediatore”
Esercizio attività di interesse pubblico
Attività int. pubbl. 1: “Sindaco”
Attività int. pubbl. 2: “Revisore legale dei conti”
Attività int. pubbl. 3: “Trasferimento di partecipazioni di S.r.l.”
Attività int. pubbl. 4: “Revisore enti pubblici territoriali”
Attività cons. spec. 1: “Costituzione di società”
Attività cons. spec. 2: “Contenzioso tributario”
Attività cons. spec.3: “Consulenza societaria”
Fatturato 2011 > 100.000
Individuale
Condiviso
Associato
Non
organizzato
20,5%
16,7%
25,8%
14,8%
6,8%
6,3%
58,2%
50,0%
30,7%
74,2%
21,9%
18,2%
7,9%
70,3%
41,4%
40,5%
14,0%
19,9%
57,9%
55,5%
51,6%
32,2%
20,1%
13,4%
47,3%
36,8%
9,80%
11,9%
69,10%
51,5%
33,2%
72,1%
21,1%
19,1%
9,1%
73,6%
51,7%
49,2%
15,8%
12,8%
66,0%
60,5%
55,6%
31,8%
33,9%
12,4%
74,8%
73,4%
16,2%
13,8%
72,5%
58,1%
47,8%
78,0%
32,3%
23,1%
10,6%
82,3%
62,3%
52,0%
24,6%
13,8
73,4%
63,8%
68,4%
74,4%
17,6%
10,0%
0,0%
0,0%
0,0%
6,8%
41,1%
35,7%
17,1%
37,0%
9,9%
22,2%
12,3%
34,3%
41,4%
45,7%
15,7%
11,4%
24,0%
31,8%
29,5%
3,1%
Tabella 2 Cluster analysis
Cluster 1 Cluster 2 Cluster 3 Cluster 4 Cluster 5
Attività
Studi non
Studi
Studi
Studi
sussidiarie specializzati medio-grandi medio-piccoli specializzati
Almeno un incarico di categoria
49,2%
Almeno un incarico istituzionale
29,3%
Tasso esercizio in forma individuale
69,5%
Tipologia studio Individuale indip.
47,5%
Dimensione Studio > 100 mq
61,8%
Studio con 6 e più addetti
56,0%
Studi organizzati per ASA
25,8%
Studio che operano in rete (network)
17,2%
Area di spec. 1: Diritto societario”
91,5%
Area di spec. 2: “Contenzioso tributario”
64,4%
Area di spec. 3: “Contrattualistica”
54,2%
Esercizio funzioni sussidiarie
100,0%
Funz. Suss. 1: “Visti di conformità e asseverazioni” 37,3%
Funz. Suss. 2: “Procedure concorsuali,
giudiziarie e amministrative”
71,2%
Funz. Suss. 3: “Mediatore”
15,3%
Esercizio attività di interesse pubblico
93,7%
Attività int. pubbl. 1: “Sindaco”
69,0%
Attività int. pubbl. 2: “Revisore legale dei conti”
75,9%
Attività int. pubbl. 3: “Trasferimento di partecipazioni di Srl”36,2%
Attività cons. spec. 1: “Costituzione di società”
79,7%
Attività cons. spec 2: “Contenzioso tributario”
64,4%
Attività cons. spec.3: “Consulenza societaria”
78,0%
Fatturato 2011 > 100.000
72,3%
13,8%
12,6%
87,3%
52,8%
20,5%
23,4%
9,6%
9,0%
29,9%
17,3%
9,8%
54,4%
2,4%
44,9%
22,7%
66,3%
43,5%
63,6%
49,0%
12,4%
10,5%
81,7%
71,9%
46,1%
99,3%
29,1%
17,8%
13,6%
84,2%
57,2%
35,8%
28,1%
5,7%
6,4%
59,0%
53,5%
26,1%
74,7%
19,5%
25,6%
16,2%
72,8%
46,9%
53,4%
45,2%
14,0%
14,3%
86,9%
62,5%
69,30%
85,7%
35,8%
11,0%
6,8%
62,8%
29,4%
22,7%
3,6%
13,1%
17,3%
11,4%
18,8%
0,0%
19,3%
94,1%
65,2%
57,4%
27,5%
75,5%
76,5%
75,2%
58,9%
8,0%
4,9%
72,7%
38,5%
35,9%
10,3%
61,0%
59,1%
52,4%
36,2%
8,6%
10,3%
85,3%
50,7%
51,7%
28,0%
93,9%
69,8%
91,3%
56,3%
dai professionisti che svolgono
prevalentemente attività di base in studi
medio-piccoli (52%). Si tratta
prevalentemente di studi individuali con
un numero di addetti inferiore a tre,
scarsa partecipazione a network
professionali e assenza di profili
specialistici.
