NOVEMBRE 2014
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NOVEMBRE 2014
Press novembre 2014 / no.71 ISSN 2039-540X Professione Economica e Sistema Sociale Press Sommario/novembre PRIMO PIANO 50 Luca Santi CNDCEC REPORT Castellani: “I bilanci di sostenibilità” - Pag. 12 53 L’attività di novembre EDITORIALE 3 Maria Luisa Campise Mio: “L'informativa non financial, un'opportunità di crescita anche per la Professione” - Pag. 4 PEOPLE 4 Chiara Mio 9 H. J. Correa Pinzòn 10 Giovanni G. Parente DIAMO I NUMERI 56 Organizzazione dello studio e specializzazione professionale PROFESSIONE E TEMPO LIBERO 61 Letti per voi CNDCEC-Report: “L’attività di novembre” - Pag. 53 L’INTERVENTO Modello di bilancio sociale e ambientale del Cilea - Pag. 9 12 Giovanni Castellani 14 Paolo Pietro Biancone 18 Davide Barberis Giuseppe Chiappero 26 Gianluca Marini 32 Raffaele D’Alessio Emanuela M. Cafaro 34 Giuseppe Iuliano 38 Filippo Carlin 41 Maurizio Cisi Laura Corazza Simone D. Scagnelli 44 Cristiana Rogate Le nuove frontiere dei bilanci ullo sfondo di un elevato grado di crisi di fiducia e di allarmante quadro S economico caratterizzato da risorse vieppiù limitate, per le imprese risulta oggi sempre più pressante l'esigenza di sottoscrivere un nuovo patto sociale e relazionale. Oltre all’aspetto economico, si tende, infatti, a soddisfare anche quello sociale, verificando che il comportamento delle unità produttive sia socialmente rilevante per stakeholder più tradizionali come gli azionisti, ma anche per un pubblico più vasto. Il riconoscimento della dimensione sociale dell’attività aziendale è avvenuto grazie, anche, alla presa di coscienza che l’obiettivo di remunerazione per gli azionisti è perseguibile non solo massimizzando i profitti a breve termine, ma anche adottando comportamenti responsabili nei confronti del mercato, che daranno i loro frutti sul lungo periodo. Un numero crescente di imprese stanno facendo quindi proprio il concetto di RSI (Responsabilità sociale d’impresa), considerandolo necessario per la creazione di valore e fonte di vantaggi competitivi. Del resto, diversi studi dimostrano che la RSI ha un effetto positivo sia sulla performance economica, sia su quella finanziaria, migliorando la competitività dell’impresa che ne fa uso rispetto a chi non ne fa. Ed è proprio al tema dei bilanci sociali o sostenibili e alle loro caratteristiche che è dedicato questo numero di Press. Attraverso gli interventi di professionisti, docenti, esperti del settore, abbiamo voluto analizzare i diversi tipi di rendicontazione e i suoi effetti. Il dato che emerge è significativo. Sebbene tuttora non imposto da alcuna norma imperativa, non v’è dubbio che la redazione di un bilancio sociale rappresenta una di quelle best practice naturalmente auspicabile nell’ambito di organizzazioni complesse, ma anche di piccole medie realtà. Da questo punto di vista significativo risulta, tra l’altro, il modello proposto dal Cilea e presentato a Roma nei giorni scorsi. L’estensione del bilancio socio-ambientale anche alle piccole aziende consente, infatti, a queste realtà di accreditarsi presso il proprio ambito di riferimento come realtà solide non solo dal punto di vista economico. Una logica che andrebbe estesa, come giustamente sottolinea la professoressa Chiara Mio nell’intervista concessa a Press, anche al settore pubblico. Una innovazione, dice la Mio, che proprio i commercialisti dovrebbero impegnarsi a sollecitare, dal momento che, in questo contesto, il nostro ruolo è strategico. Maria Luisa Campise Direttore Press Mio: “L’informativa non financial, un’opportunità di crescita anche per la Professione” L’ambiente e la socialità devono essere percepiti come un modo per rafforzare la posizione dell’impresa sul mercato. E i commercialisti sono fondamentali per far cogliere loro questa opportunità strategica di Marcella Caradonna People L’ambiente sta assumendo un valore sociale sempre più importante e da tutelare in tutti gli ambiti, compreso quello produttivo. Da qui l’esigenza delle imprese di comunicare quanto viene fatto in materia. Si parla quindi di bilancio ambientale… ma cosa si intende con questo termine? Sul tema, a settembre, la Commissione Europea ha definitivamente licenziato l’emendamento alla Quarta direttiva (che, di conseguenza, dovrà essere recepita negli Stati membri, compresa l’Italia, entro due anni). In essa si stabilisce che vi è l’obbligatorietà di informative non financial negli annual report, quindi nei fascicoli di bilancio per le quotate, per le aziende con più di 500 dipendenti, per le aziende di pubblico interesse, fermo restando la possibilità degli Stati membri di estendere il campo di applicazione. In attesa di questa obbligatorietà, a latere dell’informativa propria del bilancio d’esercizio, l’informativa non financial si trova già da qualche tempo frequentemente declinata in una delle seguenti tre forme: report (o bilancio) di sostenibilità, report ambientale, report sociale. Il bilancio ambientale, in particolare, rende conto degli impatti dell’azienda sull’ambiente, concentrandosi, quindi, sullo stakeholder ambiente. Con questo documento, di solito, si rendiconta sul tema rifiuti (approccio alla dematerializzazione, cioè all’uso di meno materie possibili CO2, carbon footprint, water footprint,...-) ovvero di tematiche legate ai fattori ambientali. È chiaro che sul focus ambientale sono più sensibili le aziende che lavorano in settori dove l’ambiente è impattante, come ad esempio quello chimico e tessile, e che possono, se non ben gestite, causare danni all’ambiente. Altre aziende invece, dove i temi ambientali non sono così centrali, redigono i bilanci sociali. In relazione alle singole situazioni, la comunicazione può essere rivolta allo stakeholder risorse umane e/o comunità, 5 “Oggi le aziende piccole vivono una crisi che va ricucita, fra ciò che comunicano nel bilancio e che vedono come un costo e ciò che invece comunicano nel web o nella documentazione destinata ai clienti...” e altri ancora prendono complessivamente tutti i loro impatti e fanno un report di sostenibilità, sommando o combinando i due. Quali sono i costi ed i benefici per una piccola media impresa che vuole volontariamente introdurre questo tipo di comunicazione? Che cosa può condurre a effettuare una scelta di questo genere? Le spinte possono essere di tipo endogeno, cioè un’azienda vuole far percepire il vantaggio competitivo e vuole crearsi quindi un premium price o una posizione di mercato, perché si fa riconoscere come rispettosa dell’ambiente o dei diritti umani o di alcune pratiche; quindi investe in questi settori perché ritiene di averne un vantaggio, o di quota di mercato o di immagine. I costi sono legati alla produzione di informazioni. Però, le aziende che investono in ambiente, in socialità, sono aziende che gestiscono queste leve, quindi minimizzano il rischio; pertanto, sono investimenti che poi si traducono in mancati costi del futuro per adeguarsi o per pagare multe. Nel lungo termine si spende sicuramente di meno a investire prima. È una forma di prevenzione... Assolutamente sì. E poi il vantaggio di fare l’investimento prima, volontariamente, consente al management di scegliere il momento finanziariamente più adeguato. 6 People Quando l’azienda paga la multa o deve fare l’investimento obbligatorio per legge, non è detto che sia nelle condizioni di equilibrio finanziario migliore per sostenere quella dimensione di investimento. E noi commercialisti che ruolo possiamo avere nella sensibilizzazione verso le piccole-medie imprese, in relazione proprio all’importanza che questi temi sono destinati a rivestire anche a seguito dell’introduzione della citata normativa? I commercialisti sono fondamentali per aiutare gli imprenditori ad avere una visione strategica, dove anche l’ambiente e la socialità devono essere percepiti non come un burden, un carico, ma come un modo per rafforzare la propria posizione sul mercato. Questo vale anche per le piccole imprese, per distinguersi dal competitor e magari per diversificare i clienti, aggredire nuove filiere, i mercati, per esempio nel Nord Europa e/o Centro Europa. Il commercialista, da sempre vicino alla vita della azienda, può sensibilizzare e far capire che mettere in sicurezza la propria società è un obiettivo raggiungibile con poco sforzo. Da parte nostra dobbiamo sapere che, per affrontare queste tematiche, serve un approccio di informazione affidabile dal punto di vista della spendibilità del bilancio. Spesso si ritiene che la redazione di questi documenti sia di competenza di esperti nella specifica materia, è così? La presenza di dati tecnici (per esempio la quantità di CO2, la quantità di acqua) è certamente garantita dagli esperti nella materia, ma solo noi sappiamo trasformarli in informazioni utili per gli investitori finanziari e per l’imprenditore. La realizzazione di questo tipo di report sta ormai entrando nella prassi delle grandi imprese, ma quale è la situazione nel segmento delle pmi? Oggi le aziende piccole vivono una crisi che va ricucita, fra ciò che comunicano nel bilancio e che vedono come un People costo (e quindi essendo un costo, un fastidio per cui non ci mettono attenzione), e ciò che invece comunicano nel web o nella documentazione destinata ai clienti, dove già molte piccole aziende fanno sapere ai clienti quanto sono proattive sull’ambiente, quanto sono attente ai temi sociali, quanto si agganciano a tematiche di attenzione alle risorse umane. E questa informativa, oggi molto diffusa, in ottica di marketing, è già presente nelle brochure e nei siti web aziendali. Il compito di noi commercialisti è quello di far presente all’imprenditore che bisognerebbe mettere un po’ più in ordine e farla assurgere a informazione istituzionale a livello azienda. Quindi possiamo dire che è un’idea più che altro di cultura, di approccio alla comunicazione? Sì, che deve essere percepita non come marketing, ma come un modo per elevare il bilancio a documento, una sorta di carta di identità dell’impresa, che la introduce nel mondo delle banche e in quello dei clienti, che parla di sé a tutto tondo, del suo equilibrio economico finanziario, della sua capacità di creare valore. Mentre oggi tutto ciò è molto sottostimato ed assolutamente non valorizzato. È il motivo per cui Press ha scelto di dedicare questo mese a queste tematiche. Al di là dei numeri, l’azienda è una realtà e questa realtà va comunicata... A tutto tondo. Oggi moltissime piccole imprese che insistono nelle filiere, nei distretti, sono interessate da questi stimoli perché il loro cliente, spesso di grande dimensione nella subfornitura, nella supply chain, impone la rispondenza a questi requisiti per avviare rapporti commerciali. Molte aziende dei distretti, delle filiere, vivono già queste richieste. Noi dobbiamo, però, farli uscire da un’ottica passiva, perché lo chiede la grande azienda, e far loro comprendere come può essere un vantaggio competitivo investire anche in altri contesti. Questo approccio costituisce anche un percorso per ridurre i rischi d’impresa... Sì. È evidente che un’azienda che ha, come strategia, un risk assessment dinamico, se vuole minimizzare i rischi ambientali, sociali, i rischi della competizione, deve presidiare questi temi. Si pensi, sempre in un’ottica di risk assessment, come quanto detto può incidere rispetto al rischio, per esempio, di 7 perdere posizioni, che una nuova normativa butta fuori dal mercato. E per la Professione? Per la Professione questa è una grandissima opportunità, per uscire da solchi già battuti da alto tasso di competizione. Questi di cui stiamo parlando, invece, sono dei mondi dove un professionista può interpretare molto bene il ruolo di supporto, counselor, consulente dell’azienda, per aiutarlo a creare valore; è veramente una professione che può spaziare senza grandi competitor. E ci vuole una formazione particolare? Una formazione aziendale, ma è già nel nostro percorso di studio e poi, ovviamente, anche una specifica formazione, ma facilmente acquisibile. In altre parole, in questa area di consulenza vi è una tecnicalità, ma la barriera di ingresso non è alta. A conclusione di questo interessante colloquio, vuole mandare un messaggio ai lettori di Press? Oltre che sensibilizzare ancora i Colleghi verso questo tipo di consulenza, vorrei lanciare un messaggio politico e sociale. Trovo totalmente anacronistico che il settore pubblico non sia obbligato a predisporre dei report di sostenibilità. Realtà come un ospedale, una scuola, un’università, una casa di riposo non devono rendere conto alla comunità solo in relazione ai risultati economici, ma dovrebbero essere vincolati a predisporre e comunicare una rendicontazione sulle ricadute ambientali e sociali di questi organismi vocazionalmente orientati al bene comunque. È sicuramente un auspicio importante perché tale approccio potrà essere la dimostrazione di un profondo cambiamento culturale... Sì e noi commercialisti dobbiamo, a mio avviso, impegnarci presso le sedi competenti perché questo avvenga al più presto cogliendo, come opportunità, l’introduzione dell’emendamento alla Direttiva. Il nostro ruolo è strategico e spero che nei colleghi si sviluppi questa consapevolezza e venga colta questa opportunità. Chiara Mio, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia 8 Il Modello di bilancio sociale e ambientale del Cilea Nel luglio del 2012 sono stati pubblicati i risultati dell’Inchiesta sul bilancio sociale e ambientale dei paesi del CILEA, il cui obiettivo è stato quello di raccogliere informazioni affidabili in merito alla presenza, nell’area geografica di appartenenza degli intervistati, di disposizioni che prevedevano la presentazione di informazioni di tipo sociale e ambientale, e quali erano i requisiti, le formalità e le modalità di presentazione delle stesse. Nell’ottobre del 2013 è stata pubblicata la “Proposta di modello di bilancio sociale e ambientale per le PMI” del CILEA, nell’ambito della collana editoriale Estudios Internacionales CILEA, disponibile anche nella traduzione italiana curata dal CNDCEC. Il 10 novembre 2014 è stato presentato a Roma, presso la sede dell’Istituto Italo-Latinoamericano (IILA) e in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, il Modello CILEA. La fase di sperimentazione del progetto partirà la fine dell’anno: il CILEA metterà a disposizione gratuitamente ai professionisti e alle imprese l’applicazione informatica per l’utilizzo del modello. Costituirà inoltre un gruppo di tecnici, per avviare un’esperienza pilota in un numero selezionato di imprese operanti in Argentina, Bolivia, Colombia e Italia. I lavori del CILEA sono reperibili sul sito internet: www.cilea.info People 9 Pinzón: “Un Modello a supporto delle Pmi” La sfida del modello di bilancio sociale e ambientale per le Pmi che il CILEA ha proposto consiste nel mostrare il comportamento delle imprese rispetto al capitale umano, sociale, intellettuale e naturale. Perché oggi si riconosce l’importanza assunta dall’informativa diversa da quella finanziaria nella relazione annuale sulla gestione delle imprese? Si tratta di un processo chiave poiché la maggior parte delle imprese nel mondo non è sufficientemente consapevole di quanto concerne la RSI, il bilancio sociale e la preservazione dell’ambiente in generale. Questa è la ragione per la quale il CILEA, grazie all’importante contributo di un selezionato gruppo di esperti in materia, ha messo a disposizione della comunità imprenditoriale, professionale e parti interessate questo modello di facile applicazione e comprensione, che attribuisce molta importanza alla comparazione dei diversi esercizi, al fine di promuovere un processo di miglioramento continuo dell’impegno delle imprese nei confronti della società e dell’ambiente. Oggi sono pochissime le Pmi che rendono pubbliche queste attività, poiché la redazione di informazioni sulla sostenibilità o di bilanci sociali ha per loro un costo eccessivo. Il modello di bilancio sociale e ambientale proposto dal CILEA in che modo può aiutare loro ed i professionisti che le coadiuvano? La presentazione di bilanci sociali ed ambientali non è obbligatorio in tutte le organizzazioni imprenditoriali. Per questo motivo, il CILEA si è proposto, attraverso il suo modello di bilancio sociale ed ambientale, di fare conoscere a tutta la comunità una forma semplice, ma piena di specialità, di come farlo in ogni tipo di organizzazione imprenditoriale, comprese le imprese giuridiche e personali. Si pretende che questo modello si implementi laddove sia obbligatorio ed ugualmente si sviluppi in maniera volontaria dove non sia obbligatorio, ma che sia tale il livello di convinzione che si implementi proprio per convinzione più che per obbligatorietà. Prima di affrontare la fase della redazione del bilancio sociale e ambientale è indispensabile conoscere le aspettative e rilevare la situazione dell’impresa attraverso l’identificazione dei gruppi di interesse e l’analisi della Pmi. In che modo avviene la raccolta di questi dati? Dentro il modello di bilancio sociale ed ambientale, si guida l’utente dell'informazione in maniera semplice ma contundente, affinché possa fare conoscere ai differenti gruppi di interesse i benefici dell'applicazione del modello, in maniera economicamente razionale e di comprensione quasi che immediata. Non si era previsto mai prima tanta semplicità e credibilità nell'informazione plasmata. 10 People Il modello del bilancio proposto dal CILEA attribuisce molta importanza alla comparazione dei diversi esercizi, invitando le imprese a stabilire un “piano di miglioramento”. Di cosa si tratta? Il CILEA ha previsto nel suo modello di bilancio sociale ed ambientale che tutto quello che si realizzi in bene della cosa sociale e la cosa ambientale, che ogni attività sia suscettibile di migliorare e generare valore aggiunto nel processo di implementazione e diffusione del modello, rendendolo dinamico e facile da capire cosicché ogni utente possa avere la possibilità di fare parte del piano di miglioramento continuo, tanto nella cosa personale, così come nella cosa pratica e dinamica di applicazione in ogni tipo di impresa, tanto commerciale, quanto di servizi o industriale. Questi piani di miglioramento che può stabilire ogni azienda in maniera individuale porteranno a sviluppare dei processi che indurranno a massimizzare i temi sociali e a minimizzare gli impatti ambientali. Héctor Jaime Correa Pinzón, Presidente CILEA Parente: “Uno sguardo al futuro” Il Bilancio Sociale, un documento essenziale. Il Bilancio Sociale come elemento di sviluppo anche per le piccole aziende e non più solo per le multinazionali. È una delle grandi novità che emerge dal congresso mondiale dei commercialisti e ce ne parla Giovanni Gerardo Parente, consigliere nazionale dell’Ordine con delega ai rapporti internazionali e vice presidente del CILEA, il Comitato d’Integrazione Latino Europa-America. Vogliamo illustrare l’importanza del documento? Il bilancio sociale ambientale esteso anche alle piccole aziende consente a queste realtà di accreditarsi presso il proprio ambito di riferimento come realtà solide, non solo dal punto di vista economico finanziario. Nel mercato di oggi, il rispetto di certi parametri, sociali e ambientali, è considerato fondamentale dagli stakeholders, e la loro applicazione comporterà un risparmio da preservare per le generazioni future. Guardando appunto al futuro, ognuno di noi non può esimersi dal valutare i costi necessari all’inquinamento, costi che saranno tanto più bassi, quanto più la nostra generazione riuscirà a preservare l’ambiente a favore delle future generazioni; uno studioso della materia sostiene che noi dovremmo lasciare alle future generazioni, perlomeno quello che abbiamo ereditato dalle precedenti generazioni, se non addirittura migliorarlo. Come si realizza il bilancio socio ambientale? Gli indicatori utilizzati per le Pmi sono gli stessi utilizzati per People 11 i grandi gruppi industriali, ovviamente tarati sulle ridotte dimensioni di queste realtà. Si valuta la percentuale di utile reinvestita in attività sociali ed ambientali, inoltre tra le informazioni messe a disposizione degli stakeholders non figurano solo quelle finanziarie, bensì anche quelle di natura sociale ed ambientale, quali ad esempio la presenza di asili nido e servizi per i dipendenti all’interno dell’azienda, la capacità di ridurre l’impatto ambientale, la capacità di realizzare forme di risparmio energetico, l’ammontare delle risorse investite nel territorio di riferimento ecc.. E che vantaggi trae un’azienda dal rispetto di questi parametri? Nel mercato di oggi è importantissimo rapportarsi con il territorio e non guardare solo al risultato economico della produzione. Il lettore attento capisce che un’azienda, integrandosi meglio di altre nel territorio di riferimento, è sicuramente accettata dagli abitanti del luogo e dagli stakeholders di riferimento; pertanto, quanto più questi parametri saranno accettati dai soggetti di cui sopra, più l’azienda avrà una visione di insieme molto positiva. Giovanni Gerardo Parente, Vicepresidente CILEA - Italia SCHEDA TECNICA DEL “MODELLO DI BILANCIO SOCIALE E AMBIENTALE PER LE PMI” SVILUPPATO DA: Comitato d’Integrazione Latina Europa-America – Gruppo di Lavoro “Bilancio Sociale e Ambientale” OBIETTIVO: contare con un modello di bilancio sociale e ambientale che consenta la redazione delle informazioni relative alle dimensioni economica, sociale e ambientale della PMI. CONFORMAZIONE DEL MODELLO: integra informazioni sulla performance economica, sociale e ambientale, tramite indicatori delle seguenti caratteristiche: 1 - Indicatori economici: evidenziano il valore aggiunto generato dall’organizzazione e le modalità della sua distribuzione tra chi ha contribuito ad ottenerlo. 2 - Indicatori social interni: informano sul comportamento della PMI relativamente ai suoi dipendenti. 3 - Indicatori sociali esterni: informano sugli investimenti della PMI a favore della società in cui opera. 4 - Indicatori sulle risorse umane: informano circa le assunzioni, licenziamenti, litigi, livello di istruzione, assunzione di portatori di handicap, ecc. 5 - Indicatori di politiche del lavoro: evidenziano le politiche stabilite dall’impresa rispetto a tutto ciò che abbia lo scopo di migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro. 6 - Indicatori ambientali: servono a far conoscere le azioni svolte rispetto alle materie prime, riciclo dei materiali, rifiuti, impatto delle emissioni di gas a effetto serra e le risorse naturali. 7 - Altri indicatori: evidenziano le misure adottate dalla PMI riguardo al lavoro minorile, corruzione e responsabilità per il prodotto. È possibile aggiungere indicatori che rispondano agli altri principi del Patto Globale dell’ONU. È importante che le informazioni inserite nel bilancio sociale e ambientale siano sottoposte a revisione esterna, per ragioni di credibilità e trasparenza. APPLICAZIONE: rivolto a tutte le PMI che volontariamente vorranno presentare informazione economica, sociale e ambientale, o alle aziende a cui queste informazioni sono richieste da altre organizzazioni, catena di valore o enti creditizi. 