Liverpool. La sinistra laburista contro la Thatcher e Kinnock

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Liverpool. La sinistra laburista contro la Thatcher e Kinnock
Liverpool. La sinistra laburista contro la Thatcher e Kinnock
There is no power in the world which could for a day resist the British working class K.
Hardie, fondatore del partito laburista
1. Introduzione
Mai così tanti furono sfruttati così tanto da così pochi, si potrebbe dire parafrasando
Churchill. Questa è l’essenza della nostra epoca e la contraddizione chiave che l’attanaglia,
riflettendosi nella sua ideologia, nella sua scienza, nella sua cultura. La sconfitta politica e
teorica dello stalinismo, principale nemico e carnefice della corrente marxista in seno al
movimento operaio per settanta anni, è servita come scusa per l’abbandono di un qualsiasi
riferimento a una società diversa dal capitalismo, dove, evidentemente, l’umanità è costretta
a passare il resto della sua storia. I dirigenti socialdemocratici, sia quelli riformisti da
generazioni, sia quelli da poco vinti alla causa del capitalismo, sono concordi nel ritenere
loro unico scopo la gestione dell’esistente, considerando gli asili dell’Emilia Romagna
l’unica utopia realizzabile nel mondo del dopo guerra fredda. Sebbene epoche di reazione
ideologica ci siano sempre state nel capitalismo, questa ha la particolarità di basarsi sul
crollo di quello che per molta parte dei lavoratori di tutto il mondo era un’alternativa allo
stato di cose presenti. D’altra parte la critica marxista al cosiddetto socialismo reale era, ed
è, patrimonio di una piccola avanguardia, e così, l’ideologia che recita la superiorità del
mercato su ogni altra forma di vita celebra le sue orge.
In realtà, il capitalismo ha ammassato e ammassa tali e tante contraddizioni che ci vuole
tutta la miopia di un riformista per non vedere gli inevitabili rivolgimenti futuri. Il
“realismo” di questi personaggi è molto utile per continuare a frustrare i propri militanti, ma
non ha nessuna giustificazione. Sono come geografi del quindicesimo secolo intenti ad
attaccare Colombo per la sua folle idea sull’esistenza di un altro continente.
Probabilmente, in futuro, quest’epoca verrà guardata con una certa curiosità. Mai le risorse a
disposizione dell’uomo sono state cosi colossali. Mai ne fu fatto un uso così
scandalosamente irrazionale. Ci sono tutte le condizioni per far lavorare gli operai di tutti i
paesi venti ore a settimana, invece le ore di lavoro (considerando sia quelle giornaliere che
gli anni di lavoro necessari per la pensione) sono enormemente aumentate. Il totale
appiattimento dei dirigenti riformisti si è paradossalmente e ironicamente ritorto contro il
capitalismo, dato che il crollo dei salari ha causato la crisi economica mondiale.
Questi aspetti sono approfonditi in ben altri documenti. L’intento che ci poniamo con questo
lavoro è invece un altro. Intendiamo, con un esempio storico, esemplificare il fatto che il
tentativo di riformare l’esistente fallisce ovunque sotto i nostri occhi. Le conquiste del
passato sono eliminate una ad una con l’appoggio entusiasta o almeno la complicità dei
dirigenti riformisti. Questi stessi dirigenti, nonostante tutti i proclami sulla democrazia e il
pluralismo, non sono disposti a mettere in discussione il proprio controllo del movimento,
più di quanto i capitalisti lo sarebbero per le proprie fabbriche. Ma pur in mezzo a enormi
difficoltà, è possibile costruire una visione e una pratica politica alternative, che sfidino
l’ordine esistente e convincano le masse della necessità di trasformare la società prima di
finire stritolati dalle leggi immanenti della modernizzazione capitalistica.
Liverpool è il luogo privilegiato per questa analisi. Quello che si cercherà di fare qui è una
storia ragionata dell’esperienza della giunta laburista di Liverpool negli anni ’80, sperando
di riuscire a dimostrare che, nonostante le ovvie peculiarità locali e le unicità del caso,
chiunque aspiri a una società diversa e migliore possa leggere in questo lavoro un de te
fabula narratur.
2. Liverpool fino al 1945
Liverpool, una città ricordata da molti come patria dei Beatles, da altri per le gesta poco
civili dei suoi tifosi, e infine, forse, da chi ripesca nella sua memoria scolastica, per
l’associazione con l’infame deportazione di milioni di africani come schiavi. Tutte queste
cose saranno per altro tirate fuori nel corso delle polemiche politiche di cui andremo a
parlare, come fossero le cause profonde degli scontri politici stessi di Liverpool.
Indubbiamente, le specificità dell’area, come una disoccupazione “meridionale”, o un
sistema abitativo più albanese che britannico, contribuiscono a spiegare la brutalità dello
scontro che si svolse in quel periodo, ma in nessun modo la radicalità della lotta si può
ridurre ad esse.
Cominciamo dunque con un breve cenno allo sviluppo della città nel raffronto con i
principali avvenimenti della storia inglese.
Liverpool divenne una città in senso proprio con il commercio degli schiavi. Nel secolo
della rivoluzione industriale si espanse per l’immigrazione di decine di migliaia di irlandesi,
fuggiti dalla carestia. La presenza di una consistente minoranza cattolica ebbe un peso
notevole almeno fino al dopoguerra. I lavoratori, come in Irlanda, erano divisi su linee
religiose e non costituivano nemmeno organizzazioni unitarie. Tuttavia, proprio come in
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Irlanda, le necessità della lotta insegnarono ai lavoratori la necessità di combattere uniti.
Alla vigilia della prima guerra mondiale, nella zona del Merseyside la classe operaia iniziò
una serie di scioperi (portuali, trasporti ecc.). Già allora la zona si segnalava per una
militanza particolarmente accesa. I sindacati vennero enormemente rafforzati e trasformati
da queste lotte, le divisioni religiose lasciate cadere. Gli scioperi, nati con un carattere
economico, si trasformarono rapidamente in una battaglia politica. Il 13 agosto del 1911 la
polizia aprì il fuoco su una manifestazione operaia. Seguirono altri scontri sanguinosi. Il 19
agosto c’erano 200.000 lavoratori in sciopero nell’area. Liverpool venne occupata
militarmente, con navi militari alla rada. La guerra bloccò lo sviluppo del movimento, ma la
rivoluzione bolscevica fece esplodere di nuovo le scintille della rivolta. A Liverpool il
partito comunista venne fondato da John Braddock, un nome che ritroveremo in seguito.
Nel 1919 scoppiò uno sciopero della polizia in tutto il paese. Si formò un sindacato che a
Liverpool raccoglieva un incredibile 95% dei lavoratori in divisa. Le parole d’ordine del
bolscevismo sembravano infettare perfino il cuore dello stato borghese, il suo apparato
repressivo. Il governo concesse aumenti di paga, ma per evitare il consolidamento del
sindacato fece passare una riforma con cui si creava una “associazione”, una sorta di
sindacato giallo, vietando al contempo la presenza di veri sindacati. I parlamentari laburisti
non si opposero. Il sindacato proclamò scioperi che nell’area di Liverpool furono totali, ma
non ottennero la vittoria. Il governo riuscì a sconfiggere questa lotta in due modi: isolando i
poliziotti dalle altre categorie e creando una polizia “alternativa” con le migliaia di reduci
della guerra. Il sindacato di polizia ne uscì completamente distrutto. Sempre a Liverpool, il
sindacato di disoccupati guidato dai comunisti (National Unemployed Workers Movement)
condusse battaglie importanti ed ebbe una forza notevole. La disoccupazione attanagliava la
città e il ritorno a casa dei soldati dal fronte peggiorava solo le cose. Il movimento operaio di
Liverpool era molto radicalizzato e il partito comunista vi occupava una posizione
importante. Nelle elezioni comunali del 1919, come conseguenza delle lotte, il Labour Party
ebbe una grande crescita.
Dopo qualche anno di stasi il movimento riprese con lo sciopero dei minatori del 1926. A
Liverpool i minatori vennero sostenuti da tutta la classe che diede luogo a diversi scioperi
generali. Come poi successe sessanta anni dopo, la direzione sindacale decise di lasciare i
minatori combattere la loro battaglia da soli. I minatori persero. La loro sconfitta segnò le
sorti del movimento per anni. Fu la più grave sconfitta operaia della prima metà del secolo.
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Nel Merseyside, ad esempio, l’iscrizione alle trade unions crollò del 25%. Con l’arrivo della
depressione, Liverpool sprofondò nella disoccupazione di massa. Almeno il 30% della forza
lavoro era disoccupata. Si susseguivano scontri tra polizia e movimenti dei senza lavoro. Il
collasso del porto, da cui tutta la città dipendeva, ebbe effetti disastrosi. Nel 1932 si
calcolava che ci fossero almeno 100.000 disoccupati nella zona del Mersey.
In quel periodo si concluse la parabola di stalinizzazione del partito comunista e si consumò
il tradimento di Ramsay MacDonald, che da dirigente laburista passò allo schieramento
borghese. Fu anche il periodo in cui nacque una corrente trotskista nel movimento operaio.
Già prima della seconda guerra mondiale c’erano gruppi trotskisti sia nel Labour Party, sia
nell’Independent Labour Party. Negli anni ‘40 il Rcp, di cui parleremo in seguito, ebbe una
sua zona di forza nella città. La guerra, con lo sforzo sovrumano contro il nazismo di ogni
lavoratore al fronte e in produzione, fermò lo sviluppo immediato delle lotte, anche per le
politiche nazionaliste dei laburisti e del partito comunista stalinizzato.
Liverpool uscì dalla seconda guerra mondiale malconcia come dalla prima, sia per i
bombardamenti, sia per la perdita delle commesse legate all’industria militare. La città si
segnalava per un degrado abitativo terribile. La disoccupazione continuava a essere
altissima. Nel 1945 Liverpool e l’Inghilterra consegnarono il governo ai laburisti.
3. Liverpool e l’Inghilterra, dal 1945 agli anni ‘80
Il periodo che va dalla prima alla seconda guerra mondiale, segnò il declino irreversibile
dell’impero vittoriano. Da centro del mondo, l’Inghilterra si trovò gettata in seconda fila,
dietro allo strapotere dell’imperialismo americano e della potenza crescente dello stalinismo.
Facendo di necessità virtù, la borghesia inglese definisce da allora come “rapporto
privilegiato” con gli Usa la propria totale prostrazione a un alleato infinitamente più forte.
Questo cambiamento radicale della posizione del paese in seno all’economia mondiale aiuta
a spiegare la profondità delle riforme necessarie e anche la scarsa opposizione che esse
trovarono. Queste riforme, insieme al boom postbellico aiutarono la direzione del partito
laburista a mantenere un saldo controllo sulla propria base.
Nel 1945, alla fine della guerra, i lavoratori mandarono al potere il loro partito. Come è
noto, il Labour Party intraprese una politica di riforme abbastanza estese, per permettere al
capitalismo britannico di rimettersi in sesto. Questo programma, elaborato dall’ala fabiana
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del partito, si incentrava sulla costruzione di un ampio stato sociale e soprattutto sul
National Health Service, gratuito e universale. Le nazionalizzazioni, lungi dall’essere un
danno per la classe dominante, la liberarono dalla gestione di infrastrutture costose e poco
redditizie di cui pure vi era bisogno. Nel 1951 il Labour Party prese più voti che nel ‘45 ma,
per il gioco dei seggi marginali, i conservatori tornarono al potere. A Liverpool nel 1955,
per la prima volta i laburisti controllavano il comune. In quel periodo la destra aveva una
presa ferrea sul partito ed era guidata dai Braddock, i quali erano passati dal fondare il
partito comunista all’essere l’ala destra del movimento socialista. Per evitare spiacevoli
opposizioni, il partito rifiutava l’iscrizione a chi non avesse referenze sicure con la scusa che
era “al completo”, quasi si fosse trattato di un pullman, più che dell’organizzazione degli
oppressi. Così nel 1955 un dirigente della tendenza marxista del partito venne selezionato
come candidato per Walton (uno dei seggi di Liverpool), ma la destra lo cacciò. Fu questo il
primo episodio del genere in quell’area. Comunque, nonostante questa cappa quasi
maccartista, l’influenza di idee marxiste cresceva, soprattutto in campo sindacale. Per
esempio, nello sciopero degli apprendisti dell’industria, all’inizio degli anni ‘60, la direzione
del movimento nell’area del Mersey era in buona parte marxista. Molto spesso, le correnti
del movimento operaio che si rifanno al trotskismo hanno una composizione intellettuale e
studentesca. Al contrario, in questo caso la base di questa tendenza era per lo più operaia, il
che aiuta a spiegare la sua crescita nel sindacato e anche nel partito. Tuttavia, nonostante i
successi, all’inizio degli anni ‘70 anche a Liverpool essa era ancora fortemente minoritaria.
Nel 1964 il partito laburista vinse le elezioni, quelle politiche e quelle locali. Ma sia il
governo nazionale di Wilson che quello municipale di Sefton e altri imposero una politica
reazionaria. Per esempio il consiglio comunale laburista propose un aumento della rent del
25%1. L’esplosione che ne seguì si riflesse anche nel partito. La sinistra, e in particolare
l’ala trotskista, acquisirono sempre più influenza nell’area. Wilson, da parte sua, intraprese
dopo il crollo della sterlina del 1966, una politica di rigore, con tagli selvaggi ai salari e ai
servizi sociali. Utilizzò perfino MI5, il servizio segreto, per investigare sul presunto ruolo
dei comunisti negli scioperi di alcune categorie. Tutte le promesse laburiste crollarono.
Insieme a loro l’occupazione, i salari, la fiducia dei lavoratori. Come sempre accade, la
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La “rent” è un elemento fondamentale nella politica sociale dei comuni inglesi. Essa è l’affitto che si paga per
le case comunali. Data la cospicua proporzione di case pubbliche in Gran Bretagna, la fissazione della rent è di
fatto uno strumento centrale della politica abitativa e sociale più in generale. L’altro è il “rate”, ovvero le tasse
comunali.
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delusione per le politiche della destra riformista condussero alla sconfitta elettorale. Così a
Liverpool tornarono al governo i liberali, mentre Heath, leader dei tories, conquistò
Downing Street.