Il secondo cluster più numeroso è
rappresentato da professionisti che
operano in studi medio-piccoli, ma che
presentano un profilo specialistico
(19,1%). Anche qui prevale lo studio
individuale, ma la forma associata è
abbastanza diffusa e gli studi sono
mediamente più grandi del precedente
cluster.
Presentao un’organizzazione più solida
e una più ampia partecipazione a
network. Hanno un profilo specialistico
molto marcato nel campo della
consulenza societaria e in quella
aziendale.
Il terzo cluster più numeroso è
rappresentano da professionisti con
bassi livelli di specializzazione (16,7%).
Si tratta di un cluster in cui prevale la
componente femminile e quella
giovanile (≤40 anni) e nel quale il tasso
di esercizio di funzioni sussidiarie
risulta particolarmente basso (54%).
Il quarto cluster è rappresentato, invece,
da professionisti che svolgono
prevalentemente incarichi professionali
in studi medio-grandi (10,2%). Si tratta
di studi grandi sia per superficie che per
numerosità di addetti e classe di
fatturato in cui il tasso di esercizio di
funzioni sussidiarie è pari al 99,3% e
quello di svolgimento di funzioni di
interesse pubblico raggiunge il 94,1%. In
particolare, la funzione di
Amministratore e liquidatore nelle
procedure giudiziali è svolta dal 30,1%,
quella relativa a Visti di conformità.
Asseverazioni e attestazioni è svolta dal
29,1% e quella relativa a Esecuzioni
mobiliari e immobiliari dal 25,2%.
Particolarmente alte si presentano in
questo cluster anche la frequenza
relativa alla funzione di Sindaco (65,2%)
e di Revisore legale dei conti (57,4%),
mentre, nell’ambito della consulenza
specialistica, l’80,7% svolge Perizie,
valutazioni e pareri.
L’ultimo cluster è rappresentato dai
professionisti che svolgono
prevalentemente attività sussidiarie
(2%). Si tratta di un cluster di nicchia in
cui prevale la componente maschile e
meno giovane che operano in studi di
dimensioni medio-grandi ben
organizzati e collegati.
Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della terza edizione inglese
180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7
Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli
e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del
CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese
della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto
all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium
Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un
valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai
principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della
qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi.
Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti
l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1;
questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi
professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli
e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti
da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione
dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione
legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore
importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità
e competenza.
Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità
Edizione Italiana 2011
862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il
risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed
il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente
modificati nei contenuti.
I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di
semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati
nell'attività di revisione legale dei conti.
La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è
ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002.
L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e
valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non
controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato
come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio.
La fase transitoria del federalismo municipale
Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali
126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5
Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili
quantitativi, contabili e fiscali della riforma.
A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti
dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione
nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi
della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e
pago.
La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti
spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione
dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali.
Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali
nella revisione contabile delle piccole e medie imprese
Volume I: Concetti fondamentali
242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Volume II: Guida pratica
328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International
Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica.
Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato
Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo
della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali.
Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i
professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA
nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della
revisione in ambito europeo.
Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione
nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la
comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico,
sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un
approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e
svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa.
Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della seconda edizione 2012
570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il
globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze
per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due
anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di
IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea
dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di
quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana
della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti.
Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel
sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione.
Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una
serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica,
gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri
e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato
la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso
(www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state
arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le
“Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed
esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite.
I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it
oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store
Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC
00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59
C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006
L’ottimismo prevede un duro lavoro.
Essere ottimisti oggi
non significa credere
semplicemente che sarà
possibile uscire dalla crisi.
Significa piuttosto,
trasformare questa crisi in
opportunità di cambiamento:
non solo in termini di
riforme del sistema,
ma anche di responsabilità.
Chi, come noi, non reputa
il lavoro come un diritto
acquisito, sa che solo
attraverso l’impegno e
i sacrifici possiamo lasciarci
la crisi alle spalle, senza
farla ricadere su quelle
dei nostri figli.
Letti per Voi 61
CODICE CIVILE ITALIANO TRADOTTO IN INGLESE
Valerio Piacentini
Tempo libero
(Ipsoa, 2014)
L’Opera contiene la traduzione degli articoli da 2325 a 2510 del Codice Civile italiano riguardanti la
disciplina delle società di capitali (Spa, Sapa e Srl). Ogni giorno professionisti e società sono chiamati
ad affrontare il compito di tradurre le norme di legge. L’Opera, pensata anche per un lettore straniero,
sia esso un imprenditore o un investitore istituzionale, si rivolge ad un numeroso pubblico costituito
da professionisti (avvocati d'affari, giuristi d'impresa, legali interni, commercialisti, fiscalisti, internal
auditor, consulenti del lavoro, notai), società straniere (che operano o desiderano operare in Italia, filiali
in Italia di società straniere, casa-madre straniera con uffici o filiali in Italia, multinazionali), società
italiane (società di capitali italiane che abbiano soci, amministratori, finanziatori stranieri), banche,
assicurazioni, finanziarie, fondi di investimento (che abbiano come clienti i soggetti di cui sopra e/o
per operazioni finanziare in proprio), istituzioni ed enti italiani (camere di commercio italiane
all'estero), istituzioni ed enti stranieri (camere di commercio straniere in Italia, agenzie estere che
promuovono gli investimenti in Italia, missioni economiche straniere, settore affari delle ambasciate).
COME DIFENDERSI DALLA CENTRALE RISCHI NEL CONTENZIOSO BANCARIO
Marcella Caradonna
(Maggioli, 2014)
L'opera, aggiornata alla recente giurisprudenza, vuole essere uno strumento di ausilio per tutti i
professionisti che si occupano di contenzioso bancario. Con un taglio operativo e pragmatico si
analizzano tutte le tematiche connesse alle comunicazioni effettuate dalle Centrali Rischi
soffermandosi sulle valutazioni del rischio che vengono adottate e le rispettive tecniche di calcolo.
Si esaminano nello specifico le problematiche individuate dalle recenti pronunce giurisprudenziali in
merito alle segnalazioni illegittime. Nella procedura di tutela delle banche vi è l'obbligo di procedere
ad effettuare accantonamenti proporzionati al rischio che ogni istituto di credito assume con la
gestione degli impieghi. Ogni operazione di finanziamento, quindi, richiede un processo di valutazione
del rischio in relazione al quale si determina l'accantonamento. Tra le tematiche trattate nel volume vi
è anche quella del merito creditizio (rating creditizio) del cliente che indica in modo sintetico il suo
grado di affidabilità in relazione alla richiesta di affidamento che ha inoltrato.
ELUSIONE FISCALE INTERNAZIONALE
Piergiorgio Valente
(Ipsoa, 2014)
Pianificazione fiscale e perseguimento di un risultato vantaggioso dal punto di vista tributario non
rappresentano di per sé attività illecite. Si rende tuttavia necessario identificare i confini tra ciò che
può essere considerato un legittimo risparmio di imposta e ciò che deve rientrare nel concetto di
“elusione fiscale” (da ritenere patologico e, pertanto, da contrastare).
Negli ultimi anni, inoltre, è fonte di particolare preoccupazione per gli Stati il fenomeno dell’erosione
della base imponibile per effetto del trasferimento artificioso dei profitti (cd. BEPS) verso giurisdizioni
a fiscalità favorevole. Il dibattito, di rilevante attualità a livello internazionale, ha l’obiettivo di
individuare efficaci misure di contrasto con riferimento a tutti i settori interessati, a tutela degli
interessi erariali degli Stati a fiscalità avanzata.
Il volume ha l’obiettivo di fornire un quadro completo volto a rispondere alle esigenze di coloro che
affrontano il tema dell’elusione fiscale, sia per motivi di approfondimento che per motivi di carattere
applicativo in Studi professionali, imprese o nella Amministrazione finanziaria.
ALLA RICERCA DELL’ECCELLENZA COMPORTAMENTALE
Più competitività all’impresa, a partire dalla persona
Angelo Mandruzzato, Vessillo Valentinis
(FrancoAngeli, 2014)
Un’organizzazione saprà costruire un vantaggio competitivo durevole se sarà in grado di innovarsi e
migliorarsi costantemente intraprendendo un percorso orientato all’eccellenza. Secondo gli Autori, a
giocare un ruolo fondamentale per il raggiungimento di questo imprescindibile obiettivo è il fattore
umano: il fulcro dell’evoluzione positiva non può che essere la persona, nella propria consapevolezza
del traguardo a cui tendere e nella motivazione a impegnarsi in un percorso di miglioramento
individuale, inteso come miglioramento continuo degli atteggiamenti mentali e dei comportamenti. Di
grande interesse e utilità, il testo tratta con un approccio nuovo e originale il tema dell’eccellenza
individuale e organizzativa. L’esperienza manageriale e nel campo dello sviluppo individuale e
organizzativo dei due autori ha portato all’ideazione di un modello di eccellenza SAM brevettato in
Italia come “tecnica per il miglioramento delle prestazioni del personale”. Il volume è un testo
stimolante, arricchito da casi ed esempi tratti da applicazioni fatte in aziende di varie dimensioni anche individuali - e che dimostra operativamente la reale fattibilità di un percorso di miglioramento,
al fine di ottenere le performance desiderate in qualsiasi ambito professionale o privato. È un libro per
tutti, da chi si occupa della gestione o fa parte di organizzazioni (piccole, medie o grandi), private o
pubbliche fino ai liberi professionisti e alle aziende individuali.
Giallo Svezia
Åsa Larsson, Stieg Larsson,
Henning Mankell
(Marsilio, 2014)
Dalle suggestive atmosfere
di un nord selvaggio di Åsa
Larsson alla fantascienza
di un giovanissimo Stieg
Larsson, questa raccolta di
storie inedite di alcuni dei
maggiori scrittori nordici di
suspense fornisce un
prezioso sguardo d'insieme
sul giallo svedese.
Gli anni
delle meraviglie
Da Piero della Francesca
a Pontormo
Vittorio Sgarbi
(Bompiani, 2014)
Non c’è nella storia umana e
nella sua espressione
attraverso l’arte, momento
più alto e fervido
d’invenzioni di quello che va
dalla metà del Quattrocento
alla metà del Cinquecento,
da Piero della Francesca a
Pontormo. Una inesauribile
potenza espressiva domina
il mondo e lo arricchisce
liberando ogni genere di
fantasia.
La lista di Lisette
Susan Vreeland
(Neri Pozza, 2014)
Roussilon, Provenza, 1937.
L’anziano Pascal mostra
alla giovane coppia Lisette
e André la ragione del loro
arrivo nella provincia
francece: sette dipinti
appesi alle pareti, sette
capolavori che, senza
ombra di dubbio,
appartengono a Cézanne,
Pissarro e altri grandi
maestri…
Costruire un’azienda
design-oriented
I 12 principi del design
management
Jacopo Filippo Bargellini
(FrancoAngeli, 2014)
Un prezioso strumento di
lavoro per imprenditori,
manager o consulenti. Il
testo sottolinea i passi da
seguire, gli errori da evitare
e i consigli da attuare per
indirizzare un’azienda di
prodotto verso una
strategia “design oriented”. A cura di Maria Pia Parenti
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Press
Professione economica e sistema sociale
Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Presidente
Gerardo LONGOBARDI
Vice Presidente
Davide DI RUSSO
Segretario
Achille COPPOLA
Tesoriere
Roberto CUNSOLO
Componenti
Adriano BARBARISI
Maria Luisa CAMPISE
Andrea FOSCHI
Maurizio Giuseppe GROSSO
Vito JACONO
Attilio LIGA
Giorgio LUCHETTA
Luigi MANDOLESI
Raffaele MARCELLO
Marcello MARCHETTI
Massimo MIANI
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