12 I bilanci di sostenibilità Giovanni Castellani Odcec Roma, Direttore Scientifico Fondazione Nazionale Commercialisti La sostenibilità ha ed avrà sempre più un ruolo centrale nel cambiamento che organizzazioni, mercati e società dovranno affrontare egli ultimi venticinque anni, nelle organizzazioni (di seguito indifferentemente anche “aziende” o “imprese”) di tutto il mondo, almeno in quelle di più grandi dimensioni, si è registrato un incremento delle azioni in tema di Responsabilità Sociale d’Impresa. Lo strumento più visibile adottato dalle aziende per l’estrinsecazione di tale attività, è un documento di rendicontazione che può essere definito Bilancio di Sostenibilità. Il dibattito relativo alla forma che meglio si adatta a questo documento era, agli inizi, essenzialmente centrato sui diversi orientamenti rispetto all’autonomia che esso avrebbe dovuto assumere rispetto al tradizionale Bilancio di Esercizio. Se per alcuni studiosi esso doveva godere di piena autonomia e individualità, per altri il risultato dell’attività d’impresa verso l’intera comunità degli Stakeholder doveva e poteva trovare spazio all’interno del Bilancio di Esercizio o nei documenti che lo accompagnano. Si deve altresì rilevare che anche relativamente alla denominazione da N assegnare a tale documento non vi era, ed ancora non vi è, unanimità di vedute. Al termine Bilancio di Sostenibilità (che qui si preferisce) spesso si affiancano quelli di Bilancio Sociale, Rapporto di Sostenibilità, Bilancio Socio-economico, Rendiconto Sociale, Bilancio socialeambientale e altri simili, ora utilizzati come sinonimi ora caricati di connotazioni diverse. È necessario anche porre in evidenza che alcuni studiosi non ritengono neppure opportuno utilizzare il temine “bilancio”, poiché le risultanze non finanziarie dell’attività aziendale non potrebbero essere raffigurate in “forma bilanciante”. A parte il fatto che nella nostra lingua il termine “bilancio” non ha solo la sua funzione ragionieristica legata al sistema della “partita doppia” (ma assume ormai anche il significato di “risultato complessivo”, ovvero di “valutazione consuntiva” non solo numerica, si pensi al c.d. “bilancio di una vita” o al “bilancio dei pro e dei contro”), ai fini di una chiarezza espositiva, non ritenendo utile né produttivo entrare nel merito di questa discussione lessicale, si preferisce utilizzare il termine Bilancio di Sostenibilità per indicare un documento unitario, redatto in base a specifici modelli di rendicontazione che estenda e/o integri la Relazione sulla Gestione del Bilancio d’esercizio e che raccolga ed esplichi al suo interno le informazioni di carattere non finanziario e tutto l’impegno profuso da un’azienda in ambito di RSI e quindi in tema di sviluppo sostenibile. All’inizio anni ’90, quando cominciarono a diffondersi i primi report ambientali, le ragioni sottostanti alla loro pubblicazione differivano fra i vari continenti: in Europa i driver (così generalmente definite, nella prassi corrente inglese, le forze propulsive connesse alle prestazioni aziendali) furono soprattutto l’accresciuta sensibilità del management verso le questioni ambientali, le relazioni pubbliche, la ricerca di un vantaggio competitivo e la volontà di aderire compiutamente alle norme di legge. In America, invece, secondo il modello del capitalismo filantropico di radice L’intervento calvinista, che prende la libertà e la erge a pietra angolare rimandando le valutazioni etiche alla filantropia post o para-mercantile, la spinta in tal senso venne direttamente dalla base azionaria degli investitori che reclamava soprattutto la comunicazione esplicita di azioni di tutela ambientale. Si teorizzava, in ogni caso, che un report ambientale potesse accrescere la consapevolezza sulle problematiche ecologiche e facilitare l’adozione di una strategia di risposta che comunicasse il messaggio aziendale sia all’interno che all’esterno. L’accresciuta trasparenza dell’impresa, inoltre, avrebbe migliorato la sua stessa credibilità e gli sforzi compiuti e i parametri adottati potevano essere comunicati per mezzo dello stesso report. Ulteriori vantaggi furono individuati nella possibilità di effettuare risparmi sui costi, migliorare la reputazione aziendale, conseguire una maggiore efficienza, accrescere il morale del personale, così come sviluppare migliori opportunità d’affari. Alcune organizzazioni, nella consueta relazione annuale, iniziarono così ad inserire un rapporto sulla sostenibilità che conteneva tre diverse dimensioni: economica, ecologica e sociale, adottando un approccio che fu poi definito in dottrina della c.d. Triple Bottom Line. La rendicontazione sulla sostenibilità è divenuta, in tal modo, la pratica di misurare e di rendere note (di esserne quindi responsabili nei confronti degli stakeholder interni ed esterni) le performance organizzative rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile. A prima vista a qualcuno poté sembrare, con un’ottica di breve termine, che la rendicontazione di sostenibilità imponesse troppi oneri alle aziende che dovevano predisporre strumenti e processi per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Tuttavia, guardare alla rendicontazione di sostenibilità come un costo, piuttosto che come un investimento, è sempre stato un errore. Ed infatti, l’idea emergente di integrare, in un unico documento, informazioni strategiche sulla sostenibilità con informazioni finanziarie (nata nel 2009 dagli studi di Eccles e Krzus all’Harvard Business School), è diventata poi una scommessa decisiva. La sostenibilità ha ed avrà sempre più un ruolo centrale nel cambiamento che organizzazioni, mercati e società dovranno affrontare e le informazioni sulla sostenibilità, significative per le prospettive di un futuro valore di un’azienda, non potranno che essere parte fondamentale di un sistema di Rendicontazione Integrata (IR, nell’acronimo inglese). Si tratta di un modello di struttura, internazionale, studiato dall’IIRC (International Integrated Reporting Council), per intercettare informazioni su strategie, governance, performance e prospettive, in un formato chiaro, conciso e paragonabile. 13 Il Framework accolto il 15 aprile scorso dal Parlamento Europeo con una propria “risoluzione legislativa” su una proposta della Commissione Europea di modifica della direttiva 2013/34/UE, servirà per sostenere e accelerare il processo di evoluzione dei report aziendali, evidenziando gli sviluppi, in campo finanziarioamministrativo, dell’analisi della gestione e dei Bilanci di Sostenibilità. Alcune imprese di grandi dimensioni (almeno per ora), nell’ottica di migliorare l'uniformità e la comparabilità delle informazioni di carattere non finanziario che “circolano” nell'Unione, si vedranno obbligate a redigere i loro Bilanci Integrati, in base ad indicazioni predefinite dalla legge. Dopo di che, in un po’ di anni, si aprirà un mondo sull’integrazione della reportistica, finanziaria e non, e si arriverà all’uniformità degli schemi e dei contenuti, proprio come è successo con i Bilanci di Esercizio ed i Principi Contabili. Lo spazio ristretto impone di finire qui. Dei Bilanci di Sostenibilità, quanto sopra è solo un flash. Ci si potrà tornare, anche in virtù del fatto che si tratta di una nuova ed interessantissima prospettiva professionale per i Commercialisti. 14 Pmi, alla prova del report integrato Paolo Pietro Biancone * ( ) Uno studio condotto dal Dipartimento di Management dell’Università di Torino ne dimostra l’utilità. La parola ai professionisti che devono farsi promotori l report integrato è un valido strumento strategico-gestionale anche per le Pmi. Una recente ricerca, condotta dal Dipartimento di Management dell’Università di Torino su 162 aziende del settore agroalimentare piemontesi, ha dimostrato l’interesse e l’opportunità dello strumento. Il Report Integrato offre la possibilità all’azienda di rileggere i propri processi e gli obiettivi strategici in un’ottica oggettiva e critica: può configurarsi, se accompagnato da uno sforzo e un impegno coordinato dal vertice aziendale, come un utile strumento per le Pmi che intendono mettere in discussione il proprio modo di fare business per ottenere migliori risultati in campo economico, ambientale, organizzativo e sociale. Il Report Integrato, per sua natura, fornisce una visione della natura e della qualità delle relazioni che l’azienda intrattiene con i suoi portatori d’interesse, includendo la misura in cui l’organizzazione comprende e tiene in considerazione i bisogni e gli interessi. Rappresenta, dunque, un’opportunità e una nuova sfida. La I redazione di un Report integrato può consentire, inoltre, maggiori opportunità di aggregazione con organizzazioni complementari sotto forma di reti aziendali o altre forme di sviluppo congiunto. L’analisi condotta sulle aziende del campione ha permesso di capire quali aspetti “non monetari” della gestione sono solite tenere sotto osservazione, in particolare tramite utilizzo di appositi indicatori, e quali di questi vengono comunicati all’interno e all’esterno dell’azienda e con quali modalità. Questo processo è servito a porre le premesse per la costruzione di un Report Integrato per le piccole e medie imprese del settore alimentare, estendibile alle Pmi di altri settori di attività: è stata ideata, quindi, una struttura di Report Integrato che ha l’ambizione di essere realmente applicabile alle Pmi. Il Report Integrato presentato di seguito tiene in considerazione, in primo luogo, le disposizioni contenute nel Framework per il Report Integrato ( ) * del International Integrated Reporting Council (IIRC). Non solo, considerato che il framework, essendo “principle based”, non entra nel dettaglio per quanto riguarda gli elementi di contenuto e i collegati indicatori, per definire questi è necessario fare riferimento a ulteriori linee guida attualmente esistenti: le linee guida dell’ente Global Reporting Iniziative (GRI) in materia di rendicontazione di sostenibilità. Si tratta delle linee guida internazionali attualmente più utilizzate dalle aziende nella redazione di report sociali, che danno indicazioni su come articolare le sezioni del report, quali contenuti includere e quali indicatori, applicabili a qualsiasi tipo di azienda, utilizzare. Da guida fanno anche i Principi di redazione del Bilancio Sociale, redatti dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale (GBS), e gli indicatori di sostenibilità che l’Istat, in collaborazione con CSR Manager Network Italia (associazione dei Responsabili delle politiche di sostenibilità delle maggiori aziende Presidente del Corso di Laurea in Professioni Contabili dell’Università di Torino L’intervento italiane), suggerisce poiché ritenuti essenziali e applicabili alle aziende di qualsiasi settore. La struttura di Report Integrato proposta è così articolata. Ritratto dell’azienda La sezione deve fornire al lettore informazioni concise, ma sufficienti a comprendere le dimensioni, le performance economiche e sociali e le linee guida utilizzate dall’azienda nello svolgere la propria attività. Il ritratto dell’azienda deve tener presentare anche: 1.1 Storia: una breve descrizione dell’azienda, relativa al tipo di attività svolta e al settore di appartenenza. 1.2 Mission vision obiettivi: l’identità dell’azienda è indicata tramite dichiarazione della mission e/o della vision aziendali. A queste può essere affiancata la definizione di obiettivi di lungo termine verso i quali il 15 management indirizza l’attività aziendale. 1.3 Indicatori di sintesi: si consiglia di presentare gli indicatori di sintesi che meglio si prestano a riassumere le performance economiche, ambientali e sociali dell’azienda nell’esercizio (confrontati con gli stessi valori dell’esercizio precedente). all’azienda. Qualora applicabile, è doveroso dare una descrizione delle aziende facenti parte del gruppo attraverso dati di sintesi quali superficie, addetti, attività prevalentemente svolte. La stessa descrizione si applica nel caso l’azienda possieda diversi poli produttivi. Notizie sul Report È indispensabile innanzitutto precisare il perimetro del report (quale/i società sono incluse) e il periodo temporale a cui la rendicontazione si riferisce. Occorre precisare a quali principi si è fatto riferimento nella redazione del report e indicare quali documenti sono contenuti o ripresi in toto dal report. Mercato Utili indicatori della posizione dell’azienda all’interno del mercato sono: la quota di mercato, il numero di competitor diretti, il confronto tra la quota di mercato dell’azienda e quella dell’azienda leader. Assetto societario e governance La sezione è dedicata alla descrizione della struttura e degli organi interni Processi Si descrive il modello di business dell’organizzazione, cioè il processo attraverso cui gli input, tramite le attività di trasformazione economica, sono convertiti in output e risultati 16 L’intervento che contribuiscono a raggiungere gli obiettivi strategici e di remunerazione congrua di tutti i fattori produttivi utilizzati nel breve, medio e lungo periodo. Questa sezione è quella che più di tutte dipende dalle caratteristiche specifiche della singola azienda che effettua la rendicontazione e si occupa nel dettaglio di processi di: Acquisti Produzione Vendita Innovazione Certificazioni Qualità. Stakeholders Questa sezione contiene l’indicazione di quelli che sono i portatori di interesse primari e secondari dell’azienda Valori Economico-Finanziari e Valore aggiunto Sono contenuti i valori di Stato Patrimoniale e Conto Economico in maniera immediata e sintetica. Questa sezione permette, anche al lettore meno abituato a consultare bilanci, di avere una visione completa delle performance dell’impresa, ma anche al lettore esperto di individuare i dati principali senza sfogliare i documenti in tutti i loro dettagli. La forma di presentazione consigliata è quindi quella di tabelle sintetiche che contengano le voci principali con gli indicatori patrimoniali, finanziari e di redditività utili a comprendere gli equilibri della gestione aziendale. Per quanto riguarda il valore aggiunto è opportuno presentare la struttura del conto economico per fare emergere come il valore creato viene distribuito tra i portatori di interesse. Bilancio Questa sezione riprende integralmente il bilancio d’esercizio così come redatto e depositato dall’azienda secondo le disposizioni di legge e comprende: Prospetti di Stato Patrimoniale e Conto Economico Nota integrativa Relazione sulla gestione Relazione Collegio Sindacale Relazione revisore/società di revisione. pone in essere nei confronti della società nel suo complesso e, nello specifico, verso le comunità locali con le quali essa si confronta quotidianamente. Capitali In questa sezione sono trattate specifiche categorie di capitale: 9.1 Capitale umano rappresentato dalle competenze espresse dal management dell’azienda e più in generale da tutto il personale. 9.2 Capitale sociale e relazionale, definito dalle relazioni e dai valori condivisi con la comunità nella quale l’impresa opera, e con i gruppi di stakeholder. 9.3 Capitale intellettuale: include i diritti di proprietà intellettuale, quali software, diritti di copyright, licenze e le componenti intangibili dell’impresa, quali l’organizzazione, la conoscenza, la capacità di innovare, le procedure, la cultura. 9.4 Capitale naturale, rappresentato da tutte le risorse naturali rinnovabili e non, che sono utilizzate per la produzione e supportano il successo presente e futuro dell’organizzazione; include anche le modalità con cui l’azienda prende atto dell’impatto che la sua attività ha sull’ecosistema e sul territorio. Revisione degli aspetti sociali attraverso la certificazione sociale e ambientale, curata da certificatori ad hoc Per la redazione del Report Integrato da parte delle Pmi occorre, comunque, combattere le resistenze: in primo luogo, la mancanza di tempo: le piccole e medie imprese hanno generalmente quale obiettivo primario la produzione e la vendita dei propri prodotti. Non solo, le piccole e medie imprese sono generalmente restie a diffondere informazioni all’esterno; la stessa diffidenza si estende poi alla comunicazione degli aspetti non monetari della gestione. Non ultimo, hanno carenza di personale informato sul tema. Quest’aspetto è correlato alla mancanza di linee guida o esempi costruiti sulla misura delle piccole e medie imprese. In questo contesto, il professionista può farsi promotore del Report Integrato, dimostrandone le utilità: un solo documento per descrivere in maniera sistemica tutti quei processi e quelle iniziative, legate alla gestione sociale e ambientale, che le aziende al momento realizzano, ma non hanno ancora formalizzato all’interno dei processi gestionali. Performance sociali La sezione riguarda tutte quelle forme di impegno e attenzione che l’azienda Obiettivi futuri L’azienda può utilizzare questa sezione per riassumere i punti principali delle proprie performance economicofinanziarie, ambientali e sociali ed esplicitare gli obiettivi futuri in termini di miglioramento delle stesse. Rappresentiamo una minoranza del 99,9%. In Italia le PMI sono il 99,9% della forza economica, eppure vengono trattate come una minoranza. Il mondo produttivo e le istituzioni funzionano solo grazie alle libere professioni, eppure queste ultime non vengono prese in considerazione dai poteri forti. Essere utili al Paese significa cambiare anche questi squilibri, ma soprattutto lavorare per le cose che contano. 18 I nuovi modelli di gestione e comunicazione Davide Barberis e Giuseppe Chiappero Odcec Torino L’esperienza dell’Ordine di Torino, Ivrea e Pinerolo: una proposta per i professionisti impegnati nell’indirizzare le organizzazioni a una gestione socialmente responsabile o scenario economico mondiale è in continua trasformazione. Gli strumenti tradizionali di rilevazione e rappresentazione dei risultati di gestione delle organizzazioni, contabilità finanziaria rivolta al processo decisionale prevalentemente giuscontabile e contabilità generale rivolta alla rappresentazione delle dimensioni economiche e patrimoniali, non sono più sufficienti ad esaudire nei confronti degli stakeholder la totalità sempre crescente delle esigenze informative. In tale contesto, la scienza manageriale ha proseguito senza sosta ad elaborare nuovi modelli di gestione e comunicazione. Il bilancio sociale si pone nel solco dell’innovazione in materia di trasparenza e di accountability. È uno strumento in grado di fornire visioni sistemiche delle organizzazioni pubbliche e private, sia orientate al profitto e sia non lucrative, con un approccio complesso e interdisciplinare capace di cogliere le connessioni anche deboli tra cultura, valori e modelli di gestione, evidenziando il patrimonio intangibile fatto soprattutto di relazioni, capacità organizzative e capitale umano. L Il bilancio sociale è l’esito di un processo complesso in quanto multidirezionale (top down e bottom up), inclusivo in quanto riguarda una molteplicità di stakeholder (interni ed esterni; diretti e indiretti), multidimensionale in quanto integra le dimensioni identitarie (visione, missione e storia), strategiche e della programmazione operativa, gestionali e del controllo, contabili e della rendicontazione, della misurazione della performance e della valutazione dei risultati e degli impatti, del miglioramento operativo e strutturale. Nelle sue dimensioni di processo e di rendiconto, costituisce per tutte le organizzazioni una modalità operativa e comunicativa particolarmente efficace con cui le stesse, dichiarandosi socialmente responsabili, rendono conto ai propri interlocutori della “fedeltà” ai principi e valori che informano le proprie mission. Per queste ragioni il processo di realizzazione del bilancio sociale deve essere gestito con adeguata competenza professionale e corretti strumenti operativi. Quanto al primo requisito la competenza tecnica del (1) Commercialista è propria del nostro ruolo professionale come riconosciuta dall’art. 1 c. 3 lett. o) del d.lgs. 139/2005; quanto al secondo aspetto l’Ordine di Torino, in collaborazione con la Regione Piemonte e con il Dipartimento di Management dell’Università di Torino, ha elaborato il “Metodo Piemonte per il Bilancio sociale” (nel seguito “Metodo Piemonte”) quale sintesi di metodica scientifica e prassi professionale/istituzionale. Il valore del Metodo Piemonte: innovazione e inclusione Il Metodo Piemonte trova le sue radici nelle motivazioni stesse che avviano, sostengono ed esplicitano il processo di rendicontazione sociale delle organizzazioni, riconducibili a due diverse concezioni del bilancio sociale(1): una visione “umanistica/valoriale”, che spinge le organizzazioni a dimostrare, attraverso i report sociali, la capacità di declinare nelle attività aziendali, in modo misurabile e documentabile, i principi e i valori incorporati nella propria mission, facendo Cfr. “Bilancio sociale e valutazione” in Di Russo, Falduto (a cura di) “Governo, controllo e valutazione delle società partecipate dagli enti locali”, MAP, 2009. L’intervento emergere la cultura dell’ente; una visione di “allargamento della responsabilità” che, spingendosi oltre i confini della contabilità finanziaria, consente all’organizzazione di essere più efficace e incisiva nel rispondere alle aspettative degli stakeholder, accogliendo nel perimetro della rendicontazione fattori di tipo sociale e ambientale che, uniti a quelli economico-finanziari, siano in grado di fornire una rappresentazione adeguata e completa in termini di effetto delle attività aziendali sulle dinamiche delle relazioni con tutti gli interlocutori, titolari di interessi legittimi nei confronti dell’organizzazione. Quale che sia la motivazione prevalente, nel Metodo Piemonte il bilancio sociale assume, prima ancora che le fattezze di un documento, la valenza di esito di un processo di gestione responsabile, diventa il bilancio stesso dell’organizzazione, il solo documento capace di rispondere ai bisogni informativi di tutti i soggetti che debbono effettuare, nei confronti dell’organizzazione, valutazioni o (Slide 1) analisi decisionali. (Slide 1) Il bilancio sociale, all’interno del sistema di accountability, rappresenta dunque l’esito di un processo di gestione responsabile, idoneo a: definire un gruppo di processo; interpretare il processo di gestione strategica; rilevare obiettivi, indicatori e target significativi; far cooperare i responsabili di organizzazioni complesse; individuare e valutare i risultati raggiunti; verificare la qualità del processo attraverso il feedback (rilevazione del consenso). La forma più evoluta di bilancio sociale rispondente ai principi del Metodo Piemonte è dunque un vero e proprio “bilancio di sostenibilità”, intendendosi con tale accezione un bilancio che esprima, attraverso un insieme di indicatori finanziari e non finanziari, la capacità delle organizzazioni di generare valore nel tempo, attraverso scelte organizzative e di processo orientate alla creazione di rapporti duraturi e, appunto, sostenibili, con tutti gli interlocutori (Slide 2) 19 interni ed esterni. Ecco perché nei bilanci sociali l’identità dell’organizzazione si caratterizza non tanto nella sua essenza giuridica, quanto nella sua “centralità” rispetto a una complessa rete di interrelazioni, fondate sulla condivisione di valori, che legano l’azienda alle individualità che la compongono e al mondo esterno, rappresentabile con una matrice, denominata “mappatura degli stakeholder”, in grado di rappresentare le diverse modalità con cui gli stakeholder si