Il controllo posturale

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Il controllo posturale
Sport&Medicina, Luglio-Agosto 2000
Il controllo posturale
Dario Riva e Paola Trevisson
Dipartimento di Ricerche
Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie
Università degli Studi di Torino
La qualità dei movimenti dipende dal controllo posturale, statico e dinamico, in
appoggio monopodalico. Quali sistemi lo governano e come è possibile valutarne e
migliorarne la funzionalità?
Senza l’intervento della forza muscolare l’uomo non può mantenere la stazione eretta, tende cioè a
cadere. Questa continua situazione di instabilità favorisce una maggiore dinamicità, in quanto una
struttura in equilibrio instabile può essere messa più facilmente in movimento rispetto ad una in
equilibrio stabile. Nell’uomo e in molti animali è stata quindi privilegiata la mobilità a scapito della
stabilità.
Anche i più moderni aerei da combattimento basano la loro maneggevolezza su questi principi:
cadrebbero infatti come pietre, non essendo in grado di planare, se i computer di bordo non
provvedessero continuamente a riequilibrare l’assetto di volo.
Nell’uomo, meccanismi ancor più sofisticati provvedono ad un continuo riassetto della situazione
posturale sia in condizioni statiche che dinamiche
Il controllo posturale e la gestione del disequilibrio, cioè la capacità di gestire situazioni ad alta
instabilità, vicine al punto in cui l’equilibrio non è più recuperabile, si basano sull’intervento
coordinato e sinergico dei meccanismi archeopropriocettivi, visivi e vestibolari (figura 1).
Figura 1: diversi meccanismi che interagiscono nel controllo posturale.
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Il mantenimento statico della postura richiede la contrazione continua, tonica, dei muscoli
antigravitari. Nelle posture eretta e seduta, il lavoro muscolare antigravitario è ridotto al minimo
grazie all’allineamento verticale dei segmenti ossei, che consente di scaricare, grazie allo scheletro,
gran parte del peso del corpo direttamente sul terreno.
La qualità del controllo posturale diventa ancor più importante in condizioni dinamiche quando,
oltre alla forza di gravità, entrano in gioco altre forze per porre in movimento tutto il corpo.
Sistemi di controllo posturale
Il sistema archeopropriocettivo rappresenta l’intelligence, cioè un capillare servizio informativo
periferico, con sensori presenti in ogni distretto muscolo-tendineo-articolare, in grado di informare
ad altissima velocità (utilizza le fibre nervose più grandi e veloci: 80-120 m/s) i centri nervosi a
livello spinale e tronco-encefalico. Al tempo stesso questo sistema è coinvolto nella risposta
effettrice perché dai fusi neuromuscolari dipende la possibilità di modulare finemente la risposta
muscolare. Le reazioni posturali più precoci sono attivate dalle afferenze archeopropriocettive e
vengono a mancare quando queste afferenze sono annullate.
Il sistema visivo è un vero e proprio sistema di puntamento che consente di “ancorare” il corpo a
punti di fissazione, migliorando la precisione del controllo posturale che sarebbe possibile
utilizzando le sole informazioni archeopropriocettive. A occhi aperti, infatti, le oscillazioni laterali del
capo non superano qualche millimetro, mentre ad occhi chiusi aumentano in ampiezza e frequenza.
Le oscillazioni latero-laterali o antero-posteriori della testa comportano dei microspostamenti delle
immagini dell’ambiente (immobile) sulla retina. Il sistema visivo rileva i microspostamenti e attiva
gli aggiustamenti posturali per riportare l’immagine nella posizione di partenza.
Il sistema vestibolare è il meccanismo più tardivo a entrare in gioco, perché presenta una soglia di
attivazione più elevata. La maggior latenza del sistema più impreciso e violento rappresenta un
fattore positivo, perché consente agli altri due sistemi di gestire gran parte delle situazioni posturali
in modo più raffinato. Rappresenta pertanto un mezzo di emergenza che sovrasta gli altri due
sistemi quando i movimenti del capo superano una certa ampiezza e velocità.
Strategie posturali
Limitarsi a valutare i comportamenti posturali in appoggio bipodalico e in condizioni statiche è un
po’ come voler testare una formula uno nel cortile di casa. E’ evidente infatti che i momenti mission
critical del sistema di controllo posturale sono le fasi di appoggio monopodalico in situazioni
dinamiche.
