da Enel Distribuzionea e-distribuzione
Transcript
da Enel Distribuzionea e-distribuzione
CISAL FederEnergia 01/08/2016 A seguito di numerose mail di richiesta (e qualcuna di protesta) da parte di dipendenti di Enel Distribuzione chiariamo che la modifica della ragione sociale da Enel Distribuzione a e-distribuzione è dovuta ad una delibera dell’Autorità per l’energia e il gas in materia di “brand unbundling”. Essa prevede l'obbligo di separazione del marchio tra venditori e distributori di energia dello stesso gruppo societario; non a caso, il cambio di denominazione non riguarda solo Enel Distribuzione: A2A Reti Spa prende il nome di Unareti Spa, Hera Spa si chiamaerà Inrete Distribuzione Energia Spa, Acea Distribuzione Spa assumerà quello di Areti Spa,Agsm Distribuzione Spa cambia in Megareti Spa, ecc..) da Enel Distribuzione a e-distribuzione La delibera dell’Autorità, che ha imposto il cambio di denominazione, oltretutto, è stata impugnata da ENEL presso il TAR Lombardia. In sede giudiziaria, Confartigianato e CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato) si sono costituite a sostegno dell’Autorità (in pratica contro Enel), (vedi atto in allegato del 25/03/2016). Il TAR della Lombardia con la sentenza 1388/2016 dell’11 luglio 2016 (in allegato) ha respinto il ricorso del Gruppo Enel S.p.A. Da notare che la delibera vieta anche l’utilizzo degli stessi spazi fisici per lo svolgimento di attività della Distribuzione e del Mercato, oltre alla separazione degli spazi fisici destinati alla proposta di contratti per il mercato libero da quelli destinati al mercato vincolato. La sentenza del TAR della Lombardia ha, dunque, determinato l’immediato cambio del nome da Enel Distribuzione ad e- Distribuzione. Pertanto nessuna scissione dal Gruppo Enel si presenta all’orizzonte per i lavoratori di Enel Distribuzione! A detta dell’Autorità per l’energia la “separazione del brand” (marchio) agevolerà la concorrenza e la trasparenza nei confronti del cliente finale; staremo a vedere… noi rimaniamo della stessa opinione di una ventina d’anni fa: la privatizzazione, il mercato libero, le liberalizzazioni, la concorrenza, non hanno prodotto e non produrranno un granché di apprezzabilmente buono né per i Cittadini né per i Lavoratori. INFORMATIVA - CISAL - FederEnergia – www.federenergia.org Avv. Anna Rita Trombetta Circ. ne Clodia 5 00195 Roma Tel./fax 06.64525911 [email protected] ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE LOMBARDIA - MILANO R.G.2137/2015 - SEZ.II -REL. DOTT .DE VITA UDIENZA 14.04.2016 ATTO DI INTERVENTO Nell'interesse del sig. Daniele Vaccarino (nato a Castiglione Torinese il 04.03.1952- C.F. VCCDNL52C04C307C) in qualità di Presidente pro tempore della Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, CNA (C.F. 07987330581), con sede legale in Roma Piazza Mariano Armellini 9/A , e nell'interesse del sig. Giorgio Merletti (nato ad Arsago Seprio –VA- il 01.01.1951 –C.F.MRLGRG51S01A441U) in qualità di Presidente pro tempore della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese, CONFARTIGIANATO(C.F. 80429270582), con sede legale in Roma Via San Giovanni in Laterano, rappresentate e difese giuste procure speciali rilasciate su foglio separato che si allegano al presente atto, dall’Avv.to Anna Rita Trombetta (TRMNRT77H63I804X), elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv.to Paolo Marco Caporale, sito in Milano (20154), Via F. Tamagno 7. L'Avv.to Trombetta chiede di ricevere le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di PEC [email protected] e/o al numero di fax 06.54525911 interveniente ad opponendum- Studio Legale Trombetta Contro: Enel Energia spa (06655971007) e (00811720580), rappresentate e difese dagli Avv.ti da Enel spa Guido Greco, Manuela Muscardini, Luca Griselli e Gherardo Carullo elettivamente domiciliate presso lo studio degli Avv.ti Greco e Muscardini, P.le Lavater 5 (20129) Milano; ricorrentiContro: l'Autorità per l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura di Stato; elettivamente domiciliata in Via Freguglia 1 (20122) Milano resistentePER LA CONFERMA della deliberazione dell'AEEGSI n. 296 del 22 giugno 2015 recante "Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell'energia elettrica e del gas" pubblicata sul sito www.autorità.energia.it in data 23 giugno 2015 e del relativo Allegato A, recante il "Testo integrato delle disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas (TIUF)" §§§ 2 Studio Legale Trombetta La CNA, Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa, e la Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese sono espressione della rappresentanza degli imprenditori e delle imprese artigiane e micro, piccole, medie, nonché di tutte le forme del lavoro autonomo, indipendente o cooperativo, di tutti i settori della produzione e dei servizi. Pertanto con il presente atto la CNA e la Confartigianato intendono intervenire ad opponendum, per sostenere le ragioni dell'Autorità per l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico (di seguito definita autorità), in quanto la delibera adottata, impugnata da Enel Energia s.p.a. e da Enel s.p.a risulta legittima e immune da vizi. Per meglio comprendere i presupposti dell'attuale controversia occorre esaminare l'evoluzione normativa della materia. 1.Evoluzione normativa: Il brand unbundling è un tema tanto datato quanto irrisolto che si è posto sin dall’inizio delle liberalizzazioni dei Mercati Energetici . Dopo i primi provvedimenti sul transito del gas, a partire da metà anni novanta furono introdotti i c.d. "pacchetti energia" , ossia gruppi di provvedimenti legislativi (direttive e regolamenti) finalizzati a disciplinare i settori dell'energia e del gas in modo omogeneo a livello europeo. Ogni nuovo pacchetto riprende ed amplia le disposizioni di quelli precedenti in un progressivo avvicinamento ad un ideale mercato 3 Studio Legale Trombetta dell'energia europeo completamente concorrenziale. A livello di Unione europea i mercati del gas e dell'energia elettrica sono oggi regolati dal c.d. "terzo pacchetto di energia", approvato definitivamente il 13 luglio 2009 dal Consiglio e dal Parlamento Europeo Esso si compone di 3 regolamenti e 2 direttive che introducono una serie di accorgimenti volti a facilitare l'effettiva realizzazione di un mercato unico dell'energia che sia concorrenziale . Le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE hanno introdotto importanti novità in materia di obblighi di separazione a carico dei gestori delle infrastrutture essenziali del settore elettrico e del gas naturale, in particolare, per i gestori dei sistemi di trasmissione elettrica e di trasporto del gas naturale. Il presupposto delle novità introdotte dalla normativa europea è che le norme in materia di separazione giuridica e funzionale, di cui alle precedenti direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE non hanno consentito di perseguire efficacemente la terzietà nella gestione delle infrastrutture essenziali per lo sviluppo della concorrenza nei mercati energetici. Sulla base di tale presupposto, le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, per quanto riguarda i gestori dei sistemi di trasmissione elettrica e di trasporto del gas naturale, hanno definito un nuovo regime di unbundling che disciplina tre distinti modelli di separazione delle attività di trasmissione/trasporto dalle attività di generazione/produzione e fornitura: 4 Studio Legale Trombetta a) la separazione proprietaria (cosiddetto modello di ownership unbundling, che comporta l’obbligo del gestore di elidere qualunque legame con le imprese collegate che operano a monte o a valle della filiera); b) l’istituzione di un gestore del sistema di trasmissione/trasporto indipendente (cosiddetto modello ITO, consistente nella separazione societaria tra l’impresa che ha in gestione la rete e l’impresa verticalmente integrata, che può continuare a partecipare al capitale della prima anche con quote di controllo, a condizione però che sia garantita l’autonomia funzionale e decisionale del gestore attraverso misure molto rigorose prescritte dal legislatore europeo): c) l’istituzione di un gestore di sistemi indipendente (cosiddetto modello ISO, consistente nella separazione tra la proprietà e la gestione della rete, l’una in capo all’impresa verticalmente integrata, l’altra in capo al gestore). Come desumibile dalle premesse delle direttive e dalla nota di accompagnamento alle medesime direttive(nota interpretativa della Commissione), i tre modelli di separazione hanno la finalità di garantire l’effettiva separazione delle attività di rete dagli interessi della produzione e della fornitura ed in particolare per le imprese verticalmente integrate, di eliminare il rischio di discriminare i 5 Studio Legale Trombetta possibili concorrenti nell’accesso alla rete o ad informazioni commercialmente sensibili e di creare i giusti incentivi agli investimenti e a garantire l’accesso ai nuovi entranti. Dette direttive hanno previsto che le imprese proprietarie di sistemi di trasmissione dell’energia elettrica o di trasporto del gas naturale esistenti alla data del 3 settembre 2009 e appartenenti ad un’impresa verticalmente integrata, fossero certificate in qualità di gestori dei rispettivi sistemi dall’Autorità di regolamentazione nazionale sulla base della verifica dei requisiti di indipendenza previsti da uno dei tre citati modelli di separazione. In merito alla separazione funzionale per gli altri esercenti nelle attività di rete dei settori dell’energia elettrica e del gas, le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE hanno previsto, senza peraltro mutare il quadro giuridico già introdotto dalle precedenti direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, specifici obblighi aggiuntivi di separazione funzionale ed indipendenza, in particolare, per i gestori dei sistemi di distribuzione di energia elettrica e di gas naturale. Per tali gestori, facenti parte di un’impresa verticalmente integrata, rileva, senza dubbio, la novità relativa all’obbligo di separazione della politica di comunicazione e del marchio rispetto all’attività di vendita. 6 Studio Legale Trombetta In particolare il comma 37.1 lettera b) della direttiva 2009/72/CE e il comma 41.1 lettera b) della direttiva 2009/73/CE, hanno previsto per le autorità di regolazione nazionali il compito di garantire che i gestori dei sistemi di trasmissione, trasporto e distribuzione ottemperino agli obblighi che ad essi incombono a norma delle medesime direttive. I requisiti e gli adempimenti previsti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE per le imprese che intendono agire in qualità di gestori di trasporto del gas naturale o di trasmissione dell’energia elettrica, sono state recepite nel nostro ordinamento per mezzo del d.lgs. 93/2011; il quale ha introdotto, in ossequio a quanto previsto dalla normativa europea, norme specifiche in materia di separazione funzionale per i gestori dei sistemi di stoccaggio del gas naturale e di distribuzione di energia elettrica e di gas naturale. In particolare il Il° comma 43.1 lettera c) del D.lgs. n. 93/11, ha previsto, il ruolo dell’Autorità nel garantire l'adempimento da parte dei gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione e, se necessario, dei proprietari dei sistemi, nonché di qualsiasi impresa elettrica o di gas naturale, degli obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, dei Regolamenti 713/2009/CE, 714/2009/CE e 715/2009/CE, nonché da altre disposizioni della normativa europea. Fondamentale ai fini del recepimento è stato l’articolo 26 della Direttiva 7 Studio Legale Trombetta 2009/72/CE, che ha posto, per i gestori dei sistemi di distribuzione, un obbligo di separazione della politica di comunicazione e del marchio rispetto all’attività di vendita. In particolare afferma che "Inoltre, la separazione giuridica e funzionale dei gestori dei sistemi di distribuzione è stata prevista dalla direttiva 2003/54/CE, soltanto a partire dal 1o luglio 2007 e i suoi effetti sul mercato interno del gas naturale devono ancora essere valutati. Le norme sulla separazione giuridica e funzionale attualmente vigenti sono, pertanto, idonee a creare una separazione effettiva delle attività a condizione che siano più chiaramente definite, che siano attuate correttamente e che la loro osservanza sia strettamente controllata. Per creare condizioni di concorrenza omogenee a livello di vendita al dettaglio è opportuno parimenti impedire ai gestori dei sistemi di distribuzione di approfittare della loro integrazione verticale per favorire la propria posizione concorrenziale sul mercato, specialmente nei confronti dei piccoli clienti civili e non civili". Pertanto ai gestori di sistemi di distribuzione verticalmente integrati è fatto divieto di creare confusione, nella loro politica di comunicazione e di marchio, circa l’identità distinta del ramo «fornitura» dell’impresa verticalmente integrata. 8 Studio Legale Trombetta Tale articolo è stato recepito dall’art.38 del D.Lgs. n.93/2011 che al 1 comma 2 attribuisce un potere di vigilanza all’Autorità che ha successivamente emanato la deliberazione sopra citata dettando precisi obblighi di separazione nell’uso del marchio. L'art. 42 del predetto decreto stabilisce che "(...) l'autorità per l'Energia elettrica ed il gas adotta tutte le misure ragionevoli idonee al perseguimento delle seguenti finalità (...) e provvedere affinchè i clienti beneficino del funzionamento efficiente del mercato nazionale , promuovere una concorrenza effettiva e contribuire a garantire la tutela dei consumatori (...)" L'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, per dare attuazione a dette disposizioni nazionali e comunitarie ha emanato la deliberazione 296/2015, che ex plurimis, stabilisce che il Gestore Indipendente assicura che le politiche di comunicazione, la denominazione sociale, il marchio, la ditta, l’insegna e ogni altro elemento distintivo dell’ impresa di distribuzione siano in uso esclusivo alla stessa e non contengano alcun elemento di tipo testuale o grafico che possa essere in alcun modo ricollegato alle attività di vendita svolte dall’ impresa verticalmente integrata o dalle altre imprese del gruppo societario di 1 Art. 38 c2. Nel caso di gestore del sistema di distribuzione facente parte di un'impresa verticalmente integrata, lo stesso gestore non può trarre vantaggio dall'integrazione verticale per alterare la concorrenza e a tal fine: a) le politiche di comunicazione e di marchio non devono creare confusione in relazione al ramo di azienda responsabile della fornitura di energia elettrica; b) le informazioni concernenti le proprie attività, che potrebbero essere commercialmente vantaggiose, sono divulgate in modo non discriminatorio. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma. 9 Studio Legale Trombetta appartenenza di questa e che possano ingenerare confusione per il pubblico. Per rimuovere ogni rischio di confusione, promuovendo trasparenza e concorrenza, il distributore e i venditori integrati in uno stesso gruppo societario - elettrico o gas - non potranno più utilizzare lo stesso marchio, dovranno separare le politiche di comunicazione ed utilizzare canali e spazi commerciali ben distinti; le stesse regole valgono anche per il venditore integrato che nell'elettricità opera sia nel mercato libero che nella tutela. Lo ha deciso l'Autorità per l'energia con la delibera 296/2015/R/COM, adottata dopo un ampio processo di consultazione, che fissa gli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per il settore elettrico e gas. Per quanto riguarda gli obblighi di separazione del marchio e della comunicazione, da assolvere entro il 30 giugno 2016 (debranding, previsto dalle direttive europee del c.d. 'terzo pacchetto energia', recepito con il decreto legislativo 93/11), l'Autorità lascia la libertà alle imprese di decidere quale tra l'attività di distribuzione o vendita dovrà modificarli, nel rispetto delle scelte imprenditoriali legate al valore economico dei marchi. La società dovrà garantire l'applicazione delle regole assicurando che ogni elemento di tipo testuale o grafico sia ben distinto. Gli obblighi di separazione degli spazi commerciali e dei canali di interfaccia con i clienti dovranno invece essere assolti entro il 1° gennaio 2017. Viene poi rafforzato il 10 Studio Legale Trombetta divieto di trasferire le informazioni commercialmente sensibili, come i dati sul consumo o la morosità, tra il distributore e le imprese di vendita (e tra chi vende energia elettrica in tutela e nel mercato libero all'interno dello stesso gruppo), se non tramite procedure stabilite ai sensi di legge o della regolazione dell'Autorità. Misure che vogliono assicurare la riservatezza e la messa a disposizione non discriminatoria delle informazioni, garantita anche con l'obbligo di separazione delle banche dati dell'attività di distribuzione dalle altre imprese del gruppo societario di appartenenza. Più in generale, l'Autorità prevede per tutti i distributori, indipendentemente dalla loro dimensione, che la messa a disposizione delle informazioni commercialmente sensibili sia assolta facendo ricorso, dove disponibili, agli strumenti per la disintermediazione previsti dalla regolazione, tra cui in primo luogo il Sistema Informativo Integrato (SII). Gli obblighi di separazione funzionale introdotti dall'Autorità riguardano anche aspetti di natura gestionale delle imprese e sono da subito efficaci. In tal senso, l'impresa che gestisce sistemi di distribuzione di energia elettrica o del gas con più di 100 mila clienti vede potenziati gli obblighi di separazione funzionale - cioè di separazione amministrativa delle diverse attività del gruppo - prevedendo, oltre all'obbligo di nomina del gestore indipendente, anche l'obbligo di nomina di un responsabile della conformità e di predisposizione ed invio all'Autorità 11 Studio Legale Trombetta del programma di adempimenti con relativa revisione annuale. Tale delibera promuove finalmente nel mercato dell'energia più trasparenza e più concorrenza a tutto vantaggio dei consumatori con le imprese del settore. Le attività di distribuzione di energia elettrica e gas rappresentano una parte importante e tuttavia nascosta della filiera, perché sono in un certo senso i responsabili della contabilizzazione dei consumi e se questi dati non sono trasferiti correttamente ai venditori, questi sono costretti a fatturare su stime, creando dei disservizi ai clienti. Delle contiguità con alcune società di vendita piuttosto che con altre potrebbero ad esempio determinare delle disparità nella tempestiva trasmissione dei dati con conseguente danno per la concorrenza tra venditori. Inoltre, proprio perché distribuiscono e misurano la commodity dispongono dei carichi di consumo dei clienti, informazione molto preziosa per le società di vendita. Queste due circostanze rappresentano le principali anche se non esclusive ragioni per cui le direttive comunitarie in maniera via via più incisiva hanno stabilito che occorra esserci separazione tra le attività di distribuzione e vendita e che questa separazione debba estendersi anche alle denominazioni per evitare confusione nei clienti finali. Pertanto alla luce dell'excursus normativo seguito si evince che non solo la delibera adottata 12 Studio Legale Trombetta dall'autorità è legittima e immune da vizi, ma che è stata adottata in attuazione di direttive europee già presenti. Il divieto di confusione del marchio tra distribuzione e vendita era già vigente dal 2011 , anno di entrata in vigore delle citate direttive comunitarie e del d.lgs. n. 93/11 – non era rispettato dagli operatori del settore, l’Autorità ha ritenuto di dover avviare un procedimento per l’adozione delle misure di regolazione necessarie a declinarne in modo più dettagliato i contenuti. A riprova di ciò è opportuno sottolineare che la Commissione Europea ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione sul non corretto recepimento delle direttive del Terzo Pacchetto (procedura n. 2014/2286), ivi compresa la mancata applicazione della disciplina europea in materia di separazione del marchio tra distribuzione e vendita. 2 - Sui motivi del ricorso R.G.2137/2015 avverso delibera 296/2015 di Enel Energia s.p.a. ed Enel s.p.a Enel Energia S.p.a. ed Enel s.p.a. hanno fondato il ricorso avverso la citata delibera su 6 motivi, i quali devono considerarsi privi di fondamento alla luce dei seguenti presupposti: 1.) Con il primo motivo le ricorrenti sostengono che sussista un difetto di attribuzione all'AEEGSI, in quanto non sarebbe titolare di un potere di regolazione, ma solo di poteri di controllo e vigilanza ed avrebbe pertanto adottato la delibera, senza averne il potere. 13 Studio Legale Trombetta Il decreto legislativo del 2011 che ha recepito le direttive del terzo pacchetto, ha attribuito con diversi articoli, all'autorità un compito di vigilanza, che di certo, come sostenuto dalle ricorrenti non è un mero potere di controllo. L'art. 41 afferma testualmente che "Nel caso in cui una stessa societa' eserciti attivita' di vendita al mercato libero e al mercato tutelato, l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari affinche' la stessa societa' non possa trarre vantaggio competitivo sia nei confronti dei clienti finali sia sotto il profilo delle valutazioni che la stessa Autorita'effettua in materia di qualita' del servizio, rispetto ad un assetto societario in cui le due attivita' siano attribuite a societa'distinte appartenenti ad uno stesso gruppo". L'Autorita' per l'energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma." L'art. 42 afferma che "Nel quadro dei compiti e delle funzioni attribuiti dalla vigente normativa, l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas adotta tutte le misure ragionevoli e idonee al perseguimento delle seguenti finalita', che integrano quelle previste dalla legge 14 novembre1995, n. 481 (...)", finalità tra le quali compaiono sia la promozione della concorrenza e sia la garanzia del consumatore. L'art. 43 stabilisce che l’Autorità ha il compito di “garantire l’adempimento da parte dei gestori (...) dei sistemi di distribuzione degli 14 Studio Legale Trombetta obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (...)”, tra cui rientra proprio il divieto di confusione tra attività di distribuzione e vendita. Un simile compito di derivazione comunitaria (articolo 37, comma 1, lettera b) della direttiva 2009/72/CE) presuppone un potere di regolazione in assenza del quale l’Autorità non potrebbe agire in maniera effettiva ed efficace. Da ciò si evince che il legislatore nazionale nel recepire le direttive comunitarie ha inteso conferire detto potere di regolazione all'AEEGSI al fine di garantire la concorrenza nei mercati ed i principi di trasparenza per la tutela del consumatore. Qualsiasi interpretazione da parte delle ricorrenti sulla mancanza del potere di attribuzione in capo alla AEEGSI è priva di qualsiasi fondamento giuridico. 2.) Con il secondo motivo, le ricorrenti sostengono che la delibera dell'AEEGSI sarebbe stata adottata in violazione dell'art. 1 del Primo protocollo addizionale CEDU, sempre sul presupposto, come già esplicitato nel primo motivo di mancanza di potere di regolazione. Detto motivo, assorbente del precedente, non può prendersi in considerazione, posto che la disamina sul potere di regolazione attribuito dall'AEEGSI è già stato esplicitato in precedenza. Ad abundantiam si ribadisce che sia il legislatore comunitario che quello nazionale, hanno fornito l'autorità dei poteri necessari affinchè la stessa potesse operare la separazione funzionale tra vendita e 15 Studio Legale Trombetta distribuzione ai fini della corretta concorrenza sul mercato energetico. Potere esplicitato, e confermato dalle precedenti direttive comunitarie, con la delibera adottata 296/2015. 3.) Con il terzo motivo ed il quarto motivo le ricorrenti invocano la violazione della direttiva europea 2009/73, violazione dell'art.41 d.lgs.93/2011 e la contraddittorietà della delibera 296/2015, in quanto sostengono che gli obblighi adottati dalla stessa siano "ultronei ed avulsi dalla finalità perseguita dal diritto comunitario" e rappresentino una misura grave e radicale. Il legislatore comunitario all’articolo 26 della già citata direttiva ha posto, per i gestori dei sistemi di distribuzione, un obbligo di separazione della politica di comunicazione e del marchio rispetto all’attività di vendita. La disposizione in parola, infatti, ha attribuito il compito agli Stati membri di provvedere affinché le attività del gestore del sistema di distribuzione che fa parte di un’impresa verticalmente integrata, vengano controllate dalle autorità di regolamentazione o altri organi competenti in modo che esso non possa trarre vantaggio dalla sua integrazione verticale per falsare la concorrenza. In particolare, “ai gestori di sistemi di distribuzione verticalmente integrati è fatto divieto di creare confusione, nella loro politica di comunicazione e di marchio, circa l’identità distinta del ramo «fornitura» dell’impresa verticalmente integrata”. Tali norme sono state recepite nell’ordinamento con il più volte citato decreto legislativo. . 16 Studio Legale Trombetta Al fine di dare attuazione alle citate disposizioni del legislatore comunitario, l’Autorità, con la deliberazione ARG/com 115/11, ha integrato il procedimento avviato con la deliberazione ARG/com 133/10 con cui ha recepito le nuove disposizioni introdotte dal d.lgs n. 93/11 in materia di separazione dei gestori dei sistemi di trasporto del gas naturale e di trasmissione dell'energia elettrica, prevedendo contestualmente che il medesimo procedimento fosse finalizzato anche all’adozione dei provvedimenti necessari all’adeguamento del TIU (cd. Testo integrato unbundling – Allegato A alla deliberazione del 18 gennaio 2007, n. 11/07) in materia di separazione funzionale al novellato quadro normativo. Nell’ambito di tale procedimento, l’Autorità ha pubblicato il documento per la consultazione 346/2014/R/com, con cui ha illustrato i primi orientamenti in materia di riforma degli obblighi di separazione funzionale per gli esercenti del settore dell’energia elettrica e del gas. Segnatamente, in tale documento è stato prospettato: - l’obbligo di completa separazione del marchio e delle relative politiche di comunicazione tra l’attività di distribuzione e quella di vendita dell’impresa verticalmente integrata e, in coerenza con il dettato dell’articolo 41 del d.lgs. n. 93/11, il divieto per gli esercenti di creare confusione nelle loro politiche di comunicazione e di marchio tra l’attività di vendita ai clienti del mercato libero e quelli riforniti 17 Studio Legale Trombetta nell’ambito del servizio di maggior tutela, ciò indipendentemente dalla separazione societaria di tali attività; in tale quadro, l’Autorità ha previsto che solo uno tra i soggetti sopra citati possa eventualmente continuare a utilizzare il marchio storico, con scelta volontaria; - il divieto per il gestore del sistema di distribuzione di adoperare non soltanto lo stesso marchio dell’impresa di vendita appartenente al medesimo gruppo societario, ma anche qualunque altro segno distintivo che contenga elementi visivi, fonetici e concettuali idonei a creare un’associazione con il ramo di vendita dell’impresa verticalmente integrata, in maniera analoga a quanto previsto all’articolo 10 dell’Allegato A della deliberazione 153/11 per i gestori di trasporto indipendenti. L’Autorità, in altre parole, esercitando il potere ad essa attribuito dall’articolo 41 del d.lgs. n. 93/11, altro non ha fatto che imporre l’obbligo di dare attuazione al divieto di creare confusione nelle politiche di comunicazione e di marchio tra l’attività di vendita ai clienti del mercato libero e quelli riforniti nell’ambito del servizio di maggior tutela, con modalità e tempistiche analoghe a quelle prescritte ai gestori dei sistemi di distribuzione appartenenti a imprese verticalmente integrate di cui all’articolo 38 del medesimo decreto. 4.) Con il quinto motivo le ricorrenti invocano la violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell'art. 17 Allegato A alla delibera 18 Studio Legale Trombetta impugnata, in quanto sostengono, ancora una volta come le misure adottate siano gravose per il presunto "pregiudizio" e "sacrificio" che subirebbero dall'applicazione della delibera. Si precisa che le misure contestate sono state adottate per tutelare l'interesse dei consumatori, sia a livello nazionale che comunitario. Il pregiudizio lamentato dalle ricorrenti, in realtà non ha ragion d'essere, in quanto le operazioni di adeguamento connesse agli obblighi imposti di separazione funzionale, avrebbero dovuto cominciare dal 2009, secondo il legislatore comunitario o dal 2011 secondo il legislatore nazionale, ma è evidente che ciò non è avvenuto. Quindi la delibera impugnata dalle ricorrenti non rappresenta un quid novis rispetto alla normativa precedente, ma un rafforzamento e una conferma di ciò che doveva essere fatto, cioè la separazione tra distributore e vendita. La delibera ha inoltre fissato una tempistica ben precisa ritenendo “che le imprese pongano in essere gli interventi necessari all’assolvimento degli obblighi di separazione del marchio, degli altri elementi distintivi di impresa e delle politiche di comunicazione entro un arco temporale massimo di 12 mesi; tale termine appare comunque ragionevole ed equilibrato con riferimento, da un lato, all’attuale stato di inadempimento degli obblighi di legge, dall’altro lato, al fatto che si tratta comunque di un ritardo non lieve (essendo gli obblighi in vigore dal 2011) da parte di operatori professionali che, pertanto, sono responsabili del tempestivo 19 Studio Legale Trombetta adempimento e devono farsi carico delle necessarie azioni conseguenti”. Ed inoltre, con riferimento al secondo termine che “le imprese pongano in essere gli interventi necessari all’assolvimento degli obblighi di separazione delle attività commerciali e di interfaccia con i clienti finali, tramite l’utilizzo di canali informativi, di spazi fisici e di personale distinti, entro un arco temporale massimo di circa 18 mesi, termine che appare ragionevole ed equilibrato alla luce degli interventi di natura tecnico-operativa che le imprese dovranno effettuare per assolvere ai citati obblighi”. Le ricorrenti lamentano, oltre la difficoltà di separazione funzionale, sostengono un presunto pregiudizio sia nella modifica della loro presenza sul territorio e sia nella modifica del marchio distintivo. Il Gruppo Enel tra l'altro ha già separato le attività mediante la costituzione di due società che svolgono vendita al mercato libero e servizio di maggior tutela, che creano comunque confusione nel consumatore Di fatto, questa confusione fornisce un enorme potere di marketing e turba la concorrenza nel mercato della vendita di elettricità. L'41 del d.lgs. 93 mira proprio a scongiurare che possa verificarsi la confusione a danno della concorrenza e del cliente finale. Al primo comma recita che "Le politiche di comunicazione e di marchio relative all'attivita' di vendita ai clienti del mercato libero ovvero ai clienti riforniti 20 Studio Legale Trombetta nell'ambito del servizio di maggior tutela di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 125, non devono creare confusione tra i rami d'azienda ovvero tra le societa' che svolgono le suddette attivita'. Le informazioni concernenti ciascuna attivita', che potrebbero essere commercialmente vantaggiose, sono divulgate in modo non discriminatorio. Nel caso in cui una stessa societa' eserciti attivita' di vendita al mercato libero e al mercato tutelato, l'Autorita' per l'energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari affinche' la stessa societa' non possa trarre vantaggio competitivo sia nei confronti dei clienti finali sia sotto il profilo delle valutazioni che la stessa Autorita'effettua in materia di qualita' del servizio, rispetto ad un assetto societario in cui le due attivita' siano attribuite a societa'distinte appartenenti ad uno stesso gruppo. L'Autorita' per l'energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma". 5.) Con il sesto motivo le ricorrenti sostengono che la delibera sarebbe contraria alla direttiva 2009/73, sempre sul presupposto che l'autorità abbia adottato un regime di separazione più severo rispetto al legislatore comunitario. Anche questo motivo, come i precedenti è privo di ogni fondamento, pedissequamente la posto che normativa la delibera comunitaria, ha recepito senza alterare 21 Studio Legale Trombetta minimamente la sostanza, al fine di garantire la trasparenza e l'equilibrio nel mercato energetico. Alla luce delle suesposte considerazioni devono considerarsi infondati i motivi di ricorso proposti da Enel Energia s.p.a. e Enel s.p.a. 3. Sull'intervento ad opponendum La CNA e la Confartigianato rappresentano piccole imprese consumatrici di energia, hanno un interesse generale che la concorrenza in tali mercati sia pienamente funzionante per l'effetto virtuoso che un mercato competitivo produce sui loro costi energetici Si precisa che le imprese rappresentate dalle due confederazioni appartengono alla classe delle basse tensioni altri usi non domestiche che possono sia scegliere un fornitore sul mercato libero che usufruire del servizio di maggior tutela. conseguentemente sono coinvolti di tutti quei fenomeni commerciali che comportano da un lato la confusione tra attività di distribuzione e attività di vendita e dall'altro tra vendita nel mercato libero e vendita nel servizio di maggior tutela. Per accompagnare le imprese associate ai benefici del mercato, CONFARTIGIANATO ha delle strutture consortili di acquisto di energia elettrica sul mercato libero ( CAEM, CeNPI) che hanno la finalità di negoziare le migliori condizioni di fornitura per le imprese aderenti, che riescono ad essere efficaci solo se il mercato di energia elettrica e gas è aperto competitivo e libero da rendite di posizione ; 22 Studio Legale Trombetta Inoltre sia Confartigianato che CNA, rappresentano un settore importante di installatori di impianti , che operano in un mercato a valle della vendita di energia elettrica e gas ( servizi post contatore), e che subiscono la concorrenza dei ricorrenti i quali offrono oltre alla vendita di energia elettrica e gas anche servizi post-contatore , beneficiando sia la pervasività dell'uso del brand dovuto alla confusione tra distribuzione e vendita che della possibilità di usufruire di vantaggi connessi alla vendita di energia elettrica, come la rateizzazione in bolletta dei servizi offerti ( istallazione caldaie, led etc) E’ di tutta evidenza che la possibilità di offrire il pagamento rateizzato in bolletta unito ad una confusione sui marchi, crei degli svantaggi competitivi in danno degli artigiani che si stanno estendendo al contiguo mercato dei servizi per l’efficienza energetica. In secondo luogo, per promuovere un’effettiva apertura del mercato elettrico nel quale l’uso dei marchi degli operatori integrati è tutt’ora idoneo ad orientare in proprio favore le scelte dei consumatori. In terzo ed ultimo luogo, per coerenza con il posizionamento di RETE IMPRESE ITALIA sul DDL Concorrenza in cui è stata posta la realizzazione del brand unbundling come una delle condizioni per il superamento delle tutele di prezzo nel 2018. Ciò premesso la deliberazione adottata da AEEGSI è pienamente legittima, in base ai motivi già esposti, e va confermata in questa sede 23 Studio Legale Trombetta al fine di garantire la piena tutela della concorrenza tra gli operatori presenti nel mercato energetico, di fatto rimuovendo ogni confusione che possa ingenerarsi nel cliente finale. 4.) Sulla concorrenza Il mercato al dettaglio di energia elettrica e gas in Italia presenta delle difficoltà come ricordato da ultimo la relazione sul Paese Italia della Commissione Europea 2015 , secondo la quale "i prezzi al dettaglio sono più alti della media Ue a fronte di una qualità più bassa". Dalla suddetta relazione sul monitoraggio del mercato 2015, infatti emerge che "secondo la valutazione degli utenti il mercato del servizio di fornitura di gas si colloca al terz'ultimo posto, e il mercato dell'energia elettrica si colloca invece al sett'ultimo posto nella graduatoria Ue" Il dato riportato dalla commissione è confermato dalle tabelle sulle quote di tabella sulle quote di mercato Libero anni 2012-2013-2014, contenuta nel Documento di consultazione AEEGESI 75/2016 del 25/02/2016. Nella stessa tabella si rileva l'elevato "livello di concentrazione esistente nel mercato italiano, ossia l'operatore principale - che è Enel Energia s.p.a.- detiene nel mercato libero una quota estremamente significativa: circa il 50% del segmento domestico e circa il 38% dei clienti BT altri usi" . 24 Studio Legale Trombetta Tale dato è suggestivo dell'effetto che la confusione che politiche di comunicazione e segni distintivi dell'attività di distribuzione con le attività di vendita verticalmente integrate determinano l'assetto di mercato che l'assenza di regole che impediscano la confusione tra politiche di comunicazione e segni distintivi. Inoltre il medesimo documento di consultazione alla Tabella 2 evidenzia che i gruppi attivi sia in maggior tutela che su libero, nel 2014 detenevano il 78% dei clienti domestici ed il 49% dei clienti non domestici delle BT e altri usi e tale dato è indicativo della capacità di concentrazione del mercato esercitata dai gruppi che operano sia sul libero mercato che sulla maggior tutela, in assenza di norme che li distinguano chiaramente. Ciò premesso è opportuno che venga dato seguito alla delibera 296/2015, al fine di rendere il mercato energetico concorrenziale e ispirato a principi di trasparenza. P.Q.M. Voglia l'adito TAR Lombardia dichiarare ammissibile lo spiegato atto ad opponendum, nonchè rigettare il ricorso R.G. 2137/2015 proposto da Enel Energia s.p.a. e da Enel s.p.a - per l'annullamento in parte quo previa sospensiva della deliberazione dell'AEEGSI n. 296 del 22 giugno 2015 recante "Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell'energia elettrica e del gas" pubblicata sul sito www.autorità.energia.it in data 23 giugno 2015 e del 25 Studio Legale Trombetta relativo Allegato A, recante il "Testo integrato delle disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas (TIU)" in quanto infondato nel merito come riportato nei suesposti motivi Con vittoria di spese competenze ed onorari di giudizio. Ai fini fiscali si dichiara che il valore della causa è indeterminabile, ma che il presente atto, trattandosi di un intervento ex art. 50 c.p.a. è esente dal versamento del contributo unificato. Roma, 24/03/2016 Avv.to Anna Rita Trombetta 26 Studio Legale Trombetta RELATA DI NOTIFICA ex art 7 L. 21/01/94 n. 53 27 CRON. N.11 /2016 Io sottoscritta Avv.to Anna Rita Trombetta con studio in Roma, Circ.ne Clodia 5, previa autorizzazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma n. 271/2009 del 09/04/2009 per conto della Confederazione Nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese (come da delega in calce al presente atto) , ho notificato l’atto di cui sopra (ricorso ad opponendum) a: 1. Enel Energia s.p.a ed Enel s.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Guido Greco, Manuela Muscardini, Luca Griselli e Gherardo Carullo, elettivamente domiciliate presso lo studio degli Avv.ti Greco e Muscardini, P.le Lavater 5 (20129) a mezzo del servizio postale con raccomandata n.76714457191-7 2. l'Autorità per l'Energia Elettrica, il gas ed il sistema idrico e difeso ex lege dall’Avvocatura di Stato, Avvocato Andrea Michele Caridi, elettivamente domiciliata in Via Freguglia 1 Milano (20122) a mezzo del servizio postale con raccomandata n.76714457192-8 spedite dall’Ufficio Postale di Roma Roma, 25/03/2016 Avv.to Anna Rita Trombetta N. 01388/2016 REG.PROV.COLL. N. 02137/2015 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2137 del 2015, proposto da: - Enel Energia S.p.A. ed Enel S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dagli Avv.ti Guido Greco, Manuela Muscardini, Gherardo Carullo e Luca Griselli ed elettivamente domiciliate presso lo studio dei primi due in Milano, Piazzale Lavater n. 5; contro - l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata presso la sede della stessa in Milano, Via Freguglia n. 1; nei confronti di - E.On Italia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio; e con l'intervento di ad opponendum: - A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Fabio Francario e Dario De Blasi ed elettivamente domiciliata in Milano, Corso Matteotti n. 1/A, presso la sede di Utopia Lab; - Energia Concorrente, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Claudia Sarrocco e Fabio Todarello ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi in Milano, Piazza Velasca n. 4; - Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentate e difese dall’Avv. Anna Rita Trombetta ed elettivamente domiciliate in Milano, Via Tamagno n. 7, presso lo studio dell’Avv. Paolo Marco Caporale; per l’annullamento - in parte qua, della deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com recante “Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 23 giugno 2015 e del relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas (TIUF)”. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico; Visti gli interventi ad opponendum di A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, di Energia Concorrente, della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e della Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Designato relatore il consigliere Antonio De Vita; Uditi, all’udienza pubblica del 14 aprile 2016, i difensori delle parti, come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato in data 21 settembre 2015 e depositato il 28 settembre successivo, le ricorrenti hanno impugnato, in parte qua, la deliberazione dell’A.E.E.G.S.I. del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com recante “Disposizioni in merito agli obblighi di separazione funzionale (unbundling) per i settori dell’energia elettrica e del gas” pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 23 giugno 2015 e il relativo Allegato A recante il “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas ed il Sistema Idrico in merito agli obblighi di separazione (Unbundling) Funzionale per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas (TIUF)”. La ricorrente Enel Energia S.p.A. è un fornitore di energia elettrica nel mercato libero ed è verticalmente integrata nel gruppo Enel S.p.A., che pure ha assunto la veste di ricorrente nella presente sede. Con la delibera del 22 giugno 2015 n. 296/2015/R/Com l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico ha imposto, tra l’altro, l’obbligo di separazione del marchio e delle politiche di comunicazione, attraverso la dismissione dei segni distintivi dell’impresa da parte della società di distribuzione di energia elettrica, ovvero delle società esercenti la vendita, laddove esse facciano parte del medesimo gruppo o siano comunque verticalmente integrate (artt. 17.1, 17.2, 17.3 e 17.7 Allegato A alla deliberazione). In particolare è stato previsto che le politiche di comunicazione, la denominazione sociale, il marchio, la ditta, l’insegna e ogni altro elemento distintivo dell’impresa di distribuzione di energia elettrica debbano essere in uso esclusivo alla stessa e non debbano contenere alcun elemento di tipo testuale o grafico che possa essere in alcun modo ricollegato alle attività di vendita di energia elettrica svolte dall’impresa verticalmente integrata o dalle altre imprese del gruppo societario di appartenenza di questa, tali da ingenerare confusione per il pubblico (art. 17.2 e, con riferimento alle imprese che svolgono attività di vendita nei mercati al dettaglio, 17.7, allegato A alla deliberazione). Nel caso specifico le ricorrenti devono procedere anche alla separazione dei rispettivi canali informativi, degli spazi fisici e del personale (artt. 17.6 e 17.9), con un rilevante impatto sotto il profilo strutturale, organizzativo, economico e di immagine di tutta l’operazione. Assumendo l’illegittimità della deliberazione e la sua lesività, nelle parti in precedenza illustrate, le ricorrenti hanno proposto ricorso, eccependo in primo luogo il difetto di attribuzione e/o carenza di potere, la violazione dell’art. 26, comma 3, della Direttiva 2009/72/CE e la violazione per falsa applicazione degli artt. 39, 41, 43 e 45 del D. Lgs. n. 93 del 2011; la disciplina contenuta nella delibera impugnata, con riguardo agli obblighi di separazione del marchio e delle politiche di comunicazione per le imprese verticalmente integrate, sarebbe priva di fondamento normativo, come ribadito anche dal legislatore nazionale in sede di recepimento della normativa comunitaria, laddove avrebbe affidato all’Autorità soltanto poteri di vigilanza e non già di regolazione. Con una successiva censura su assume la violazione dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la violazione degli artt. 23, 41, 42 e 97 Cost. e dell’art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; l’assenza di un qualsivoglia potere regolatorio in capo all’Autorità in subiecta materia non potrebbe essere fronteggiata con il ricorso ai poteri impliciti, soprattutto laddove vengano compressi o fortemente limitati diritti protetti da fonti di rango costituzionale, comunitario e convenzionale, quali quelli riguardanti l’esercizio della libertà di impresa e la titolarità di beni immateriali (marchio o altri segni distintivi). Con la terza doglianza si deduce la violazione della direttiva 2009/72/CE (artt. 2 e 26), del D. Lgs. n. 79 del 1999 (art. 25 septies), del D. Lgs. n. 93 del 2011 (artt. 34, 38 e 41), dell’art. 41 Cost. e dell’art. 2497 bis del cod. civ., la contraddittorietà intrinseca della deliberazione, lo sviamento di potere e la violazione del principio di proporzionalità; la disciplina della c.d. separazione funzionale (unbundling) sarebbe finalizzata a consentire alle imprese verticalmente integrate di proseguire la propria attività con pienezza dei propri diritti e in modo del tutto trasparente, sia pure garantendo l’indipendenza del gestore del sistema di distribuzione dalle attività non connesse alla distribuzione medesima; in senso contrario, la disciplina di cui all’art. 17 dell’allegato A alla deliberazione 296/2015, si prefiggerebbe sostanzialmente l’obiettivo di vietare in maniera assoluta l’impresa verticalmente integrata nel settore elettrico. Con la quarta doglianza si deduce la violazione dell’art. 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011 e della Direttiva europea 2009/72/CE; l’art. 41 citato si limiterebbe a vietare la confusione nelle politiche di comunicazione e di marchio delle aziende verticalmente integrate che svolgano attività nei mercati al dettaglio, non prevedendo alcun divieto di utilizzo del proprio marchio storico, mentre le disposizioni censurate nella presente sede impongono la dismissione del marchio e la separazione fisica degli spazi, del personale e dei canali informativi delle imprese che, verticalmente integrate, svolgano attività di vendita e distribuzione. Con la quinta doglianza si deducono l’eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, irragionevolezza illogicità e discriminazione e lo sviamento di potere; le misure adottate dall’Autorità sarebbero manifestamente sproporzionate ed irragionevoli, non essendo necessarie e apparendo inutilmente gravose per le imprese del settore; inoltre sarebbe palesemente discriminatorio aver imposto misure più stringenti per le imprese di vendita che operano attraverso società separate, rispetto a quelle imposte alle imprese singole che svolgano attività di vendita in due mercati al dettaglio (cfr. art. 17.8 dell’Allegato A alla deliberazione impugnata). Infine si eccepisce la violazione delle norme Europee in tema di libera circolazione, artt. 49 e 56 TFUE; con l’adozione di misure che non trovano alcun referente nelle disposizioni in tema di unbundling prescritte dal legislatore europeo, l’Autorità avrebbe dato origine nel solo territorio italiano ad un regime concorrenziale difforme (e più restrittivo) di quello vigente nel resto del mercato europeo, in evidente conflitto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2009/72/CE. In via subordinata vengono dedotti la violazione sotto altri profili degli artt. 26 della Direttiva 2009/72/CE e 39 e 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011, la violazione della normativa nazionale ed europea in tema di marchi e segni distintivi (art. 7 del D. Lgs. n. 30 del 2005, art. 4, par. 1, del Reg. CE 207/2009, artt. 2563 e ss. c.c.), l’eccesso di potere per contraddittorietà e la violazione della normativa in materia di gruppi societari (art. 2497 bis c.c.); la determinazione impugnata avrebbe illegittimamente parificato al marchio gli altri segni distintivi, quali la ditta, l’insegna e la denominazione sociale, dotati di proprie autonome caratteristiche e finalità, estranee a quelle del marchio e, dunque, in contrasto con quanto la Direttiva avrebbe inteso prendere in considerazione. Si è costituita in giudizio l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Sono intervenuti ad opponendum A.I.G.E.T. – Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader, Energia Concorrente, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – Confartigianato – e la Confederazione Generale dell’Artigianato e delle Imprese – C.N.A., che hanno chiesto il rigetto del ricorso. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni. Alla pubblica udienza del 14 aprile 2016, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento. 2. Con la prima e seconda censura, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si assume l’illegittimità dell’imposizione dell’obbligo di separazione del marchio e delle politiche di comunicazione per le imprese verticalmente integrate, attesa l’assenza di un fondamento normativo a supporto del potere esercitato dall’Autorità, come ribadito anche dal legislatore nazionale in sede di recepimento della normativa comunitaria, laddove avrebbe affidato all’Autorità soltanto poteri di vigilanza e non già di regolazione; a ciò non potrebbe sopperirsi ricorrendo ai poteri impliciti, avuto riguardo al coinvolgimento di diritti protetti da fonti di rango costituzionale, comunitario e convenzionale, quali quelli riguardanti l’esercizio della libertà di impresa e la titolarità di beni immateriali (marchio o altri segni distintivi). 2.1. Le censure sono infondate. Con riguardo al mercato dell’energia elettrica l’art. 38, comma 2, del D. Lgs. n. 93 del 2011, di attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, stabilisce che “nel caso di gestore del sistema di distribuzione facente parte di un’impresa verticalmente integrata, lo stesso gestore non può trarre vantaggio dall’integrazione verticale per alterare la concorrenza e a tal fine: a) le politiche di comunicazione e di marchio non devono creare confusione in relazione al ramo di azienda responsabile della fornitura di energia elettrica; b) le informazioni concernenti le proprie attività, che potrebbero essere commercialmente vantaggiose, sono divulgate in modo non discriminatorio. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma”. Tale previsione ricalca quella di cui all’art. 26, paragrafo 3, della Direttiva 2009/72/CE (relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), che ha una formulazione identica a quella del corrispondente art. 26, paragrafo 3, della Direttiva 2009/73/CE (relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale). Con riguardo ai compiti dell’Autorità, l’art. 41 (“mercati al dettaglio”) del D. Lgs. n. 93 del 2011 ha previsto che “nel caso in cui una stessa società eserciti attività di vendita al mercato libero e al mercato tutelato, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari affinché la stessa società non possa trarre vantaggio competitivo sia nei confronti dei clienti finali sia sotto il profilo delle valutazioni che la stessa Autorità effettua in materia di qualità del servizio, rispetto ad un assetto societario in cui le due attività siano attribuite a società distinte appartenenti ad uno stesso gruppo. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas vigila sul rispetto delle disposizioni di cui al presente comma”. Le norme sopra riportate sono certamente idonee a fornire una solida base normativa all’art. 17 dell’Allegato A alla deliberazione n. 296/2015 (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815); inoltre non possono essere trascurati i principi ricavabili dalla giurisprudenza comunitaria, quali la circostanza che “la valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi” (cfr. Corte di Giustizia, 22 settembre 1999, n. C-342/97: statuizione pressoché identica al disposto di cui all’art. 17.3 della deliberazione impugnata) e, soprattutto, al paventato “rischio di confusione”, che secondo l’orientamento del Giudice comunitario “presuppone un’identità o una somiglianza tra i prodotti o i servizi designati” (cfr. Corte di Giustizia, 29 settembre 1998, n. C39/97). L’interrelazione tra profili normativi e giurisprudenziali, che traspare nella formulazione (anche lessicale) della disposizione censurata, risulta preordinata all’effettività del disegno amministrativo, e ciò in applicazione del consolidato principio del c.d. “effetto utile” delle direttive comunitarie, puntualmente disciplinato dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea, secondo cui “gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione”. È noto, infatti, che il mancato recepimento, o il non corretto recepimento, degli atti comunitari costituisce un motivo di legittimazione della Commissione europea a dare corso ad una procedura di infrazione (art. 258 e seguenti TFUE) nei confronti dello Stato inadempiente: il che, nel caso che riguarda l’odierno contendere, è puntualmente accaduto mediante l’avvio della procedura n. 2014/2286 sul non corretto recepimento della Direttiva 2009/72/CE e della Direttiva 2009/73/CE (c.d. terzo pacchetto energia). Le direttive del 2009, infatti, hanno evidenziato all’art. 26 la necessità di evitare che il gestore del sistema di distribuzione possa “trarre vantaggio dalla sua integrazione verticale per falsare la concorrenza”, perché tale privilegio si tradurrebbe in un rischio di confusione a tutto danno della clientela. Con la deliberazione impugnata, quindi, l’Autorità si è proposta di dettare misure concrete, conformi alla normativa comunitaria e, soprattutto, in grado di realizzare il risultato che tale normativa ha espressamente individuato (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815). Tale determinazione rinviene un diretto fondamento nell’art. 43 del D. Lgs. n. 93 del 2011 laddove si prevede che “l’Autorità per l’energia elettrica e il gas garantisce: (…) c) l’adempimento da parte dei gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione e, se necessario, dei proprietari dei sistemi, nonché di qualsiasi impresa elettrica o di gas naturale, degli obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, dei Regolamenti 713/2009/CE, 714/2009/CE e 715/2009/CE, nonché da altre disposizioni della normativa comunitaria, ivi comprese quelle in materia di questioni transfrontaliere” (comma 2), “vigila (…) sull’applicazione delle norme che disciplinano funzioni e responsabilità dei gestori dei sistemi di trasmissione, dei gestori dei sistemi di trasporto, dei gestori dei sistemi di distribuzione, dei fornitori, dei clienti e di altri soggetti partecipanti al mercato ai sensi del regolamento (CE) n. 714/2009 e del regolamento (CE) n. 715/2009” (comma 3), cioè, rispettivamente, sul mercato dell’energia elettrica e del gas naturale e, “al fine dell’efficace svolgimento dei propri compiti, ivi compresi quelli operativi, ispettivi, di vigilanza e monitoraggio, (…) può effettuare indagini sul funzionamento dei mercati dell’energia elettrica e del gas naturale, nonché adottare e imporre i provvedimenti opportuni, necessari e proporzionati per promuovere una concorrenza effettiva e garantire il buon funzionamento dei mercati. In funzione della promozione della concorrenza, l’Autorità può in particolare adottare misure temporanee di regolazione asimmetrica” (comma 5). La base di diritto positivo delineata dalle norme sopra citate ha, quindi, legittimato l’adozione dell’impugnata deliberazione, con cui: - si è inteso porre rimedio agli scarsi risultati ottenuti dai precedenti provvedimenti, come la deliberazione del 26 ottobre 2007, n. 272 in tema di “informazioni corrette e chiare circa le modalità di erogazione del servizio di fornitura di energia elettrica, comprese le condizioni economiche o i prezzi di offerta da parte dei soggetti esercenti il servizio di maggior tutela, delle società di vendita ai clienti del mercato libero e dei soggetti che svolgono tali attività in maniera integrata”; - si è voluta dare compiutezza alla disciplina sulla separazione amministrativa e contabile di cui alla deliberazione del 18 gennaio 2007, n. 11 (espressamente richiamata nel preambolo della deliberazione n. 296/2015), che non aveva affrontato il tema della separazione tra comunicazione e marchio per la difesa della clientela dal rischio di confusione ingenerato da un’indistinta identità del ramo “fornitura” dell’impresa verticalmente integrata. A conferma della concretezza dell’impegno perseguito nella deliberazione impugnata milita il contenuto del documento di consultazione 77/2015/R/com, nel quale l’Autorità: a) ha precisato che “l’adempimento da parte dei gestori dei sistemi di distribuzione degli obblighi derivanti dalle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, tra cui rientra proprio il divieto di confusione tra attività di distribuzione e vendita (…) presuppone un potere di regolazione in assenza del quale l’Autorità non può agire in maniera effettiva ed efficace al fine di assicurare l’adempimento degli obblighi posti in capo ai gestori dei sistemi di distribuzione dal decreto legislativo n. 93/11, i quali obblighi, pur vigenti dal 2011, non risultano ancora oggi rispettati dalla generalità degli operatori in maniera soddisfacente”; b) ha ribadito che “le disposizioni sulla separazione del marchio e delle politiche di comunicazione si applichino a tutte le imprese di distribuzione di energia elettrica e del gas naturale, indipendentemente dalla loro dimensione, nonché alle imprese di vendita di energia elettrica, a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di pubblicazione del provvedimento finale”. Alla luce di quanto rilevato, l’attività di regolazione dell’AEEGSI si è indirizzata, conformemente alla disciplina di cui all’art. 2, comma 5 della legge 481/1995, “al fine di tutelare i clienti finali e di garantire mercati effettivamente concorrenziali”, e, soprattutto, mediante l’esercizio di competenze che “ricomprendono tutte le attività della relativa filiera” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815). 2.2. Ciò conduce al rigetto delle prime due censure di ricorso. 3. Con la terza, quarta e quinta doglianza, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si assume che la disciplina della c.d. separazione funzionale (unbundling), di cui all’art. 41 del D. Lgs. n. 93 del 2011, si limiterebbe a vietare la confusione nelle politiche di comunicazione e di marchio delle aziende verticalmente integrate e sarebbe finalizzata a consentire alle imprese verticalmente integrate di proseguire la propria attività con pienezza dei propri diritti e in modo del tutto trasparente, sia pure garantendo l’indipendenza del gestore del sistema di distribuzione dalle attività non connesse alla distribuzione medesima, mentre la disciplina di cui all’art. 17 dell’allegato A alla deliberazione 296/2015 si prefiggerebbe sostanzialmente l’obiettivo di vietare, in maniera assoluta, l’impresa verticalmente integrata nel settore elettrico, unitamente al divieto di utilizzo del marchio storico. 3.1. Le doglianze sono complessivamente infondate. La situazione di fatto, come ha puntualmente rappresentato l’Autorità, vede la presenza sul mercato di ‘Enel Distribuzione che svolge quale società controllata da Enel S.p.A., in virtù di concessione ministeriale, il servizio di distribuzione dell’energia elettrica tra la rete di trasmissione gestita da Terna ed i clienti finali; Enel Energia che opera nel settore della fornitura dell’energia elettrica nel c.d. mercato libero quale società verticalmente integrata del gruppo Enel; Enel Servizio Elettrico che è la società del gruppo Enel che gestisce il “servizio di maggior tutela” per l’energia elettrica nelle aree in cui Enel distribuzione esercisce il relativo servizio; A2A Energia che è la società commerciale del gruppo A2A, gruppo verticalmente integrato, che svolge, sia attività di vendita nel c.d. mercato libero, sia gestione del servizio di maggior tutela’ (cfr. pag. 8 della memoria dell’Avvocatura erariale depositata il 12 ottobre 2015). È noto che con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE si è, inizialmente, provveduto a disciplinare la c.d. “separazione funzionale”, con specifico riferimento a quella giuridica e societaria, stabilendosi che la diretta ed esclusiva gestione delle attività connesse al possesso di impianti di rete sia affidata ad un gestore indipendente, in tal modo dettagliando la disciplina positiva sull’unbundling. Sul punto, va rilevato che il Consiglio di Stato, definendo le controversie sull’impugnazione della deliberazione n. 11/2007, ha evidenziato: 1) che “si tratta (…) di un sistema necessitato di iniziativa comunitaria, di cui non soltanto il risultato da raggiungere appare chiaramente individuato dalle direttive in questione, ma anche le linee fondamentali degli strumenti per raggiungerlo, onde le relative previsioni producono, e scontano, un inevitabile effetto derogatorio delle norme di diritto interno le quali, regolando gli organi e le fasi di attività societaria corrispondenti alla gestione ed alla programmazione dell’attività di impresa nei settori qui in rilievo [energia elettrica e gas naturale], si trovano ad essere recessive e cedevoli rispetto al diritto comunitario, secondo il rapporto che normalmente intercorre tra questo ed il diritto interno, e ciò per il solo fatto che le previsioni delle direttive, sufficientemente chiare e precise nei loro evidenziati riflessi operativi, siano in vigore per lo scadere del loro termine di recepimento da parte dello Stato” (sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n. 701); 2) che “la scelta dello Stato italiano di demandare ad un organo tecnicamente qualificato dalla sua expertise nei settori di mercato rilevanti e dalla sua posizione di indipendenza funzionale, dei compiti attuativi delle direttive in questione, non impingenti in modo diretto e attuale, ma solo consequenziale, sulla disciplina civilistica interna, non influisce sulla correttezza del modulo di adempimento agli obblighi comunitari prescelto nel caso” (cfr. sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n. 701); 3) che, pertanto, ‘lo strumento di regolazione affidata all’Autorità risulta idoneo a produrre la modificazione dell’ordinamento, se questa, come nel caso, è solo “novativa”, cioè additiva in funzione di una deroga alla disciplina societaria già prodotta dalle direttive; lo stesso strumento attuativo, in tale cornice, garantisce “trasparenza e certezza del diritto”, quantomeno in sé considerato, e costituisce, inoltre, una fonte di norme tale da assicurare il rispetto delle disposizioni cogenti previste dalle direttive medesime’ (cfr. sentenza, VI, 6 febbraio 2009, n. 701). Relativamente alla disciplina contenuta nella deliberazione odiernamente impugnata, si è, inoltre, previsto che “le attività commerciali relative all’impresa di distribuzione siano svolte tramite l’utilizzo di canali informativi, di spazi fisici e di personale distinti da quelli relativi all’attività di vendita dell’energia elettrica o del gas naturale svolti dall’impresa verticalmente integrata o dalle altre imprese del gruppo societario cui questa appartiene” (art. 17.6) e che anche “le imprese o le strutture dell’impresa che svolgono l’attività di vendita ai clienti liberi dell’energia elettrica o l’attività di vendita di energia elettrica ai clienti finali in maggior tutela assicurano che le rispettive attività commerciali nei confronti dei clienti finali siano svolte tramite l’utilizzo di canali informativi, di spazi fisici e di personale separati” (art. 17.9). Ancora una volta viene in evidenza il risultato pratico delle direttive comunitarie, vale a dire la difesa concreta dei clienti finali dal rischio di confusione tra l’attività di distribuzione e quella di fornitura e, relativamente a quest’ultima, tra il mercato libero e quello di maggior tutela. Le ricorrenti, sul punto, hanno censurato la proporzionalità delle misure (la distinzione degli spazi commerciali e del personale dedicato) che l’Autorità ha, invece, reputato coessenziali al raggiungimento dell’obiettivo posto dal legislatore europeo. Ad avviso del Collegio, il giudizio sull’appropriatezza di tali rimedi non può prescindere dal profilo soggettivo correlato all’individuazione delle caratteristiche dei consumatori cui le attività di Enel si rivolgono. Al riguardo, occorre considerare che secondo la normativa comunitaria in materia di marchi d’impresa, vi è un rischio di confusione per il pubblico quando da una valutazione globale relativa alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi e dei segni distintivi dell’impresa, il pubblico sia indotto a ritenere che essi siano ricollegabili alla stessa impresa o ad imprese economicamente collegate. Tale assunto è confortato da puntuali pronunce della giurisprudenza comunitaria. In particolare: a) la “valutazione globale” è basata “sull’impressione complessiva prodotta dai marchi”, da ciò conseguendo che “la percezione dei marchi operata dal consumatore medio del tipo di prodotto o servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi” (cfr. Corte di Giustizia UE, 11 novembre 1997, n. C-251/95; cfr., altresì, id., 29 settembre 1998, n. C-39/97; conforme 6 ottobre 2005, n. C-120/04); b) “ai fini di questa valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657, punto 31). Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi” (cfr. Corte di Giustizia, 22 giugno 1999, n. C342/97). La “nozione di consumatore medio non è statistica”, ha infine statuito la giurisprudenza comunitaria, specificando altresì che “gli organi giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio (…) per determinare la reazione tipica del consumatore medio” (cfr. Corte di Giustizia, 18 ottobre 2012, n. C-428/11). Piena conferma alla configurazione del rischio di confusione del consumatore medio è, inoltre, derivata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (I, 26 marzo 2004, n. 6080; id., 25 aprile 2007, n. 14684). Ulteriore avallo si ricava, infine, dalla lettera di diffida relativa alla procedura di infrazione n. 2014/2286, ove si è precisato che ‘un elemento importante della direttiva 2009/73/CE è il concetto di cliente vulnerabile. In proposito, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva dispone che: “[...] ciascuno Stato membro definisce il concetto di cliente vulnerabile che può riferirsi alla povertà energetica e, fra l’altro, al divieto di interruzione delle forniture a tali clienti in momenti critici. […]”. Nella legislazione nazionale una definizione di cliente vulnerabile è fornita sia all’articolo 14, comma 4, lettera p), della legge comunitaria 2009 sia all’articolo 7, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 93 del 2011. Secondo tali disposizioni sono considerati clienti vulnerabili i clienti domestici, le utenze relative ad attività di servizio pubblico, nonché i clienti civili e non civili i cui consumi annuali non superino una certa soglia, per i quali la continuità di approvvigionamento deve essere garantita anche in momenti critici o in situazioni di emergenza. Questo concetto si riflette anche nella decisione 280/2013/R/Gas dell’autorità nazionale di regolamentazione’. Alla luce di quanto illustrato, è consequenziale ritenere che la separazione delle politiche di comunicazione, rapportata al divieto di confusione dei clienti finali imposta dal D. Lgs. n. 93 del 2011, sostanziata a fini interpretativi dall’applicazione del criterio della “valutazione globale” sulla percezione del consumatore medio (ben delineata dalla giurisprudenza sopra citata), giustifichino su un piano di adeguatezza e proporzione le misure relative alla distinzione dei marchi, degli spazi commerciali e del personale rispettivamente dedicato alle attività di vendita ai clienti liberi dell’energia elettrica e a quelli finali in maggior tutela. Il Collegio valuta, cioè, ragionevole la necessità di evitare preventivamente che i clienti che accedono a un “punto Enel” possano essere indotti in confusione per la presenza di distinte postazioni che ospitano personale di diverse società del gruppo. Del resto, con la deliberazione 8 luglio 2010, n. 104, l’Autorità ha approvato il “codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica e di gas naturale ai clienti finali”, e ciò per perseguire “l’obiettivo generale di prevenire quelle condotte pregiudizievoli per i clienti finali che si sono manifestate successivamente alla liberalizzazione dei mercati energetici, con particolare riferimento alle pratiche commerciali messe in atto da esercenti la vendita, denotanti in particolare la carenza di informazioni adeguate per una scelta consapevole e il ricorso ad informazioni inesatte e/o false, al fine di indurre il cliente finale alla conclusione di un nuovo contratto di fornitura sfruttando l’inconsapevolezza dello stesso”. È, quindi, evidente che il profilo della “protezione dei consumatori”, messo criticamente in evidenza nella comunicazione di avvio della procedura di infrazione n. 2014/2286, presupponga l’adozione di misure semplici e chiaramente percepibili dalla clientela (queste sono, in effetti, quelle rappresentate dalla distinzione dei marchi, degli spazi commerciali e del personale), funzionali a garantire il risultato prescritto dalla normativa comunitaria. Per questo può fondatamente ritenersi che la deliberazione impugnata ha ripristinato la centralità dell’interesse pubblico della clientela rispetto a quello delle imprese verticalmente integrate, in sintonia con gli obiettivi della normativa comunitaria e con prescrizioni congrue e immuni da irragionevolezza (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815). 3.2. Pertanto, anche le predette doglianze sono infondate. 4. Con la sesta censura si assume che l’adozione, da parte dell’Autorità, di misure che non trovano alcun referente nelle disposizioni in tema di unbundling prescritte dal legislatore europeo avrebbe dato origine, nel solo territorio italiano, ad un regime concorrenziale difforme (e più restrittivo) di quello vigente nel resto del mercato europeo, in evidente conflitto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2009/72/CE. 4.1. La censura è infondata. Come emergente dalla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea, risultavano assolutamente inidonee le misure adottate a tutela del consumatore, essendosi rilevato che la strategia di marchio del gestore del sistema di distribuzione Enel Distribuzione (distribuzione di marca) e del fornitore Enel Energia (vendita commerciale) non emergeva come sufficientemente separata. Pertanto le misure adottate risultano assolutamente congrue e ragionevoli in vista della tutela dei consumatori medi dal rischio di confusione, tenuto conto che i vari Paesi membri dell’Unione europea risultavano aver adottato misure diverse e disomogenee per conseguire il risultato previsto dall’art. 26 delle Direttive del 2009. (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 aprile 2016, n. 815). Del resto, la differenziazione si giustifica proprio con riferimento alle peculiarità del mercato nazionale e alla circostanza che per perseguire gli obiettivi individuati nelle direttive sia necessario adottare misure idonee ed efficaci. 4.2. Ciò evidenzia l’infondatezza anche della sopra scrutinata censura. 5. Con l’ultima doglianza, proposta in via subordinata, si eccepisce l’illegittima parificazione al marchio degli altri segni distintivi, quali la ditta, l’insegna e la denominazione sociale, dotati di proprie autonome caratteristiche e finalità, estranee a quelle del marchio e, dunque, a quelle che la Direttiva avrebbe inteso prendere in considerazione. 5.1. La doglianza è infondata. L’equiparazione del trattamento di tutti i segni distintivi dell’impresa al marchio risulta giustificata dalla necessità di garantire i consumatori medi dal rischio di confusione, visto che anche i segni distintivi diversi dal marchio costituiscono elementi identificativi di una impresa. Essendo l’obiettivo quello di assicurare una separazione funzionale dei vari rami di attività, lo stesso deve essere perseguito ponendo in essere tutte le misure attuative necessarie e non limitandosi ad una letterale riproduzione di quanto contenuto nella direttiva, che comunque deve essere applicata dando prevalenza agli obiettivi perseguiti dalla stessa, laddove si profili una possibile inidoneità delle misure prospettate, se intese nel loro esclusivo significato letterale. Nel caso de quo, un trattamento differenziato dei vari segni distintivi dell’impresa avrebbe rischiato di pregiudicare irrimediabilmente l’efficacia delle misure previste a protezione dei consumatori. 5.2. Quindi anche tale censura va respinta. 6. In conclusione, all’infondatezza delle censure del ricorso, segue il rigetto dello stesso. 7. In relazione alla complessità della controversia e della parziale novità delle questioni affrontate, le spese di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe proposto. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 14 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati: Mario Mosconi, Presidente Antonio De Vita, Consigliere, Estensore Floriana Venera Di Mauro, Referendario L'ESTENSORE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/07/2016 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) IL PRESIDENTE