relazionano all’azienda (interni - esterni; diretti indiretti). (Slide 2) 3. IL Metodo Piemonte per il bilancio sociale Il Metodo Piemonte fa propria la filosofia “endogena” secondo cui il processo di predisposizione del bilancio sociale deve essere governato e gestito dall’interno dell’organizzazione, differentemente dall’approccio cosiddetto “esogeno” che vede affidate a soggetti terzi gran parte delle attività preposte alla redazione del documento. Il Metodo Piemonte punta molto sulla 20 L’intervento creazione di competenze e sul senso di appartenenza degli attori di processo, a differenza di altri che vedono nel bilancio sociale uno strumento prettamente di comunicazione, ideabile e realizzabile da professionisti/tecnici del settore. Secondo questa filosofia, il Metodo Piemonte prevede innanzitutto l’individuazione dei responsabili di processo, la definizione degli strumenti operativi, nonché la costituzione di un comitato scientifico di cui fanno normalmente parte rappresentanti degli enti, istituzioni e categorie che presiedono alla pianificazione di processo secondo corretti standard metodologici e riferimenti scientifici. I principali strumenti del Metodo Piemonte sono: l’indice programmatico o metodologico che individua, per ciascuna sezione del bilancio esito di processo, i relativi responsabili e gli elementi qualificanti del processo di rendicontazione sociale; il cronoprogramma (sotto forma di diagramma di Gantt), che scandisce le fasi temporali di svolgimento delle procedure preposte alla predisposizione del bilancio sociale, secondo l’impostazione tipica del project management; le schede di valutazione di processo, di cui si avvale il gruppo di validazione, formato da commercialisti, per l’espletamento delle sue funzioni. Il ruolo del commercialista si svolge dunque lungo tutto l’arco del processo, interagendo sia con il comitato scientifico sia con i responsabili di processo. In particolare, è compito del commercialista assistere il comitato scientifico nella corretta pianificazione di processo e individuazione dei riferimenti metodologici, nonché supportare il gruppo di lavoro interno nell’implementazione dello schema metodologico e definizione delle scadenze operative. Il commercialista interagisce altresì con i responsabili di processo, individuati dallo schema metodologico/indice programmatico, ai fini di un continuo confronto professionale finalizzato al giudizio di conformità procedurale. Questa è tipicamente, secondo il Metodo Piemonte, lo schema di analisi delle fasi di processo e correlazione degli esiti con la struttura tipica del bilancio sociale: Analisi strategica, in cui evidenziare, quali componenti dell’IDENTITÀ AZIENDALE, la storia dell’organizzazione, i valori e principi che ne informano la mission, gli obiettivi strategici e le relative politiche, la mappatura di tutti gli interlocutori che ripongono nell’organizzazione aspettative e interessi, la descrizione delle attività svolte e le relative scelte organizzative effettuate ai fini di un ottimale svolgimento delle attività aziendali (Slide 3) sotto i profili dell’efficienza, efficacia ed economicità della gestione, nonché della creazione di valore. L’esplicitazione dei principi crea una maggiore responsabilizzazione da parte di tutti gli attori di processo che, attraverso la rendicontazione sociale, dovranno attestare il grado di coerenza dell’operato aziendale con i principi dichiarati. Assume preminente rilievo in questa sede la piena adesione dell’organizzazione ai principi declinati da ISO 26000 nell’affermare la responsabilità sociale delle organizzazioni: (i) responsabilità; (ii) trasparenza; (iii) comportamento etico; (iv) ascolto delle parti interessate; (v) rispetto delle leggi (compliance); (vi) rispetto delle norme internazionali di comportamento; (vii) rispetto dei diritti umani. Tali principi, che potremmo definire di etica aziendale, informano la mission, determinano gli impatti, indirizzano i processi decisionali, qualificano il rapporto con gli stakeholder (nell’ottica del shared value), rientrando in un sistema di scelte organizzative e prima ancora nell’adesione a un modello di cultura aziendale fondato sulla centralità L’intervento della persona, ovvero sulla creazione di valore e sulla qualità delle relazioni con i portatori di interessi. (Slide 3) Analisi dei prospetti del bilancio economico-finanziario, ai fini delle opportune rielaborazioni necessarie per evidenziare, nel RENDICONTO, la ricchezza prodotta dall’organizzazione e la relativa distribuzione ai soggetti destinatari di politiche specifiche, supportati da un set di indicatori rilevanti ai fini di una completa rappresentazione della realtà economica sottostante (c.d. financial highlights). Analisi dei processi operativi, rispetto alla presenza di adeguati indicatori, di tipo prettamente qualitativo (non financial KPI), idonei a rappresentare il grado di raggiungimento degli obiettivi di processo in termini di impatti sociali e ambientali della gestione, rappresentabili nella terza parte del bilancio sociale, denominata RELAZIONE SOCIALE. Analisi del processo di rendicontazione sociale, volto all’individuazione delle declinazioni di report sempre più rispondenti alle reali esigenze dei destinatari, superando i limiti della comunicazione (Slide 4) (2) 21 Cfr. “Validazione professionale di processo” in AA.VV. “Manuale del Non Profit”, Eutekne, Collana Piero Piccati, 2014. finanziaria, per arrivare a forme crescenti di integrazione, riconducibili al bilancio sociale piuttosto che a forme diverse di global reporting, quali il bilancio di sostenibilità, piuttosto che di report dedicati a specifici aspetti / chiavi di lettura della gestione (bilancio ambientale, bilancio di genere, ecc.), in ogni caso strutturati, con le opportune derivazioni e adattamenti per industry, tipologia di organizzazione e/o finalità specifiche della rendicontazione, nello schema degli esiti di processo prima evidenziato (IDENTITÀ RENDICONTO - RELAZIONE SOCIALE). Un percorso che vede il suo completamento con un prologo e un’appendice qualificanti il nostro metodo di analisi: la definizione dei principi e linee guida del processo di rendicontazione, esplicitati nella NOTA METODOLOGICA, e il giudizio del soggetto incaricato della verifica della coerenza di processo ai principi dichiarati, insito nella VALIDAZIONE PROFESSIONALE. (Slide 4) (Slide 5) Il ruolo del commercialista può trovare varie sfumature nel processo di rendicontazione sociale, in quanto professionista che affianca/supporta la direzione aziendale sin dalla fase delle decisioni strategiche in merito all’opportunità di dotare l’azienda di un sistema organizzativo adeguato. In effetti, proprio nelle esperienze sul campo, come si illustrerà più oltre, sono emerse molte di queste valenze di possibili apporti del commercialista, in diverse fasi del processo, che vanno indubbiamente nella direzione di valorizzare la nostra professione. Cionondimeno, elemento caratterizzante del ruolo del commercialista è riscontrabile, nel Metodo Piemonte, nel ruolo di accreditamento scientifico e metodologico finalizzato alla validazione professionale di processo(2). (Slide 5) La validazione professionale comporta la formulazione di un giudizio di conformità procedurale che attesta la rispondenza del processo agli assunti 22 L’intervento dichiarati nella Nota metodologica, nonché ai requisiti di correttezza metodologica che rappresentano, nel Metodo Piemonte, gli elementi qualificanti specifici di ciascuna fase del processo di amministrazione razionale (pianificazione, gestione, controllo, implementazione). (Slide 6) Il giudizio di conformità procedurale si basa su apposite “schede di valutazione del processo di rendicontazione sociale” fornite dal Metodo Piemonte, sulla cui base il commercialista formula le proprie valutazioni in merito alla rispondenza del processo a ciascun elemento di analisi; tali valutazioni si traducono quindi in range numerici a loro volta collegati, in forma di giudizio sintetico, a espressioni di maggiore o minore qualità di processo rispetto allo scenario ottimale. (Slide 6) RUOLO DEI COMMERCIALISTI - METODO PIEMONTE Il ruolo dei commercialisti nel Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale - quali professionisti dotati di particolari competenze nell’analisi di gestione dei processi aziendali, si esplica: nella diffusione dei principi di responsabilità sociale nelle organizzazioni; nell’assistenza alla direzione aziendale nel processo decisionale strategico di implementazione di strumenti di responsabilità sociale; nell’assistenza alla definizione di adeguati strumenti e protocolli nell’ambito dei processi; nell’affiancamento al gruppo di lavoro per condivisione delle esperienze acquisite e sperimentazione sul campo, in ottica anche di auto-formazione, dei principi di rendicontazione sociale; nell’elaborazione di uno schema metodologico contente la struttura ragionata del bilancio sociale con definizione dei contenuti da sviluppare e assegnazione delle responsabilità nell’ambito del gruppo di lavoro; nella verifica in progress della coerenza delle attività di processo ai principi dichiarati nella nota metodologica, ai fini del dovuto riscontro scientifico e rigore di approccio tipici dei processi di gestione e rendicontazione della responsabilità sociale. In particolare, tenuto conto degli schemi contenuti nei principi metodologici adottati dagli enti sperimentatori, il Metodo Piemonte propone una macro-struttura di bilancio sociale - adattabile per industry e/o tipologia di organizzazione a specifiche esigenze di rendicontazione sociale - articolata in tre sezioni principali: l’identità aziendale, il rendiconto, la relazione sociale. Tali sezioni sono precedute da una premessa metodologica e seguite dalla validazione professionale. PREMESSA METODOLOGICA Riveste un ruolo fondamentale affinché il bilancio sociale segua le migliori pratiche e definisca con ragionevole precisione i riferimenti metodologici adottati, ai fini di un progressivo accreditamento metodologico di processo. La chiara definizione di questi aspetti costituisce il presupposto per una corretta rendicontazione, e soprattutto la base per la verifica, nel corso del processo, dell’effettiva aderenza dello stesso agli indirizzi metodologici dichiarati in premessa, il cui esito è rappresentato dalla validazione professionale. IDENTITÀ Rappresenta il profilo dell’ente ed è così articolata: n Storia n Scenario globale e locale di riferimento n Definizione del sistema di governo n Assetto istituzionale e organizzativo n Identificazione degli stakeholder interni ed esterni n Principi e valori di riferimento e conseguenti rappresentazioni: visione e missione. Dall’insieme di questi aspetti emergono il quadro completo dell’organizzazione e, soprattutto, i riferimenti culturali e valoriali che costituiscono il collante per ottenere sia un’efficace coerenza interna sia un collegamento funzionale fra le diverse parti del bilancio sociale. RENDICONTO Si articola nei seguenti prospetti complementari e bilancianti, opportunamente adattati alla specifica realtà di riferimento: Determinazione del valore aggiunto; Ripartizione del valore aggiunto ai diversi gruppi di stakeholder titolari di aspettative legittime nei confronti dell’organizzazione. Tali prospetti, integrati da ulteriori indicatori rappresentativi (financial highlights), fanno quindi emergere, andando oltre la mera rappresentazione contabile, il valore creato dall’organizzazione e la sua ricaduta a favore degli stakeholder. RELAZIONE SOCIALE È la parte meno numerica e più qualitativa del bilancio sociale. Richiede lo studio di un sistema di indicatori in grado esprimere la capacità dell’ente di creare con gli stakeholder rapporti qualificati e duraturi, incentrati sui principi della sostenibilità e sui valori che informano la cultura dell’organizzazione. VALIDAZIONE PROFESSIONALE DI PROCESSO È l’ultima e fondamentale sezione del bilancio sociale che rappresenta, secondo il Metodo Piemonte, l’esito della funzione di controllo assegnata ai commercialisti nell’ambito del processo di rendicontazione sociale. Tale funzione accredita il processo, dimostrandone in ogni sua fase la coerenza o meno ai principi di riferimento, e facendone risaltare, per esprimerli sotto forma di aree di miglioramento, gli aspetti ancora non perfettamente allineati ai requisiti metodologici. Questo ruolo di controllo intrinseco al processo richiede, in posizione di osservatore, l’apprezzamento da parte del gruppo di validazione degli orientamenti strategici del processo di bilancio sociale, verificando in particolare la capacità dell’organizzazione di declinare con coerenza sul piano del project management i principi metodologici adottati. È di tutta evidenza che siffatto ruolo di verifica procedurale spetti ad un soggetto dotato, da un lato, di un approccio professionale tipico dell’attività di revisione, sebbene adattato a un diverso contesto, e, dall’altro, di una conoscenza approfondita delle metodologie e dei principi di rendicontazione sociale. La forma di controllo meglio integrata nella filosofia operativa del bilancio sociale e maggiormente idonea ad accrescere l’attendibilità del bilancio sociale stesso è dunque riconducibile in questo ruolo di accompagnamento e di supervisione scientifica svolto dai commercialisti attraverso la validazione professionale di processo. I I I I I I L’intervento La valenza scientifica Il processo di elaborazione del Metodo Piemonte si è realizzato con il costante confronto scientifico con il Dipartimento di Management dell’Università di Torino. Tale impostazione ha seguito un percorso iterativo di enunciazione dei principi e di raccolta delle evidenze empiriche attraverso i casi di studio. Ogni esperienza operativa è stata caratterizzata da proprie specificità che hanno contribuito a implementare il metodo che ha trovato una sintesi nel documento elaborato nel 2010 in collaborazione con la Regione Piemonte. Enti sperimentatori ed esperienze significative Dal punto di vista operativo l’applicazione del Metodo Piemonte ha, altresì, comportato: il coordinamento con i principi guida delle migliori prassi nazionali e internazionali in materia di bilancio sociale che nell’ambito del Metodo Piemonte vengono contestualizzati nella dimensione dell’analisi di processo e declinati alle specifiche realtà aziendali; l’esplicitazione del ruolo del commercialista quale attore nel processo di ricerca scientifica finalizzata all’innovazione del pensiero organizzativo nell’ambito di progetti istituzionali in partnership con il Dipartimento di Management dell’Università di Torino; 23 la “codificazione” di attività e comportamenti sperimentati “sul campo” e finalizzati alla validazione professionale quale elemento innovativo di miglioramento del processo di realizzazione della rendicontazione sociale, attuato tramite il costante confronto tra i principi metodologici e la verifica di processo. Queste le principali esperienze che hanno contribuito alla realizzazione del Metodo Piemonte nell’ambito di aziende pubbliche e private e che sono state caratterizzate da specificità qualificanti ai fini della ricerca scientifica sul processo organizzativo. Bilancio sociale della Città di Torino (2003 - 2004) Prima realizzazione di un modello di rendicontazione sociale nell’ambito di una città metropolitana. Per le sue caratteristiche qualitative il documento venne premiato con l’Oscar di Bilancio della FERPI per l’anno 2003. Come dichiarato dalla Città di Torino, il rapporto con il Dipartimento di Management dell’Università e con l’Ordine di Torino nel processo di realizzazione del bilancio sociale ha consentito di realizzare anche “un momento di crescita per dirigenti e personale coinvolto all’interno dell’Amministrazione comunale”. Bilancio sociale della Città di Rivoli (2003) Sviluppato in contemporanea a quello di Torino, ha realizzato un’esperienza prototipale di bilancio sociale nell’ambito degli enti locali di minori dimensioni. Bilancio sociale della Regione Piemonte (2007 - progetto in corso) Il Bilancio sociale della Regione Piemonte si pone l’obiettivo di dialogare con le amministrazioni pubbliche, con le imprese e con i cittadini, nell’ottica di realizzare, quale esplicita missione dell’ente, un “Piemonte aperto, tollerante e innovativo”. La durata del progetto ha permesso di elaborare il valore scientifico e professionale della ricerca organizzativa e di pubblicare, nel 2010, il “Manuale Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale”, con l’obiettivo di rappresentare la valenza metodologica dell’esperienza vissuta sul campo nell’interazione fra ordine professionale, istituti di ricerca, università e struttura regionale. Bilancio sociale e di mandato (2004-2009) del comune di Rivarossa (2010) Attuazione del progetto di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, in enti locali di piccole dimensioni con una valenza innovativa in quanto riferita all’intero periodo di mandato dell’amministrazione comunale come oggi previsto dall’art. 4 del D.lgs. 149/2011. Bilancio sociale del Consorzio Intercomunale Torinese - CIT (2009-20102011) Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito dei consorzi di funzione degli enti locali. Principale evidenza di processo è stata la rappresentazione sintetica ma completa dell’evoluzione dell’ente in un momento di profondo cambiamento con la descrizione degli scenari di evoluzione in coerenza con l’analisi delle esigenze del sistema degli stakeholder di riferimento. 24 L’intervento Bilancio sociale di Finpiemonte S.p.A. (2010 - progetto in corso) Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle società finanziarie regionali, guidato dalla condivisione, in ogni esercizio, da una metafora profonda caratterizzante le modalità di rendicontazione sociale (dalle persone viste quali risorse al servizio del territorio, alla trasparenza, al ruolo dell’azienda pubblica quale “ponte” fra finanza e società). Bilancio sociale di Finpiemonte Partecipazioni S.p.A. (2010 - progetto in corso) Prototipo di rendicontazione estesa alle società partecipate, secondo il Metodo Piemonte, facendo emergere con l’aiuto di adeguati strumenti di rilevazione, le esternalità prodotte dalle attività aziendali in termini di impatto sociale e salvaguardia ambientale. Bilancio sociale di Enviroment Park S.p.A. (2009 - 2011) Prototipo di applicazione del Metodo Piemonte nell’ambito dell’evoluzione del Bilancio sociale verso il bilancio di sostenibilità, quale strumento ottimale di rendicontazione nell’ambito dei parchi scientifici tecnologici ambientali. Bilancio sociale di Unioncamere Piemonte(2006 - 2012) Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle unioni regionali degli enti camerali, secondo un modello inclusivo di tutte le realtà economiche del territorio di riferimento. Innovazione nei modelli di individuazione e coinvolgimento degli stakeholder territoriali. Progetto in forte sintonia con la vocazione del mondo camerale a diffondere la cultura della responsabilità sociale e della sostenibilità nel mondo economico. Bilancio sociale ASL TO1 (2008-2009) Prototipo di rendicontazione sociale, secondo il Metodo Piemonte, nell’ambito delle aziende sanitari locali. Elemento caratterizzante è stato il processo inclusivo della struttura interna dell’Ente sanitario coinvolta nell’elaborazione dei processi di analisi valutazione e rendicontazione delle attività. Bilancio sociale di Madian Orizzonti onlus (dal 2011 - progetto in corso) Prima sperimentazione del Modello Piemonte in ambito non profit e in particolare per le onlus operanti nel settore degli aiuti umanitari a livello internazionale. Modello di rendicontazione innovativo attento alle attese degli stakeholder e laboratorio di inclusione per i commercialisti dei gruppi di studio che partecipano al progetto. Presentato ufficialmente il 25 marzo 2014 presso l’Università di Torino in occasione della pubblicazione del Manuale del Non Profit edito da Eutekne, in cui il progetto è stato oggetto di un apposito case study nell’ambito del capitolo dedicato ai sistemi di responsabilità sociale. Bilancio sociale della Fondazione CRT (2008) Progetto pilota per il bilancio sociale delle fondazioni bancarie, secondo il Metodo Piemonte, modellato quale evoluzione e innovazione del bilancio di missione. Bilancio di genere della Città di Pinerolo (2007) Progetto pilota per la validazione professionale dei bilanci di genere, realizzato quale rilettura delle dinamiche di responsabilità sociale nell’ambito delle iniziative per l’anno internazionale delle pari opportunità. (3) Il “Metodo Piemonte per il Bilancio Sociale” è scaricabile, sotto forma di manuale, dal sito internet della Regione Piemonte (http://www.regione.piemonte.it/bilanciosocial e/dwd/manuale_metodo_piemonte.pdf) Il Metodo Piemonte è, dunque, uno strumento a disposizione dei Commercialisti per implementare l’innovazione nell’ambito dell’organizzazione aziendale e per continuare a ricercare nuovi strumenti gestionali utili al sistema economico pubblico e privato(3). Vogliamo lavorare per qualcosa, non contro qualcuno. Crediamo che sia giunto il momento di ragionare come una comunità. Servono regole certe, riforme del sistema fiscale e giudiziario. Serve un pensiero tecnico, imparziale, non schierato che affianchi le istituzioni: per lavorare, non più contro qualcuno, ma a favore di tutti. 