documentazione/snv/piani_valutazione/toscana/Val on going Progr

Transcript

documentazione/snv/piani_valutazione/toscana/Val on going Progr
PROGETTO COFINANZIATO
CON IL FONDO EUROPEO DI
SVILUPPO REGIONALE
Primo rapporto di valutazione on-going (periodo 2007-2009)
Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia
“Marittimo”
(decisione della CE - CCI 2007 CB 163 PO 033 - 16 Novembre 2007)
IRIS - strumenti e risorse per lo sviluppo locale
Prato, 30 Giugno 2010
Indice
Premessa
Sintesi
1
1.1
1.2
1.3
1.4
1.4.1
1.5
1.5.1
1.5.2
1.5.3
Il processo di attuazione del Programma Operativo “Marittimo”
La struttura di governance e gli strumenti di gestione operativa del Programma
I principali passaggi procedurali nella fase di avvio del programma
L’avanzamento finanziario del Programma
Il processo di attuazione dei progetti semplici
I partenariati attivati dai bandi dei progetti semplici
La costruzione dei progetti strategici
Il gruppo di lavoro sui progetti strategici
I temi e le priorità individuate dal GdL e validate dal CdS
Le candidature progettuali e gli esiti della fase istruttoria
2
2.1
2.2
2.3
2.3.1
2.3.2
Una nuova lettura dello spazio di cooperazione regionale europeo: la macroregione
La Macroregione e la Strategia del Mar Baltico
Cooperazione per tematiche e regioni funzionali
Quali strumenti di gestione: Macroregione e Gect
GECT - uno sguardo all’avanzamento in Europa
Alcuni casi: “GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo” e “GECT- PMIBB”
3
3.1
3.2
Indicazioni per la valutazione del PO Maritime nel corso della attuazione
L’analisi delle buone pratiche e degli aspetti innovativi del programma
La valutazione del modello di governance delle reti (progetti semplici e strategici)
nel territorio transfrontaliero
Reti, competitività e Beni pubblici. L’analisi dell’intervento strutturale nel contesto
territoriale del PO Marittimo
Reti di innovatori nello spazio transfrontaliero. Modello di analisi delle politiche territoriali
per la ricerca e l’innovazione
3.3
3.4
Questo è un documento di lavoro intermedio, da utilizzare allo scopo di orientare lo svolgimento delle attività di
valutazione. Il gruppo di lavoro IRIS è composta da: Massimo Bressan (coordinatore), Armando Dei, Guglielmo
Parentini, Umberto Pascucci.
1
2
Premessa: La valutazione del programma operativo nel corso della sua attuazione
La valutazione “in itinere” (“ongoing evaluation”) viene concepita in questo periodo di
programmazione non tanto come una attività obbligatoria (nella precedente programmazione era
il caso della valutazione intermedia e finale), ma piuttosto come una attività flessibile e legata
alle specifiche esigenze di ogni particolare caso di programmazione dei fondi strutturali. Il
regolamento CE 1083/2006 consente alle Regioni di agire con una certa flessibilità nella
organizzazione della attività di valutazione dei Programmi Operativi (PO) ed individua solo
pochi casi in cui essa viene chiaramente consigliata:
• quando un PO si discosta significativamente dagli obiettivi quantificati
• qualora venga modificata la strategia o il piano finanziario di un PO.
In riferimento al primo caso – ma può valere anche per il secondo - occorre dire che lo stato di
avanzamento di un PO rispetto agli obiettivi programmati deve essere rilevato costantemente
dalla Autorità di Gestione (AdG) attraverso il sistema informativo. L’AdG deve provvedere
infatti ad un monitoraggio che sia in primo luogo riferito agli obiettivi di realizzazione (fisica e
finanziaria), ma anche agli obiettivi di risultato e, in seguito, di impatto.
Emerge dunque chiaramente la rilevanza del sistema di monitoraggio: è grazie ad un’efficiente e
tempestiva informazione sull’avanzamento del PO che possono emergere difformità rispetto alle
quantificazioni degli indicatori e dunque impostare di conseguenza l’avvio di valutazioni
specifiche oltre che di conseguenti aggiustamenti della strategia di intervento.
I programmi operativi dell’obiettivo cooperazione territoriale devono promuovere la valutazione
sia sul piano strategico che operativo. I documenti e le attività promosse da un programma
operativo sono di conseguenza esaminati con lo scopo di migliorare la qualità e la coerenza
degli interventi rispetto alla strategia approvata. Le attività di valutazione saranno svolte a
partire dall’analisi del PO dalla prospettiva dei quattro temi chiave1 descritti di seguito:
•
L’analisi della pertinenza indaga l’attualità delle attività programmate in relazione al
contesto dell’intervento e alle sue dinamiche di sviluppo. Nel caso di un programma di
cooperazione territoriale bisogna inoltre considerare quale sia la rilevanza dei processi
di cooperazione nel raggiungimento degli obiettivi del PO (il suo valore aggiunto); la
loro intensità2, che implica l’analisi delle reti attivate e la loro composizione, ed infine il
carattere addizionale delle realizzazioni e, in futuro, dei risultati del programma.
Ulteriori ambiti di analisi nel caso della cooperazione territoriale riguardano gli aspetti
innovativi che il programma ha messo in atto: sia sul piano dell’approccio operativo che
della gestione. Un aspetto rilevante consiste infine nell’analisi delle sinergie che sono
1
Vedi: DG Regio, Working Document N. 5, cit., pag. 10
L’intensità della cooperazione viene definita dalla natura delle attività che vengono promosse da un PO: attività
tradizionali di rete (seminari, newsletter, siti web); azioni pilota, introduzione di nuove metodi; progetti strategici, con sottoprogetti
o reti tematiche. L’intensità della cooperazione viene anche influenzata dalla durata del progetto, dalle caratteristiche del
partenariato e in alcuni casi anche dalla sua numerosità. Su questo tema vedi anche il Manuale del programma Interreg IVC
(www.interreg4c.net).
2
3
•
•
•
state attivate nel rapporto con le altre strategie di sviluppo, regionali o macro-regionali
di natura nazionale.
L’efficacia riguarda gli effetti del programma rispetto alle previsioni descritte nel PO;
in altri termini l’analisi deve controllare in che misura le azioni intraprese sono
appropriate al fine di raggiungere gli obiettivi. Naturalmente questo tipo di analisi deve
partire dal sistema degli indicatori e dalle quantificazioni descritte nel programma. Ma
la cooperazione territoriale implica anche in questo caso alcuni approfondimenti
specifici. Vediamo di seguito alcune delle domande che i programmatori devono porsi
intorno agli effetti della coesione territoriale in una simile area geografica: Si sono
create condizioni tali da innescare processi di cooperazione durevoli tra le reti di attori
e servizi coinvolti? Ci sono le basi perché tali reti possano progredire anche dopo il
termine del PO?
L’analisi dell’efficienza parte dall’analisi del sistema di gestione; ne esamina la sua
composizione, i tempi con cui sono state gestite le procedure di evidenza pubblica e il
monitoraggio finanziario del PO. Le particolarità della cooperazione emergono in
questo caso soprattutto in relazione alla complessità delle procedure di gestione che
devono essere attivate (riunioni, viaggi, traduzioni e controllo, attivazione del
partenariato).
L’analisi della coerenza, che di norma viene avviata nel corso della valutazione ex ante,
controlla il livello di integrazione tra gli assi prioritari e tra la strategia del programma e
le altre iniziative o programmi pubblici nel campo dello sviluppo territoriale condotte
nelle regioni partners. Nella fase di attuazione del programma – in assenza di
particolari scostamenti nella situazione del contesto - l’analisi di coerenza si applica ai
processi decisionali e in particolare ai processi di selezione dei progetti.
La valutazione del PO deve essere condotta con il coinvolgimento attivo delle strutture di
gestione, e in particolare del segretariato tecnico. Nel nostro caso il costante coordinamento con
il segretariato e la AdG del PO ha consentito, ad es., di definire le modalità di interazione con le
informazioni di monitoraggio e gestione, nonché di reperire tutta la documentazione prodotta,
sia quella tecnica (gruppi di lavoro, materiali di accompagnamento all’avvio delle operazioni
prodotti dal segretariato), che quella ufficiale (bandi, avvisi pubblici, monitoraggio finanziario).
Il piano di valutazione del programma operativo
La Commissione Europea (CE) nel proporre un approccio flessibile alla valutazione introduce
anche altri cambiamenti rispetto al passato: il piano di valutazione e la programmazione
unitaria. L'intento è quello di rendere la valutazione parte integrante del processo di attuazione
di un PO. Il piano di valutazione deve essere predisposto e gestito attraverso un gruppo di
pilotaggio che coinvolge le strutture amministrative e gli stakeholders coinvolti nel PO.
Anche l'accento sulla programmazione unitaria ha lo scopo di integrare sempre più le pratiche di
valutazione all'interno del quadro complessivo delle programmazioni regionali. In questo modo
si tende:
• da un lato, a rendere più efficace la concentrazione finanziaria delle risorse pubbliche e
private in alcune priorità regionali che vengono perseguite attraverso l'attivazione di
diversi strumenti finanziari (Fesr; Fse; fondi nazionali ed altre fonti);
• dall'altro, ad integrare maggiormente le valutazioni dei singoli programmi nel quadro di
un Piano Unitario di Valutazione che deve essere predisposto al livello delle singole
regioni, estendendo dunque questa pratica al di là dei programmi dei fondi strutturali.
Il Piano di valutazione viene sviluppato in ottemperanza a quanto previsto dalle prescrizioni
regolamentari della CE relative ai Fondi Strutturali e dai documenti di lavoro predisposti per
4
accompagnare la programmazione dei fondi strutturali:
• vedi gli articoli di riferimento del Regolamento generale (CE) 1083/2006, e il capo III
del Reg. (CE) 1080/ 2006)
• Working paper n. 5 “Orientations indicatives sur les methodes d'evaluation: evaluation
in itinere”, n.2 “Orientations indicatives sur les methodes d'evaluation indicateurs pour
le suivi et l'evaluation”;
• INTERACT, Practical Handbook for Ongoing Evaluation of Territorial Cooperation
Programmes, Ottobre 2009.
Il Piano di valutazione è frutto di una attività di condivisione del metodo e dei contenuti con le
Amministrazioni regionali e locali che sono direttamente coinvolte nella gestione dei PO. In
questa prospettiva è importante promuovere l’integrazione del Piano di valutazione del PO
Maritime con i Piani Unitari di Valutazione delle singole Regioni così come con i rispettivi
modelli organizzativi nazionali3. In sintesi alcune delle caratteristiche di un Piano di
valutazione:
• essere flessibile ed esplicitare le modalità per individuare le valutazioni da
intraprendere;
• tracciare l’assetto organizzativo, inclusi i meccanismi per salvaguardare qualità ed
autonomia di giudizio dei processi valutativi;
• individua su quali temi si eserciteranno attività valutative ed indicare orientativamente
se ciascuna attività sarà condotta internamente o esternamente;
• esplicitare la tempistica, alla luce delle esigenze di utilizzazione dei risultati di
valutazione;
• individuare le risorse organizzative, finanziarie ed umane, incluse quelle del proprio
nucleo di valutazione, necessarie per condurre le valutazioni e divulgarne e utilizzarne i
risultati;
Il PO Maritime dovrà dotarsi di un responsabile del piano di valutazione e di un gruppo di
pilotaggio. Il responsabile viene indicato dalla AdG e svolge principalmente le funzioni di
coordinamento della redazione del piano di valutazione, in stretta collaborazione con il
segretariato tecnico congiunto e il partenariato. Il responsabile organizza e conduce le attività
necessarie all’individuazione dei temi e delle domande di valutazione; garantisce il
coordinamento tra le attività di valutazione del PO con i rispettivi piani unitari della valutazione
delle singole regioni e assicura i lavori del gruppo di pilotaggio, di cui fa parte.
I risultati delle valutazioni sono presentati al Comitato di Sorveglianza che è anche responsabile
dell’approvazione dei capitolati. Il gruppo di pilotaggio viene individuato dal responsabile del
piano in modo tale da assicurarne una composizione adeguata alla natura ed agli obiettivi della
singola valutazione. Del gruppo di pilotaggio potranno far parte dirigenti e funzionari delle
amministrazioni interessate.
L’orizzonte temporale dell’attività di valutazione in itinere può essere suddiviso in due macroperiodi, corrispondenti al primo al triennio 2008-2010 e al successivo arco temporale 20112013. A tale suddivisione corrisponderanno oggetti di valutazione diversi:
• primo periodo (2008 – 2010): attività valutative aventi ad oggetto l’avvio della
programmazione, organismi e meccanismi di attuazione; interventi o aree tematiche
rilevanti sia operative che strategiche;
3
Nel caso italiano vedi il documento: “Orientamenti per l’organizzazione della valutazione della politica regionale: Il
piano di valutazione”. Ministero dello sviluppo economico, Sistema nazionale di valutazione. Cfr.: http://www.dps.tesoro.it/uval. Di
fianco a questo documento occorre considerare i Piani unitari di valutazione delle Regioni, che sono scaricabili nella pagina
seguente: http://www.dps.tesoro.it/uval_linee_valutazione.asp#10.
5
•
secondo periodo (2011 –2013): Linee di valutazioni strategiche e specifiche valutazioni
tematiche aventi ad oggetto la nuova programmazione regionale unitaria 2007-2013.
Uno degli aspetti cruciali per il buon esito di una valutazione riguarda i tempi della sua
attivazione e, conseguentemente, le modalità del loro utilizzo da parte dei programmatori. Il
processo stesso della valutazione dovrebbe portare l’AdG a riflettere sulle scelte operate e sui
loro effetti nel contesto territoriale. Ma per facilitare l’apprendimento e l’adozione di una
prospettiva critica è importante programmare le scadenze di consegna dei rapporti di
valutazione in corrispondenza, ad es., degli incontri dei Comitati di Sorveglianza, oppure degli
incontri dei gruppi di lavoro attivati dalla AdG. Anche se il tempo necessario per ogni esercizio
di valutazione sarà collegato ad aspetti estremamente peculiari e variabili, quali la complessità
dei contesti analizzati, la disponibilità dei dati e la metodologia da impiegare, si può dire che per
definire la durata del singolo processo valutativo occorrerà tener conto dei seguenti passaggi
minimi:
• corretta esplicitazione delle domande;
• definizione del capitolato (per le valutazioni esterne) o del mandato di valutazione (per
le valutazioni interne);
• affiancamento nella fase di svolgimento delle attività;
• stesura dei rapporti e degli altri strumenti di restituzione e disseminazione dei risultati.
Le modalità di individuazione delle domande di valutazione
Il processo di definizione delle domande deve essere intenzionalmente un processo
pluralistico, così da includere punti di vista diversi con l’effetto di provocare la
percezione di aspetti in precedenza trascurati, ma anche di assumere consapevolezza
delle prospettive e delle pratiche più radicate nel contesto amministrativo e
socioeconomico. I temi di valutazione (dai quali fare discendere successivamente la
declinazione delle domande valutative) sono individuati in seno al gruppo di pilotaggio
e si riferiscono primariamente agli obiettivi del PO.
La pluralità delle prospettive di lettura dell’attuazione e dell’efficacia si ottiene anzitutto
diversificando le fonti dalle quali ricavare elementi utili alla definizione delle domande.
Sono fonti di cui tenere conto quelle espresse nelle diverse sedi tecniche e sedi
politiche:
•
•
•
•
•
•
i dati di monitoraggio, che possono evidenziare scostamenti preoccupanti dai target
prefissati, nessi inattesi tra priorità strategiche, altri andamenti che suggeriscono di
produrre maggiore conoscenza e analisi;
le strutture interne alla regione - a elevato livello di conoscenza e competenza tecnica su
specifici ambiti di intervento pubblico;
le istanze di coordinamento politico e tecnico;
gli organismi responsabili dell’attuazione dei programmi, la cui percezione diretta dei
problemi di attuazione, degli effetti ottenuti sui destinatari e i contesti è in grado di
fornire utili stimoli alla costruzione delle domande di valutazione;
il partenariato economico-sociale rappresentativo degli interessi organizzati e di alcuni
segmenti della società civile che operano a stretto contatto con le politiche pubbliche;
gli Steering Group della valutazione, insediati col compito specifico di fornire aiuto
nella definizione delle domande di valutazione e/o nella gestione delle attività di analisi.
L’AdG mantiene la responsabilità delle attività dirette a focalizzare le domande valutative,
nonché delle procedure per l’attuazione delle azioni attivando le risorse necessarie. Tuttavia,
come espresso nel PO – Marittime: “L’Autorità di Gestione Unica, attraverso il Segretariato
6
Tecnico Congiunto mette a disposizione del valutatore tutte le risultanze del monitoraggio e
della sorveglianza e organizza sotto la propria responsabilità le valutazioni sulla base degli
orientamenti indicativi e dei metodi di valutazione suggeriti dalla Commissione.” (195). Gli
esiti delle attività valutative saranno condivisi in sede di Gruppo di pilotaggi della valutazione
per promuovere e favorire la diffusione a tutti i soggetti coinvolti, inclusi coloro i quali operano
al livello della programmazione unitaria all’interno delle singole strutture regionali.
La scelta dei temi su cui focalizzare la valutazione ha come primario e generale riferimento la
strategia espressa nel PO. L’elaborazione della strategia è stata oggetto di una valutazione ex
ante realizzata sotto la supervisione della task force interregionale incaricata della stesura del
PO. Le raccomandazioni giunte in sede di valutazione hanno contribuito a focalizzare la
strategia del programma. Il PO inoltre ripone particolare attenzione al contributo che le politiche
di coesione possono dare al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e alla strategia di
Goteborg. La valutazione deve dunque procedere periodicamente all’analisi del contributo del
PO per quanto concerne temi quali l’innovazione e lo sviluppo sostenibile. Nel corso
dell’attuazione inoltre sono state avviate particolari modalità progettuali (i progetti strategici)
che richiedono una attenzione particolare da parte del sistema di valutazione, anche in relazione
ai potenziali sviluppi della strategia di cooperazione territoriale nel bacino dell’alto Tirreno.
Per il primo periodo di riferimento (2008-2010) si prevede una valutazione prevalentemente di
carattere operativo che prenda in considerazione tanto le risultanze delle precedenti attività, che
l’avvio della nuova programmazione caratterizzata da significative novità sul piano
organizzativo e strategico. In particolare l’attenzione dovrà essere concentrata sui seguente temi:
• le procedure di attuazione e gestione del PO (gli organi di gestione, la loro
composizione),
• i partenariati attivati in relazione ai primi avvisi pubblici emanati,
• l’efficienza della gestione in termini finanziari e realizzativi.
Per il secondo periodo di riferimento (2011-2013) la valutazione sarà maggiormente concentrata
sugli aspetti strategici, pur senza trascurare di monitorare i processi di gestione del PO. In
particolare l’attenzione sarà concentrata sui seguenti temi:
• la rilevanza della dimensione territoriale nei progetti ammessi a finanziamento nelle
modalità semplice e strategica;
• la capacità del PO di attivare percorsi di cooperazione nel campo della ricerca e del
trasferimento tecnologico;
• la dimensione strategica dello sviluppo territoriale (verso la macroregione?)
• il ruolo degli attori economici nell’attuazione degli obiettivi del PO;
• la governance, i processi decisionali e l’integrazione del PO con le programmazioni
regionali.
Il testo del PO - Maritime prevede infine l’attivazione di 3 rapporti di valutazione. Il primo, di
carattere esplorativo e prevalentemente operativo, è stato avviato a fine 2009 con un incarico
esterno e coincide con il presente testo. Gli altri rapporti sono previsti nel 2011 e 2014 e
riguarderanno i temi che l’AdG individuerà in relazione ai due periodi di riferimento. Le
domande chiave saranno sviluppate a partire dai seguenti temi contenuti nel testo del PO: (i) le
modalità di integrazione della dimensione territoriale nell‘attuazione del PO; (ii) l’interazione
tra PO e le altre politiche di sviluppo regionale attuate nel territorio; (iii) struttura di gestione ed
efficienza nella realizzazione degli obiettivi.
L’Autorità di gestione ha avviato l’attività di valutazione in itinere con l’intento di costituire
una lettura condivisa delle fasi di avvio del programma e, allo stesso tempo, di impostare un
7
percorso metodologico e partecipativo teso a coinvolgere il partenariato pubblico impegnato
nella gestione del PO Maritime. L’intento di rafforzare la consapevolezza intorno al ruolo della
valutazione e al suo contributo al miglioramento delle pratiche di gestione del programma si è
concretizzato con la decisione del Comitato di Sorveglianza del 12 Febbraio 2010 che approva
la proposta della AdG di istituire un gruppo di lavoro che coinvolge tutte le regioni partner del
programma.
8
Sintesi dei contenuti del Rapporto di valutazione
Il rapporto di valutazione si articola in tre parti. La prima parte contiene un’analisi del processo
di attuazione del Programma Operativo “Marittimo” alla scadenza dei primi due anni di
programmazione. La seconda parte fornisce una analisi relativa ad alcune priorità di prospettiva
per la programmazione della cooperazione regionale in area transfrontaliera, la macroregione …
La terza parte introduce infine alcune proposte di metodo e tematiche di approfondimento di
carattere valutativo che potrebbero essere sviluppate nel corso di attuazione del PO
L’impostazione del processo di valutazione del programma
L’Autorità di gestione ha avviato l’attività di valutazione in itinere con l’intento di costituire
una lettura condivisa delle fasi di avvio del programma e, allo stesso tempo, di impostare un
percorso metodologico e partecipativo teso a coinvolgere il partenariato pubblico impegnato
nella gestione del PO Maritime.
• Questo intento si è concretizzato con la decisione del Comitato di Sorveglianza del 12
Febbraio 2010 che approva la proposta della AdG di istituire un gruppo di lavoro sulla
valutazione che sarà coordinato dalla Regione Sardegna.
• Uno degli obiettivi del gruppo di lavoro sarà quello di predisporre un piano di
valutazione del programma che definisca quali tematiche approfondire, con quali tempi,
modalità e metodo.
• Questo passaggio introduce un ulteriore elemento: le relazioni tra il programma
Maritime e le strategie di sviluppo regionale che si attuano nelle regioni partner. Il
piano di valutazione si inserisce infatti nel quadro delle innovazioni introdotte
dall’approccio della programmazione unitaria. Questa, ricordiamo, ha la finalità di
coordinare la politica comunitaria e quella nazionale anche a livello regionale e con
questo obiettivo prevede che le Regioni predispongano un documento di strategia unica
per la politica regionale unitaria relativa alle risorse comunitarie e alle risorse nazionali.
Il quadro dell’attuazione del programma
La prima parte analizza gli aspetti operativi della gestione dei primi due anni di attività del PO
(le annualità 2008 e 2009). Sono stati analizzati sia l’esito della organizzazione della struttura di
gestione del PO, sia i primi tre importanti procedimenti avviati:
•
il primo bando per la presentazione di candidature per progetti semplici a valere su tutti
gli assi prioritari del PO emesso in data 14 Maggio 2008.
•
il secondo bando per la presentazione di candidature per progetti semplici emesso nel
Maggio 2009 a valere su tutti gli Assi prioritari ma con assegnazione di premialità
aggiuntiva per le proposte presentate su alcuni Obiettivi Specifici.
9
•
il primo avviso per la manifestazione di interesse per la presentazione di candidature di
progetti strategici emesso il 9 Settembre 2009 a valere sui seguenti 5 temi: “Sistema
transfrontaliero dell’innovazione nella nautica”; “Rete dei porti turistici per la
sostenibilità ambientale”; “Rete di tutela ambientale (monitoraggio, previsione,
protezione e ripristino)”; “Rete ecologica”; “Ruralità, Turismo e ambiente: gestione
integrata del territorio rurale e marino”.
L’avanzamento finanziario del Programma
Il processo attuativo del PO ha prodotto alla data del 31 dicembre 2009 un avanzamento
finanziario sintetizzato da un livello di impegni e di spese pari rispettivamente a
€76.578.909,91 ed € 8.823.982,04
Se l’avanzamento degli impegni procede in maniera soddisfacente per tutti gli Assi Prioritari, la
spesa appare invece molto rallentata: essa infatti rappresenta soltanto l’11,5% degli impegni. A
causa della lentezza della spesa le risorse complessive che saranno disimpegnate ammontano
dunque a poco meno di 2 milioni di euro.
L’applicazione della regola dell’n+2 all’anno 2010 fissa per la fine di questo anno a 30,4
milioni di euro il livello di spesa minimo in grado di evitare il disimpegno automatico di
ulteriori risorse finanziarie. Nel corso del 2010 sarà dunque necessaria la certificazione di una
spesa pari a 21,579 milioni di euro.
I progetti semplici
Il primo bando per i progetti semplici da avvio all’attuazione del programma. La procedura
inizia a Maggio 2008 e si conclude, dopo vari passaggi, nel Marzo 2009 con una graduatoria
che comprende 23 progetti finanziati (su 73 ammissibili) per un importo di quasi 46 milioni di
euro. La procedura di gestione del primo bando dei progetti semplici evidenzia fin da subito
alcuni punti di forza e debolezza del programma.
• In primo luogo questa procedura spicca per la sua rilevanza dal punto di vista
finanziario: le risorse allocate corrispondono al 60% della dotazione finanziaria
complessiva del programma per i progetti semplici.
• Un ulteriore aspetto rilevante riguarda l’intensa attività di assistenza tecnica svolta dal
segretariato, che entra in funzione a partire dal Giugno 2008. La numerosità delle
proposte presentate al primo bando e la loro scarsa qualità progettuale ha richiesto una
forte attività di selezione (viene finanziato circa il 30% delle proposte ammissibili) ed
accompagnamento ai candidati.
• Il primo bando dei progetti semplici non prevede la partecipazione dei soggetti privati.
Questa scelta viene motivata dalla carente capacità di gestire le procedure relative al
loro finanziamento. Parallelamente si attiva un gruppo di lavoro con lo scopo di
approfondire i criteri di partecipazione degli operatori economici.
La procedura del secondo bando per progetti semplici si avvia nel Luglio del 2009 e si conclude
nel Marzo 2010. I progetti finanziati sono 15 a fronte di 30 proposte ammissibili per un importo
di quasi 21 milioni di euro. Complessivamente, con i 38 progetti finanziati a seguito delle 2
procedure, il programma ha allocato l’86% delle risorse disponibili per questo tipo di progetto,
con un residuo di circa 11 milioni di euro. Una lettura della distribuzione dei progetti per asse e
obiettivo specifico evidenzia alcuni aspetti interessanti.
10
• Il notevole tiraggio finanziario dell’Asse 3 “risorse naturali e culturali” - che
concentra il 42% delle risorse disponibili – e dell’Asse 2 “Innovazione e competitività”
che mostra il più basso residuo del programma rispetto alle risorse ancora disponibili.
• L’introduzione di criteri di premialità per i progetti che insistevano sugli obiettivi
specifici degli assi che avevano raccolto minori proposte progettuali nel primo bando
ha consentito di correggere la distribuzione delle risorse e conseguentemente di
bilanciare l’attuazione della strategia del programma. Questa scelta evidenzia ancora
una volta l’efficacia del controllo operato sull’attuazione del programma dalle strutture
di gestione.
• Nonostante gli interventi tesi a migliorare l’efficienza allocativa del programma l’Asse
1 “Accessibilità e reti di comunicazione” rimane ancora penalizzato: ad esso è
destinato soltanto il 15% delle risorse stanziate a fronte di una scarsa capacità di
progettazione (solo 8 progetti ammissibili su un totale di 103; 2 soltanto relativi al
secondo bando).
• Il partenariato attivato da queste due procedure evidenzia alcuni nodi critici. La
composizione delle reti finanziate con i primi due bandi dei progetti semplici mostra,
oltre alla scarsa presenza dei soggetti privati (solo 7 partecipazioni nei 38 progetti
finanziati), la rilevante presenza delle Province (78 partecipazioni) a fronte di una assai
minore partecipazione dei Comuni – soggetti cruciali per la diffusione delle finalità del
programma tra i cittadini residenti e operanti nell’area transfrontaliera (40
partecipazioni).
• A fronte di una prevalente presenza di enti pubblici emerge come la partecipazione di
alcune importanti strutture intermedie risulti ancora marginale: Parchi e Musei (6);
Università e istituti di ricerca (18); Autorità portuali e società di servizi pubbliche (7)
Camere di commercio (7).
• Il partenariato dell’Asse 2 “Innovazione e competitività”, rivolto ai sistemi economici
locali e ai poli di conoscenza, mostra una marcata presenza degli enti pubblici che si è
parzialmente bilanciata nel secondo bando grazie alla partecipazione di alcune
Università e imprese private. Nell’Asse 3 “Risorse naturali e culturali” la
partecipazione è più eterogenea, compaiono di frequente in rete con gli Enti Locali:
Parchi, Istituti di Ricerca, Università e spin-off.
La costruzione dei progetti strategici
Il processo di creazione delle progettazioni strategiche evidenzia significative convergenze del
modello “Maritime” nel quadro più ampio della progettazione territoriale integrata e, in
particolare, con le caratteristiche di simili procedure adottate nel campo delle politiche di
cooperazione territoriale europea, come quelle previste dal Programma ENPI, dal Programma
MED e da Interreg IVC. Anche in questo caso l’attivazione di un gruppo di lavoro tematico (a
seguito del primo CdS del Febbraio 2008) ha avuto un ruolo decisivo di supporto alla AdG nella
costruzione delle procedure di attuazione. Il sostegno alla gestione è partito con un certo
anticipo rispetto alla pubblicazione del bando, che ha avuto luogo nel Settembre 2009.
• Le indicazioni del GdL sulle caratteristiche dei Progetti Strategici hanno riguardato la
dimensione finanziaria (30 Milioni di Euro, meno della metà della dotazione finanziaria
per questo modalità operativa) ed il numero di progetti da prevedere (5) per la prima
chiamata.
• Alla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature progettuali sono stati
presentati 5 progetti sui seguenti temi strategici: Sistema transfrontaliero
11
dell’innovazione nella nautica; Rete dei porti turistici per la sostenibilità ambientale;
Rete di tutela ambientale (monitoraggio, previsione, protezione e ripristino); Rete
ecologica; Ruralità, Turismo e ambiente: gestione integrata del territorio rurale e
marino.
• L’esame dei partenariati attivati nel quadro delle prime proposte progettuali evidenzia
una scarsa presenza di Università, Comuni, e soggetti privati, partner che sono centrali
per il rafforzamento delle reti di saperi e capacità nell’area dell’alto Tirreno.
• La presenza diffusa di istituzioni di livello regionale anche all’interno dei partenariati
allargati denota la volontà di integrare l’intervento del programma nelle strategie di
sviluppo regionali.
• Alcuni degli elementi di criticità emersi dall’analisi delle proposte progettuali sono
state: analisi di contesto poco strutturata; partenariato limitato; scarsa partecipazione
delle imprese; misure per la sostenibilità dei progetti insufficienti; idee progettuali poco
coerenti con i termini di riferimento.
• Le difficoltà nella costruzione di reti efficaci (con una partecipazione qualificata)
dovranno essere superate nella fase di affiancamento tecnico prevista prima della
consegna delle proposte definitive.
• Il lancio del secondo bando per progetti strategici, previsto per l’estate 2010, è un
passaggio gestionale che può beneficiare in maniera significativa della sperimentazione
finora condotta dagli organismi di gestione del programma.
Prospettive di sviluppo per la cooperazione territoriale nell’alto Tirreno
La seconda parte del testo prende in esame il concetto di macro-regione. La CE definisce la
macro-regione come un’area che include territori di diversi paesi o regioni associati da una o
più sfide e caratteristiche comuni (…) geografiche, culturali, economiche o altro. La scala
geografica cui la CE si riferisce è ampia e riguarda regioni contigue che condividono una
importante variabile ambientale che condiziona – sia pure in modi diversi - le singole traiettorie
di sviluppo regionali; è il caso, ad es.: del Mare Baltico, del bacino danubiano, della corona
alpina e del mare Mediterraneo.
•
La strategia che deve essere promossa in simili aree è multi-livello (diversi livelli di
governo) e multi-attoriale (diverse tipologie di attori locali coinvolti).
•
Essa non prevede la creazione di istituzioni ad hoc, quanto piuttosto il ‘ri-disegno’ di un
nuovo sistema di governance. Un approccio simile a quello descritto nel lavoro
dell''OECD per l'area Öresund: “governance without government”.
•
Secondo la CE il territorio di queste aree deve essere individuato non tanto su criteri
amministrativi ma bensì funzionali .
•
La macro-regione si definisce in funzione di sfide e opportunità comuni transnazionali
che richiedono un’azione collettiva e che devono essere affrontate attraverso la
costruzione di un piano di azione.
Un’innovazione sul piano della governance delle relazioni di cooperazione tra le regioni è
costituito dallo strumento giuridico del “Gruppo Europeo di Cooperazione Tranfrontaliera”
(GECT - Reg. CE n.1082/2006). Il GECT è stato concepito in primis per sostenere la
12
cooperazione territoriale nell'ambito dei fondi strutturali; il regolamento preveda tuttavia la
possibilità di utilizzo anche al di fuori della politica di coesione e, più in generale, dei
finanziamenti UE. I GECT possono essere utilizzati come strumenti di cooperazione in settori
diversi come la sanità, i trasporti, la prevenzione dei disastri naturali o la creazione di strutture
transnazionali per il turismo. Essi sono inoltre aperti ai finanziamenti nazionali e contribuiscono
a fornire uno strumento aggiuntivo per l'attuazione delle strategie PPP (partenariato pubblicoprivati).
•
Questo doppio binario della cooperazione – subnazionale e transnazionale – delinea
nuove possibilità per l’implementazione delle politiche (place-based) di sviluppo locale
(Barca Report 2009). Da una parte viene infatti valorizzato il ruolo degli enti locali
nell’individuazione delle priorità e degli interventi da adottare ai bisogni specifici dei
territori; e dall’altra, viene fornito uno strumento di coordinamento e confronto più
ampio, e potenzialmente capace di generare effetti virtuosi di apprendimento.
Per quanto riguarda l’Italia , tra i GECT in fase di attuazione ne esaminiamo due: uno relativo
all’ Euroregione Alpi-Mediterraneo, ed uno attuato col Progetto semplice denominato “GECT –
PMIBB”, ammesso a finanziamento sul II Avviso per i Progetti semplici del PO “Marittimo”
Italia-Francia 2007-2013, e riguardante l’area del Parco Marino Internazionale delle Bocche di
Bonifacio. Una breve sintesi relativa al “GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo” ed un
paragrafo specifico sullo stato di attuazione del “GECT-PMIBB” sono riportati nel prosieguo.
1
•
Nel 2008 i presidenti delle regioni interessate all’Euroregione Alpi-Mediterraneo, visti i
ritardi nell’adozione del citato regolamento da parte dello Stato Italiano (l’adozione
avviene solamente il 7 luglio 2009), convengono che la sede legale del GECT sia
stabilita in Francia, e che quindi il GECT sia disciplinato dal diritto francese. Sempre
nel 2008 i cinque presidenti approvano la prima bozza di convenzione e di statuto del
GECT.
•
Nella fase di notifica della Legge Regionale relativa all’adesione al GECT Euroregione
Alpi-Mediterraneo, che la L. R. n. 1/2009 della Regione Liguria viene impugnata dal
Presidente del Consiglio dei Ministri per motivi di legittimità costituzionale. Il
Dipartimento Affari Regionali (DAR) esprime in concomitanza alcune osservazioni
circa la convenzione e lo statuto. Controversia che si risolve nel luglio 2009, quando le
Regioni italiane partecipanti all’Euroregione concordano con i rappresentanti del DAR
e del Ministero degli Affari Esteri alcune modifiche alla Convenzione e allo Statuto.
•
I compiti assegnati al GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo corrispondono agli assi
principali della strategia dell’Euroregione: rafforzare i legami economici, sociali e
culturali tra le rispettive popolazioni; agire a favore dello sviluppo del territorio con
attenzione particolare alle economie locali e all'occupazione, innovazione e ricerca,
ambiente e sviluppo sostenibile, prevenzione dei rischi naturali, accessibilità e trasporti,
turismo e cultura, educazione e formazione; favorire una maggiore concertazione nella
partecipazione comune ai programmi di cooperazione territoriale europea e agli altri
programmi tematici dell’UE, per la realizzazione delle azioni dell’Euroregione;
rappresentare gli interessi dell’Euroregione Alpi Mediterraneo presso le istituzioni
comunitarie e nazionali”.
La collaborazione progettuale tra Sardegna e Corsica per la creazione di un Parco Marino
Internazionale nasce nel 1989 con il programma Interreg I (1989-1993) che prevedeva proprio
la creazione di un Parco Marino Internazionale nelle Bocche di Bonifacio (P.M.I.B.B.). In
questo quadro (Interreg), la CE decise, il 21 maggio 1992, su proposta dei governi italiano e
13
francese, di concorrere alla creazione di un’area marina internazionale protetta nelle Bocche di
Bonifacio. I Ministri dello Sviluppo dei due Paesi, riuniti ad Aosta il 31 ottobre 1992,
ufficializzano il progetto di creazione di un Parco Marino Internazionale in questa zona
transfrontaliera.
• L’architettura generale del progetto è stata avviata sulle proposte elaborate dall’Office
de l’Environnement de la Corse (O.E.C.) e da un gruppo tecnico italiano, sulla base di
studi scientifici e di consultazioni locali, validati da un Comitato Tecnico di
Monitoraggio. Ciò ha condotto alla creazione della Riserva Naturale delle Bocche di
Bonifacio, in Corsica, e al Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena, in
Sardegna.
• Nel Rapporto del Presidente della Corsica del 13 novembre 2009 (n0 2009/O2/192 ) si
afferma come sino ad oggi siano emerse solo operazioni parallele da una riva all’altra...
“L’adozione del Reg. (CE) 1082/2006 ha consentito di aprire la possibilità di consacrare
giuridicamente il progetto del Parco Marino Internazionale”.
•
Attraverso questo percorso l’O.E.C. e la Regione Sardegna arrivano alla presentazione del
progetto semplice P.M.I.B.B. sul PO Italia/Francia “Marittimo”, ammesso a finanziamento sul
secondo avviso per la presentazione di progetti semplici. Nella fiche progettuale si legge che
“l’obiettivo generale del progetto è la messa in atto effettiva del Parco Marino Internazionale tra
la Corsica e la Sardegna, implicante la creazione di un Gruppo Europeo di Cooperazione
Territoriale (GECT), avente come primo compito l’elaborazione di un piano di gestione comune,
la messa in atto di azioni di monitoraggio scientifico e la realizzazione di un modello comune di
utilizzo di energie rinnovabili riguardante la zona del Parco Marino Internazionale delle Bocche
di Bonifacio (Isola di Spargi, Sardegna) e la sua base scientifica (Isola Lavezzu, Corsica)”.
Quale metodo per la valutazione del PO Maritime nel corso della attuazione ?
Il gruppo di lavoro attivato per la definizione delle procedure di attuazione dei progetti strategici
ha esplorato alcune prime applicazioni di metodo alla valutazione dell'impatto del programma
nell'area di intervento. Il contributo redatto in seno al GdL ha consentito di avviare la
modellizzazione del cosiddetto “effetto moltiplicatore” degli interventi finanziati dal
programma, ed è divenuto successivamente parte integrante della documentazione di supporto
al bando per i Progetti Strategici.
Di fianco a questo primo esercizio – che deve essere ulteriormente perfezionato – vi sono altre
pratiche e tecniche di valutazione che possono essere attivate dalla AdG. Una delle più rilevanti
per un programma di cooperazione territoriale europea consiste nella capitalizzazione delle
buone pratiche nella gestione delle politiche di sviluppo regionale. Abbiamo già visto come per
questi programmi operativi sia importante porre attenzione non solo ai territori inclusi nell'area
di intervento, ma anche in simili aree transfrontaliere europee – come nel caso delle esperienze
legate agli sviluppi del concetto di macro regione. La comparazione e l'apprendimento necessità
però di un approccio che faciliti la lettura e la classificazione delle esperienze, così da rendere
più agevole il lavoro di capitalizzazione.
Nel campo dell'innovazione tecnologica, ad es., il Rapporto Barca evidenzia come siano proprio
la diversità e l’apertura dei sistemi regionali e nazionali all’interno della UE a conferire una
particolare fisionomia ai cluster innovativi europei. Queste caratteristiche possono favorire la
nascita di spazi regionali di ricerca e innovazione attraverso i confini nazionali. “L’UE può
cogliere i benefici delle esternalità transnazionali incoraggiando la circolazione delle
informazioni sui risultati delle politiche e sulle buone pratiche.” (130)
• E’ proprio l’imperfetta disponibilità delle informazioni a creare spesso degli intoppi che
impediscono lo sviluppo di sistemi innovativi nelle regioni periferiche o svantaggiate –
ma anche in molti sistemi locali in area “competitività”. Occorre mettere in discussione
le posizioni di rendita ed esplorare, replicare e proporre nuove forme di contratto tra i
soggetti coinvolti.
14
•
Queste tecniche partono necessariamente dalla individuazione di buone pratiche che
rendano chiare le componenti e le funzioni degli assetti istituzionali (governance) o dei
processi innovativi (ad es., la fornitura di particolare servizi) da introdurre nei sistemi
regionali – i casi analizzati dovranno distinguersi per la solida esperienza di gestione.
Una operazione preliminare proposta riguarda la lettura del PO dalla prospettiva della tipologia
di beni collettivi prodotti; lettura che procede attraverso una matrice territoriale che porta ad
evidenziare quali tipi di configurazioni locali si sono venute a creare nell'area transfrontaliera
rispetto alla concentrazione di alcuni beni collettivi (esternalità positive per i sistemi produttivi
locali; beni ambientali e territoriali; beni immateriali). La domanda che si pone in questo caso
riguarda la potenziale varietà di allocazione territoriale di risorse e beni nei sistemi locali del
lavoro.
Un ulteriore aspetto che assume un certo rilievo per la valutazione dell'efficacia del programma
riguarda il modello di governance delle reti (progetti semplici e strategici) che sono state
finanziate. In via preliminare si può affermare che la buona riuscita delle reti transfrontaliere
può dipendere dal gioco incrociato di alcune variabili. La prima riguarda la tradizione preesistente di relazioni tra gli attori, ovvero il capitale sociale che caratterizza una determinata
area; la secondo riguarda l’”imprenditorialità” politica locale; l'ultimo aspetto rilevante riguarda
le specifiche scelte organizzative seguite dagli attori per regolare le loro relazioni e la
partecipazione sia alla fase di decisione che di attuazione delle politiche. Per quanto riguarda
invece le dimensioni da analizzare ricordiamo in particolare il coordinamento interno dei singoli
progetti; il rapporto pubblico / privato; le relazioni con le altre politiche di sviluppo regionale e
il carattere innovativo dei risultati del progetto.
L'ultima proposta contenuta nella terza parte del rapporto riguarda l'analisi delle reti di
innovatori che sono state finanziate dal programma, sia attraverso i progetti semplici che
strategici, attraverso l'utilizzo di tecniche di social network analysis.
Conclusioni
L'analisi delle reti costituite nei primi due bandi dei progetti semplici e nella fase di avvio dei
primi progetti strategici ha mostrato una chiara asimmetria nella partecipazione delle
categorie di beneficiari attivati all'interno dei progetti finanziati. Questa particolare
configurazione – descritta nella parte prima del rapporto - rischia di ridurre l'impatto del
programma in conseguenza della marginalità di alcuni soggetti cruciali per il raggiungimento
degli obiettivi di coesione e sviluppo dell'area transfrontaliera.
Se dal fronte dei progetti semplici questa situazione può essere solo parzialmente corretta,
nell’ambito dei progetti strategici vi sono maggiori margini di intervento e condizionalità che
possono essere attivate dalla autorità di gestione.
Occorre, infatti, prevedere nuovi ambiti di partecipazione per i soggetti che sono stati
scarsamente integrati nel programma (ad es., Comuni, Università, centri di ricerca e
trasferimento tecnologico, imprese private, enti gestori di importanti beni pubblici, come
Parchi, Porti ecc.). La partecipazione di questi soggetti è stata parzialmente ostacolata da
pratiche ricorrenti e consolidate nell’azione di alcune strutture intermedie che hanno avuto un
ruolo importante nelle fasi di avvio del programma pur senza contribuire ad aprire la
partecipazione a tutte le categorie di beneficiari.
La rottura di queste pratiche richiede l'attivazione - nel quadro della assistenza tecnica – di
nuove modalità di informazione e partecipazione alle operazioni promosse dal programma. Le
15
azioni che possono essere attivate riguardano, da un lato, la revisione della governance del
programma, e dall'altro, azioni rivolte all’esterno, orientate alla ricerca di nuove idee
progettuali e soggetti beneficiari: comunicazione mirata, Scouting e Audit tecnologico.
Le attività di scouting sono tese alla ricerca e raccolta di opportunità che non emergono in
modo spontaneo, ad es.: idee imprenditoriali in nuovi ambiti di produzione; potenziali spin-off
legati a tecnologie ancora insufficientemente espresse in particolari contesti territoriali. Questa
pratica può essere promossa attraverso “chiamate di progetti o idee” (competitive call), oppure
attraverso l’attivazione di intermediari che abbiano reti di relazioni personali o istituzionali
con i contesti che concentrano le risorse potenziali che il programma ricerca. Si tratta in ogni
caso di progettare campagne mirate di comunicazione e di competizione (premi, borse di
ricerca, ecc.). Nel caso delle imprese il canale informale (word-of mouth) può essere
particolarmente efficace; occorre però non affidarsi agli intermediari istituzionali o consolidati
che spesso riproducono modelli di relazione che possono essere ostili ai cambiamenti auspicati
dai programmi di sviluppo, e cercare nuovi spazi di relazione. Una volta individuato un nuovo
canale o contatto si innescano degli effetti a cascata (“snowball effect”) e le informazioni sui
nuovi soggetti aumentano di conseguenza.
Le pratiche di “Technology audit”operano più nell’ambito dei programmi di sostegno alla
innovazione tecnologica delle imprese per aumentare la loro capacità di ricevere ed includere i
saperi e le competenze necessarie al rafforzamento della competitività. Queste pratiche si
applicano nella analisi delle imprese nel quadro di programmi di innovazione tecnologica
attraverso visite dirette svolte preferibilmente da esperti nei settori tecnologici e nella
innovazione organizzativa.
Se sul piano della partecipazione emergono delle asimmetrie nelle presenze dei beneficiari nei
progetti finanziati l’osservazione dell’avanzamento del programma ha evidenziato un trade-off
tra efficienza allocativa ed efficienza realizzativa che si è sostanziato nella incompleta
copertura degli obiettivi specifici programmati. Questa configurazione si esprime come effetto
della attuazione della strategia ed è almeno parzialmente in relazione con l’effetto
precedentemente descritto.
La sua risoluzione può richiedere tuttavia ulteriori accorgimenti alla AdG, come, ad es., la
rimodulazione delle risorse finanziarie a vantaggio degli obiettivi specifici che mostrano una
maggiore efficienza, oppure l’adozione di premialità specifiche da adottare parallelamente alle
pratiche di reclutamento e partecipazione che abbiamo descritto sopra.
La conoscenza approfondita da parte degli Organismi di Gestione del programma degli
stakeholders territoriali non ancora inclusi nelle reti create, ma strategici per raggiungere gli
obiettivi del PO, lascia prefigurare possibili sviluppi futuri che vedano eccellenze regionali
inserite in reti attraverso una forte attività di governance ed animazione territoriale stimolata
da criteri premiali ad-hoc da introdurre nei futuri bandi per progetti semplici e strategici.
Sempre nel quadro di una rimodulazione dei criteri premiali da introdurre nelle chiamate a
proporre progettuali future, potrebbe essere introdotta una valutazione aggiuntiva per i
progetti che si propongono di realizzare interventi infrastrutturali pilota nell'ambito degli
obiettivi specifici del PO.
Dal punto di vista dell’avanzamento finanziario del PO si evidenzia come la procedura di
impegno delle risorse procede in maniera soddisfacente per tutti gli Assi Prioritari, mentre la
spesa appare molto rallentata: essa infatti rappresenta soltanto l’11,5% degli impegni.
L’indice di efficienza realizzativa del Programma, indicatore sintetico dell’avanzamento
16
finanziario dato dal rapporto tra spese effettuate e risorse programmate, a causa della lentezza
della spesa si ferma dunque al 5,4%. Una percentuale questa insoddisfacente e tale da non
consentire il raggiungimento del valore soglia in grado di evitare il disimpegno automatico
delle risorse fissato per il 2009 a poco meno di 10,7 milioni di euro (quota UE + quota
nazionale).
A causa della lentezza della spesa le risorse complessive che saranno disimpegnate ammontano
dunque a poco meno di 2 milioni di euro.
L’applicazione della regola dell’n+2 all’anno 2010 fissa per la fine di questo anno a 30,4
milioni di euro il livello di spesa minimo in grado di evitare il disimpegno automatico di
ulteriori risorse finanziarie. Nel corso del 2010 sarà dunque necessaria la certificazione di una
spesa pari a 21,579 milioni di euro.
Questi dati evidenziano come una corretta gestione finanziaria del Programma, in grado di
evitare ulteriori riduzioni delle risorse stanziate, richieda una decisa accelerazione della spesa:
infatti il raggiungimento nel 2010 dell’obiettivo di spesa corrisponde ad un indice di efficienza
realizzativa pari a 18,8, superiore di ben 13,5 punti percentuali a quello raggiunto alla fine del
2009.
17
PARTE - 1
Il processo di attuazione del Programma Operativo “Marittimo”
1.1
La struttura di governance e gli strumenti di gestione operativa del Programma
La struttura gestionale del programma è stata creata per rispondere alla necessità di un diffuso
coordinamento interregionale che assicurasse una forte condivisione delle scelte operative ed al
tempo stesso una efficace implementazione. Con queste finalità si intendeva passare da un
modello precedente caratterizzato da una certa frammentarietà e scarsa integrazione degli
organismi di gestione del programma (una autorità di gestione e tre autorità ausiliarie che
operavano ciascuna in maniera autonoma) ad un nuovo modello organizzativo in cui la Regione
Toscana, individuata quale Autorità di Gestione del Programma, di concerto con le altre tre
Regioni, stabilisce gli organismi di gestione e un Segretariato Tecnico Congiunto; a questi si
aggiunge una antenna in Corsica, con un forte ruolo di supporto operativo al Programma.
Si riepilogano di seguito gli organismi di gestione e supporto del Programma:
•
•
•
•
•
•
l’Autorità di Gestione Unica (AGU), istituita presso la Regione Toscana, Direzione
Generale Presidenza - Settore Attività Internazionali, (Responsabile: Maria Dina Tozzi),
responsabile della gestione e attuazione del Programma Operativo;
l’Autorità di Certificazione Unica (ACU), collocata presso la Regione Toscana,
Direzione Generale Bilancio e Finanze, Settore Contabilità, (Responsabile: Alessandro
Bini) che ha il compito di elaborare e trasmettere alla Commissione le dichiarazioni
certificate delle spese e le domande di pagamento e di ricevere i pagamenti effettuati
dalla Commissione così come di effettuare i pagamenti ai beneficiari principali del
programma;
l’Autorità di Audit Unica (AAU) istituita presso la Regione Toscana, Direzione
Generale Presidenza, Settore Programmazione negoziata e controlli comunitari,
(Responsabile: Marzia Faggiano), responsabile della verifica dell’efficace
funzionamento del sistema di gestione e controllo del Programma;
il Comitato di Sorveglianza (CdS), istituito come disposto dall’art. 63 e segg. del
Regolamento (CE) N. 1083/2006, le cui attività sono regolate secondo quanto disposto
dal Regolamento interno adottato in occasione della prima seduta del 5 febbraio 2008,
che accerta l'efficacia e la qualità dell'attuazione del Programma;
il Comitato Direttivo (Cd) istituito in seno al CdS, ai sensi dell’art. 19 del Regolamento
1080/2006, per la selezione ed approvazione dei progetti sulla base dei criteri di
selezione approvati dal Comitato di Sorveglianza,
il Segretariato Tecnico Congiunto (STC) che affianca l’AGU nei suoi compiti e, se del
caso, assiste anche l’AAU (art. 14 Reg.(CE) N. 1080/2006) con sede a Livorno,
(Coordinatore: Marco Carpi - I membri del Segretariato sono stati selezionati dagli Stati
18
•
membri del Programma, in accordo con l’Autorità di Gestione Unica, sulla base di
criteri di equilibrio transfrontaliero e di specifiche competenze);
il Contact Point Corse (CPC), istituito presso la Direction des Affaires Européennes et
de la Coopération di Ajaccio, punto di contatto transfrontaliero con funzioni di
informazione e animazione che opera in collegamento funzionale con il Segretariato
Tecnico Congiunto.
Ricomponendo l’organigramma della struttura gestionale del programma si osserva come Il
Settore “Attività Internazionali” della Regione Toscana, Autorità Unica di Gestione del
Programma, è in relazione di dipendenza funzionale dalla Direzione Generale “Presidenza”.
L’Area di coordinamento “Programmazione e controllo” esercita le funzioni di Autorità di
Audit Unica per tutti i programmi cofinanziati dai fondi strutturali ed è autonoma e
funzionalmente indipendente dalla Direzione Generale “Presidenza” nell’esercizio di tali
compiti. L’Autorità di Certificazione Unica è collocata presso la Direzione Generale “Bilancio
e Finanze”, funzionalmente ed organizzativamente autonoma dalla Direzione Generale
“Presidenza”. Tale configurazione organizzativa garantisce dunque la separazione dei ruoli e la
non sovrapposizione delle responsabilità durante l’implementazione del Programma.
•
La creazione della struttura di gestione del programma - complessa, ma al tempo stesso
fortemente integrata - se da una parte ha necessitato una fase di set-up e avvio che ne ha
rallentato l’operatività, ha assicurato nella seconda metà del 2008 un’efficace
implementazione e gestione delle attività previste.
La prima riunione del CDS è stata a Livorno il 5 Febbraio 2008 mentre solamente il 1° di
Giugno 2008 è entrato nel pieno delle sue funzioni il STC con sede a Livorno (il CPC Corse è
stato invece istituito ed entrato in funzione solamente nell’Ottobre 2008).
Nella fase temporale intercorsa tra gli esiti del primo CDS e l’insediamento ed inizio
dell’operatività del STC, l’Autorità di Gestione Unica del programma, di concerto ed in stretto
coordinamento con le altre autorità regionali, ha svolto dunque anche la funzione di supporto
operativo all’implementazione del Programma, provvedendo fra l’altro:
•
•
•
a realizzare uno studio di fattibilità finalizzato alla realizzazione del Sistema
informatizzato di gestione del Programma;
a istituire 3 Gruppi di Lavoro che approfondissero specifiche tematiche di interesse del
Programma (uno sui Progetti Strategici, uno sulla partecipazione degli operatori
economici al Programma e regime d’aiuto, uno sul Gruppo Europeo di Cooperazione
Territoriale (GECT);
a predisporre la documentazione relativa al primo bando per Progetti Semplici, aperto il
14 Maggio 2008
Le modalità organizzative delle attività relative all’implementazione del Programma nel suo
complesso, così come le attività predisposte per l’animazione e l’accompagnamento alla
costruzione dei progetti, hanno consentito un coinvolgimento diffuso delle autorità locali
coinvolte nella attuazione del programma. Una scelta condivisibile e che tende a garantire una
maggiore coerenza tra strategia e attuazione. D’altro canto si osserva come nella prima metà del
2008, in assenza di una struttura di assistenza tecnica, il programma abbia stentato ad avviare le
sue prime operazioni.
La stessa valutazione intermedia del precedente PO Interreg IIIA ILES aveva sottolineato la
necessità di una attivazione tempestiva dei servizi di sostegno alla Autorità di Gestione, come
19
l’assistenza tecnica, la valutazione e la comunicazione, al fine di sostenere le normali attività di
controllo del programma; ed evidenziava inoltre come una delle criticità del precedente
programma fosse la carente o inadeguata informazione dei beneficiari sulle procedure di
attuazione, con conseguenti difficoltà nel rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione (cfr.
PO, 20).
1.2
I principali passaggi procedurali nella fase di avvio del programma
La decisione della CE che adotta ai fini dell’intervento strutturale comunitario il programma
operativo "Italia – Francia Marittimo 2007-2013" è datata 16 Novembre 2007 (CCI 2007 CB
163 PO 033). Il testo precisa all’art. 2 che le spese effettivamente sostenute nell’ambito del
programma operativo sono ammissibili a partire dal 1° gennaio 2007.
Nonostante una serie di riunioni preparatorie, svoltesi tra i partner del programma (vedi § 1.8
del testo del PO), l’attuazione del programma prende avvio all’inizio nel 2008 con il primo
Comitato di Sorveglianza (CdS), tenutosi a Livorno il 5 Febbraio. Le principali decisioni prese
nel corso della riunione riguardano l’insediamento degli organismi di gestione e controllo del
programma, primo fra tutti lo stesso CdS (composizione e regolamento) e il Comitato Direttivo
(CD). Il CdS di febbraio assume anche delle decisioni che hanno un impatto sull’avvio
dell’attuazione del PO. In particolare si decide di aprire un primo bando per progetti semplici4 a
valere su tutti gli assi prioritari del PO. La procedura di evidenza pubblica prende avvio il 14
Maggio 2008 e la scadenza viene fissata 60 gg. dopo.
Il decreto della Giunta regionale Toscana (GRT) 1729 del 17 aprile 2008 approva la
documentazione del bando e, in merito ai beneficiari finali, afferma che “possono partecipare al
bando tutti i soggetti eleggibili al Programma, con sede legale o operativa nell’area di
cooperazione […] potranno inoltre beneficiare dei contributi Fesr anche i soggetti pubblici di
livello nazionale o regionale che hanno competenze specifiche nell’area di riferimento pur con
sede al di fuori della stessa”. Si chiarisce inoltre che “i progetti non potranno prevedere
l’erogazione di contributi in regime de minimis né in regime di aiuto”:
•
questo passaggio impedisce l’accesso dei soggetti privati al bando, nonostante il PO
preveda in modo esplicito per l’asse II - “Innovazione e competitività” le imprese (e i
loro consorzi) tra i beneficiari, mentre non li esclude per gli altri assi, dove nel PO
compare la dicitura generica “altri beneficiari compatibili con l’intervento”.
A questo proposito il PO, nel capitolo dedicato al sistema di attuazione, non prevedeva in
principio alcuna esclusione per i soggetti privati: “possono beneficiare del contributo pubblico
sulla base delle misure specifiche previste per gli aiuti di stato notificate e accettate dalla
Commissione Europea (entro i limiti previsti dalle regole di esenzione per gli aiuti in de
minimis, gli aiuti alle PMI, le attività formative e gli aiuti a investimenti regionali e nazionali)
[…].” In ogni caso il testo chiarisce che le finalità che gli operatori economici possono
perseguire all’interno del programma riguardano progetti congiunti e transfrontalieri tesi a
rafforzare la dotazione territoriale di beni collettivi (cfr. PO, 209).
Durante il primo CdS questa decisione viene discussa in particolare con il rappresentante del
Ministero dello Sviluppo economico che non ravvisa ostacoli in questo senso. L’autorità di
gestione ritiene tuttavia di non dover ancora procedere nel senso di un coinvolgimento diretto
dei privati nella attuazione del PO (che avverrà con il II° bando) e decide di costituire un gruppo
di lavoro che approfondisca i criteri di partecipazione degli operatori economici, suggerendo
che la sua composizione includa i referenti dei PO competitività delle regioni partners,
4
La dotazione finanziaria viene così definita nel bando all’art. 7: “Il contributo FESR disponibile per il presente bando
ammonta alla somma di 23.802.712 euro, equivalente al totale delle annualità 2007, 2008 e 2009 allocate per Progetti Semplici,
come stabilito nella Guida per l’attuazione.
20
coordinati dall’AUG.
La prima riunione del Comitato direttivo (21 ottobre 2008) prende in considerazione
l’ammissibilità dei progetti pervenuti al primo bando dei progetti semplici. I progetti esclusi
sono 9, per i rimanenti 73, di cui alcuni presentano lievi imperfezioni formali, si procede nella
valutazione. La seconda riunione del Comitato direttivo (17 dicembre 2008) approva la
graduatoria predisposta nel frattempo dal segretariato tecnico; sono ammessi a finanziamento 14
progetti. Si decide inoltre, anche in relazione al ritardo del programma, di dare mandato all’Adg
di attivare una procedura d’urgenza indirizzata al CdS per allocare ulteriori risorse fino a
12.500.000 Euro di Fesr raccomandando il Segretariato di utilizzare le risorse per intero
considerando un criterio di proporzionalità tra gli Assi. I progetti che risultano finanziabili
risultano essere nove. Alle attività del CD seguono gli atti della Autorità di gestione. Con il
decreto (GRT) 6642 del 31 dicembre 2008 si giunge alla approvazione della graduatoria del
Bando da parte della autorità di gestione. Il decreto comprende l’elenco dei progetti ammessi,
finanziati e non finanziati, mentre si rinvia l’impegno della spesa relativa ad un successivo atto,
chiudendo l’anno senza incidere sull’avanzamento finanziario del PO. Con il decreto 1062
(GRT) del 9 marzo 2009, a seguito della procedura scritta del CdS, si procede all’approvazione
del secondo gruppo di progetti, anche in questo caso gli impegni sono rimandati.
Con il decreto (GRT) n. 7246 del 18 dicembre 2009 sono impegnate le risorse relative al
finanziamento dei progetti approvati nel quadro del primo bando per progetti semplici per un
importo di euro 7.953.764,06. Tale quota è pari al 20% del finanziamento concesso (pari
all’impegno di spesa a valere sull’esercizio finanziario 2009), mentre viene effettuata una
prenotazione specifica per il restante 80% del finanziamento, pari a euro 31.815.056,22 per la
parte dell’onere relativo all’annualità 2010.
Nel frattempo erano state avviate le procedure relative ad altre due importanti operazioni:
•
•
con il decreto (GRT) n. 3706 del 29 luglio 2009 viene approvato il secondo avviso per
la presentazione di candidature per progetti semplici, come indicato dalla decisione del
CdS del 17 marzo 2009;
mentre con il decreto (GRT) 4006 del 18 agosto 2009 viene infatti approvato l’avviso
per la manifestazione di interesse per la presentazione di candidature di progetti
strategici, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 36 del 9
Settembre 2009, che ha come data di scadenza per la candidatura delle proposte
progettuali l’8 Novembre 2009.
Il terzo Comitato direttivo (11 febbraio 2010) approva la graduatoria dei progetti presentati sul
secondo avviso per progetti semplici, richiedendo al Comitato di Sorveglianza un ampliamento
delle risorse finanziarie da allocare sul bando. Il terzo Comitato di Sorveglianza (12 febbraio
2010) approva di conseguenza l’aumento della dotazione di risorse finanziarie nella misura di
Euro 6.020.036,43, pari al 40% circa delle risorse messe a bando.
Il Comitato direttivo approva inoltre la proposta di graduatoria dei progetti ammessi alla fase II
del primo avviso per Progetti Strategici. Tali graduatorie sono validate dal Comitato di
Sorveglianza del 12 febbraio 2010 e formalizzate attraverso gli atti dell’Autorità di Gestione:
con il decreto n. 921 del 4 Marzo 2010 viene approvata la graduatoria dei progetti presentati sul
II° bando per progetti semplici, ammessi e finanziati e non finanziati, così come deciso dal CdS.
Con decreto n. 928 dello stesso 4 Marzo vengono invece ammessi alla seconda fase le
candidature di progetti strategici come deliberato dallo stesso CdS.
Il 30 Marzo 2010, attraverso il decreto (GRT) n. 1573 vengono impegnate le risorse per il
finanziamento dei progetti approvati sul secondo bando per progetti semplici per un importo
21
complessivo di euro 19.783.932,41 così ripartiti: euro 4.945.983,11 sull’esercizio finanziario
2010; euro 6.924.376,34 sull’esercizio finanziario 2011; euro 7.913.572,96 sull’esercizio
finanziario 2012.
Infine, attraverso il decreto (GRT) n. 1827 del 19 aprile 2010 vengono impegnate le risorse per
il rimborso delle spese certificate per assistenza tecnica da parte delle Regioni Partner del
Programma nel periodo dal 1 gennaio 2007 al 30 dicembre 2009 come di seguito descritto: euro
150.112,25 alla Regione Liguria (quota FESR e contropartita Nazionale); euro 89.249,70 alla
Regione Sardegna (quota FESR e contropartita Nazionale); euro 107.288,40 alla Collettività
Territoriale della Corsica (quota FESR).
1.3
L’avanzamento finanziario del Programma
Il processo attuativo del Programma, esaminato nel rapporto, ha prodotto alla data del 31
dicembre 2009 un avanzamento finanziario sintetizzato da un livello di impegni e di spese pari
rispettivamente a € 76.578.909,91 ed € 8.823.982,04.
Alla data considerata gli impegni assunti rappresentano il 47,3% del totale delle risorse
programmate.
Per i primi 4 Assi Prioritari del Programma gli impegni corrispondono al 100% delle risorse
allocate con il finanziamento dei progetti semplici finanziati a valere dei primi due bandi e sono
stati assunti a seguito della stipula delle Convenzioni tra AGU e i soggetti Capofila.
Per l’Asse Prioritario 5 gli impegni riportati tabella corrispondono al tiraggio finanziario
dell’Asse per l’intero periodo di Programmazione, come da piano finanziario approvato dalla
Commissione.
Avanzamento finanziario al 31 dicembre 2009
Asse
Asse I “Accessibilità e reti
di comunicazione
Asse II “Innovazione e
competitività”
Asse III – “Risorse
naturali e culturali”
Asse IV –
“Integrazione delle
risorse e dei servizi”
Asse V – “Assistenza
tecnica”
Totale PO
Programmato
(a)
Impegni
(b)
Spese
(c)
b/a
x 100
c/b
x 100
c/a
x 100
€
48.592.907,00
€
13.614.096,00
€ 1.551.129,33
28,0
11,4
3,2
€
32.395.271,00
€
12.001.489,00
€ 1.069.188,53
37,0
8,9
3,3
€
48.592.907,00
€
27.875.237,91
€ 3.446.980,91
57,4
12,4
7,1
€
22.676.688,00
€
13.369.506,00
€ 1.424.575,79
59,0
10,7
6,3
€ 9.718.581,00
€ 9.718.581,00
€ 1.332.107,48
100,0
13,7
13,7
€
161.976.354,00
€
76.578.909,91
€ 8.823.982,04
47,3
11,5
5,4
Se l’avanzamento degli impegni procede in maniera soddisfacente per tutti gli Assi Prioritari, la
spesa appare invece molto rallentata: essa infatti rappresenta soltanto l’11,5% degli impegni.
L’indice di efficienza realizzativa del Programma, indicatore sintetico dell’avanzamento
22
finanziario dato dal rapporto tra spese effettuate e risorse programmate, a causa della lentezza
della spesa si ferma dunque al 5,4%. Una percentuale questa insoddisfacente e tale da non
consentire il raggiungimento del valore soglia in grado di evitare il disimpegno automatico delle
risorse fissato per il 2009 a poco meno di 10,7 milioni di euro (quota UE + quota nazionale).
A causa della lentezza della spesa le risorse complessive che saranno disimpegnate ammontano
dunque a poco meno di 2 milioni di euro.
L’applicazione della regola dell’n+2 all’anno 2010 fissa per la fine di questo anno a 30,4
milioni di euro il livello di spesa minimo in grado di evitare il disimpegno automatico di
ulteriori risorse finanziarie. Nel corso del 2010 sarà dunque necessaria la certificazione di una
spesa pari a 21,579 milioni di euro.
Questi dati evidenziano come una corretta gestione finanziaria del Programma, in grado di
evitare ulteriori riduzioni delle risorse stanziate, richieda una decisa accelerazione della spesa:
infatti il raggiungimento nel 2010 dell’obiettivo di spesa corrisponde ad un indice di efficienza
realizzativa pari a 18,8, superiore di ben 13,5 punti percentuali a quello raggiunto alla fine del
2009.
1.4
Il processo di attuazione dei progetti semplici
Il Programma Operativo ha identificato nei Progetti Semplici e nei Progetti Strategici i due
tipi progettuali attuativi dei primi 4 Assi, ripartendo indicativamente le relative risorse
finanziarie secondo lo schema di seguito riportato. All’interno di questa ripartizione indicativa
dunque i progetti semplici dovrebbero assorbire poco più della metà delle risorse finanziarie
degli Assi 1-4. Il peso maggiore delle risorse stanziate riguarda l’Asse 3; mentre all’Asse 2 è
destinata la quota minore delle risorse disponibili.
Tab. 1 - Ripartizione indicativa risorse PO per asse e per tipologia di progetto in Euro
Progetti strategici
%
Progetti semplici
%
Totale
Asse 1
29.155.744
60
19.437.163
40
48.592.907
Asse 2
19.137.163
60
12.958.108
40
32.395.271
Asse 3
19.137.163
40
29.155.744
60
48.592.907
Asse 4
6.803.006
30
15.873.682
70
22.676.688
Totale
74.833.076
49,2
77.424.697
50,8
152.257.773
Alla data del 31 dicembre 2009 sono stati emanati due bandi per il finanziamento dei progetti
semplici. Entrambi i bandi sollecitavano la presentazione di proposte progettuali su tutti gli assi
prioritari e per tutti gli obiettivi del PO pur mancando una ripartizione indicativa per Asse delle
risorse disponibili. Il secondo bando tuttavia includeva una premialità aggiuntiva per i progetti
diretti ad attuare quegli obiettivi specifici che avevano ricevuto minore attenzione nel primo
bando; un accorgimento teso a bilanciare la distribuzione dei progetti sul piano finanziario e gli
obiettivi specifici del PO.
Alla scadenza del primo bando sono state presentate 82 proposte progettuali: di queste ne sono
state ammesse alla valutazione 73. Alla scadenza del secondo bando il numero delle proposte
progettuali pervenute è stato molto inferiore: 36 complessivamente, di queste 30 sono state
ammesse a valutazione. In relazione agli Assi del Programma, le proposte progettuale ammesse
a valutazione e i loro importi finanziari sono così suddivise (vedi tab. 2). Dei progetti giudicati
ammissibili ne sono stati finanziati complessivamente 38. Nel primo bando 23; nel secondo
bando, 15.
Relativamente al primo bando sono stati inizialmente approvati 14 progetti con il decreto (GRT)
23
n. 6642 del 31 Dicembre 2008; altri 9 progetti sono stati finanziati con decreto (GRT) n. 1062
del 9 Marzo 2009, emanato successivamente all’esito positivo della procedura d’urgenza
avviata dall’Autorità di Gestione Unica per allocare ulteriori € 12.500.000 per il finanziamento
dei progetti semplici. I progetti ammessi a seguito della valutazione delle proposte pervenute a
seguito del secondo bando sono stati 15; il loro finanziamento è stato deciso con il decreto
(GRT) n. 921 del 4 Marzo 2010 in conseguenza delle decisioni assunte dal Comitato Direttivo e
dal Comitato di Sorveglianza del 10-11 febbraio 2010.
Tab. 2 - Ripartizione per Asse delle proposte progettuali
Progetti ammissibili
Progetti finanziati
Dotazione disponibile
I°
Bando
II°
Bando
Totale
N.
Importo
%
Importo
%
Asse 1
6
2
8
7
13.614.096
20
5.823.067
54
Asse 2
20
9
29
8
12.001.489
18
956.619
9
Asse 3
42
9
51
15
27.675.238
42
1.480.506
14
Asse 4
5
10
15
8
13.369.506
20
2.504.176
23
Totale
73
30
103
38
66.660.329
100
10.764.368
100
Con il finanziamento dei 38 progetti semplici è stato allocato l’86% delle risorse destinate dal
PO al finanziamento dei Progetti semplici. Il confronto tra le risorse finanziarie disponibili per
tipo di progetto ed Asse e le risorse assegnate ai progetti semplici approvati mostra come ci sia
ancora un leggero sottoutilizzo delle risorse disponibili. Un altro aspetto che emerge dalla
lettura della tabella 2 riguarda il peso degli impegni finanziari per i singoli Assi. L’allocazione
delle risorse stanziate con i due bandi mostra la grande capacità di tiraggio dell’Asse 3, che
concentra una quota pari al 42% delle risorse disponibili. Anche l’Asse 2 evidenzia un buon
risultato: il residuo non ancora impegnato è infatti il più basso del programma. Al contrario
l’Asse 1, che ha espresso in questi due primi bandi il numero minore di proposte progettuali,
sembra evidenziare una scarsa capacità di tiraggio finanziario e, di conseguenza il più
consistente residuo ancora da allocare.
Si deve sottolineare che il quadro riassuntivo è la risultante degli esiti notevolmente differenziati
delle due procedure. Nel primo bando infatti la situazione era caratterizzata da queste due
principali tendenze:
• poco meno della metà delle risorse finanziarie era concentrata su progetti afferenti il
terzo Asse;
• il quarto e, soprattutto, il secondo Asse, che aveva visto il finanziamento di un quinto
soltanto dei progetti ammessi, concentrano una quantità molto ridotta di finanziamenti.
Con il secondo bando la distribuzione dei progetti per obiettivo specifico viene riequilibrata.
Con questa procedura si concentra una quota maggiore di risorse verso i temi del secondo e del
quarto Asse. Rimane penalizzato però l’Asse 1 al quale è destinato soltanto il 15% delle risorse
stanziate e che mostra una scarsissima capacità di progettazione, testimoniata dal basso numero
di progetti ammissibili (8 su un totale di 103; 2 soltanto relativi al secondo bando).
Se si analizza la situazione in relazione ai singoli obiettivi specifici del PO, i problemi emersi
nell’attuazione del primo bando e la funzione di riequilibrio svolta dal secondo bando emerge
ancora più chiaramente. L'attuazione del primo bando di progetti semplici aveva posto in
maniera evidente un problema di efficienza allocativa. Esso infatti non aveva permesso di
coprire tutto l'insieme degli obiettivi specifici. Temi centrali per il Programma (cfr. tab. 3) non
avevano trovato progettazioni adeguate in questo primo bando di progettazione di progetti
24
semplici:
• le “azioni volte a sviluppare nuove soluzioni sostenibili di trasporto marittimo e aereo”
(Ob. Spec. 1 dell’Asse 1 – Accessibilità e reti di comunicazione);
• lo “sviluppo di reti tra Università, Centri di Ricerca e le imprese” (Ob. Spec. 1
dell’Asse 2 – Innovazione e competitività);
• due obiettivi specifici dell’asse 4 (Integrazione delle risorse e dei servizi) “Favorire la
coesione istituzionale e lo scambio di buone pratiche” e “politiche congiunte per
migliorare l’accesso ai servizi pubblici urbani”.
Tab. 3 – Distribuzione dei progetti semplici per obiettivo specifico del PO
Bando I
Bando II
Asse 4 - “Integrazione delle risorse
e dei servizi ”
Asse 3 - “Risorse naturali e culturali”
Asse 2 - “Innovazione e
competitività”
Asse 1 - “Accessibilità e reti
di comunicazione”
Finanz.
Ob. Spec. 1 - Incoraggiare politiche
ed azioni congiunte volte a
sviluppare nuove soluzioni
sostenibili di trasporto
Ob. Spec. 2 -Contribuire alla
sicurezza marittima, l’accessibilità
delle zone isolate, l’offerta dei porti
e dei servizi turistici
Ob. Spec. 3 - Promuovere servizi
logistici comuni, integrazione delle
strutture esistenti
Ob. Spec. 1 - Sviluppare le reti tra
ricerca e le imprese
Ob. Spec. 2 - Favorire l’accesso ai
servizi dell’amministrazione
pubblica
Ob. Spec. 3 - Promuovere azioni
innovative nel settore agricolo,
agroalimentare, dell’artigianato e
del turismo sostenibile
Ob. Spec. 4 - Coordinare le
politiche pubbliche per
l’innovazione
Ob. Spec. 1 - Favorire una gestione
integrata dei parchi e delle zone
costiere
Ob. Spec. 2 - Sviluppare il
controllo ambientale e la
prevenzione dei principali rischi
Ob. Spec. 3 - Promuovere l’utilizzo
delle fonti di energia rinnovabile e
alternativa e la diffusione della
cultura del risparmio energetico
Ob. Spec. 4 - alvaguardia e la
valorizzazione delle risorse
identitarie e culturali
Ob. Spec. 1 - Favorire la coesione
istituzionale e lo scambio di buone
pratiche
Ob. Spec. 2 - Favorire la messa in
rete di strutture e servizi per la
conoscenza, la formazione,
l’innovazione, la cultura
Ob. Spec. 3 - Ridurre l’esclusione
sociale e favorire l’integrazione sul
mercato del lavoro
Ob. Spec. 4 - Promuovere politiche
congiunte per migliorare l’accesso
ai servizi pubblici urbani
Totale PO
Totale
N.
Finanz.
N.
Finanz.
-
0
1.262.396,00
1
1.262.396,00
7.852.200,00
4
2.003.000,00
1
%
N.
1
1,9
5
9.855.200,00
14,8
2.496.500,00
1
-
0
2.496.500,00
-
0
3.534.199,00
3
3.534.199,00
1
3,7
3
5,3
1.700.000,00
1
-
0
1.700.000,00
2.857.000,00
2
1.705.200,00
1
4.562.200,00
2.205.090,00
1
-
0
2.205.090,00
7.293.391,01
3
2.667.878,00
2
9.961.269,01
4.750.000,00
2
-
0
4.750.000,00
1.850.000,00
1
1.206.352,00
1
3.056.352,00
7.054.616,90
4
2.853.000,00
2
9.907.616,90
-
0
4.665.986,00
3
4.665.986,00
3.713.520,00
2
-
0
3.713.520,00
4.000.000,00
2
-
0
4.000.000,00
-
0
990.000,00
1
990.000,00
45.772.317,91
23
20.888.011,00
15
66.660.328,91
1
2,5
3
6,8
1
3,3
5
14,9
2
7,1
2
4,6
6
14,8
3
6,9
2
5,6
2
6,0
1
1,5
25
100
38
In relazione ad alcuni di questi temi, nei quali è preponderante l’interesse degli operatori
economici, la scelta di escludere l’erogazione di contributi in regimi de minimis e in regime di
aiuto è stata determinante nel limitare qualitativamente e quantitativamente la progettualità
presentata e a distorcere l’allocazione delle risorse a favore di altri obiettivi specifici.
Per garantire una più omogenea allocazione delle risorse stanziate in tutti gli Assi, il secondo
bando:
• ha previsto dei criteri di premialità a favore degli Obiettivi Specifici che erano stati
penalizzati nel primo bando, riuscendo in questo modo a garantire il finanziamento di
progetti semplici all’interno di tutti gli obiettivi specifici del Programma;
• ha promosso la capacità progettuale dei territori favorendo la partecipazione ai soggetti
privati.
Come emerge dalla lettura della tabella 3, l’introduzione dei criteri di premialità è
effettivamente riuscita a favorire la progettualità nei temi (obiettivi specifici) che non erano stati
coperti dai finanziamenti concessi dal bando precedente.
Tuttavia è necessario prestare attenzione al fatto che questa scelta, volta a conseguire
l’efficienza allocativa del PO, rischia di mettersi in contrapposizione con le scelte precedenti
orientate a valorizzare prioritariamente la capacità progettuale degli operatori per massimizzare
l’efficienza realizzativa del Programma.
La ricomposizione di questo apparente trade-off tra efficienza allocativa ed efficienza
realizzativa probabilmente richiederà in futuro di rivedere le regole adottate per la selezione dei
progetti da finanziare con le risorse rimanenti destinate ai progetti semplici. Soluzioni possibili
in questa direzione possono essere, congiuntamente quella di:
• ripartire l’ammontare finanziario complessivamente messo a bando tra i singoli Assi, e;
• prevedere criteri di selezione differenti per i progetti afferenti ai diversi Assi, così da
favorire una maggiore competizione tra progetti che insistono su tematiche omogenee.
1.4.1 I partenariati attivati dai bandi dei progetti semplici
I partenariati dei progetti semplici finanziati dal primo e dal secondo bando sono composti in
massima parte da soggetti pubblici. Infatti anche se il secondo bando ha previsto, a differenza
del primo, l’erogazione di contributi in regime de minimis e in regime di aiuto, aprendo di fatto
alla partecipazione degli operatori privati, la presenza di questi ultimi nel complesso dei progetti
finanziati rimane assolutamente marginale (vedi fig. 1). Gli Enti Locali (Regioni, in modo
particolare le Province e, in misura minore, i Comuni) rappresentano più della metà dei soggetti
finanziati e se si aggiungono ad essi le Agenzie regionali si arriva a circa i tre quarti del totale.
Le Università rappresentano soltanto il 6,5% dei partner dei progetti ed i privati poco meno del
3%. Molto contenuta anche la percentuale di Parchi, tutti concentrati nei progetti dell’Asse 3. Se
si analizzano singolarmente i progetti, non sono rari i casi di reti di partenariato costituite dai
soli Enti Locali: si tratta di casi particolarmente frequenti nei progetti finanziati sui primi due
Assi.
• Nel complesso dell’Asse 1 più del 80% dei partner è rappresentato da Enti Locali
mentre sono quasi del tutto assenti soggetti quali Università e Centri di Ricerca.
• Molto marcato è il peso degli Enti Locali anche sui partenariati dei progetti dell’Asse 2:
qui però nei progetti finanziati dal secondo bando si è assistito ad una maggiore
diversificazione della compagine partenariale grazie alla partecipazione di alcune
Università e di alcune imprese private.
• Più eterogenee si presentano invece le reti dei progetti dall’Asse 3 dove si trovano di
frequente, in rete con gli Enti Locali, partner costituiti da Parchi, Istituti di Ricerca,
26
•
Università e spin-Off.
Nell’Asse 4 ritorna invece la netta prevalenza degli Enti Locali nei partenariati di
progetto, soltanto parzialmente controbilanciata dalla presenza di organismi nazionali
attivi sulle politiche del lavoro.
Fig. 1 – Composizione dei partenariati dei progetti semplici – primo e secondo bando
Relativamente alla localizzazione dei partner delle reti di progetto, nella maggior parte dei casi
(24 su 38) il partenariato è composto da soggetti di tutte e 4 le regioni del Programma; in 10 casi
sono rappresentate soltanto 3 regioni, ed in 4 casi il partenariato è ristretto a 2 sole regioni. In 15
casi capofila del progetto è un soggetto della Regione Toscana, in 12 casi della Sardegna, in 7
della Liguria e in 4 della Corsica. Il capofila dei progetti è quasi sempre (35 casi su 38) un ente
locale. Nel passaggio dal I° al II° bando dei progetti semplici ad una relativa stabilità delle
composizioni territoriali dei partenariati, fa riscontro una presenza meno incisiva di soggetti del
territorio toscano (il 28,4% del totale dei partner nel II° bando contro il 32,2% circa nel I°), e
una minore presenza di attori della regione Liguria tra i capofila progettuali. Inoltre, ad una
composizione media di circa 6,35 attori per progetto del I° bando, corrisponde una
composizione di circa 5,86 partner per progetto del II° bando.
1.5
La costruzione dei progetti strategici
I Progetti Strategici rappresentano la novità più rilevante del PO Italia-Francia “Marittimo”. Il
Programma li identifica come una “tipologia progettuale complessa e fortemente centrata su
obiettivi del Programma, chiaramente identificati e misurabili”5. Questi progetti devono
rispondere a determinati criteri che ne caratterizzano sia l’architettura che i risultati; le quattro
5
Cfr. Programma di Cooperazione Transfrontaliea Italia/Francia “Marittimo” 2007-2013 pg.189
27
Regioni partner hanno individuato alcune caratteristiche peculiari che devono avere i Progetti
Strategici, fra queste:
• beneficiari provenienti dall’Italia e dalla Francia costituenti un partenariato di progetto
omogeneo, con una competenza specifica nella materia;
• un’area di riferimento adeguata al tema di interesse generale;
• un approccio strategico comune, con specifico riferimento all’attuazione della strategia
di Lisbona rinnovata e delle strategie europee settoriali;
• perennità di risultato rispetto al finanziamento europeo;
• capacità di svolgere un effetto leva delle risorse mobilitate;
• capacità di promuovere la ripetizione delle esperienze generate mediante un’opportuna
azione di diffusione e capitalizzazione dei risultati.
Il II° Comitato di Sorveglianza (CdS) del 17 Aprile 2009, acquisendo di fatto il lavoro di
approfondimento svolto sui Progetti Strategici da uno specifico Gruppo di Lavoro (GdL)6 , ha
ulteriormente indicato alcuni macrocriteri che ne caratterizzano il valore aggiunto rispetto al
Programma:
• capacità di indurre un effetto moltiplicatore sul territorio;
• capacità di raggiungere gli obiettivi di coesione (sociale, istituzionale, economica,
ambientale) dell’area transfrontaliera;
• grado di competitività in relazione alla strategia del Programma Operativo;
• potenziale impatto in termini di rilevanza e capacità di integrazione con le dimensioni
geostrategiche di riferimento;
• capacità di avere un impatto significativo anche in altri settori all’interno dei territori di
tutte le regioni coinvolte, al di là del settore prevalente di pertinenza.
Il CdS ha in seguito ulteriormente precisato la definizione delle progettazioni strategiche,
mettendone in evidenza alcuni degli aspetti significativi:
• il tipo di approccio orientato su una forte componente top-down (a guida regionale);
• il processo di consultazione che coinvolga i principali soggetti istituzionali ed
economico sociali presenti nelle Regioni, in modo da consolidare un ampio consenso
intorno ad un obiettivo di sviluppo dell’area, mitigando la componente top-down
dell’approccio;
• l’articolazione e aggregazione delle “azioni”, e delle “responsabilità” e del numero di
stakeholder in un partenariato che comprenda attori chiave pubblici e privati a più
livelli;
• la perennità dei risultati e della capacità di indurre effetti moltiplicativi sui territori,
anche oltre la durata dei progetti stessi;
• la necessità di una forte azione di supporto e coordinamento da parte degli organismi di
gestione del programma sulle progettazioni selezionate.
Questo insieme di caratteristiche, che provengono dalle elaborazioni progressive sulla tematica
dei Progetti Strategici, configurano una tipologia di implementazione di attività di cooperazione
non dissimile dai Progetti Strategici previsti dal Programma ENPI e dal Programme MED7;
questi due programmi di cooperazione, che hanno in comune con il Programma Transfrontaliero
alcuni obiettivi e priorità – oltre a parte dell’area territoriale di riferimento - individuano infatti
come propria modalità attuativa le progettazioni strategiche, le cui caratteristiche sono
facilmente assimilabili a quelle appena descritte per il Programma Transfrontaliero. Fra queste
6
Per una descrizione accurata della composizione e dei risultati raggiunti dal Gruppo di Lavoro sui Progetti Strategici si
rimanda ai paragrafi successivi
7
Il Programme MED ha in realtà definito queste caratteristiche al momento soltanto all’interno di working documents,
che vengono qui riportati come tali.
28
ad esempio il Programma MED raccomanda che i propri Progetti Strategici:
• promuovano attività trasversali che prevedano una ordinazione settoriale di approcci;
• prevedano il coinvolgimento di attori chiave dei territori di riferimento;
• debbano avere un ambito di intervento ben definito;
• debbano avere un impatto diretto sulle politiche locali e regionali e debbano essere
ampiamente disseminati i risultati;
• debbano essere sviluppati in linea con le strategie Europee e del Mediterraneo,
valorizzando le esperienze ed i risultati dei progetti e delle programmazioni concluse.
A sua volta il programma ENPI caratterizza tali strumenti in maniera non dissimile da quanto
descritto per i due precedenti programmi di cooperazione, raccomandando all’interno del
proprio Programma Operativo che i Progetti Strategici si caratterizzino per:
• coinvolgere attori chiave pubblici e privati capaci di stimolare dei cambiamenti sulle
sfide principali del bacino Mediterraneo;
• contribuire concretamente al raggiungimento degli obiettivi del Programma producendo
un effetto leva qualitativamente e quantitativamente misurabile;
• produrre effetti che facilitino l’implementazione di politiche pubbliche in settori di
interesse comune per l’area;
• essere complementari con le strategie ed i piani di sviluppo dell’area e dei territori di
riferimento, sviluppando sinergie ed benefici di iniziative e programmi che si
impegnano sulle medesime tematiche;
• utilizzare meccanismi di negoziazione che attivino partenariati orizzontali e verticali
che aumenti (quantitativamente e qualitativamente) la partecipazione a livello locale.
Questa rapida analisi evidenzia dunque come le caratteristiche individuate dal PO Marittimo
prima, e dal GdL e CdS di Programma in seguito, siano effettivamente riuscite a caratterizzare
delle progettazioni che potenzialmente sono definibili come di impatto realmente “strategico”
per l’area del programma. Allo stesso modo si può notare come le caratteristiche individuate nel
quadro del PO “Marittimo” per le progettazioni strategiche siano molto simili a quelle
individuate dal Programma ENPI e dal Programma MED per strutturare i rispettivi Progetti
Strategici.
Altre analogie con i programmi di cooperazione sono identificabili per quel che concerne le
modalità di implementazione dei Progetti Strategici: se infatti il Programma Transfrontaliero
individua due possibili modalità di attuazione – Operazioni Quadro o Mix di Azioni di Sistema
(con particolare riguardo per le Azioni Pilota) – allo stesso modo il Programma Interreg IVC
individua con tre diverse intensità di cooperazione la possibile attuazione delle Regional
Framework Operations:
• Basic intensity of cooperation: projects which propose ‘traditional networking
activities’ such as the organisation of thematic seminars or the development of joint
communication tools (newsletters, websites,).
• Medium intensity of cooperation: projects which propose, in addition to normal
networking activities, more demanding work for instance related to pilot actions /
development of new approaches.
• High intensity of cooperation: projects which propose the creation of a ‘miniprogramme’ under which sub-projects will be supported. These ambitious cooperation
projects are characterised by a high level of intensity of cooperation as they require for
instance the setting up of joint decision making procedures to decide on the subprojects8.
8
Interreg IVC Programme Manual pag. 6
29
Il Programma Operativo non aveva definito in un primo momento le possibili declinazioni di
attuazione delle progettazioni strategiche; l’approfondimento, da parte del GdL specifico sui
Progetti Strategici, ha consentito di prefigurare i possibili sviluppi di queste progettazioni verso
dei modelli di implementazione dunque ampiamente testati e già dimostratisi efficaci in vari
programmi di cooperazione.
Le attività del GdL, svolto in stretta collaborazione con l’Autorità di Gestione Unica (AdG), il
Comitato Direttivo, ed il Segretariato Tecnico Congiunto (STC), ha inoltre consentito di
dettagliare una procedura di creazione, selezione ed implementazione dei Progetti Strategici
definita nei documenti di Programma come “Top-Down mitigato”; approccio che si
caratterizzata per una forte attività di concertazione sulle progettazioni da presentare sul bando
fra i proponenti delle proposte progettuali, i rappresentanti delle Regioni partner del Programma
e gli organismi di gestione dello stesso.
A differenza dei Progetti Semplici, da selezionare attraverso una chiamata a proporre con bando
aperto, il PO ha infatti individuato una procedura selettiva per i Progetti Strategici che prevede
specifiche modalità di dialogo e concertazione fra soggetti promotori, AdG e STC, finalizzata
ad accompagnarne la costruzione.
• Le proposte progettuali preliminari, una volta selezionate, dovranno infatti essere
finalizzate attraverso una specifica procedura – che prevede passaggi intermedi
concertati tra i proponenti e gli organi di gestione del Programma - in proposte
progettuali definitive9.
Già ad una prima analisi delle proposte progettuali “preliminari” presentate a valere sul primo
bando per Progetti Strategici, si può notare il reale impatto delle indicazioni fornite dagli
organismi di gestione sulla creazione prima ed implementazione poi dei Progetti. Questa
procedura si concretizza nella realizzazione da parte del GdL di Terms of Reference (linee guida
per la progettazione) per ciascun progetto strategico.
L’intento è quello di introdurre delle condizionalità nelle fasi di progettazione e dunque
mantenere un controllo regionale sulle priorità e i partenariati dei singoli progetti. Tale scelta,
agevolata da una conoscenza approfondita degli stakeholders da parte delle autorità regionali,
lascia prefigurare possibili sviluppi futuri che vedano le eccellenze regionali messe all’interno
di reti progettuali grazie ad una forte attività di governance ed animazione territoriale.
1.5.1 Il gruppo di lavoro sui progetti strategici
Considerata la particolare importanza dei Progetti Strategici nel quadro dell’ottenimento dei
risultati complessivi del programma, il Comitato di Sorveglianza, già nel corso della sua prima
riunione (5 Febbraio 2008), ha dato mandato all’ADG di istituire uno specifico Gruppo di
Lavoro avente come compito quello di approfondire le tematiche relative ai Progetti Strategici.
Per questo motivo l’Autorità di Gestione ha individuato quali dovessero essere gli obbiettivi del
gruppo di lavoro, fra i quali:
• definire dei macrocriteri per caratterizzare i Progetti Strategici in relazione allo spazio di
cooperazione, anche a seguito di un’analisi macroeconomica complementare a quella già
sviluppata nel PO;
• definire puntualmente le caratteristiche intrinseche del “Progetto Strategico”;
• identificare le tematiche d’importanza strategica per l’insieme delle Regioni dello spazio di
cooperazione e, sulla base di tali tematiche, definire una rosa di «Progetti Strategici» da
poter essere proposti al CdS, con le loro caratteristiche principali (obiettivi, risultati,
partenariato);
9
E’ stata prevista, nei documenti che illustrano l’attuazione del Programma, una collaborazione fra il proponente, l’STC
ed esperti per la redazione della proposta progettuale definitiva
30
•
•
•
•
identificare le tipologie di «attori chiave» potenziali per formare un partenariato e
contribuire al conseguimento degli obiettivi;
identificare le procedure e le azioni da realizzare al fine di favorirne l’implementazione
nell’ambito delle procedure adottate dal Programma, compresa la definizione, in
collaborazione con l’AdG ed il STC, dei Terms of Reference per i bandi;
elaborare una proposta sui criteri di valutazione dei Progetti Strategici,
sostenere il STC e il Comitato Direttivo nella fase istruttoria e di approvazione dei progetti.
Il GdL sui Progetti Strategici si è riunito 5 volte nel corso del 200810 - con cadenza quasi
mensile nella seconda metà dell’anno - ed ha tenuto numerose riunioni informali di
approfondimento; la frequenza di tali incontri testimonia la presenza di un forte coordinamento
organizzativo all’interno del Gruppo così come la sua strutturazione dinamica, che ha consentito
di raggiungere risultati operativi efficienti ed in linea con quanto proposto dal CdS e
conseguentemente dall’ADG.
Il lavoro del GdL è iniziato con la definizione dei temi prioritari11 del Programma da
approfondire attraverso il proprio operato così come le modalità di lavoro. L’approccio integrato
individuato dal GdL per l’approfondimento di tali tematiche ha presupposto un'attenta analisi
macroeconomica dello spazio di Cooperazione – supplementare ed ulteriormente aggiornata
rispetto a quella già condotta in fase di redazione del PO - che evidenziasse la possibilità di
rafforzare le potenzialità dell’area del Programma grazie al lancio di Progetti Strategici. Per tale
motivo il GdL ha ritenuto opportuno – sin dall’inizio delle proprie attività - integrare la propria
composizione attivando alcune figure “esterne” attraverso una procedura di evidenza pubblica
condotta dalla ADG a valere sui fondi dell’Assistenza Tecnica.
La stessa Autorità di Gestione ha dunque provveduto a selezionare cinque figure esterne di
supporto ai lavori del GdL e nello specifico: un esperto di macroeconomia regionale, con
riferimento alle problematiche dello sviluppo locale; un esperto di economia industriale
specificatamente all’industria delle costruzioni navali, della navigazione da diporto e dei
trasporti marittimi; un esperto di reti istituzionali, reti di servizi, iniziative culturali; un esperto
di politiche dell’innovazione con riferimento alla competitività dei sistemi locali di piccola e
media impresa; un esperto di questioni ambientali con riferimento alle potenzialità del
patrimonio naturale e dell’identità locale.
In questo modo gli organismi di gestione del programma si sono dotati di una specifica unità di
supporto per l’analisi dei temi chiave del Programma; tale scelta ha consentito nei fatti una
raccordo operativo – all’interno delle procedure di attuazione del PO – tra gli obiettivi e le
priorità evidenziati a livello di Programma e le Progettazioni Strategiche da individuare.
La procedura di selezione ha avuto inizio il 31 Luglio 2008, data in cui veniva indetta la gara
per gli affidamenti degli incarichi professionali12, per concludersi il 23 Settembre 2008 data in
cui veniva effettuata la valutazione e selezione dei curricula dei candidati in seno allo stesso
GdL. Pur non esaurendosi nell’annualità 2008 il lavoro di supporto al GdL sui Progetti
Strategici svolto dagli esperti esterni, è comunque da registrare una fase di avvio non immediata
delle procedure di individuazione degli stessi esperti.
10
Le riunioni del GdL nel corso del 2008 hanno avuto luogo : il 10 Luglio, il 31 Luglio, il 23 Settembre il 9 Ottobre, il 2
Dicembre
11
Fra i temi da approfondire all’interno del GdL individuati come strategici vi erano quelli relativi a : accessibilità,
infrastrutture, infomobilità, funzioni del porto,turismo e innovazione,approccio energetico sostenibile, distretto nautico,distretto
rurale/marino, integrazione dei sistemi di protezione e prevenzione ambientale, approccio integrato del paesaggio, dell'identità
territoriale, delle conoscenze e della cittadinanza.
12
Avviso pubblicato sul B.U.R.T. del 13 Agosto 2008
31
Il contributo degli esperti esterni sin dalle fasi iniziali del lavoro del GdL13 ha consentito una
reale integrazione operativa all’interno del gruppo di lavoro che ha predisposto per il CdS una
dettagliata documentazione relativa alla strutturazione, selezione ed implementazione dei
progetti strategici, andando dunque ad incidere direttamente sull’implementazione del
Programma.
Uno dei contributi del GdL è stato il tentativo di applicare al territorio del programma un
modello econometrico teso a definire l’effetto moltiplicatore14 degli interventi progettuali
sull’economia dell’area. Occorre però evidenziare come l’approfondimento sia ancora
parzialmente squilibrato a causa della scarsità di informazioni statistiche sulla Corsica. Questa
situazione è in parte dovuta ad una differente strutturazione dei dati di riferimento della regione
Francese rispetto a quelle Italiane, si raccomanda comunque un ulteriore aggiornamento in vista
di una seconda chiamata di candidature per progetti strategici.
1.5.2 I temi e le priorità individuate dal GdL e validate dal CdS
Il lavoro del GdL ha inoltre riguardato la definizione di precisi ambiti tematici15 all’interno dei
quali sviluppare le progettazioni delle relative aree di azione prioritarie e di 8 temi strategici16 in
coerenza con le priorità del Programma Operativo, concorrendo a rafforzare un approccio
definito “top-down mitigato” dagli organismi di gestione del Programma. In particolare il GdL
ha definito i temi strategici in riferimento alle priorità regionali contenute nei documenti di
programmazione rilevanti delle quattro Regioni e della valutazione ex ante condotta sui singoli
temi in base ai criteri di seguito elencati:
• Obiettivi di coesione dell’area transfrontaliera
• Competitività in relazione alla strategia del PO
• Potenziale di impatto in termini di rilevanza e capacità di integrazione con le
dimensioni geostrategiche di riferimento
La definizione delle caratteristiche delle progettazioni strategiche preliminari da parte del GdL è
proseguita attraverso l’elaborazione, per ciascuno degli 8 temi strategici individuati, dei termini
di riferimento per altrettanti progetti strategici che contenessero per ciascuno di essi:
• obiettivi e risultati attesi,
• attività previste,
• modello di intervento,
• caratteristiche del partenariato,
• impatto atteso.
Tale approfondimento è da ritenersi particolarmente importante ai fini della definizione del
quadro di riferimento per la selezione e l’implementazioni di progettazioni strategiche. La
volontà di dettagliare in una fase successiva alla redazione del Programma gli ambiti di
intervento delle progettazioni strategiche, ha consentito agli organismi di gestione del PO di
indirizzare la creazione e selezione dei Progetti Strategici in una fase in cui l’implementazione
del Programma aveva terminato la sua fase di avvio, consentendo alle Regioni partner di
13
La riunione del GdL del 9 Ottobre 2008 è quella che vede la prima partecipazione diretta ai lavori degli esperti esterni,
tuttavia nelle due riunioni precedenti i membri del GdL avevano già puntualmente evidenziato i contributi che sarebbero stati
richiesti alle figure esterne nella redazione dei documenti di lavoro.
14
Il GdL ha definito il concetto di moltiplicatore quale meccanismo ad effetto leva capace di indurre un aumento del
prodotto interno dell’area in relazione ad un aumento della spesa pubblica nel settore produttivo oggetto dell’intervento ed ha
concentrato la propria attenzione sulla capacità di ogni sistema di trattenere al proprio interno l’attivazione di risorse generata dai
singoli motori, misurando quanto degli effetti da loro prodotti restino all’interno dell’area.
15
Nautica ; porti, città e mobilità ; turismo innovativo ; ambiente e produzioni rurali e marine ; cultura / identità /
paesaggio.
16
Sistema transfrontaliero dell’innovazione nella nautica; Rete dell’infomobilità; Rete delle città portuali e dei servizi
urbani integrati; Rete dei porti turistici per la sostenibilità ambientale; Rete di tutela ambientale (monitoraggio, previsione,
protezione e ripristino); Rete ecologica; Ruralità, Turismo e ambiente: gestione integrata del territorio rurale e marino; Rete dei
patrimoni culturali e gestione integrata delle risorse culturali comuni.
32
individuare le potenzialità e gli ambiti di intervento sui quali incidere attraverso i Progetti
Strategici. Le indicazioni del GdL sulle caratteristiche dei Progetti Strategici hanno inoltre
riguardato la dimensione finanziaria ed il conseguente numero complessivo di progettazioni da
prevedere con la prima chiamata a proporre per progetti strategici, andando ad indicare in un
numero massimo di cinque i progetti da selezionare attraverso la primo bando, con una
previsione di allocazione finanziaria complessiva pari a 30 Milioni di Euro.
• Considerata la dotazione finanziaria complessiva riservata dal Programma
all’implementazione dei Progetti Strategici pari a circa 75 Milioni di euro e gli esiti del
primo e del secondo bando per progetti semplici, pare forse eccessivamente cautelativa
l’indicazione del GdL recepita dal CdS di prevedere solamente 5 ambiti tematici di
riferimento per la prima chiamata a proporre per progetti strategici, che comporta una
previsione di allocazione finanziaria pari a 30 Milioni di euro.
• Questo anche alla luce della considerazione generale sull’avanzamento di spesa
complessiva sul programma e del fatto che le restanti risorse finanziarie disponibili per
le progettazioni strategiche non saranno verosimilmente spese prima dell’annualità
2011.
Complessivamente va comunque osservato che le indicazioni redatte dal GdL in merito alla
strutturazione dei Progetti Strategici siano state acquisite prontamente dal CdS, andando a
condizionare in maniera diretta l’implementazione del Programma; il metodo di lavoro adottato
dal GdL, al suo interno nel raccordo con gli esperti, ed esternamente attraverso confronti serrati
con gli organismi di gestione del programma, ha senza dubbio facilitato l’acquisizione da parte
dello stesso CdS di indicazioni che erano state concertate a livello di struttura operativa del
Programma nel corso dei mesi precedenti all’incontro del CdS.
La composizione del Gruppo di Lavoro, che ha visto spesso al suo interno la partecipazione ai
lavori dei medesimi referenti regionali del CD o del CdS, ha nei fatti consentito una più
agevole condivisione della documentazione elaborata dal GdL, portando a sua volta al
condizionamento reciproco dei lavori dello stesso GdL favorendo ulteriormente il recepimento da parte degli organismi di gestione del programma - delle indicazioni elaborate.
1.5.3 Le candidature progettuali e gli esiti della fase istruttoria
Alla scadenza dei termini per la presentazione delle candidature progettuali a valere sul I° bando
per Progetti Strategici17, sono stati 5 i progetti presentati:
• Co.R.E.M - Cooperazione delle Reti Ecologiche nel Mediterraneo;
• INNAUTIC - Verso la creazione di un sistema integrato pubblico-privato per la
competitività, l'innovazione e il capitale umano nel settore nautico alto Mediterraneo;
• TOURISME PORTS ENVIRONNEMENT - Rete dei porti turistici per la sostenibilità
ambientale;
• MA_R_TE+ - Mare, Ruralità e Terra: potenziare l’unitarietà strategica;
• RES-MAR - Réseau pour l’environnement dans l’espace maritime.
I cinque progetti sono andati a coprire tutti e cinque gli ambiti dei terms of reference del bando,
denotando una forte azione di governance e coordinamento svolta da parte degli organismi di
gestione del Programma. Nel corso del Comitato Direttivo del programma svoltosi a Sestri
Levante in data 11 Febbraio 2010 alcuni elementi critici delle proposte progettuali sono state
messe in evidenza, fra questi:
• Analisi di contesto spesso poco strutturata
• Approccio “analitico-documentale”
• Partenariato spesso limitato
17
Bando approvato con Decreto della Giunta regionale Toscana – in qualità di AGU del PO- n. 4006 del 18 Agosto 2009,
aperto il 9 settembre 2009 e chiuso il 9 Dicembre 2009.
33
•
•
•
Debole partecipazione delle imprese
Effetto moltiplicatore e misure per la sostenibilità dei progetti non sufficientemente
individuati
Idee di progetto poco coerenti con i termini di Riferimento
Tali riscontri, pur essendo stati valutati nel corso dei lavori dello stesso Comitato Direttivo
come possibile oggetto di miglioramento durante la fase di affiancamento tecnico previsto per la
fase di redazione delle progettazioni definitive con l’apporto degli esperti e con quello del
Segretariato Tecnico Congiunto18, denotano comunque una debolezza delle proposte progettuali
“preliminari” che gli organi di gestione del Programma sono tenuti a considerare debitamente in
vista del lancio, previsto entro il 31 Luglio 2010, del secondo bando per Progetti Strategici.
Tab. 1 - Ambiti Tematici e Progetti Strategici
AMBITI
TEMATICI
Nautica
Turismo
ambientale
TEMI STRATEGICI
Sistema transfrontaliero
dell’innovazione nella nautica
Rete dei porti turistici per la
sostenibilità ambientale
Rete di tutela ambientale
(monitoraggio, previsione,
protezione e ripristino)
Ambiente e
produzioni rurali Rete ecologica
e marine
Ruralità, Turismo e ambiente:
gestione integrata del territorio
rurale e marino
PROGETTI
CAPOFILA
INNAUTIC - Verso la creazione di un sistema integrato
pubblico-privato per la competitività, l’innovazione e il
capitale umano nel settore nautico alto mediterraneo
Regione Liguria
TOURISME PORTS
ENVIRONNEMENT
Regione Liguria
RES-MAR - Réseau pour l'environnement dans l'espace
maritime
Regione Liguria
CO.R.E.M. - Cooperazione delle Reti Ecologiche nel
Mediterraneo
Regione Sardegna
MA.R.TE.+ - Mare, Ruralità e Terra:
potenziare l’unitarietà strategica
Regione Toscana
In particolar modo alcune delle caratteristiche riscontrate nelle proposte progettuali presentate
fanno risultare i progetti come debolmente aderenti alle raccomandazioni del GdL e dello stesso
CDS in riferimento ai requisiti che i progetti strategici dovrebbero avere. Da una prima analisi
dei partenariati attivati attraverso le cinque proposte progettuali candidate emerge che nessuna
delle cinque proposte progettuali ha per capofila un partner Corso19, mentre tre delle cinque
proposte saranno coordinate dalla Regione Liguria.
• Le proposte progettuali hanno avanzato complessivamente una richiesta di
finanziamento di 30 Milioni di euro (da ripartire tra i partner di progetto – 3,5 Milioni di
euro- ed i membri dei partenariati “allargati” -26,5 Milioni di euro);
• hanno coinvolto complessivamente 128 partner progettuali (29 nei partenariati di
progetto, 99 all’interno dei partenariati allargati); alcuni di questi partner sono presenti
più volte nei partenariati attivati in qualità di partner o capofila - di progetto o di
sottoprogetti - (si veda la tabella seguente).
• Particolarmente attive, come evidenziato in tabella, risultano essere le Regioni Liguria e
Sardegna, coinvolte in tutte e cinque le proposte progettuali candidate, sia all’interno
dei partenariati di progetto che nei partenariati allargati.
18
Verbale del Comitato Direttivo del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia - Francia ‘’Marittimo’’ 20072013 - Riunione di Comitato - 11 Febbraio 2010 (Pag. 3)
19
Indicativo, da questo punto di vista, la decisione presa durante i lavori del Comitato di Sorveglianza del 12 Febbraio
2010, che prevede l’istituzione di un Gruppo di Lavoro specifico sui Progetti Strategici, i cui lavori verranno coordinati dalla
Collectivité Territoriale Corse
34
Tab. 2 - Partner ricorrenti nei Progetti Strategici
Partner
Partner di Progetto
Partenariato allargato
TOTALE
ADEC
2
3
5
ODARC
1
6
7
OEC
4
4
Fondazione IMC
2
2
LAORE Sardegna
2
2
ARPAL
1
4
5
Provincia di Massa-Carrara
1
3
4
Provincia dell'Ogliastra
2
2
Parco Naz. Arcipelago toscano
2
2
3
4
3
3
Provincia di Livorno
1
Provincia di Grosseto
Provincia di Oristano
1
3
4
Provincia di Pisa
1
1
2
Provincia di Sassari
1
4
5
Provincia di Lucca
1
1
2
Provincia di Olbia-Tempio
1
1
2
Regione Toscana
3
3
6
Regione Liguria
5
11
16
Regione Autonoma della Sardegna
5
8
13
UPPC
2
2
UNI Sassari
2
2
Di fatto il contributo diretto all’attuazione del Programma e l’accento sulla cooperazione
macroregionale implicano il coinvolgimento diretto di Autorità Pubbliche (ed in special modo le
Regioni) nella fase di attuazione; è pertanto coerente con le strategie del Programma una forte
presenza all’interno dei partenariati di Autorità Regionali.
D’altra parte sono gli stessi “Termini di riferimento per la presentazione del progetto strategico”
a stimolare in questa direzione, laddove si legge che: “data la natura del Progetto Strategico e la
sua forte integrazione con le Programmazioni di riferimento, con particolare attenzione a quelle
regionali e locali, sarà considerato titolo preferenziale il fatto che nel Comitato di Pilotaggio
siano comprese le quattro Regioni e/o, con il loro accordo, una o più Province/Départments
eleggibili, attraverso un accordo documentato”.
Sebbene le caratteristiche e gli obiettivi dei Progetti Strategici, così come descritto nei
documenti di Programma, siano perseguibili attraverso dei partenariati che coinvolgano
istituzioni di livello Regionale (anche per rendere effettivo ed efficace l’impatto delle
sperimentazioni previste), l’analisi delle reti di progetto mostra:
• come sia di scarso peso la presenza di Università, Comuni, e soggetti privati, all’interno
delle candidature progettuali, di quei partner cioè che – soprattutto a livello di
sperimentazione progettuale – sono necessari ottenere un reale impatto del Programma
sui territori dell’area;
• di contro è da notare la presenza diffusa di istituzioni di livello regionale anche
all’interno dei partenariati allargati, che denota la volontà di incidere direttamente – da
parte degli organismi regionali - nella gestione processi innescati dai sottoprogetti
(questo superando di fatto l’impostazione iniziale data dai termini di candidatura che
promuoveva la loro presenza all’interno dei partenariati di progetto).
35
PARTE - 2
Una nuova lettura dello spazio di cooperazione regionale europeo: la
macroregione
2.1 La Macroregione e la Strategia del Mar Baltico
Il tema della cooperazione in un contesto geografico e amministrativo di livello di macroregione
ha assunto importanza cruciale negli ultimi anni di anche in riferimento alla programmazione
delle politiche territoriali europee. Anche in Europa, così come anche in altri paesi OCSE
(come, ad es., l'area Detroit–Windsor oppure la macroregione Cascadia; entrambi i casi
comprendono zone transfrontaliere tra USA e Canada), si rafforzano alcune significative
esperienze di cooperazione regionale. I casi anticipatori in Europa sono stati la RegioTriRhena
(Germania-Svizzera-Francia) che mostra una buona integrazione economica e del mercato del
lavoro; oppure l'area Öresund, noto esempio di cooperazione tra regioni svedesi e danesi
centrato sulla condivisione e riorganizzazione di servizi pubblici e di strutture di ricerca e
innovazione20.
Il dibattito e le esperienze più vicine a noi e che sono inserite anche nel quadro normativo della
nuova programmazione dei fondi strutturali sono, ad esempio, il gruppo Visegrad, che
21
comprende la Repubblica Ceca, l'Ungheria, la Polonia e la Slovacchia (2009/C 318/02) , ma il
caso più interessanti e documentato è costituito dalla Strategia per il Mar Baltico, lanciata dalla
Commissione Europea il 10 giugno 2009. Nel novembre 2006 il Parlamento europeo adotta una
risoluzione a favore dell'adozione di una “strategia per la dimensione settentrionale incentrata
sull’area del Baltico”22. Recentemente la strategia è rientrata tra le principali priorità della
presidenza svedese oltre ad essere stata adottata dal Consiglio Affari generali il 26 ottobre 2009
a Lussemburgo.
La macro-regione viene definita come un’area che include territori di diversi paesi o regioni
associati da una o più sfide e caratteristiche comuni (…) geografiche, culturali, economiche
o altro (European Commission, 200923).
La strategia per il Mar Baltico incarna il concetto relativamente nuovo di cooperazione
macroregionale, vale a dire un coordinamento ed un uso più efficaci delle risorse finanziarie e
una prevalenza delle iniziative di cooperazione all'interno di un’area geografica transnazionale.
La Commissione ritiene possibile applicare un approccio analogo ad altre macroregioni come
quella danubiana, quella alpina e quella mediterranea. In relazione all’“approccio baltico”
20
Cfr. OECD Territorial Reviews Öresund, Paris 2003.
http://www.visegradgroup.eu/
22
Cfr. “Risoluzione del Parlamento europeo su una strategie per la Dimensione settentrionale incentrata sull’area del
Baltico” (2006/2171 INI)
23
Cfr.: Towards a Strategy for Danube Region: http://ec.europa.eu/commission_barroso/hubner/speeches/speeches_en.htm
21
36
viene sottolineato che “i pilastri della strategia, e il piano d'azione che ne consegue,
rappresentano un serio tentativo di mettere a punto un quadro di sviluppo più coordinato per una
zona così diversificata come la regione del Mar Baltico e di promuovere in questo modo la
coesione territoriale” (G.U.C.E./318 2009).
La regione Baltica è un ottimo esempio di macroregione, uno spazio costituito da una serie di
regioni amministrative, che presentano sufficienti problematiche comuni tali da giustificare
l'adozione di un approccio strategico unico. È da sottolineare come la strategia per la regione del
Mar Baltico presenti sia punti di forza che debolezze: i suoi principali punti di forza sono la
globalità del campo d’intervento e il previsto riesame periodico da parte della Commissione e
del Consiglio europeo; le debolezze sono legate alla sua complessità e alle questioni di
24
governance relative alle procedure di attuazione delle politiche pubbliche . All'interno
dell'Unione si ritiene che le macroregioni siano potenzialmente in grado di portare un contributo
significativo alla politica di coesione e al raggiungimento di livelli di sviluppo analoghi
25
(coesione) in tutti gli Stati membri (2009/C 318/02) .
L’idea di fondo consiste nell’interpretare il territorio europeo come un insieme di “macroregioni” transnazionali che comprendono reti di centri urbani di diverse dimensioni e porzioni
eterogenee di territorio. Un set di caratteristiche condivise ne identifica una comune
appartenenza macro-territoriale; la concentrazione di poli di specializzazione spesso
complementari all’interno di una macroregione, in un quadro di competitività con altre
26
macroregioni . La nuova strategia macroregionale è stata presentata nella Comunicazione della
CE sulla Strategia per la Regione del Mar Baltico27; nelle Conclusioni del Consiglio28, divulgata
poi in un importante documento della Commissione europea29 e negli Orientamenti per la
politica di coesione sociale della prossima programmazione30.
La strategia è multi-livello (diversi livelli di governo) e multi-attoriale (diverse tipologie di
attori locali coinvolti).
Ogni livello istituzionale partecipa alla strategia macroregionale: “il livello locale e quello
nazionale sono protagonisti nella creazione di uno spazio e nel raggiungimento di un obiettivo
di sviluppo territoriale che travalichi i singoli confini, e che consenta di far fronte a
problematiche comuni con un impatto positivo per tutti i partecipanti”31. La CE esercita,
ricorrendo al lessico politico utilizzato, un “soft power” come “overall coordinator”, “external
facilitator”, e “impartial honest broker” (European Commission, 2009: 4 e 6).
In questo quadro la strategia della macro-regione non prevede la creazione di istituzioni ad
Sul GECT come strumento potenzialmente utile al superamento di tali problematiche si veda più avanti.
Cfr: Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Cooperazione macroregionale
26
Cfr. R. Cappellin “Il ruolo del territorio nella politica regionale europea: dal riequilibrio delle disparità regionali
all’integrazione del territorio europeo”, Rivista Formez n. 40/2000
27
Commission of the European Communities, Communication from the Commission to the European Parliament, the
Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions concerning the European Union Strategy
for the Baltic Sea Region, COM(2009) 248 final, Brussels, 10.06.2009.
28
Council of the European Union, Brussels, Council Conclusions on the European Union Strategy for the Baltic Sea Region,
27 October 2009.
29
European
Commission
(2009),
Macro-regional
strategies
in
the
European
Union,
http://ec.europa.eu/regional_policy/cooperation/baltic/pdf/macroregional_strategies_2009.pdf.
30
Pawel Samecki, European Commissioner in charge of Regional Policy, Orientation Paper on Future Cohesion Policy,
December 2009.
31
Cfr. A. Stocchiero (CeSPI), paper “Macro-regioni Europee: del vino vecchio in una botte nuova?”, aprile 2010, pag. 4
24
25
37
hoc, quanto piuttosto il ‘ri-disegno’ di un nuovo sistema di governance, definibile appunto come
multi-livello e multi-attoriale. Un approccio simile a quello descritto nel lavoro dell''OECD per
l'area Öresund: “governance without government”32.
Essa rappresenta un modello di governance “collocato tra lo stato nazionale e la comunità
sopranazionale”33, che coinvolge contestualmente CE, Stati centrali, autorità regionali e locali,
in una scala geografica interrelata e transnazionale34.
2.2 Cooperazione per tematiche e regioni funzionali
Come si legge nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo relativa alla
strategia dell’Unione europea per la regione del Mar Baltico sono le singole tematiche a
definire gli ambiti di intervento. “Il campo di applicazione dipende dalla tematica: ad esempio,
per le questioni economiche è destinata a tutti i paesi della regione, per le questioni relative alla
qualità delle acque riguarda l'intero bacino idrografico, ecc.” (Com 248/2009, p.6).
Box 1 - Macroregioni e sistemi funzionali, i casi di Øresund e Detroit-Windsor (OECD, 2003)
Due casi di regioni transfrontaliere, uno europeo e l’altro americano, dove le relazioni
interregionali, ridisegnando confini “funzionali”, innescano complementarità e concentrano
l’intervento pubblico su priorità comuni.
È il 1991 quando i governi svedese e danese decisero di realizzare il ponte sullo stretto
dell’Øresund, pensando contestualmente di dare vita ad una regione transfrontaliera per creare
un’area comune di cooperazione economica, sociale e culturale. Il ponte viene inaugurato nel
giugno del 2000 dando così origine alla regione dell’Øresund, che comprende Copenhagen e la
regione di Skåne (capitale Malmö), nella Svezia meridionale, e si estende per una superficie di
circa 100 kmq con una popolazione di 3,5 mln di abitanti. Caratteristica principale di questa
area diventa il continuo interscambio di persone e merci, con un mercato del lavoro fortemente
integrato in tutta la regione. Si tratta inoltre di un’area che ha beneficiato dell’esperienza dei
Patti territoriali per l’occupazione (PTO), formule di partenariato regionali e locali sviluppate
in tutta l’Unione per stimolare le politiche del lavoro e del sostegno di varie ‘tornate’ della
programmazione Interreg.
Viene poi costituita, come frutto di una cooperazione tra settore pubblico, università e industria,
lʼØresund Science Region (OSR) per promuovere lo sviluppo economico della regione.
Obiettivo prioritario dell’OSR è la creazione di piattaforme, o cluster, in alcuni settori ritenuti
prioritari per lo sviluppo dell’area. Vengono così costituite, con un partenariato transfrontaliero,
sei piattaforme innovative. Le tematiche in oggetto sono: la salute e le biotecnologie, il settore
alimentare, la logistica, l'ambiente, le tecnologie Ict e il design. Tali piattaforme riuniscono
autorità regionali, imprese e ben 14 università dei due paesi confinanti.
Nel 2008, con il progetto “Øresund Science Region” la regione dell’ Øresund ha vinto il primo
premio “RegioStars” per progetti regionali innovativi, consegnato nell’ambito della conferenza
«Regioni per il cambiamento economico», tenutasi il 25 e 26 febbraio a Bruxelles.
Un’importante opera infrastrutturale – un ponte su uno stretto – diventa “fattore di leva” per
sancire l’esistenza di uno “spazio economico” di cooperazione all’avanguardia nel panorama
europeo.
Un interessante, e ulteriore, case study di cooperazione transfrontaliera, alimentata anch’essa da
un importante collegamento infrastrutturale, è dato dalla regione di Detroit-Windsor (Stati
32
Cfr. OECD Territorial Reviews Öresund, Paris 2003.
Cfr. Schymik Carsten e Krumrey Peer, EU Strategy for the Baltics Sea Region. Core Europe in the Northern Periphery?,
Working Paper FG1, Stiftung Wissenschaft und Politik, Berin, 200
34
Cfr. A. Stocchiero (CeSPI), op. cit. aprile 2010.
33
38
Uniti-Canada), che
fornisce un esempio di cooperazione funzionale alimentata da
interdipendenze economiche (e settoriali: industria automobilistica). Mentre la regione
dell'Øresund rappresenta il “trading gateway” tra la Scandinavia e il resto del continente
europeo, la regione Detroit-Windsor è un territorio chiave di passaggio per il commercio tra
Michigan (Stati Uniti) e Ontario (Canada). Sul versante americano, la città di Detroit,
costituisce un centro di attività economica in sé, anche se rappresenta solo il 25% della
popolazione totale che vive nella regione omonima, formata da circa 250 comuni distinti. L’area
di Detroit è la sesta area metropolitana più grande degli Stati Uniti, con una superficie totale di
10.534 km² e una popolazione di circa 4,4 mil. di abitanti. Sul versante canadese, similmente a
Detroit, ci sono una serie di comuni limitrofi che costituiscono insieme la regione di Windsor
(questi sono notevolmente più piccoli e in generale più rurali). La regione di Windsor è formata
da una superficie totale di 1.852 km2 e da una popolazione di circa 375.000 abitanti nel 2001.
Le origini della cooperazione transfrontaliera nella regione di Detroit-Windsor sono
riconducibili tanto ad una forte interdipendenza produttiva - molte componenti dell’industria
automobilistica sono realizzate in Canada e poi spedite negli Stati Uniti per l’assemblaggio -,
quanto alla connessa fiducia su un settore industriale e sulla sua capacità di ripresa.
L’entrata in vigore del NAFTA - North American Free Trade Agreement – nel 1994 aumenta
notevolmente il livello di scambi di beni e servizi tra le due città. Più di un terzo di tutti gli
scambi tra Stati Uniti e Canada passa attraverso i nodi di frontiera di Detroit-Windsor. La forte
crescita dei flussi economico-commerciali porta ad un significativo incremento dei flussi umani
tra le due sponde dell’Ambassador Bridge cosicché il rapporto tra Detroit e Windsor si
configura come un legame di interscambio continuo. Il sindaco di Detroit, già nel 2002,
sottolinea la sfida della costruzione di un grande "cluster innovativo", avviando un percorso di
lavoro comune per la regione Detroit-Windsor. L’approccio utilizzato è quello della creazione
di cluster regionali con il coinvolgimento di imprese, amministrazioni e università; la
partecipazione di soggetti di entrambe le sponde è un elemento centrale del successo di una
strategia integrata.
Nella medesima Comunicazione si legge che il metodo adottato fa seguito alle proposte in
materia di coesione territoriale formulate dalla Commissione nel Libro Verde dell'ottobre 2008,
secondo le quali gli interventi devono rispondere alle esigenze di regioni funzionali più che
fondarsi su criteri amministrativi e finanziari predeterminati. “Questo approccio rappresenta
inoltre per l'UE uno strumento politico innovativo, che potrebbe indicare come conseguire
obiettivi comuni e realizzare un coordinamento efficace delle politiche territoriali e settoriali
sulla base di sfide territoriali condivise”.
•
Il riferimento alla “funzionalità” rispecchia una caratteristica centrale del concetto
di macroregione; esse si definiscono infatti “in funzione di sfide e opportunità
comuni transnazionali che richiedono un’azione collettiva (aspetto evidente nel caso
delle problematiche ambientali dove l’azione di un singolo attore non ha efficacia
ma risulta necessaria un’azione convergente di diversi attori)”35.
Un approccio funzionale implica la possibilità di “geometrie variabili nella definizione delle
scale delle macro-regioni, in altri termini a seconda della funzione si possono delineare scale
spaziali diverse”36.
35
Cfr. A. Stocchiero (CeSPI), paper “Macro-regioni Europee: del vino vecchio in una botte nuova?”, aprile 2010, pag. 5
Cfr. Ibidem, pag. 5. D’altra parte non sempre il criterio ‘tecnico’ della funzionalità consente di delimitare aree
circoscritte. Si pensi ad esempio al caso della ricerca e dell’innovazione (pilastro importante della strategia baltica) in cui i sistemi
locali e regionali d’innovazione sono necessariamente interrelati a centri di altri continenti e a strutture tecno-cognitive e produttive
mondiali.
36
39
Ulteriore aspetto importante della strategia delle macro-regioni è dato dal processo di
elaborazione della strategia stessa, che deve partire dalle regioni. I governi nazionali interessati
al rafforzamento di una macro-regione elaborano un documento strategico che contiene un
Piano di Azione. Nel Piano di Azione vengono individuati dei “flagship projects” per il
raggiungimento degli obiettivi macro-regionali su alcune tematiche di interesse comune. È
quindi la costituenda macro-regione a disegnare, attraverso il coinvolgimento degli attori locali
e in funzione di obiettivi condivisi, la propria strategia di azione. L'obiettivo consiste nel
convogliare più efficacemente le risorse esistenti, ad esempio, per migliorare le reti energetiche
e di trasporto o affrontare sfide come l'inquinamento, lo sviluppo sociale, l'immigrazione o la
politica di sicurezza.
Nel Progetto di Parere del Comitato delle Regioni (COTER-V-002/2010)37, discusso il 14-15
aprile 2010, viene sottolineato inoltre come la strategia per la regione del Mar Baltico riguardi
innanzitutto la politica interna dell'UE, anche se possono esserne interessate sia le azioni che
ricadono nella competenza dell'UE sia alcune questioni che ne sono escluse38. Infatti,
“nell'attuazione di tale strategia l'obiettivo è quello di proporre un migliore coordinamento delle
politiche e una legislazione più efficace per mezzo di un approccio integrato”39. È proprio
considerando il coinvolgimento di Paesi Terzi solamente allorquando risulti imprescindibile per
il raggiungimento dell’obiettivo (funzionale) intorno al quale una data macroregione viene
costituita, che il focus della strategia macroregionale appare esplicitamente proiettato sulla
dimensione interna alla Eu.
Il valore aggiunto della strategia macroregionale si caratterizza quindi per due principali aspetti:
a) quello dell’approccio integrato e
b) quello delle scale “ottimizzanti” (la capitalizzazione).
Il primo aspetto si sostanzia in un’azione collettiva che integra diversi attori, livelli istituzionali,
politiche e programmi per il raggiungimento di un determinato obiettivo condiviso. Il secondo
concerne la definizione di “flagship projects” calibrati su ambiti territoriali che ne rendano
effettiva l’efficacia dell’azione.
2.3 Quali strumenti di gestione: Macroregione e Gect
Durante l’ultimo decennio, la cooperazione territoriale ha guadagnato terreno, tanto sotto il
profilo politico quanto operativo, con la conferma, tramite il negoziato sulle prospettive
finanziarie 2007-13, della centralità della politica di coesione per l’azione dell’UE40. All'interno
delle politiche di coesione, tuttavia, la cooperazione territoriale europea ad oggi può contare su
una dotazione finanziaria ancora marginale41.
Cfr. CdR “Strategia dell’Unione Europea per le Regioni del Mar Baltico”, 14/15 aprile 2010
Se la macro-regione ha un obiettivo funzionale il cui raggiungimento non può prescindere dal coinvolgimento dei Paesi
Terzi, allora non può non essere considerata la dimensione esterna. Nel caso del Baltico, esso viene considerato dal Consiglio
europeo come un “mare interno” e viene quindi affermata la possibilità di disaccoppiare la dimensione esterna da quella interna.
Tuttavia, rimane la questione della rilevanza della vicina Russia.
39
Cfr. Ibidem pag. 2. Scrive al riguardo A. Stocchiero (2010, op. cit., pag. 9) “La strategia della macro-regione (almeno
quella del Baltico) è una strategia interna all’UE e la dimensione esterna risulta marginale. I paesi terzi sono informati e sono
considerati gli effetti della strategia su di loro, ma almeno inizialmente si consiglia di concentrarsi sulle questioni interne. D’altra
parte, anche in questo caso la strategia may need to be reviewed in other context”(European Commission, 2009: 6)”.
40
Le Prospettive Finanziarie 2007-13 prevedono un totale di stanziamenti pari a 866,3 miliardi di Euro, corrispondente
all’1,051% del Reddito Nazionale Lordo dell’UE. La politica di coesione ha una dotazione di 307,9 miliardi di Euro, corrispondente
al 35,5% del totale del bilancio UE.
41
Cfr. F. Barca op. cit. (2009). Lo stanziamento per la cooperazione territoriale europea, 7,75 miliardi di Euro, conta per il
37
38
40
Una novità è stata altresì introdotta sul piano delle strutture di governance della cooperazione,
per promuovere la durabilità delle relazioni tra le regioni e per superare l’originale carattere
sperimentale di queste iniziative. Durante l’ultima tornata negoziale è stato introdotto il GECT
(Reg. CE n.1082/2006) quale nuovo strumento giuridico che consente di creare strutture stabili
per la cooperazione territoriale a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale. Il
GECT è stato concepito in primis per sostenere la cooperazione territoriale nell'ambito dei fondi
strutturali, malgrado lo specifico regolamento preveda la possibilità di utilizzarlo anche al di
fuori della politica di coesione e, più in generale, dei finanziamenti UE.
• I GECT possono in effetti essere utilizzati come strumenti di cooperazione in settori
diversi come la sanità, i trasporti, la prevenzione dei disastri naturali o la creazione di
strutture transnazionali per il turismo. Essi sono inoltre aperti ai finanziamenti nazionali
e contribuiscono a fornire uno strumento aggiuntivo per l'attuazione delle strategie PPP
(partenariato pubblico-privati)42.
In altri termini, il GECT è uno “strumento che promuove l’aggregazione di unità territoriali
all’interno di un unico contenitore istituzionale. Il fine del GECT è coniugare enti locali e
istituzioni appartenenti a diversi Stati Membri (potenzialmente anche appartenenti a Paesi terzi)
per consentire uno scambio di conoscenze e buone prassi amministrative su una base non
episodica”43.
• La novità è che il GECT, con una formula inedita, consente di associare enti di diversi
Stati membri senza la necessità di sottoscrivere dapprima un accordo internazionale,
ratificato dai parlamenti nazionali44.
È così trasferita la tradizionale collaborazione transfrontaliera sul piano più alto dell’interterritorialità, creando delle entità transnazionali dotate di personalità giuridica nell’ordinamento
comunitario45. Le potenzialità del GECT quale meccanismo di multilevel governance della
cooperazione territoriale sono evidenti, se si considera la possibilità di partecipazione di soggetti
di diverso livello istituzionale (Comuni, Regioni, Stato) e anche di altri soggetti dei partenariati
territoriali, quali Università, Agenzie di sviluppo, Enti strumentali, etc.
Questo doppio binario della cooperazione – subnazionale e transnazionale – delinea nuove
possibilità per l’implementazione delle politiche (place-based) di sviluppo locale (Barca Report
2009)46. Viene da una parte valorizzato il ruolo degli enti locali nell’individuazione delle
priorità e degli interventi da adottare e adeguare ai bisogni specifici dei territori; e dall’altra,
contestualmente, viene fornito uno strumento di coordinamento e confronto più ampio, e
potenzialmente capace di generare effetti virtuosi di apprendimento.
Uno studio realizzato dal GEPE - Gruppo di studi Politici Europei - sotto la direzione del prof.
2,5% delle assegnazioni totali alla politica della coesione dell’UE, quindi meno dell’1% del bilancio totale dell’UE, meno dello
0,01% di reddito nazionale lordo dell’UE. Modi complementari per finanziare le azioni di cooperazione territoriale sono dunque
necessari, anche nel caso di un potenziamento della sua dotazione finanziaria per il periodo post- 2013 realisticamente a circa il 34% del totale della politica di coesione UE..
42
Cfr. “Le prospettive della cooperazione territoriale e del Gruppo Europeo di Cooperazione Tranfrontaliera (GECT):
strategie politica e azioni di sostegno del Comitato delle Regioni”, R/CdR 322/2006 punto 7 EN-MAR/fb
43
Cfr. M. Scarlatto, (Dip. di Economia, Facoltà di Economia, Università Roma Tre), Paper presentato all’incontro
organizzato dal Dipartimento di Economia, Università Roma Tre, con l’Associazione Rossi-Doria e la Fondazione
MezzogiornoEuropa, Roma, 1 Dicembre 2009
44
A ben vedere, il meccanismo dei Trattati, delle ratifiche e degli accordi intergovernativi è alla base ad esempio di tutta la
produzione “normativa” in materia di cooperazione transfrontaliera sviluppata nell’ambito del Consiglio d’Europa e concretizzata
nella Convenzione Quadro di Madrid sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Madrid, 1980) e nei
due successivi Protocolli (Strasburgo, 1995; Strasburgo, 1998).
45
Si veda A. Papisca (ed.), Il Gruppo europeo di cooperazione territoriale. Nuove sfide allo spazio dell’Unione Europea,
Marsilio, Venezia, 2009.
46
Sulle place-based development policy si veda F. Barca, “An Agenda for a reformed Cohesion Policy. A place-based
approach to meeting European Union challenges and expectations”, aprile 2009
41
47
Nicolas Levrat nel contesto del programma di ricerca del CdR 117/2007 ha evidenziato sette
elementi costitutivi e comuni dei GECT, che ne rappresentano la loro natura specifica, essi
48
sono :
1. il GECT è un organismo di carattere transfrontaliero, dovendo essere composto da
membri "situati nel territorio di almeno due Stati membri";
2. il GECT è dotato di personalità giuridica di diritto comunitario e, a seconda dei casi,
potrà assumere una personalità giuridica di diritto pubblico o privato nell'ambito
dell'ordinamento interno degli Stati membri;
3. il GECT gode "della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche
dalla legislazione nazionale" (Reg. 1082/2006, art. 1 §4). Tale formula va tuttavia in
parte mitigata, dal momento che la capacità dei GECT è specificamente limitata allo
svolgimento dei compiti loro assegnati dai rispettivi statuti. Il principio di specialità,
comune a tutti gli organismi di cooperazione - in base al quale l'organismo non gode di
competenza generale, ma può agire esclusivamente entro i limiti delle competenze
attribuitegli - si applica anche al GECT49;
4. il GECT deve essere basato su una convenzione e su uno statuto;
5. il GECT dispone di una unica sede, la cui ubicazione ha conseguenze giuridiche
importanti, dal momento che essa determina segnatamente il diritto applicabile in via
sussidiaria al GECT, nonché gli organi incaricati di controllarlo. Lo studio citato
sottolinea come il rapporto con il diritto interno si possa rivelare complesso, poiché i
termini del regolamento rimandano spesso a norme di diritto interno, generando quindi
una qualche incertezza giuridica;
6. il GECT deve disporre di organi per poter esprimere la sua volontà in quanto persona
giuridica a tutti gli effetti. Il regolamento citato prevede l'esistenza di un'assemblea, in
seno alla quale siano rappresentati tutti i membri, e di un direttore; viene consentito
comunque ai membri di prevedere eventuali altri organi;
7. il GECT redige un bilancio annuale.
50
Il medesimo studio evidenzia inoltre, tra gli elementi distintivi dei diversi GECT, le seguenti
dimensioni: i) i membri; ii) le funzioni e iii) il diritto ad essi applicabile.
In riferimento ai i) membri, tre sono le categorie previste:
• Stati membri dell'UE;
• autorità regionali e locali degli Stati membri. La loro capacità di partecipazione
dipende dall'ampiezza delle loro competenze in base al diritto interno;
• altri attori, segnatamente le entità finanziate in modo prevalente e/o maggioritario
da organismi di diritto pubblico51, nonché le associazioni composte da attori
appartenenti alle categorie precedenti.
In riferimento alla seconda dimensione distintiva sopra evidenziata - ii) le funzioni - è da
47
Cfr. CdR 117/2007. Studio realizzato sotto la supervisione dell'unità Analisi delle politiche, studi e programmazione
legislativa e interistituzionale (Gianluca Spinaci, Jaroslaw Lotarski e Lucia Cannellini) e della segreteria della commissione COTER
(Damian Lluna Taberner).
48
Cfr. Ibidem pp. 2-3
49
Il medesimo studio sottolinea che l'effetto cumulativo delle disposizioni del regolamento relativo al GECT, che ne
limitano la capacità di azione, può determinare una soluzione troppo restrittiva e che, a meno che tali disposizioni non vengano
interpretate in modo flessibile, rischiano di ridurre la capacità di azione dei GECT.
50
Cfr. Ibidem pp. 4 e succ.
51
In particolare, l’art. 3, co. 1, punto d) del Reg. (CE) 1082/2006 fa riferimento alle entità comprese nella Direttiva
2004/18/EC sugli appalti pubblici. Queste entità debbono soddisfare contemporaneamente i tre requisiti indicati dall’art. 1, punto 9,
della Direttiva, cioè: “a) essere istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non
industriale o commerciale; b) essere dotato di personalità giuridica, e c) esercitare un’attività che sia finanziata in modo
maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al
controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più
della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
42
sottolineare come il Gect sia concepito principalmente per le tre seguenti funzioni:
• gestire i fondi strutturali;
52
• attuare una cooperazione strategica ;
• quando ne sia manifestata la volontà da parte degli stati partner di progetto,
costituire lo strumento per la realizzazione operativa di un progetto di
53
cooperazione .
In relazione al diritto applicabile al Gect e ai suoi atti, lo studio citato evidenzia che “il diritto
nazionale, che differisce ovviamente da uno Stato all'altro, svolge un ruolo importante nella
definizione e nel funzionamento dei Gect”. L'articolo 2 del Reg.1082/2006, intitolato diritto
applicabile, sembra dettare disposizioni chiare laddove esplicita che un Gect “è disciplinato:
a) dal presente regolamento;
b) ove espressamente autorizzato dal presente regolamento, dalle disposizioni della
convenzione e degli statuti di cui agli articoli 8 e 954;
c) nel caso di materie non disciplinate, o disciplinate solo parzialmente, dal presente
55
regolamento, (e) dal diritto dello Stato membro in cui il GECT ha la sede sociale” .
Il medesimo articolo prosegue precisando che, “laddove ai sensi del diritto comunitario o del
diritto internazionale privato sia necessario stabilire quale legislazione lo disciplini … il GECT
è trattato come un'entità dello Stato membro in cui ha la sede sociale”. Inoltre, “se uno Stato
membro comprende più entità territoriali aventi norme proprie in materia di diritto applicabile,
il riferimento (..) include la legislazione di tali entità, tenuto conto della struttura costituzionale
dello Stato membro interessato”. Lo studio citato (CdR 117/2007) mostra come la realtà
giuridica sia molto più complessa di come il regolamento in termini generali prevede, da un
lato, perché le norme del regolamento rinviano spesso al diritto interno, rendendo la situazione
poco comprensibile, e dall'altro, perché le diverse fasi e i diversi atti del GECT, per loro natura
eterogenei, sono soggetti a norme diverse.
Gli Stati Membri mantengono la prerogativa di poter approvare o rifiutare la partecipazione al
GECT sul rispettivo territorio. Occorre che i soggetti che intendono partecipare ad un GECT
stipulino una Convenzione ed adottino uno Statuto, che vanno notificati alle autorità nazionali
competenti. Queste ultime hanno tre mesi di tempo per esprimersi. L’eventuale rigetto deve
essere motivato sulle basi delle disposizioni regolamentari che, ad esempio, escludono dal
campo di azione dei GECT l’assunzione di funzioni in materia di giustizia o di politica estera.
Sono almeno tre i livelli di programmazione, organizzazione e gestione delle azioni di cooperazione
territoriale oggetto dei GECT56:
1. la scala transfrontaliera: concernente azioni di prossimità e fortemente interrelata alla vita quotidiana
delle comunità locali;
2. la scala transnazionale, che allarga la prospettiva alla pianificazione e gestione congiunta dello
sviluppo territoriale di macro-regioni a livello europeo;
3. la scala interregionale, che mette in comune interessi ed esperienze su tematiche specifiche, da
valorizzare in un contesto di rete ampia.
Gli atti del GECT sono soggetti a controlli diversi in funzione della loro natura specifica. Ad
esempio, le norme applicabili al controllo finanziario variano a seconda che il controllo sia su
Il riferimento alla dimensione strategica tra le funzioni di un Gect è in accordo con l’idea di utilizzare la modalità
attuativa del Gect per la realizzazione dei progetti strategici
53
Data la composizione potenzialmente eterogenea del Gect, esso potrebbe rivelarsi uno strumento utile per sviluppare una
nuova governance europea nel solco del Libro bianco adottato in materia dalla Commissione nel 2001.
54
Reg.1082/2006 art. 8: “Covenzione”; art. 9: “Statuti”
55
Cfr. Reg. 1082/2006, art. 2
56
Cfr. P.P.Proto Working Paper “ Indagine su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l’area Adriatica?”, CESPI,
45/2008/IT, settembre 2008
52
43
attività finanziate con fondi comunitari o meno. Quindi, in ragione della molteplicità dei diritti
relativi ai membri potenziali di un GECT, ai compiti e alla non inusuale confluenza normativa
57
di più diritti applicabili, esso “non rappresenta un tipo unico di struttura” . Essendo il GECT da
assoggettare a vincoli giuridici differenziati appare tutt’altro che una struttura “monomorfica”
per i diversi Stati membri. D’altra parte però, l'articolo 16 del regolamento relativo al GECT
impone agli Stati membri di adottare le disposizioni che reputano opportune per garantire
l'effettiva applicazione del regolamento.
Il Parlamento italiano ha recepito il regolamento europeo (2007) relativo al GECT solamente il
23 giugno 2009. A partire delle specifiche norme implementative nazionali, potranno essere
costituiti GECT di diritto pubblico e/o di diritto privato, a responsabilità limitata o illimitata.
Esistono quindi possibilità di costituire diverse tipologie di GECT, come illustrato nella tabella
successiva:
Tab. 1 – Tipologie GECT
Criterio
Tipologie
Membri (livello di governo e/o
tipologie)
Partecipazione
omogenea ⇔ eterogenea; simmetrica/asimmetrica
Funzione
azioni di coordinamento ⇔ attuazione diretta
Organismo
diritto pubblico ⇔ diritto privato
Responsabilità
limitata ⇔ illimitata
Gestione
fondi Ue ⇔ senza fondi Ue
con Stato Centrale ⇔ senza Stato Centrale
Fonte: N. Levrat (op. cit. 2007) e G. Spinaci (op. cit. 2009)
È comunque chiaro come, dal punto di vista giuridico, il GECT costituisca un notevole
progresso, una sorta di “tripla rottura”, come si legge in Spinaci G. (2009) e in Comte H., Levrat
N. (2006). Esso infatti:
• offre uno strumento in grado di produrre effetti uniformi, basato sull’ordinamento
giuridico comunitario. Ciò è permesso in ultima istanza anche tramite ricorso alla Corte
di Giustizia. Giuridicamente si tratta di una garanzia molto rilevante58;
• “origina una personalità giuridica autonoma, capace di adottare decisioni che diventano
giuridicamente vincolanti tra i partner (membri) e verso i terzi, su territori
potenzialmente di notevole estensione e per una vasta gamma di temi di
cooperazione”59;
• permette l’adesione di tutti i livelli di governo territoriale in qualità di membri: le
autorità locali, regionali, nazionali e le loro associazioni60 (multilevel governance).
2.3.1 GECT - uno sguardo all’avanzamento in Europa
Come anche nel caso italiano, il processo normativo nazionale61 concernente i Gect è avvenuto
nella maggior parte dei Paesi europei con forte ritardo rispetto alla scadenza del 1 agosto 2007;
57
58
Cfr. CdR 117/2007 (Studio), pag. 5.
Cfr. G. Spinaci, “Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). Prove di coesione territoriale”, Angeli 2009 p.
10.
59
Cfr. Ibidem, pag. 10
Importante la possibilità di associare all’interno della stessa struttura cooperativa anche le autorità nazionali, essenziale
nell’affrontare ambiti di cooperazione riservati al livello centrale o per gli Stati Membri non dotati di articolazione regionale (per
esempio Cipro, Estonia, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Slovenia, etc.).
61
A ben vedere il GECT è uno strumento giuridico istituito ai sensi del diritto comunitario, e non del diritto internazionale
come, per esempio, la Convenzione quadro di Madrid (1980). Quindi, come ogni altro regolamento, non deve essere ratificato o
negoziato in accordi bi e/o multilaterali, ma deve essere semplicemente adottato risultando vincolante e direttamente applicabile in
tutti gli Stati Membri. Come visto nelle pagg. precedenti, nonostante il Regolamento europeo sia direttamente applicabile, gli Stati
membri mantengono la prerogativa di approvare e/o rifiutare la partecipazione al GECT dei potenziali membri sul territorio di loro
competenza.
60
44
in alcuni Stati Membri si registrano ancora inadempienze al riguardo.
Il primo GECT, Eurométropole Lille-Kortrijk-Tournai (FR/BE), è stato costituito nel gennaio
2008, solamente un semestre dopo la piena entrata in vigore del Regolamento. Un secondo
GECT costituito formalmente - Galizia-Portogallo Nord - è stato registrato nell’ottobre 2008 e
cinque altri si sono aggiunti nei mesi successivi fino a marzo 2009.
Tali GECT insistono spesso sui medesimi confini o su territori limitrofi (Francia-Belgio;
Spagna-Portogallo; Repubblica Slovacca-Ungheria). La combinazione di diversi fattori
contribuisce a spiegarne le cause: a) l’adozione di disposizioni nazionali GECT in entrambi i
Paesi confinanti, b) la preesistenza di accordi bilaterali di cooperazione e, infine, c) l’effetto
“imitativo-cascade” a livello locale derivante dall’assistere alla costituzione di un nuovo
strumento di gestione nelle vicinanze.
Tab. 2 - Creazione dei GECT al 31/07/2009
Paese
Norme adottate
Norme da
adottare
Adozione
Regno Unito
Ungheria
10 lug 07
1 ago 07
Termine per adozione
Bulgaria
Romania
Portogallo
Grecia
Belgio*
Lussemburgo
Slovenia
Francia
Danimarca
Repubblica Slovacca
Spagna
1 ago 07
29 ago 07
16 ott 07
8 nov 07
23 nov 07
21 dic 07
dic 07
20 mar 08
16 apr 08
30 apr 08
1 mag 08
18 gen 08
Lituania
Estonia
Cipro
Repubblica Ceca
Italia
Austria**
Germania**
Finlandia, Lettonia,
Lituania, Polonia, Svezia
Malta, Irlanda, Paesi Bassi
3 giu 08
5 giu 08
9 lug 08
4 giu 09
7 lug 09
Creazione Gect
Membri Gect
(nazionalità)
12 nov 08
11 feb 09
HU, SK
HU, SK
25 mar 09
BE, FR
21 gen 08
FR, BE
23 ott 08
11 feb 09
ES, PT
ES, PT
01 dic 08
CY, FR, EL, IT
* norme adottate a livello federale e dalla Regione Fiandre
** norme adottate in alcuni Länder
Fonte: elaborazione su G. Spinaci, op. cit. (2009). La raccolta completa dei testi delle misure implementative è disponibile sul sito
del Comitato delle Regioni, www.cor.europa.eu/egtc.htm.
Ad ottobre 2008, la Commissione pubblica il Libro Verde sulla Coesione Territoriale
(“Trasformare la diversità territoriale in un punto di forza”) ed apre una consultazione presso gli
stakeholders, che in pochi mesi ha raccolto quasi 400 contributi62. Tre sono, in sintesi, gli ambiti
concettuali di policy su cui si articola il Libro Verde: la concentrazione, ovvero le modalità per
pervenire ad una massa critica efficace dell’azione di policy riducendo nel contempo le
62
Una sintesi dei risultati della consultazione è stata prodotta dalla Commissione Europea all’interno della Sesta Relazione
Intermedia sulla coesione economica e sociale, COM(2009)295. Per un’analisi dei contributi al Libro Verde in chiave GECT si
rimanda invece alla consultazione del documento realizzato dal Comitato delle Regioni - Comitato delle Regioni (2009c), Il GECT
nei contributi al libro verde sulla coesione territoriale (CdR 169/2009).
45
esternalità negative; il collegamento, ovvero le modalità di rafforzamento dell’accesso a
infrastrutture e servizi per le aree più arretrate, e la cooperazione, in altri termini come
realizzare sinergie superando le frontiere amministrative.
È proprio la cooperazione a risultare la ‘leva’ principale per il raggiungimento di
concentrazione e collegamento.
Il tema della cooperazione solleva però numerose questioni di governance, a cui, seppur ancora
in modo limitato visto il suo stato di attuazione, lo strumento del GECT può contribuire a dare
risposte, soprattutto in termini di disegno e implementazione di politiche territoriali locali e di
area vasta (transfrontaliera, transnazionale e interregionale). Come sottolineato in precedenza, il
GECT rappresenta un importante strumento di multilevel governance, tanto da un punto di vista
‘strutturale’ (può essere costituito da soggetti di diverso livello di governo) che ‘funzionale’,
allorquando permette azioni su diverse scale territoriali. Anche il Comitato delle Regioni (CdR)
nel suo Libro Bianco sulla Multilevel Governance63(2009) sottolinea come il Regolamento
GECT rappresenti un caso interessante di multilevel governance, in quanto si configura come
“un’azione coordinata dell’Unione, degli Stati membri e degli enti regionali e locali fondata sul
partenariato e volta a definire e attuare le politiche dell’UE. Tale modalità di governance
implica la responsabilità condivisa dei diversi livelli di potere interessati, e si basa su tutte le
fonti della legittimità democratica e sulla rappresentatività dei diversi attori coinvolti”.
Sempre a tale riguardo il CdR sottolinea come “la dimensione della governance multilivello è al
centro del processo di preparazione, costituzione e gestione di un GECT. Tale strumento, infatti,
consente di associare gli enti territoriali secondo una geometria istituzionale variabile in
funzione dei rispettivi livelli di competenze, nonché di promuovere un partenariato allargato
agli attori socioeconomici. Le prime esperienze applicative del regolamento sul GECT
dimostrano già la varietà degli ambiti di applicazione di questo strumento: dalla salute alla
protezione civile, dallo sviluppo economico alla tutela delle risorse naturali, dalla formazione
alla politica di ricerca e innovazione, ecc.” 64.
Per quanto riguarda l’Italia65, sono in fase di attuazione almeno due GECT, uno relativo all’
Euroregione Alpi-Mediterraneo66, ed uno attuato col Progetto semplice denominato “GECT –
PMIBB”, ammesso a finanziamento sul II Avviso per i Progetti semplici del PO “Marittimo”
Italia-Francia 2007-2013, e riguardante l’area del Parco Marino Internazionale delle Bocche di
Bonifacio. Una breve sintesi relativa al “GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo” ed un
paragrafo specifico sullo stato di attuazione del “GECT-PMIBB” sono riportati nel prosieguo.
Già una prima analisi dei GECT67, attivati o in fase di attuazione, rivela in effetti una estrema
versatilità di tale “strumento giuridico”: a ben vedere sono molteplici tanto i temi di
applicazione, quanto le geografie fisiche (ampiezza dei territori coinvolti) e istituzionali (livelli
di governo) di afferenza dei singoli Gruppi Europei di Cooperazione.
63
Comitato delle Regioni (2009), parere d’iniziativa Libro bianco del Comitato delle Regioni sulla governance multilivello
(CdR 89/2009).
64
Cfr. CdR, Libro Bianco sulla Governance Multilevello, 2009, pag.9
65
Cfr. M.R. Allegri, “Dalla cooperazione transfrontaliera alla cooperazione territoriale: problemi di ordine costituzionale”, in
A. Papisca (ed.), Il GECT. Nuove sfide allo spazio dell’Unione Europea, Marsilio, Venezia, 2009.
66
Il GECT in fase di costituzione è relativo alla realtà di cooperazione già esistente dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo
che raggruppa Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Rhône-Alpes e Provence- Alpes-Côte d’Azure
67
Il Comitato delle Regioni ha istituito un gruppo di esperti sul GECT (composto da esperti provenienti da enti regionali o
locali o istituti di ricerca di oltre venti paesi diversi) con i seguenti obiettivi: (i) monitorare l'applicazione delle norme del
regolamento sul GECT a livello dei singoli Stati membri, (ii) agevolare lo scambio di esperienze relative alla costituzione di GECT
a livello regionale e locale, e condividere la (iii) conoscenza delle migliori prassi in materia, (iv) definire il possibile utilizzo del
GECT in quanto strumento di cooperazione territoriale, (v) migliorare la comunicazione quanto alle opportunità offerte e alle sfide
poste dal GECT a livello regionale e locale. Per ulteriori informazioni, si rinvia all'apposita sezione del sito Internet del CdR:
www.cor.europa.eu/egtc.htm.
46
Tab. 3 – Avanzamento Gect in Europa
Gect
Nome
Eurométropole
Lille-Kortrijk-Tournai
www.lillemetropole.fr
Galizia-Portogallo
Nord (GNP)
Ister-Granum EGTC Limited
www.istergranum.hu
Amphictyony
www.amphictyony.gr
Karst-Bodva EGTC Limited
Duero-Douro
www.duerodouro.com
Fiandre Occidentali/ FiandreDunquerque- Côte d’Opale
www.cud.fr
Nome
Euroregione PireneiMediterraneo www.euregio.eu
Euroregione Alpi- Mediterraneo
www.euroregion-alpesmediterranee.eu
Eurodistretto Strasbur
go-Ortenau
www.eurodistrict.eu
Parco Marino Internazionale68
http://www.lamaddalenapark.it/
GECT UTTS70
Paesi*
Membri
Num.
Data
costituzione
21.01.08
FR, BE
14
Diversi liv.
di governo
Pubblica
23.10.08
ES, PT
2
Regionale
50.852
6.817
Privata
12.11.08
85
Comunale
2.000
2.000
Privata
01.12.08
50
Comunale
n.d.
n.d.
Privata
11.02.09
3
Comunale
53
2
Pubblica
11.02.09
HU,
SK
EL,CY,
FR
SK,
HU
ES, PT
175
Comunale
8.785
103
Pubblica
25.03.09
FR, BE
13
Diversi livelli di
governo
7.808
2.079
Natura
Km2
Gect di prossima costituzione**
Natura giuridica
Paesi*
Num.
Natura
Territorio
Km2
Pop.
1000ab.
3.544
2.000
Natura
giuridica
Pubblica
Pubblica
FR, ES
4
Regionale
109.666
Pop.
1000ab.
13.550
Pubblica
FR, IT
5
Regionale
109.179
16.880
Pubblica
FR, DE
7
Comunale
2.176
868
Pubblica
IT, FR69
2
Regionale/
Comunale
Regionale
n.d.
n.d.
Pubblica
HU, RO
4
n.d.
n.d.
SK, Ucr
Gect la cui costituzione è in fase di approfondimento (elenco indicativo)***
Nome della coop.
Paesi dei partner
Ambito di cooperazione
Ospedale transfrontaliero Cerdagne
ES, FR
Salute transfrontaliera
www.hcerdanya.eu
La Grande Région
BE, DE, FR, LU
Sviluppo territoriale integrato di area
www.granderegion.net
Parc Mercantour–Parco Alpi
FR, IT
Conservazione e valorizzazione di aree
Marittime www.mercantour.eu
naturali protette
www.parcoalpimarittime.it
Espai Català Transfronterer
ES, FR
Cooperazione interprovinciale
Alzette-Belval 2015
FR, LU
Riqualificazione urbana e territoriale di
un bacino carbonifero
EURIMED
CY, EL, ES, FR, IT, MT
Rete delle principali isole mediterranee
Eurocidade Chaves-Verin
ES, PT
Sviluppo urbano transfrontaliero
Comunità di lavoro Alpe-Adria
A, H, HU, IT, SI
Sviluppo territoriale integrato di area
www.alpeadria.org
Euroregione adriatica
AL, EL H, ME, SI
Sviluppo sostenibile del bacino
www.adriaticeuroregion.org
Marittimo
* Il primo è quello in cui il Gect ha la sua sede sociale
** I partner hanno già concordato la Convenzione e lo Statuto. Le procedure d’approvazione da parte delle autorità
nazionali sono in corso
*** Elaborazione su fonti varie, in particolare CdR168/2009 e G. Spinaci (op. cit. 2009).
È già stata concordata la convenzione di cooperazione e lo statuto è in corso di elaborazione.
Capofila progettuale: Office de l’Environnement de la Corse (OEC), sede legale Gect nel territorio del Parco Nazionale
dell’Arcipelago di La Maddalena
70
La partecipazione dell’Ucraina è resa possibile dalla possibilità di coinvolgere anche partner esterni alla UE nei Gruppi
Europei di Cooperazione Territoriale. In questo caso la presenza dell’Ucraina può contribuire a ridurre gli effetti “frontiera”.
68
69
47
Il “banco di prova” dell’effettivo valore aggiunto dei GECT si misurerà su più dimensioni, tra
cui:
• quella della pianificazione integrata delle politiche settoriali su scala territoriale
transfrontaliera;
• la reale aggregazione complementare dei diversi livelli di competenze di governo (es.
nazionale, regionale, locale);
• la definizione degli interventi su diverse scale territoriali, variabili a seconda dei bacini
di intervento;
• la capacità di avviare percorsi di ristrutturazione “coesiva” del territorio europeo nelle
sue varie componenti e nel suo insieme.
In chiave macroregionale, alcune tipologie di GECT - come quelli euroregionali - potrebbero
costituire le strutture di governance e/o di veicolo progettuale più appropriate. I GECT euroregionali possono infatti svolgere un fondamentale ruolo di ‘facilitazione’ per veicolare la
cooperazione anche su una scala territoriale superiore rispetto a quella della prossimità
transfrontaliera e proiettarsi in una dimensione macroregionale (“funzionale”), definita sulla
base di esigenze e beni comuni (ad es. ambientali ed infrastrutturali), oppure di più semplici
convergenze nei processi decisionali di prossimità.
Nel Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia/Francia “Marittimo” 2007-2013 viene
manifestata, relativamente all’approccio alla cooperazione (§6.1.1), una volontà esplicita circa
la sperimentazione delle potenzialità attuative del GECT al fine di inserire la zona di
cooperazione interessata dal “Marittimo” in una prospettiva di creazione di una Euro-Regione.
Riportiamo di seguito una sintesi relativa alla creazione del GECT per la gestione comune del
Parco Marino Internazionale delle Bocche di Bonifacio.
2.3.2 Alcuni casi: “GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo” e “GECT- PMIBB”
Dopo decenni di cooperazione transfrontaliera nell’area “Alpi-Mediterraneo” - composta da
Provence-Alpes-Côte d’Azur, Rhône-Alpes, Liguria, Valle d’Aosta e Piemonte – le regioni
coinvolte manifestano, nel 2006, la volontà di costituire una Euroregione. La prospettiva è
quella di avere un maggior peso ed una maggiore incisività nella realizzazione di programmi di
Cooperazione Territoriale Europea (CTE) 2007-201371. Un’Euroregione è “una struttura di
cooperazione transnazionale fra due o più territori collocati in diversi paesi dell’Unione Europea
o del continente, creata per promuovere interessi comuni e per cooperare per il bene comune
delle popolazioni di confine”. Gli obiettivi dell’Euroregione “Alpi-Mediterraneo” sono tanto
politico-istituzionali che strategico-operativi, e si sostanziano nella volontà dei territori coinvolti
di affrontare unitariamente le sfide comuni concernenti i quattro Assi principali di seguito
riportati:
• Identità dell’Euroregione e rapporti coi cittadini;
• Coesione territoriale, sociale ed economica;
• Lotta contro il cambiamento climatico e adattamento al cambiamento climatico;
• Innovazione e transizione dei sistemi produttivi.
Nel luglio 2007, i presidenti delle cinque regioni dell’Area transfrontaliera firmano al castello di
Bard (Valle d’Aosta) un Protocollo d’Intesa che fissa le basi della loro cooperazione rafforzata.
È il 10 ottobre 2007 quando l’Euroregione Alpi Mediterraneo viene presentata a Bruxelles ai
rappresentanti istituzionali della UE. Nel gennaio 2008 viene inaugurata la sede
Cfr. Regione Liguria, C. Balbi e M. Rolandi (a cura di), Settore Affari Comunitari e Relazioni Internazionali, “Dalla
Cooperazione territoriale al GECT. L’esperienza dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo”.
71
48
dell’Euroregione a Bruxelles. Per rendere maggiormente operativa l’Euroregione rimanevano da
risolvere alcuni aspetti connessi al generale quadro di disomogeneità degli ordinamenti giuridici
e delle procedure nazionali. Il Reg. (CE) 1082/2006 viene colto come una nuova importante
opportunità per consacrare il percorso di euroregionalizzazione dell’Area. Nel 2008 i presidenti
delle regioni interessate, anche visti i ritardi nell’adozione del citato regolamento da parte dello
Stato Italiano (l’adozione avviene solamente il 7 luglio 2009), convengono che la sede legale
del GECT sia stabilita in Francia, e che quindi il GECT sia disciplinato dal diritto francese.
Sempre nel 2008 i cinque presidenti approvano la prima bozza di convenzione e di statuto del
GECT.
Come sottolineato in precedenza, la procedura per la costituzione del GECT prevede alcuni
importanti passaggi. Questi sono efficacemente sintetizzati nel documento “Dalla Cooperaizone
Territoriale al GECT” del Settore Affari Comunitari e Relazioni Internazionali della Regione
Liguria, di cui ne riportiamo alcuni elementi essenziali:
a) elaborazione di un progetto di convenzione e di statuto del GECT da parte dei
rappresentanti dei futuri membri;
b)
la sua successiva approvazione da parte degli organi deliberanti. Da parte
francese, con il voto dei Consigli Regionali; da parte italiana, secondo la legge
regionale o, in mancanza, col voto dei Consigli Regionali;
c)
notifica alle autorità competenti degli stati di appartenenza delle regioni circa la
volontà di partecipare al costituendo GECT, con copia di progetto di convenzione e di
statuto, oltre alla relativa deliberazione del Consiglio Regionale. La data di notifica (ai
Prefetti per le regioni francesi, al Segretariato generale presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri per le regioni italiane) fa decorrere il termine di 90 giorni per
assumere il provvedimento autorizzativo o negare la possibilità di partecipazione delle
regioni richiedenti.
d) Il rifiuto di autorizzazione alla partecipazione deve essere motivato e prevedere la
necessità di apportare modifiche alla convenzione e/o allo statuto conformemente alla
motivazione di rifiuto. Il procedimento di costituzione viene così riavviato.
e) Andata a buon termine la procedura autorizzativa, si ha la costituzione del GECT
con ordinanza al Prefetto della regione in cui avrà sede. Con la pubblicazione
dell’ordinanza il GECT acquista personalità giuridica.
f) Entro dieci giorni lavorativi dalla pubblicazione dello statuto, il GECT deve
trasmettere all’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali della Comunità EU la richiesta di
pubblicazione di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione. Tale pubblicazione
deve contenere denominazione, obiettivi, lista dei membri e luogo della sede sociale del
GECT.
g) Durante la prima assemblea costitutiva, i membri approvano e sottoscrivono
convenzione e statuto. In conformità al Reg. 1082/2006, i membri informano gli Stati
Membri interessati e il CdR dell’approvazione della convenzione e della pubblicazione
dello statuto.
È nella fase di notifica della Legge Regionale relativa all’adesione al GECT Euroregione AlpiMediterraneo, che la L. R. n. 1/2009 della Regione Liguria viene impugnata dal Presidente del
Consiglio dei Ministri per motivi di legittimità costituzionale. Il Dipartimento Affari Regionali
(DAR) esprime in concomitanza alcune osservazioni circa la convenzione e lo statuto.
I motivi del ricorso riguardavano principalmente aspetti procedurali, relativi, in particolare,
all’applicazione da parte della Regione Liguria delle procedure ai sensi della legge 131/2003
concernente “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge
Costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3”, relative a Intese e Accordi Internazionali da parte delle
Regioni e Province Autonome. Le Regioni Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, in mancanza
dell’adozione del Reg. CE 1082/2006 da parte dello Stato Italiano, e per dare corso alla
49
costituzione del GECT, avevano infatti deciso di applicare per analogia le disposizioni di cui
alla citata L. 131/2003. Nel luglio 2009, le Regioni italiane membri dell’Euroregione
concordano con i rappresentanti del DAR e del Ministero degli Affari Esteri alcune modifiche
alla Convenzione e allo Statuto. Per la Regione Liguria i nuovi testi sono contenuti in una nuova
Legge Regionale, la L.R. n. 2/2010.
I compiti assegnati al GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo si ritrovano all’art. 6 del suo
Statuto; essi rappresentano una declinazione, in termini di obiettivi attuativi, degli assi principali
della strategia dell’Euroregione:
 rafforzare i legami economici, sociali e culturali tra le rispettive popolazioni;
 agire a favore dello sviluppo del territorio dell’Euroregione Alpi-Mediterraneo
accordando un’attenzione particolare ai seguenti ambiti di cooperazione: sviluppo
economico e occupazione; innovazione e ricerca; ambiente, sviluppo sostenibile,
prevenzione dei rischi naturali; accessibilità e trasporti; turismo e cultura; educazione e
formazione;
 favorire una maggiore concertazione nella partecipazione comune ai programmi di
cooperazione territoriale europea e agli altri programmi tematici dell’UE, per la
realizzazione delle azioni dell’Euroregione;
 rappresentare gli interessi dell’Euroregione Alpi Mediterraneo presso le istituzioni
comunitarie e nazionali”72.
La collaborazione progettuale tra Sardegna e Corsica per la creazione di un Parco Marino
Internazionale nasce già nel 1989 con il programma Interreg I (1989-1993) che prevedeva
proprio la creazione di un Parco Marino Internazionale nelle Bocche di Bonifacio (P.M.I.B.B.).
In questo quadro (Interreg), la CE decise, il 21 maggio 1992, su proposta dei governi italiano e
francese, di concorrere alla creazione di un’area marina internazionale protetta nelle Bocche di
Bonifacio. I Ministri dello Sviluppo dei due Paesi, riuniti ad Aosta il 31 ottobre 1992,
ufficializzano il progetto di creazione di un Parco Marino Internazionale in questa zona
transfrontaliera73. È nel gennaio 1993 che Italia e Francia, insieme alle regioni Sardegna e
Corsica, adottano un protocollo che definisce le modalità progettuali del Parco e che
formalizza il loro impegno verso un rafforzamento della protezione di questo ambiente
naturale. L’architettura generale del progetto è stata avviata sulle proposte elaborate dall’Office
de l’Environnement de la Corse (O.E.C.) e da un gruppo tecnico italiano, sulla base di studi
scientifici e di consultazioni locali, validati da un Comitato Tecnico di Monitoraggio. Ciò ha
condotto alla creazione della Riserva Naturale delle Bocche di Bonifacio, in Corsica, e al Parco
Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena, in Sardegna74.
I finanziamenti sono stati assicurati attraverso diversi progetti Interreg, con le relative
contropartite nazionali e regionali (Interreg I, II, III). È il 15 novembre del 2004 quando i
Presidenti dell’O.E.C. e del Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena riaffermano la
volontà di conseguire l’integrazione transfrontaliera, adottando una Dichiarazione comune per
la costituzione del Parco Marino Internazionale.
Nel Rapporto del Presidente della Corsica del 13 novembre 2009 (n0 2009/O2/192 ) si afferma
come “da questa successione di dichiarazioni solenni che hanno coinvolto diversi livelli (di
governo), siano fino ad adesso emerse solo delle operazioni parallele da una riva all’altra,
anche se inspirate dalla stessa prospettiva. Mancava in effetti fino ad oggi la possibilità giuridica
per assicurare una gestione internazionale organicamente coordinata attraverso una struttura
72
73
74
Cfr. art. 6 Statuto GECT Euroregione Alpi-Mediterraneo
Cfr. Rapporto del Presidente della Corsica (n0 2009/O2/192), nostra traduzione
Cfr. Ibidem, nostra traduzione
50
giuridica appropriata”75. E, prosegue, è proprio l’adozione del Reg. (CE) 1082/2006 relativo al
GECT, ad aprire a questo riguardo la possibilità di consacrare giuridicamente il progetto del
Parco Marino Internazionale.
Attraverso questo percorso l’O.E.C. e la Regione Sardegna arrivano alla presentazione del
progetto semplice P.M.I.B.B. sul Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia/Francia
“Marittimo”, ammesso a finanziamento sul secondo avviso per la presentazione di progetti
semplici, di cui al BURT n. 32 del 12/08/2009 (Parte III – Suppl. n. 85). Nella fiche progettuale
si legge che “l’obiettivo generale del progetto è la messa in atto effettiva del Parco Marino
Internazionale tra la Corsica e la Sardegna, implicante la creazione di un Gruppo Europeo di
Cooperazione Territoriale (GECT), avente come primo compito l’elaborazione di un piano di
gestione comune, la messa in atto di azioni di monitoraggio scientifico e la realizzazione di un
modello comune di utilizzo di energie rinnovabili riguardante la zona del Parco Marino
Internazionale delle Bocche di Bonifacio (Isola di Spargi, Sardegna) e la sua base scientifica
(Isola Lavezzu, Corsica)”76. Il progetto insiste sul terzo Asse del Programma - risorse naturali e
culturali – e si propone di sviluppare in prevalenza i suoi obiettivi specifici 1 e 377.
A partire dalla classificazione tipologica prima riportata è possibile identificare, per il Gect
“Parco Marino Internazionale delle Bocche di Bonifacio” una struttura del tipo riportato in
tabella:
Tab. 4 – Gect–P.M.I.B.B.
Criterio
Tipologie
Membri (livello di governo e/o
tipologie)
Partecipazione
omogenea (eterogenea mitigata); simmetrica
Funzione
attuazione diretta
Organismo
diritto pubblico
Responsabilità
illimitata
Gestione
fondi Ue
senza Stato Centrale (con sede legale in Italia)
I membri fondatori sono il Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena e l’Office de
l'Environnement della Corsica. Ciascun membro fondatore procederà alla designazione di sette
rappresentanti in seno all’Assemblea deliberante78. I Membri fondatori saranno inoltre assistiti
da un Consiglio di rappresentanti dei territori coinvolti. La composizione eterogenea
dell’Assemblea deliberante del Gect, che comprende più livelli di governo, accoglie,
mitigandole, alcune delle indicazioni sulla multilevel governance di cui al Libro Bianco79 (2009)
del Comitato delle Regioni (CdR 89/2009).
La sede legale del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale sarà nel territorio del Parco
Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena. Questa localizzazione implica l’applicazione del
diritto italiano per tutte le questioni interpretative dell’atto costitutivo80. I territori coinvolti
sono:
Cfr. Ibidem, pag 3 nostra trad.
Cfr. P.M.I.B.B. “Formulario progetti semplici”, pag. 16
77
Ob. Sp. 3.1: Favorire una gestione integrata dei parchi marini, dei parchi naturali, delle aree protette e delle zone costiere e
sviluppare la diffusione congiunta della sensibilità ambientale attraverso una gestione partecipativa; Ob. Sp. 3.3: Promuovere
l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile e alternativa e la diffusione della cultura del risparmio energetico, privilegiando come
beneficiari i partner che abbiano comprovata esperienza in materia di energia
78
Cfr. Rapporto del Presidente della Corsica (n0 2009/O2/192), nostra traduzione. Per la Corsica i rappresentanti saranno
designati da: a) i comuni di Porto-Vecchio, Bonifacio, Pianottoli-Caldarello e Monaccia d’Aullène (un rappresentante per comune);
b) la Regione della Corsica (un rappresentante); c) lo Stato (un rappresentante)
79
Cfr. CdR, Libro Bianco sulla Multilevel Governance (2009)
80
In contropartita è stato convenuto che la denominazione statutaria del Parco Marino Internazionale comporterà il solo
riferimento geografico alle Bocche di Bonifacio
75
76
51
•
•
per la Francia: l’attuale territorio della Riserva Naturale delle Bocche di Bonifacio,
quello della Riserva Naturale delle Isole Cerbicale, delle Tre Padule de Suartone, e
quello del Conservatoire du Littoral;
per l’Italia: il territorio del Parco Nationale dell’Arcipelago della Maddalena, oltre alla
zona che si estende da Capo Testa verso ovest, e da Capo Figari a est.
L’oggetto specifico del Gect è:
• realizzare un piano di gestione comune e una valutazione periodica supportata da
strumenti di monitoraggio scientifico, di comunicazione e di sorveglianza;
• proporre alle autorità competenti misure adatte per il rafforzamento della sicurezza
marittima nello stretto internazionale di Bonifacio;
• cercare finanziamenti regionali, nazionali e/o comunitari e realizzare i programmi o
progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla EU a titolo del Fesr, del Fse e del
Fondo di Coesione.
Nel Rapporto del Presidente della Corsica (n0 2009/O2/192 ) del novembre 2009 sono inoltre
indicate la “Convenzione europea recante creazione del G.E.C.T. - Parco Marino Internazionale
delle Bocche di Bonifacio” e la bozza di Statuto del costituendo “G.E.C.T. - Parco Marino
Internazionale delle Bocche di Bonifacio”.
52
PARTE 3
Indicazioni per la valutazione del PO Maritime nel corso della attuazione
Questa parte contiene alcune proposte di metodo per la valutazione strategica e operativa del PO
Maritime. Le proposte riguardano: un modello di analisi delle buone pratiche e degli aspetti
innovativi del programma; il modello di governance delle reti attivate dal PO (progetti semplici
e strategici); il contributo del PO alla competitività dell’area e alla costruzione di beni pubblici;
le reti di innovatori nello spazio transfrontaliero.
3.1
L’analisi delle buone pratiche e degli aspetti innovativi del programma
La cooperazione territoriale europea, come anche altri programmi di rete, pone particolare
attenzione alla capitalizzazione delle buone pratiche81 nella gestione delle politiche di sviluppo
regionale. L’interesse per la valorizzazione dei casi più efficaci è cresciuta in questo periodo di
programmazione in relazione a due processi paralleli: da un lato, il progressivo allargamento
della UE, che include paesi con contesti istituzionali e socio economici molto diversi tra loro ed
alcuni con una scarsa esperienza nella programmazione comunitaria; l’altro elemento che
richiede una forte valorizzazione dei progetti migliori è la carenza di risorse finanziarie, che in
alcuni casi viene gravata dagli alti tassi di cofinanziamento comunitario che vengono applicati,
ad es., nella cooperazione interregionale, riducendo di conseguenza la numerosità dei progetti
finanziati.
Il caso dei PO “transfrontalieri” aggiunge a queste motivazioni alcune specificità proprie che
derivano dalla particolarità di tali contesti, confinanti, simili nella conformazione geografica,
nelle vocazioni del territorio e, frequentemente, con una lunga tradizione di connessioni
economiche e culturali che hanno condizionato l’evoluzione di significativi aspetti delle
economie e delle amministrazioni locali.
Gli “Orientamenti strategici comunitari in materia di coesione” (2006/702/CE), fin nella fase di
costruzione degli strumenti di programmazione, hanno spronato gli Stati membri e le Regioni ad
ispirarsi alle buone prassi che hanno dato risultati positivi in termini di crescita e di
81
Il manuale del PO Interreg IVC (edizione 5 Novembre 2009) contiene una definizione di buona pratica: “… una
iniziativa (ad es., metodologie, progetti, processi, tecniche) attuate in una delle priorità tematiche del programma che ha già
dimostrato di essere efficace e che ha la caratteristica potenziale di essere trasferibile in altre aree geografiche. Efficacia significa
avere prodotto risultati tangibili e misurabili in relazione ad un obiettivo specifico del programma” (5).
53
occupazione. In particolare, nel contesto transfrontaliero e transnazionale, venivano indicati
alcuni ambiti di particolare interesse: “i trasporti, la gestione delle risorse idriche e la tutela
dell’ambiente”. Queste aree di intervento pubblico riguardano bacini geografici di dimensioni
ed interessi tali da motivare il superamento dei confini nazionali. A questo proposito gli
Orientamenti suggerivano la modalità del “raggruppamento europeo di cooperazione
territoriale” (Gect) come soluzione organizzativa per la gestione dei programmi di
cooperazione; soluzione che potrebbe avere anche il vantaggio di sottoporre i progetti finanziati
ad un costante monitoraggio e comparazione tra i vari contesti territoriali.
Nei pochi riferimenti alla cooperazione transfrontaliera gli Orientamenti indicano come
prioritari quegli ambiti che “conferiscono un valore aggiunto, migliorando, ad esempio, la
competitività mediante l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo; collegando le reti immateriali
(servizi) o fisiche (trasporti) …; favorendo l’integrazione del mercato del lavoro o
promuovendo la gestione transfrontaliera delle risorse idriche … e la gestione comune dei
rischi naturali e tecnologici.” (§ 2.4)
Rispetto ai processi di innovazione tecnologica è il “Rapporto Barca” a fornire alcune
importanti indicazioni82. Il Rapporto evidenzia come le politiche per l’innovazione debbano
essere in primo luogo delle politiche locali (“place-based”) che mirano al rafforzamento del
contesto istituzionale (“capacity building”). In secondo luogo, l’analisi evidenzia come siano
proprio la diversità e l’apertura dei sistemi regionali e nazionali all’interno della UE a conferire
una particolare fisionomia ai cluster innovativi europei. Queste caratteristiche dovrebbero essere
comprese nelle strategie dei PO transfrontalieri in quanto possono favorire la nascita di spazi
regionali di ricerca e innovazione attraverso i confini nazionali. “L’UE può cogliere i benefici
delle esternalità transnazionali incoraggiando la circolazione delle informazioni sui risultati
delle politiche e sulle buone pratiche.” (130)
E’ proprio l’imperfetta disponibilità delle informazioni a creare spesso degli intoppi che
impediscono lo sviluppo di sistemi innovativi nelle regioni periferiche o svantaggiate – ma
anche in molti sistemi locali in area “competitività”. In questi casi si manifestano forme di
rendita e resistenza al cambiamento che si possono manifestare tante nelle imprese (piccole o
grandi), università (che assumono esclusivamente la prospettiva della ricerca) e degli
intermediari (che possono sfruttare la conoscenza di cui dispongono ponendo barriere e tariffe
che ne bloccano la circolazione). Occorre dunque mettere in discussione le posizioni di rendita
ed esplorare, replicare e proporre nuove forme di contratto tra i soggetti coinvolti.
Questo passaggio richiede l’utilizzo sistematico della notevole esperienza accumulata nelle
politiche di coesione al fine di rendere disponibili informazioni e tecniche per adattare i sistemi
locali a queste sfide. Queste tecniche partono necessariamente dalla individuazione di buone
pratiche che rendano chiare le componenti e le funzioni degli assetti istituzionali (governance) o
dei processi innovativi (ad es., la fornitura di particolare servizi) da introdurre nei sistemi
regionali – i casi analizzati dovranno distinguersi per la solida esperienza di gestione.
L’attività di individuazione, trasferimento e diffusione delle buone pratiche riveste un ruolo
rilevante nella valutazione, in particolare per migliorare l’efficienza della programmazione
regionale e valorizzare il ricco patrimonio di idee e capacità che ne sostengono il processo di
attuazione. L’analisi delle buone pratiche deve concentrarsi su alcune delle caratteristiche
fondamentali attraverso cui saranno individuati i progetti:
• Adeguatezza strategica: Capacità del progetto di realizzare l’obiettivo dell’intervento
oltre alle priorità trasversali.
82
Fabrizio Barca, “An Agenda for a Reformed Cohesion Policy. A place-based approach to meeting European Union
challenges and expectations”, CE, Aprile 2009.
54
• Adeguatezza processuale: Capacità del progetto di adottare efficaci tecniche, modalità
organizzative e impiegare le risorse.
• Innovatività: Capacità del progetto di affrontare in modo creativo un problema,
sperimentando un approccio originale e fornendo una soluzione nuova rispetto a quelle
trovate in precedenza.
• Sostenibilità: Capacità del progetto di raggiungere dei risultati stabili, i cui effetti si
prolungano oltre la fine del progetto.
• Riproducibilità: Capacità del progetto di fornire una chiara articolazione operativa
delle proprie componenti, così da facilitare la riproduzione delle soluzioni organizzative
applicate.
• Trasferibilità: Capacità del progetto di essere trasformato in un modello applicabile a
contesti territoriali e settoriali diversi.
Per operare una selezione rispetto al complesso delle attività realizzate, si può agire, ad es.,
lungo tre direttrici:
• la qualità progettuale determinata dal punteggio ottenuto in sede di selezione per il
finanziamento - permette una prima scrematura, che integrata da un’analisi dei dati tratti
dal sistema di monitoraggio fisico può consentire di candidare un primo gruppo di
progetti;
• dall’altro lato si farà ricorso a testimoni privilegiati, selezionati in base al loro ruolo nel
quadro della attuazione del PO e quindi per la conoscenza tacita che deriva loro dal
ruolo che svolgono.
• In terzo luogo, si può consentire l’auto-candidatura da parte sia dei soggetti titolari del
progetto sia dalla autorità di gestione; a questo scopo saranno elaborati degli strumenti
di raccolta delle informazioni di progetto che terranno conto sia del tipo di operazioni
promosse, sia dell’ambito d’intervento.
Da questo triplice processo di selezione esce un gruppo finale di candidati che passa al vaglio
della fase successiva: uno studio di caso approfondito su ogni progetto con una prima fase di
raccolta di informazioni, interviste ai responsabili dell’attuazione del progetto, con l’obiettivo di
ricostruire un quadro informativo esaustivo sulle sei dimensioni concettuali che abbiamo
elencato. In particolare, per quanto concerne le prime tre dimensioni (adeguatezza strategica e
processuale e innovatività), la descrizione sarà supportata dalla documentazione prodotta nel
ciclo di progettazione e attuazione (progetto, report su avanzamento, altri materiali di lavoro del
progetto). Per quanto riguarda invece le dimensioni di sostenibilità, riproducibilità e
trasferibilità (dimensioni relative al versante dei risultati, sia di breve sia di medio e lungo
periodo, quindi non testimoniate da materiale documentale) l’approfondimento sarà orientato a
rilevare elementi significativi relativi alla qualità dell’esperienza. Una volta selezionati i
progetti da analizzare si procederà seguendo le indicazioni metodologiche che di norma si
applicano allo studio di caso.
Lo studio di caso è una tecnica ben sperimentata anche nell’ambito dei fondi strutturali; una
delle fonti più recenti e ben adattabili al contesto del PO Marittimo è un documento della CE:
“Analysing ERDF co-financed innovative projects” (Technopolis, 2008)83. Le principali fasi
dello studio sono riassumibili come segue:
• Fase preparatoria: analisi della documentazione raccolta; organizzazione delle fasi
successive (predisposizione degli strumenti di raccolta delle informazioni).
• Incursione sul campo: visita di studio, interviste con i gestori del progetto ed altri
83
Il rapporto – “Analysing ERDF co-financed innovative projects. Final report prepared in the framework of the European
Commission study on the ERDF co-financed innovative projects and comparative analyses” - può essere scaricato alla pagina web:
http://openpdf.com/ebook/analysing-pdf.html
55
•
testimoni rilevanti.
Fase di scrittura: organizzazione e analisi delle informazioni raccolte; scrittura del
report.
La fase preparatoria richiede una conoscenza approfondita sia del PO e delle procedure che sono
state attivate per selezionare i progetti oltre che degli obiettivi che questi andavano a perseguire.
Parallelamente occorre anche familiarizzare con la tecnica dello studio di caso; il percorso
migliore è quello di rifarsi alla letteratura esistente nel campo delle politiche di coesione. Lo
stesso studio promosso dalla CE che abbiamo citato, include – oltre alla descrizione di un certo
numero di buone pratiche – anche il modello che è stato seguito per procedere alla raccolta ed
organizzazione delle informazioni raccolte (template for project analysis). La fase centrale
prevede le interviste con i gestori, beneficiari e altri soggetti coinvolti nel progetto. Le interviste
devono essere gestite in modo che la struttura degli interessi di analisi non ostacolino il discorso
con l’informatore (non è necessario seguire in modo schematico la traccia di intervista, occorre
semmai favorire l’espressione fluida da parte degli intervistati). Il primo obiettivo dell’esperto è
quello di ascoltare gli informatori. Nel corso della visita di studio è importante anche poter
avere accesso alle sedi delle organizzazioni coinvolte e vedere (nel caso vi siano) le
realizzazioni prodotte dal progetto (imprese, piccole infrastrutture, centri di ricerca o
formazione, ecc. ). Il report dovrebbe essere scritto non molto tempo dopo la visita di studio.
Esso deve rendere conto delle diverse prospettive che sono state raccolte nel corso
dell’approfondimento così come dei contenuti delle altre fonti documentali.
3.2
La valutazione del modello di governance delle reti (progetti semplici e strategici)
nel territorio transfrontaliero
In un’epoca di globalizzazione economica e di declino degli stati nazionali, le società locali
devono fare maggiore affidamento sulle proprie forze per fronteggiare uno scenario economico
dai tratti sempre più instabili e competitivi. I rischi sono evidenti, ma ci sono anche nuove
opportunità. E’ vero infatti che le imprese e le attività economiche diventano più mobili e si
spostano più facilmente alla ricerca di condizioni migliori, ma sono anche più sensibili di prima
alle condizioni di contesto. Non solo a quello economico –le infrastrutture, i servizi, la
disponibilità e la qualificazione del lavoro- ma anche a quello sociale e culturale. La qualità
delle infrastrutture sociali, la coesione sociale, il dinamismo culturale diventano componenti
sempre più importanti dello sviluppo economico.
Da qui discendono nuove opportunità per i sistemi produttivi locali. Riuscire a integrare e a
coordinare efficacemente le risorse economiche, sociali e culturali presenti nel territorio, diventa
decisivo per sviluppare l’economia e per migliorare le condizioni di vita degli abitanti. A tale
scopo, però, gli strumenti tradizionali di government non sono sufficienti specialmente in un
quadro, come quello attuale, caratterizzato da risorse pubbliche decrescenti. Da ciò emerge la
necessità di passare ad una strategia più complessa e partecipata di governo dello sviluppo,
sperimentando forme di governance capaci di coordinare i vari livelli istituzionali e di
mobilitare le energie presenti nelle e tra le società locali.
Proprio per far fronte a queste difficoltà negli ultimi anni si sono diffuse politiche e strumenti
che puntano esplicitamente a tali obiettivi attraverso varie forme di «partenariato sociale e
istituzionale», ritenendo che la partecipazione istituzionalizzata di attori pubblici insieme con
attori privati - collettivi e non - migliori l’efficacia della formulazione e dell'attuazione di
politiche di sviluppo locale.
Non sempre, tuttavia, interventi di questo tipo hanno successo, anche laddove vengano
perseguiti in contesti simili dal punto di vista della struttura economica e occupazionale. Per
56
questa ragione è utile guardare alla governance delle nuove politiche per lo sviluppo, e nel caso
specifico alle forme più evolute di partenariato in ambito transfrontaliero, non solo effettuando
una valutazione del rendimento complessivo della politica ma anche approfondendo quei fattori
causali che hanno contribuito a determinare tali risultati.
Le indagini recenti sulla progettazione integrata
La recente letteratura ha individuato alcuni elementi comuni ai processi concertativi ben
riusciti84. Gli studi di caso sui patti territoriali e sui progetti integrati territoriali – effettuati in
tutte le regioni italiane – hanno indagato la capacità di queste politiche di innescare una
maggiore attitudine allo sviluppo di relazioni cooperative tra i soggetti pubblici e privati, una
visione condivisa dello sviluppo locale e un’accresciuta spinta alla progettualità locale, anche
attraverso nuove iniziative.
Le ricerche hanno messo in luce una quantità di fattori rilevanti, economici, politici e sociali,
associati alla presenza di casi di successo. È innanzitutto emersa come cruciale l’intensità della
leadership e del partenariato. In secondo luogo, le ricerche hanno mostrato che i territori che si
mobilitano per primi mostrano anche un grado di mobilitazione e di coinvolgimento più elevato
dei soggetti locali. La presenza di queste condizioni è stata meno incisiva nella fase successiva,
quando le politiche per lo sviluppo locale sembrano essersi diffuse anche per imitazione
organizzativa e processi di isomorfismo. Quando, cioè, le ragioni imitative, di legittimazione
esterna e di allineamento con le pratiche politiche prevalenti hanno prevalso sulle ragioni
endogene, di mobilitazione e attivazione del patto come strumento di policy per rispondere ad
uno specifico problema di sviluppo locale.
Dai fattori agli attori e ai meccanismi
Un elemento importante delle ricerche menzionate è di non limitarsi ad enumerare i fattori
all’opera nei casi di successo, specificando invece in modo compiuto i meccanismi che
generano le relazioni empiriche individuate. Ciò ha permesso di isolare i processi causali,
osservabili o meno, che danno conto di come si è generato un certo fenomeno (Barbera 2004).
La presenza dei macro-fattori prima elencato (debole sviluppo economico dell’area, coalizioni
politiche miste, etc.) influenza le strategie degli attori e ciò genera un progetto di minore o
maggiore successo, nonché la capacità del progetto di influenzare il disegno delle politiche
successive.
A riguardo la dimensione chiave è la presenza di costi di concertazione (Cersosimo e Wolleb
2001; Barbera 2001; Piselli e Ramella 2008). È importante, cioè, che il processo concertativo
mostri anche un significativo apporto di risorse proprie e di costi specifici pagati dagli attori. In
generale, cioè, nei casi di successo gli attori hanno pagato dei costi e rischiato risorse proprie
nel progetto collettivo. Ciò si traduce tanto nel concreto apporto tecnico-finanziario al progetto,
quanto nella diffusione di atteggiamenti e comportamenti che implicano una rinuncia o un
parziale arretramento rispetto agli obiettivi e agli interessi dell’organizzazione di appartenenza.
La concertazione con costo è facilitata dalla presenza di specifiche dimensioni macro, quali: (i)
il colore politico misto della coalizione, che richiede agli attori politici di “guadagnare” la
legittimità delle proprie decisioni all’interno del tavolo di concertazione locale; (ii) il debole
sviluppo economico dell’area, che consente agli attori di focalizzare l’attenzione su uno
specifico problema del territorio, rendendo così più efficiente l’allocazione delle risorse e il
84
Barbera, F. (2001), Le politiche della fiducia. Incentivi e risorse sociali nei Patti Territoriali, Stato e mercato, n. 3, pp.
413-449; Barbera, F. (2004), Meccanismi sociali, Bologna, Il Mulino; Barbera, F. (2005), Il PIT delle minoranze linguistiche del
Molise, in “Sviluppo locale”, Vol. XI, 26, 2004/2005, pp. 91-114; Borrelli, E. (2004), “Gli sviluppi delle pratiche concertative: dai
Patti ai Pit, in P. De Vivo, Pratiche di concertazione e sviluppo locale, Milano, F. Angeli, pp. 129-158; Burroni L., Trigilia, C.
(2004) Analisi comparata dei modelli innovativi di governance in Europa: i patti territoriali e le politiche per lo sviluppo urbano,
Roma, Formez - Dipartimento della Funzione Pubblica; Cersosimo, D. (2003) (a cura di) Il partenariato socio-economico nei
progetti integrati territoriali, FORMEZ-Progetto Sprint, Roma; Cersosimo, D., Wolleb, G. (2001), “Politiche pubbliche e contesti
istituzionali. Una ricerca sui Patti Territoriali”, in Stato e mercato, 3, 369-412; Magnatti, P. et alii (2005), Patti territoriali, Bologna,
Il Mulino. Piselli F. e Ramella F. (a cura di), (2008), Patti sociali per lo sviluppo, Roma, Donzelli.
57
coordinamento degli interessi; (iii) un periodo ragionevolmente lungo per lo svolgimento del
processo di concertazione, così che gli attori possano sperimentare alleanze e risolvere i
conflitti, trasformando conflitti a somma zero in conflitti costruttivi.
Perché è importante il meccanismo della concertazione con costo e che relazione c’è con il
fattore della leadership? Sappiamo che, nei casi di successo, la leadership durante il processo di
concertazione è stata consensuale e non imposta o subita: una concertazione non predatoria o
vuota, dove gli attori più importanti e che avviano e gestiscono il processo pagano dei costi
rilevanti, rappresenta anche il mezzo principale per creare una leadership legittima e
consensuale. Il leader, in questi casi, è spesso un attore che, nonostante la sua posizione
“strutturale” dominante (ad es: il Comune di dimensioni maggiori in una rete, oppure l’Autorità
di Gestione di un PO nei processi di costruzione dei progetti strategici) non approfitta del
vantaggio iniziale e assume intenzionalmente un atteggiamento caratterizzato da: (i)
orientamento al territorio nel suo complesso e non solo agli interessi della propria
organizzazione di appartenenza; (ii) capacità di agire come se la fiducia fosse già presente nella
coalizione locale. Potremmo denominare questa situazione con la nozione di fiducia
pragmatica, dove le proprie credenze o aspettative diventano oggetto intenzionale di scelta.
La fiducia pragmatica stimola ulteriore fiducia e ciò genera la cosiddetta rispondenza fiduciaria
per cui chi si fida corre un rischio e tale rischio segnala, a chi viene investito di tale fiducia, che
da lui ci si aspetta un comportamento cooperativo. Ciò conduce anche al terzo elemento
qualificante del ragionamento in termini di meccanismi sin qui sviluppato: la rispondenza
fiduciaria richiede agli attori di essere effettivamente in grado di rischiare. Se assumersi un
rischio è un atto intenzionale di fiducia mirato alla persuasione dell’altro, è anche vero che per
poter rischiare, gli attori della coalizione devono poter decidere. Ciò richiede tanto specifiche
caratteristiche degli attori, quanto precise configurazioni dei contesti decisionali. Infatti, gli
attori nei processi concertativi devono ricoprire ruoli decisionali importanti nell’organizzazione
di appartenenza: decidere richiede responsabilità politico-organizzativa. Inoltre, i contesti
devono essere caratterizzati dalla presenza di relazioni di potere equilibrate e di legami
trasversali, che limitino l’opportunismo di un attore “terzo” e che non riducano il tavolo di
concertazione ad un ruolo residuale di ratificazione di decisioni prese altrove. Il circolo
virtuoso dentro la scatola nera è, quindi: decisione-rischio-fiducia/influenza. La rispondenza
fiduciaria si attiva dove gli attori possono scegliere intenzionalmente di “fidarsi della fiducia”,
assumersi un rischio pagando dei “costi di concertazione” e stimolare così ulteriore fiducia. Ciò
è facilitato da particolari condizioni organizzative e strutturali dei contesti decisionali.
La traduzione di uno schema “per fattori” in uno “per attori” e “strategie” permette dunque di
mettere a fuoco in modo più definito le dimensioni “micro” dei “patti come processi”. Inoltre,
consente di identificare con una certa precisione (sempre perfettibile) i meccanismi generativi
dei casi di successo. Alcune recenti ricerche empiriche, infatti, hanno messo in luce come le
relazioni tra leadership e rendimento dei patti territoriali sia piuttosto complesso e non univoco
(Ramella e Piselli 2008). Non necessariamente, cioè, la presenza di una leadership (pur
legittima e consensuale e non imposta) si accompagna ad un caso di successo. Piuttosto è
quando la leadership guadagna la propria legittimità attraverso definiti costi di concertazione
che generano rispondenza fiduciaria nella coalizione locale (impegni vincolanti, rinunce agli
obiettivi parziali in vista di un obiettivo comune, risorse proprie nel processo). Infine si può
ipotizzare che la presenza di questa configurazione causale sia collegata alla qualità del
progetto di patto (progetto come sintesi integrata degli obiettivi individuali e non come mera
sommatoria) e alla buona relazione tra tecnica e politica (gli impegni vincolanti e l’assunzione
di rischio richiedono la presenza di apparati tecnici ben integrati con l’azione politica).
Il disegno della valutazione
Per strumenti come quelli dei progetti strategici o progetti integrati, infatti, si può sostenere che
la loro buona riuscita non è dovuta soltanto a elementi costitutivi di tipo generale. Per poter fare
58
una valutazione che spieghi i rendimenti differenziati è necessario invece concentrarsi sul gioco
incrociato di alcune variabili indipendenti agenti a livello locale. Alcuni di questi fattori sono
già emersi dagli studi di politiche di sviluppo simili che hanno appunto enfatizzato la rilevanza
di tre fattori.
 Il primo è costituito dalla tradizione pre-esistente di relazioni tra gli attori, ovvero dai
caratteri del capitale sociale che caratterizza una determinata area.
 Il secondo riguarda l’”imprenditorialità” politica locale.
 Infine, un terzo ordine di fattori riguarda le specifiche scelte organizzative seguite dagli
attori per regolare le loro relazioni e la partecipazione sia alla fase di decisione che di
attuazione delle politiche.
Vi sono poi però dimensioni più specifiche legate proprio alle caratteristiche degli strumenti e
alle specificità regionali e locali. Prima di soffermarsi su tali dimensioni è però importante fare
tre premesse di tipo metodologico, preliminari alla messa a punto di meccanismi di valutazione
efficaci.
 La prima è legata alla necessità di un analisi comparata tra i vari progetti semplici o
strategici al fine di contestualizzare successi e insuccessi. Proprio la comparazione tra i
vari progetti può aiutare a individuare dei rendimenti differenziati e allo stesso tempo a
capire meglio perché alcuni hanno funzionato meglio di altri. In altre parole, la
comparazione può dare indicazioni importanti su quelle che possono essere ritenute
delle buone pratiche o al contrario sulle strade che hanno dato vita a processi di stallo o
a circoli non virtuosi.
 La seconda premessa è invece legata al concetto di valutazione che si ritiene opportuno
seguire. Senz’altro infatti è cruciale il riferimento a indicatori hard, pienamente
comparabili tra i vari casi, che fanno riferimento a dati e indicatori di tipo quantitativo
(come la capacità di spesa, di realizzazione degli investimenti e in quali tempi, la
capacità di mobilitazione di risorse locali, i vari indicatori di avanzamento procedurale,
finanziario e fisico, ecc.). La raccolta di queste informazioni e la loro elaborazione è
infatti una parte di assoluto rilievo per capire se e quanto i vari progetti hanno
funzionato. E’ importante inoltre mettere a punto anche una valutazione di impatto che
abbia una duplice natura: da un lato è infatti importante concentrarsi sull’impatto
economico, inteso come capacità di migliorare il contesto locale per una serie di
dimensioni misurabili quantitativamente e relative al mercato del lavoro locale, ai
processi di imprenditorialità, alla capacità competitiva delle imprese e, più in generale,
al rendimento di un dato territorio in termini di promozione dello sviluppo locale. In
secondo luogo è però anche importante effettuare una valutazione dell’impatto in
termini di governance, ovvero della capacità di promuovere modelli cooperativi tra
attori individuali e collettivi, pubblici e privati che siano al contempo efficaci ed
efficienti.
 La terza premessa invece fa riferimento allo studio delle varie fasi dei progetti,
analizzando le dinamiche della fase di progettazione dell’esperienza, l’individuazione
delle idee forza, la fase di implementazione, quella di monitoraggio. Fattori di successo
o insuccesso possono infatti ritrovarsi in misura diversa in ciascuna di queste fasi.
Le dimensioni da analizzare
Per quanto riguarda le dimensioni da analizzare, al momento si possono formulare alcune
ipotesi sugli aspetti da approfondire, finalizzate a sottolineare specificità, criticità e punti di
forza delle varie esperienze. Tra questi aspetti figurano:
 L’attenzione al tema del coordinamento interno dei singoli progetti. Con
coordinamento si deve intendere sia il coordinamento orizzontale – ovvero tra politiche
e iniziative all’interno di ciascun progetto strategico – ma anche quello verticale – tra i
59







diversi livelli di governo e in particolare tra il livello locale, quello regionale e quello
trans-regionale. I progetti strategici in modo particolare sono, per la loro natura,
strumenti di governance territoriale multilivello, il cui funzionamento dipende tanto
dalla capacità di ‘far cooperare’ il livello regionale e quello locale quanto dalla
possibilità di mettere in campo un set di politiche integrate e coerenti al loro interno.
L’efficacia delle pratiche concertative. Negli ultimi anni è più volte emerso come le
attività di concertazione non siano esenti da rischi e vincoli: vi sono casi dove la
concertazione dà ottimi risultati ma anche casi dove la concertazione porta a uno stallo
decisionale o alla messa in campo di politiche non efficaci. Da questo punto di vista può
essere utile distinguere tra quella che è definita come concertazione formale, ovvero la
presenza di tavoli di concertazione nei quali però non si prendono decisioni effettive, e
concertazione sostanziale, ovvero la capacità di co-decidere e di individuare priorità e
soluzioni a problemi chiave. E allo stesso tempo è importante approfondire quali sono
state le soluzioni istituzionali adottate per superare i rischi dell’attività concertativa come la presenza di un numero elevato di attori ai tavoli che può portare a quello che
viene definito come stallo pluralistico.
Il rapporto tra pubblico e privato. Per capire quali progetti hanno funzionato meglio è
anche importante soffermarsi sul rapporto tra attori pubblici e attori privati – individuali
e collettivi – approfondendo ad esempio le modalità di mobilitazione delle risorse
endogene e gli strumenti a cui si è fatto ricorso per favorire la partecipazione degli attori
locali. In questo modo si può approfondire quanto ciascuna esperienza è riuscita
effettivamente da un lato a valorizzare le risorse già presenti sul territorio e dall’altro a
mobilitarne di nuove.
La dimensione organizzativa. È questo un tema di assoluto rilievo per la valutazione:
occorre infatti soffermarsi sul funzionamento del “comitato di pilotaggio” e
sull’adeguatezza delle risorse umane e strumentali, sull’appropriatezza delle funzioni
svolte, sulla capacità di innescare processi efficaci ed efficienti di promozione
dell’azione amministrativa a sostegno dello sviluppo locale. Diviene così possibile
individuare quei casi territoriali che hanno costituito un concreto avanzamento
gestionale e amministrativo.
Il rapporto con le altre politiche per lo sviluppo territoriale. È utile vedere cosa è
accaduto tra misure e politiche che sono state realizzate all’interno della cornice
istituzionale dell’area transfrontaliera e altre politiche per lo sviluppo locale realizzate
al di fuori di tale cornice.
L’effettiva innovatività degli outcomes. Per quanto riguarda questo aspetto, l’attenzione
va rivolta a quanto e come nei vari territori le reti siano riuscite a dar vita a progetti a
carattere innovativo che altrimenti non sarebbero stati realizzati. Detto in altre parole, si
tratta di capire la capacità dei progetti di mobilitare ‘risorse nascoste’ e di promuovere
l’innovazione istituzionale a livello locale.
L’adeguatezza delle risorse. In questo caso occorre dedicare uno specifico focus sul
rapporto tra disponibilità di risorse (finanziarie, umane, ecc.) e obiettivi che sono stati
individuati come prioritari per i progetti.
L’effettiva capacità di ciascun progetto di promuovere capitale sociale locale. Occorre
approfondire quanto i vari progetti siano stati in grado di dar vita a relazioni
interistituzionali di tipo cooperativo anche in quei casi dove non esistevano esperienze
di cooperazione pregressa e dove la situazione economica e la dotazione istituzionale
hanno mostrato segnali di maggiore arretratezza.
Le fasi della valutazione
Ovviamente nell’approfondire queste dimensioni occorre tenere ben conto delle specificità dei
tipi di progetto (Logistico-trasportistico; Rurale e agroalimentare; manifatturiero e
60
innovazione; …) dal momento ognuno di essi ha diverse caratteristiche costitutive, specificità,
priorità, punti di forza e di debolezza. Inoltre occorre considerare che questo tipo di analisi non
può basarsi esclusivamente su dati on desk, di tipo secondario come quelli che possono essere
forniti direttamente dal sistema di monitoraggio regionale, ma che questi vanno integrati con
dati raccolti attraverso una metodologia di tipo misto, qualitativo e quantitativo.
Si può quindi prevedere di avviare un’analisi del materiale documentario e di altre informazioni
utili a ricostruire i contenuti dei vari progetti e le diverse fasi di realizzazione delle politiche:
 la fase on desk sarà realizzata su tutti i progetti;
 assieme con questa sono previste delle interviste e dei focus group con i manager dei
progetti, di concerto con lo Steering Group;
 con queste due fasi (on desk e interviste/focus) si raccoglieranno delle indicazioni che
possono consentire di tipizzare i vari progetti e di conseguenza - di concerto con lo
Steering Group - di selezionarne alcuni con delle particolari specificità e di fare su
questi degli approfondimenti mirati a livello di studio di caso.
Per gli studi di caso saranno quindi effettuate interviste in profondità (ed eventualmente focus
groups) con testimoni privilegiati, project manager e funzionari regionali, rappresentanti delle
organizzazioni degli interessi e della società civile, responsabili di enti di sviluppo e centri di
servizio, amministratori locali.
 Una ulteriore fase è quella che prevede lo svolgimento di una serie di interviste semistrutturate anche con un campione significativo di ‘utenti’ (gestori e beneficiari).
Più in particolare, potranno essere utilizzate dei questionari semi-strutturati rivolti a testimoni
interni ed esterni ai singoli progetti. Queste interviste avranno come obiettivo l’esplorazione
delle dimensioni elencate in precedenza in modo da poter utilizzare strumenti come, ad es., il
termometro dei sentimenti o altri tipi di scale auto ancoranti che permettano di fare delle
elaborazioni quantitative e comparate tra i vari progetti.
Sarà così possibile realizzare delle tabelle a doppia entrata per i vari casi che tengano di conto di
una serie di dimensioni relative all’efficacia della governance (innovatività dell’esperienza,
promozione della cooperazione interistituzionale, capacità di promuovere concertazione
efficace, rapporto tra dimensione politica e dimensione tecnica del Progetto, il grado di
coinvolgimento del partnernariato, e così via).
In secondo luogo, si utilizzeranno domande aperte volte ad approfondire dimensioni e nessi
causali sull’efficacia della dimensione organizzativa dei vari progetti. Per far questo è inoltre
utile realizzare dei focus group che mettano in interazione i vari stakeholders locali pubblici e
privati.
Gi studi di caso potranno così approfondire alcuni temi specifici relativi alla valutazione
dell’attività di governance. Le interviste relative a questo primo tema possono infatti
concentrarsi su alcuni punti principali – che possono costituire delle sezioni della traccia di
intervista - come:
 l’analisi della concertazione, con domande mirate sul nucleo costitutivo della
concertazione (c’erano relazioni, forme di cooperazione preesistenti e future?); sui
soggetti partecipanti alla concertazione e loro rapporto con l’area (grado di copertura);
sul grado effettivo di coinvolgimento; sulla concertazione: durata e principali fasi; sul
processo di aggregazione di nuovi soggetti intorno al nucleo originario; sull’esistenza e
dinamica di una leadership nella concertazione; sulla quantità e qualità delle “assemblee
concertative.
 La ricaduta sul territorio, oltre che con l’analisi dei progetti imprenditoriali, la
dimensione e caratteristiche del parco progetti complessivo raccolto con domande
mirate relative alla qualità dei progetti; alle modalità di selezione dei progetti
61


imprenditoriali; alle caratteristiche dei progetti imprenditoriali, alle loro relazioni con il
parco progetti iniziale; alle loro relazioni (settori, filiere) con le caratteristiche dell’area.
Alla presenza di esternalità.
Le modalità organizzative, con domande specifiche rivolta ad approfondire il passaggio
dalla concertazione alla gestione; le modalità di creazione del soggetto gestore e sue
caratteristiche; la sua rappresentatività e relazione con il partenariato iniziale;
l’organizzazione delle attività del soggetto unico; l’adeguatezza delle risorse umane e
strumentali; l’efficacia e l’efficienza interna del modello gestionale; i rapporti con
soggetti esterni e interni; le criticità del modello organizzativo, l’individuazione di
eventuali soluzioni a tali criticità.
Il confronto con le politiche fuori dal quadro istituzionale transfrontaliero, in questo
caso si tratta di strutturare la griglia di intervista in modo tale da approfondire le
diversità tra le iniziative parte del PO e quelle simili che però sono messe in campo con
procedure differenti al fine di valutare l’effettivo valore aggiunto degli strumenti
(progetti strategici) con riferimento sia agli interventi pubblici che a quelli privati.
3.3
Reti, competitività e Beni pubblici. L’analisi dell’intervento strutturale nel
contesto territoriale del PO Marittimo
Per analizzare l’efficacia del PO proponiamo una metodologia di classificazione delle
operazioni per ambiti di intervento che tiene conto di alcuni importanti concetti e indicatori che
derivano dal recente dibattito in materia di valutazione e sviluppo locale85.
L’archivio dei progetti viene analizzato in relazione a tre variabili:
•
•
•
la prima riguarda il tipo di intervento. Questo passaggio implica l’elaborazione di una
classificazione delle operazioni che sia ridotta a poche classi: concentrata su pochi beni
pubblici territoriali.
La seconda la localizzazione dell’intervento. In primo luogo l’archivio deve indicare la
localizzazione delle operazioni. A partire dal Comune le informazioni potranno essere
aggregate a livello, ad es., di Sistema Locale del Lavoro, Zone d’emploi86.
La terza variabile riguarda la dimensione finanziaria degli interventi; che viene
analizzata a partire dal dato relativo alla spesa pubblica mobilitata dalle operazioni.
A queste variabili se ne aggiunge una quarta, che riduce la varietà dei tipi di intervento ad un
numero limitato di classi che indicano il tipo di bene pubblico prodotto dalle operazioni del PO.
A ciascuna delle singole operazioni vengono dunque attribuiti tre codici che si riferiscono alle
variabili:
• il primo corrisponde alla classificazione delle operazioni (“settore di intervento per
categoria e sotto-categoria”); una possibilità concreta per quanto riguarda la
La metodologia proposta discende da una serie di studi e applicazioni al caso toscano pubblicati dal CNR: Massimo
Bressan e Armando Dei, “La dimensione locale dell’intervento FESR 2000-2006 in Toscana”, in: CNR - ISSiRFA, “Regioni e
attività produttive. Rapporto sulla legislazione e sulla spesa 1998-2004: un bilancio”, Giuffré editore, Milano 2006. Una ulteriore
elaborazione delle tecniche di analisi proposte è contenuta in: Massimo Bressan, Armando Dei, David Fanfani, “Toscana, territori
plurali e nodi critici”, in: Marco Cremaschi (a cura di), Politiche, Città, Innovazione. Programmi regionali tra retorica e
combiamento”, Donzelli Roma 2009.
86
“Une zone d'emploi est un espace géographique à l'intérieur duquel la plupart des actifs résident et travaillent. Effectué
conjointement par l'Insee et les services statistiques du Ministère en charge du travail, le découpage en zones d'emploi constitue une
partition du territoire adaptée aux études locales sur l'emploi et son environnement” (INSEE).
85
62
•
•
programmazione in corso è data dalla classificazione delle “categorie di spesa” proposta
dalla Commissione Europea in allegato al Regolamento generale dei fondi strutturali
(1083/2006) e poi utilizzata nella scrittura dei programmi operativi. Il codice CE
consente di operare una più agevole comparazione con altri casi di programmazione
regionale; infatti, mentre la denominazione delle azioni dei PO è talvolta condizionata
da scelte particolari, il raccordo tra azione regionale e codice comunitario consente una
più chiara attribuzione del progetto ad una categoria di intervento. Occorre inoltre
considerare che per ogni azione possono risultare più categorie di intervento CE e
questo è un ulteriore supporto alla corretta attribuzione di un progetto ad una “famiglia
di interventi”.
Il secondo codice aggiuntivo è riferito al sistema locale del lavoro/Zone d’emploi (SLL)
cui appartiene il comune dove ha luogo l’intervento. Non tutte le operazioni troveranno
una chiara indicazione del Comune: questo può accadere in quanto si tratta di interventi
“di sistema”, oppure possono essere plurilocalizzati; questi casi tuttavia saranno valutati
nel corso delle prime applicazione del metodo all’archivio regionale. I SLL
costituiscono uno strumento di analisi utilizzato dall’Istat e INSEE per indagare la
struttura socio-economica territoriale. Essi rappresentano i luoghi della vita quotidiana
della popolazione che vi risiede e lavora. Si tratta di unità territoriali costituite da più
comuni contigui fra loro, geograficamente e statisticamente comparabili. Il vantaggio
dell’utilizzo del SLL consiste nella possibilità di rappresentare, anche graficamente
(GIS), la diversità dei modelli di distribuzione e/o concentrazione degli interventi nel
territorio regionale e di radicare tali modelli alle caratteristiche proprie di ogni SLL:
urbano, rurale, manifatturiero, terziario e così via; inoltre questo approccio può anche
consentire di controllare la relazione esistente tra la programmazione regionale e locale
che si applica sui territori alla luce della effettiva allocazione delle risorse per Ambiti di
intervento.
Ai progetti viene infine assegnato un ulteriore codice corrispondente ad un numero
limitato di classi: in questa prima presentazione del metodo ne indichiamo nove.
Le nove classi (descritte di seguito) sono il prodotto dell’incrocio delle tre modalità generali con
cui interviene la programmazione: (a) Incentivi alle imprese; (b) Creazione di beni pubblici
generici; (c) Creazione di beni pubblici specifici; con le sue principali finalità: (d) Vantaggi per
efficienza (dei Sistemi Produttivi Locali); (e) Vantaggi per incremento delle capacità (dei
territori); (f) Vantaggi per innovazione (dei Sistemi Produttivi Locali).
La classificazione è stata elaborata a partire dalle definizioni di alcuni dei concetti centrali nella
letteratura sullo sviluppo locale, quali: “bene collettivo” ed “economie esterne” 87. Si considera
locale una parte rilevante delle relazioni sociali ed economiche, quelle che sono radicate in un
particolare contesto territoriale. Le reti produttive – scrive ad es. Le Gales - hanno reso le
imprese sempre più dipendenti dall’ambiente locale in cui sono inserite, “pertanto i contesti
locali sono divenuti importanti in quanto fonti di economie esterne …”88. Rullani sostiene,
sempre da una prospettiva che privilegia la dimensione centrale della località, che
“l’immateriale genera valore se conferisce significato a processi materiali che, in mancanza di
una interpretazione creativa, sarebbero banali, indifferenziati, e di scarso valore”89; in tal modo
Esempi di beni collettivi in: Le Gales, Voelzkow 2001 pag. 11 (Crouch, Le Galès, Trigilia, Voelzkow, “I sistemi di
produzione locale in Europa”, Mulino 2004); di economie esterne in: Bellandi, “Mercati industrie e luoghi di piccola impresa in
Europa”, Mulino 2003, pag. 144 e 156; di esternalità Allen J. Scott “Le regioni nell’economia mondiale”, Mulino, 2001 pag. 99; C.
Trigilia, “Sviluppo locale”. Laterza 2005; Elinor Ostrom, “Governare i beni collettivi”, Marsilio 2006. Anche il Rapporto Barca
sulle politiche di coesione fornisce importanti indicazioni in questa direzione, cfr.: Fabrizio Barca, “An Agenda for a Reformed
Cohesion Policy. A place-based approach to meeting European Union challenges and expectations”, CE, Aprile 2009.
88
Le Gales, Voelzkow, cit., pag. 10.
89
Enzo Rullani, Economia della conoscenza, Carocci 2004, pag. 268
87
63
si sottolinea l’importanza della capacità dei territori di integrare gli interventi pubblici e privati
nella direzione di una maggiore efficienza del sistema economico e sociale (soprattutto
attraverso la realizzazione e il rafforzamento dei “beni pubblici” locali).
Le definizioni di norma distinguono tra le economie esterne intangibili e tangibili. Le prime
riguardano risorse cognitive e normative, l’ambito della cultura, del flusso dei significati e delle
reti di relazioni sociali; le seconde comprendono le infrastrutture, beni materiali e servizi. In
questi ultimi casi Bellandi parla di “economie di specializzazione” (vantaggi in termini di uso
efficiente di capacità produttive già formate).
L’analisi del PO pone l’accento sui beni tangibili, tuttavia il modello di analisi include anche
quegli interventi che favoriscono la crescita dei beni immateriali – ad es., le “economie di
apprendimento” che derivano dalle attività delle reti di innovatori. Questo tipo di beni pubblici,
immateriali, hanno una particolare rilevanza in un contesto territoriale come quello
transfrontaliero, e in un PO che attraverso i progetti strategici cerca di rafforzare le reti e le
risorse diffuse nell’area di intervento.
La finalità “vantaggi per innovazione” (vedi la figura) contiene processi che, pur non avendo tra
i destinatari direttamente le persone, rappresentano il risultato di complesse interazioni che
richiedono normalmente il supporto di uno “scambio di idee e approcci originali entro i campi
di produzione, ricerca e affari”90.
Per quanto riguarda poi il contributo della programmazione comunitaria allo sviluppo di un
insieme di regole tese ad includere maggiormente gli enti locali nella gestione degli strumenti di
intervento (le risorse normative), emerge l’esperienza dei progetti integrati territoriali e urbani
(che nell’area esprime una esperienza consolidata), che producono un chiaro cambiamento nella
direzione di un superamento della divisione del lavoro e competenze tra Stato, Regioni e gli altri
enti locali nelle politiche di sviluppo.
L’analisi della effettiva allocazione delle risorse pubbliche consente di delineare una immagine
più interattiva sul modo in cui i soggetti istituzionali e i partner privati hanno contribuito a
perseguire obiettivi di sviluppo regionale e locale.
Le classi di analisi
Nelle celle cui corrispondono le nove classi (vedi la figura seguente) verranno inseriti i dati di
spesa (in valori assoluti e in percentuale) per ogni singolo SLL e per l’area complessiva.
Successivamente verranno applicati indici di concentrazione (che evidenzieranno come,
all’interno di un SLL si distribuisce l’allocazione della spesa pubblica: concentrata nel
capoluogo oppure distribuita nel territorio) ed indici sintetici che evidenziano le caratteristiche
della composizione della spesa pubblica per le classi in un SLL. Le classi non rispondono ad
una logica di “asse prioritario”, i beni pubblici prodotti sono analizzati secondo le loro finalità
(obiettivi) e modalità di attuazione e gestione (il rafforzamento delle reti nei vari ambiti della
vita economica e sociale dell’area è uno dei beni immateriali potenzialmente più strategici del
programma). Nella descrizione che segue vengono introdotti alcuni esempi di azioni
riconducibili ad ognuna delle classi; le azioni sono quelle contenute nel testo del PO.
Le prime tre classi comprendono quegli interventi che producono vantaggi nei termini di
incremento delle capacità dei sistemi produttivi locali nelle varie modalità previste: incentivi
diretti alle imprese e creazione di beni pubblici.
90
Bellandi, cit., pag. 157
64
Fig. 1 – Modi e finalità dell’intervento del PO Marittimo
Modalità delle politiche
Fi
nal
ità
del Vantaggi per efficienza (dei SPL)
le
po
liti Vantaggi per incremento delle capacità
ch (territori)
e
Vantaggi per innovazione (dei SPL)
Incentivi diretti alle
imprese
Creazione di beni pubblici
generici
Creazione di beni pubblici
specifici
Classe 1
Classe 2
Classe 3
Classe 4
Classe 5
Classe 6
Classe 7
Classe 8
Classe 9
Fonte: IRIS
La prima classe ha una rilevanza marginale in questo tipo di programmi e in particolare in
questo periodo di programmazione, dove l’incentivo alle imprese è limitato ad alcuni casi, come
le spese per la ricerca e l’innovazione.
Classe Ns. 1 Vantaggi per incremento delle capacità dei Sistemi produttivi locali / Incentivi
diretti alle imprese. Questa classe contiene azioni che intervengono
direttamente a sostegno degli investimenti delle imprese (manifatturiere o
rurali) migliorandone le capacità di adattamento e di crescita. I beneficiari sono
privati.
Le classi 2 e 3 raggruppano quegli interventi che potenziano alcuni beni collettivi locali, in
particolare le economie esterne che aumentano la competitività e l’integrazione dei sistemi
produttivi. (Ad es. le azioni: “Creazione di una rete unica di servizi alle PMI per integrare le
opportunità di localizzazione e lo sviluppo di tutta l’area, attraverso l’adozione di protocolli e
modelli d’intervento comuni”; “Azioni di formazione per sviluppare l’innovazione produttiva in
agricoltura e nell’uso dei prodotti forestali per la promozione di costruzioni eco-sostenibili”).
Qualora gli effetti degli interventi producano benefici particolari ad alcuni sistemi locali, ad es.,
abbassando i costi di particolari servizi, allora rientrano nella classe 3 (come può essere nel caso
di azioni del tipo: “Creazione di cantieri sperimentali all’interno delle imprese per l’innovazione
dei mestieri tradizionali in via di sparizione”).
Classe Ns. 2 Vantaggi per incremento delle capacità dei Sistemi produttivi locali / Creazione di
beni pubblici generici. Questa classe contiene azioni finalizzate
prevalentemente al miglioramento delle caratteristiche delle aree produttive;
interventi di potenziamento della rete e servizi telematici; realizzazione e
potenziamento di infrastrutture private di recupero e trattamento rifiuti
industriali.
Classe Ns. 3 Vantaggi per incremento delle capacità dei Sistemi produttivi locali / Creazione di
beni pubblici specifici. In questa classe sono comprese azioni le cui finalità
riguardano: la qualificazione dei servizi turistici, la realizzazione di nuove aree
produttive, il recupero di aree dismesse, azioni di marketing territoriale.
Le successive tre classi comprendono quegli interventi che producono vantaggi nei termini di
incremento delle capacità dei territori transo sistemi locali nelle varie modalità previste:
incentivi diretti alle imprese e creazione di beni pubblici.
65
Classe Ns. 4 Vantaggi per incremento delle capacità dei territori / Incentivi diretti alle imprese.
Questa classe contiene azioni che intervengono a sostegno degli investimenti
delle piccole e medie imprese mirati alla produzione di servizi collettivi e
all’adeguamento a normative di tutela ambientale.
Le classi 5 e 6 raggruppano quegli interventi che potenziano alcuni beni collettivi locali, in
particolare la dotazione di infrastrutture e servizi di carattere territoriale, siano essi
prevalentemente rurali o urbani (ad es. le azioni del tipo: “Sviluppo di servizi per una gestione
comune e la creazione di una rete di parchi naturali e marini”; “Realizzazione di interventi
congiunti per il monitoraggio e la prevenzione dei fenomeni di erosione costiera”). Qualora gli
effetti degli interventi producano benefici particolari ad alcuni sistemi territoriali, ad es.,
migliorando le condizioni di localizzazione o di accesso a beni o servizi transfrontalieri, allora
essi rientrano nella classe 6 (come nel caso del tipo di azione: “Realizzazione di iniziative
congiunte di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale” e
“Sistema di intervento antincendio comune anche attraverso l’utilizzo di sistemi di
monitoraggio e controllo automatico di rilevamento integrati a sistemi satellitari”; oppure:
“Creazione di reti associative e di amministrazioni pubbliche finalizzate a coordinare e
armonizzare le azioni per la prevenzione dei rischi sociali giovanili”; “Messa in rete di servizi
pubblici tra i centri dell’area transfrontaliera, finalizzata a migliorare il collegamento tra città e
campagne”).
Classe Ns. 5 Vantaggi per incremento delle capacità dei territori / Creazione di beni pubblici
generici. Questa classe contiene azioni che intervengono nella valorizzazione
dei beni culturali e naturali attraverso investimenti materiali e il potenziamento
dei servizi; rafforzamento del turismo e dei servizi di carattere sociale e del
lavoro; efficienza del sistema energetico, sviluppo delle fonti rinnovabili,
infrastrutture per il ciclo delle acque e dei rifiuti.
Classe Ns. 6 Vantaggi per incremento delle capacità dei territori / Creazione di beni pubblici
specifici. Questa classe contiene azioni che intervengono nella valorizzazione
dei beni culturali e naturali attraverso investimenti materiali e il potenziamento
dei servizi; rafforzamento del commercio, turismo e del marketing territoriale,
dei servizi di carattere sociale e del lavoro; efficienza del sistema energetico,
sviluppo delle fonti rinnovabili, infrastrutture per il ciclo delle acque e dei
rifiuti; difesa del suolo e sicurezza idraulica.
Le ultime tre classi comprendono quegli interventi che producono vantaggi, tanto alla
comunità delle imprese che ai cittadini, per incremento delle capacità di innovazione e di
accessibilità alle reti di circolazione delle informazioni e conoscenza nelle varie modalità
previste: incentivi diretti alle imprese, alle reti di innovatori e creazione di beni pubblici.
Classe Ns. 7 Vantaggi per innovazione / Incentivi diretti alle imprese. Questa classe contiene gli
incentivi all’investimento delle imprese nella ricerca industriale e nella
innovazione tecnologica.
Le classi 8 e 9 raggruppano quegli interventi che potenziano alcuni beni collettivi locali, in
particolare modelli di rafforzamento della connessione tra imprese e centri della ricerca e
trasferimento tecnologico (ad es., le azioni: “Adozione di soluzioni congiunte di « alta
tecnologia » e di tecniche legate alla società dell’informazione nel settore rurale, turistico e
commerciale”). Anche la diffusione delle innovazioni nelle reti pubbliche e private dei servizi
alla mobilità delle merci e persone rientrano in queste categorie (ad es., le azioni:
“Ampliamento copertura WI-FI per l’area di cooperazione”; “Sviluppo di sistemi
66
d’informazione sulla mobilità intermodale”; “Laboratorio permanente capace di produrre knowhow su modelli e metodiche utili alla programmazione territoriale strategica”; “Creazione di reti
tra università e centri di formazione superiore per lo sviluppo di un’offerta di alta formazione e
il miglioramento del potenziale di ricettività dei servizi di formazione superiore”). Qualora gli
effetti degli interventi producano benefici particolari ad alcuni sistemi produttivi locali o gruppi
di imprese, ad es., migliorandone la capacità di cooperazione e di sviluppo di prodotti
innovativi, allora essi rientrano nella classe 9.
Classe Ns. 8 Vantaggi per innovazione / Creazione di beni pubblici generici. Questa classe
contiene azioni mirate alla produzione di applicazioni informatiche e servizi
telematici per il monitoraggio ambientale e territoriale.
Classe Ns. 9 Vantaggi per innovazione / Creazione di beni pubblici specifici. Questa classe
contiene azioni di incentivo alla creazione di reti tra imprese ed enti di ricerca in
specifici cluster produttivi.
3.4
Reti di innovatori nello spazio transfrontaliero. Modello di analisi delle politiche
territoriali per la ricerca e l’innovazione
È noto come le valutazioni in campo di innovazione siano difficoltose e soprattutto come sia
complesso pervenire a delle misurazioni quantitative di fenomeni legati alla valutazione delle
attività di scambio, modificazione e produzione di nuova conoscenza in un territorio.
Come valutare, infatti, la formazione e lo sviluppo di partnership per l’innovazione, che una
recente letteratura evidenzia come fenomeni chiave nella realizzazione di sentieri di
innovazione di successo?
Si tratta di fenomeni che hanno una forte componente sociale, che indicatori tradizionali di
valutazione dei risultati dei progetti innovativi, nonché degli impatti dei programmi di
finanziamento pubblico, non sono sempre in grado di cogliere.
Se la cassetta degli attrezzi del valutatore contiene una molteplicità di tecniche e strumenti
adeguati a valutare tradizionali interventi di incentivo alla spesa in R&D da parte delle singole
imprese (p.e. sgravi fiscali), essa è normalmente meno fornita di strumenti utili a valutare
risultati e impatti di programmi rivolti al sostegno allo sviluppo di un sistema per l’innovazione.
Come mostrano le esperienze di valutazione più innovative realizzate da paesi come la Svezia91,
la Finlandia92, l’Austria93 o la Germania94, esiste una crescente necessità di integrare strumenti
propri della valutazione di risultati e impatti degli interventi sulle singole componenti del
sistema (singole imprese, università e centri di ricerca, …) con quelli che si producono
sull’intero sistema innovativo.
La sfida, per l’attività di valutazione di nuove politiche sistemiche per l’innovazione è quella di
Cfr. Cooke P., Eickelpasch A., Ffowcs-Williams I., Rangnes J., 2007, Evaluation Report By The Vinnväxt International
Review Team, Stoccolma: Vinnova.
92
Cfr. Rajahonka M., Valtakari M., 2005, NETS – Networks of the future 2001-2005. Evaluation Report, Helsinki:
TEKES.
93
Cfr. Priedl I., Hochmayer K., Jaeger H., 2008, Innovation Policy Impact Assessment at Regional Level: Lower Austria’s
Regional Deployment, Impactscan, Lower Austria: Ideum.
94
Cfr. Kuhlmann S., 1998, “Moderation of policy making?. Science and Technology Policy evaluation beyond impact
measurement. The case of Germany”, Evaluation, vol.4, n.2, pp.130-148; Eickelpasch A., Fritsch M., 2005, “Contests for
cooperation—A new approach in German innovation policy”, Research Policy, vol.34, n.8, pp.1269-1282.
91
67
integrare linguaggi e strumenti elaborati in campi di analisi che fino a tempi relativamente
recenti si sono sviluppati in maniera separata: da un lato l’analisi dei processi innovativi e di
crescita di sistemi di produzione locale; dall’altro la valutazione delle politiche pubbliche
(regionali). In questo contesto, i principali ambiti di convergenza da sviluppare possono essere
schematizzati nel modo seguente:
a. uno sforzo rivolto all’identificazione ed alla sperimentazione di tecniche di misurazione
in grado di valutare i risultati e gli impatti, anche in termini di sistema, cercando di
catturare la dimensione degli effetti di rete (networking)95, lo sviluppo di relazioni
sostenibili università-impresa96, gli effetti di apprendimento interattivo per i singoli
partecipanti97. Come mostrato da ricerche recenti, si tratta di costruire delle batterie di
indicatori che vadano a cogliere il lato soft dell’innovazione, andando a quantificare gli
effetti delle politiche/dei programmi in termini di nuove relazioni create tra gli attori del
sistema, rafforzamento di relazioni esistenti, valutazione della sostenibilità e del
potenziale generativo di tali relazioni98. Sebbene studi più approfonditi debbano ancora
essere sviluppati per misurare l’impatto economico di questi effetti, è qui che risiede
uno degli attuali elementi di sfida concettuale e metodologica.
b. Lo sviluppo di attività rivolte alla contestualizzazione dei risultati e degli impatti del
programma o dell’azione di policy nel più ampio quadro del sistema regionale di
innovazione. La recente letteratura sulle politiche a supporto dell’innovazione insegna
come l’azione di policy del PO debba essere valutata su più livelli, considerando non
solo i risultati prodotti direttamente e indirettamente, ma anche gli effetti nell’ambito
del più generale sistema per l’innovazione che l’area territoriale esprime99. Tra gli
obiettivi del valutatore è quindi da includere anche il tentativo di cogliere le variazioni
prodotte dal programma sui vari attori del sistema (p.e.: come cambiano le relazioni tra
partecipanti e non partecipanti? Con quali possibili effetti in termini di
rafforzamento/indebolimento di alcuni snodi di relazioni cruciali?), nonché sulle
funzioni che in esso si svolgono (p.e.: quali sono i possibili effetti in termini di
rafforzamento/indebolimento di funzioni svolte dagli attori del sistema?). Anche in
questo caso, la frontiera del dibattito risiede nello sviluppo di indicatori di performance
che siano in grado di fornire delle misurazioni robuste e comparabili (oltre agli
indicatori già definiti nel PO).
Si osserva inoltre che politiche pubbliche rivolte alla mobilitazione di leve di governance locale
devono necessariamente includere una partecipazione dei vari stakeholder anche nella fase della
valutazione dei risultati e degli impatti delle azioni. In particolare, la gamma crescente di attori
coinvolti nel design e nell’implementazione delle politiche (policy maker, manager dei
programmi che disegnano ed implementano gli interventi, imprese ed altri attori che vi
partecipano etc.) e la necessità di valutare diversi aspetti relativi al loro coinvolgimento entro le
politiche stesse (p.e. valutazione degli effetti di apprendimento derivanti dalla partecipazione ai
programmi) richiedono lo sviluppo di un approccio partecipativo alla valutazione.
Cfr. Russo M., Rossi F., 2009, “Cooperation networks and innovation. A complex systems perspective to the analysis
and evaluation of a regional innovation policy programme” Evaluation, vol.15, n.1, pp.75-99; Siegel D.S., Waldman D., Link A.,
2003 “Assessing the impact of organizational practices on the relative productivity of university technology transfer offices: an
exploratory study”, Research Policy, n. 32, pp.27–48.
96
Cfr. Barnes T., Pashby I., Gibbons A., 2002, “Effective University –Industry Interaction: A Multi-case Evaluation of
Collaborative R&D Projects”, European Management Journal, vol.20, n.3, pp.272–285.
97
Cfr. Autio E., 1998, “Evaluation of RTD in Regional Systems of Innovation”, European Planning Studies, vol.6, n.2,
pp.131-140; Georghiou L., 1998, “Issues in the evaluation of innovation and technology policy”, Evaluation, vol.4, n.1, pp.37-51;
Kuhlmann S., 1998, “Moderation of policy making?. Science and Technology Policy evaluation beyond impact measurement. The
case of Germany”, Evaluation, vol.4, n.2, pp.130-148.
98
Cfr. Russo M. , Rossi F., 2009, op.cit.
99
Cfr. Lengrand L. (a cura di) 2006, Smart Innovation: A practical Guide to Evaluating Innovation Programmes,
Bruxelles: DG Enterprise and Industry.
95
68

Concetti emergenti nella letteratura sulla valutazione quali participatory evaluation100,
fourth-generation evaluation101, utilisation-focused evaluation102, learning evaluation103
o anche empowerment evaluation104, si riferiscono – sebbene con sfumature diverse – a
questi aspetti.
Anche (e forse soprattutto) in questo caso, si rende necessario lo sviluppo di adeguati strumenti
di misurazione (qualitativi e quantitativi) dei risultati del programma per gli stakeholder
coinvolti in termini di costruzione di capacità istituzionali, apprendimento e rafforzamento di
leve di governance e partecipazione.
Obiettivi della valutazione
Partendo dai presupposti ricordati, la valutazione delle politiche per la ricerca e innovazione
comprese nel PO Alcotra si propone di:
 Analizzare e valutare i risultati innovativi raggiunti dai singoli partecipanti ai
programmi di policy;
 Contestualizzare l’attività dei singoli attori all’interno di reti di innovatori entro le quali
essi operano, quindi analizzare e valutare l’attività delle reti;
 Integrare i due livelli di analisi (i singoli partecipanti e le reti entro cui essi operano) per
l’analisi dei risultati nel quadro del sistema regionale transfrontaliero.
La metodologia
Il progetto si propone di applicare una metodologia di valutazione delle politiche che integra
alcuni elementi innovativi, sperimentati in Bellandi e Caloffi105 relativamente ai punti a e b
sopra ricordati (§ II), con elementi tratti da tecniche di valutazione più consolidate.
In particolare, la metodologia si articola in una serie di fasi principali, che ricordiamo di seguito,
e una serie di fasi strumentali che servono per arrivare agli step principali. Le fasi principali
possono essere sintetizzate nel modo seguente:
1) livello dei singoli partecipanti:
a) costruzione di una batteria di indicatori relativa ai risultati in termini di output
innovativi raggiunti dai singoli partecipanti ai programmi di policy (innovazioni di
prodotto/di processo/organizzative, realizzate dai singoli partecipanti);
2) livello delle reti di partecipanti:
a) costruzione di una batteria di indicatori in grado di misurare i risultati dei programmi di
policy in termini di capacità di creare/rafforzare reti di relazioni rivolte alla generazione
di innovazioni. Gli indicatori sono costruiti con l’obiettivo di quantificare gli effetti
delle politiche/dei programmi in termini di nuove relazioni create tra gli attori del
sistema, rafforzamento di relazioni esistenti, valutazione della sostenibilità e del
potenziale generativo di tali relazioni.
b) utilizzo di tecniche di social network analysis106;
Cfr. Diez M.A., 2001, “The Evaluation of Regional Innovation and Cluster Policies: Towards a Participatory
Approach”, European Planning Studies, vol.9, n.7, pp.907-923.
101
Cfr. Guba E., Lincoln Y., 1989, Fourth-Generation Evaluation, Thousand Oaks, London, New Delhi: SAGE.
102
Cfr. Patton M.Q., 1997, Utilization-Focused Evaluation, London: SAGE.
103
Cfr. Autio E., 1998, op.cit.
104
Cfr. Kuhlmann S., 1998, op.cit.
105
Bellandi M., Caloffi A., 2010a, An analysis of regional policies promoting networks for innovation, in: “European
Planning Studies”, vol.18, n.1., forthcoming. Bellandi M., Caloffi A., 2010b, Verso un approccio di sistema nelle politiche regionali
per l’innovazione: l’analisi di reti di innovatori finanziate dalla Regione Toscana nel periodo 2000-2007 in Russo M. (a cura di),
“Processi di innovazione e sviluppo locale. Aspetti teorici e implicazioni per le politiche a sostegno dell’innovazione”, in corso di
stampa. Bellandi M., Caloffi A., 2008, “The promotion of innovative networks in a regional innovation system perspective” in
DISTRICT, Innovation Pathways and Knowledge Economy, Firenze: Regione Toscana, pp.34-51 (cfr. www.district-rfo.eu).
106
Una applicazione di queste tecniche in un contesto di cooperazione territoriale europea è quella promossa dalla CE per
100
69
c) analisi econometriche basate sugli indicatori sviluppati al punto 2.a: tali indicatori ci
consentono di fornire una spiegazione robusta alla dinamica dei processi innovativi,
nonché ai risultati della politica;
3) integrazione del livello di analisi e valutazione dei risultati ottenuti dai singoli partecipanti
con il livello di analisi meso – riferito alle reti di partecipanti –, entrambi contestualizzati
nel più ampio ambito regionale.
a) costruzione di una batteria di indicatori relativi alle “reti di reti” che si sviluppano su
scala regionale;
b) utilizzo di tecniche di social network analysis;
c) analisi econometriche basate sugli indicatori sviluppati al punto 2.a: tali indicatori ci
consentono di fornire una spiegazione robusta alla dinamica dei processi innovativi,
nonché ai risultati della politica;
Di seguito viene descritto brevemente un esempio di applicazione di questo metodo in un caso
di politiche regionali. Le modalità di rappresentazione di alcune proprietà delle reti di innovatori
e delle conclusioni di policy che possono derivare dalla applicazione di queste tecniche di
analisi sono pertinenti con il contesto territoriale e la strategia del PO Alcotra.
l’analisi della intensità e qualità della partecipazione delle regioni europee al programma Interreg: “Networks of Interregional
Cooperation – A Social Infrastructure for regional development and innovation” (CE, Interreg IIIC East, Vienna 2006).
70
Esempio di uno studio di caso : Analisi e valutazione dei finanziamenti alle reti di innovatori
concessi dalla Regione Toscana
Oggetto: Analisi e valutazione del complesso delle azioni di sostegno all’attività di reti per l’innovazione
implementate dalla Regione Toscana nell’arco temporale di programmazione 2000-2006107
Fonte: Bellandi e Caloffi (2008; 2010 a e b)108
Obiettivi: Analisi e valutazione “relazionale” dei risultati delle politiche sistemiche per l’innovazione
realizzate dalla Regione Toscana.
Contenuti e metodologia: L’analisi si è concentrata sul livello dell’intero sistema regionale e ha avuto
per oggetto 122 progetti realizzati da 122 network di innovatori (partecipati nel complesso da 908 attori).
Questo insieme di agenti e progetti è stato analizzato con gli strumenti della social network analysis, allo
scopo di mappare, misurare ed analizzare la rete delle relazioni tra agenti e gruppi di agenti (organizzati
in progetti) che producono e manipolano conoscenza e competenze. I vari agenti, qui rappresentati come
nodi di una rete, sono legati da relazioni di compartecipazione a progetti innovativi. Attraverso l’uso di
questo strumento, l’analisi ha cercato di:

fornire una rappresentazione dello spazio delle relazioni rivolte alla
generazione o diffusione dell’innovazione che si sviluppano all’interno del contesto
regionale;

individuare un nucleo significativo di sistema regionale di innovazione,
osservando quelle relazioni che rimangono relativamente stabili nell’arco di tempo
considerato, ed analizzandone le caratteristiche in termini di mix di competenze in esso
incluse, settori ed assi tecnologici caratteristici, bilanciamento tra relazioni “locali” ed “extralocali”, e ruolo svolto da attori-ponte (vedi Fig 1 - “Esempio dei risultati dell’analisi di rete”);

identificare i grappoli di relazioni che si sviluppano attorno a questo nucleo
centrale, comprendendo la struttura delle relazioni innovative che attorno ad esso si dipanano.
Fig. 1 – Le reti di relazioni più significative nell’analisi delle politiche per l’innovazione RT 2000-2006
Fonte: Bellandi e Caloffi (2010a)
Conclusioni di policy:
- Indicazioni sulla valutazione dei risultati del programma ottenuti dai singoli partecipanti e dalle
Ci riferiamo alle misure 1.7.1. e 1.7.2. del Docup Toscana 2000-2006, nonché al PRAI-ITT ‘Innovazione Tecnologica in
Toscana’ 2001-2004, già analizzato da Russo e Rossi (2009, op.cit., nota 5). Sono inclusi nell’analisi alcuni progetti finanziati entro
la misura 2.8.4. del Docup (3 progetti relativi al bando del 2004 e 4 progetti a quello del 2006) che presentavano un’architettura
organizzativa e degli obiettivi comparabili a quelli della misura 1.7.1..
108
Bellandi M., Caloffi A., 2008 cit. Bellandi M., Caloffi A., 2010a, cit. Bellandi M., Caloffi A., 2010b, cit.
107
71
-
reti progettuali. Identificazione delle architetture di rete più performanti.
Valutazione complessiva dell’intera linea di policy.
Identificazione di nuclei promettenti in termini di capacità innovative su cui puntare per future
azioni di policy e indicazioni utili alla formulazione di futuri bandi.
Analisi delle reti di relazioni più significative in termini settoriali/tecnologici, sviluppatesi a
seguito dell’insieme delle politiche per l’innovazione 2000-2006 (risultati relazionali
dell’insieme delle politiche osservate);
Analisi dell’architettura caratteristica di queste reti di relazioni: l’analisi fa emergere dei legami
mancanti (o degli attori mancanti) nelle architetture relazionali promosse dalle politiche, che
possono essere utilmente stimolati attraverso adeguati interventi di policy.
72