note e commenti - Bibliografia del Parlamento italiano e degli studi

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NOTE E COMMENTI
Le Circoscrizioni elettorali.
La scadenza della presente legislatura nel prossimo anno ha fatto
sorgere un complesso di questioni elettorali che in parte, almeno, richiedono una soluzione.
Una di esse è quella che sorge dall'art. 46 della legge elettorale
politica del 28 marzo 1895, che prescrive di attuare le nuove circoscrizioni elettorali in proporzione della popolazione delle provincie
e dei collegi, accertata col censimento generale del 1901. In obbedienza a tale disposizione, l'on. Giolitti presentò il 12 maggio 1903
un disegno di legge, che incaricava una Commissione, presieduta dal
ministro dell'interno e composta di quattro senatori e di dodici deputati - da eleggersi dalle rispettive assemblee - di procedere alla revisione del riparto del numero dei deputati in base alla popolazione di
ciascuna provincia, fermo restando il numero di 508 deputati (1). Il
disegno di legge è caduto colla chiusura della sessione: ma, a quanto
si assicura, ne verrà presentato uno nuovo.
Tale progetto trova la sua giustificazione non solo nel disposto
della legge del 1895, ma in circostanze inoppugnabili di fatto. Mentre
in alcune provincie la popolazione è rimasta quasi stazionaria, in altre
essa cresce rapidamente, senza che sia aumentato il numero dei collegi e dei deputati. Si è quindi creata una sproporzione numerica fra
la popolazione ed i suoi rappresentanti al Parlamento.
Il censimento del 1901 accertò la popolazione legale del Regno
in 32,966,307 abitanti, di modo che dividendo questa cifra per quella
dei 508 deputati si ha un quoziente di 64,894 abitanti.
Siccome il progetto del Ministero propone di mantener ferino il
numero di 508 deputati, applicando alle singole provincie il quoziente
di un deputato per ogni 64,894 abitanti si hanno i seguenti risultati:
Le provincie di Alessandria, Ancona, Aquila, Ascoli Piceno, Belluno, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Galtanissetta, Catanzaro,
Chieti, Como, Cosenza, Cremona, Ferrara, Foggia, Forlì, Genova, Girgenti, Grosseto, Livorno, Lucca, Macerata, Mantova, Massa Carrara,
Messina, Modena, Novara, Padova, Palermo, Parma, Pavia, Perugia,
Pesaro Urbino, Piacenza, Pisa, Ravenna, Reggio Calabria, Sassari,
Siena, Sondrio, Teramo, Udine, Venezia, Verona, Vicenza - in tutto 47 conservano la loro rappresentanza presente.
(1) Revisione della circoscrizione dei collegi elettorali politici in base ai risaltati del censimento generale della popolazione del Regno dell' anno 1901 —
Disegno di legge presentato dal ministro dell'interno (Giolitti) nella seduta del
12 maggio 1903 . Sessione 1902-904, n. 355.
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Le Provincie di Avellino, Campobasso, Caserta, Porto Maurizio,
Reggio Emilia, Rovigo, Salerno, Torino, Treviso, perdono ciascuna un
deputatole ne perdono due quelle di Cuneo e Potenza.
Le Provincie di Bari, Cagliar^, Catania, Firenze, Lecce, Napoli,
Siracusa, Trapani acquistano un deputato, e ne acquistano due la
provincia di Milano, tre quella di Roma.
In complesso si dovrebbero sopprimere 13 collegi situati in varie
Provincie del Regno, per crearne altri 13 in altre, che presentano un
forte aumento di popolazione.
Il progetto del Ministero fu dagli Uffici deferito all'esame di una
Commissione, ed in nome di essa riferì con particolare dottrina e competenza l'on. Brunialti. A maggioranza, la Commissione ha proposto
di abrogare senz'altro l'art. 46 della legge del 1895, cosicché l'attuale
circoscrizione elettorale rimarrebbe inalterata.
È facile comprendere che la maggioranza della Commissione abbia
potuto venire ad una siffatta decisione, di fronte alla difficoltà pratica di sopprimere 13 collegi in quasi altrettante provincie per crearne
altri 13 in provincie diverse. Ma è pure innegabile che una siffatta
- soluzione, se rappresenta un delicato riguardo verso alcune provincie
del Regno, costituisce d'altra parte un atto di ingiustizia, non foss' altro morale, verso quelle altre provincie che hanno una rappresentanza parlamentare inferiore alla loro popolazione.
La sproporzione si verifica sopratutto per due provincie: anzi per
due città: Roma e Milano. Il censimento del 1901 accertò per esse
l'esistenza di una popolazione nuova, che praticamente non ha rappresentanza al Parlamento.
Si è già visto che la media dà un deputato per ogni 64,894 abitanti, mentre in realtà vi sono dei collegi con popolazione assai minore, come Brienza (Potenza) con 37,685 abitanti e Vigone (Torino)
con 39,533. Altri venti collegi non arrivano a 50,000 abitanti. Invece
Roma, città con una popolazione di- 424,943, non ha che 5 collegi, con
una media di 84,989 abitanti per collegio: Milano, città con una popolazione di 490,094, non ha che 6 collegi, con una media di 81,680 ciascuno ! Ed è pure noto che la popolazione delle due città è di molto
cresciuta dopo il censimento del 1901. Si pensi pure che la popolazione di Roma città si aggira oramai intorno a 550,000 abitanti. Avendo
essa soli 5 collegi, si ha una popolazione media di 110,000 abitanti
per collegio: Roma invece di 5 deputati dovrebbe eleggerne 8. È quindi
impossibile continuare una condizione simile di cose, senza disconoscere i diritti della capitale del Regno ad una più equa rappresentanza. Altrett nto avviene per la città di Milano.
La stessa condizione di cose si presenta nelle rispettive Provincie. La provincia di Roma, con abitanti 1,149,526, ha solo 15 deputati:
ad ognuno di essi spettano quindi 76,169 abitanti invece di 64,894.
Dividendo la popolazione della provincia di Roma per la popolazione
media dei collegi del Regno, spettano alla provincia 17 deputati, invece di 15, e resta ancora una larga frazione di popolazione, tanto
che in un allegato alla relazione Brunialti si porta da 15 a 18 il numero dei deputati, che a rigore di aritmetica gioverebbe assegnare al
Lazio, qualora si tenesse anche conto delle frazioni di popolazione.
Lo stesso si dica per la provincia di Milano: con 1,450,214 abitanti, essa non ha che 20 collegi, ossia uno per ogni 72,510 abitanti.
A rigore di aritmetica vi sono quindi nella provincia 152,334 abitanti
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non rappresentati e ad essa spetterebbero quindi 22 collegi, invece dei
20 attuali.
Ciò costituisce una situazione di fatto contraria alla giustizia distributiva e non è ragionevole che essa continui senza un qualche
equo temperamento. Si comprende che non si sopprimano dei piccoli
collegi, come Brienza o Vigone, perchè non sono al disotto dei 32,447
abitanti, che rappresentano la metà del quoziente medio per collegio.
Ma questo delicato riguardo verso i centri minori non deve condurre
ad un diniego di rappresentanza e quindi di giustizia verso dei grandi
centri in continuo aumento di popolazione. Non è quindi giusto che il
VI collegio di Milano abbia 112,555 abitanti e che il VII ne conti
144,275. I due collegi, insieme riuniti, sommano così a 256,820 abitanti, di cui una metà circa non ha praticamente la sua rappresentanza politica. Altrettanto avviene a Roma, dove il II collegio ha
161,740 abitanti, ossia 32,140 abitanti di più della popolazione media
di due collegi. Così pure parecchi collegi della provincia di Roma
hanno una popolazione di gran lunga superiore alla media, come Velletri (75,271),Geccano (75,492), Albano (80,882), Civitavecchia (89,626), ecc.