26 A proposito di continuità aziendale Gianluca Marini Odcec Viterbo In un periodo di crisi, come quello attuale, il tema sta assumendo sempre più rilevanza ell’attuale contesto di crisi numerose società, quotate e non, hanno subìto un progressivo deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie, che si è sostanziato, di norma, nella continua erosione dei margini reddituali e in una situazione di tensione finanziaria, attestata da posizioni debitorie scadute e linee di credito da rinegoziare per il mancato rispetto dei covenants originariamente pattuiti. Le crescenti difficoltà di reperimento di capitale di funzionamento tramite gli ordinari canali ha fatto sì che le società ricorressero ad operazioni di carattere straordinario, quali aumenti di capitale ed integrazioni aziendali, anche per far fronte alle esigenze di finanziamento della gestione aziendale corrente. Lo strumento di norma utilizzato per ripristinare le condizioni di equilibrio economico-patrimonialefinanziario che sono venute meno per effetto dei suddetti accadimenti è il piano di ristrutturazione, che individua gli interventi operativi e strategici e fissa gli obiettivi di risanamento e rilancio dell’azienda, la cui attuazione avviene, sempre più N spesso, nell’ambito degli istituti di composizione della crisi previsti dall’ordinamento. In tale contesto viene ad assumere una grandissima e decisiva rilevanza il tema della continuità aziendale, ovvero della capacità della impresa di continuare ad operare come entità in funzionamento e di produrre risultati positivi e correlati flussi finanziari nel tempo. Prima della crisi, tale fondamentale principio era considerato un presupposto indiscusso e non si poneva l’attenzione circa la sua appropriatezza; solo con il manifestarsi della grave attuale crisi si è iniziato a prestare la dovuta attenzione al concetto di continuità aziendale. Provando a riepilogare i principali destinatari interessati alla continuità aziendale, i primi sono senz’altro i soci o gli azionisti, per i quali tale presupposto è una condizione imprescindibile del loro investimento e degli interventi finanziari a cui, in periodo di crisi, sono sempre più spesso chiamati ad effettuare nell’ambito dei piani di ristrutturazione. Vi è, poi, il management ovvero i soggetti che hanno la responsabilità della gestione dell’azienda e che quindi attivamente contribuiscono al mantenimento o alla perdita della continuità aziendale e che devono effettuare la valutazione specifica in merito a tale presupposto, evidenziando, ove ravvisate, tutte le significative incertezze che possano far sorgere dubbi in merito alla sussistenza della stessa ed individuando le misure idonee per garantirla. Vi sono i soggetti finanziatori, per i quali il presupposto della continuità aziendale è una condizione essenziale per la erogazione del credito, il cui rimborso, al di là delle garanzie ricevute, dipende unicamente proprio dalla capacità dell’impresa di operare in continuità nel tempo, generando flussi reddituali e finanziari positivi ed adeguati per far fronte alle obbligazioni contratte; per gli stessi motivi, vi sono, più in generale, tutti i creditori dell’azienda (fornitori, dipendenti, ecc.). Vi sono, infine, gli organi di controllo, sia interni che esterni all’azienda, per i quali il monitoraggio costante della continuità aziendale rientra nei propri compiti e nei propri doveri. La responsabilità che hanno il collegio sindacale ed il revisore, nell’ambito delle rispettive funzioni e L’intervento quali organi di garanzia, nei confronti dei terzi in merito ad un carente monitoraggio della continuità aziendale è enorme. Tra gli organi di controllo vi sono anche quelli istituzionali di interesse pubblico (quali la Consob e la Banca d’Italia), per i quali il monitoraggio costante della continuità aziendale è indispensabile per garantire la credibilità dei mercati in cui la aziende quotate e le banche e/o gli istituti finanziari operano. La valutazione della continuità aziendale non è sempre agevole e comporta una analisi approfondita di tanti aspetti, sia quantitativi che qualitativi, che variano da caso a caso. In un contesto di crisi come quello attuale, caratterizzato da estrema incertezza e volatilità dei risultati aziendali, occorre tener conto di tutte le informazioni disponibili sul passato e sul futuro e procedere ad una analisi e ad una valutazione dettagliata della redditività attuale ed attesa, dei piani di rimborso dei debiti e delle potenziali fonti di finanziamento alternative. Quando si verificano significative incertezze e seri dubbi sulla capacità dell’azienda di continuare ad operare, queste debbono essere prima tempestivamente individuate e poi adeguatamente evidenziate; dopo di ché il management deve individuare le possibili azioni ed i possibili interventi, operativi e strategici, volte al superamento delle stesse e idonee, quindi, a garantire la continuità aziendale. Si tratta, come è facilmente intuibile, 27 di una verifica di per sé non facile, che tuttavia, nella situazione attuale, diventa ancor più ardua ed espone i soggetti interessati a notevoli responsabilità e rischi. Molteplici sono i motivi che possono compromettere la continuità aziendale e numerosi sono in generale i fattori che possono generare una crisi aziendale, al cui verificarsi diventa necessario procedere tempestivamente ad una corretta individuazione delle sue cause al fine di definire il tipo di intervento da compiere. Non vogliamo entrare in questa sede nel dettaglio dei principali fattori di rischio della continuità aziendale e rimandiamo ai documenti e agli studi esistenti in materia elaborati da autorevoli ed illustri colleghi, che ci limitiamo a richiamare. Prima di tutto, il “documento n. 570 La continuità aziendale - elaborato dal CNDCEC - commissione paritetica per i principi di revisione”, in cui vengono definite le regole di comportamento e fornita una guida per il revisore in merito alla valutazione del presupposto della continuità aziendale; nel documento vengono elencati alcuni esempi di eventi o circostanze che possono comportare rischi per l’impresa connessi all’attività svolta e che, presi singolarmente o nel loro complesso, possono far sorgere significativi dubbi riguardo il presupposto in esame. In particolare, quelli che più comunemente si stanno verificando nel contesto attuale sono: situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o 28 L’intervento di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine; indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori; bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi; principali indici economicofinanziari negativi; consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow; incapacità di saldare i debiti alla scadenza; incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti; capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge. Altro documento importante è quello elaborato dall’Unione Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili del 25 maggio 2010 - “Il principio della continuità aziendale”, ove vengono approfondite le principali modalità operative di svolgimento dell’attività di revisione contabile e definite le linee operative circa la valutazione del presupposto in esame, formulando una check-list operativa ad hoc destinata alla realtà delle Pmi. Vi è poi il documento di ricerca n. 176/2013 della Assirevi, che riporta un’efficace sintesi degli effetti sul giudizio al bilancio emesso dal revisore in presenza di incertezze sulla continuità aziendale. Vi sono, infine, le delibere Consob (tra le altre, comunicazioni n. 9012559 del 6 febbraio 2009 e n. 13028158 del 4 aprile 2013), con cui viene richiamata l’attenzione sulle problematiche connesse alla continuità aziendale e raccomandato l’utilizzo dei principi contabili e delle regole contenute nel citato documento n. 570, individuando, rispetto ad esso, indicatori ulteriori che possono aiutare il revisore ad identificare gli eventi o le circostanze che possono far sorgere dubbi significativi sulla sussistenza di tale presupposto. Gli aspetti su cui si vuole porre l’attenzione nel presente scritto sono i seguenti. A) La continuità aziendale non è evidentemente un fondamentale principio di redazione soltanto del bilancio d’esercizio (e consolidato), bensì di tutti i c.d. “bilanci intermedi”, facendo rientrare in tale definizione ogni situazione economicopatrimoniale e/o ogni prospetto contabile informativo, completo o sintetico, relativo ad un periodo inferiore all’anno. Per “bilancio intermedio” si intende, più in generale, ogni prospetto informativo contabile, anche in forma semplificata, e quindi non necessariamente costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa, riferito ad una data che cade nel corso dell’esercizio e redatto per molteplici finalità, quali ad es. per eventi particolari eccezionali espressamente disciplinati dal codice civile o semplicemente per utilità di informazione o per necessità di dare pubblicità all’andamento aziendale in corso d’anno. I bilanci intermedi sono infatti obbligatori, quando sono prescritti dalle norme di legge e/o da regolamenti o imposti da previsioni contrattuali, e volontari, quando sono redatti per l’esigenza di fornire ai terzi, o anche solo internamente all’azienda per esigenza dell’imprenditore, una informazione limitata ad una porzione dell’esercizio. Riguardo il bilancio d’esercizio, l’art. 2423-bis del codice civile stabilisce che “la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuità aziendale”; il principio contabile internazionale (IAS) 1 - “Presentazione del bilancio” - stabilisce che “Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare ad operare come una entità in funzionamento. Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione non intenda liquidare l’entità o interrompere l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò”. Allo stesso modo, i c.d. “bilanci intermedi” debbono essere redatti nel rispetto delle norme civilistiche sul bilancio d’esercizio, interpretate ed integrate dai principi contabili, nazionali ed internazionali, e pertanto nella prospettiva della continuazione dell’azienda (going concern), salvo ovviamente che risulti la mancanza di tale prospettiva. Questo secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, fatto espressamente proprio dai principi contabili che attengono alla redazione dei bilanci intermedi: l’OIC 30 per quelli nazionali e lo IAS 34 per quelli internazionali. Quanto sopra, con particolare riferimento ai bilanci intermedi, presuppone che ogni valutazione deve essere effettuata basandosi sulla data di riferimento cui si riferisce l’informativa intermedia; pensiamo ad es. alla valutazione che il management deve fare circa la recuperabilità dei beni iscritti nell’attivo patrimoniale (impairment test), che anch’essa L’intervento deve essere accuratamente analizzata applicando principalmente i postulati della prudenza e della continuità aziendale. Ovviamente, sempre con riferimento alla valutazione circa la sussistenza del presupposto della continuità aziendale, maggiore attenzione deve essere posta dal management in sede di redazione di quei bilanci intermedi che hanno una rilevanza esterna ovvero che sono destinati al pubblico o comunque a terzi, i quali su tali valutazioni ripongono affidamento; pensiamo alle relazioni trimestrali e semestrali alla cui redazione e messa a disposizione del pubblico sono tenute le quotate o alle situazioni economico-patrimoniali destinate ai finanziatori in adempimento di un obbligo contrattuale. B) Una particolare riflessione deve essere, poi, fatta in riferimento alle “situazioni patrimoniali” (rientranti anch’esse nella più ampia definizione di “bilanci intermedi”) richieste dal codice civile nel caso di riduzione del capitale sociale (ex artt. 2446-2447 e 2482-bis e ter). Tali disposizioni impongono agli amministratori, quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite (art. 2446/2482-bis) o per effetto delle perdite si riduce al di sotto del minimo legale (art. 2447/2482-ter), di convocare senza indugio l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, alla quale deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale aggiornata, con le osservazioni dell’organo di controllo. Si tratta, purtroppo a causa della attuale grave crisi, di una situazione in cui molte aziende sempre più spesso vengono a trovarsi; il perdurare della crisi economica obbliga, infatti, gli amministratori a considerare la necessità di svalutare nei bilanci (d’esercizio ed intermedi) i beni materiali (mobili e immobili) ed immateriali iscritti nell’attivo patrimoniale, in presenza di una 29 perdita durevole, con effetti negativi sul patrimonio netto aziendale. Con riferimento a tali fattispecie si vuole rilevare che la situazione patrimoniale che gli amministratori debbono redigere (sia per le imprese che adottano i principi contabili nazionali che per i soggetti ias adopter) deve essere redatta nella prospettiva della continuazione dell’attività, salvo che risulti la mancanza della stessa. Il che sta a significare che la perdita del capitale non comporta necessariamente il venir meno della continuità aziendale, ma è semmai un indicatore “significativo” ovvero una incertezza “significativa” circa la sussistenza di tale presupposto, ed al cui verificarsi il management deve senz’altro procedere ad una più rigorosa, attenta e prudente valutazione al fine di determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività resti o meno applicabile. La perdita del capitale sociale determina automaticamente e con efficacia immediata lo scioglimento della società (art. 2484 cod. civ.), salvo che l’assemblea, all’uopo convocata, non provveda alla ricapitalizzazione. Gli amministratori, che al verificarsi di tale situazione conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale (art. 2486 c.c.), dovranno sottoporre all’assemblea una relazione sulla situazione patrimoniale della società, ove devono essere individuate ed illustrate le cause e la natura della crisi e le previsioni dei risultati economici dell’esercizio in corso e dei successivi (attraverso un piano economicofinanziario a medio termine), in modo 30 L’intervento da fornire ai soci i necessari elementi di giudizio ai fini degli interventi sul capitale. Tale situazione patrimoniale va redatta, come detto, nella prospettiva di continuazione dell’attività, a seguito di una valutazione che dovrà, pertanto, essere ancor più rigorosa e prudente, in quanto da effettuare in una situazione di insufficienza patrimoniale e, quindi, caratterizzata da una maggiore incertezza, esponendo gli amministratori e gli organi di controllo ad elevati rischi e responsabilità. Qualora, invece, gli amministratori ritengano mancante tale prospettiva e che, quindi, non vi siano più le condizioni, anche in caso di ricapitalizzazione da parte dei soci, perché l’azienda possa proseguire la sua attività nel normale corso, non rimane altra strada che la messa in liquidazione e/o il ricorso alle procedure concorsuali. C) La verifica ed il monitoraggio circa la sussistenza del presupposto della continuità aziendale non va effettuata dal management soltanto in occasione della redazione dei bilanci d’esercizio ed intermedi, ma deve essere continua e costante nel tempo. Per questo possiamo affermare che la continuità aziendale è un principio fondamentale di buona e corretta amministrazione, che gli amministratori, all’emergere di una situazione di difficoltà e/o di crisi aziendale, debbono sempre tener in debito conto prima di assumere ogni rilevante decisione e il cui mantenimento diventa il loro principale obiettivo. La valutazione del presupposto della continuità aziendale è, pertanto, un processo costante che può anche prescindere dai dati e dalle rilevazioni contabili, potendosi basare su una informativa integrativa che scaturisce da diverse fonti di natura qualitativa e quantitativa. In conclusione, al verificarsi di una crisi aziendale gli amministratori sono chiamati ad effettuare una valutazione circa la sussistenza del presupposto della continuità aziendale e qualora riscontrino significative incertezze che possano comportare seri dubbi sulla capacità dell’azienda di operare in ipotesi di funzionamento, debbono prima di tutto fornire le opportune informazioni nelle note e nelle relazioni al bilancio d’esercizio ed ai bilanci intermedi e poi individuare tempestivamente le necessarie azioni volte ad eliminare e/o a superare tali incertezze ed a ristabilire un equilibrio gestionale economico-patrimoniale e finanziario di medio periodo. Le valutazioni degli amministratori si basano di norma su piani industriali e di rinegoziazione/ristrutturazione del debito e, ove necessario, di disponibilità di fonti finanziarie aggiuntive da parte dei soci. Poiché la crisi d’impresa si accompagna di solito a perdite che riducono il patrimonio netto, ponendo la società nelle condizioni di cui agli articoli 2446-2482 bis o 2447-2482 ter del codice civile, il risanamento deve avvenire in condizioni di corretta gestione societaria e, quindi, nel rispetto delle norme in materia di mantenimento del patrimonio netto minimo di legge, tenendo conto dei doveri e delle limitazioni che conseguono a tale situazione. A tale riguardo, qualora gli amministratori individuino lo strumento idoneo ad affrontare la crisi nell’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis della legge fallimentare, il sesto comma del suddetto articolo, introdotto nel 2012, prevede la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione in caso di una domanda di omologazione dell’accordo o di una proposta di accordo e la inoperatività della causa di scioglimento conseguente alla perdita del capitale (stessi effetti in caso di deposito di una domanda di concordato preventivo). Qualora invece gli amministratori, di fronte ad una crisi aziendale che giudicano irreversibile, ritengono che l’azienda non sia in grado di proseguire nella sua normale attività, non essendovi più i presupposti, l’unica alternativa è di metterla in liquidazione, cessando l’attività ed esponendo il patrimonio residuo in termini liquidatori, e di assoggettarla, ricorrendone i presupposti, alle procedure concorsuali. Si tratta spesso di valutazioni non semplici da fare e di decisioni difficili da prendere, in quanto legate ad eventi e condizioni future di varia natura, e comunque di grande responsabilità per la direzione, gli amministratori e gli organi di controllo, nell’ambito dei rispettivi compiti e ruoli. Fondamentale rilievo assume una tempestiva ed adeguata informativa resa a cura della direzione e degli amministratori in merito alla presenza e alla corretta evidenziazione delle significative incertezze circa la sussistenza del presupposto della continuità aziendale ed alle azioni e agli interventi che la società ha posto ed intende porre in essere per far fronte a tali incertezze, che debbono essere sorrette da valutazioni basate su criteri principalmente di prudenza e ragionevolezza. È tempo di pensare al futuro. Oggi i nostri figli hanno molti dubbi e un’unica convinzione: che in futuro staranno peggio dei loro padri. Il futuro si può, però, ancora cambiare, con regole e scelte che interessino i nostri figli, facendo sacrifici oggi per farne fare meno a loro domani. Trasformando la crisi in opportunità e l’immobilità in ottimismo. 32 Il rendiconto finanziario nei bilanci ordinari Raffaele D’Alessio * Emanuela Mattia Cafaro ** ( ) ( ) L’Organismo Italiano di Contabilità è intervenuto con un nuovo principio contabile a modificare la disciplina previgente in materia di rendiconto finanziario passato oltre un secolo da quando Cole nel 1908 illustrò il primo schema di rendiconto finanziario il “Where-gone Wheregot Statement” ed è servito un principio, l’OIC 10, per far comprendere l’importanza informativa dell’analisi della dinamica finanziaria. Come è noto, il rendiconto finanziario è “il prospetto nel quale sono riassunti i movimenti in entrata ed i movimenti in uscita che spiegano perché determinate risorse finanziarie hanno subito una certa variazione in un dato periodo di tempo”(1). Mediante il rendiconto emerge, dunque, la dinamica finanziaria di una società, determinata sulla base degli andamenti di entrate ed uscite finanziarie e sull’origine delle stesse(2). Queste caratteristiche conferiscono al rendiconto la natura di documento imprescindibile all’interno del bilancio, in quanto capace di completare il contenuto informativo desumibile dallo stato patrimoniale e dal conto economico. Dalla lettura dei due singoli prospetti, infatti, non emerge il raggiungimento È dell’equilibrio, inteso nella sua duplice accezione. La realizzazione dei presupposti di equilibrio economico, che si identificano con una superiorità dei ricavi rispetto ai costi, può essere evinta dalla lettura del prospetto del reddito e, quindi, del conto economico. Ma come verificare la sussistenza delle condizioni che attestano il raggiungimento dell’equilibrio finanziario? Nonostante lo schema di stato patrimoniale contenga alcune informazioni finanziarie (ad esempio in merito alla scadenza dei crediti) esso è pur sempre una grandezza stock, quindi è in grado di rappresentare le informazioni di tipo finanziario esclusivamente in chiave statica. Mette in luce la consistenza patrimoniale in un determinato istante senza che si possa, però, dedurre la variazione che interviene in quella consistenza in un certo lasso di tempo. Esso non consente, quindi, di ( ) * ( evidenziare gli aspetti relativi all’equilibrio finanziario intesi nella loro natura dinamica (Ferrarese) (Caramiello). Ciò rende necessaria la redazione del rendiconto finanziario, quale prospetto indispensabile ad integrare l’informativa presente in bilancio ed in grado di garantire al lettore una “visione dinamica della gestione finanziaria”(3). Data la sua importanza, l’Organismo Italiano di Contabilità ha, recentemente, predisposto un nuovo principio contabile finalizzato a stabilire e disciplinare la modalità di redazione del rendiconto finanziario che ha sostituito le disposizioni dettate dell’OIC 12: “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi”. Rispetto alla precedente formulazione le modificazioni apportate dal nuovo principio possono essere sintetizzate come Professore Associato di Ragioneria Generale e Applicata presso l’Università degli Studi di Salerno, Odcec Avellino **) Dottoranda di Ricerca presso l'Università degli Studi di Salerno L’intervento segue: in primo luogo l’OIC 10 raccomanda la redazione del rendiconto finanziario per tutte le tipologie societarie (indipendentemente dalla dimensione). Al contrario, la vecchia formulazione, prevista dall’OIC 12, ne richiedeva la redazione, ad eccezione delle imprese di minori dimensioni. Anche nella nuova formulazione, l’Organismo Italiano di Contabilità si limita a raccomandare al redattore di bilancio l’inserimento del rendiconto finanziario in Nota integrativa; non considera, dunque, la mancata predisposizione del rendiconto una violazione alla rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria della società. Nell’ambito dei principi contabili internazionali, al contrario, per lo IAS 7, il rendiconto finanziario assurge a ruolo di documento contabile obbligatorio e non di mero allegato. La novità fondamentale di cui l’OIC 10 è fautore rispetto al principio contabile 12 riguarda la risorsa finanziaria assunta come base per la redazione del rendiconto. L’OIC 12, infatti, lasciava al redattore una possibilità di scelta prevedendo due opzioni: era possibile assumere come base per il calcolo del rendiconto le disponibilità liquide ovvero il capitale circolante netto. Con il nuovo principio viene meno tale facoltà e, come è ovvio, l’OIC impone l’utilizzo delle disponibilità liquide, in quanto la risorsa finanziaria di capitale circolante netto è stata considerata obsoleta e incompatibile con le prescrizioni dello IAS 7. In realtà, già da tempo, una consolidata dottrina aveva messo in luce i limiti intrinseci del rendiconto finanziario redatto a capitale circolante netto, sottolineando che all’interno del prospetto a capitale circolante netto non confluiscono una serie di eventi finanziari e le connesse variazioni monetarie e che tutti i movimenti che riguardano l’attivo e il passivo corrente vengono riassunti in un’unica voce: quella del capitale circolante netto, appunto (Coda). L’OIC 10 precisa che, ai fini della redazione del rendiconto, tra le disponibilità liquide vanno compresi anche gli strumenti regolati a vista utilizzati per soddisfare sbilanci di cassa dovuti ad esigenze di breve periodo. Il principio contabile, inoltre, elimina alcune alternative previste dall’OIC 12. Dispone, infatti, che gli interessi pagati e ricevuti debbano essere presentati distintamente tra i flussi finanziari della gestione reddituale e che i dividendi ricevuti e pagati vanno inseriti, i primi nella gestione reddituale e i secondi tra le attività di finanziamento. (1) V. Coda, Il rendiconto finanziario, in Rivista dei Dottori Commercialisti, luglio-agosto 1974, pag. 682. (2) G. Ferrero, Le analisi di bilancio, Giuffrè, Milano, 1961, pag. 109. (3) C. Caramiello, Il rendiconto finanziario, introduzione alla tecnica di redazione, Giuffrè, Milano, 1993, pag. 2. 