Il governo conservatore non riuscì però a piegare la resistenza dei lavoratori, che anzi non
erano disposti a cedere come avrebbero fatto con un governo “amico”. L’escalation degli
scioperi arrivò al culmine, cosa usuale nel Regno Unito, con la lotta dei minatori. Il loro
sciopero del 1972 fu un successo e costrinse il governo Heath alla resa.
Nell’area di Liverpool, anche in questo frangente, le lotte furono estese e determinate. I
lavoratori della fabbrica della Fisher Bendix decisero di occupare l’impianto contro la sua
chiusura nel ‘71, l’anno dopo i loro compagni della CAV Lucas li imitarono. Il governo,
minacciato da nuovi scioperi, scelse le elezioni con il famoso slogan “who runs the
country”, e perse duramente la scommessa. Wilson tornò così al governo nel mezzo di una
grave crisi economica. Se possibile, il suo secondo gabinetto fu ancora più impopolare e
frustrante del primo. Nel 1979 questa delusione condusse alla vittoria della Thatcher.
In pratica, il governo Thatcher non dovette che proseguire sulla strada dei tagli iniziati dai
laburisti, ma la strategia dietro a questi tagli era di ben diverso respiro.
4. L’Inghilterra dalla Thatcher a Tony Blair
La signora di ferro, ammaestrata dalla cocente sconfitta di Heath, si preparò con molta cura
allo scontro sociale. Innanzitutto, si concentrò su un solo obiettivo alla volta, in modo da
isolare un piccolo contingente del nemico per annientarlo. In ciò fu aiutata dal prezioso aiuto
della direzione sindacale, ben attenta a non unificare le varie lotte in corso. Lo scontro
decisivo, quello contro i minatori, venne preparato dal governo con mesi di anticipo.
Soprattutto, a differenza di quanto accade nelle dispute sindacali ordinarie, il governo non
faceva nessuna valutazione costi-benefici dello sciopero. L’azione della Thatcher non era
diretta ad avere vantaggi economici ma solo a punire i minatori, costringerli alla resa come
segnale per tutti gli altri. I costi sociali e finanziari dello sciopero dei minatori, che durò
oltre un anno, furono ben maggiori del beneficio immediato. Ma il risultato finale politico
valeva la candela. Di fronte a un nemico che non faceva nessun ragionamento di costi, ma
mirava solo all’annientamento, l’unica risposta non poteva che essere politica e generale.
Invece la direzione sindacale si impegnò in una parodia delle trattative Chamberlin-Hitler.
Anche allora l’illusione di poter fermare la reazione con i pezzi di carta costò alla Gran
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Bretagna anni di sofferenza. Il paragone sembra eccessivo. D’altra parte l’utilizzo che il
governo conservatore fece dei mezzi repressivi, di leggi spesso coniate per l’occasione e
così via, ha davvero pochi paragoni. Inoltre lo scopo che il governo Thatcher si poneva era
distruggere l’influenza del movimento operaio, proprio come il movimento fascista. Solo
che si trovava costretto a ricorrere a una controrivoluzione in forma democratica, dato che
un’eventuale guerra aperta non avrebbe avuto affatto un esito certo. Proprio come le
dittature fasciste degli anni ‘30, la Thatcher ricorse alla classica diversione dell’attenzione
su un nemico esterno: l’Argentina. La guerra delle Falkland aiutò senz’altro la vittoria
dell’83, così come la defezione di parte della destra del partito. Ma le ragioni della peggior
sconfitta laburista del secolo non furono solo legate all’avventura militare.
I governi Wilson avevano dato una dimostrazione lampante delle idee “riformiste” del
Labour Party. Quando il partito dei lavoratori fa una politica di destra, vengono meno le
ragioni per cui i lavoratori lo votano. La delusione di due governi laburisti che portavano
avanti politiche di austerità non poteva essere invertita solo grazie a un programma a parole
molto radicale, come quello dell’83. Fatto sta che la Thatcher ebbe altri quattro anni per
completare la sua “campagna”. Per prima cosa partì all’attacco dei minatori. Alcune zone
del paese si trasformarono in quartieri di Belfast o Derry. Migliaia di poliziotti e soldati
vennero impiegati contro i minatori e le loro famiglie. Mano a mano vennero vietate le
azioni sindacali più comuni, come i picchetti o perfino la raccolta di fondi a favore degli
scioperanti. Fu veramente la rappresentazione della lotta di classe allo stato puro. Il partito
laburista sostenne a parole i minatori ma evitò qualsiasi azione concreta. Lo sciopero fu un
esempio di resistenza e solidarietà con pochi eguali nella storia contemporanea. Per oltre un
anno i minatori sostennero l’attacco continuo della repressione più brutale, la violenza fisica
e politica dello stato e degli organi di informazione più “imparziali” che mai. Ma alla fine la
sconfitta fu netta. Ed era solo la prima. Nello stesso periodo, il comune di Liverpool era
l’altro grande nemico del governo tory. Ma fedele alla tattica del divide et impera la
Thatcher aspettò di sconfiggere i minatori prima di rivolgere l’attenzione al Mersey.
Dopo l’episodio dello sciopero dei minatori, la vita politica inglese si svolse come su un
piano inclinato. Inclinato dalla parte dei conservatori. Il partito laburista si convinse che le
politiche governative fossero sempre più apprezzate e adottò la tattica del “me-tooism”
consistente nel colorare un po’ di laburista, ma sostenendoli, i capisaldi della politica tory.
Faceva parte di questo spostamento l’eliminazione di ogni posizione non moderata nel corpo
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del partito. È una tattica che ebbe poco successo. Kinnock perse le elezioni anche nell’87.
John Smith, seguendo la stessa linea, fece la stessa fine nel 1992. Ci vollero altri cinque anni
di vandea tory per far diventare la quantità qualità. Quando Blair prese in mano un partito
ormai quasi del tutto “disinfestato”, non doveva che accelerare il ritmo dello spostamento a
destra cominciato oltre dieci anni prima. Ovviamente, i colonnelli ben vestiti del New
Labour si prendono il merito della più grande vittoria laburista di tutti i tempi, quella del
primo maggio 1997. Ma non sarebbe esagerato dire che dopo sedici anni thatcheriani, gli
inglesi avrebbero votato anche per un branco di scimpanzé, se gli avesse assicurato la
vittoria laburista. Dieci anni di blairismo e il paese fu gettato nella più grave crisi economica
e sociale del dopoguerra, con ovvie conseguenze sul piano politico: la sconfitta laburista, un
partito sempre più lontano dai lavoratori.
5. Le correnti politiche del movimento operaio
In ogni paese che cade nell’orbita della produzione capitalistica sorge una classe di
produttori privi di mezzi di produzione che ben presto comincia a costruire un movimento
che la difenda dalla brutalità del lavoro salariato. Questo movimento viene incarnato nei
sindacati. Quando i lavoratori fanno il salto di coscienza necessario a spingersi oltre il limite
di rivendicazioni difensive, creano delle organizzazioni politiche. In un certo senso esse
sono l’espressione politica delle necessità del movimento sindacale, anche se il rapporto è
profondamente articolato e complesso. Questa complessità è ben visibile nella storia del
movimento operaio britannico che è la più lunga del mondo. La lotta tra le diverse tendenze
politiche all’interno delle trade unions inglesi ha riflettuto, in questi secoli, le vicende
alterne della lotta di classe, l’assalto al cielo da parte degli oppressi, le sanguinose sconfitte,
le ritirate parziali, i successi momentanei della classe operaia. Spesso si sente dire che il
sindacato alle sue origini non era politicizzato, ma è un’idea sbagliata. Come i partiti dei
lavoratori sono legati ai sindacati, così i sindacati riflettono le tendenze politiche in seno alle
masse. Così, la prima centrale sindacale della storia la Grand National Consolidated Trades
Union, nata nel 1833, era di ispirazione owenista.
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Alla fine del secolo scorso, i sindacati decisero di costituire un proprio partito, il partito
laburista2. Da allora, il Labour Party è un’emanazione diretta dei sindacati, per quanto la
politica yuppista di Blair e soci tenti di farlo dimenticare. I legami tra sindacato e partito
sono dunque più espliciti e diretti che altrove, si pensi all’Italia, dove pure, naturalmente,
esistono. Il partito trae la maggior parte del suo sostentamento dai sindacati, i quali hanno un
peso notevole nella sua vita interna, potendo utilizzare nei congressi i blocchi di voti dei
propri iscritti.
Sin dalla sua origine il Labour Party è stato scosso da lotte tra tendenze politiche diverse e
opposte, come per altro accade a tutti i partiti operai. Il Labour Party però ha la particolarità
di non aver mai avuto dei seri rivali. L’Independent Labour Party, il partito comunista
britannico ecc., non hanno mai avuto nemmeno lontanamente la forza e il radicamento del
partito laburista. Anche se in occasioni e zone specifiche, il tradimento di Ramsay
MacDonald, i minatori e la Scozia, queste organizzazioni hanno assunto un certo peso. Data
la preponderanza secolare del partito, le lotte tra riformisti e rivoluzionari sono passate
dunque attraverso lo spostamento del partito su posizioni radicali o moderate, piuttosto che
per scissioni dello stesso, come è invece capitato per esempio al partito socialista in Italia
(Pcd’i, Psiup ecc.). Si può dire che le scissioni dal partito, almeno dal dopoguerra a oggi,
hanno rappresentato un sintomo di disperazione e frustrazione e mai un episodio di reale
spaccatura del movimento operaio.
Nel 1918 il partito introdusse l’affiliazione individuale. Già allora, erano presenti nel partito
tendenze organizzate che si rifacevano apertamente al marxismo (il British Socialist Party
ecc.). L’effetto della rivoluzione bolscevica fu naturalmente sconvolgente anche in Gran
Bretagna. Il partito introdusse la famosa “Clause IV” sulla socializzazione dei mezzi di
produzione3. In quel periodo nacque il partito comunista, che seppur piccolo, ebbe
2 In questo saggio usiamo indifferentemente l’espressione “partito laburista” e “labour party”. La cosa curiosa è
che però, per quasi tutti gli italiani, soprattutto i presunti esperti di scienze politiche, le due espressioni
significano cose diverse. In inglese “Labour party” significa nient’altro che partito operaio. Mentre “laburista”
ha, agli occhi di questa gente, un significato di moderatismo, di collaborazione di classe che non trova riscontro
nella storia reale del movimento operaio britannico, come vedremo.
3 La famosa Clause IV recita:
“To secure for the workers by hand or by brain the full fruits of their industry and the most equitable distribution
thereof that may be possible upon the basis of the common ownership of the means of production, distribution,
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un’influenza profonda in settori importanti del movimento operaio. Durante il periodo del
“fronte unico”, quando i dirigenti bolscevichi consigliavano ai giovani partiti europei di
cercare l’unità d’azione con i vecchi e radicati partiti riformisti, il partito comunista cercò
l’affiliazione con il Labour Party. Questa gli venne rifiutata, ma la penetrazione delle idee
rivoluzionarie non ne venne troppo ostacolata. Successivamente, seguendo la politica
suicida del socialfascismo voluto dalla direzione staliniana, i partiti comunisti si
autoisolarono dal movimento operaio. In Germania questa politica non fece meno danni,
dato che contribuì alla vittoria dei nazisti, ma almeno aveva una base nella forza oggettiva
del partito. In Gran Bretagna era semplicemente patetica. La lotta che gli eredi storici del
bolscevismo condussero in Urss contro Stalin si diffuse in tutti i partiti comunisti del mondo
che per altro vi reagirono tutti allo stesso modo, seguendo l’esempio di Mosca. In Urss, alle
discussioni accese ma fraterne tipiche del partito bolscevico di Lenin, si sostituirono le
espulsioni e le fucilazioni. Il partito comunista russo venne epurato, l’opposizione di sinistra
guidata da Trotskij venne emarginata e poi sterminata. In tutto il mondo nacquero dei
gruppi, spesso ridotti, di comunisti fedeli alle idee del bolscevismo, che si considerarono
l’opposizione dell’Internazionale Comunista fino al 1933 e il nucleo di una nuova
Internazionale successivamente. Pur erede storico delle tradizioni rivoluzionarie del
bolscevismo e del socialismo in genere, questo movimento non fu aiutato dalla proprio
litigiosità e dalla capacità di frammentarsi. L’Inghilterra non fece e non fa eccezione.
6. Il trotskismo in Gran Bretagna
Il trotskismo nacque in Gran Bretagna e altrove alla fine degli anni ‘20, come opposizione
alle politiche imposte da Mosca. A differenza che in altri paesi, soprattutto mediterranei,
dove la presa dello stalinismo sul movimento operaio ha tenuto gli eredi dell’Ottobre per lo
più fuori gioco, in Inghilterra il peso numerico e soprattutto politico del trotskismo è stato
fin dagli anni ‘40 piuttosto notevole. Senza pretendere di fare una storia di questa influenza,
and exchange, and the best obtainable system of popular administration and control of each industry and
service”.
Questa formulazione, del tutto vaga, fu scritta dai Webb, capi della corrente riformista fabiana. Come molti altri
riformisti, i coniugi Webb avversarono la rivoluzione bolscevica negli anni ‘20, mentre esaltarono la
controrivoluzione di Stalin. Così scrissero il famoso libro “Soviet Communism: A new Civilization”, una delle
opere più apologetiche del periodo.
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possiamo qui citare tre episodi chiave. Il primo avvenne durante la guerra, quando il Rcp
(Revolutionary communist party) che riuniva tutti i militanti trotskisti britannici, ebbe un
impatto poderoso nelle lotte sindacali e perfino tra le truppe di Sua Maestà,
contrapponendosi alle scelte “patriottiche” di laburisti e comunisti. Il secondo episodio è per
l’appunto la giunta di Liverpool. Infine il terzo è la battaglia contro l’odiosa Poll Tax
introdotta dal governo Thatcher alla fine degli anni ‘80. Questa battaglia, condotta dall’Aptu
(Anti poll tax union) sfociò nella disobbedienza fiscale di 14 milioni di persone e nelle
dimissioni a cui la signora di ferro fu costretta. Anche in questo caso la lotta venne guidata
dalla tendenza trotskista del movimento operaio, con i dirigenti ufficiali del partito piuttosto
freddi a simili metodi di lotta “illegale”.
Come detto, il movimento trotskista nacque come opposizione alla linea ufficiale del partito
comunista. Una volta esclusi dallo stesso, i trotskisti in Inghilterra e altrove, scelsero due
strade. La prima consisteva nella creazione di organizzazioni autonome, gruppi
rivoluzionari, ancorché spesso deboli, con programmi socialisti da contrapporre alle
organizzazioni ufficiali. La seconda consisteva nel penetrare in tali organizzazioni, agire
come tendenza rivoluzionaria in seno alle stesse e costruire il partito rivoluzionario partendo
dalla base del movimento operaio ufficiale4. In questo non si trattava che di imitare il
proprio nemico di classe, il quale si è sempre servito di una propria corrente in seno al
movimento operaio5. Se si esclude la breve vita del Rcp, il movimento trotskista britannico
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Storicamente, la tattica di costruire il partito rivoluzionario come tendenza dei partiti riformisti è nota come
“svolta francese”, per il fatto che Trotskij la propose originariamente ai propri sostenitori francesi nel 1934.
Dopo questo episodio, rapidamente imitato in Inghilterra, Stati Uniti e altrove, questa tattica divenne nota come
”entrismo”. Per altro i diversi gruppi che si richiamano al trotskismo hanno applicato questa tattica in modi così
diversi da renderla abbastanza indefinita.
5 Non intendiamo dire che vi sono tendenze del movimento operaio inclini all’opportunismo e quindi a cedere
alle pressioni della classe dominante. Questo è ovvio e insieme astratto. Intendiamo dire che molti riformisti
hanno dei legami organici con la borghesia di cui rappresentano una vera e propria quinta colonna. Non è
difficile dimostrare questa affermazione. Un caso che colpisce è senz’altro quello di Turati, capo storico del
riformismo italiano. In una lettera a un dirigente giolittiano, poco prima della rivoluzione bolscevica, Turati
scrisse:
“…Si tratta di sapere se il governo è proprio deciso ad allearsi con gli elementi estremisti e leninisti del Partito
socialista e delle masse operaie contro di noi che teniamo testa e siamo i moderatori. Io pongo a te e
all’onorevole Orlando la questione molto nettamente. Noi siamo - lo sapete meglio di noi - in un periodo che si
va facendo, per la stanchezza della guerra, ogni giorno più difficile. Nelle masse socialiste la tendenza
sabotatrice, che fin qui potemmo contenere, con sufficiente fortuna, acquista vigore e decisione. Contro di essa se non vi decidete a ricorrere ad anni di guerra civile - non avete altra difesa che la tendenza conciliante e media,
rappresentata ad un dipresso dal Gruppo parlamentare.” (lettera a Corradini 14-8-1917, cit. in Spirano P., Storia
del partito comunista italiano, vol. I p. 10, Einaudi, Torino, 1990)
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si è sempre trovato diviso su quale delle due tattiche adottare. Questo ha significato che sin
dagli anni ‘30 è stata presente, nel partito laburista, almeno una tendenza di ispirazione
trotskista. Negli anni ’60 le varie organizzazioni trotskiste, originatesi dalla frattura del Rcp,
lavoravano nel partito laburista. La più influente, nota come “The club”, controllava la
gioventù laburista6. Quando il partito lanciò una purga contro le correnti radicali negli anni
‘60, tutti i gruppi trotskisti abbandonarono il lavoro entrista e crearono organizzazioni
autonome. Rimase solo una tendenza, allora molto ridotta, intorno al giornale Militant. In
qualche anno, questa tendenza conquistò la maggioranza della gioventù laburista e nel corso
degli anni ‘70 rafforzò notevolmente il suo peso all’interno del partito.
La storia del Labour Party e delle sue correnti aiutano a comprendere l’abisso di posizioni
politiche rappresentate in seno al partito, nonché l’astio anche personale tra dirigenti
nazionali, una cosa abbastanza inusuale altrove. Queste diverse posizioni, negli ultimi
decenni, si sono cristallizzate in due correnti ben distinte: una destra blandamente riformista
con posizioni più o meno omogenee, di cui Blair è l’espressione più moderna e brutale; una
sinistra piuttosto variegata, con, al suo interno, una “soft left” facilmente incline a passare
dall’altra parte e una “sinistra della sinistra” radicale e di stampo marxista. I rapporti di forza
in seno alla sinistra hanno deciso delle posizioni di tutto il partito nel corso degli anni. In
particolare la spaccatura della sinistra “trendy” o “soft” ha fatto riguadagnare alla destra la
maggioranza dell’organizzazione dopo un lungo periodo.
7. Sinistra e destra nel partito laburista
Quello che è sorprendente è che nello stesso torno di tempo i dirigenti bolscevichi dicevano esattamente le stesse
cose su questa corrente:
“Turati non è un volgare carrierista, ansioso di diventare ministro in un governo capitalista. Nella misura in cui
lo conosco, ha una sua politica in cui ha piena fiducia e che vuole portare avanti…Posso immaginare una
conversazione tra Turati e Giolitti. Giolitti dice a Turati: “Ecco un portafoglio, è suo”. Ma Turati risponde: “Non
ha sentito, caro collega, i discorsi di Lazzari? Nel momento stesso in cui accettasi il portafoglio, gli darei un
elemento che non esiterebbe a sfruttare. Sarei espulso dal partito e una volta espulso non conterei più niente per
lei e per il mantenimento dello Stato capitalista” (Trotskij L., Problemi della rivoluzione in Europa, Mondadori,
Milano, 1979, p. 186)
Questa citazione sembra quasi una parafrasi della lettera di Turati!
Per la Gran Bretagna basti ricordare lo scandalo del deputato della destra laburista D. Healey scoperto a
prendere fondi dalla Cia proprio mentre si accingeva ad accusare la sinistra laburista di finanziamenti illegali.
6 La direzione del partito laburista ha più volte dovuto chiudere la propria organizzazione giovanile perché ne
aveva perso il controllo. In particolare ciò successe nel 1936, nel 1940, nel 1955, nel 1964 e infine nel 1990.
12
Negli anni ‘50 e ‘60, le correnti radicali nel Labour Party erano ridotte, anche se avevano un
certo appoggio nella gioventù, la LPYS. La ripresa delle lotte operaie negli anni ‘70 cambiò
decisamente le cose. La parabola politica di Tony Benn ne è un buon esempio. Da ministro
moderato del governo Wilson, Benn si spostò, sotto la pressione delle lotte, sempre più a
sinistra, divenendo un dirigente riconosciuto della sinistra negli anni ‘80. Nel 1972, l’anno
dello sciopero dei minatori, al congresso del partito venne approvata una risoluzione che
recitava la necessità di socializzare i mezzi di produzione7. Il Times, come conseguenza di
questa risoluzione, scrisse: “The Labour Party must not complain at being described as
under the influence of Marxist ideas” (cit. in Taaffe P., The rise of Militant, p.80). Tuttavia
non si deve credere che la sinistra del partito fosse un blocco granitico né che avesse le idee
chiare. Al suo interno c’erano vecchi stalinisti, e anche moderati che seguivano la corrente
per fare carriera. Ma c’erano anche dirigenti sinceramente interessati a lottare per la classe
operaia, come Scargill, Benn ed Heffer.
Questi processi raggiunsero Liverpool prima e con più forza. Già nel ‘78 il Militant aveva
qui un peso decisivo nella base laburista e nei sindacati.
Questo spostamento dei rapporti di forza all’interno del partito preoccupava la borghesia.
Andare allo scontro con i minatori, con i laburisti così a sinistra poteva significare perdere e
perdere molto pericolosamente. Vennero così esercitate le pressioni più velenose sull’ala del
partito che sembrava decisiva: il ventre molle della sinistra, moderati per vocazione e
radicali per necessità. Si cominciò con la scissione dei socialdemocratici (SDP, presto
ridenominato Soon Defunct Party), che non riuscì a scalfire la forza del partito, ma ottenne il
risultato di fargli perdere le elezioni dell’83. Si proseguì con Kinnock, che in qualità di capo
della soft left, ruppe con la sinistra. Così nel 1982 la destra riconquistò la maggioranza nel
Nec, il comitato esecutivo nazionale (19 voti contro 10). Il momento decisivo per far
scattare questo rimescolamento fu la notizia che la tendenza marxista del partito aveva
7Questa
risoluzione, proposta dai sostenitori del giornale marxista Militant recitava:
“to formulate a socialist plan of production based on public ownership, with minimum compensation, of the
commanding height of the economy”
Qualcosa di ben più specifico della vecchia Clause IV di ispirazione fabiana. Lo stesso fatto che nel 1972 il
giornale della tendenza marxista del partito passasse da mensile a settimanale e conquistasse la maggioranza del
comitato esecutivo della gioventù laburista, dimostra quale spostamento a sinistra stesse sperimentando il
partito.
13
guadagnato dei deputati, uno dei quali a Liverpool. Lo spettacolo, veramente penoso per i
difensori dello status quo, di un marxista che attacca il governo e il capitalismo dai banchi
dell’opposizione di Sua Maestà fece scattare il campanello d’allarme8.
Così si lanciò la grande purga, che durò dieci anni e che riuscì a eliminare buona parte
dell’ala radicale del partito.
8. La sinistra laburista a Liverpool
Nessun dirigente riformista si lascia sfuggire l’occasione di notare, dopo una sconfitta alle
elezioni, che il programma del partito era troppo radicale e ha spaventato i ceti medi. Questa
sorta di spiegazione, davvero universale, non regge a un confronto anche superficiale con la
storia politica britannica, ma qui interessa vedere come si adatta alla storia di Liverpool. Nel
periodo tra il 1978 e il 1982 la sinistra del partito e in particolare la tendenza marxista
presero la maggioranza prima nella base laburista e poi nelle elezioni comunali.
Già nel ‘78, sette sostenitori del Militant sedevano in consiglio comunale e cominciavano a
scontrarsi con l’ala destra del partito, che accettava le indicazioni nazionali sui tagli alle
spese. La zona del Mersey restava una delle più depresse del paese. Si sperimentavano
misure simili ai contratti d’area e altri interventi di flessibilizzazione del mercato del lavoro,
ma nessuno sembrava intenzionato a investire in una zona così disagiata e per giunta ribelle.
La politica delle giunte liberal-conservatrici non aiutava certo. Non solo continuava la
chiusura di fabbriche e l’incuria della situazione abitativa (che di fatto costringeva molti
cittadini a scappare dalla città), ma soprattutto impoveriva nel lungo periodo Liverpool. Da
una parte il governo riduceva sistematicamente il bilancio delle città che avevano i deficit di
bilancio maggiori. Dall’altro, per evitare questo, i comuni tagliavano le spese, in tal modo
”dimostrando” di aver bisogno di meno fondi per il futuro. Così, quanto più erano
parsimoniosi, quanto meno fondi ricevevano. La situazione della città era orribile.
Nel 1981, a Toxteth, un quartiere particolarmente degradato, scoppiò una rivolta. La polizia,
intervenuta con modalità “irlandesi”, uccise un giovane. Da allora, per anni, nessun agente
8
Tanto più se si considera che Terry Fields e Dave Nellist, i deputati in questione, avevano fatto una campagna
con rivendicazioni rivoluzionarie, coronata dallo slogan “a workers’ MP on a workers’ wage”, del tutto
inaccettabile per chi considera il parlamento il mezzo per arricchirsi anziché per difendere la propria classe.
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potrà mai più avvicinarsi all’area. La Thatcher naturalmente incolpò i “rossi” dei disordini.
Ma non ci voleva un sociologo per capire le cause di simili scoppi di rabbia. Nel periodo che
va dalla fine degli anni ‘70 all’82, si susseguirono giunte laburiste e conservatrici-liberali,
indistinguibili per la politica portata avanti. La delusione della base laburista si vedeva nel
continuo mutare di maggioranza. Anche nel 1982 la giunta laburista ebbe vita effimera.
Venne sostituita da una giunta conservatrice-liberale che aveva come asse del programma la
privatizzazione dei servizi comunali. La controffensiva sindacale e laburista la costrinse alla
resa.
Nello stesso periodo la direzione laburista, tornata in mano alla destra grazie alla defezione
del gruppo di Kinnock, decise di aprire un’inchiesta sulla infiltrazione del Militant nelle file
del partito. L’accusa era puramente organizzativa, all’inizio, quella di costituire un partito
separato all’interno del partito laburista. Tuttavia, mano a mano che l’inchiesta procedeva, si
faceva sempre più politica. Organizzativamente, i sostenitori del Militant non erano
distinguibili delle varie conclavi segrete della destra, o della sinistra moderata, come i
sostenitori della rivista Tribune. Quello che non andava giù alla direzione, che cercava di
darsi una veste moderata, era il programma rivoluzionario che la tendenza marxista
proponeva ai militanti del partito. L’inchiesta andrà avanti per anni. Avrà una sua prima
conclusione nel 1983, quando al congresso verranno espulsi cinque dirigenti del Militant
facenti parti del comitato di redazione del giornale. Ma l’affaire Liverpool riaccenderà
inevitabilmente la polemica.
Nel 1983 il partito perse le elezioni, anche grazie alla defezione della “banda dei quattro”,
come vennero definiti i socialdemocratici dalla base laburista. Ma a Liverpool i tories non
guadagnarono nemmeno un seggio e fra i deputati laburisti che Liverpool portò a Londra,
c’era anche un marxista, per la prima volta nel dopoguerra. Il partito aumentò i voti del
50%.
9. Nasce la giunta laburista di sinistra
Nel 1982 la forza della corrente marxista del Labour Party era già così significativa, che la
campagna elettorale della giunta uscente, liberale, si basava proprio su una caccia alle
streghe anticomunista. Il partito liberale cercò di terrorizzare la popolazione preconizzando
scenari di guerra civile e anche servendosi dell’inchiesta che la direzione del partito, proprio
in quel torno di tempo, stava conducendo sul Militant. Il fiasco fu completo. Non solo il
15
Labour Party aumentò i suoi voti, ma soprattutto mutarono i rapporti di forza all’interno del
partito, e non solo a Liverpool. La destra, già in minoranza, venne duramente colpita dalla
scissione dei socialdemocratici. Il successo laburista andava contro ogni previsione e contro
lo schieramento dei media. Vi aveva contribuito uno stile di condurre la campagna elettorale
del tutto diverso da quello classico, puramente di immagine, che anche i dirigenti laburisti
ritenevano vincente. Si scelse invece di andare casa per casa a distribuire e discutere del
programma del partito per la città. In questo modo si riuscirono a dissipare le menzogne dei
media e i dubbi dei lavoratori del Merseyside.
I laburisti ottennero comunque solo una vittoria parziale, con 42 seggi, non sufficiente a
governare. Il District Labour Party9 decise così di non formare un governo locale di
minoranza, facilmente ricattabile da liberali e tories. Tutto ruotava sulla necessità di tagli al
bilancio. I tagli ai comuni costituivano un argomento vitale di scontro politico
nell’Inghilterra del tempo. Esclusi dal governo centrale, i laburisti, ancorché in modo molto
disomogeneo, si opponevano all’annientamento della spesa sociale richiesto da Londra.
Questo apriva continui confronti e scontri tra comuni e governo. Liverpool fu il punto
nevralgico di questa battaglia, per l’importanza della città e la volontà della giunta di
utilizzarla come esempio di una politica alternativa allo scempio dei conservatori. Il senso
della società che i tories stavano costruendo in Gran Bretagna in questi anni lo da un piccolo
episodio. Nell’estate del 1982 in un quartiere operaio della città, Croxteth, genitori,
insegnanti e studenti della scuola locale decisero di occupare l’istituto contro la minaccia di
chiusura. La giunta riteneva qualche migliaio di sterline d’affitto uno spreco, per mantenere
aperta l’unica scuola di un quartiere in cui il 98% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni era
disoccupato. Questi episodi erano endemici. Scuole, fabbriche, comunità locali si
ribellavano contro lo schiacciasassi della controrivoluzione thatcheriana, ma senza nessun
coordinamento. Così la rabbia e la determinazione si disperdevano in mille rivoli, mille
piccole esplosioni, mille occasioni sprecate. Ma quando la giunta liberal-tory cercò di
licenziare 2.000 lavoratori comunali nell’82, ci fu un sussulto di rivolta e venne sconfitta.
La vittoria laburista fu anche il risultato di queste lotte. La giunta laburista si formò giusto in
tempo per salvare il complesso scolastico di Croxteth dalla chiusura e i lavoratori comunali
9
Il District Labour Party era negli anni ‘80 l’istanza fondamentale di gestione della vita politica del partito a
Liverpool. Di fatto era una specie di comitato centrale di delegati del partito della zona. Da ora lo citeremo come
DLP.
16
dal licenziamento. La situazione comunque, non era affatto facile. Il comune aveva un
enorme deficit e Londra pretendeva nuovi massicci tagli. Guardando la situazione da un
punto di vista contabile, e prendendo per buoni i vincoli dettati dal governo, ogni politica
sociale era esclusa. Si trattava di aumentare enormemente le tasse o licenziare un terzo della
forza-lavoro comunale, 10.000 lavoratori su 30.000, in una città con decine di migliaia di
disoccupati, ovvero applicare la politica thatcheriana anche a Liverpool. La direzione
laburista consigliava un mix di queste soluzioni in attesa di una vittoria laburista che
avrebbe invertito la situazione. Ma, come ci hanno insegnato le vicende del trattato di
Maastricht e i molti interventi del Fmi, ormai sono organismi internazionali a dettare legge
ai governi nazionali e la vittoria laburista non avrebbe invertito di per sé la rotta. Le vicende
dell’austerity o, prima della crisi, del “patto di stabilità” confermano che la sovranità dei
governi nazionali, anche di paesi di primo piano nell’economia mondiale, è uno sbiadito
ricordo. La politica economica viene decisa dai banchieri e dai grandi capitalisti.
Non c’è dunque proprio niente da fare? Le risposte, sono in realtà già implicite nelle
domande. Se si accetta la spiegazione che i capitalisti danno ai debiti degli stati, non si può
che accettarne anche le conseguenze. Ma allora a che serve un partito dei lavoratori? Quello
che tentò di fare la giunta di Liverpool fu di mostrare, con esempi molto concreti, le falsità e
le distorsioni dietro alle necessità “oggettive” dei tagli. Quanto era costata per esempio la
guerra delle Falkland10? Quanto costava mantenere un piccolo esercito nelle zone minerarie
da usare contro i picchetti dei minatori in sciopero? E, soprattutto, l’esempio che fece più
scalpore, quanto costava ripianare i debiti delle società finanziarie in fallimento?
Tuttavia questi esempi potrebbero essere confutati da chi accetti la logica della politica
thatcheriana. Se si considera il capitalismo l’orizzonte della vita umana, quanto più lo si
spinge al fallimento, tanto peggio. Meglio non fare promesse che questa società non può
mantenere. Da questo punto di vista le finalità dei riformisti e di chi mira a trasformare la
società non possono essere più diverse, pur utilizzando apparentemente gli stessi mezzi. I
riformisti implementano politiche che migliorano le condizioni di vita dei lavoratori,
danneggiando l’accumulazione capitalista, e colpendo così la borghesia. Paradossalmente,
tanto più radicali sono le riforme, tanto prima irriteranno la classe borghese, portando allo
10
Solo per fare un esempio, il governo forniva ai 2.000 abitanti delle isole Falkland 1 milione di sterline al
giorno negando al contempo la restituzione di 30 milioni a Liverpool, una città trecento volte più numerosa.
17
scontro e alla loro invariabile ritirata. Per i marxisti, le politiche progressiste nel migliorare
le condizioni dei lavoratori dimostrano l’impossibilità di riformare il capitalismo perché
conducono alla reazione violenta della borghesia. Questa totale differenza di impostazione
può aiutare a comprendere le incomprensioni prima, e lo scontro aperto poi, tra la direzione
nazionale del partito e la giunta di Liverpool. Aiuta anche a spiegare perché in tutti i
momenti decisivi, Kinnock si trovò dalla stessa parte della Thatcher.
10. Tagliare o lottare?
La vittoria alle elezioni dell’83, completamente inattesa, portò al governo della città un
partito laburista fortemente radicalizzato. Nel programma elettorale si trovavano
rivendicazioni come le 35 ore a parità di salario, la riduzione della rent, la creazione di 1.000
posti di lavoro nei servizi sociali. Ma la giunta liberale aveva lasciato in eredità tagli
imprecisati per 6 milioni di sterline su 212 di bilancio11. In totale, c’era un gap di 25 milioni
tra entrate e uscite comunali, oltre il 10%. La giunta e la base laburista decisero che questo
buco doveva essere colmato dal governo, che in quattro anni aveva tagliato fondi alla città
per una cifra undici volte superiore. La direzione del partito, scettica, spiegava che se non
era riuscito l’esercito argentino a piegare la Thatcher, non ci sarebbe riuscita Liverpool.
Per ottenere i fondi, la giunta non andò a implorare a Londra, ma innanzitutto cercò di
spiegare alla cittadinanza del Merseyside la situazione. Si tennero decine di assemblee nei
posti di lavoro, nelle scuole, nelle sezioni sindacali e di partito, in cui si spiegò il programma
della giunta e la necessità di vincere la battaglia contro il governo. Alcuni dirigenti sindacali
locali si opponevano a questa “politicizzazione” della crisi, ritenendo forse che i tagli al
bilancio fossero dettati dalla contabilità anziché da precise scelte politiche. Può forse far
sorridere, ma questi dirigenti erano invariabilmente di due schieramenti: laburisti di destra e
membri del partito comunista.
Il 19 novembre del 1983 si tenne una manifestazione abbastanza cospicua in favore della
politica sociale del comune. Il corteo, a cui seguirono altri cortei nei mesi e anni a venire,
era veramente inusuale. Una parte importante della popolazione si riversava nelle piazze in
sostegno del proprio comune contro i tagli al bilancio. La mobilitazione era la cosa più
11
Da qui in avanti, le cifre si riferiranno, se non specificato, alle sterline.
18
fastidiosa per la Thatcher. La politica, per questa gente, è una cosa da discutere a bassa voce
in una stanzetta segreta, la gente dovrebbe considerarla come una punizione divina che
piomba dal cielo. Invece a Liverpool c’era un ambiente di fermento inaudito. Anche chi non
aveva votato laburista discuteva, si appassionava di politica, voleva contare. Si percepiva
una visione della politica come la risposta alle esigenze della gente, anziché un insieme di
affari loschi. Per mesi, dalla fine dell’83 fino al marzo dell’84, quando era fissata la
discussione sul budget, questo ambiente andò crescendo, anche grazie allo sciopero dei
minatori. La giunta aveva deciso di intraprendere la sua politica. Una politica che aveva un
sostegno molto vasto, ma che avrebbe condotto inevitabilmente a un deficit. La prospettiva
del deficit non era qualcosa da prendere a cuor leggero. Innanzitutto i consiglieri comunali
sono responsabili illimitatamente dei debiti del comune, dei quali rispondono col proprio
patrimonio, inoltre, la ragione più importante, sarebbe stato chiaro ai lavoratori e agli
attivisti del partito di tutto il paese perché Liverpool aveva deciso un simile passo?
L’establishment non prendeva sotto gamba la sfida. La determinazione della giunta ridava
fiato a tutti gli strati più oppressi, e l’area di Liverpool divenne così un susseguirsi di
scioperi, proteste, lotte. L’esempio di Liverpool risultava anche contagioso per altri comuni,
infine lo sciopero dei minatori, se si fosse saldato a un crescente fermento della base
laburista avrebbe potuto provocare dei seri problemi. D’altra parte il “contagio” era solo
parziale. Infatti Kinnock rifiutava l’appoggio del partito e anzi si apprestava a spedire
ispettori per vederci chiaro nella situazione del partito a Liverpool, inoltre la maggior parte
dei consigli laburisti ribelli erano guidati dalla sinistra “morbida”, da cui d’altronde
proveniva lo stesso Kinnock, e non era disposta a condurre la lotta fino alle conseguenze
illegali.
Nella primavera dell’84 il consiglio comunale si costruì un appoggio popolare consistente
con cui contrastare le spinte del governo centrale. La manovra riuscì. Alla fine il governo
cedette e concesse, o meglio, restituì a Liverpool almeno una parte dei milioni di sterline
drenati nell’ultimo periodo. L’ambiente della città era totalmente sfavorevole ai tories.
Questo non preoccupava i conservatori locali. La loro insignificanza gli permetteva di non
fare vere proposte alternative. Diversa era la situazione del partito liberale, l’unica
opposizione ai laburisti. La radicalizzazione di Liverpool costringeva perfino questo partito
ad opporsi ai tagli che pure aveva condotto fino a pochi mesi prima. Ma prima che dagli
avversari politici il comune doveva guardarsi dagli scontri nel partito laburista. Anche se la
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sinistra del partito aveva la maggioranza, vi erano sette consiglieri, appartenenti all’ala
socialdemocratica non fuoriuscita con la “banda dei quattro” che si dichiararono non
disposti a infrangere la legge, seppur quella del nemico di classe. L’appoggio che veniva a
questa minoranza “legalista” da parte di Kinnock era scontato. Ben diverso era il peso che
aveva nella base. In particolare, sempre nel periodo precedente alla votazione sul bilancio
dell’84, si tennero una serie di meeting presso le sezioni sindacali del partito.
I militanti del partito non avevano dubbi sul da farsi: lottare per piegare il governo. Per
inciso, il comportamento della destra del partito, disposta a votare con i tories contro il
volere della stragrande maggioranza dei propri militanti e votanti la dice lunga sulla
concezione di democrazia e disciplina che pure questi signori invocano, brandendola contro
le correnti più combattive del movimento operaio.
Comunque, lo scontro sul bilancio dell’84 doveva ricevere un’immediata valutazione da
parte della città: le elezioni comunali. In maggio si votò e il verdetto fu inequivocabile. Non
solo i laburisti stravinsero, ma in particolare l’ala marxista del partito venne premiata per la
sua politica12. I risultati abbastanza scadenti del partito altrove sembravano dimostrare
palesemente che gli elettori avevano premiato proprio la specifica politica condotta dal
consiglio comunale, contrariamente alla “legge” di cui abbiamo parlato, tirata in ballo dopo
ogni sconfitta dai dirigenti socialisti di tutta Europa.
Come detto, alla fine il governo concesse a Liverpool praticamente tutto quello che aveva
chiesto. La stampa borghese era inferocita da questa ritirata, e parlava di “ritirata
vergognosa”, “capitolazione” ecc. L’idea che la lotta di un’intera città potesse costringere il
governo a cambiare strada era sconvolgente, peggio, coinvolgente. Chi avrebbe impedito la
nascita di cento Liverpool?
11. La giunta al lavoro
Colpisce, analizzando lo scontro di cui trattiamo, la modestia delle rivendicazioni laburiste a
Liverpool. In realtà, possono definirsi un inizio di politica keynesiana e neppure molto
12
Il partito guadagnò sette nuovi consiglieri. Nell’82 aveva ricevuto 54.000 voti che divennero 90.000 nell’84,
un aumento del 60% in due anni. Socialdemocratici e conservatori vennero annientati, dato che il voto di
opposizione si concentrò sui liberali, che pure persero due seggi.
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radicale. In altre nazioni, nello stesso torno di tempo, proposte parzialmente simili venivano
avanzate da socialisti moderati e perfino da politici borghesi13. Come poteva esserci una
battaglia politica su questioni come l’eliminazione di bidonville dalla periferia della città?
La giunta poneva al primo posto del suo programma i bisogni della popolazione. Questo era
di per sé uno scandalo, agli occhi del governo.
Lo scontro non nasceva dalle rivendicazioni in sé, ma dall’atteggiamento della giunta. Il
governo, la stampa, la direzione laburista avevano scoperto, con loro sommo dispiacere, che
la giunta usava queste rivendicazioni solo come antipasto di un progetto di trasformazione,
almeno prospettico, per tutto il paese. Liverpool doveva essere solo l’esempio di come si
ottengono le riforme anche quando al governo c’è una come la Thatcher. I marxisti che
guidavano il partito a Liverpool facevano loro la famosa espressione di Engels secondo cui
“accettiamo tutto quello che ci concede il governo solo come un acconto, per il quale non ci
sentiamo debitori della minima riconoscenza”.
Era il progetto complessivo che i nemici del comune socialista di Liverpool volevano
stroncare. Per far questo, ogni concessione, fosse la più insignificante e giustificata (come
evitare che nelle case del comune vivessero più topi che uomini!) doveva passare per una
richiesta esorbitante, da sognatori. Per le ragioni esposte, il cuore della politica sociale del
comune, e dunque dello scontro, era la politica abitativa.
Nell’84 il comune lanciò un piano definito Urban Regeneration Strategy. Lo scopo di questo
piano era di cominciare, almeno, lo smantellamento degli slums. In alcuni anni si
costruirono 5.000 nuove abitazioni, si costruirono parchi, scuole e centri sociali, soprattutto
13
Nel suo noto libro I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, che costituisce la summa
del pensiero riformista e un attacco a tutto campo al marxismo, Bernstein dedica un capitolo alla politica
municipale nel quale espone progetti ben più radicali. Inoltre sostiene idee portate avanti proprio dal socialist
council di Liverpool. Dice per esempio che è fondamentale l’idea “di utilizzare la municipalità come leva della
prassi riformista socialista” (I presupposti..., trad. it., Laterza, Bari, 1974, p. 230), che “il comune deve
adoperarsi per estendere continuamente la sfera delle sue competenze” (cit., p. 233) e infine che “il socialismo
municipale è una leva indispensabile per lo sviluppo e la realizzazione di un diritto democratico del lavoro” (cit.,
p. 236). Leggendo quel capitolo si potrebbe avere l’impressione che il socialist council applicasse più Bernstein
che Marx. Ma ancora una volta più delle proposte in sé occorre valutare l’orientamento generale in cui si
inseriscono. Bernstein scrisse il libro per giustificare l’abbandono di un programma rivoluzionario. La giunta
ribelle tentava di riportarlo all’ordine del giorno. La cosa notevole è che le rivendicazioni di Bernstein, nel
periodo dell’ascesa del capitalismo, erano del tutto compatibili con esso ed al capo dei riformisti sembravano la
quintessenza della moderazione. Un secolo dopo, nel periodo di declino di questa società, le stesse proposte
erano inaccettabili agli occhi dei riformisti e facevano parte del programma di una giunta radicale.
21
nelle zone più derelitte della città. Si trattava del più grande progetto di rilancio urbanistico
del paese. Per altro, le case nuove non avevano nulla a che vedere con quei mastodontici
palazzoni così efficaci nel segnalare cosa pensano gli architetti della gente che dovrà
abitarli. Al contrario le case erano al massimo di due piani, con persino un giardino.
L’effetto diretto e indiretto del piano urbanistico sull’occupazione fu notevole (si calcola che
nel settore privato ci fossero state almeno 6.500 assunzioni come effetto dell’URS). La
stampa, improvvisamente, si ricordò delle condizioni abitative infami in cui molta parte dei
cittadini di Liverpool doveva vivere. Un giornale notò che al ritmo dei lavori che si aveva, ci
sarebbero voluti 900 anni per mettere a posto la situazione14.
Il secondo punto su cui lo scontro si incentrava era il rapporto tra lavoratori comunali e loro
datore di lavoro. Per un comune che si definiva socialista era ovvio avere un atteggiamento
collaborativo con i sindacati. La giunta, e la tendenza marxista che la guidava, si trovarono
in una situazione curiosa, strette tra i tagli imposti da Londra e le rivendicazioni che la stessa
tendenza, con i suoi delegati sindacali, portava avanti. La situazione era ancora più
ingarbugliata se si pensa che molti dirigenti sindacali erano dei pilastri della destra del
partito. Così si trovavano a trattare con un datore di lavoro ben più radicale di loro, anche
loro schiacciati tra l’incudine della combattività della base e il martello dell’obbedienza alle
leggi, economiche e giuridiche, del capitalismo.
Ovviamente il peso dato ai sindacati venne usato dalla stampa come prova della volontà
della giunta di assumere solo amici e conoscenti. L’abbassamento dell’orario di lavoro a 35
ore e la fissazione di un minimo salariale non vennero invece considerate notizie degne di
diffusione. Anche l’appoggio dato dal comune ai minatori impegnati nelle fasi più concitate
del loro lungo sciopero non mancò di provocare ululati di sdegno su tv e giornali.
Il terzo punto del contendere fu la completa riorganizzazione del sistema scolastico. I flussi
migratori della popolazione avevano del tutto sproporzionato l’affluenza alle scuole, con
distretti scolastici stracolmi e altri semi-vuoti. Il comune decise la creazione di 17 comunità
locali della scuola secondaria. Il piano venne portato avanti con l’adesione di tutti i sindacati
coinvolti e soprattutto con un dibattito serrato e appassionato con i genitori. Ci furono
riunioni con 500, 600 persone che discutevano animatamente e calorosamente del futuro
14
Liverpool Echo, 19/2/1985.
22
dell’istruzione dei propri figli. Di nuovo, la partecipazione dal basso, in prima persona, di
centinaia di persone. Fu con questa discussione di massa che il piano venne formato e poi
approvato, l’esatto contrario di quanto dovrebbe essere una riforma scolastica “normale”,
una tegola che colpisce figli, genitori e insegnanti come fosse l’ira degli dei. In cima a
questa riforma, si pose la costruzione di sei nuovi asili. I riformisti emiliani, fieri dei propri
asili, sarebbero stati per una volta fieri anche dei marxisti di Liverpool. Non così i loro
omologhi britannici che avevano progetti un po’ diversi: dove la giunta laburista era
dominata dalla destra del partito, gli asili venivano chiusi15.
Così l’esempio di Liverpool non si diffuse come la sinistra laburista avrebbe voluto. Per
esempio in molti comuni la giunta laburista e i sindacati dei dipendenti comunali erano ai
ferri corti. Tuttavia, la stessa direzione del partito riconobbe l’importanza delle conquiste
ottenute: il principio che è la lotta e non l’elemosina, l’arma per vincere contro i tories aveva
fatto breccia anche a Walworth Road. Così al congresso dell’84 le mozioni presentate in
difesa della giunta vennero per lo più approvate. D’altra parte, persino comuni guidati da
laburisti molto moderati erano costretti a scontrarsi con il governo, data la vastità dei tagli
imposti. Per queste ragioni, nell’autunno dell’84 si formò una sorta di coordinamento tra i
comuni a guida laburista “rate-capped” dal governo16. In questo coordinamento si
scontrarono le due visioni presenti nella sinistra laburista. Da una parte la sinistra moderata
guidata da Livingstone (in seguito sindaco laburista di Londra) e altri consiglieri della zona
di Londra. Essi proponevano una politica di ”no rate”, ovvero si rifiutavano di fissare un
aumento delle tasse che pareggiasse il bilancio. Dall’altra parte, Liverpool e la sua giunta
radicale, che proponeva l’approvazione di un bilancio in deficit. Secondo i dirigenti di
Liverpool la politica del ”no rate” aveva due inconvenienti: lasciava l’iniziativa nelle mani
del governo e non unificava le lotte, dato che le diverse amministrazioni avrebbero finito i
soldi in tempi diversi. L’approvazione di bilanci in deficit invece avrebbe messo tutti i
comuni nella stessa situazione. Comunque, nonostante le divergenze, si decise di adottare la
tattica del ”no rate”. L’attacco selvaggio alle condizioni di vita dei lavoratori aveva effetti
non solo a Liverpool. A Londra scioperi e manifestazioni, che si richiamavano
esplicitamente all’esperienza di Liverpool, mostravano che l’“unicità” del Mersey non
15
E’ il caso di Wakefield.
“rate-capped” è un termine che si riferisce all’obbligo del bilancio in pareggio. In pratica il governo
costringeva i comuni ad alzare le tasse o ridurre le prestazioni sociali.
16
23
risiedeva in qualcosa di ancestrale, ma solo nella volontà della direzione laburista locale di
andare fino in fondo.
12. Il bilancio in rosso
All’inizio del 1985 le politiche sociali del comune si scontrarono con i tagli del governo. Dai
dati del bilancio della città emergevano alternative devastanti, come licenziare un quinto
della forza lavoro comunale o raddoppiare le tasse. Come ormai era divenuta tradizione, i
consiglieri comunali discussero di queste scelte in una manifestazione pubblica di massa. In
quel caso al Philarmonic Hall. L’idea era quella di porre contro il governo decine di città,
anche molto importanti, con una mancanza cronica di fondi, di modo che fosse difficile
mandarle in rovina in blocco. Ora, quando un esercito avanza, la prima fila fa affidamento
sul fatto che le altre camminino compatte dietro a lei. È piuttosto spiacevole accorgersi in
mezzo al campo di battaglia di avere il vuoto alle spalle. Se poi alcuni distaccamenti delle
file arretrate si mettono a sparare sulla prima fila, il morale di quest’ultima potrebbe
risentirne.
In questo frangente la prima fila, Liverpool, contava sull’appoggio di tutti gli altri consigli
comunali contro la Thatcher. Ben presto si vide che purtroppo la prima fila era isolata. Il
governo lo capì e applicò una tattica molto semplice: aspettare. La paura della bancarotta
avrebbe automaticamente separato il cammino dei radicali da quello dei moderati. Di fronte
al baratro, la sinistra moderata sarebbe scesa a patti, permettendo al governo di isolare le
giunte veramente di sinistra. E’ superfluo narrare del contorno di colpi bassi e bassissimi, di
storie inventate e di tutte le altre armi classiche che la stampa borghese tira fuori dal suo
arsenale in simili frangenti. Se sarebbe superficiale dire che queste armi non funzionarono,
la borghesia è poco incline a buttare via i soldi, sarebbe altrettanto superficiale ridurre gli
esiti della lotta politica a questo universo di notizie distorte. Solo delle concezioni e dei
metodi politici errati permettono alle calunnie di divenire un fattore determinante nella
battaglia politica. I risultati delle elezioni di questo periodo dimostrano che i cittadini di
Liverpool sapevano comprendere la vera situazione della città, pur sotto un inaudito
bombardamento di invenzioni maligne.
Nei mesi di febbraio e marzo dell’85 si entrò nel vivo della battaglia. Il governo aveva
chiarito la propria intenzione di lavarsi le mani della faccenda. A Liverpool la situazione era
24
incandescente. Il partito era in pieno subbuglio. La destra, piuttosto isolata, si appellava alla
direzione nazionale per riportare l’ordine. I sindacati partecipavano attivamente alla vita del
partito, dando un appoggio pressoché unanime alle politiche della giunta. E come succede,
quando un partito dei lavoratori si sposta a sinistra, una sorta di selezione automatica faceva
emergere una combattiva leva di giovani, spesso simpatizzanti o sostenitori del Militant,
visto come il cuore della giunta socialista, pronti a rimpiazzare funzionari e delegati del
partito che ormai rappresentavano poco altro che se stessi.
Il 22 febbraio la giunta colse di sorpresa il governo annunciando l’accordo con un pool di
banche francesi che avrebbe permesso di aggirare i tagli17. L’idea venne subito copiata
altrove, tanto che il governo approvò a luglio una legge che la vietava.
All’inizio di marzo il coordinamento dei consigli comunali “ribelli” si sfaldò. Livingstone e
gli altri consiglieri di Londra dichiararono che avrebbero votato un bilancio legale. Gli altri
comuni si allinearono presto.
Ad aprile si verificò la tragedia dell’Heysel, in cui morirono decine di inermi cittadini
italiani in uno stadio senza forze dell’ordine ma pieno di hooligan ubriachi. Quale migliore
occasione per dimostrare a tutto il mondo che razza di animali abitavano il Merseyside? La
giunta socialista ne era la degna rappresentante18. Ma sempre ad aprile di quell’anno, si
verificò un incidente, certo meno noto e pubblicizzato, ma significativo. Durante una visita
della Thatcher in Indonesia, un gruppo di studenti dell’Università di Bandung accolse la
signora di ferro inneggiando a Liverpool19.
17
L’accordo era il seguente. La città aveva venduto nel periodo precedente 7.000 case pubbliche per ordine del
governo. Il comune cedette alle banche francesi, capofila Paribas, le rate dei mutui fino alla loro scadenza in
cambio di una somma unica immediata, di 30 milioni.
18 Vale la pena notare che quella tragedia non fu affatto opera del caso. Non solo lo stadio e la polizia erano
totalmente inadeguati, ma soprattutto gli hooligan erano molto meno ubriachi e più politicizzati di quanto
potesse ritenersi. Nei giorni successivi all’episodio, venne scoperto che il British National Party, partitino
neofascista britannico dell’epoca, aveva organizzato una spedizione allo stadio, addirittura distribuendo
materiale fascista all’imbarco per il continente. La giunta laburista reagì al fatto recandosi immediatamente a
Torino per portare le scuse e la solidarietà dei lavoratori di Liverpool. Ma se avesse avuto un minimo di dignità,
il governo conservatore avrebbe dovuto chiedere scusa a tutta Europa per le sue politiche antisociali, vere cause
dell’imbarbarimento di vaste zone del paese e dunque del comportamento spaventoso dei tifosi.
19 Liverpool Daily Post, 12/4/1985. Giova forse ricordare che la Thatcher, questo modello della democrazia
occidentale, non andava in Indonesia per aiutare contadini, studenti e lavoratori indonesiani a combattere la
sanguinosa dittatura di Suharto, del quale hanno potuto liberarsi solo anni dopo, ma per l’appunto a sostenere
tale dittatura. La stessa Thatcher definì Mandela e l’Anc un gruppo di terroristi che il governo di Pretoria
giustamente combatteva ed eliminava.
25
Sicuramente, alla Thatcher non serviva una simile accoglienza per ricordarsi di Liverpool.
Secondo tutti i suoi collaboratori del tempo, Liverpool era sempre in cima ai suoi pensieri, e
non si trattava presumibilmente di pensieri cordiali. In compenso il governo aveva vinto la
battaglia contro i minatori ed era finalmente privo di altri fronti di guerra. Poteva
concentrarsi su Liverpool che non aveva ancora un bilancio legale e, sebbene ormai da sola,
continuava la battaglia. All’inizio di giugno, anche le ultime due città che ancora non si
erano arrese, Camden e Southwark, si ritirarono. Ma il semplice ritardo espose i consiglieri
comunque al rischio di multe colossali e processi penali. La stampa e il governo si
lasciavano andare alla previsione di una rapida capitolazione da parte della giunta ribelle. Si
scommetteva sull’aumento delle tasse cui sarebbe stata obbligata la giunta e così via.
Il 13 giugno, il DLP decise un aumento del 9%, pari al tasso d’inflazione. Durante il
meeting in cui fu presa la decisione, nessuna voce si alzò per criticarne l’illegalità, la base
del partito non lo avrebbe tollerato. Il comune approvò il bilancio in due ore. Un simile
passo significava che la città avrebbe finito il denaro a disposizione nel giro di qualche
settimana. Questo era noto alla giunta, al governo e ai cittadini di Liverpool. Il governo
considerò anche l’idea di utilizzare l’Attorney General per fissare un “rate” legale, nonché
l’invio di un commissario dal centro, come se Liverpool fosse in mano ai pirati. Kinnock
rimase attonito della scelta, non meno del governo. Lui e i suoi dicevano alla giunta che le
cose si sarebbero potute fare senza infrangere la legge. A queste richieste i consiglieri
rispondevano chiedendo a Kinnock la lista dei 6.000 dipendenti comunali da licenziare.
Andando contro tutte le mozioni votate al congresso del partito pochi mesi prima, Kinnock
dichiarò che non avrebbe mai appoggiato le giunte ribelli. A questo punto, la giunta di
Liverpool si trovava isolata su due fronti: le altre giunte laburiste si erano arrese al governo,
e la direzione del partito stava costruendo una specie di processo contro i ribelli, in
particolar modo contro i sostenitori del Militant, rei di appoggiare apertamente un
programma rivoluzionario, veramente impresentabile per una direzione riformista.
L’8 Settembre, il District Auditor, una sorta di corte dei conti, multò i 49 consiglieri laburisti
per 106.000 sterline l’uno. In seguito descriveremo brevemente la logica dietro a questa
condanna. Si trattava palesemente di una scelta politica. La risposta fu parimenti politica. Il
26
partito si impegnò a Liverpool e non solo a raccogliere la folle cifra che un tirapiedi del
governo aveva imposto a chi aveva osato difendere le condizioni di vita della classe operaia.
13. Lo scontro decisivo e la ritirata
Settembre 1985 si rivelò un mese decisivo per Liverpool. La strategia della giunta era
imperniata sull’idea di fornire un esempio di “come si lotta” e ancor prima della necessità
stessa della lotta. A prescindere dalla bontà intrinseca delle riforme condotte localmente,
solo l’estensione del “metodo” di Liverpool avrebbe potuto assicurare una vittoria duratura.
Tutto ciò non avvenne. Come per i minatori, la direzione del partito laburista si guardò bene
dall’unificare i vari conflitti. Aspettò invece che Liverpool rimanesse da sola per
scomunicare definitivamente ogni “illegalità”. Che fare a questo punto? Era solo una
questione di settimane prima che la magistratura locale chiudesse il comune per bancarotta.
La giunta cercava un’escamotage, tipo l’accordo con le banche francesi che aveva evitato i
tagli mesi prima. In un certo senso, dato l’isolamento, si trattava solo di scegliere con che
musica suonare la ritirata. Purtroppo, la musica scelta si rivelò la peggiore possibile. La
giunta decise infatti di ricorrere a questo trucco: spedire lettere di licenziamento ai 30.000
lavoratori comunali. Infatti, essendo ormai autunno, grazie a una sorta di cassa integrazione,
i licenziamenti non sarebbero entrati realmente in vigore prima dell’anno finanziario
successivo, quando Liverpool avrebbe ricevuto nuovamente i fondi. In tal modo, i lavoratori
comunali non avrebbero perso nemmeno un giorno di stipendio. L’idea avrebbe anche
potuto funzionare, astrattamente, ma non funzionò. In primo luogo non funzionò con i
dipendenti comunali che temevano la vendetta di una nuova giunta. Magari l’anno prossimo
il comune avrebbe riassunto 30.000 persone. Ma chi assicurava che sarebbero state le stesse
30.000 fittiziamente licenziate? E se, per punire gli alleati della giunta precedente, quella
nuova avesse assunto altre persone? Così i sindacati comunali si spaccarono e nella riunione
decisiva del 7 settembre il piano dei licenziamenti venne rifiutato per 51 voti contro 48.
La stampa colse ovviamente l’occasione di dimostrare a cosa portano le folli idee del
socialismo: una giunta che ha sì creato oltre mille posti di lavoro ma ne minaccia 30.000. I
liberali, che hanno in Liverpool una delle loro poche roccaforti, vedevano la possibilità di
tornare al potere, anche se grazie ai giudici anziché agli elettori. Infine, Kinnock poteva
utilizzare questo errore per portare un attacco totale alle tendenze radicali in seno al partito.
27
Confusi e demoralizzati, i dipendenti comunali, vera spina dorsale della giunta, erano divisi.
I sindacati si scontravano l’un l’altro: insegnanti contro autisti, white collar contro blue
collar. L’idea di utilizzare uno sciopero generale cittadino per aiutare la giunta in difficoltà
venne rifiutata da alcuni sindacati e si decise di rinunciare all’idea20. Ma i lavoratori manuali
decisero comunque di scioperare alla fine di settembre.
All’inizio dell’autunno, l’epoca dei congressi politici in Gran Bretagna, Liverpool dominò la
scena dei congressi di tutti i partiti. Dai liberali ai conservatori ai socialdemocratici si alzava
un coro unanime: Kinnock espelli i marxisti. Il congresso laburista vide uno scontro frontale
tra le diverse anime del partito. Quando Kinnock attaccò nel suo discorso di apertura ”il
grottesco caos” causato dalla giunta, Eric Heffer, dirigente storico della sinistra laburista e
deputato della zona di Liverpool, si alzò e se ne andò dalla conferenza, mentre nella platea
scoppiavano tumulti quasi calcistici. Perfino i deputati della destra del partito, ma eletti nel
Merseyside, dovettero condannare il discorso del leader. Kinnock disse anche che un futuro
governo laburista non avrebbe condonato le multe inflitte ai minatori e ai consiglieri ribelli.
Ma il congresso approvò comunque una mozione che impegnava il partito al condono.
La stampa era soddisfatta, finalmente Kinnock dimostrava il volto presentabile del partito,
quello dove il rosso si scolorisce fino a divenire rosa stinto. Ora sì che il partito avrebbe
attirato i voti moderati fuggiti per paura dei rossi. Purtroppo per Kinnock le elezioni
mostrarono una realtà ben diversa. Tolta Liverpool, il partito continuò a perdere. In ottobre
Kinnock visitò la città per dare il via alla campagna di eliminazione delle tendenze di
sinistra nel partito. Esperti dei sindacati e del partito, coordinati da Maurice Stonefrost, ex
funzionario comunale di Londra, elaborarono un rapporto in cui si facevano proposte per
salvare Liverpool senza ricorrere all’illegalità. Per la direzione laburista il rapporto era la
prova che la scelta della giunta era viziata ideologicamente. Il rapporto però, prevedeva il
licenziamento di migliaia di lavoratori comunali e un aumento delle tasse quasi triplo
rispetto a quanto fissato dalla giunta.
Il DLP rigettò il rapporto, così come i sindacati locali. Ancora una volta si scontravano due
visioni opposte del ruolo del partito laburista. Per i riformisti la crisi era assolutamente
incomprensibile, bastava tagliare qui e là per aggiustare tutto. Ovviamente i tagli avevano
20
Per la precisione il voto era diviso così: 7284 per lo sciopero, 8152 contro.
28
sempre una natura astratta. Dire chi doveva essere mandato a casa era più difficile. Questa
posizione ricorda un po’ quella dell’imperatore austriaco che rimproverò Mozart, perché in
una sua opera, da lui appena ascoltata, c’erano “troppe note”. Alla richiesta di Mozart di
indicare quali fossero queste note di troppo, il sovrano decise saggiamente di tacere. Allo
stesso modo Kinnock e i dirigenti sindacali non osavano mai indicare nome e cognome di
chi avrebbe dovuto pagare il prezzo dei tagli e sebbene le direzioni nazionali delle trade
unions facessero pressioni feroci sui funzionari e i delegati locali, era difficile far passare
l’idea dei tagli alla base sindacale. Kinnock comunque dichiarava che avrebbe appoggiato
qualsiasi iniziativa del governo susseguente alla bancarotta, compreso l’invio di truppe.
Mestamente, Liverpool si preparò alla ritirata.
Alla fine di novembre il DLP votò un piano di sostanziale riequilibrio dei conti con 694 voti
contro 12. Il giorno dopo una riunione di delegati sindacali approvò il piano con una
maggioranza simile. Era una sconfitta e non si poteva nascondere. Il piano era formulato in
modo da eliminare buona parte delle riforme previste per il futuro. In più, vi era un prestito
di 30 milioni da parte di banche svizzere. I giornali fecero non poche ironie sulla strana
alleanza di gnomi di Zurigo e trotskisti del Merseyside. Un lord notò che Lenin aveva
passato molto tempo a Zurigo. Forse il prestito era una sorta di complotto internazionale21!
14. La vendetta di Kinnock
Piegata la resistenza della città, almeno parzialmente, il terreno sembrava pronto per evitare
simili sconcezze per il futuro. Si infittivano gli inviti, sempre più pressanti, alla direzione
laburista perché si decidesse a liberarsi del Militant. Ma la campagna era molto più generale.
I media riversavano un torrente di insulti, calunnie e altre delicatezze del genere sulla
sinistra del partito, su Benn, Scargill e gli altri. L’espulsione dell’ala dichiaratamente
marxista era come l’antipasto di una mutilazione più vasta. Merita di essere ricordato un
episodio minore, anche divertente dopo tutto, per rendere l’idea di quanto non si lasciasse
nulla di intentato. All’inizio di dicembre tutti i media riportarono le dichiarazioni di Paul
McCartney che, ormai ben lontano fisicamente e moralmente dalla sua città, espresse
condanna per le violenze dei minatori, per gli scioperi degli insegnanti e per la malgestione
21
L’audace si chiamava Lord Beloff, Financial Times, 12/12/1985.
29
di Liverpool22. Fosse stato vivo John Lennon non c’è da dubitare che avrebbe risposto per le
rime al suo ex compagno.
I giornali potevano permettersi ogni sorta di nefandezza, ma la direzione laburista doveva
fornire una giustificazione politica della svolta moderata. Le opinioni erano diverse e in
realtà molti dirigenti erano scettici sulla possibilità di poter utilizzare argomenti politici per
espellere qualcuno dal partito. Tipica in questo senso l’espressione di Tom Sawyer, poi
divenuta celebre, durante una riunione dell’esecutivo nazionale del febbraio 1986: “sfido
chiunque a dirmi come andare a Liverpool e sconfiggere il Militant con argomenti”23. Ad
ogni modo la svolta venne facilitata dall’evaporazione della sinistra del partito ben
rappresentata dal destino di Tribune, rivista simbolo della sinistra, paragonabile forse a una
sorta di Manifesto britannico, se non fosse per la sua ben maggiore forza parlamentare,
sempre più allineata alle posizioni neomoderate di Kinnock.
La battaglia cominciò sulla selezione dei deputati. Durante le primarie per la scelta del
candidato, la sinistra soft votò sistematicamente con la destra per sconfiggere candidati
marxisti e della sinistra in genere. La battaglia fu particolarmente aspra a Liverpool, come
c’era da attendersi. La direzione dovette smantellare il DLP, il cuore del partito locale, per
poter far eleggere elementi di destra. Nel novembre 1985, per facilitare il golpe a Liverpool,
l’esecutivo nazionale decise un’inchiesta sul partito locale e sul Militant a livello nazionale.
L’idea che le purghe fossero causate da questioni organizzative venne presto meno:
“Mr Kinnock seems adamant that Mr Hatton and Mr Mulhearn in particular should be
expelled from Labour in the interests of the party’s image to the electorate at large”(The
Daily Telegraph 2/12/1985).
La virulenza della campagna di stampa rivelava una comprensione della natura della
tendenza marxista. Le prove che tale tendenza fosse decisa ad andare fino in fondo
costringevano la stessa burocrazia ad andare fino in fondo nell’isolarla. La tendenza sotto
attacco, raccolta attorno al Militant, era divisa su come rispondere alla purga. Il vicesindaco
Derek Hatton, noto per la sua avventatezza, riteneva che l’autorità che il DLP si era
conquistato nel periodo precedente avrebbe permesso ai ribelli di respingere l’inchiesta.
22
23
The Sun, 9/12/1985.
“I defy anyone to tell me how you can go to Liverpool and defeat Militant by argument”.
30
Qualcuno parlava di formare un partito laburista alternativo con forse oltre 10.000 iscritti.
La cosa sarebbe stata anche possibile, a costo di separare i lavoratori più coscienti e attivi
dalla massa del partito ancora fiduciosa nella direzione nazionale. Ma la maggior parte dei
dirigenti del Militant riteneva un grave errore questa scissione, almeno all’epoca. Le purghe
avrebbero danneggiato le idee radicali, ma non avrebbero sradicato il marxismo dalla base
laburista. Meglio perdere una battaglia, ritirandosi in buon ordine, che accettare la
provocazione e perdere la guerra.
Intanto l’inchiesta proseguiva, con le ispezioni di alcuni funzionari del partito a Liverpool.
Questi raccolsero in decine di pagine lamentele politiche, personali, episodiche che messe
assieme formarono un dossier in grado, a loro dire, di fornire le prove per espellere i
dirigenti del DLP. Scargill, Benn, Heffer e pochi altri si schierarono contro le purghe. Ma
gran parte dell’ex sinistra del partito si era unita a Kinnock.
In questo senso il congresso dell’85 segnò la definitiva spaccatura della sinistra laburista.
Nell’82-’83, quando si cominciò a parlare di espulsioni, la sinistra compattamente le valutò
come un residuo di barbarie stalinista. Nella rivista teorica del partito, il New Socialist, vi
erano editoriali che ricordavano la lunga tradizione di correnti marxiste all’interno del
partito24. Ora la posizione era ben diversa. E per attaccare il Militant era ben più efficace
utilizzare la sinistra morbida rispetto a elementi dichiaratamente di destra con uno scarso
appeal nella base. Invece alcuni dirigenti che avevano una fama di “sinistri” potevano fare
più presa. In fondo lo stesso Kinnock, e prima di lui Michael Foot, avevano avuto questa
stessa evoluzione.
All’inizio dell’86 mentre il dossier anti-Militant si andava infoltendo, il DLP chiese alla
direzione rassicurazioni in merito alla procedura dell’inchiesta. In particolare chiese che
ogni persona posta sotto inchiesta avesse il diritto di difendersi davanti a quella sorta di
tribunale che si andava allestendo. La direzione rifiutò la richiesta. Non si concedeva
nemmeno quello che vale per la giustizia liberale: il diritto alla difesa. La sinistra del partito
organizzò manifestazioni in tutto il paese che raccolsero complessivamente 50.000 persone.
Un successo che rafforzava la necessità di espellerli quanto prima. Iniziarono le “udienze”
dell’esecutivo nazionale. Il modo intimidatorio usato da taluni dirigenti fece dire a Eric
24
Si veda per esempio New Socialist settembre-ottobre 1982.
31
Heffer, che fungeva da difensore di Hatton e altri, “come ex dirigente del dipartimento
dell’organizzazione ho condotto varie inchieste di questo tipo, ma non ho mai visto un
simile comportamento. È stato disgustoso, un’inquisizione maccartista”25.
Le udienze produssero pochi risultati. Inoltre la squadra di investigatori si spaccò e due
membri, Wise e Beckett, produssero un rapporto di minoranza che si pronunciava contro le
espulsioni. Comunque la prima fase dell’inchiesta si concluse con l’invito del team
investigativo a risentire 16 membri del partito e a sospendere il DLP. Data la natura
“movimentista” di questo organismo, in cui la direzione locale doveva sempre tener conto
della base, presente in forza alle riunioni, era chiaro che nessuno spostamento a destra del
partito era possibile senza smantellarlo26.
La mattina del 26 febbraio, di fronte a Walworth Road, dove si sarebbe dovuta tenere la
riunione dell’esecutivo nazionale per prendere le decisioni sulla prosecuzione dell’inchiesta,
mille attivisti del partito, per lo più sostenitori del Militant, protestavano contro la destra e la
minaccia di espulsioni. A quella riunione Sawyer fece la dichiarazione veramente
memorabile già citata. Dopo ore di un dibattito aspro tra sordi, 19 elementi contro 10
votarono perché il segretario del partito Larry Whitty prendesse le misure per espellere
sedici membri del partito. I media si fregavano le mani nel vedere il partito spaccato e
diviso. Parlando a nome della base del partito, almeno quella di Liverpool, Heffer disse a
Kinnock “non dimenticherò mai quello che hai fatto al mio partito a Liverpool”27.
15. Espulsioni
I sedici divennero, per ragioni un po’ oscure, dodici. Di nuovo, la direzione confermò che
non sarebbe stata ammessa una difesa legale per gli inquisiti. Il fatidico giorno delle
espulsioni doveva essere una festa per i dirigenti kinnockiani. Ma gli elementi di sinistra
dell’esecutivo uscirono dalla riunione, appellandosi alla decisione di una corte britannica
25
“As a former chair of the Organisation Sub-Commitee, I have never seen anything like this person’s
behaviour. It was disgusting, nothing but a McCarthyite inquisition.” (cit. in Liverpool, a city...)
26 Può rendere l’idea del tono che aveva nel periodo la stampa, questo editoriale (Daily Express, 24/2/1986): “If
the National Executive Comitee decides on Wednesday that Liverpool’s Militants should be hanged in public, I
will be in the queue for tickets”, purtroppo per John Akass, autore di questa prodezza, la destra dell’esecutivo
non era pronta a tanto!
27 “I shall never forgive you for what you’ve done to my party in Liverpool”.
32
che aveva, il giorno prima, respinto il modo con cui l’inchiesta veniva condotta e così
facendo tolsero il quorum alla riunione.
Qui si vide uno dei tanti paradossi di questa storia, con un tribunale dello stato capitalista
che respinge le modalità con cui i riformisti si liberano dei rivoluzionari. Kinnock era
ovviamente furioso. Aveva dimostrato di essere troppo ostacolato, nelle sue manovre, dalla
sinistra del partito e i giornali borghesi lo notarono maliziosamente: “Neil, you’re still not fit
to govern” (Mail on Sunday, 30/6/1986). Anche l’uscita dei “magnifici sette” come
ironicamente vennero chiamati i dirigenti della sinistra che abbandonarono la riunione
dell’esecutivo, non mancò di destare strepiti e insulti nella stampa. Alcuni commentatori
proposero semplicemente di espellere anche loro28.
L’esito della riunione del Nec di marzo, i consigli dei giuristi del partito convinsero la
direzione a buttare il rapporto che pure era costato alle casse del partito decine di migliaia di
sterline. Se il Labour Party avesse passato un momento di finanze floride, nulla da dire, ma
se si pensa che stava licenziando svariate persone, queste spese suonano piuttosto male.
Evidentemente erano considerate un buon investimento. D’ora in poi l’inchiesta si sarebbe
incentrata sul materiale politico (volantini, documenti) prodotto dal DLP di Liverpool e agli
accusati fu persino concesso di portare testimoni a propria difesa. Per un momento al Nec
sembrò aver trovato la giusta formula: chi avesse parlato a una riunione organizzata dal
Militant, sarebbe stato passibile di espulsione. Purtroppo si scoprì presto che lo stesso
Kinnock aveva parlato a una riunione del Militant, all’Università di Swansea, qualche anno
prima. Lo spostamento a destra del partito si vedeva anche nei simboli, come la bandiera
rossa, sostituita da fiori o altro. D’altronde la svolta botanica ha colpito anche i partiti operai
italiani (garofani, querce).
Il 21 maggio la riunione del Nec riconsiderò per la decima volta il caso di Tony Mulhearn, il
più noto sostenitore del Militant di Liverpool. Dopo sette ore di discussioni, e dopo 23 anni
di militanza, Mulhearn venne espulso. Seguirono nei giorni successivi le espulsioni degli
altri accusati. Il partito, a Liverpool, rifiutò con maggioranze bulgare le espulsioni, ma
inutilmente. Semplicemente le espulsioni si tramutarono in decimazioni e intere sezioni
28
Quanto alla stampa interessasse l’argomento Militant lo dimostra questo episodio: Peter Phelps, giornalista
del Liverpool Echo, vinse il British Press Award ‘85 e 1000 sterline per i suoi articoli di “inchiesta” sulla giunta
e sulla tendenza Militant.
33
vennero disconosciute. D’altra parte non c’era altro modo per purgare il partito da certe idee
e ciò dimostrava se non altro che tali idee non erano affatto un corpo estraneo al partito
stesso. Per espellere i nove iscritti accusati di essere sostenitori del Militant e che avevano
141 anni di militanza tra loro, la direzione spese 250.000 sterline.
Al congresso dell’86, nonostante tutto, la metà circa dei delegati delle sezioni (non cioè i
voti in blocco dei sindacati) si schierò contro le espulsioni. Ma la sinistra era decisamente in
ribasso, tanto che alcuni dei suoi dirigenti, come Heffer, persero il loro posto nell’esecutivo
nazionale.
I consiglieri espulsi dal partito dovevano affrontare anche il giudizio dello stato borghese,
dopo quello avverso dell’apparato riformista. Questo stesso apparato forniva un tappeto
rosso, forse sarebbe meglio dire rosa, per l’intervento dei giudici contro i consiglieri ribelli,
negandogli ogni aiuto. Nel settembre del 1985 i consiglieri di Liverpool e di Lambeth,
“ritardatari”, vennero multati per oltre 100.000 sterline l’uno29. Si è già notato come sia nei
congressi dell’83 e dell’84, sia in dichiarazioni ufficiali del Nec, la direzione laburista si
fosse impegnata a indennizzare i propri eletti costretti all’illegalità dai tagli del governo tory.
Si è anche già detto che la direzione rinnegò le proprie decisioni l’anno in cui dalle
dichiarazioni si passò ai fatti. Da un punto di vista tecnico può essere divertente descrivere
la motivazione della multa. Poiché il governo trasferisce concretamente i fondi al municipio
solo dopo la fissazione del bilancio, la scelta di non fissare il bilancio ritardava l’arrivo dei
fondi e dunque faceva perdere alla città gli interessi su questi fondi.
Un osservatore potrebbe notare che questi interessi entrano comunque nel bilancio del
governo nazionale e non sono dunque persi per la collettività. Non si tratta di soldi
sperperati in opere inutili, o di tangenti. Si tratta di soldi che il comune perde a favore del
governo! Ci vuole davvero molta fantasia giuridica per considerare questa una
29
Può essere interessante notare come il Financial Times osservò, in un articolo, che il principio delle multe
poteva avere effetti disastrosi se applicato a livello nazionale. Si pensi cosa succederebbe se si dividesse il
debito pubblico per il numero dei parlamentari dei paesi europei o del Giappone o degli Stati Uniti, su ognuno
graverebbe una multa di decine o centinaia di miliardi! Così scriveva il Financial Times:
“It is not unreasonable that those elected are responsible for their actions, but the electorate’s sanctions (except
in the case of fraud) should surely be limited to non re-election...if the principle of surcharge were to applied to
MP’s would they be as quick to accept responsibility for their actions?”
(cit. In Liverpool, a city... p. 438).
34
“malgestione” dei fondi pubblici. Ma non è certo la fantasia che manca ai giudici quando
reprimono le idee rivoluzionarie.
A Liverpool, il partito organizzò manifestazioni pubbliche per raccogliere il denaro delle
multe. L’anno successivo i liberali riusciranno a far approvare una legge per vietare simili
sconcezze. Il legame tra il ”socialist council” e la popolazione si vide anche in occasione dei
mondiali di calcio dell’86. I tifosi inglesi provenienti da Liverpool avevano striscioni a
sostegno della giunta comunale, una cosa che non si vede spesso negli stadi.
I consiglieri provarono a portare il caso davanti alla Court of Appeal. Le speranze di un
giudizio imparziale si possono sintetizzare con questo fatto: uno dei tre giudici, Lawton, era
stato un candidato fascista alle elezioni. Non sorprende che i giudici decisero, con la
sentenza del 31 luglio, che il District Auditor aveva trattato ”in a fair fashion” i consiglieri.
Ma il corso della giustizia non era finito. I liberali chiesero alla camera dei Lord di cacciare i
47 consiglieri laburisti di Liverpool. Questa perla di democrazia, un organo formato per
discendenza familiare che smembra un organo eletto dal popolo, fu realizzata all’inizio
dell’87. Oltre a ciò, i Lord aumentarono enormemente la multa. Il tutto risultava così
irritante alla città di Liverpool, che perfino i vescovi cattolico e protestante dichiararono la
multa un grave errore e una azione senza precedenti30.
16. La fine della battaglia
Con la cacciata dei 47 laburisti dal consiglio comunale, tory e liberali presero la
maggioranza ad interim. Molto ad interim, perché dopo poche settimane si svolsero le
elezioni comunali. Nel loro breve regno, i liberali reintrodussero la carica di mayor, che
venne occupata dalla moglie del loro capo, e altri aspetti vitali per la popolazione, come la
sfilata dei cavalli e lo scettro, simbolo del potere. Più seriamente, la breve giunta minacciò
di sospendere i programmi laburisti, ma i sindacati, pure ostili verso il consiglio socialista,
minacciarono la rivolta contro simili propositi.
Nel periodo che va dalla fine dell’85 al maggio dell’87 Kinnock e i suoi consiglieri erano
ossessionati dalla necessità di disfarsi dei ribelli di Liverpool. Ogni altro obiettivo vi era
30
Liverpool, a city... p. 436.
35
subordinato. Spesso Kinnock non si presentava nemmeno in parlamento durante il question
time, quando si può attaccare il governo di fronte a tutto il paese su problemi centrali nella
vita politica. In un primo momento, la direzione non aveva compreso il legame profondo tra
la tendenza Militant e il movimento operaio di Liverpool. Procedendo con le purghe, si rese
conto che si richiedeva un’amputazione sempre più profonda. Il sacrificio di spaccare il
partito a qualche mese dalle elezioni era considerato accettabile nell’intento di sradicare idee
di sinistra dal partito. Se almeno i laburisti avessero perso a Liverpool, si sarebbe potuto
dimostrare la nocività di certe idee ma proprio nei cinque anni peggiori del dopoguerra per il
Labour Party, a Liverpool il partito prese maggioranze schiaccianti. Il 1986 non fece
eccezione. Alla consueta campagna ostile della stampa, quell’anno si unì l’attacco della
direzione del partito. Perché gli elettori avrebbero dovuto votare per dei politici che la
stampa aveva dimostrato essere più o meno selvaggi, che il proprio partito espelleva e per
giunta che rischiavano la galera? Ogni spiegazione è ben accetta, ma la più semplice è
probabilmente la migliore: gli elettori di Liverpool condividevano la politica della giunta.
L’Echo, il giornale capofila nella guerra al Militant, dovette riconoscerlo:
“However experts may analyse the votes, there is not a shadow of doubt that Liverpool’s
town hall election results were a success for Militant...no scouser could have been under any
illusion that a vote for Labour in this city yesterday was a vote for Militant.” (Liverpool
Echo, 14/5/1986)
I conservatori vennero distrutti alle elezioni, a vantaggio dei liberali. Kinnock commentò:
“Senza il Militant penso che la nostra forza sarà anche maggiore”31. Il ministro
dell’ambiente Baker noto che quello era “un triste giorno per la democrazia”.
Evidentemente, questa gente è abituata a misurare il grado di democrazia dall’apatia degli
elettori e soprattutto dei lavoratori. Molta partecipazione per loro equivale a scarsa
democrazia.
Come si è visto, la vittoria non salvò i consiglieri ribelli, che vennero espulsi dal partito e
multati. I consiglieri espulsi accettarono di farsi da parte. Quello che interessava loro era
salvare l’autorità conquistata dalla giunta in quel periodo, non la propria carriera. Questa
31
“With the absence of the Militant element I think our strength will be even greater” (The Guardian,
6/5/1986).
36
“disponibilità” verso le decisioni della neo-destra di Kinnock venne rimproverata al Militant
dai vari gruppetti di estrema sinistra. È vero che il Militant avrebbe potuto guidare una
scissione dal partito ma Liverpool sarebbe comunque rimasta isolata nel momento decisivo
perché la situazione nazionale non era come quella locale. Per riprendere l’analogia esposta
prima: isolare la prima fila dell’esercito dal resto non è una buona idea. Inoltre, il
radicamento delle idee marxiste non è mai stato legato esclusivamente a questioni formali
come l’espulsione decretata da una direzione senza autorità.
Il governo Thatcher, pur godendosi tutta la scena, non rimaneva certo con le mani in mano.
Alla fine dell’86 la privatizzazione dei trasporti municipali provocò il raddoppio delle tariffe
in molte aree. Scioperi e proteste dei lavoratori dei trasporti, ma anche delle
telecomunicazioni, punteggiavano il periodo. La direzione laburista era troppo occupata
nelle purghe per occuparsi di simili scaramucce.
Alla fine di tutto questo processo, nel maggio dell’87, le elezioni comunali diedero
l’ennesimo strepitoso successo al partito laburista di Liverpool. L’epitaffio delle scelte
dell’esecutivo laburista può essere dato da un editoriale di The Economist:
“The three point rise in Labour’s share of the votes since last year suggests that most of
Liverpool’s working-class voters have accepted Militant’s explanation of Liverpool’s
financial crisis. The continuing collapse of the Tory vote - only 9.5 per cent of Liverpudlians
now vote Tory - shows that the government’s version has been rejected by Liverpool’s
middle-class too.” (The Economist 10/5/1987)
Se solo si fosse potuta scrivere una cosa simile dopo le elezioni politiche nazionali!
Purtroppo invece, la campagna elettorale fu un disastro totale, se possibile peggiore di quella
dell’83. La batosta fu quasi completa. Quasi. A Liverpool il partito guadagnò un altro 10%
rispetto all’83. A Walton Heffer ottenne il 65% dei voti. Questa netta differenza avrebbe
dovuto fare giustizia, almeno nelle menti libere da pregiudizi, della pretesa che le idee
rivoluzionarie spaventano gli elettori.
37
I liberali erano attoniti dei risultati delle elezioni comunali. Sul Times il loro capo, Trevor
Jones, si lasciò andare a un simile commento: “L’unico modo per distruggere il dominio del
Militant a Liverpool è eliminare il partito laburista in questa città”32.
Alla prima riunione del nuovo consiglio, Tony Byrne, uno dei pochi ribelli ancora non
espulso, espose i meriti della giunta: la costruzione di 5.400 nuove case, la creazione di
almeno 10.000 posti di lavoro. Ma le purghe avevano avuto il loro effetto. Nel consiglio
sedevano molti rappresentanti della destra del partito ben poco propensi a infrangere la
legge solo per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori di Liverpool. Per consolidare
questo nuovo corso continuarono alcune pratiche inusuali, come l’eliminazione di intere
sezioni del partito, il rifiuto di nuove iscrizioni ecc. Tutto ciò indebolì fortemente il partito,
ma anche il Militant. Dall’87, la destra riprese il controllo del partito e del consiglio. Venne
ripagata dagli elettori con una sconfitta elettorale dopo l’altra.
L’esito della battaglia e in genere il dipanarsi degli avvenimenti che abbiamo riassunto qui
giustificano la posizione dei laburisti di Liverpool, della tendenza Militant? La risposta sta
nelle stesse finalità dei consiglieri ribelli. Il loro scopo era utilizzare l’esperienza di
Liverpool, le vittorie e le sconfitte, come un mezzo per educare i lavoratori sulle battaglie
del futuro. Nessuno può dubitare che questo scopo sia stato raggiunto. Ovviamente la destra
del partito e i media a loro totale malincuore. Liverpool ha dimostrato, da una parte, che una
direzione coscientemente rivoluzionaria può attingere alla riserva inesauribile della
combattività dei lavoratori. Dall’altra, non basta conquistare posizioni in alcune città o nei
sindacati. Occorre costruire un’alternativa complessiva alla corrente riformista nel
movimento operaio o qualsiasi vittoria sarà solo un episodio. Questa sequenza, cominciata
nel periodo da noi preso in esame, non è finita nemmeno con la vittoria laburista del ‘97, e
prosegue tuttora sotto Cameron.
17. Gli ultimi anni
Alla fine degli anni ‘80, per le ragioni esposte, la sinistra laburista entrò in un profondo
declino. La sfida di Benn ed Heffer nell’88 contro Kinnock fu il canto del cigno di quella
32
“The only way to end Militant rule in Liverpool is to abolish the Labour Party in this city” (The Times,
8/5/1987).
38
generazione. Nel 1988 La Thatcher, dopo un decennio di vittorie, si sentì abbastanza sicura
per attaccare il nemico tutto assieme. Così lanciò la poll tax. Per sperimentare la reazione
della gente, la introdusse prima in Scozia, anche per vendicarsi del trattamento elettorale
riservato dagli scozzesi ai tories. La tassa produsse rivolte, scontri, scioperi. Fu un
fallimento totale, come dimostra lo stesso fatto che viene ricordata per il nome datogli dai
suoi avversari (appunto “poll tax”, testatico).
La tendenza Militant, che in Scozia aveva una influenza importante, decise di promuovere la
costituzione del sindacato nazionale anti-poll tax (Aptu). Il sindacato si estenderà
all’Inghilterra con il tentativo di estendere la tassa verso sud. La sconfitta della Thatcher fu
netta. La direzione laburista, che sostanzialmente boicottò la lotta a una tassa odiata dalla
stragrande maggioranza del suo elettorato, continuava invece la sua politica di
automutilazione. Nel 1990 venne smantellata la federazione giovanile (per le stesse ragioni
per cui si era distrutto il partito a Liverpool). Il successo contro la poll tax e le oggettive
difficoltà di lavorare nel partito spinsero i sostenitori del Militant a interrogarsi sul futuro.
L’autorità conquistata a Liverpool, nelle lotte sindacali ecc., sembrava minacciata dai mille
divieti che la destra imponeva. Come già era successo altre volte, si trattava di scegliere tra
una ritirata di breve periodo e un cambiamento radicale della propria strategia. Nel ‘91-’92,
la maggioranza dei sostenitori del Militant scelse la seconda via e si costituì come
organizzazione aperta. Gli altri rimasero a portare avanti il lavoro di costruire la corrente
marxista del partito laburista.
L’uscita fu originata, oltre che dal successo delle campagne indipendenti, da una
provocazione, a dire il vero scandalosa, che la direzione laburista compì a Liverpool.
Successe che Heffer si ammalò gravemente e vennero indette le elezioni suppletive per
Walton. Walton era un collegio sicuro per il partito, ed Heffer vi prese maggioranze sino a
due terzi. È anche una roccaforte storica della sinistra laburista. Kinnock decise di candidare
Peter Kilfoyle, un oscuro burocrate noto alla base laburista di Liverpool solo come
principale responsabile delle purghe. In particolare Kilfoyle era un nemico acerrimo del
Militant e di Heffer. Dal letto d’ospedale dove passava gli ultimi suoi giorni Heffer pregò la
direzione di ripensare a questa decisione, inutilmente. Le sezioni del partito respinsero la
candidatura ma evidentemente ci sono principi più importanti, per una direzione riformista,
della democrazia, come eliminare i propri oppositori politici. La base del partito scelse
Leslie Mahmood, ma il candidato ufficiale del partito restò Kilfoyle. Il Militant e altre
39
tendenze della sinistra del partito decisero di andare avanti lo stesso. Alle elezioni vinse
ovviamente Kilfoyle, anche se di una stretta maggioranza. Il Militant, nonostante il
candidato della base avesse preso solo 2600 voti, decise di estendere questa scelta a tutto il
paese. La provocazione era riuscita, Walworth Road poté da allora cessare di preoccuparsi
che qualcuno gli portasse via il partito.
18. L’eredità del thatcherismo
Gli anni del governo conservatore hanno lasciato un’impronta profonda nella scena politica
inglese, nella sua composizione sociale e anche nella sua produzione artistica. Non si
capirebbero film come “Riff Raff” (e in genere Ken Loach) o “Full Monthy” e “Grazie Ms.
Thatcher” senza conoscere la devastazione industriale lasciata dai tories33. La Gran Bretagna
degli anni ‘90 è un paese squassato dal conflitto di classe34. Un conflitto di classe strisciante,
spesso poco eclatante, ma pervasivo, universale. E l’esempio di Liverpool fa capolino nei
posti più impensati. Le Spice Girls, l’insulso gruppo pop creato a tavolino per arraffare soldi
agli adolescenti più ingenui, fece spesso dichiarazioni a favore della Thatcher per via del
marketing sul “girl power” ma una delle cinque cantanti dichiarò che, in quanto proveniente
da Liverpool, “dove tutti sono socialisti”, era una fervente laburista35.
Ma dove il lascito dei quindici anni thatcheriani pesa di più è proprio all’interno del partito.
Se la Thatcher ha imparato dall’esperienza del governo Heath, Blair ha imparato
dall’esperienza del governo Wilson, e una volta al governò fece timide riforme nel settore
pubblico senza però modificare i rapporti di forza complessivi in seno alla società. D’altro
canto, come ricordato, la sinistra del partito era debole. La grande ondata che si raccolse
attorno a Tony Benn dispersa. Scargill e i suoi sono andati via, per formare un insignificante
Socialist Labour Party, che nel ‘97 raccolse, perfino nelle circoscrizioni dei suoi minatori,
33
In particolare si ricorderà che in Riff Raff l’esperienza di Liverpool viene esplicitamente e positivamente
ricordata.
34 In uno speciale di The Economist del 27 settembre 1997 si concludeva che “class divides have sharpened”
citando anche un sondaggio secondo cui l’81% degli intervistati pensava che ci fosse lotta di classe in Gran
Bretagna (era il 60% negli anni ‘60).
35 “A sentirmi etichettare come tory ho provato la peggiore umiliazione della mia vita…sono sempre stata
laburista…ma i nuovi laburisti mi sembrano parenti prossimi dei vecchi conservatori” cit. in “Spice girl contro
spice girl”, L’Espresso, 25/9/1997. Come si può notare, Mel C, la spice girl in questione, non solo è una
laburista ma anche una critica della destra di Blair!
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solo le briciole. Allo stesso modo, per le ragioni prima spiegate, buona parte della tendenza
che si raccoglieva attorno al giornale Militant è uscita per formare il Socialist Party.
Tuttavia, a livello locale i conservatori hanno avuto molti problemi. In molte zone del paese
non esistono più da decenni. Per esempio in Scozia, nel Galles a Liverpool, nelle elezioni
comunali, i tories avevano una solida maggioranza ancora negli anni ‘60. Gli anni ‘80 hanno
visto, come spiegato, l’estinzione dei tories come forza politica. Nel ‘95 i conservatori
prendevano due seggi, nel ‘96 uno e nel ‘98...nessuno! Lo stesso vale in città come
Manchester o Sheffield.
Liverpool continua intanto il suo declino pluridecennale. Aveva oltre 600.000 abitanti nel
1971; ne aveva circa 500.000 quando la giunta laburista prese il potere nell’83. Ne ha già
persi un altro 10%. Nonostante i “miracoli” della flessibilità thatcheriana, la disoccupazione,
intorno al 10% negli anni ‘70, è raddoppiata in quel decennio e si è mantenuta oltre il 20%
fino agli anni ‘90 inoltrati. Se poi si considera che oltre un quinto della forza lavoro è part
time (quasi la metà, se si considerano le lavoratrici), si vede come la situazione della città
non abbia guadagnato molto dalle politiche liberiste. Le giunte laburiste o liberali che si
sono succedute alla giunta ‘83-’87 non hanno potuto che continuare a considerare il
problema abitativo come centrale. Così, ancora adesso esiste un Urban Renewal Service. Per
altro, le giunte laburiste “ordinarie” non hanno entusiasmato i cittadini del Merseyside. Così
nelle elezioni del ‘98 hanno vinto i liberali, che hanno preso 52 consiglieri, contro i 31
laburisti. Ma questa sconfitta è innanzitutto causata dalla disaffezione dei votanti laburisti.
Infatti l’affluenza non è giunta al 30%, nemmeno due terzi di quella media del periodo ‘83’8736.
Insomma, la popolazione di Liverpool non vide una grande differenza tra le politiche
condotte dai liberali e quelle portate avanti dalla destra laburista. D’altra parte, la tradizione
di lotta della città non è persa. Lo dimostra lo sciopero dei dockers, che è proseguito per
mesi, attirando la solidarietà dei lavoratori di tutto il mondo, dall’Australia all’Asia, dagli
Stati Uniti al Sudafrica.
Infine può essere istruttivo vedere che fine hanno fatto i protagonisti di questa breve
stagione di un’esperienza così intensa.
36
Si veda “The name game”, The Economist 18/4/1998.
41
Il governo Thatcher è stato distrutto dalle mobilitazioni contro l’odiata Poll Tax ed è stato
sostituito da Major, che ha continuato, grazie all’impagabile aiuto della destra laburista, il
programma politico tory.
Kinnock è divenuto commissario europeo dei trasporti, posizione da dove ha spinto i paesi
membri dell’Unione Europea a privatizzare tutto e subito, finalmente libero di portare avanti
la politica in cui realmente crede.
Kilfoyle, il tagliatore di teste, è stato premiato, come detto, nel ‘91 per la sua opera di
pulizia politica andando a sostituire Heffer, ormai morente all’ospedale, nel collegio sicuro
di Walton. Si è poi dovuto scontrare con Blair perché troppo di destra persino per lui.
Hatton, il battagliero vice sindaco, si è poi spostato nel mondo dello spettacolo tornando
ogni tanto a far parlare di sé37.
Infine la classe lavoratrice del Merseyside, che ha appoggiato l’unico “socialist council” dal
dopoguerra, continua a pagare per le politiche liberiste dei tory e dei laburisti. Sta ancora
aspettando di capire in che cosa ha sbagliato quando osò combattere per la difesa dei propri
diritti, della propria dignità e del proprio futuro.
Bibliografia
Crick M., The March of Militant, Faber, London, 1986
Grant T., The Unbroken Thread, Fortress, London, 1989 [trad it., Il lungo filo rosso, 2007]
Lin Chu, The British new left, Edinburgh University Press, Edinburgh, 1993
Seyd P., The rise and fall of the labour left, MacMillan, London, 1987
Taaffe P. e Mulhearn T., Liverpool, a city that dared to fight, Fortress, London, 1988
Taaffe P, The Rise of Militant, MP, London, 1995
Webb S., Storia del movimento operaio inglese, Editori Riuniti, Roma, 1976,
37
http://en.wikipedia.org/wiki/Derek_Hatton.
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