In passato le strategie posturali sono state definite di caviglia o di anca in base alla zona anatomica
coinvolta in modo prevalente. Riteniamo che oggi sia invece possibile, e soprattutto più corretto,
differenziarle in base ai sistemi funzionali coinvolti. Utilizzando un sistema (figura 2) composto
dalla tavola basculante-traslante Delos Equilibrium Board (DEB) e da uno strumento innovativo
denominato Delos vertical controller (DVC), entrambi con feed-back visivo in tempo reale, è
possibile in pochi minuti scoprire le caratteristiche del controllo posturale statico e dinamico di un
soggetto e quantificare il livello di stabilità funzionale dei suoi arti inferiori e del suo sistema
colonna-bacino. Il DVC è uno strumento che, applicato anteriormente sullo sterno o posteriormente
al di sotto della settima vertebra cervicale, registra e visualizza in tempo reale i movimenti angolari
del tronco in senso latero-laterale e antero-posteriore. Oltre a fornire le informazioni tipiche degli
stabilometri utilizzabili in appoggio bipodalico in condizioni statiche, consente l’analisi in appoggio
monopodalico in situazione dinamica. Il monitoraggio simultaneo ed in tempo reale del
basculogramma della tavola e dello stabilogramma del tronco, con la possibilità di fornire al
soggetto uno o più feed-back visivi relativi alle componenti del movimento che l’operatore ritiene
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più utile visualizzare, consente di comprendere il comportamento del sistema ed individuare
distretti funzionalmente carenti.
Figura 2: valutazione delle caratteristiche posturali dinamiche e della stabilità funzionale dell’arto inferiore destro su
tavola basculante-traslante DEB e utilizzo di DVC.
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Figura 3: l’instabilità è una condizione che favorisce una maggiore dinamicità.
Un soggetto in appoggio monopodalico gestisce le situazioni di instabilità utilizzando tre possibili
strategie (figura 3):
•
archeopropriocettivo-visiva
•
vestibolare
•
di compenso con gli arti superiori
La strategia archeopropriocettivo-visiva è quella che consente il controllo posturale più raffinato. E’
una caratteristica costante dei grandi campioni dello sport, ma può essere facilmente acquisita da
tutti.
Il soggetto mantiene la testa ed il tronco quasi immobili mentre l’arto inferiore in appoggio trasla ad
alta frequenza per gestire la situazione di instabilità (figura 4a). L’apparato vestibolare viene così
messo in stato di quiete e non interferisce con la raffinata gestione del comportamento motorio
basata sulla congruenza dei segnali provenienti dagli altri due sistemi informativi.
Nella strategia vestibolare, i rapidi cambiamenti di posizione e le accelerazioni a cui è sottoposta la
testa fanno prendere il sopravvento a questo sistema che diventa pertanto il gestore primario
dell’instabilità. Si tratta di un controllo impreciso, con latenze superiori, basato su continui
movimenti e contromovimenti del tronco, delle anche e degli arti superiori, sempre eccessivi
rispetto alla situazione biomeccanica da gestire (figura 4b).
Nella strategia di compenso con gli arti superiori il soggetto mantiene in quiete relativa il tronco
usando le braccia come timone (figura 4c). Questa strategia viene utilizzata in presenza di una strategia
archeopropriocettivo-visiva inadeguata, per stabilizzare il sistema e limitare l’intervento vestibolare.
Un ulteriore esempio di strategia di gestione dell’instabilità in cui prevale l’azione del sistema vestibolare è
rappresentato nella figura 5.
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Figura 4: strategie di gestione dell’instabilità. La traccia blu (stabilogramma dinamico) rappresenta le inclinazioni del
tronco sul piano frontale registrate dal DVC (prove di 30”: le finestre rappresentano 10”). I soggetti sono in appoggio
monopodalico su tavola basculante-traslante elettronica (il basculogramma della tavola non è visualizzato, ma viene
sempre registrato dal sistema). Le prove sono effettuate con la presenza del solo feed-back visivo relativo alle traslazioni
della tavola. Negli esempi A e B il soggetto ha le mani ai fianchi.
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Figura 5: strategia vestibolare (il DVC in questo caso è posizionato sullo sterno, 5a)
Feed-back e tracking visivo
È opportuno a questo punto chiarire il significato del feed-back visivo in tempo reale proveniente
dalla tavola basculante-traslante e dal vertical controller durante la gestione di situazioni di
instabilità.
Il feed-back visivo (cioè l’informazione visiva di ritorno) aumenta notevolmente il numero di
situazioni biomeccaniche che il soggetto in appoggio deve gestire nell’unità di tempo.
L’inclinazione-traslazione della tavola, che ad ogni istante viene comunicata attraverso la traccia sul
monitor, aggancia (tracking = aggancio, inseguimento di tracce) il soggetto ad una nuova situazione da
gestire (figura 6). Una tavola di Freeman senza feed-back visivo consente di lavorare soltanto a
basse frequenze. Conseguenza della gestione di traslazioni ad alta frequenza è l’elevato flusso di
segnali diretto verso i centri nervosi, che vengono addestrati ad interpretarli in modo corretto e a
fornire risposte adeguate sempre più rapidamente. Per i centri nervosi si tratta di un efficacissimo
esercizio di traduzione simultanea dei segnali propriocettivi. È un vero e proprio corso di lingua full
immersion. In modo simile un pilota di formula uno migliora le sue prestazioni solo se guida
un’auto che consenta di raggiungere le alte velocità di gara. Percorrere lo stesso circuito con
un’utilitaria, sarebbe invece inutile per il basso numero di situazioni da gestire nell’unità di tempo.
I feed-back della tavola e del DVC possono essere visualizzati in tempo reale, entrambi o uno solo,
secondo l’obiettivo dell’esercizio o del test.
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Figura 6: basculogramma (in giallo) delle inclinazioni-traslazioni della tavola DEB con piede destro in appoggio e mani ai
fianchi. La linea rossa rappresenta i movimenti del tronco sul piano frontale registrati con DVC posizionato sullo sterno.
Si noti come il tronco tenda a inclinarsi dallo stesso lato della tavola con lieve sfasamento temporale.
Figura 7: test di stabilità posturale con DVC in appoggio monopodalico destro in situazione statica.
Riprogrammare il sistema archeopropriocettivo-visivo
L’utilizzo della strategia vestibolare dipende in realtà da una inadeguata funzionalità del sistema di
controllo archeopropriocettivo-visivo. La valutazione e la riprogrammazione di questo sistema
richiedono il rispetto di alcune specifiche caratteristiche nella proposta di instabilità (tabella 1).
Tabella 1
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Le condizioni più importanti sono l’abbinamento dell’instabilità in appoggio monopodalico al feedback visivo, per aumentare la frequenza delle traslazioni e stabilizzare il tronco riducendo così
l’intervento del sistema vestibolare.
La priorità degli obiettivi nella riprogrammazione sarà:
-
gestire in modo raffinato la verticale in condizioni di instabilità (ridurre l’ampiezza delle
oscillazioni del tronco fino a metterlo in stato di quiete mantenendolo sulla verticale);
-
migliorare progressivamente la gestione della tavola basculante-traslante in tutti i range
articolari, con microampiezze di traslazioni-inclinazioni
Per procedere alla valutazione e alla riprogrammazione del sistema archeopropriocettivo–visivo è
però importante escludere la presenza di difetti del sistema di puntamento visivo o del sistema
vestibolare.
Il test viene effettuato dapprima in appoggio bipodalico e poi monopodalico su superficie stabile
(figura 7) in tre tipi di condizione:
-
a occhi aperti senza feed-back visivo
-
a occhi aperti con feed-back visivo
-
a occhi chiusi
In condizioni normali le oscillazioni aumentano di frequenza e ampiezza a occhi chiusi (figura 8c).
La miglior prestazione si ha di solito con il feed-back visivo (figura 8b).
Figura 8: stabilogrammi dei test di stabilità posturale a, b, c: stabilogramma della componente latero-laterale in soggetto
normale; a, occhi aperti senza feed-back; b, occhi aperti con feed-back visivo; c, occhi chiusi.
Escludere problemi vestibolari
Il test bipodalico nelle tre condizioni consente di evidenziare problemi di tipo vestibolare. In questi
casi infatti l’ampiezza delle oscillazioni è maggiore e aumenta ancor di più a occhi chiusi.
Ancor più sensibile è il test monopodalico che difficilmente riesce ad essere eseguito a occhi chiusi
nei soggetti con problemi vestibolari.
Nel test posturale dinamico su tavola basculante-traslante con feed-back visivo questi soggetti
possono presentare anche buone prestazioni, per l’affinamento vicariante del sistema
archeopropriocettivo.
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Escludere problemi visivi
Oscillazioni minori, registrate dal DVC ad occhi chiusi rispetto alla situazione ad occhi aperti,
indicano una possibile azione di disturbo dei segnali visivi sul controllo archeopropriocettivo, con
un peggioramento anziché un miglioramento della stabilità posturale in condizioni statiche. Occorre
ricordare infatti che è sufficiente una riduzione dell’acuità visiva per provocare un aumento delle
oscillazioni posturali.
Conclusioni
Il controllo posturale dipende dall’intervento coordinato dei meccanismi archeopropriocettivi, visivi
e vestibolari.
L’analisi posturale in appoggio bipodalico e in situazione statica non consente però la valutazione
del sistema di controllo archeopropriocettivo-visivo.
Per una corretta valutazione è pertanto indispensabile proporre situazioni di instabilità in appoggio
monopodalico e in presenza di feed-back visivo, come attivatore funzionale ad alta frequenza dei
sistemi coinvolti.
Il feed-back visivo deve riguardare sia il comportamento delle masse superiori del corpo sia quello
del mezzo che induce la situazione di instabilità.
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