33 Le imposte per motivi di comparabilità e semplificazione andranno riportate all’interno della gestione reddituale. Altre novità sono rappresentate dalla riformulazione dei concetti di gestione reddituale, attività di finanziamento e attività di investimento e dall’inserimento del generale divieto di compensazione tra flussi finanziari. Si è, inoltre, introdotta la distinzione tra flussi finanziari che derivano dal capitale proprio e dal capitale di debito. Per la classificazione dei flussi finanziari connessi ai derivati di copertura è stato specificato che essi sono presentati nella stessa categoria in cui vengono classificati i flussi dell’elemento coperto. Nonostante il principio contabile non abbia imposto la redazione del rendiconto ha, in ogni caso, sentito l’esigenza di raccomandarne la predisposizione. Ciò implica un ulteriore, indispensabile sforzo per il professionista al fine di garantire il raggiungimento di quella chiarezza informativa tanto auspicata dal 2423 del codice civile a favore di tutti i portatori di interesse e, soprattutto, dell’azienda stessa. 34 La rendicontazione sociale nell’azienda pubblica Giuseppe Iuliano * ( ) Due gli aspetti fondamentali da soddisfare in modo equilibrato: Economicità e Socialità l riconoscimento della dimensione sociale dell’attività aziendale è avvenuto soltanto negli ultimi anni. Le aziende, nel tempo, hanno preso sempre più coscienza del fatto che l’obiettivo di rimunerazione di lungo andare per gli azionisti non è perseguibile massimizzando i “profitti” a breve termine, bensì̀ adottando comportamenti vigili e responsabili nei confronti del mercato che daranno i loro frutti nel lungo periodo. In tale contesto, un numero crescente di imprese ha fatto proprio il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI o Corporate Social Responsibility - CRS), considerandolo come necessario alla creazione di valore e fonte di vantaggi competitivi. Robert E. Freeman, negli anni ‘80, propone la teoria degli stakeholder (ovvero tutti coloro che hanno un interesse, stake, nell’attività d’impresa) e della responsabilità sociale d’impresa dichiarando che è impossibile separare gli effetti I economici da quelli sociali dell’agire dell’azienda e che, quindi, la stessa deve integrare i valori etici nello svolgimento delle proprie attività. Occorre considerare, infatti, che ogni azienda è, al tempo stesso, attore economico e sociale. In questo contesto, riflettere sulla responsabilità sociale d’azienda significa cogliere la funzione sociale della stessa la quale, ovviamente, dipende da quanto il soggetto economico decide di investire nel capitale umano, nella protezione e difesa dell’ambiente naturale, nel rispetto e nella tutela dei diritti civili, nei rapporti di reciproca e proficua soddisfazione con i partner e con i clienti. Nel corso del tempo si è registrato un sempre maggiore interesse anche da parte degli stakeholders affinché il comportamento delle unità produttive, private e pubbliche, considerato nel suo complesso, sia ( ) * socialmente rilevante. Certo, tali comportamenti non si sono sottratti a critiche. In alcuni casi, per dirla con le parole di Friedman, può sembrare che tenere tali comportamenti socialmente rilevanti rappresenti un vincolo dell’attività aziendale, ovvero rappresenti una “tassa imposta agli azionisti”, la rimunerazione dei quali per lungo tempo è stata considerata l’unica e vera finalità da raggiungere. Recenti studi condotti mostrano, invece, che la CSR ha un effetto significativamente positivo sia sulla performance economica sia su quella finanziaria dell’impresa, migliorandone la competitività rispetto alle imprese che non fanno uso di strumenti di corporate responsibility. Quali, allora, gli stakeholder di riferimento? Secondo tale prospettiva, gli stakeholder di riferimento dell’azienda dovrebbero essere Ricercatore di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Salerno L’intervento molteplici. Iniziando dal considerare, dapprima, i dipendenti dell’azienda, allontanandosi, quindi, da una visione shareholder-centrica, se così possiamo definirla. L’azienda può mostrare attenzione verso di essi in vari modi: rispettando i loro diritti, aumentando le misure di sicurezza, offrendo benefit di varia natura compreso un orario di lavoro compatibile con gli impegni familiari oppure con la creazione di un asilo nido aziendale. Tra gli stakeholder di fondamentale importanza con cui si interfaccia l’azienda dobbiamo considerare anche la comunità nei confronti della quale l’azienda può creare o distruggere valore. Lo può fare, per esempio, rispettando o non rispettando l’ambiente, sviluppando programmi di implementazione di nuove tecnologie e usando energia rinnovabile oppure rinunciando a nuovi investimenti affidandosi a tecnologie superate e altamente inquinanti (si veda il caso Ilva). Ovviamente stakeholders sono anche i consumatori e l’azienda può migliorare le caratteristiche dei prodotti in modo da soddisfarli nella massima misura possibile e fidelizzarli grazie a maggiore qualità, migliori garanzie, minor impatto ambientale dei prodotti. Gli strumenti per la rendicontazione sociale Uno degli strumenti di cui si avvale l’azienda che voglia gestire e comunicare la propria dimensione 35 sociale è il bilancio sociale. Quest’ultimo rappresenta, quindi, quel documento che periodicamente le aziende redigono volontariamente, rivolto agli stakeholder e finalizzato a comunicare gli effetti economici, ambientali e sociali dei loro comportamenti. La nascita di un documento ad hoc è dovuta al fatto che rispetto alle esigenze sopra riportate, gli strumenti di rendicontazione tra cui il fascicolo di bilancio previsto dalla normativa civilistica - ancorché rinforzato dalla nuova relazione sulla gestione ex art. 2428 c.c. (come modificato dal d.lgs. 32/2007) - non appaiono del tutto sufficienti da un punto di vista comunicativo, in quanto non mettono in evidenza aspetti non quantificabili in termini monetari. Occorre, inoltre, considerare che la situazione attuale è caratterizzata da una forte diffusione di mezzi di comunicazione di vario tipo che hanno modificato e continuano a modificare l’ambiente sociale e culturale. Questo nuovo ambiente rende molto più facile il giudizio da parte della società, non esistendo un hiding place in cui l’operato dell’azienda è al sicuro da giudizi e controlli sociali. Cosa dire dell’azienda pubblica? Discutere di bilancio sociale nel campo delle organizzazioni che non contemplano la massimizzazione e la distribuzione dell’utile tra le proprie finalità istituzionali appare ancora più delicato. Basti pensare agli enti pubblici, alle diverse organizzazioni (enti di tipo associativo, comitati, fondazioni) che non operano in una “logica di profitto” (i cosiddetti “enti od aziende non profit”). Per l’azienda pubblica e per la totalità 36 L’intervento degli enti pubblici, il discorso appena fatto vale appieno. La riforma della Pubblica amministrazione e le profonde trasformazioni intervenute sul piano culturale e normativo che ne sono derivate, hanno mutato il rapporto tra cittadini e istituzioni. Il nuovo contesto richiede una crescente trasparenza e partecipazione alla vita politica e alla gestione amministrativa da parte della collettività, in modo da consentire ai cittadini di avere una visione complessiva e comprensibile dell’attività amministrativa. Nasce, per l’azienda pubblica, l’esigenza di orientare la gestione, non solo ai risultati finanziari, ma, soprattutto, alla coerenza con il mandato che le viene assegnato. La stessa esigenza vale anche per la PA. La responsabilità sociale tende a coincidere con la responsabilità gestionale e diventa ancora più importante, rispetto alle unità produttive private, assicurare ai propri cittadini che le vie della gestione seguite (allocazione delle risorse, natura dei beni e servizi prodotti, grado di miglioramento del benessere sociale) siano socialmente rilevanti. Considerazione conclusive L’azienda di oggi deve essere capace di soddisfare in modo equilibrato due aspetti fondamentali: l’economicità e la socialità. Il governo aziendale non deve soddisfare, come visto, solo gli interessi dei tradizionali portatori d’interessi (azionisti per le imprese e partiti politici per le amministrazioni pubbliche), ma anche quelli di un pubblico più vasto, tenendo in considerazione, quindi, non solo i risultati economico/finanziari, ma anche quelli socio/ambientali. Concludendo, la gestione della responsabilità sociale poggia su tre “pilastri” ovvero le prospettive economica, etico-sociale e ambientale. L’economicità, quindi, deve essere ancorata ad una matrice umanistico-ambientale, per poter “gestire” la responsabilità sociale dell’azienda. L’integrazione tra la dimensione reddituale e quella socio-politica, espressa in termini di centralità della persona, integrità dell’ambiente, qualità della vita, dovrebbe essere gestita e comunicata da parte dell’azienda. L’azienda, in altre parole, deve poter esprimere comportamenti idonei a soddisfare le aspettative degli stakeholder interni ed esterni. Soltanto facendo ciò, si assicura la possibilità di “perdurare nel tempo” come vuole la migliore tradizione economico aziendale. Se tutti gli stakeholder sono, infatti, soddisfatti in termini di remunerazione - ovvero i lavoratori hanno un salario congruo e una qualità del lavoro soddisfacente, i fornitori vengono pagati rispettando le scadenze, i clienti comprano prodotti che rispecchiano la qualità desiderata, la comunità riconosce un processo produttivo che non alteri l’ambiente, i proprietari ritengono l’utile soddisfacente, e così via - allora i circuiti della produzione potrebbero andare avanti all’infinito. Ciò significa, in definitiva, assicurare la soddisfazione di chi impiega risorse nell’azienda senza pregiudicare i diritti delle future generazioni. Vogliamo dare una mano al Paese. Anzi centodiecimila. Crediamo nell’utilità sociale del pensiero tecnico e che non sia questo il momento di chiedere, ma di dare. E di mettere al servizio della comunità la competenza, la professionalità e l’esperienza dei Commercialisti Italiani. Possiamo essere utili al Paese perché siamo professionisti, vogliamo esserlo perché siamo cittadini. 38 Il bilancio sociale regionale Filippo Carlin Odcec Rovigo, Redattore Rivista Press L’esperienza della Regione Veneto (2003-2009). Un gruppo di lavoro d’eccellenza per un nuovo percorso di rendicontazione l Veneto è stata la prima, tra le regioni d’Italia, a dar vita, tramite un gruppo di lavoro formato da docenti universitari, professionisti e dirigenti regionali, ad una esperienza di Bilancio Sociale applicato alla rendicontazione regionale. L’esperienza è durata dal 2003 al 2009. È stato un percorso graduale per il quale, non essendovi parametri di riferimento, gli esperti hanno dovuto creare un paradigma metodologico al quale uniformare il proprio lavoro. I Le finalità del documento Il Bilancio Sociale è stato inteso come il documento consuntivo attraverso cui l’Ente aveva la possibilità di comunicare, a tutte le categorie interessate, il “valore” che aveva generato per la comunità; e ciò pur “mettendo in mostra” solo una piccola parte del più ampio sistema di documenti con cui la Regione rendiconta la propria gestione. Il valore generato Per mettere in luce al meglio l’operato regionale si è partiti da alcuni concetti basilari: la Regione acquisisce e impiega risorse per lo svolgimento delle proprie funzioni; i processi di organizzazione e di realizzazione delle azioni in favore della comunità si traducono nella creazione di un valore nuovo rispetto alle risorse acquisite; tale valore, non riconducibile esclusivamente ai dati di bilancio, si misura con gli effetti reali generati per la comunità, sia direttamente che indirettamente, attraverso il coinvolgimento di altri soggetti pubblici e privati ai quali la Regione trasferisce risorse finanziarie. Nel Bilancio sociale si analizza, dunque, la “filiera” con la quale la Regione genera valore per la comunità: con la “filiera finanziaria” si è voluto rappresentare il percorso dei flussi finanziari verso i soggetti destinatari dei finanziamenti, mentre attraverso la “filiera dei benefici” si sono identificati i soggetti che effettivamente beneficiano delle utilità generate dai trasferimenti regionali. L’ambito di rendicontazione Il Bilancio sociale ha assunto come aree di rendicontazione tutti gli ambiti di intervento regionale. Pertanto, il contenuto del documento è stato articolato tenendo delle macro-aree di rendicontazione, coerenti con l’articolazione del Programma Regionale di Sviluppo (PRS), ovvero: Persona e famiglia; Territorio ambiente e infrastrutture; Sviluppo economico; Assetto istituzionale e governance. Struttura del documento Coerentemente con le aree d’analisi, il BS della Regione del Veneto si sviluppava in una serie di capitoli in una sequenza “logica” tra loro. Preliminarmente si affrontava il metodo di costruzione del Bilancio sociale, la visione strategica, l’assetto istituzionale ed organizzativo della Regione, poi, utilizzando la metodologia della “filiera del valore”, si evidenziavano le modalità attraverso cui la Regione trasferiva le risorse ed i relativi benefici ai propri interlocutori sociali, corredato dal percorso di dialogo con gli stakeholder e, solo successivamente, si illustravano le azioni di coinvolgimento degli interlocutori sociali. Per finire venivano fornite indicazioni L’intervento 39 Associazioni di categoria, Sindacati dei lavoratori, Rappresentanti delle autonomie funzionali, ecc.. di tipo metodologico volte ad assicurare il collegamento del BS con il Rendiconto generale prodotto dalla Regione. I destinatari del Bilancio sociale Il bilancio sociale “teneva conto” dei cd. Interlocutori sociali ovvero quelle persone, quei gruppi portatori di valori, bisogni, interessi, aspettative nei confronti della Regione del Veneto, secondo la seguente articolazione: beneficiari finali: soggetti cui si rivolgevano le politiche pubbliche e distinguibili nelle macrocategorie “Cittadini” e “Imprese”: identificabili, nel dettaglio, nella comprensione delle attività e degli interventi concretamente realizzati con i contributi regionali; destinatari ultimi dei finanziamenti regionali: ovvero i destinatari dei trasferimenti finanziari provenienti dalla Regione. Essi potevano coincidere, o meno, con i Beneficiari finali delle politiche regionali; attori intermedi della sussidiarietà: soggetti che, anziché trattenere e utilizzare direttamente le risorse finanziarie ricevute dalla Regione, le reimpiegavano a favore di altri soggetti. In tali casi essi svolgevano una funzione intermedia nell’ambito della sussidiarietà, esercitando un ruolo attivo nel definire i reali percettori dei fondi, nonché la quantità di risorse da erogare; interlocutori istituzionali: soggetti che svolgevano un ruolo di rappresentanza di interessi quali Le tappe del progetto Il percorso per la redazione del BS ha avuto, come indicato in precedenza, un approccio graduale chiamato “Verso il Bilancio Sociale”: la pubblicazione del 2004, in riferimento all’anno finanziario 2003, trattando solamente l’aspetto del Capitale Umano, e ciò attesa l’iniziale necessità di “creare” l’aspetto metodologico alla base del progetto; a seguire, nel 2005, al Capitale umano si è aggiunto come nucleo di rendicontazione anche il Welfare sociale. Poi, nel 2006, tale nucleo è stato ulteriormente esteso fino a ricomprendere tutte le aree di rendicontazione regionale, ad esclusione del Welfare Sanità. Il documento del 2006 si è caratterizzato per un’altra grande novità: l’introduzione del Focus, ovvero un approfondimento dedicato ad una tematica specifica. Il primo anno è stato dedicato al “Nuovo turista” con una lettura “trasversale” degli interventi realizzati dalla Regione a supporto, soprattutto, del cosiddetto “turismo emergente”. Nel 2007 il percorso progressivo intrapreso con il progetto “Verso il Bilancio sociale” si è concluso e il documento di rendicontazione sociale della Regione (Bilancio Sociale 2006) si è esteso a tutte le aree di rendicontazione compreso il Welfare Sanità, mentre il Focus è stato rivolto alle “Pari Opportunità per tutti” in corrispondenza dell’Anno europeo dedicato al tema. Nel 2008, il Bilancio sociale 2007 (corredato dal focus dedicato 40 L’intervento La sfida dell’Accountability La centralità della persona Nelle sue varie edizioni, la pubblicazione del Bilancio Sociale della Regione del Veneto, è sempre stata introdotta dalla presentazione del Presidente della Conferenza permanente fra gli Ordini dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezie. Riportiamo di seguito uno stralcio dell’introduzione, alla IV edizione del BS, di Massimo Miani, allora presidente della conferenza, oggi membro del CNDCEC. «La regione del Veneto ha positivamente intrapreso la sfida dell’accountability, volendo “dar conto” della strategia scelta, delle azioni intraprese, degli effetti delle stesse allargando la prospettiva a tutti gli stakeholder rilevanti e tracciando gli effetti di misurazione e rappresentazione… … la finalità che l’Amministrazione Regionale si è preposta, è stata quella di evidenziare come un Bilancio sociale possa tener conto degli obiettivi di carattere generale indicati nella missione dell’ente, individuando i progressi ottenuti e i risultati raggiunti… … questo Bilancio sociale non [deve apparire] solo come strumento di comunicazione ma [deve rappresentare] la logica strategica sottostante l’organizzazione, favorendo la connessione tra principi e politiche dichiarate, scelte effettuate, risorse impiegate, risultati ed effetti ottenuti…». Tratto dall’intervista rilasciata a Il Commercialista Veneto (n. 196/2010), rivista dell’Associazione dei Dottori Commercialisti delle Tre Venezie, dall’Assessore Marialuisa Coppola, Assessore al Bilancio che introdusse, e coltivò durante tutto il suo mandato, la “buona prassi” del Bilancio Sociale alla Regione del Veneto, ora Assessore alle Infrastrutture, Sviluppo Economico, alla Ricerca e all’Innovazione. D. Il Veneto è stata la prima regione a dotarsi di un Bilancio Sociale; Lei è stata una sorta di “pioniere” nel diffondere la buona prassi di amministrare rendicontando come si utilizzano i soldi pubblici. Quanta strada deve essere ancora percorsa per arrivare ad una pubblica amministrazione che sia del tutto trasparente e rispondente alle esigenze e alle domande del singolo? «Potrei dire con orgoglio “in Veneto di strada da percorrere ne è rimasta poca!!!”, ma mi rendo conto che non siamo l’ombelico del mondo. Basta girare per i Ministeri o avvicinarsi all’operato delle commissioni europee per rendersi conto che il principio fondamentale del Bilancio Sociale, cioè la centralità della persona, con i suoi bisogni sociali, economici, culturali, non è spesso il fine della comunicazione politica, ma soltanto il mantra dei convegni e di infinite tavole rotonde o di noiosi libri bianchi, gialli e turchini. Se, come ritengo ed ho sempre ritenuto, la politica è passione, solo attraverso uno strumento come il Bilancio sociale, noi possiamo umanizzare il nostro impegno verso il cittadino. E, visto che parliamo di Bilancio Sociale, vorrei pubblicamente ringraziare la Conferenza del Triveneto, ed in particolare i suoi presidenti che si sono succeduti in questi anni, che ha sempre visto con favore la nostra iniziativa, asseverando la nostra pubblicazione». all’Acqua) assume un particolare significato perché corona un impegno avviato cinque anni prima, rappresentando il documento “a regime” di rendicontazione sociale per contenuti e per metodo. Nel 2009, in prossimità di chiusura dell’ottava legislatura, l’edizione del Bilancio sociale 2008 ha dedicato il Focus annuale ad una visione d’insieme delle attività regionali degli ultimi quattro anni. L’intervento 41 Bilanci integrati sotto osservazione Maurizio Cisi * Laura Corazza ** Simone Domenico Scagnelli *** ( ) ( ) ( ) L’osservatorio su etica aziendale, sostenibilità ambientale e sociale, inseriti nel tema emergente della “Creazione di Valore Condiviso”, monitora le best practices in materia di disclosure delle informazioni non finanziarie, nell’ottica di nuove prospettive per aziende e professionisti nella comunicazione di dati che dimostrino valore condiviso tudiare i fenomeni connessi all’applicazione delle tematiche dell’etica aziendale, della sostenibilità ambientale e sociale, e del tema emergente quello della “Creazione di Valore Condiviso” (CVC). Questi gli interessi dell’Osservatorio sullo Shared Value, nato nel Novembre del 2013 presso il Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino. l. L’Osservatorio (www.center4sharedvalue.org), composto da docenti e studiosi esperienza sui temi di management e sostenibilità sociale ed ambientale, è concentrato attualmente sul modello della Creazione di Valore Condiviso (CVC), che può essere inteso come un rinnovato modo di fare impresa che eleva a livello strategico il raggiungimento degli obiettivi sociali di un’azienda, orientando la strategia della stessa verso la risoluzione di problematiche sociali attraverso il proprio business. Tale teorizzazione è S stata introdotta da Michael Porter e Mark Kramer nel loro articolo apparso nel 2011 sull’Harvard Business Review intitolato “Big Idea: Creating Shared Value”. Secondo Porter e Kramer (2011), affinché la strategia CVC venga incorporata in tutte le componenti in cui l’azienda è in grado di creare valore, è fondamentale che sia guidata all’interno dell’organizzazione attraverso un approccio top-down, che integri e faccia dialogare gli aspetti di: (i) compliance legale, etica e sociale, (ii) reporting tipici dell’approccio triple bottom-line (reporting finanziario, ambientale e sociale) (Elkington,1997), sui cambiamenti reali apportati a livello manageriale (iii) sui diversi processi, ( ) * ( **) ( ***) l’organizzazione e la comunicazione. Questo approccio permette all’azienda di integrare questi tre ambiti, solitamente trattati a compartimenti stagni dalla dottrina manageriale, così da sviluppare valore da condividere all’esterno dei suoi confini. Un’opportunità per le aziende, ma anche una sfida professionale interessante per i commercialisti che possono contribuire alla promozione e alla redazione di documenti che dimostrino la creazione di valore condiviso. (Figura 1) L’Osservatorio monitora le best practices in materia di disclosure delle informazioni non finanziarie. Per questo tiene sotto controllo l’universo delle aziende che redigono un report di sostenibilità GRI (Global Reporting Initiative) o un bilancio integrato IIRC Professore associato, Scuola di Management ed Economia, Dipartimento di Management, Università degli Studi di Torino Dottorando, Facoltà di Economia, Università di Torino Professore Aggregato di Economia Aziendale, Dipartimento di Management, Università degli Studi di Torino 42 L’intervento VA LO RE RE LO VA REPORTING COMPLIANCE ETICA Certificazioni STRATEGIA VALORE VALORE LEGGE MANAGEMENT PROCESSI CONTROLLO RE LO VA Comunicazione VA LO RE Figura 1 Una strategia focalizzata alla creazione di valore condiviso guida ed integra gli ambiti manageriali, del reporting e della compliance (International Integrated Reporting Council). Le linee guida del GRI (Global Reporting Initiative) definiscono il Sustainability report come quel bilancio pubblicato da un’organizzazione o azienda che contiene informazioni sugli impatti