Di fronte a questi dati di fatto non crediamo accettabile la decisione della maggioranza della Commissione di abrogare senz'altro
l'articolo 46 della legge e di consacrare a lungo una così evidente
disparità a carico di città e di provincie, come Roma e Milano, il cui
aumento continuo di abitanti dà loro legittimo diritto di avere una
adeguata rappresentanza politica, che ne faccia valere gli interessi
morali e materiali. Si è perciò che noi crederemmo equa una soluzione
intermedia fra quella presentata dal Governo nel 1903 e la decisione
negativa della Commissione della Camera.
È ben vero che applicando in modo rigoroso il quoziente di 64,894
abitanti per collegio si verrebbe a sopprimere 13 collegi, per crearne
altri 13; ma tutto ciò, in non pochi casi, avverrebbe per spostamenti
così lievi di cifre da non giustificare un mutamento tanto grave nella
circoscrizione elettorale. Non fa bisogno, in queste materie, di procedere con criteri così assoluti da parer duri, se non ingiusti. La storia
politica di ogni paese e della stessa Italia dimostra come in casi siffatti prevalgano invece quelle soluzioni intermedie che meglio rispecchiano le norme dell'equità.
L'ingiustizia fondamentale della circoscrizione vigente riposa sul
fatto che essa disconosce completamente alla nuova popolazione di
Roma e di Milano il diritto alla rappresentanza che le spetta. Questo
è il difetto che bisogna correggere, tanto più che esso si aggrava di
anno in anno, coll'aumento continuo della popolazione delle due città.
Si lascino pure immutati tutti gli altri collegi,-grandi e piccoli, ma
si dia a Roma ed a Milano la giusta rappresentanza a cui hanno diritto. Basterebbe a tal uopo assegnare a ciascuna provincia del Regno
un nuovo deputato per ogni 64,894 abitanti in più del quoziente
medio.
Adottando questo criterio, esso non troverebbe applicazione pratica che a Roma ed a Milano, che verrebbero ad avere ciascuna due
collegi in più : cosicché il numero dei deputati salirebbe da 508 a 512.
La differenza è così piccola che non ha importanza pratica, mentre nel
fatto costituisce il giusto riconscimento delle nuove condizioni di Roma
e di Milano, grazie al grande sviluppo che le due città hanno preso.
Non v'ha infatti nessuna ragione né storica, né logica, di tener fermo
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il numero di 508 deputati, quando si ricordi,' che essi andarono gradatamente crescendo da 453 nel 1860, fino al numero attuale. Né si
tema che ciò apra l'adito a troppo rapidi aumenti, perchè una provincia non avrebbe diritto ad un deputato di più, che quando abbia
quasi 65,000 abitanti senza rappresentanza politica. Il che non si presenterà che ben di rado, ad ogni censimento decennale e per qualche
singolo caso. Del resto, mentre l'Italia ha 508 deputati, la Francia ne
conta 591 e l'Inghilterra 670 !
L'intera evoluzione delle scienze politiche si basa sul principio
che ogni nuovo diritto trovi il giusto riconoscimento che gli spetta.
In tutti i paesi lo sviluppo delle grandi città è sempre stato accompagnato dall'aumento proporzionale della rispettiva deputazione politica, anche perchè ciò loro conferisce autorità e prestigio. Il che non
si può fare che sopprimendo dei collegi piccoli od aumentando il numero dei deputati.
Nel caso attuale preferiamo la soluzione che presenta minori inconvenienti. Le provincie di Roma e di Milano devono equamente
avere due deputati in più e non sarebbe giusto negarli loro. La via
più semplice ci pare quella di aumentare da 508 a 512 il numero dei
deputati, di assegnarci quattro posti in più alle due provincie di Roma
e di Milano, e di procedere ad una revisione dei collegi soltanto per
queste due provincie, essendo esse le sole in cui esista una tale eccedenza di popolazione da superare il quoziente medio di 64,894 abitanti
per deputator Tanto a Roma che a Milano, quest'eccedenza di popolazione non rappresentata è superiore ai 129,788 abitanti, quindi l'una
e l'altra devono avere due deputati in più.
Così si conciliano ad un tempo il rispetto della legge ed il senso
della equità verso due provincie e due città, a cui non sarebbe giusto
negare la legittima rappresentanza che loro spetta.