da Enel Distribuzionea e-distribuzione

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da Enel Distribuzionea e-distribuzione
CISAL FederEnergia
01/08/2016
A seguito di numerose mail di richiesta (e qualcuna di protesta) da parte di dipendenti
di Enel Distribuzione chiariamo che la modifica della ragione sociale da Enel
Distribuzione a e-distribuzione è dovuta ad una delibera dell’Autorità per l’energia e
il gas in materia di “brand unbundling”.
Essa prevede l'obbligo di separazione del marchio tra venditori e distributori di
energia dello stesso gruppo societario; non a caso, il cambio di denominazione non
riguarda solo Enel Distribuzione: A2A Reti Spa prende il nome di Unareti Spa,
Hera Spa si chiamaerà Inrete Distribuzione Energia Spa, Acea Distribuzione Spa
assumerà quello di Areti Spa,Agsm Distribuzione Spa cambia in Megareti Spa, ecc..)
da Enel Distribuzione a e-distribuzione
La delibera dell’Autorità, che ha imposto il cambio di denominazione, oltretutto, è
stata impugnata da ENEL presso il TAR Lombardia.
In sede giudiziaria, Confartigianato e CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato)
si sono costituite a sostegno dell’Autorità (in pratica contro Enel), (vedi atto in
allegato del 25/03/2016).
Il TAR della Lombardia con la sentenza 1388/2016 dell’11 luglio 2016 (in allegato)
ha respinto il ricorso del Gruppo Enel S.p.A. Da notare che la delibera vieta anche
l’utilizzo degli stessi spazi fisici per lo svolgimento di attività della Distribuzione e
del Mercato, oltre alla separazione degli spazi fisici destinati alla proposta di contratti
per il mercato libero da quelli destinati al mercato vincolato.
La sentenza del TAR della Lombardia ha, dunque, determinato l’immediato cambio
del nome da Enel Distribuzione ad e- Distribuzione. Pertanto nessuna scissione dal
Gruppo Enel si presenta all’orizzonte per i lavoratori di Enel Distribuzione!
A detta dell’Autorità per l’energia la “separazione del brand” (marchio) agevolerà la
concorrenza e la trasparenza nei confronti del cliente finale; staremo a vedere… noi
rimaniamo della stessa opinione di una ventina d’anni fa: la privatizzazione, il
mercato libero, le liberalizzazioni, la concorrenza, non hanno prodotto e non
produrranno un granché di apprezzabilmente buono né per i Cittadini né per i
Lavoratori.
INFORMATIVA - CISAL - FederEnergia – www.federenergia.org
Avv. Anna Rita Trombetta
Circ. ne Clodia 5
00195 Roma
Tel./fax 06.64525911
[email protected]
ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
LOMBARDIA - MILANO
R.G.2137/2015 - SEZ.II -REL. DOTT .DE VITA UDIENZA 14.04.2016
ATTO DI INTERVENTO
Nell'interesse del sig. Daniele Vaccarino (nato a Castiglione Torinese il
04.03.1952- C.F. VCCDNL52C04C307C) in qualità di Presidente pro tempore
della Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media
impresa, CNA (C.F. 07987330581), con sede legale in Roma Piazza Mariano
Armellini 9/A , e
nell'interesse del sig. Giorgio Merletti (nato ad Arsago Seprio –VA- il
01.01.1951 –C.F.MRLGRG51S01A441U) in qualità di Presidente pro tempore
della
Confederazione
Generale
dell’Artigianato
e
delle
Imprese,
CONFARTIGIANATO(C.F. 80429270582), con sede legale in Roma Via San
Giovanni in Laterano, rappresentate e difese giuste procure speciali rilasciate
su foglio separato che si allegano al presente atto, dall’Avv.to Anna Rita
Trombetta (TRMNRT77H63I804X), elettivamente domiciliata presso lo studio
dell'Avv.to Paolo Marco Caporale, sito in Milano (20154), Via F. Tamagno 7.
L'Avv.to Trombetta chiede di ricevere le comunicazioni relative al presente
procedimento all’indirizzo di PEC [email protected]
e/o al numero di fax 06.54525911
interveniente ad opponendum-
Studio Legale Trombetta
Contro:
Enel
Energia
spa
(06655971007)
e
(00811720580), rappresentate e difese dagli Avv.ti
da
Enel
spa
Guido Greco,
Manuela Muscardini, Luca Griselli e Gherardo Carullo elettivamente
domiciliate presso lo studio degli Avv.ti Greco e Muscardini, P.le
Lavater 5 (20129) Milano;
ricorrentiContro: l'Autorità per l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico
in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e
difeso ex lege dall’Avvocatura di Stato; elettivamente domiciliata in Via
Freguglia 1 (20122) Milano
resistentePER LA CONFERMA
della deliberazione dell'AEEGSI n. 296 del 22 giugno 2015 recante
"Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale
(unbundling) per i settori dell'energia elettrica e del gas" pubblicata sul
sito www.autorità.energia.it in data 23 giugno 2015 e del relativo
Allegato A, recante il "Testo integrato delle disposizioni dell'Autorità per
l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico in merito agli obblighi di
separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei
settori dell'energia elettrica e del gas (TIUF)"
§§§
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Studio Legale Trombetta
La CNA, Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e
Media Impresa, e la Confederazione Generale dell’Artigianato e delle
Imprese sono espressione della rappresentanza degli imprenditori e
delle imprese artigiane e micro, piccole, medie, nonché di tutte le forme
del lavoro autonomo, indipendente o cooperativo, di tutti i settori della
produzione e dei servizi.
Pertanto con il presente atto la CNA e la Confartigianato intendono
intervenire ad opponendum, per sostenere le ragioni dell'Autorità per
l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico (di seguito definita
autorità), in quanto la delibera adottata, impugnata da Enel Energia
s.p.a. e da Enel s.p.a risulta legittima e immune da vizi.
Per meglio comprendere i presupposti dell'attuale controversia occorre
esaminare l'evoluzione normativa della materia.
1.Evoluzione normativa: Il brand unbundling è un tema tanto datato
quanto irrisolto che si è posto sin dall’inizio delle liberalizzazioni dei
Mercati Energetici .
Dopo i primi provvedimenti sul transito del gas, a partire da metà anni
novanta furono introdotti i c.d. "pacchetti energia" , ossia gruppi di
provvedimenti
legislativi
(direttive
e
regolamenti)
finalizzati
a
disciplinare i settori dell'energia e del gas in modo omogeneo a livello
europeo. Ogni nuovo pacchetto riprende ed amplia le disposizioni di
quelli precedenti in un progressivo avvicinamento ad un ideale mercato
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dell'energia
europeo completamente concorrenziale. A livello di
Unione europea i mercati del gas e dell'energia elettrica sono oggi
regolati dal c.d. "terzo pacchetto di energia", approvato definitivamente
il 13 luglio 2009 dal Consiglio e dal Parlamento Europeo
Esso si
compone di 3 regolamenti e 2 direttive che introducono una serie di
accorgimenti volti a facilitare l'effettiva realizzazione di un mercato
unico dell'energia che sia concorrenziale . Le direttive 2009/72/CE e
2009/73/CE hanno introdotto importanti novità in materia di obblighi di
separazione a carico dei gestori delle infrastrutture essenziali del
settore elettrico e del gas naturale, in particolare, per i gestori dei
sistemi di trasmissione elettrica e di trasporto del gas naturale.
Il presupposto delle novità introdotte dalla normativa europea è che le
norme in materia di separazione giuridica e funzionale, di cui alle
precedenti direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE non hanno consentito di
perseguire efficacemente la terzietà nella gestione delle infrastrutture
essenziali per lo sviluppo della concorrenza nei mercati energetici.
Sulla base di tale presupposto, le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE,
per quanto riguarda i gestori dei sistemi di trasmissione elettrica e di
trasporto del gas naturale, hanno definito un nuovo regime di
unbundling che disciplina tre distinti modelli di separazione delle attività
di trasmissione/trasporto dalle attività di generazione/produzione e
fornitura:
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Studio Legale Trombetta
a) la separazione proprietaria (cosiddetto modello di ownership
unbundling, che comporta l’obbligo del gestore di elidere qualunque
legame con le imprese collegate che operano a monte o a valle della
filiera);
b) l’istituzione di un gestore del sistema di trasmissione/trasporto
indipendente (cosiddetto modello ITO, consistente nella separazione
societaria tra l’impresa che ha in gestione la rete e l’impresa
verticalmente integrata, che può continuare a partecipare al capitale
della prima anche con quote di controllo, a condizione però che sia
garantita l’autonomia funzionale e decisionale del gestore attraverso
misure molto rigorose prescritte dal legislatore europeo):
c) l’istituzione di un gestore di sistemi indipendente (cosiddetto modello
ISO, consistente nella separazione tra la proprietà e la gestione della
rete, l’una in capo all’impresa verticalmente integrata, l’altra in capo al
gestore).