economici, ambientali e sociali causati dalla sua attività quotidiana. Le aziende e le organizzazioni sentono la necessità, per creare valore nel lungo periodo, di misurare e comunicare le performance rispetto all’obiettivo dello sviluppo sostenibile, e di assumersi le responsabilità nei confronti di stakeholder sia interni sia esterni. Il bilancio di sostenibilità ha lo scopo di rendere trasparente la sostenibilità delle attività svolte da un’organizzazione, agli occhi di tutti i suoi stakeholder. Tale report deve fornire una rappresentazione equilibrata e corretta delle performance ambientali, sociali e finanziarie di un’organizzazione, tenendo conto di tutti gli impatti positivi e/o negativi generati dalla sua attività. Il report di sostenibilità illustra i risultati e gli effetti relativi agli impegni, alla strategia e alla modalità di gestione dell’organizzazione, sotto i diversi punti di vista prima citati. Le Linee Guida del GRI sono diventate di fatto lo standard più utilizzato per la redazione del bilancio di sostenibilità, grazie alla loro credibilità, coerenza e comparabilità. Il Report di Sostenibilità serve ad esempio: A confrontarsi con le altre organizzazioni per analizzare e valutare le performance di sostenibilità rispetto a quanto previsto da leggi, norme, codici, standard su base volontaria; A dimostrare in che modo l’organizzazione influenza ed è influenzata dalle aspettative in tema di sostenibilità; http://www.cocacolacompany.com/sustainabilityreport/ Danone: http://www.danone.com/en/forall/mission-strategy/our-strategy/asustainable-food-chain/ Diageo: http://www.diageo.com/enrow/CSR/Pages/default.aspx Enel: http://www.enel.com/itIT/doc/report_2012/enel_sustainabi lity_report_2012.pdf Hsbc: http://www.hsbc.com/citizenship/s ustainability/reports-anddownloads Hyundai: http://worldwide.hyundai.com/WW /Corporate/CorporateInformation/ CSR/index.html IntesaSanPaolo: A confrontare la performance nel corso del tempo sia internamente sia esternamente, cioè con altre organizzazioni. http://www.group.intesasanpaolo.com/s criptIsir0/si09/sostenibilita/eng_wp_ sostenibilita.jsp Pirelli: http://www.pirelli.com/corporate/it /sustainability/default.html Il Bilancio Integrato (Integrated Reporting, IR) rappresenta la nuova frontiera della rendicontazione, che si Chi lo fa? Ecco alcuni esempi di aziende che redigono il bilancio di sostenibilità: Coca-Cola: L’intervento propone di legare il tradizionale Bilancio Consolidato con la reportistica di Sostenibilità, inserendo all’interno dei risultati aziendali i dati relativi alle performance legate alla Creazione di Valore. Per “Integrated Reporting” si intende un nuovo approccio alla rendicontazione aziendale che dimostra il legame tra la strategia, le performance finanziarie e il contesto sociale, ambientale ed economico all'interno del quale opera l'organizzazione. Attraverso tale strumento l’azienda comunica i propri valori e le proprie decisioni ai suoi stakeholder in modo sintetico ed esauriente. Questo tipo di approccio, che è ancora in fase di definizione a livello internazionale, richiede di documentare i risultati finanziari, ambientali, sociali e di governance attraverso un unico strumento, con l’obiettivo di aumentare la trasparenza nei confronti di tutta la collettività e tutti gli stakeholder. Gli obiettivi del bilancio integrato possono essere così riassunti: Migliorare la qualità delle informazioni a disposizione degli investitori, al fine di permettere loro di allocare il capitale in modo più efficiente e produttivo; Promuovere un approccio alla contabilità aziendale più efficiente, che evidenzi i nessi logici fra le componenti economico-finanziarie e tutti quei fattori che hanno influenza sulla creazione di valore dell’organizzazione; Allargare la contabilità e l’amministrazione a tutte le tipologie di capitale (capitale finanziario, umano, intellettuale, sociale, relazionale e naturale) e far comprendere l’importanza della loro interdipendenza; Sostenere un modo di pensare integrato, prendere decisioni ed intraprendere azioni che si focalizzino sulla creazione di valore nel breve, medio e lungo periodo. È necessario comprendere che, con la redazione del Bilancio Integrato, non si tratta di produrre più informazioni, ma di evidenziare le relazioni tra le variabili non solo economiche, andando oltre al concetto dei Bilanci tradizionali, creando quindi un Bilancio migliore. In questo modo l’organizzazione comunica più efficacemente la sua identità, il suo ruolo e il suo valore agli stakeholder. L’IR è una combinazione di sinteticità, enfasi sulla strategia di corporate, orientamento al futuro, sistemi informativi integrati, gestione dei diversi capitali e delle loro interdipendenze: tutto ciò deve diventare la base del pensiero integrato di tutta l’organizzazione. Il Reporting Integrato porterà alla contabilità aziendale un’ondata di innovazione a livello globale. Chi lo fa? Alcuni esempi di aziende che redigono annualmente il Bilancio Integrato sono: Atlantia: http://www.atlantia.it/en/sustainabi lity/integrated-report.html Exxaro: http://www.exxaroreports.co.za/reports/ar_2012/integ rated/pro-intro.php Gold Fields: http://www.goldfields.co.za/reports /2012/ir.pdf Liberty Holdings: http://liberty.investoreports.com/li berty_iar_2012/ 43 Masisa: http://www.masisa.com/medios/arc hivos/Informe-Masisa-2012INGLES.pdf Nedbank Group Limited: http://www.nedbankgroup.co.za/fin ancial/Nedbank_ar2012/ Royal DSM: http://annualreport2012.dsm.com/p ages/EN/Homepage.html Sasol: http://www.sasol.co.za/investorcentre/publications/integrated-repo rt-1 Transnet: http://overendstudio.co.za/online_r eports/transnet_ar2013/index.php Truworths: http://www.truworths.co.za/annual report2012/ Vodacom: http://www.vodacom.com/com/abo utus/integratedreports Wilderness Holdings: http://www.wildernessholdings.co m/investor_centre/presentations/a nnual_reports Anas: http://www.stradeanas.it/index.php ?/content/index/arg/bilancio_integr ato Banca Popolare Etica: http://www.bancaetica.it/sites/banc aetica.it/files/web/bilanci/DOSS_1_ BILANCIO_INTEGRATO_totaleLO W.pdf Schiphol: http://www.annualreportschiphol.c om/results/sustainableperformance Smithfield: http://files.shareholder.com/downl oads/SFD/2747261510x0x590240/F 33D665C-409C-4825-A50ED7F90C10F399/smi_integrated_12. pdf. 44 La responsabilità sociale come leva per il successo dell’impresa Cristiana Rogate Amministratore Refe - Strategie di Sviluppo Responsabile L’adozione del report di sostenibilità è lo strumento principe per verificare in modo puntuale i risultati e gli effetti delle attività aziendali al suo interno e nei rapporti con l’esterno ormai chiaro che la complessità della fase attuale chiede di ripensare profondamente le “regole del gioco” del mercato, i modelli di governance dell’impresa, prassi e sistemi gestionali e comunicativi, che rimettano al centro la qualità delle relazioni con gli stakeholder interni ed esterni in un’ottica strategica. Tuttavia, nonostante il perdurare della crisi e una normativa europea e italiana sempre più attenta, l’approccio delle imprese italiane ai temi della trasparenza, della responsabilità e dell’accountability è ancora, in molti casi, formale e burocratico. È RSI e normativa D.lgs. 231/01 prevede la responsabilità diretta dell’azienda per oltre 100 reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio; l’impresa si esime da tale responsabilità se dimostra la presenza di un Modello organizzativo teso alla prevenzione dei reati. DM 3.12.2010 L’Inail premia con uno "sconto" denominato "oscillazione per prevenzione" (OT24), le aziende, operative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla legge. DM 57/2014 introduce il rating di legalità, un sistema premiante nell’accesso al credito privato e a contributi o finanziamenti pubblici rivolto alle aziende (con un fatturato superiore a 2 mln euro) che adottano strumenti di RSI e di prevenzione. La Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici che considera i sistemi di governance e management finalizzati all’etica o al rispetto della legalità come criterio preferenziale per l’attribuzione di incarichi o appalti pubblici; nell’individuare l’offerta più vantaggiosa la PA può considerare anche il rapporto qualità/prezzo, anche con riferimento ad aspetti qualitativi sociali e ambientali. La nuova Direttiva UE in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune società e di taluni gruppi di grandi dimensioni, attualmente in attesa di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; essa prevede che le imprese con più di 500 dipendenti forniscano informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività. Le nuove norme organizzative internazionali, in fase di prossima emanazione, UNI EN ISO L’intervento 9001:2015 14001:2015 e BS OHSAS 18001:2015 che prevedono l’integrazione piena di qualità/ambiente/sicurezza nella pianificazione strategica, l’orientamento agli stakeholder, il potenziamento delle attività di comunicazione esterna. In realtà, la Responsabilità Sociale - se bene applicata - può rappresentare una leva di innovazione continua su più dimensioni, interne ed esterne: mission-vision-strategy (MVS), sistemi di controllo e reporting, governance e benessere organizzativo, innovazioni di prodotto e processo e supply chain, marketing e stakeholder dialogue. Questo favorendo la crescita di una nuova cultura d’impresa e qualificando il posizionamento e la brand reputation nei confronti di un mercato sempre più evoluto, consapevole ed esigente. Alcuni esempi possono essere utili a chiarire la funzione strategica della RSI. Un primo elemento è la costruzione condivisa ai diversi livelli dell’impresa di una strategia chiara e verificabile che non sia orientata alla sola efficacia gestionale interna, ma si declini in una logica di efficacia sociale, ossia esprimendo i benefici e le utilità che si intendono produrre per il consumatore e la collettività. Per indirizzare di fatto le scelte e le attività dell’impresa la strategia deve essere collegata ad un sistema di misurazione multidimensionale economico, sociale e ambientale; percepito e reale; qualitativo e quantitativo - per monitorare in modo puntuale e strutturato l’attuazione della strategia. Timberland ha costruito un Green 45 Index volto a misurare e comunicare l’impatto dei propri prodotti sull’ambiente. Il Green Index viene calcolato come media tra 3 fattori: l’impatto climatico in termini emissioni di gas serra derivante dalla produzione di ogni singolo materiale in ciascuna fase del ciclo produttivo; i prodotti chimici utilizzati per migliorare la performance e l’estetica dei prodotti finali; il consumo delle risorse idriche e di suolo. A partire dal Green Index, nel 2012 è stato sviluppato, a cura di un gruppo composto da manifatture di abbigliamento, produttori di scarpe, commercianti, fornitori ed esperti, l’Higg Index che intende misurare l’impatto sociale e ambientale dei prodotti di abbigliamento. Essendo in grado di quantificare tali impatti, 46 L’intervento le aziende potranno utilizzare i dati per prendere decisioni consapevoli ad esempio sulla gestione della propria supply chain e soprattutto ridurre i danni causati sull’ambiente. Efficacia e credibilità si costruiscono all’interno prima ancora che all’esterno: il rafforzamento della motivazione e del senso di appartenenza del personale, la convergenza verso gli obiettivi e le strategie aziendali, l’aumento del benessere organizzativo e lo sviluppo del capitale intellettuale migliorano la qualità della produzione e del servizio al cliente e producono innovazione. Due leve particolarmente efficaci per raggiungere questi risultati sono la formazione e la condivisione delle scelte e dei risultati aziendali con le risorse interne. Ferrari investe nella motivazione, nel coinvolgimento e nella valorizzazione del personale, con l’obiettivo di massimizzare soddisfazione individuale e risultati di gruppo. La crescita interna viene definita tramite un annuale sistema di valutazione che coinvolge tutto il personale, basato su: risultati individuali, attuazione di comportamenti organizzativi coerenti allo stile e ai valori aziendali, conoscenze professionali, assessment di valutazione del potenziale. Per i migliori sono definiti piani di carriera personali. Vengono inoltre erogati a titolo gratuito per i dipendenti alcuni servizi di formazione extraprofessionale quali corsi informatici, corsi tecnici, corsi linguistici e di comunicazione. Completano il quadro dei servizi a disposizione dei dipendenti quelli offerti dal Centro Benessere e dal Service Point Ferrari (Ferrari Card, Agenzia viaggi, agenzia immobiliare, servizio foto, takeaway, spesa on-line, banca online, ticketing e virtual shop). Il livello di soddisfazione del personale è verificato annualmente tramite un’indagine, i cui risultati eccellenti sono confermati dal tasso di assenteismo e dal turnover eccezionalmente bassi (attorno al 3%), dalla produttività e dal contributo dei dipendenti all’innovazione. Nel 2014 la Ferrari si conferma l’azienda più ambita in Europa dai neolaureati. Per quanto riguarda il rapporto con l’esterno, i percorsi di RSI comportano il ripensamento dei sistemi di reporting e dei processi, canali e strumenti di comunicazione. In particolare la disclosure dell’informativa aziendale, di natura contabile e non, permette di misurare e comunicare la performance economica, sociale e ambientale conseguita. Una forma di rendicontazione più evoluta (report di sostenibilità) che supporta le decisioni del board e soddisfa le esigenze informative dei soggetti esterni, rafforzando la fiducia nei confronti dell’azienda, la sua credibilità e reputazione. Tutto ciò nella prospettiva di sviluppare modalità e strumenti che permettano una comunicazione trasparente dell’utilità prodotta per gli stakeholder interni ed esterni, ottenendo dei feed back utili a riorientare strategia e gestione, rendendole più aderenti alle attese del mercato. Barilla, al fine di assicurare all’azienda un confronto costante con una rappresentanza strutturata di stakeholder sui temi della sostenibilità, convoca 2 volte l’anno un panel permanente di stakeholder, oltre 150, chiamato ad esprimere il proprio parere sul percorso di sostenibilità dell’azienda. L’ascolto avviene anche tramite il web: Barilla infatti ha creato lo spazio interattivo “Nel mulino che vorrei” in cui le persone possono porre domande, Indagine Nielsen “DOING WELL BY DOING GOOD» Giugno 2014 67% preferisce lavorare per le aziende socialmente responsabili 55% può pagare di più per prodotti e servizi da aziende impegnate su tematiche sociali e ambientali 52% ha effettuato almeno un acquisto negli ultimi sei mesi da una o più imprese socialmente responsabili 52% controlla la confezione del prodotto al fine di limitare l’impatto ambientale 49% svolge attività di volontario o effettua donazioni a organizzazioni impegnate in programmi sociali e ambientali evidenziare punti critici e segnalazioni o formulare proposte. Dal 2009 al 2012 sono state raccolte oltre 10.000 proposte. In più di quindici anni di esperienza su progetti innovativi di trasparenza e responsabilità sociale, ho verificato che il report di sostenibilità rappresenta lo strumento principe per conseguire, in un unico percorso integrato e snello, la maggior parte dei risultati sopra citati. Il report di sostenibilità è infatti un processo prima ancora di un documento, che, se sviluppato secondo il metodo Rendersi conto per rendere conto®, produce un cambiamento durevole all’interno dell’organizzazione e nei L’intervento suoi rapporti con l’esterno. La sua adozione comporta l’attivazione di un percorso di analisi interna (il rendersi conto) per verificare in modo puntuale risultati, effetti e impatti delle scelte e delle attività aziendali sui diversi stakeholder e la conseguente comunicazione esterna (il rendere conto) per far conoscere in modo chiaro ed incisivo gli elementi distintivi dell’azienda, la value proposition e gli asset intangibili. Questo metodo consente di individuare e superare le opacità che minano la competitività, la credibilità delle imprese e la capacità di attrarre investimenti. Se ciò vale per le imprese, è ancor più vero per le organizzazioni non profit e le istituzioni pubbliche, per le quali il significato di responsabilità sociale è intrinsecamente connesso con la loro stessa ragion d’essere: sono infatti organizzazioni che condividono una missione sociale (tutela e promozione dei diritti, risposta a bisogni, produzione di beni sociali) e che ricevono in vario modo una delega fiduciaria da parte dei cittadini, degli associati o dei sostenitori e finanziatori pubblici e privati. Non a caso, la recente riforma del Terzo Settore nei principi sancisce la necessità di prevedere una disciplina degli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza nei confronti degli associati e dei terzi […] e di individuare specifiche modalità di verifica dell’attività svolta e delle finalità perseguite. Un grande contributo all’efficacia del report di sostenibilità come strumento di verifica interna e di comunicazione con l’esterno è dato 47 dal web, che ne aumenta l’immediatezza, l’interattività, la diffusione ad ampio raggio coniugando - a proposito di coerenza l’efficienza economica e ambientale. Auspico quindi la diffusione di un approccio più maturo alla RSI e di percorsi rigorosi, credibili ed efficaci di responsabilità e rendicontazione sociale da parte di imprese, istituzioni pubbliche, organizzazioni non profit e associazioni di rappresentanza, contribuendo a non sprecare le potenzialità insite in questi processi e a consolidare una cultura organizzativa che permetta di rispondere con coerenza alla mission, ai valori e al disegno strategico dichiarati; con efficacia sempre crescente alle legittime aspettative dei diversi stakeholder; con trasparenza del valore economico, sociale e ambientale prodotto. 48 Il primo bilancio di responsabilità sociale del corpo diplomatico estero operante in Italia l Rapporto che la Federazione Nazionale Consoli (FENCO) ha elaborato a seguito di un interessante questionario indirizzato ad un campione assolutamente significativo dei Consoli(1) in Italia, costituisce un primo tentativo di valutare sotto i vari profili l’attività svolta da un Corpo Consolare che, soprattutto nel nostro Paese, svolge compiti di grande rilievo. I Macroregione Uffici Consolari Rip.ne Nord Ovest 177 28% Nord Est 136 21% Centro 118 18% Sud e isole 209 33% Totale complessivo 640 100% tavola 1 diffusione geografica Questa pubblicazione contiene un’approfondita riflessione sugli aspetti che dovrebbero essere maggiormente messi in evidenza nell’attività consolare perché più innovativi, ma sottolinea altresì quanto sia differenziata la percezione delle varie Autorità locali sui compiti di questa categoria, e al tempo stesso fa presente i diversi modi in cui viene interpretato, da un Agente all’altro, il ruolo del Console. Uffici Consolari Paesi Rip.ne Agenzia Consolare 1 0% Agenzia Consolare Onoraria 4 1% Consolato Generale Onorario 79 12% Consolato Onorario 550 86% Vice Consolato Onorario Totale complessivo 6 1% 640 100% tavola 2 tipizzazione delle postazioni consolari Per questo motivo la FENCO si propone di illustrare agli uni e agli altri, siano essi Autorità locali o Agenti consolari, come meglio rispondere alle attese non solo del Paese inviante, ma anche di quello ricevente. Obiettivo, tutt’altro che secondario di questa pubblicazione, è quello di capovolgere la piramide delle priorità. Troppo spesso, infatti, gli incontri delle categorie consolari hanno per oggetto i privilegi e le immunità e questo non giova certo alla comprensione e alla definizione dei compiti(2) che i Consoli Onorari sono chiamati a svolgere, soprattutto in un momento in cui i Consoli di carriera sono sempre meno numerosi(3) (Slide 1). Nel dialogo con il Ministero degli Affari Esteri e altre Autorità dello Stato e degli Enti territoriali occorrerà pertanto sottolineare l’importanza del ruolo e dei compiti svolti dai Consoli, mettendo in secondo piano gli aspetti rivendicativi che pure hanno la loro importanza, ma che certamente non possono avere la precedenza sui primi. Lo spirito di servizio deve prevalere sulle prerogative di immunità e privilegi. Ricordo a questo proposito che la FENCO ha creato quattro Gruppi di lavoro: il primo riguarda le varie attività che i Consoli Onorari sono chiamati a svolgere sia con gli esponenti del mondo economico, produttivo e culturale sia con le comunità presenti sul territorio (Slide 2); il secondo sta approfondendo gli aspetti giuridici legati alla figura del Console sotto la guida del professor Carlo Curti Gialdino, docente di Diritto diplomatico e consolare presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Le norme in vigore risalgono infatti alla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Consolari del 1963, quando i 49 (Slide 1) (Slide 2) Qual è la tua attività economica? 43,2% Impiegato Ente Privato La rappresentazione dell’economia mondiale 23.070 miliardi di S Pil dei Paesi rappresentati Imprenditore 31,7% 23,0% Professionista Pensionato 2,2% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90%100% rapporti internazionali e le comunità straniere presenti in Italia erano molto diverse da quelle di oggi e vanno inoltre lette anche alla luce della prassi e della giurisprudenza successive; un terzo Gruppo di lavoro si propone di armonizzare il trattamento riservato ai Consoli dalle diverse Autorità regionali e comunali nei vari campi di loro competenza, ampliando ed estendendone l’azione in base alle comparazioni tra quanto accade nelle varie città, provincie e regioni e lo statuto riservato ai Consoli Onorari dai principali Paesi; un quarto Gruppo di lavoro dovrà intensificare i rapporti con la Federation of European Associations of (1) Pil dei Paesi non rappresentati 55.327 miliardi di S tavola 3 Considerando un Pil mondiale di 78.397 miliardi di dollari (2011), i Paesi rappresentati contano 55.327 miliari di dollari, vale a dire circa il 71% dell'economia mondiale. Honorary Consuls e con la World Federation of Consuls. Aver impostato in questo modo l’intera problematica dei Consoli ha già consentito alla FENCO di entrare a far parte a pieno titolo della World Federation of Consuls (FICAC) e della Federation of European Associations of Honorary Consuls - F.U.E.C.H. i cui Consigli Direttivi hanno molto apprezzato l’approccio innovativo e il metodo sistematico di lavoro adottati. Occorrerà pertanto continuare in questa direzione, sottolineando l’importanza delle attività che i Consoli Onorari, seguendo la falsariga dei Consoli di carriera, possono efficacemente svolgere a vantaggio del Paese inviante e del Paese ricevente. L’istituzione consolare (o consolato) è una figura giuridico-internazionale che consiste nello stabilimento di un organo dell’amministrazione pubblica di uno Stato (ufficio consolare) in un altro Stato, con il consenso di questo, avente il compito di tutelare i connazionali, nelle forme autorizzate dallo Stato di residenza e secondo le convenzioni internazionali, prestando loro assistenza e protezione e facilitandone l’esercizio dei diritti di cittadinanza mediante gli atti previsti dal proprio ordinamento giuridico. Può occuparsi, altresì, degli interessi iure gestionis dello Stato di invio, nonché svolgere le attività sollecitate dagli organi dello Stato di residenza. (2) Le funzioni consolari sono molteplici e varie. PROSPERO FEDOZZI (1872-1934), giurista internazionale dei primi del Novecento, nella terza edizione (1934) del suo Corso di diritto internazionale, riferendosi alle funzioni del console e paragonandole a quelle svolte da soggetti diversi nell’ordinamento italiano scrisse che “il console è all’estero quello che all’interno sono, contemporaneamente, per i cittadini e per lo Stato stesso, il prefetto ed il questore, il notaio e l’ufficiale di stato civile, il capitano di porto ed il provveditore agli studi“ (oggi dirigente generale dell’Ufficio scolastico regionale). (3) GIUSEPPE BISCOTTINI (1909-1992), giurista internazionale del Novecento, nel tomo secondo della sua opera fondamentale sul Diritto amministrativo internazionale (1966), ha efficacemente rilevato che, a motivo dell’evoluzione nel tempo dei campi di attività del console, “l’istituto consolare si presenta, perciò, come una specie di caleidoscopio, in cui le immagini si compongono e mutano nelle forme più diverse al più lieve spostamento. E, come nel caleidoscopio le figure che noi osserviamo sono determinate da frammenti di diverso colore, così nella missione del Console si intersecano le diverse funzioni di cui si è detto e, spesso, chi si accinge all’analisi resta attratto or da questa or da quella componente, ma perde di vista l’armonia della composizione”. 50 Primo Piano L’opportunità fiscale nella Mediazione Civile e Commerciale di Luca Santi Odcec di Verona La prima parte del presente intervento ha analizzato la disciplina fiscale agevolativa contenuta nella mediazione civile e commerciale (v. Press n. 70/2014), la seconda, più tecnica, riguarda l’applicazione pratica dei benefici fiscali sulle imposte dirette. Come già analizzato, a seconda del soggetto percipiente, per il credito d’imposta dovrà essere compilato un diverso quadro della dichiarazione dei redditi. La norma (al comma 4) distingue fra soggetti esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo in senso lato e persone fisiche non titolari di tali redditi. Per maggiore precisione occorrerà distinguere fra persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o professionale (cd. Privati cittadini), persone fisiche titolari di reddito d’impresa, persone fisiche titolari di reddito professionale, società di persone, società di capitali ed Enti non commerciali. Il credito d’imposta non consente rimborsi monetari ma l’usufruibilità è consentita esclusivamente in compensazione a detrazione di altre imposte. Persone fisiche non titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo Per questa tipologia di soggetti occorre fare riferimento alle istruzioni di Unico 2014 (fascicolo 1) che alla SEZIONE VI - Credito d’imposta mediazioni per la conciliazione delle controversie civili e commerciali chiariscono che per le parti che si sono avvalse della mediazione è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione (decreto legislativo 5 marzo 2010, n. 28). L’importo del credito d’imposta spettante risulta dalla comunicazione trasmessa all’interessato dal Ministero della giustizia entro il 30 maggio di ciascun anno. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a partire dalla data di ricevimento della predetta comunicazione. Se la comunicazione è pervenuta in data successiva alla presentazione della dichiarazione dei redditi, il credito d’imposta può essere indicato nella dichiarazione relativa all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione. Il credito d’imposta può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi. Il corretto rigo da compilare in dichiarazione è il seguente: Dove in Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione): indicare il credito d’imposta che non ha trovato capienza nell’imposta che risulta dalla precedente dichiarazione e che è riportato nel rigo 135 del prospetto di liquidazione (Mod. 730-3) del Mod. 730/2013, o quello indicato nel rigo RN43, col.5, del quadro RN del Mod. UNICO PF 2013. In Colonna 2 (Credito anno 2011) riportare l’importo del credito d’imposta risultante dalla comunicazione ricevuta dal Ministero della giustizia relativa alle mediazioni concluse nell’anno 2013. In Colonna 2 (di cui compensato in F24) indicare il credito d’imposta utilizzato in compensazione nel modello F24 fino alla data di presentazione della dichiarazione. L’eventuale credito residuo non utilizzato in compensazione verticale dovrà essere indicato al rigo RN24: Crediti d’imposta che generano residui. Rigo RN24 Colonna 4 (Credito d’imposta mediazioni per la conciliazione di controversie civili e commerciali). Compilare questa colonna se si intende utilizzare in diminuzione dall’Irpef il credito d’imposta relativo alla mediazione per la conciliazione di controversie civili e commerciali indicato nella col. 2 del rigo CR13 e il credito d’imposta che non ha trovato capienza nell’imposta Primo Piano risultante dalla precedente dichiarazione (indicato nella colonna 1 del rigo CR13), diminuiti dell’importo eventualmente utilizzato in compensazione nel mod. F24 ed esposto nella colonna 3. Per determinare l’eventuale quota del credito che non trova capienza nell’imposta lorda, si rinvia alle istruzioni fornite al rigo RN43 (Residuo delle deduzioni), che, per esaustività, si riporta. Rigo RN43 Residuo delle deduzioni 1. Residuo della detrazione di cui al rigo RN23 e dei crediti di cui al rigo RN24 Ai fini della determinazione dei residui e dei crediti d’imposta di cui ai righi RN23 e RN24 (col. 1, 2, 3 e 4) calcolare la differenza tra l’ammontare dell’imposta lorda, indicata nel rigo RN5 e la somma delle detrazioni indicate nel rigo RN22. Se tale differenza è superiore o uguale all’importo delle detrazioni indicate nel rigo RN25, il presente rigo non deve essere compilato. Se invece tale differenza è inferiore all’importo del rigo RN25, per ciascuna detrazione o credito esposto nei righi RN23 e RN24 indicare nella relativa colonna del rigo RN43 il corrispondente ammontare che non ha trovato capienza nell’imposta lorda. Qualora risultino compilati sia il rigo RN6 colonna 3 (ulteriore detrazione per figli a carico) che il rigo RN23 (detrazione spese sanitarie per determinate patologie) per la determinazione dell’importo da indicare nella colonna 1 del rigo RN43 si rimanda alle indicazioni fornite con riferimento al rigo RN29. In caso di mancata ripartizione in quattro rate delle spese sanitarie, l’importo residuo esposto nella colonna 1 del rigo RN43 costituisce la parte di detrazione che, non avendo trovato capienza nell’imposta lorda, può essere trasferita al familiare che ha sostenuto, nel vostro interesse, le spese sanitarie per particolari patologie che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria pubblica. In questo caso il familiare che ha sostenuto le spese può indicare nella propria dichiarazione dei redditi al rigo RP2 l’importo da voi indicato nella colonna 1 del rigo RN43 diviso 0,19. L’importo residuo esposto nelle colonne da 2 a 9 di questo rigo sarà utilizzabile nella prossima dichiarazione, oppure, tramite delega di pagamento modello F24, in compensazione delle somme a debito. Esempio Imposta lorda = 4.000 Totale detrazioni (rigo RN22) = 1.000 Differenza tra imposta lorda e rigo RN22 (4.000 – 1.000) = 3.000 Credito d’imposta per il riacquisto della prima casa (rigo RN24 col. 1) = 3.100 Credito per l’incremento dell’occupazione (rigo RN24 col. 2) = 500 Totale altre detrazioni (rigo RN25) = 3.600 La differenza tra l’imposta lorda e il rigo RN22 (euro 3.000) è inferiore all’importo del rigo RN25 (euro 3.600), pertanto, il contribuente può indicare l’importo di euro 600 che costituisce il residuo che non ha trovato capienza nell’imposta lorda, o nella colonna 2 del rigo RN43 per il suo intero ammontare ovvero suddividerla nella misura che ritiene più opportuna tra le colonne 2 e 3 del rigo RN43. A titolo esemplificativo si propongono alcune delle possibili modalità di compilazione delle colonne 2 e 3 del rigo RN43: Ipotesi 1: Rigo 43 col. 2 = 600 Rigo 43 col. 3 = 0 Ipotesi 2: Rigo 43 col. 2 = 100 Rigo 43 col. 3 = 500 Ipotesi 3: Rigo 43 col. 2 = 300 Rigo 43 col. 3 = 300 Si precisa che nell’esempio riportato, il credito residuo di euro 600 non può essere indicato per intero nella colonna 3 del rigo RN43 in quanto d’importo superiore a quello del credito d’imposta per l’incremento dell’occupazione di cui al rigo RN24 col. 2. Lo stesso meccanismo è applicabile ai soggetti che compilano il modello 730 (si vedano le istruzioni al quadro G sezione VI, rigo G8 colonne 1,2 e 3). A questo prima suddivisione, infine, fanno parte anche i soggetti che non sono obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi perché titolari, ad esempio, del solo reddito di lavoro dipendente ed assimilati per i quali è previsto che il credito sia indicato nella Certificazione Unica cd. CUD. Persone fisiche titolare di reddito d’impresa o di lavoro autonomo Occorre subito sottolineare che in questo caso il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione 51 52 Primo Piano mediante il modello F24 (art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Vale anche qui che il concetto di base che il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi. Le istruzioni ricordano che “I contribuenti titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo possono utilizzare questo credito d’imposta solo in compensazione mediante il mod. F24 e pertanto non devono compilare la presente sezione. Il credito d’imposta dovrà essere esposto nell’apposita sezione del quadro RU della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata ricevuta la comunicazione”. Il Quadro RU deve essere compilato dai soggetti che fruiscono dei crediti d’imposta derivanti da agevolazioni concesse alle imprese. Il quadro è composto da cinque sezioni ma nel caso in specie interessa la sezione I che è quella riservata all’indicazione di tutti i crediti d’imposta da riportare nella dichiarazione dei redditi. In questa sezione andrà indicato il codice 78 riferito appunto all’Indennità di mediazione: Tabella codici crediti d’imposta Credito Indennità di mediazione Codice 78 Sezione I Società di persone Come nel caso precedente va compilato il quadro RU sezione I con il medesimo codice di credito d’imposta (n. 78) Società di capitali ed Enti non commerciali Nella pratica occorre anche in questo caso compilare il Quadro RU nella sezione I utilizzando il Codice credito 78 INDENNITÀ DI MEDIAZIONE Sul punto le istruzioni specificano quanto sotto riportato in tema di Credito d’imposta per l’indennità di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (art. 60 L. 69/2009; art. 20, D.Lgs. 28/2010; art. 84 D.L. 69/2013) L’art. 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, emanato in attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, riconosce alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi un credito d’imposta commisurato, in caso di successo della mediazione, all’indennità corrisposta, fino a concorrenza di euro cinquecento (la misura del credito d’imposta è ridotta della metà in caso di insuccesso della mediazione). A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia è determinato, entro il 30 aprile di ciascun anno, l’ammontare del credito d’imposta effettivamente spettante per ciascuna mediazione, in misura proporzionale alle risorse stanziate. Possono beneficiare dell’agevolazione i soggetti che hanno ricevuto dal Ministero della giustizia la comunicazione attestante l’importo del credito d’imposta spettante. Il credito d’imposta è utilizzabile, a decorrere dalla data di ricevimento della predetta comunicazione, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 241 del 1997 e deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi. Per la compensazione mediante il modello F24 è utilizzabile il codice tributo appositamente istituito dall’Agenzia delle entrate. La sezione va compilata solo dai soggetti con periodo d’imposta 2013/2014 che hanno ricevuto dal Ministero della giustizia, entro la fine del predetto periodo d’imposta, la comunicazione di riconoscimento del credito. Nella sezione possono essere compilati esclusivamente i righi RU3, RU5, colonna 3, RU6, RU8, RU10 e RU12. CNDCEC-Report L’attività di novembre a cura della Redazione Principi di attestazione dei piani di risanamento Si è svolto a Roma il 4 novembre il convegno nazionale “I principi di attestazione dei piani di risanamento”, organizzato dal CNDCEC, per fare il punto sugli aspetti tecnici e teorici delle tematiche collegate ai piani di risanamento e agli accordi di ristrutturazione e per affrontare le problematiche applicative che i professionisti incontrano nell’espletamento del proprio incarico. I principi di attestazione dei piani di risanamento, redatti nei mesi scorsi da diversi enti, tra cui la Fondazione nazionale dei commercialisti, possono essere delle linee guida da seguire e da sottoporre a manutenzione. Pur essendo già stati sottoposti ad una pubblica consultazione, il Consiglio nazionale aprirà su di essi un confronto mirato con gli Ordini territoriali e i colleghi, per recepire le loro esperienze sul campo con la finalità di arrivare a dei principi di comportamento anche in questo ambito. Fatturazione elettronica Si è svolta il 5 novembre l’audizione del Consiglio nazionale davanti alla Commissione parlamentare di vigilanza sull'Anagrafe tributaria, presieduta dall’onorevole Giacomo Portas. Il giudizio dei commercialisti sulla fatturazione elettronica è positivo se si inquadra il tema dal punto di vista dei benefici per la Pubblica Amministrazione, per la quale essa genera innegabili benefici in termini di riduzione dei costi di gestione delle fatture e dei tempi per la loro approvazione. Per la PA i risparmi derivanti a regime dalla fatturazione elettronica saranno importanti, ma i commercialisti hanno segnalato anche come la fatturazione elettronica potrebbe tramutarsi per i professionisti in un nuovo, pesante onere e per le imprese, specie le più piccole, in un costo significativo. La delegazione dei commercialisti ha proposto di utilizzare gratuitamente un software di conservazione sostitutiva che dovrebbe essere messo a disposizione da Sogei o, in alternativa, di non obbligare le imprese alla conservazione sostitutiva, trattandosi di dati già in possesso della PA. A margine dell’audizione, l’onorevole Portas ha annunciato che a breve si terrà un incontro per fare il punto sulle criticità presenti in materia di fatturazione elettronica a cui parteciperanno Agenzia delle Entrate, Sogei, Ragioneria Generale dello Stato e CNDCEC. Elenco dei revisori dei conti negli Enti locali Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 25, ha informato gli Ordini territoriali sulle modalità di iscrizione all’Elenco dei revisori dei conti negli Enti locali. In merito, il Ministero dell’Interno ha pubblicato un avviso relativo alle modalità e ai termini per il mantenimento dell’iscrizione nell’Elenco e per la presentazione di nuove domande di iscrizione per il 2015. A partire dal 3 novembre 2014, i soggetti già iscritti nell’Elenco sono tenuti a dimostrare, per via esclusivamente telematica, il possesso dei requisiti previsti dal relativo Regolamento, pena la cancellazione dall’Elenco. Dalla stessa data, è anche possibile presentare domanda per l’inserimento nell’Elenco da parte di soggetti non iscritti che siano in possesso dei 54 CNDCEC Report requisiti previsti. Il termine utile per la presentazione delle domande di iscrizione nonché delle domande dirette a mantenere l’iscrizione nell’Elenco è fissato entro le ore 18.30 del 16 dicembre 2014. Affinché gli iscritti possano presentare domanda per l’inserimento nell’elenco, è necessario che l’Ordine territoriale importi entro il prossimo 30 novembre, tramite la piattaforma web del CN, i file contenenti gli elenchi dei partecipanti agli eventi di formazione professionale continua per i quali abbiano ottenuto la condivisione del programma da parte del Ministero dell’Interno. Soltanto per gli eventi che si terranno o si concluderanno alla data del 30 novembre, lo stesso Ministero concederà una proroga di pochi giorni per l’importazione del file. Trasparenza e anticorruzione È stato protratto il termine entro cui gli Ordini ed i Collegi professionali dovranno predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico. Lo ha comunicato il Consiglio nazionale con l’informativa n. 28 che integra l’informativa n. 26. Infatti, su sollecitazione del CNDCEC, l’Autorità nazionale anticorruzione ha stabilito che il termine per l’inizio dell’attività di controllo venga individuato nel 1° gennaio 2015. Il Consiglio nazionale, inoltre, ha richiesto all’Autorità un’audizione per affrontare il tema della nomina del Responsabile della prevenzione e della corruzione negli Ordini territoriali che presentano una struttura organizzativa minima. Sondaggio IFAC Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 29, ha comunicato che è stato fissato al 15 dicembre il termine ultimo per l’invio delle risposte al sondaggio promosso dall’IFAC (Organizzazione mondiale dei commercialisti) rivolto ai professionisti dei piccoli e medi studi professionali di tutto il mondo, i cui clienti siano per la maggior parte pmi. Il sondaggio punta a delineare le maggiori problematiche del settore, individuandone le principali tendenze e sviluppi, e a fare il punto sulle maggiori opportunità e sfide che i piccoli e medi studi professionali e le pmi si trovano ad affrontare a livello globale. Per completare il sondaggio, disponibile nella traduzione italiana realizzata dal Consiglio nazionale, sono sufficienti 10 minuti. I risultati saranno pubblicati nel primo trimestre 2015 sui siti del CNDCEC e dell’IFAC. Ipsas Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 30, ha comunicato che ha preso il via una consultazione pubblica sulla traduzione in bozza dei Principi Contabili Internazionali per il Settore Pubblico (IPSAS), realizzata dal Cndcec, finalizzata a raccogliere suggerimenti e proposte sulla traduzione e sulla terminologia adottata, in linea con quanto previsto dalla Policy for Translating and Reproducing Standards Published by the International Federation of Accountants. La consultazione si chiuderà il 19 dicembre. Trattandosi di una traduzione fedele del testo originale in lingua inglese, i commenti devono riguardare unicamente la correttezza e la comprensibilità della traduzione, senza entrare nel merito del principio stesso. I testi originali in lingua inglese sono pubblicati da IFAC e liberamente consultabili sul sito www.ifac.org/public-sector. Commenti e proposte vanno inviati all’indirizzo: [email protected]. Legge di stabilità Secondo il Consiglio nazionale, la norma inserita nella legge di stabilità, relativa alla deducibilità dalla base imponibile ai fini IRAP delle spese per lavoro dipendente, rischia di penalizzare seriamente le imprese operanti nel settore turistico. Il Consiglio sottolinea che essa, prevedendo la deducibilità delle spese per i soli lavoratori a tempo indeterminato, finisca sostanzialmente per non impattare sulle imprese turistiche che, essendo legate alla stagionalità, sono spesso costrette ad assumere invece solo a tempo determinato. Per questo motivo, il Consiglio nazionale dei commercialisti appoggia alcuni emendamenti alla legge di stabilità, finalizzati proprio a superare questa situazione, definita dalla Categoria incongruente e a rischio incostituzionalità, per l’evidente diversità di applicazione delle imposte ad imprese operanti nel medesimo settore. Pur condividendo l’intento del legislatore di incentivare i rapporti a tempo indeterminato i commercialisti ritengono che, se davvero l’Esecutivo vuole usare la legge di Stabilità per contribuire a rilanciare un settore così strategico, non possano essere escluse dal taglio dell’Irap quelle imprese che oggettivamente non possono assumere che a tempo determinato. CNDCEC Report 55 Voluntary disclosure Convenzione Ordini territoriali-Università Il Consiglio nazionale, durante un'audizione parlamentare lo scorso 20 novembre, ha sostenuto che il disegno di legge sul rientro dei capitali detenuti all’estero è un passo importante ai fini dell’adeguamento dell’ordinamento italiano alla necessità di contrastare l’area delle attività illecite secondo le linee guida indicate dall’OCSE. Ma per evitare che esso si trasformi in un flop, anche in termini di gettito, servono degli aggiustamenti che rendano la procedura di collaborazione volontaria più accessibile. Le principali richieste avanzate dai commercialisti riguardano il mantenimento dell’anonimato nella prima fase di accesso alla procedura di disclosure e l’introduzione dell’obbligo del contraddittorio preventivo. Riserve sono state espresse dalla Categoria anche sull’inserimento del reato di autoriciclaggio in un disegno di legge di natura fiscale. Il CNDCEC, attraverso l’informativa n. 31, ha trasmesso una bozza di convenzione che potrà essere sottoscritta tra gli Ordini territoriali e l’Università per dare attuazione alla convenzione quadro siglata tra il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il ministro della Giustizia e il CNDCEC. Società sportive Il 20 novembre, il CNDCEC è stato audito presso la commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera sulle Osservazioni ai disegni di legge abbinati recanti “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione della funzione sociale nello sport nonché delega al Governo per la redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di attività sportiva”. Secondo il Consiglio nazionale appare doveroso inserire nella norma la previsione di un collegio sindacale/collegio dei revisori che sia tenuto a svolgere attività di vigilanza e revisione legale dei conti per consentire alle associazioni sportive dilettantistiche di dotarsi di soggetti qualificati, considerato che i componenti del collegio sindacale/collegio dei revisori sono scelti tra gli iscritti negli Albi professionali competenti come quello dei dottori commercialisti e degli esperti contabili che risultano anche iscritti nel registro dei Revisori legali dei conti. È evidente che tali soggetti potrebbero prevenire il verificarsi di irregolarità, consentendo un regolare gettito fiscale e garantendo che le eventuali irregolarità non emergano quando queste abbiano generato effetti irreversibili. Inoltre, il Consiglio nazionale si rende disponibile sia ad organizzare corsi specifici sulla materia, a fronte anche dell’esperienza acquisita nel corso del tempo sul tema (specificamente sul controllo degli enti non lucrativi), sia a tenere un apposito registro di iscritti specialisti a cui le associazioni potrebbero attingere per la scelta dei controllori. Agenzia per l’Italia digitale Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 32, ha comunicato che dal 20 al 30 novembre è nuovamente disponibile la procedura on line per comunicare all’Agenzia per l’Italia digitale l’elenco delle basi di dati gestite dagli Ordini professionali e degli applicativi che essi utilizzano. La comunicazione riguarda tutte le basi di dati gestite dall’amministrazione per il perseguimento dei fini istituzionali, comprese quelle connesse al funzionamento dell’amministrazione stessa (personale, bilancio, protocollo informativo, gestione documentale, ecc.). La comunicazione riguarda solo le basi di dati accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione, mentre sono escluse le comunicazioni riguardanti archivi e/o infrastrutture di dati basati solo su supporto cartaceo. Professionisti delegati dal Giudice delle esecuzioni Il Consiglio nazionale, attraverso l’informativa n. 33, ha comunicato agli Ordini che entro il 31 dicembre 2014 sarà necessario provvedere a rinnovare gli adempimenti connessi alla formazione degli elenchi degli Iscritti disponibili a compiere, su delega del Giudice delle esecuzioni, le operazioni di vendita giudiziaria di beni immobili. In particolare, il Consiglio dell’Ordine territoriale è chiamato a comunicare ai presidenti dei tribunali tali elenchi, distinti per ciascun circondario, allegando a questi le schede predisposte e debitamente sottoscritte da ciascun iscritto recanti l’indicazione delle specifiche esperienze maturate nell’ambito dello svolgimento di procedure esecutive ordinarie o concorsuali. Il presidente del Tribunale, sulla base di tali schede, procederà a formare l’elenco dei professionisti disponibili a svolgere tali attività e lo trasmetterà ai giudici delle esecuzioni, unitamente alla copia delle schede informative. 