Come desumibile dalle premesse delle direttive e dalla nota di
accompagnamento alle medesime direttive(nota interpretativa della
Commissione), i tre modelli di separazione hanno la finalità di
garantire l’effettiva separazione delle attività di rete dagli interessi
della produzione e della fornitura ed in particolare per le imprese
verticalmente integrate, di eliminare il rischio di discriminare i
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Studio Legale Trombetta
possibili concorrenti nell’accesso alla rete o ad informazioni
commercialmente sensibili e di creare i giusti incentivi agli
investimenti e a garantire l’accesso ai nuovi entranti.
Dette direttive hanno previsto che le imprese proprietarie di sistemi di
trasmissione dell’energia elettrica o di trasporto del gas naturale
esistenti alla data del 3 settembre 2009 e appartenenti ad un’impresa
verticalmente integrata, fossero certificate in qualità di gestori dei
rispettivi sistemi dall’Autorità di regolamentazione nazionale sulla base
della verifica dei requisiti di indipendenza previsti da uno dei tre citati
modelli di separazione.
In merito alla separazione funzionale per gli altri esercenti nelle attività
di rete dei settori dell’energia elettrica e del gas, le direttive 2009/72/CE
e 2009/73/CE hanno previsto, senza peraltro mutare il quadro giuridico
già introdotto dalle precedenti direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE,
specifici obblighi aggiuntivi di separazione funzionale ed indipendenza,
in particolare, per i gestori dei sistemi di distribuzione di energia
elettrica e di gas naturale. Per tali gestori, facenti parte di un’impresa
verticalmente integrata, rileva, senza dubbio, la novità relativa
all’obbligo di separazione della politica di comunicazione e del marchio
rispetto all’attività di vendita.
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Studio Legale Trombetta
In particolare il comma 37.1 lettera b) della direttiva 2009/72/CE e il
comma 41.1 lettera b) della direttiva 2009/73/CE, hanno previsto per le
autorità di regolazione nazionali il compito di garantire che i gestori dei
sistemi di trasmissione, trasporto e distribuzione ottemperino agli
obblighi che ad essi incombono a norma delle medesime direttive.
I requisiti e gli adempimenti previsti dalle direttive 2009/72/CE e
2009/73/CE per le imprese che intendono agire in qualità di gestori di
trasporto del gas naturale o di trasmissione dell’energia elettrica, sono
state recepite nel nostro ordinamento per mezzo del d.lgs. 93/2011; il
quale ha introdotto, in ossequio a quanto previsto dalla normativa
europea, norme specifiche in materia di separazione funzionale per i
gestori dei sistemi di stoccaggio del gas naturale e di distribuzione di
energia elettrica e di gas naturale.
In particolare il Il° comma 43.1 lettera c) del D.lgs. n. 93/11, ha
previsto, il ruolo dell’Autorità nel garantire l'adempimento da parte dei
gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione e, se necessario, dei
proprietari dei sistemi, nonché di qualsiasi impresa elettrica o di gas
naturale, degli obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e
2009/73/CE,
dei
Regolamenti
713/2009/CE,
714/2009/CE
e
715/2009/CE, nonché da altre disposizioni della normativa europea.
Fondamentale ai fini del recepimento è stato l’articolo 26 della Direttiva
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Studio Legale Trombetta
2009/72/CE, che ha posto, per i gestori dei sistemi di distribuzione, un
obbligo di separazione della politica di comunicazione e del marchio
rispetto all’attività di vendita. In particolare afferma che "Inoltre, la
separazione giuridica e funzionale dei gestori dei sistemi di
distribuzione è stata prevista dalla direttiva 2003/54/CE, soltanto a
partire dal 1o luglio 2007 e i suoi effetti sul mercato interno del gas
naturale devono ancora essere valutati. Le norme sulla separazione
giuridica e funzionale attualmente vigenti sono, pertanto, idonee a
creare una separazione effettiva delle attività a condizione che siano
più chiaramente definite, che siano attuate correttamente e che la loro
osservanza sia strettamente controllata. Per creare condizioni di
concorrenza omogenee a livello di vendita al dettaglio è opportuno
parimenti impedire ai gestori dei sistemi di distribuzione di approfittare
della loro integrazione verticale per favorire la propria posizione
concorrenziale sul mercato, specialmente nei confronti dei piccoli clienti
civili e non civili". Pertanto ai gestori di sistemi di distribuzione
verticalmente integrati è fatto divieto di creare confusione, nella loro
politica di comunicazione e di marchio, circa l’identità distinta del ramo
«fornitura» dell’impresa verticalmente integrata.
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Studio Legale Trombetta
Tale articolo è stato recepito dall’art.38 del D.Lgs. n.93/2011 che al
1
comma 2
attribuisce un potere di vigilanza all’Autorità che ha
successivamente emanato la deliberazione sopra citata dettando
precisi obblighi di separazione nell’uso del marchio. L'art. 42 del
predetto decreto stabilisce che "(...) l'autorità per l'Energia elettrica ed il
gas adotta tutte le misure ragionevoli idonee al perseguimento delle
seguenti finalità (...) e provvedere affinchè i clienti beneficino del
funzionamento efficiente del mercato nazionale , promuovere una
concorrenza effettiva e contribuire a garantire la tutela dei consumatori
(...)"
L'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, per dare attuazione a dette
disposizioni nazionali e comunitarie ha emanato la deliberazione
296/2015, che ex plurimis, stabilisce che il Gestore Indipendente
assicura che le politiche di comunicazione, la denominazione sociale, il
marchio, la ditta, l’insegna e ogni altro elemento distintivo dell’ impresa
di distribuzione siano in uso esclusivo alla stessa e non contengano
alcun elemento di tipo testuale o grafico che possa essere in alcun
modo
ricollegato
alle
attività
di
vendita
svolte
dall’
impresa
verticalmente integrata o dalle altre imprese del gruppo societario di
1
Art. 38 c2. Nel caso di gestore del sistema di distribuzione facente parte di un'impresa verticalmente integrata, lo
stesso gestore non può trarre vantaggio dall'integrazione verticale per alterare la concorrenza e a tal fine:
a) le politiche di comunicazione e di marchio non devono creare confusione in relazione al ramo di azienda
responsabile della fornitura di energia elettrica;
b) le informazioni concernenti le proprie attività, che potrebbero essere commercialmente vantaggiose, sono
divulgate in modo non discriminatorio. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di
cui al presente comma.
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Studio Legale Trombetta
appartenenza di questa e che possano ingenerare confusione per il
pubblico.
Per rimuovere ogni rischio di confusione, promuovendo trasparenza e
concorrenza, il distributore e i venditori integrati in uno stesso gruppo
societario - elettrico o gas - non potranno più utilizzare lo stesso
marchio, dovranno separare le politiche di comunicazione ed utilizzare
canali e spazi commerciali ben distinti; le stesse regole valgono anche
per il venditore integrato che nell'elettricità opera sia nel mercato libero
che nella tutela. Lo ha deciso l'Autorità per l'energia con la delibera
296/2015/R/COM, adottata dopo un ampio processo di consultazione,
che fissa gli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per il
settore elettrico e gas. Per quanto riguarda gli obblighi di separazione
del marchio e della comunicazione, da assolvere entro il 30 giugno
2016 (debranding, previsto dalle direttive europee del c.d. 'terzo
pacchetto energia', recepito con il decreto legislativo 93/11), l'Autorità
lascia la libertà alle imprese di decidere quale tra l'attività di
distribuzione o vendita dovrà modificarli, nel rispetto delle scelte
imprenditoriali legate al valore economico dei marchi. La società dovrà
garantire l'applicazione delle regole assicurando che ogni elemento di
tipo testuale o grafico sia ben distinto. Gli obblighi di separazione degli
spazi commerciali e dei canali di interfaccia con i clienti dovranno
invece essere assolti entro il 1° gennaio 2017. Viene poi rafforzato il
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Studio Legale Trombetta
divieto di trasferire le informazioni commercialmente sensibili, come i
dati sul consumo o la morosità, tra il distributore e le imprese di vendita
(e tra chi vende energia elettrica in tutela e nel mercato libero
all'interno dello stesso gruppo), se non tramite procedure stabilite ai
sensi di legge o della regolazione dell'Autorità. Misure che vogliono
assicurare
la
riservatezza
e
la
messa
a
disposizione
non
discriminatoria delle informazioni, garantita anche con l'obbligo di
separazione delle banche dati dell'attività di distribuzione dalle altre
imprese del gruppo societario di appartenenza. Più in generale,
l'Autorità prevede per tutti i distributori, indipendentemente dalla loro
dimensione,
che
la
messa
a
disposizione
delle
informazioni
commercialmente sensibili sia assolta facendo ricorso, dove disponibili,
agli strumenti per la disintermediazione previsti dalla regolazione, tra
cui in primo luogo il Sistema Informativo Integrato (SII).
Gli obblighi di separazione funzionale introdotti dall'Autorità riguardano
anche aspetti di natura gestionale delle imprese e sono da subito
efficaci. In tal senso, l'impresa che gestisce sistemi di distribuzione di
energia elettrica o del gas con più di 100 mila clienti vede potenziati gli
obblighi di separazione funzionale - cioè di separazione amministrativa
delle diverse attività del gruppo - prevedendo, oltre all'obbligo di
nomina del gestore indipendente, anche l'obbligo di nomina di un
responsabile della conformità e di predisposizione ed invio all'Autorità
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Studio Legale Trombetta
del programma di adempimenti con relativa revisione annuale. Tale
delibera promuove finalmente nel mercato dell'energia più trasparenza
e più concorrenza a tutto vantaggio dei consumatori con le imprese del
settore. Le attività di distribuzione di energia elettrica e gas
rappresentano una parte importante e tuttavia nascosta della filiera,
perché sono in un certo senso i responsabili della contabilizzazione dei
consumi e se questi dati non sono trasferiti correttamente ai venditori,
questi sono costretti a fatturare su stime, creando dei disservizi ai
clienti.
Delle contiguità con alcune società di vendita piuttosto che con altre
potrebbero ad esempio determinare delle disparità nella tempestiva
trasmissione dei dati con conseguente danno per la concorrenza tra
venditori.
Inoltre, proprio perché distribuiscono e misurano la
commodity dispongono dei carichi di consumo dei clienti, informazione
molto preziosa per le società di vendita. Queste due circostanze
rappresentano le principali anche se non esclusive ragioni per cui le
direttive comunitarie in maniera via via più incisiva hanno stabilito che
occorra esserci separazione tra le attività di distribuzione e vendita e
che questa separazione debba estendersi anche alle denominazioni
per evitare confusione nei clienti finali. Pertanto alla luce dell'excursus
normativo seguito si evince che non solo la delibera adottata
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Studio Legale Trombetta
dall'autorità è legittima e immune da vizi, ma che è stata adottata in
attuazione di direttive europee già presenti.
Il divieto di confusione del marchio tra distribuzione e vendita era già
vigente dal 2011 , anno di entrata in vigore delle citate direttive
comunitarie e del d.lgs. n. 93/11 – non era rispettato dagli operatori del
settore, l’Autorità ha ritenuto di dover avviare un procedimento per
l’adozione delle misure di regolazione necessarie a declinarne in modo
più dettagliato i contenuti. A riprova di ciò è opportuno sottolineare che
la Commissione Europea ha avviato nei confronti dell'Italia una
procedura di infrazione sul non corretto recepimento delle direttive del
Terzo Pacchetto (procedura n. 2014/2286), ivi compresa la mancata
applicazione della disciplina europea in materia di separazione del
marchio tra distribuzione e vendita.
2 - Sui motivi del ricorso R.G.2137/2015 avverso delibera 296/2015
di Enel Energia s.p.a. ed Enel s.p.a
Enel Energia S.p.a. ed Enel s.p.a. hanno fondato il ricorso avverso la
citata delibera su 6 motivi, i quali devono considerarsi privi di
fondamento alla luce dei seguenti presupposti:
1.) Con il primo motivo le ricorrenti sostengono che sussista un difetto
di attribuzione all'AEEGSI, in quanto non sarebbe titolare di un potere
di regolazione, ma solo di poteri di controllo e vigilanza ed avrebbe
pertanto adottato la delibera, senza averne il potere.
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Studio Legale Trombetta
Il decreto legislativo del 2011 che ha recepito le direttive del terzo
pacchetto, ha attribuito con diversi articoli, all'autorità un compito di
vigilanza, che di certo, come sostenuto dalle ricorrenti non è un mero
potere di controllo.
L'art. 41 afferma testualmente che "Nel caso in cui una stessa societa'
eserciti attivita' di vendita al mercato libero e al mercato tutelato,
l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti
necessari affinche' la stessa societa' non possa trarre vantaggio
competitivo sia nei confronti dei clienti finali sia sotto il profilo delle
valutazioni che la stessa Autorita'effettua in materia di qualita' del
servizio, rispetto ad un assetto societario in cui le due attivita' siano
attribuite a societa'distinte appartenenti ad uno stesso gruppo".
L'Autorita' per l'energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle
disposizioni di cui al presente comma."
L'art. 42 afferma che "Nel quadro dei compiti e delle funzioni attribuiti
dalla vigente normativa, l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas adotta
tutte le misure ragionevoli e idonee al perseguimento delle seguenti
finalita', che integrano quelle previste dalla legge 14 novembre1995, n.
481 (...)", finalità tra le quali compaiono sia la promozione della
concorrenza e sia la garanzia del consumatore.
L'art. 43 stabilisce che l’Autorità ha il compito di “garantire
l’adempimento da parte dei gestori (...) dei sistemi di distribuzione degli
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Studio Legale Trombetta
obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (...)”, tra cui
rientra proprio il divieto di confusione tra attività di distribuzione e
vendita.
Un simile compito di derivazione comunitaria (articolo 37,
comma 1, lettera b) della direttiva 2009/72/CE) presuppone un potere
di regolazione in assenza del quale l’Autorità non potrebbe agire in
maniera effettiva ed efficace. Da ciò si evince che il legislatore
nazionale nel recepire le direttive comunitarie ha inteso conferire detto
potere di regolazione all'AEEGSI al fine di garantire la concorrenza nei
mercati ed i principi di trasparenza per la tutela del consumatore.
Qualsiasi interpretazione da parte delle ricorrenti sulla mancanza del
potere di attribuzione in capo alla AEEGSI è priva di qualsiasi
fondamento giuridico.
2.) Con il secondo motivo, le ricorrenti sostengono che la delibera
dell'AEEGSI sarebbe stata adottata in violazione dell'art. 1 del Primo
protocollo addizionale CEDU, sempre sul presupposto, come già
esplicitato nel primo motivo di mancanza di potere di regolazione.
Detto motivo, assorbente del precedente, non può prendersi in
considerazione, posto che la disamina sul potere di regolazione
attribuito dall'AEEGSI è già stato esplicitato in precedenza. Ad
abundantiam si ribadisce che sia il legislatore comunitario che quello
nazionale, hanno fornito l'autorità dei poteri necessari affinchè la
stessa potesse operare la separazione funzionale tra vendita e
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Studio Legale Trombetta
distribuzione ai fini della corretta concorrenza sul mercato energetico.
Potere esplicitato, e confermato dalle precedenti direttive comunitarie,
con la delibera adottata 296/2015.
3.) Con il terzo motivo ed il quarto motivo le ricorrenti invocano la
violazione della direttiva europea 2009/73, violazione dell'art.41
d.lgs.93/2011 e la contraddittorietà della delibera 296/2015, in quanto
sostengono che gli obblighi adottati dalla stessa siano "ultronei ed
avulsi dalla finalità perseguita dal diritto comunitario" e rappresentino
una misura grave e radicale. Il legislatore comunitario all’articolo 26
della già citata direttiva ha posto, per i gestori dei sistemi di
distribuzione, un obbligo di separazione della politica di comunicazione
e del marchio rispetto all’attività di vendita. La disposizione in parola,
infatti, ha attribuito il compito agli Stati membri di provvedere affinché le
attività del gestore del sistema di distribuzione che fa parte di
un’impresa verticalmente integrata, vengano controllate dalle autorità di
regolamentazione o altri organi competenti in modo che esso non
possa trarre vantaggio dalla sua integrazione verticale per falsare la
concorrenza. In particolare, “ai gestori di sistemi di distribuzione
verticalmente integrati è fatto divieto di creare confusione, nella loro
politica di comunicazione e di marchio, circa l’identità distinta del ramo
«fornitura» dell’impresa verticalmente integrata”. Tali norme sono state
recepite nell’ordinamento con il più volte citato decreto legislativo. .
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Studio Legale Trombetta
Al fine di dare attuazione alle citate disposizioni del legislatore
comunitario, l’Autorità, con la deliberazione ARG/com 115/11, ha
integrato il procedimento avviato con la deliberazione ARG/com 133/10
con cui ha recepito le nuove disposizioni introdotte dal d.lgs n. 93/11 in
materia di separazione dei gestori dei sistemi di trasporto del gas
naturale
e
di
trasmissione
dell'energia
elettrica,
prevedendo
contestualmente che il medesimo procedimento fosse finalizzato anche
all’adozione dei provvedimenti necessari all’adeguamento del TIU (cd.
Testo integrato unbundling – Allegato A alla deliberazione del 18
gennaio 2007, n. 11/07) in materia di separazione funzionale al
novellato quadro normativo.
Nell’ambito di tale procedimento, l’Autorità ha pubblicato il documento
per la consultazione 346/2014/R/com, con cui ha illustrato i primi
orientamenti in materia di riforma degli obblighi di separazione
funzionale per gli esercenti del settore dell’energia elettrica e del gas.
Segnatamente, in tale documento è stato prospettato:
- l’obbligo di completa separazione del marchio e delle relative politiche
di comunicazione tra l’attività di distribuzione e quella di vendita
dell’impresa verticalmente integrata e, in coerenza con il dettato
dell’articolo 41 del d.lgs. n. 93/11, il divieto per gli esercenti di creare
confusione nelle loro politiche di comunicazione e di marchio tra
l’attività di vendita ai clienti del mercato libero e quelli riforniti
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Studio Legale Trombetta
nell’ambito del servizio di maggior tutela, ciò indipendentemente dalla
separazione societaria di tali attività; in tale quadro, l’Autorità ha
previsto che solo uno tra i soggetti sopra citati possa eventualmente
continuare a utilizzare il marchio storico, con scelta volontaria;
- il divieto per il gestore del sistema di distribuzione di adoperare non
soltanto lo stesso marchio dell’impresa di vendita appartenente al
medesimo gruppo societario, ma anche qualunque altro segno
distintivo che contenga elementi visivi, fonetici e concettuali idonei a
creare
un’associazione
con
il
ramo
di
vendita
dell’impresa
verticalmente integrata, in maniera analoga a quanto previsto
all’articolo 10 dell’Allegato A della deliberazione 153/11 per i gestori di
trasporto indipendenti.
L’Autorità, in altre parole, esercitando il potere ad essa attribuito
dall’articolo 41 del d.lgs. n. 93/11, altro non ha fatto che imporre
l’obbligo di dare attuazione al divieto di creare confusione nelle
politiche di comunicazione e di marchio tra l’attività di vendita ai clienti
del mercato libero e quelli riforniti nell’ambito del servizio di maggior
tutela, con modalità e tempistiche analoghe a quelle prescritte ai
gestori
dei
sistemi
di
distribuzione
appartenenti
a
imprese
verticalmente integrate di cui all’articolo 38 del medesimo decreto.
4.) Con il quinto motivo le ricorrenti invocano la violazione del principio
di ragionevolezza e proporzionalità dell'art. 17 Allegato A alla delibera
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Studio Legale Trombetta
impugnata, in quanto sostengono, ancora una volta come le misure
adottate siano gravose per il presunto "pregiudizio" e "sacrificio" che
subirebbero dall'applicazione della delibera. Si precisa che le misure
contestate sono state adottate per tutelare l'interesse dei consumatori,
sia a livello nazionale che comunitario. Il pregiudizio lamentato dalle
ricorrenti, in realtà non ha ragion d'essere, in quanto le operazioni di
adeguamento connesse agli obblighi imposti di separazione funzionale,
avrebbero dovuto cominciare dal 2009, secondo il legislatore
comunitario o dal 2011 secondo il legislatore nazionale, ma è evidente
che ciò non è avvenuto. Quindi la delibera impugnata dalle ricorrenti
non rappresenta un quid novis rispetto alla normativa precedente, ma
un rafforzamento e una conferma di ciò che doveva essere fatto, cioè
la separazione tra distributore e vendita. La delibera ha inoltre fissato
una tempistica ben precisa ritenendo “che le imprese pongano in
essere gli interventi necessari all’assolvimento degli obblighi di
separazione del marchio, degli altri elementi distintivi di impresa e delle
politiche di comunicazione entro un arco temporale massimo di 12
mesi; tale termine appare comunque ragionevole ed equilibrato con
riferimento, da un lato, all’attuale stato di inadempimento degli obblighi
di legge, dall’altro lato, al fatto che si tratta comunque di un ritardo non
lieve (essendo gli obblighi in vigore dal 2011) da parte di operatori
professionali
che,
pertanto,
sono
responsabili
del
tempestivo
19
Studio Legale Trombetta
adempimento
e
devono
farsi
carico
delle
necessarie
azioni
conseguenti”.
Ed inoltre, con riferimento al secondo termine che “le imprese pongano
in essere gli interventi necessari all’assolvimento degli obblighi di
separazione delle attività commerciali e di interfaccia con i clienti finali,
tramite l’utilizzo di canali informativi, di spazi fisici e di personale
distinti, entro un arco temporale massimo di circa 18 mesi, termine che
appare ragionevole ed equilibrato alla luce degli interventi di natura
tecnico-operativa che le imprese dovranno effettuare per assolvere ai
citati obblighi”.
Le ricorrenti lamentano, oltre la difficoltà di separazione funzionale,
sostengono un presunto pregiudizio sia nella modifica della loro
presenza sul territorio e sia nella modifica del marchio distintivo. Il
Gruppo Enel tra l'altro ha già separato le attività mediante la
costituzione di due società che svolgono vendita al mercato libero e
servizio di maggior tutela, che creano comunque confusione nel
consumatore Di fatto, questa confusione fornisce un enorme potere di
marketing e turba la concorrenza nel mercato della vendita di elettricità.
L'41 del d.lgs. 93 mira proprio a scongiurare che possa verificarsi la
confusione a danno della concorrenza e del cliente finale. Al primo
comma recita che "Le politiche di comunicazione e di marchio relative
all'attivita' di vendita ai clienti del mercato libero ovvero ai clienti riforniti
20
Studio Legale Trombetta
nell'ambito del servizio di maggior tutela di cui all'articolo 1, comma 2,
del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 2007, n. 125, non devono creare confusione tra i
rami d'azienda ovvero tra le societa' che svolgono le suddette attivita'.
Le informazioni concernenti ciascuna attivita', che potrebbero essere
commercialmente
vantaggiose,
sono
divulgate
in
modo
non
discriminatorio. Nel caso in cui una stessa societa' eserciti attivita' di
vendita al mercato libero e al mercato tutelato, l'Autorita' per l'energia
elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari affinche' la stessa
societa' non possa trarre vantaggio competitivo sia nei confronti dei
clienti finali sia sotto il profilo delle valutazioni che la stessa
Autorita'effettua in materia di qualita' del servizio, rispetto ad un assetto
societario in cui le due attivita' siano attribuite a societa'distinte
appartenenti ad uno stesso gruppo. L'Autorita' per l'energia elettrica e il
gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma".
5.) Con il sesto motivo le ricorrenti sostengono che la delibera sarebbe
contraria alla direttiva 2009/73, sempre sul presupposto che l'autorità
abbia adottato un regime di separazione più severo rispetto al
legislatore comunitario. Anche questo motivo, come i precedenti è privo
di
ogni
fondamento,
pedissequamente
la
posto
che
normativa
la
delibera
comunitaria,
ha
recepito
senza
alterare
21
Studio Legale Trombetta
minimamente la sostanza, al fine di garantire la trasparenza e
l'equilibrio nel mercato energetico.
Alla luce delle suesposte considerazioni devono considerarsi infondati i
motivi di ricorso proposti da Enel Energia s.p.a. e Enel s.p.a.
3. Sull'intervento ad opponendum
La
CNA
e
la
Confartigianato
rappresentano
piccole
imprese
consumatrici di energia, hanno un interesse generale che la
concorrenza in tali mercati sia pienamente funzionante per l'effetto
virtuoso che un mercato competitivo produce sui loro costi energetici
Si precisa che le imprese rappresentate dalle due confederazioni
appartengono alla classe delle basse tensioni altri usi non domestiche
che possono sia scegliere un fornitore sul mercato libero che usufruire
del servizio di maggior tutela. conseguentemente sono coinvolti di tutti
quei fenomeni commerciali che comportano da un lato la confusione tra
attività di distribuzione e attività di vendita e dall'altro tra vendita nel
mercato libero e vendita nel servizio di maggior tutela.
Per accompagnare le imprese associate ai benefici del mercato,
CONFARTIGIANATO ha delle strutture consortili di acquisto di energia
elettrica sul mercato libero ( CAEM, CeNPI) che hanno la finalità di
negoziare le migliori condizioni di fornitura per le imprese aderenti, che
riescono ad essere efficaci solo se il mercato di energia elettrica e gas
è aperto competitivo e libero da rendite di posizione ;
22
Studio Legale Trombetta
Inoltre sia Confartigianato che CNA, rappresentano un settore
importante di installatori di impianti , che operano in un mercato a valle
della vendita di energia elettrica e gas ( servizi post contatore), e che
subiscono la concorrenza dei ricorrenti i quali offrono oltre alla vendita
di energia elettrica e gas anche servizi post-contatore , beneficiando
sia la pervasività dell'uso del brand dovuto alla confusione tra
distribuzione e vendita che della possibilità di usufruire di vantaggi
connessi alla vendita di energia elettrica, come la rateizzazione in
bolletta dei servizi offerti ( istallazione caldaie, led etc)
E’ di tutta evidenza che la possibilità di offrire il pagamento rateizzato in
bolletta unito ad una confusione sui marchi, crei degli svantaggi
competitivi in danno degli artigiani che si stanno estendendo al
contiguo mercato dei servizi per l’efficienza energetica. In secondo
luogo, per promuovere un’effettiva apertura del mercato elettrico nel
quale l’uso dei marchi degli operatori integrati è tutt’ora idoneo ad
orientare in proprio favore le scelte dei consumatori. In terzo ed ultimo
luogo, per coerenza con il posizionamento di RETE IMPRESE ITALIA
sul DDL Concorrenza in cui è stata posta la realizzazione del brand
unbundling come una delle condizioni per il superamento delle tutele di
prezzo nel 2018.
Ciò premesso la deliberazione adottata da AEEGSI è pienamente
legittima, in base ai motivi già esposti, e va confermata in questa sede
23
Studio Legale Trombetta
al fine di garantire la piena tutela della concorrenza tra gli operatori
presenti nel mercato energetico, di fatto rimuovendo ogni confusione
che possa ingenerarsi nel cliente finale.
4.) Sulla concorrenza
Il mercato al dettaglio di energia elettrica e gas in Italia presenta delle
difficoltà come ricordato da ultimo la relazione sul Paese Italia della
Commissione Europea 2015 , secondo la quale "i prezzi al dettaglio
sono più alti della media Ue a fronte di una qualità più bassa".
Dalla suddetta relazione sul monitoraggio del mercato 2015, infatti
emerge che "secondo la valutazione degli utenti il mercato del servizio
di fornitura di gas si colloca al terz'ultimo posto, e il mercato
dell'energia elettrica si colloca invece al sett'ultimo posto nella
graduatoria Ue"
Il dato riportato dalla commissione è confermato dalle tabelle sulle
quote di tabella sulle quote di mercato Libero anni 2012-2013-2014,
contenuta nel Documento di consultazione AEEGESI 75/2016
del
25/02/2016.
Nella stessa tabella si rileva l'elevato "livello di concentrazione
esistente nel mercato italiano, ossia l'operatore principale - che è Enel
Energia s.p.a.- detiene nel mercato libero una quota estremamente
significativa: circa il 50% del segmento domestico e circa il 38% dei
clienti BT altri usi" .
24
Studio Legale Trombetta
Tale dato è suggestivo dell'effetto che la confusione che politiche di
comunicazione e segni distintivi dell'attività di distribuzione con le
attività di vendita verticalmente integrate determinano l'assetto di
mercato che l'assenza di regole che impediscano la confusione tra
politiche di comunicazione e segni distintivi. Inoltre il medesimo
documento di consultazione alla Tabella 2 evidenzia che i gruppi attivi
sia in maggior tutela che su libero, nel 2014 detenevano il 78% dei
clienti domestici ed il 49% dei clienti non domestici delle BT e altri usi e
tale dato è indicativo della capacità di concentrazione del mercato
esercitata dai gruppi che operano sia sul libero mercato che sulla
maggior tutela, in assenza di norme che li distinguano chiaramente.
Ciò premesso è opportuno che venga dato seguito alla delibera
296/2015, al fine di rendere il mercato energetico concorrenziale e
ispirato a principi di trasparenza.
P.Q.M.
Voglia l'adito TAR Lombardia dichiarare ammissibile lo spiegato atto ad
opponendum, nonchè rigettare il ricorso R.G. 2137/2015 proposto da
Enel Energia s.p.a. e da Enel s.p.a - per l'annullamento in parte quo
previa sospensiva della deliberazione dell'AEEGSI n. 296 del 22
giugno 2015 recante "Disposizioni in merito agli obblighi di separazione
funzionale (unbundling) per i settori dell'energia elettrica e del gas"
pubblicata sul sito www.autorità.energia.it in data 23 giugno 2015 e del
25
Studio Legale Trombetta
relativo Allegato A, recante il "Testo integrato delle disposizioni
dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico in merito
agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese
operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas (TIU)"
in quanto
infondato nel merito come riportato nei suesposti motivi
Con vittoria di spese competenze ed onorari di giudizio.
Ai fini fiscali si dichiara che il valore della causa è indeterminabile, ma
che il presente atto, trattandosi di un intervento ex art. 50 c.p.a. è
esente dal versamento del contributo unificato.
Roma, 24/03/2016
Avv.to Anna Rita Trombetta
26
Studio Legale Trombetta
RELATA DI NOTIFICA ex art 7 L. 21/01/94 n. 53
27
CRON. N.11 /2016
Io sottoscritta Avv.to Anna Rita Trombetta con studio in Roma, Circ.ne Clodia 5,
previa autorizzazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma n. 271/2009
del 09/04/2009 per conto della Confederazione Nazionale dell’artigianato e della
piccola e media impresa della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle
Imprese (come da delega in calce al presente atto) , ho notificato l’atto di cui sopra
(ricorso ad opponendum) a:
1. Enel Energia s.p.a ed Enel s.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Guido
Greco, Manuela Muscardini, Luca Griselli e Gherardo Carullo, elettivamente
domiciliate presso lo studio degli Avv.ti Greco e Muscardini, P.le Lavater 5 (20129)
a mezzo del servizio postale con raccomandata n.76714457191-7
2. l'Autorità per l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico e difeso ex lege
dall’Avvocatura di Stato, Avvocato Andrea Michele Caridi, elettivamente domiciliata
in Via Freguglia 1 Milano (20122) a mezzo del servizio postale con raccomandata
n.76714457192-8
spedite dall’Ufficio Postale di Roma
Roma, 25/03/2016
Avv.to Anna Rita Trombetta
N. 01388/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02137/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2137 del 2015, proposto da:
- Enel Energia S.p.A. ed Enel S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore,
rappresentate e difese dagli Avv.ti Guido Greco, Manuela Muscardini, Gherardo Carullo e Luca
Griselli ed elettivamente domiciliate presso lo studio dei primi due in Milano, Piazzale Lavater n. 5;
contro
- l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata
presso la sede della stessa in Milano, Via Freguglia n. 1;
nei confronti di
- E.On Italia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
- A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Fabio Francario e Dario De Blasi ed
elettivamente domiciliata in Milano, Corso Matteotti n. 1/A, presso la sede di Utopia Lab;
- Energia Concorrente, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa
dagli Avv.ti Claudia Sarrocco e Fabio Todarello ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli
stessi in Milano, Piazza Velasca n. 4;
- Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e
Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dall’Avv. Anna Rita Trombetta ed elettivamente
domiciliate in Milano, Via Tamagno n. 7, presso lo studio dell’Avv. Paolo Marco Caporale;
per l’annullamento
- in parte qua, della deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com recante
“Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori
dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 23 giugno 2015 e
del relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia
Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale
per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas (TIUF)”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema
Idrico;
Visti gli interventi ad opponendum di A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e
Trader, di Energia Concorrente, della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e
Media Impresa – Confartigianato – e della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle
Imprese – C.N.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 14 aprile 2016, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 21 settembre 2015 e depositato il 28 settembre successivo, le
ricorrenti hanno impugnato, in parte qua, la deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n.
296/2015/R/Com recante “Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale
(unbundling) per i settori dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it
in data 23 giugno 2015 e il relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni
dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di
separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del
gas (TIUF)”.
La ricorrente Enel Energia S.p.A. è un fornitore di energia elettrica nel mercato libero ed è
verticalmente integrata nel gruppo Enel S.p.A., che pure ha assunto la veste di ricorrente nella
presente sede. Con la delibera del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com l’Autorità per l’Energia
Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico ha imposto, tra l’altro, l’obbligo di separazione del marchio e
delle politiche di comunicazione, attraverso la dismissione dei segni distintivi dell’impresa da parte
della società di distribuzione di energia elettrica, ovvero delle società esercenti la vendita, laddove
esse facciano parte del medesimo gruppo o siano comunque verticalmente integrate (artt. 17.1, 17.2,
17.3 e 17.7 Allegato A alla deliberazione). In particolare è stato previsto che le politiche di
comunicazione, la denominazione sociale, il marchio, la ditta, l’insegna e ogni altro elemento
distintivo dell’impresa di distribuzione di energia elettrica debbano essere in uso esclusivo alla
stessa e non debbano contenere alcun elemento di tipo testuale o grafico che possa essere in alcun
modo ricollegato alle attività di vendita di energia elettrica svolte dall’impresa verticalmente
integrata o dalle altre imprese del gruppo societario di appartenenza di questa, tali da ingenerare
confusione per il pubblico (art. 17.2 e, con riferimento alle imprese che svolgono attività di vendita
nei mercati al dettaglio, 17.7, allegato A alla deliberazione). Nel caso specifico le ricorrenti devono
procedere anche alla separazione dei rispettivi canali informativi, degli spazi fisici e del personale
(artt. 17.6 e 17.9), con un rilevante impatto sotto il profilo strutturale, organizzativo, economico e di
immagine di tutta l’operazione.
Assumendo l’illegittimità della deliberazione e la sua lesività, nelle parti in precedenza illustrate, le
ricorrenti hanno proposto ricorso, eccependo in primo luogo il difetto di attribuzione e/o carenza di
potere, la violazione dell’art. 26, comma 3, della Direttiva 2009/72/CE e la violazione per falsa
applicazione degli artt. 39, 41, 43 e 45 del D. Lgs. n. 93 del 2011; la disciplina contenuta nella
delibera impugnata, con riguardo agli obblighi di separazione del marchio e delle politiche di
comunicazione per le imprese verticalmente integrate, sarebbe priva di fondamento normativo,
come ribadito anche dal legislatore nazionale in sede di recepimento della normativa comunitaria,
laddove avrebbe affidato all’Autorità soltanto poteri di vigilanza e non già di regolazione.
Con una successiva censura su assume la violazione dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la
violazione degli artt. 23, 41, 42 e 97 Cost. e dell’art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea; l’assenza di un qualsivoglia potere regolatorio in capo all’Autorità in subiecta
materia non potrebbe essere fronteggiata con il ricorso ai poteri impliciti, soprattutto laddove
vengano compressi o fortemente limitati diritti protetti da fonti di rango costituzionale, comunitario
e convenzionale, quali quelli riguardanti l’esercizio della libertà di impresa e la titolarità di beni
immateriali (marchio o altri segni distintivi).
Con la terza doglianza si deduce la violazione della direttiva 2009/72/CE (artt. 2 e 26), del D. Lgs.
n. 79 del 1999 (art. 25 septies), del D. Lgs. n. 93 del 2011 (artt. 34, 38 e 41), dell’art. 41 Cost. e
dell’art. 2497 bis del cod. civ., la contraddittorietà intrinseca della deliberazione, lo sviamento di
potere e la violazione del principio di proporzionalità; la disciplina della c.d. separazione funzionale
(unbundling) sarebbe finalizzata a consentire alle imprese verticalmente integrate di proseguire la
propria attività con pienezza dei propri diritti e in modo del tutto trasparente, sia pure garantendo
l’indipendenza del gestore del sistema di distribuzione dalle attività non connesse alla distribuzione
medesima; in senso contrario, la disciplina di cui all’art. 17 dell’allegato A alla deliberazione
296/2015, si prefiggerebbe sostanzialmente l’obiettivo di vietare in maniera assoluta l’impresa
verticalmente integrata nel settore elettrico.
Con la quarta doglianza si deduce la violazione dell’art. 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011 e della
Direttiva europea 2009/72/CE; l’art. 41 citato si limiterebbe a vietare la confusione nelle politiche
di comunicazione e di marchio delle aziende verticalmente integrate che svolgano attività nei
mercati al dettaglio, non prevedendo alcun divieto di utilizzo del proprio marchio storico, mentre le
disposizioni censurate nella presente sede impongono la dismissione del marchio e la separazione
fisica degli spazi, del personale e dei canali informativi delle imprese che, verticalmente integrate,
svolgano attività di vendita e distribuzione.
Con la quinta doglianza si deducono l’eccesso di potere per violazione del principio di
proporzionalità, irragionevolezza illogicità e discriminazione e lo sviamento di potere; le misure
adottate dall’Autorità sarebbero manifestamente sproporzionate ed irragionevoli, non essendo
necessarie e apparendo inutilmente gravose per le imprese del settore; inoltre sarebbe palesemente
discriminatorio aver imposto misure più stringenti per le imprese di vendita che operano attraverso
società separate, rispetto a quelle imposte alle imprese singole che svolgano attività di vendita in
due mercati al dettaglio (cfr. art. 17.8 dell’Allegato A alla deliberazione impugnata).
Infine si eccepisce la violazione delle norme Europee in tema di libera circolazione, artt. 49 e 56
TFUE; con l’adozione di misure che non trovano alcun referente nelle disposizioni in tema di
unbundling prescritte dal legislatore europeo, l’Autorità avrebbe dato origine nel solo territorio
italiano ad un regime concorrenziale difforme (e più restrittivo) di quello vigente nel resto del
mercato europeo, in evidente conflitto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2009/72/CE.
In via subordinata vengono dedotti la violazione sotto altri profili degli artt. 26 della Direttiva
2009/72/CE e 39 e 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011, la violazione della normativa nazionale ed
europea in tema di marchi e segni distintivi (art. 7 del D. Lgs. n. 30 del 2005, art. 4, par. 1, del Reg.
CE 207/2009, artt. 2563 e ss. c.c.), l’eccesso di potere per contraddittorietà e la violazione della
normativa in materia di gruppi societari (art. 2497 bis c.c.); la determinazione impugnata avrebbe
illegittimamente parificato al marchio gli altri segni distintivi, quali la ditta, l’insegna e la
denominazione sociale, dotati di proprie autonome caratteristiche e finalità, estranee a quelle del
marchio e, dunque, in contrasto con quanto la Direttiva avrebbe inteso prendere in considerazione.
Si è costituita in giudizio l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, che ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Sono intervenuti ad opponendum A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e
Trader, Energia Concorrente, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media
Impresa – Confartigianato – e la Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese –
C.N.A., che hanno chiesto il rigetto del ricorso.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato
memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 14 aprile 2016, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è
stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Con la prima e seconda censura, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si assume
l’illegittimità dell’imposizione dell’obbligo di separazione del marchio e delle politiche di
comunicazione per le imprese verticalmente integrate, attesa l’assenza di un fondamento normativo
a supporto del potere esercitato dall’Autorità, come ribadito anche dal legislatore nazionale in sede
di recepimento della normativa comunitaria, laddove avrebbe affidato all’Autorità soltanto poteri di
vigilanza e non già di regolazione; a ciò non potrebbe sopperirsi ricorrendo ai poteri impliciti, avuto
riguardo al coinvolgimento di diritti protetti da fonti di rango costituzionale, comunitario e
convenzionale, quali quelli riguardanti l’esercizio della libertà di impresa e la titolarità di beni
immateriali (marchio o altri segni distintivi).
2.1. Le censure sono infondate.
Con riguardo al mercato dell’energia elettrica l’art. 38, comma 2, del D. Lgs. n. 93 del 2011, di
attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il
mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla
trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, stabilisce che
“nel caso di gestore del sistema di distribuzione facente parte di un’impresa verticalmente integrata,
lo stesso gestore non può trarre vantaggio dall’integrazione verticale per alterare la concorrenza e a
tal fine: a) le politiche di comunicazione e di marchio non devono creare confusione in relazione al
ramo di azienda responsabile della fornitura di energia elettrica; b) le informazioni concernenti le
proprie attività, che potrebbero essere commercialmente vantaggiose, sono divulgate in modo non
discriminatorio. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui
al presente comma”.
Tale previsione ricalca quella di cui all’art. 26, paragrafo 3, della Direttiva 2009/72/CE (relativa a
norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), che ha una formulazione identica a
quella del corrispondente art. 26, paragrafo 3, della Direttiva 2009/73/CE (relativa a norme comuni
per il mercato interno del gas naturale).
Con riguardo ai compiti dell’Autorità, l’art. 41 (“mercati al dettaglio”) del D. Lgs. n. 93 del 2011 ha
previsto che “nel caso in cui una stessa società eserciti attività di vendita al mercato libero e al
mercato tutelato, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari affinché
la stessa società non possa trarre vantaggio competitivo sia nei confronti dei clienti finali sia sotto il
profilo delle valutazioni che la stessa Autorità effettua in materia di qualità del servizio, rispetto ad
un assetto societario in cui le due attività siano attribuite a società distinte appartenenti ad uno
stesso gruppo. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al
presente comma”.
Le norme sopra riportate sono certamente idonee a fornire una solida base normativa all’art. 17
dell’Allegato A alla deliberazione n. 296/2015 (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n.
815); inoltre non possono essere trascurati i principi ricavabili dalla giurisprudenza comunitaria,
quali la circostanza che “la valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza
visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai
marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi
medesimi” (cfr. Corte di Giustizia, 22 settembre 1999, n. C-342/97: statuizione pressoché identica
al disposto di cui all’art. 17.3 della deliberazione impugnata) e, soprattutto, al paventato “rischio di
confusione”, che secondo l’orientamento del Giudice comunitario “presuppone un’identità o una
somiglianza tra i prodotti o i servizi designati” (cfr. Corte di Giustizia, 29 settembre 1998, n. C39/97).
L’interrelazione tra profili normativi e giurisprudenziali, che traspare nella formulazione (anche
lessicale) della disposizione censurata, risulta preordinata all’effettività del disegno amministrativo,
e ciò in applicazione del consolidato principio del c.d. “effetto utile” delle direttive comunitarie,
puntualmente disciplinato dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea, secondo cui “gli Stati membri
adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli
obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione”.
È noto, infatti, che il mancato recepimento, o il non corretto recepimento, degli atti comunitari
costituisce un motivo di legittimazione della Commissione europea a dare corso ad una procedura di
infrazione (art. 258 e seguenti TFUE) nei confronti dello Stato inadempiente: il che, nel caso che
riguarda l’odierno contendere, è puntualmente accaduto mediante l’avvio della procedura n.
2014/2286 sul non corretto recepimento della Direttiva 2009/72/CE e della Direttiva 2009/73/CE
(c.d. terzo pacchetto energia).
Le direttive del 2009, infatti, hanno evidenziato all’art. 26 la necessità di evitare che il gestore del
sistema di distribuzione possa “trarre vantaggio dalla sua integrazione verticale per falsare la
concorrenza”, perché tale privilegio si tradurrebbe in un rischio di confusione a tutto danno della
clientela.
Con la deliberazione impugnata, quindi, l’Autorità si è proposta di dettare misure concrete,
conformi alla normativa comunitaria e, soprattutto, in grado di realizzare il risultato che tale
normativa ha espressamente individuato (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815).
Tale determinazione rinviene un diretto fondamento nell’art. 43 del D. Lgs. n. 93 del 2011 laddove
si prevede che “l’Autorità per l’energia elettrica e il gas garantisce: (…) c) l’adempimento da parte
dei gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione e, se necessario, dei proprietari dei sistemi,
nonché di qualsiasi impresa elettrica o di gas naturale, degli obblighi derivanti dalle direttive
2009/72/CE e 2009/73/CE, dei Regolamenti 713/2009/CE, 714/2009/CE e 715/2009/CE, nonché da
altre disposizioni della normativa comunitaria, ivi comprese quelle in materia di questioni
transfrontaliere” (comma 2), “vigila (…) sull’applicazione delle norme che disciplinano funzioni e
responsabilità dei gestori dei sistemi di trasmissione, dei gestori dei sistemi di trasporto, dei gestori
dei sistemi di distribuzione, dei fornitori, dei clienti e di altri soggetti partecipanti al mercato ai
sensi del regolamento (CE) n. 714/2009 e del regolamento (CE) n. 715/2009” (comma 3), cioè,
rispettivamente, sul mercato dell’energia elettrica e del gas naturale e, “al fine dell’efficace
svolgimento dei propri compiti, ivi compresi quelli operativi, ispettivi, di vigilanza e monitoraggio,
(…) può effettuare indagini sul funzionamento dei mercati dell’energia elettrica e del gas naturale,
nonché adottare e imporre i provvedimenti opportuni, necessari e proporzionati per promuovere una
concorrenza effettiva e garantire il buon funzionamento dei mercati. In funzione della promozione
della concorrenza, l’Autorità può in particolare adottare misure temporanee di regolazione
asimmetrica” (comma 5).
La base di diritto positivo delineata dalle norme sopra citate ha, quindi, legittimato l’adozione
dell’impugnata deliberazione, con cui:
- si è inteso porre rimedio agli scarsi risultati ottenuti dai precedenti provvedimenti, come la
deliberazione del 26 ottobre 2007, n. 272 in tema di “informazioni corrette e chiare circa le modalità
di erogazione del servizio di fornitura di energia elettrica, comprese le condizioni economiche o i
prezzi di offerta da parte dei soggetti esercenti il servizio di maggior tutela, delle società di vendita
ai clienti del mercato libero e dei soggetti che svolgono tali attività in maniera integrata”;
- si è voluta dare compiutezza alla disciplina sulla separazione amministrativa e contabile di cui alla
deliberazione del 18 gennaio 2007, n. 11 (espressamente richiamata nel preambolo della
deliberazione n. 296/2015), che non aveva affrontato il tema della separazione tra comunicazione e
marchio per la difesa della clientela dal rischio di confusione ingenerato da un’indistinta identità del
ramo “fornitura” dell’impresa verticalmente integrata.
A conferma della concretezza dell’impegno perseguito nella deliberazione impugnata milita il
contenuto del documento di consultazione 77/2015/R/com, nel quale l’Autorità:
a) ha precisato che “l’adempimento da parte dei gestori dei sistemi di distribuzione degli obblighi
derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, tra cui rientra proprio il divieto di confusione tra
attività di distribuzione e vendita (…) presuppone un potere di regolazione in assenza del quale
l’Autorità non può agire in maniera effettiva ed efficace al fine di assicurare l’adempimento degli
obblighi posti in capo ai gestori dei sistemi di distribuzione dal decreto legislativo n. 93/11, i quali
obblighi, pur vigenti dal 2011, non risultano ancora oggi rispettati dalla generalità degli operatori in
maniera soddisfacente”;
b) ha ribadito che “le disposizioni sulla separazione del marchio e delle politiche di comunicazione
si applichino a tutte le imprese di distribuzione di energia elettrica e del gas naturale,
indipendentemente dalla loro dimensione, nonché alle imprese di vendita di energia elettrica, a
partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di pubblicazione del provvedimento finale”.
Alla luce di quanto rilevato, l’attività di regolazione dell’AEEGSI si è indirizzata, conformemente
alla disciplina di cui all’art. 2, comma 5 della legge 481/1995, “al fine di tutelare i clienti finali e di
garantire mercati effettivamente concorrenziali”, e, soprattutto, mediante l’esercizio di competenze
che “ricomprendono tutte le attività della relativa filiera” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile
2016, n. 815).
2.2. Ciò conduce al rigetto delle prime due censure di ricorso.
3. Con la terza, quarta e quinta doglianza, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si assume
che la disciplina della c.d. separazione funzionale (unbundling), di cui all’art. 41 del D. Lgs. n. 93
del 2011, si limiterebbe a vietare la confusione nelle politiche di comunicazione e di marchio delle
aziende verticalmente integrate e sarebbe finalizzata a consentire alle imprese verticalmente
integrate di proseguire la propria attività con pienezza dei propri diritti e in modo del tutto
trasparente, sia pure garantendo l’indipendenza del gestore del sistema di distribuzione dalle attività
non connesse alla distribuzione medesima, mentre la disciplina di cui all’art. 17 dell’allegato A alla
deliberazione 296/2015 si prefiggerebbe sostanzialmente l’obiettivo di vietare, in maniera assoluta,
l’impresa verticalmente integrata nel settore elettrico, unitamente al divieto di utilizzo del marchio
storico.
3.1. Le doglianze sono complessivamente infondate.
La situazione di fatto, come ha puntualmente rappresentato l’Autorità, vede la presenza sul mercato
di ‘Enel Distribuzione che svolge quale società controllata da Enel S.p.A., in virtù di concessione
ministeriale, il servizio di distribuzione dell’energia elettrica tra la rete di trasmissione gestita da
Terna ed i clienti finali; Enel Energia che opera nel settore della fornitura dell’energia elettrica nel
c.d. mercato libero quale società verticalmente integrata del gruppo Enel; Enel Servizio Elettrico
che è la società del gruppo Enel che gestisce il “servizio di maggior tutela” per l’energia elettrica
nelle aree in cui Enel distribuzione esercisce il relativo servizio; A2A Energia che è la società
commerciale del gruppo A2A, gruppo verticalmente integrato, che svolge, sia attività di vendita nel
c.d. mercato libero, sia gestione del servizio di maggior tutela’ (cfr. pag. 8 della memoria
dell’Avvocatura erariale depositata il 12 ottobre 2015).
È noto che con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE si è, inizialmente, provveduto a disciplinare la
c.d. “separazione funzionale”, con specifico riferimento a quella giuridica e societaria, stabilendosi
che la diretta ed esclusiva gestione delle attività connesse al possesso di impianti di rete sia affidata
ad un gestore indipendente, in tal modo dettagliando la disciplina positiva sull’unbundling.
Sul punto, va rilevato che il Consiglio di Stato, definendo le controversie sull’impugnazione della
deliberazione n. 11/2007, ha evidenziato:
1) che “si tratta (…) di un sistema necessitato di iniziativa comunitaria, di cui non soltanto il
risultato da raggiungere appare chiaramente individuato dalle direttive in questione, ma anche le
linee fondamentali degli strumenti per raggiungerlo, onde le relative previsioni producono, e
scontano, un inevitabile effetto derogatorio delle norme di diritto interno le quali, regolando gli
organi e le fasi di attività societaria corrispondenti alla gestione ed alla programmazione dell’attività
di impresa nei settori qui in rilievo [energia elettrica e gas naturale], si trovano ad essere recessive e
cedevoli rispetto al diritto comunitario, secondo il rapporto che normalmente intercorre tra questo
ed il diritto interno, e ciò per il solo fatto che le previsioni delle direttive, sufficientemente chiare e
precise nei loro evidenziati riflessi operativi, siano in vigore per lo scadere del loro termine di
recepimento da parte dello Stato” (sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n. 701);
2) che “la scelta dello Stato italiano di demandare ad un organo tecnicamente qualificato dalla sua
expertise nei settori di mercato rilevanti e dalla sua posizione di indipendenza funzionale, dei
compiti attuativi delle direttive in questione, non impingenti in modo diretto e attuale, ma solo
consequenziale, sulla disciplina civilistica interna, non influisce sulla correttezza del modulo di
adempimento agli obblighi comunitari prescelto nel caso” (cfr. sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n.
701);
3) che, pertanto, ‘lo strumento di regolazione affidata all’Autorità risulta idoneo a produrre la
modificazione dell’ordinamento, se questa, come nel caso, è solo “novativa”, cioè additiva in
funzione di una deroga alla disciplina societaria già prodotta dalle direttive; lo stesso strumento
attuativo, in tale cornice, garantisce “trasparenza e certezza del diritto”, quantomeno in sé
considerato, e costituisce, inoltre, una fonte di norme tale da assicurare il rispetto delle disposizioni
cogenti previste dalle direttive medesime’ (cfr. sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n. 701).
Relativamente alla disciplina contenuta nella deliberazione odiernamente impugnata, si è, inoltre,
previsto che “le attività commerciali relative all’impresa di distribuzione siano svolte tramite
l’utilizzo di canali informativi, di spazi fisici e di personale distinti da quelli relativi all’attività di
vendita dell’energia elettrica o del gas naturale svolti dall’impresa verticalmente integrata o dalle
altre imprese del gruppo societario cui questa appartiene” (art. 17.6) e che anche “le imprese o le
strutture dell’impresa che svolgono l’attività di vendita ai clienti liberi dell’energia elettrica o
l’attività di vendita di energia elettrica ai clienti finali in maggior tutela assicurano che le rispettive
attività commerciali nei confronti dei clienti finali siano svolte tramite l’utilizzo di canali
informativi, di spazi fisici e di personale separati” (art. 17.9).
Ancora una volta viene in evidenza il risultato pratico delle direttive comunitarie, vale a dire la
difesa concreta dei clienti finali dal rischio di confusione tra l’attività di distribuzione e quella di
fornitura e, relativamente a quest’ultima, tra il mercato libero e quello di maggior tutela.
Le ricorrenti, sul punto, hanno censurato la proporzionalità delle misure (la distinzione degli spazi
commerciali e del personale dedicato) che l’Autorità ha, invece, reputato coessenziali al
raggiungimento dell’obiettivo posto dal legislatore europeo.
Ad avviso del Collegio, il giudizio sull’appropriatezza di tali rimedi non può prescindere dal profilo
soggettivo correlato all’individuazione delle caratteristiche dei consumatori cui le attività di Enel si
rivolgono.
Al riguardo, occorre considerare che secondo la normativa comunitaria in materia di marchi
d’impresa, vi è un rischio di confusione per il pubblico quando da una valutazione globale relativa
alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi e dei segni distintivi dell’impresa, il
pubblico sia indotto a ritenere che essi siano ricollegabili alla stessa impresa o ad imprese
economicamente collegate.
Tale assunto è confortato da puntuali pronunce della giurisprudenza comunitaria.
In particolare:
a) la “valutazione globale” è basata “sull’impressione complessiva prodotta dai marchi”, da ciò
conseguendo che “la percezione dei marchi operata dal consumatore medio del tipo di prodotto o
servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di
confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e
non effettua un esame dei suoi singoli elementi” (cfr. Corte di Giustizia UE, 11 novembre 1997, n.
C-251/95; cfr., altresì, id., 29 settembre 1998, n. C-39/97; conforme 6 ottobre 2005, n. C-120/04);
b) “ai fini di questa valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio della categoria di
prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal
senso, sentenza 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657,
punto 31). Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la
possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento
sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in
considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione
della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi” (cfr. Corte di Giustizia, 22 giugno 1999, n. C342/97).
La “nozione di consumatore medio non è statistica”, ha infine statuito la giurisprudenza
comunitaria, specificando altresì che “gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno
esercitare la loro facoltà di giudizio (…) per determinare la reazione tipica del consumatore medio”
(cfr. Corte di Giustizia, 18 ottobre 2012, n. C-428/11).
Piena conferma alla configurazione del rischio di confusione del consumatore medio è, inoltre,
derivata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (I, 26 marzo 2004, n. 6080; id., 25 aprile
2007, n. 14684).
Ulteriore avallo si ricava, infine, dalla lettera di diffida relativa alla procedura di infrazione n.
2014/2286, ove si è precisato che ‘un elemento importante della direttiva 2009/73/CE è il concetto
di cliente vulnerabile. In proposito, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva dispone che: “[...]
ciascuno Stato membro definisce il concetto di cliente vulnerabile che può riferirsi alla povertà
energetica e, fra l’altro, al divieto di interruzione delle forniture a tali clienti in momenti critici.
[…]”. Nella legislazione nazionale una definizione di cliente vulnerabile è fornita sia all’articolo 14,
comma 4, lettera p), della legge comunitaria 2009 sia all’articolo 7, paragrafo 2, del decreto
legislativo n. 93 del 2011. Secondo tali disposizioni sono considerati clienti vulnerabili i clienti
domestici, le utenze relative ad attività di servizio pubblico, nonché i clienti civili e non civili i cui
consumi annuali non superino una certa soglia, per i quali la continuità di approvvigionamento deve
essere garantita anche in momenti critici o in situazioni di emergenza. Questo concetto si riflette
anche nella decisione 280/2013/R/Gas dell’autorità nazionale di regolamentazione’.
Alla luce di quanto illustrato, è consequenziale ritenere che la separazione delle politiche di
comunicazione, rapportata al divieto di confusione dei clienti finali imposta dal D. Lgs. n. 93 del
2011, sostanziata a fini interpretativi dall’applicazione del criterio della “valutazione globale” sulla
percezione del consumatore medio (ben delineata dalla giurisprudenza sopra citata), giustifichino su
un piano di adeguatezza e proporzione le misure relative alla distinzione dei marchi, degli spazi
commerciali e del personale rispettivamente dedicato alle attività di vendita ai clienti liberi
dell’energia elettrica e a quelli finali in maggior tutela.
Il Collegio valuta, cioè, ragionevole la necessità di evitare preventivamente che i clienti che
accedono a un “punto Enel” possano essere indotti in confusione per la presenza di distinte
postazioni che ospitano personale di diverse società del gruppo.
Del resto, con la deliberazione 8 luglio 2010, n. 104, l’Autorità ha approvato il “codice di condotta
commerciale per la vendita di energia elettrica e di gas naturale ai clienti finali”, e ciò per
perseguire “l’obiettivo generale di prevenire quelle condotte pregiudizievoli per i clienti finali che si
sono manifestate successivamente alla liberalizzazione dei mercati energetici, con particolare
riferimento alle pratiche commerciali messe in atto da esercenti la vendita, denotanti in particolare
la carenza di informazioni adeguate per una scelta consapevole e il ricorso ad informazioni inesatte
e/o false, al fine di indurre il cliente finale alla conclusione di un nuovo contratto di fornitura
sfruttando l’inconsapevolezza dello stesso”.
È, quindi, evidente che il profilo della “protezione dei consumatori”, messo criticamente in
evidenza nella comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2014/2286, presupponga
l’adozione di misure semplici e chiaramente percepibili dalla clientela (queste sono, in effetti, quelle
rappresentate dalla distinzione dei marchi, degli spazi commerciali e del personale), funzionali a
garantire il risultato prescritto dalla normativa comunitaria.
Per questo può fondatamente ritenersi che la deliberazione impugnata ha ripristinato la centralità
dell’interesse pubblico della clientela rispetto a quello delle imprese verticalmente integrate, in
sintonia con gli obiettivi della normativa comunitaria e con prescrizioni congrue e immuni da
irragionevolezza (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815).
3.2. Pertanto, anche le predette doglianze sono infondate.
4. Con la sesta censura si assume che l’adozione, da parte dell’Autorità, di misure che non trovano
alcun referente nelle disposizioni in tema di unbundling prescritte dal legislatore europeo avrebbe
dato origine, nel solo territorio italiano, ad un regime concorrenziale difforme (e più restrittivo) di
quello vigente nel resto del mercato europeo, in evidente conflitto con gli obiettivi perseguiti dalla
Direttiva 2009/72/CE.
4.1. La censura è infondata.
Come emergente dalla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea, risultavano
assolutamente inidonee le misure adottate a tutela del consumatore, essendosi rilevato che la
strategia di marchio del gestore del sistema di distribuzione Enel Distribuzione (distribuzione di
marca) e del fornitore Enel Energia (vendita commerciale) non emergeva come sufficientemente
separata.
Pertanto le misure adottate risultano assolutamente congrue e ragionevoli in vista della tutela dei
consumatori medi dal rischio di confusione, tenuto conto che i vari Paesi membri dell’Unione
europea risultavano aver adottato misure diverse e disomogenee per conseguire il risultato previsto
dall’art. 26 delle Direttive del 2009. (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815).
Del resto, la differenziazione si giustifica proprio con riferimento alle peculiarità del mercato
nazionale e alla circostanza che per perseguire gli obiettivi individuati nelle direttive sia necessario
adottare misure idonee ed efficaci.
4.2. Ciò evidenzia l’infondatezza anche della sopra scrutinata censura.
5. Con l’ultima doglianza, proposta in via subordinata, si eccepisce l’illegittima parificazione al
marchio degli altri segni distintivi, quali la ditta, l’insegna e la denominazione sociale, dotati di
proprie autonome caratteristiche e finalità, estranee a quelle del marchio e, dunque, a quelle che la
Direttiva avrebbe inteso prendere in considerazione.
5.1. La doglianza è infondata.
L’equiparazione del trattamento di tutti i segni distintivi dell’impresa al marchio risulta giustificata
dalla necessità di garantire i consumatori medi dal rischio di confusione, visto che anche i segni
distintivi diversi dal marchio costituiscono elementi identificativi di una impresa. Essendo
l’obiettivo quello di assicurare una separazione funzionale dei vari rami di attività, lo stesso deve
essere perseguito ponendo in essere tutte le misure attuative necessarie e non limitandosi ad una
letterale riproduzione di quanto contenuto nella direttiva, che comunque deve essere applicata
dando prevalenza agli obiettivi perseguiti dalla stessa, laddove si profili una possibile inidoneità
delle misure prospettate, se intese nel loro esclusivo significato letterale.
Nel caso de quo, un trattamento differenziato dei vari segni distintivi dell’impresa avrebbe rischiato
di pregiudicare irrimediabilmente l’efficacia delle misure previste a protezione dei consumatori.
5.2. Quindi anche tale censura va respinta.
6. In conclusione, all’infondatezza delle censure del ricorso, segue il rigetto dello stesso.
7. In relazione alla complessità della controversia e della parziale novità delle questioni affrontate,
le spese di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente
pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe proposto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 14 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
Floriana Venera Di Mauro, Referendario
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
IL PRESIDENTE