56 Diamo i Numeri Organizzazione dello studio e specializzazione professionale di Tommaso Di Nardo, Fondazione Nazionale dei Commercialisti Esiste un modello di specializzazione per la professione di Commercialista? Il tema è stato oggetto dell’ultima ricerca statistica della Fondazione Nazionale dei Commercialisti che, rielaborando i dati dell’Indagine statistica sui Commercialisti, grazie anche alle tecniche di cluster analysis, si è occupata di tracciare i profili specialistici della professione. La ricerca, contenuta nel volume “Organizzazione dello studio e specializzazione professionale”, edito da Press, mostra come in un’economia in rapida trasformazione, accanto all’assistenza e alla consulenza alle Pmi, i Commercialisti hanno sviluppato sempre più la funzione di sussidiarietà verso il sistema pubblico coinvolto in un processo di trasformazione epocale. Sintetizzando, l’indagine mostra alcuni elementi di fondo che delineano una professione che, per quanto resti saldamente ancorata al core business della consulenza in ambito contabile e fiscale, appare fortemente proiettata verso la ricerca di nuove specializzazioni e di nuovi assetti organizzativi. Principali risultati Questi in sintesi i risultati principali. Cresce l’aggregazione professionale, in forma associata o in forma condivisa, tra i Commercialisti che beneficiano di economie di scala e di specializzazione. Gli studi associati e quelli condivisi raggiungono il 42,7% del totale. Gli studi associati (21,8%) presentano profili specialistici a più alto valore aggiunto. Sempre più diffusa la pratica dello studio “condiviso” (20,9%) che permette di sfruttare meglio alcuni vantaggi dello studio associato. Gli studi individuali (52,9%) sfruttano sempre più le economie di rete offerte dalla pratica dei network professionali e grazie anche ai servizi offerti dagli Ordini territoriali, nonostante i limiti dimensionali e organizzativi, rispecchiano il profilo specialistico della professione. Accanto alla consulenza in ambito contabile e fiscale, che coinvolge oltre il 90% dei Commercialisti, le specializzazioni che interessano la maggioranza dei professionisti sono il diritto societario (62,8%) e il contenzioso tributario (51,5%). Le altre specializzazioni significative sono la contrattualistica (34,4%), la consulenza in ambito immobiliare 24,1%), le procedure concorsuali (23,3%) e la consulenza aziendale (22,1%). Dalla cluster analysis emerge un cluster di circa il 20% che presenta un profilo specialistico nel campo della consulenza aziendale e societaria. Il 12% circa presenta una iper specializzazione nel campo degli incarichi professionali. Aree di specializzazione Le altre aree di specializzazione significative (tassi superiori al 20%) sono il Contenzioso tributario (51,5%), la Contrattualistica (34,4%), l’area Consulenze per le agevolazioni fiscali (26,3%), l’area Locazione condominio e compravendita immobiliare (24,1%), Fallimento e procedure concorsuali (23,3%), Gestione d’impresa (22,1%). Tra le aree di specializzazione minori (tassi inferiori al 20%) segnaliamo l’area Finanza e controllo di gestione (18,8%), Amministrazione e gestione del personale (18,8%), Mediazione (15,3%), Enti locali (14,8%), Terzo settore (14,5%). Per quanto riguarda le funzioni sussidiarie, il 73,9% dei Commercialisti svolge almeno un’attività nell’ambito delle funzioni sussidiarie. La funzione con il tasso di frequenza più elevata è Visti di conformità e asseverazioni (23,4%) seguita da Procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative (19,3%). Nell’ambito delle funzioni di interesse pubblico, il 73,3% dei Commercialisti svolge almeno un’attività di interesse pubblico. La funzione con il tasso di frequenza più elevato è quella di Sindaco (47,6%) seguita da Revisore legale dei conti (44,3%), Trasferimento di partecipazioni di Srl (16,6%) e Revisore di enti pubblici territoriali (16,5%). Infine, nel campo della consulenza specialistica è interessante rilevare come il 61,5% si occupi di Costituzione di società, il 56,3% di Contenzioso tributario, il 56,2% di Consulenza societaria, il 48,5% di Perizie, valutazioni e pareri, il 43,5% di Consulenza contrattuale, il 39,8% di Operazioni straordinarie, il 29,1% di Consulenza aziendale, il 28,6% di Liquidazione di aziende. Organizzazione degli studi Gli studi associati presentano un profilo specialistico più evoluto rispetto agli studi individuali e a quelli “condivisi” ed hanno performance migliori in termini di organizzazione e fatturato. In particolare, gli studi associati presentano una più marcata specializzazione nelle funzioni a più elevato valore aggiunto. Se consideriamo l’area del Diritto societario, i tassi di specializzazione sono pari al 73% per i Commercialisti che operano in uno studio associato, contro il 69% di quelli che operano in uno studio condiviso e il 58% di quelli che operano in uno studio individuale. Ancora, nell’area del contenzioso tributario, il tasso di specializzazione degli associati è 58% contro 52% dello studio condiviso e 50% dello studio individuale. Se, invece, consideriamo il tasso di svolgimento di funzioni sussidiarie, nello studio associato esso raggiunge il 78% contro il 72% dello studio condiviso 57 e il 74% dello studio individuale. In particolare, la funzione principale svolta dagli associati è quella dei Visti di conformità e delle asseverazioni che raggiunge un tasso di specializzazione del 32,3% contro il 21,1% dello studio condiviso e il 21,9% dello studio individuale. Cluster analysis Rinviando al volume una lettura più approfondita dei risultati della ricerca, presentiamo in sintesi i risultati della cluster analysis. L’indagine ha individuato cinque cluster di professionisti. Il cluster più numeroso è rappresentato Tabelle Tabella 1 Analisi per tipologia di studio Almeno un incarico di categoria Almeno un incarico istituzionale Dimensione Studio > 100 mq Studio con 6 e più addetti Studi organizzati per ASA Studi che operano in rete (network) Area di spec. 1: “Diritto Societario” Area di spec. 2: “Contenzioso tributario” Area di spec. 3: "Contrattualistica” Esercizio di funzioni sussidiarie Funz. Suss. 1: “Visti di conformità e asseverazioni” Funz. Suss. 2: “Procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative” Funz. Suss. 3: “Mediatore” Esercizio attività di interesse pubblico Attività int. pubbl. 1: “Sindaco” Attività int. pubbl. 2: “Revisore legale dei conti” Attività int. pubbl. 3: “Trasferimento di partecipazioni di S.r.l.” Attività int. pubbl. 4: “Revisore enti pubblici territoriali” Attività cons. spec. 1: “Costituzione di società” Attività cons. spec. 2: “Contenzioso tributario” Attività cons. spec.3: “Consulenza societaria” Fatturato 2011 > 100.000 Individuale Condiviso Associato Non organizzato 20,5% 16,7% 25,8% 14,8% 6,8% 6,3% 58,2% 50,0% 30,7% 74,2% 21,9% 18,2% 7,9% 70,3% 41,4% 40,5% 14,0% 19,9% 57,9% 55,5% 51,6% 32,2% 20,1% 13,4% 47,3% 36,8% 9,80% 11,9% 69,10% 51,5% 33,2% 72,1% 21,1% 19,1% 9,1% 73,6% 51,7% 49,2% 15,8% 12,8% 66,0% 60,5% 55,6% 31,8% 33,9% 12,4% 74,8% 73,4% 16,2% 13,8% 72,5% 58,1% 47,8% 78,0% 32,3% 23,1% 10,6% 82,3% 62,3% 52,0% 24,6% 13,8 73,4% 63,8% 68,4% 74,4% 17,6% 10,0% 0,0% 0,0% 0,0% 6,8% 41,1% 35,7% 17,1% 37,0% 9,9% 22,2% 12,3% 34,3% 41,4% 45,7% 15,7% 11,4% 24,0% 31,8% 29,5% 3,1% Tabella 2 Cluster analysis Cluster 1 Cluster 2 Cluster 3 Cluster 4 Cluster 5 Attività Studi non Studi Studi Studi sussidiarie specializzati medio-grandi medio-piccoli specializzati Almeno un incarico di categoria 49,2% Almeno un incarico istituzionale 29,3% Tasso esercizio in forma individuale 69,5% Tipologia studio Individuale indip. 47,5% Dimensione Studio > 100 mq 61,8% Studio con 6 e più addetti 56,0% Studi organizzati per ASA 25,8% Studio che operano in rete (network) 17,2% Area di spec. 1: Diritto societario” 91,5% Area di spec. 2: “Contenzioso tributario” 64,4% Area di spec. 3: “Contrattualistica” 54,2% Esercizio funzioni sussidiarie 100,0% Funz. Suss. 1: “Visti di conformità e asseverazioni” 37,3% Funz. Suss. 2: “Procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative” 71,2% Funz. Suss. 3: “Mediatore” 15,3% Esercizio attività di interesse pubblico 93,7% Attività int. pubbl. 1: “Sindaco” 69,0% Attività int. pubbl. 2: “Revisore legale dei conti” 75,9% Attività int. pubbl. 3: “Trasferimento di partecipazioni di Srl”36,2% Attività cons. spec. 1: “Costituzione di società” 79,7% Attività cons. spec 2: “Contenzioso tributario” 64,4% Attività cons. spec.3: “Consulenza societaria” 78,0% Fatturato 2011 > 100.000 72,3% 13,8% 12,6% 87,3% 52,8% 20,5% 23,4% 9,6% 9,0% 29,9% 17,3% 9,8% 54,4% 2,4% 44,9% 22,7% 66,3% 43,5% 63,6% 49,0% 12,4% 10,5% 81,7% 71,9% 46,1% 99,3% 29,1% 17,8% 13,6% 84,2% 57,2% 35,8% 28,1% 5,7% 6,4% 59,0% 53,5% 26,1% 74,7% 19,5% 25,6% 16,2% 72,8% 46,9% 53,4% 45,2% 14,0% 14,3% 86,9% 62,5% 69,30% 85,7% 35,8% 11,0% 6,8% 62,8% 29,4% 22,7% 3,6% 13,1% 17,3% 11,4% 18,8% 0,0% 19,3% 94,1% 65,2% 57,4% 27,5% 75,5% 76,5% 75,2% 58,9% 8,0% 4,9% 72,7% 38,5% 35,9% 10,3% 61,0% 59,1% 52,4% 36,2% 8,6% 10,3% 85,3% 50,7% 51,7% 28,0% 93,9% 69,8% 91,3% 56,3% dai professionisti che svolgono prevalentemente attività di base in studi medio-piccoli (52%). Si tratta prevalentemente di studi individuali con un numero di addetti inferiore a tre, scarsa partecipazione a network professionali e assenza di profili specialistici. Il secondo cluster più numeroso è rappresentato da professionisti che operano in studi medio-piccoli, ma che presentano un profilo specialistico (19,1%). Anche qui prevale lo studio individuale, ma la forma associata è abbastanza diffusa e gli studi sono mediamente più grandi del precedente cluster. Presentao un’organizzazione più solida e una più ampia partecipazione a network. Hanno un profilo specialistico molto marcato nel campo della consulenza societaria e in quella aziendale. Il terzo cluster più numeroso è rappresentano da professionisti con bassi livelli di specializzazione (16,7%). Si tratta di un cluster in cui prevale la componente femminile e quella giovanile (≤40 anni) e nel quale il tasso di esercizio di funzioni sussidiarie risulta particolarmente basso (54%). Il quarto cluster è rappresentato, invece, da professionisti che svolgono prevalentemente incarichi professionali in studi medio-grandi (10,2%). Si tratta di studi grandi sia per superficie che per numerosità di addetti e classe di fatturato in cui il tasso di esercizio di funzioni sussidiarie è pari al 99,3% e quello di svolgimento di funzioni di interesse pubblico raggiunge il 94,1%. In particolare, la funzione di Amministratore e liquidatore nelle procedure giudiziali è svolta dal 30,1%, quella relativa a Visti di conformità. Asseverazioni e attestazioni è svolta dal 29,1% e quella relativa a Esecuzioni mobiliari e immobiliari dal 25,2%. Particolarmente alte si presentano in questo cluster anche la frequenza relativa alla funzione di Sindaco (65,2%) e di Revisore legale dei conti (57,4%), mentre, nell’ambito della consulenza specialistica, l’80,7% svolge Perizie, valutazioni e pareri. L’ultimo cluster è rappresentato dai professionisti che svolgono prevalentemente attività sussidiarie (2%). Si tratta di un cluster di nicchia in cui prevale la componente maschile e meno giovane che operano in studi di dimensioni medio-grandi ben organizzati e collegati. Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali Traduzione della terza edizione inglese 180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7 Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse) La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi. Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1; questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità e competenza. Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità Edizione Italiana 2011 862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente modificati nei contenuti. I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati nell'attività di revisione legale dei conti. La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002. L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio. La fase transitoria del federalismo municipale Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali 126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5 Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili quantitativi, contabili e fiscali della riforma. A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e pago. La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali. Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese Volume I: Concetti fondamentali 242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Volume II: Guida pratica 328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica. Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali. Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della revisione in ambito europeo. Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico, sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa. Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali Traduzione della seconda edizione 2012 570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti. Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione. Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica, gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso (www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le “Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite. I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC 00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59 C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006 L’ottimismo prevede un duro lavoro. Essere ottimisti oggi non significa credere semplicemente che sarà possibile uscire dalla crisi. Significa piuttosto, trasformare questa crisi in opportunità di cambiamento: non solo in termini di riforme del sistema, ma anche di responsabilità. Chi, come noi, non reputa il lavoro come un diritto acquisito, sa che solo attraverso l’impegno e i sacrifici possiamo lasciarci la crisi alle spalle, senza farla ricadere su quelle dei nostri figli. Letti per Voi 61 CODICE CIVILE ITALIANO TRADOTTO IN INGLESE Valerio Piacentini Tempo libero (Ipsoa, 2014) L’Opera contiene la traduzione degli articoli da 2325 a 2510 del Codice Civile italiano riguardanti la disciplina delle società di capitali (Spa, Sapa e Srl). Ogni giorno professionisti e società sono chiamati ad affrontare il compito di tradurre le norme di legge. L’Opera, pensata anche per un lettore straniero, sia esso un imprenditore o un investitore istituzionale, si rivolge ad un numeroso pubblico costituito da professionisti (avvocati d'affari, giuristi d'impresa, legali interni, commercialisti, fiscalisti, internal auditor, consulenti del lavoro, notai), società straniere (che operano o desiderano operare in Italia, filiali in Italia di società straniere, casa-madre straniera con uffici o filiali in Italia, multinazionali), società italiane (società di capitali italiane che abbiano soci, amministratori, finanziatori stranieri), banche, assicurazioni, finanziarie, fondi di investimento (che abbiano come clienti i soggetti di cui sopra e/o per operazioni finanziare in proprio), istituzioni ed enti italiani (camere di commercio italiane all'estero), istituzioni ed enti stranieri (camere di commercio straniere in Italia, agenzie estere che promuovono gli investimenti in Italia, missioni economiche straniere, settore affari delle ambasciate). COME DIFENDERSI DALLA CENTRALE RISCHI NEL CONTENZIOSO BANCARIO Marcella Caradonna (Maggioli, 2014) L'opera, aggiornata alla recente giurisprudenza, vuole essere uno strumento di ausilio per tutti i professionisti che si occupano di contenzioso bancario. Con un taglio operativo e pragmatico si analizzano tutte le tematiche connesse alle comunicazioni effettuate dalle Centrali Rischi soffermandosi sulle valutazioni del rischio che vengono adottate e le rispettive tecniche di calcolo. Si esaminano nello specifico le problematiche individuate dalle recenti pronunce giurisprudenziali in merito alle segnalazioni illegittime. Nella procedura di tutela delle banche vi è l'obbligo di procedere ad effettuare accantonamenti proporzionati al rischio che ogni istituto di credito assume con la gestione degli impieghi. Ogni operazione di finanziamento, quindi, richiede un processo di valutazione del rischio in relazione al quale si determina l'accantonamento. Tra le tematiche trattate nel volume vi è anche quella del merito creditizio (rating creditizio) del cliente che indica in modo sintetico il suo grado di affidabilità in relazione alla richiesta di affidamento che ha inoltrato. ELUSIONE FISCALE INTERNAZIONALE Piergiorgio Valente (Ipsoa, 2014) Pianificazione fiscale e perseguimento di un risultato vantaggioso dal punto di vista tributario non rappresentano di per sé attività illecite. Si rende tuttavia necessario identificare i confini tra ciò che può essere considerato un legittimo risparmio di imposta e ciò che deve rientrare nel concetto di “elusione fiscale” (da ritenere patologico e, pertanto, da contrastare). Negli ultimi anni, inoltre, è fonte di particolare preoccupazione per gli Stati il fenomeno dell’erosione della base imponibile per effetto del trasferimento artificioso dei profitti (cd. BEPS) verso giurisdizioni a fiscalità favorevole. Il dibattito, di rilevante attualità a livello internazionale, ha l’obiettivo di individuare efficaci misure di contrasto con riferimento a tutti i settori interessati, a tutela degli interessi erariali degli Stati a fiscalità avanzata. Il volume ha l’obiettivo di fornire un quadro completo volto a rispondere alle esigenze di coloro che affrontano il tema dell’elusione fiscale, sia per motivi di approfondimento che per motivi di carattere applicativo in Studi professionali, imprese o nella Amministrazione finanziaria. ALLA RICERCA DELL’ECCELLENZA COMPORTAMENTALE Più competitività all’impresa, a partire dalla persona Angelo Mandruzzato, Vessillo Valentinis (FrancoAngeli, 2014) Un’organizzazione saprà costruire un vantaggio competitivo durevole se sarà in grado di innovarsi e migliorarsi costantemente intraprendendo un percorso orientato all’eccellenza. Secondo gli Autori, a giocare un ruolo fondamentale per il raggiungimento di questo imprescindibile obiettivo è il fattore umano: il fulcro dell’evoluzione positiva non può che essere la persona, nella propria consapevolezza del traguardo a cui tendere e nella motivazione a impegnarsi in un percorso di miglioramento individuale, inteso come miglioramento continuo degli atteggiamenti mentali e dei comportamenti. Di grande interesse e utilità, il testo tratta con un approccio nuovo e originale il tema dell’eccellenza individuale e organizzativa. L’esperienza manageriale e nel campo dello sviluppo individuale e organizzativo dei due autori ha portato all’ideazione di un modello di eccellenza SAM brevettato in Italia come “tecnica per il miglioramento delle prestazioni del personale”. Il volume è un testo stimolante, arricchito da casi ed esempi tratti da applicazioni fatte in aziende di varie dimensioni anche individuali - e che dimostra operativamente la reale fattibilità di un percorso di miglioramento, al fine di ottenere le performance desiderate in qualsiasi ambito professionale o privato. È un libro per tutti, da chi si occupa della gestione o fa parte di organizzazioni (piccole, medie o grandi), private o pubbliche fino ai liberi professionisti e alle aziende individuali. Giallo Svezia Åsa Larsson, Stieg Larsson, Henning Mankell (Marsilio, 2014) Dalle suggestive atmosfere di un nord selvaggio di Åsa Larsson alla fantascienza di un giovanissimo Stieg Larsson, questa raccolta di storie inedite di alcuni dei maggiori scrittori nordici di suspense fornisce un prezioso sguardo d'insieme sul giallo svedese. Gli anni delle meraviglie Da Piero della Francesca a Pontormo Vittorio Sgarbi (Bompiani, 2014) Non c’è nella storia umana e nella sua espressione attraverso l’arte, momento più alto e fervido d’invenzioni di quello che va dalla metà del Quattrocento alla metà del Cinquecento, da Piero della Francesca a Pontormo. Una inesauribile potenza espressiva domina il mondo e lo arricchisce liberando ogni genere di fantasia. La lista di Lisette Susan Vreeland (Neri Pozza, 2014) Roussilon, Provenza, 1937. L’anziano Pascal mostra alla giovane coppia Lisette e André la ragione del loro arrivo nella provincia francece: sette dipinti appesi alle pareti, sette capolavori che, senza ombra di dubbio, appartengono a Cézanne, Pissarro e altri grandi maestri… Costruire un’azienda design-oriented I 12 principi del design management Jacopo Filippo Bargellini (FrancoAngeli, 2014) Un prezioso strumento di lavoro per imprenditori, manager o consulenti. Il testo sottolinea i passi da seguire, gli errori da evitare e i consigli da attuare per indirizzare un’azienda di prodotto verso una strategia “design oriented”. A cura di Maria Pia Parenti Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Press Professione economica e sistema sociale Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Presidente Gerardo LONGOBARDI Vice Presidente Davide DI RUSSO Segretario Achille COPPOLA Tesoriere Roberto CUNSOLO Componenti Adriano BARBARISI Maria Luisa CAMPISE Andrea FOSCHI Maurizio Giuseppe GROSSO Vito JACONO Attilio LIGA Giorgio LUCHETTA Luigi MANDOLESI Raffaele MARCELLO Marcello MARCHETTI Massimo MIANI Giovanni Gerardo PARENTE Ugo Marco POLLICE Antonio REPACI Felice RUSCETTA Sandro SANTI Maria Rachele VIGANI Direttore Responsabile Maria Luisa Campise Caporedattore Marcella Caradonna Comitato di Redazione Filippo Carlin Mario Della Porta Marcello Febert Tiziana Mastrogiacomo Mauro Parracino Barbara Ricciardi Silvana Filomena Secinaro Segreteria di Redazione Maria Pia Parenti Editore PRESS Srl Piazza della Repubblica, 59 00185 Roma Tel 06.478631 Progetto grafico e art direction Giuseppe Antonucci Impaginazione Hedrarte sas di Angelo Mastria Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/2006 Piazza della Repubblica, 59 00185 - ROMA Tel +39 06.47863322 Fax +39 06.47863640 Sito internet: www.commercialisti.it e-mail: [email protected] Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale