Lezione C1 Partiti politici, movimenti e società civile

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Lezione C1 Partiti politici, movimenti e società civile
Alberto Lo Presti – Partiti politici, movimenti e società civile
Scuole del Movimento politico per l'unità
Modulo C: Cultura politica
Lezione C1
Partiti politici, movimenti e società civile
Alberto Lo Presti
Introduzione
Il fenomeno delle aggregazioni di cittadini in vista del raggiungimento di scopi
politici è quanto mai interessante e attuale, nonostante molti riconoscano che sono
entrate in crisi le tradizionali forme in cui queste aggregazioni si sono storicamente
manifestate. Tali aggregazioni sono in genere collocate in quell'area sociale che viene
denominata “società civile”, laddove l'aggettivo “civile” sta a significare il carattere di
questo vario aggregarsi delle persone inteso come espressione del loro essere
“cittadini”, appartenenti ad una comunità giuridico-politica in cui agiscono da attori
nella trama dei diritti e doveri che loro competono nei confronti della comunità nel
suo insieme.
Lo spettro dei soggetti e delle iniziative della società civile è quanto mai ampio
e vario: comprende le mobilitazioni anche spontanee contro minacciate violazioni dei
diritti di determinate categorie di persone, i gruppi che si formano per il
raggiungimento di specifici obiettivi collettivi quali potrebbero essere la realizzazione
di un centro sociale o l'allontanamento di schiamazzi molesti, le associazioni dedite
alla tutela di beni naturalistici o alla sensibilizzazione di un quartiere, aggregazioni
per dare ad una comunità luoghi di dibattito e di iniziativa nello spazio pubblico.
Un posto particolare fra le aggregazioni tipiche della società civile è assegnato
ai partiti, gruppi che non solo possono assolvere alle funzioni anzidette ma lo fanno
sulla base di una determinata lettura della storia che muove le persone a perseguire
precisi obiettivi (ideologia o progetto storico1) e a farlo conquistando e gestendo il
potere decisionale dentro le istituzioni. La vicenda dei partiti politici non è
comprensibile senza riconnetterla alla storia delle idee e alla dinamica della
strutturazione del potere politico. Soprattutto nei secoli recenti, con l'affermarsi delle
moderne democrazie rappresentative, l'esistenza dei partiti è un elemento
fondamentale del sistema politico: nei partiti avviene la formazione del personale
politico e la prima selezione dei rappresentanti attraverso la formazione delle liste dei
candidati ad ogni livello e in ogni momento delle competizioni elettorali.
In questo modo i partiti costituiscono il principale canale di collegamento fra le
istituzioni e la società civile.
1 I termini “ideologia” e “progetto storico” sono nozioni analoghe in quanto strumenti per l'azione
politica, ma hanno contenuti e premesse diverse. “Ideologia” è una visione del mondo che offre una
chiave di lettura dello sviluppo necessario della storia e consente di dominarne gli sviluppi futuri;
“progetto storico” - temine preferito dalle correnti di ispirazione cristiana – è un appello alla libertà e
all'impegno, è uno strumento per il passaggio dal mondo dei valori all'azione concreta.
1
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La doppia natura privata/pubblica dei partiti
In questo senso assumono una doppia natura: sono organizzazioni private e
volontarie, ma nello stesso tempo svolgono funzioni pubbliche. Partito – da “parte” è anzitutto “libera associazione di cittadini” 2 tanto che chiunque è libero di aderire o
di dimettersi da esso, così come qualunque gruppo di cittadini può, senza alcuna
formalità, fondare un partito nuovo in concorrenza con quelli esistenti. Ogni partito
tende ad esprimere gli interessi di determinati gruppi sociali e li interpreta sulla base
delle idee presenti nelle culture della collettività, anche se è difficile trovare una
esatta corrispondenza fra un partito, determinati interessi e determinate idee.
Specie nelle società contemporanee tali aspetti sono in continuo movimento e i
partiti mescolano anche elementi eterogenei pur di allargare la loro base di
consenso. Con richiamo all'esperienza americana, si parla di catch all parties, ossia di
partiti poco ideologici e molto pragmatici, disposti a mescolare elementi anche molto
diversi pur di attrarre elettori. Questo fenomeno è accentuato dalla personalizzazione
della politica che, concentrando sul leader l'esistenza del partito, contribuisce a
sfumare le connotazioni ideologiche o programmatiche.
Ma, come si è detto, i partiti svolgono importantissime funzioni pubbliche:
• preparano e selezionano le persone che aspirano a ricoprire cariche pubbliche
•
•
se ottengono la maggioranza nelle assemblee elettive, determinano le nuove
norme che tutti i cittadini dovranno rispettare
e formeranno i governi dei diversi livelli dell'apparato statale (nonchè
nomineranno persone alla dirigenza di enti pubblici).
I sistemi di partiti
Il numero dei partiti e il grado di omogeneità/disomogeneità esistente fra di
essi costituisce il sistema di partiti esistente in un paese. Tali sistemi si dividono
essenzialmente in due tipi: bipartitico e multipartitico.
Il sistema bipartitico vede la presenza di due soli partiti o di due partiti
maggiori che si contendono il ruolo di partito di maggioranza. Tale sistema favorisce
la stabilità del governo e la possibilità di una reale alternanza al potere. Tuttavia agli
elettori è consentita una scelta molto limitata e poco significativa, si accentua in tali
sistemi
il
fenomeno
dell'astensionismo
con
pregiudizio
per
l'effettiva
rappresentatività delle assemblee.
All'incontrario nel sistema multipartitico la gamma degli orientamenti è molto
differenziata e, non riuscendo un partito da solo ad avere la maggioranza, si
producono coalizioni di partiti. L'inconveniente di tale sistema è l'instabilità dei
governi, frutto dell'instabilità dei legami su cui si reggono le coalizioni.
2 Vedi anche la Costituzione italiana, art. 49. Dal punto di vista giuridico i partiti in Italia sono
orgranizzazioni private che si configurano come “associazioni non riconosciute” e godono quindi di
un'ampia libertà di azione prevista per queste orgranizzazioni dal Codice Civile (artt. 36-42). Non sono
persone giuridiche e quindi non sono sottoposti ai controlli che lo stesso Codice prevede per tali enti
(artt. 14-35). La ragione sta nella volontà di non condizionare in nessun modo la vita dei partiti da parte
del potere esecutivo.
2
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Teorie sull'origine dei partiti politici
Una definizione tipica contemporanea è quella di Giovanni Sartori, nel suo
Parties and Party System del 1976, “un partito è qualsiasi gruppo politico identificato
da un'etichetta ufficiale che si presenta alle elezioni ed è capace di collocare
attraverso le elezioni (libere o no) candidati alle cariche pubbliche”. Questa
definizione contiene i requisiti minimi indispensabili per l'identificazione di un partito
rispetto alle altre organizzazioni che intendono svolgere attività politiche.
Ma quando e come hanno avuto origine i partiti?
Sono tre, normalmente, gli approcci teorici rispetto all’origine del partito:
1) Teorie istituzionali, che fanno originare i partiti dall’evoluzione dei sistemi
parlamentari e dei sistemi elettorali su cui si fondano;
2) Teorie storiche delle crisi, che fanno riferimento alla formazione di nuovi stati
o al crollo di sistemi costituzionali;
3) Teorie della modernizzazione, che analizzano le basi sociali ed economiche
della genesi dei partiti molto più che fattori politici.
1. Teorie istituzionali
Le teorie istituzionali fanno prevalentemente derivare la nascita dei partiti dal
funzionamento e dallo sviluppo delle istituzioni rappresentative, in particolare il
Governo e il Parlamento.
1a. Nascita del governo e origine dei partiti.
Per comprendere l’origine del sistema dei partiti, è di grande importanza capire
come si sia arrivati alla formalizzazione di un governo. E’ lo stato assoluto che pone
questo nuovo organo fondamentale che giustificherà poi l’ingresso sulla scena di
forze destinate ad agire in politica in modo stabile.
Finché non c’è un governo, non ci sarà formazione della decisione politica come
atto quotidiano, programmato e prevedibile ed anche come atto specialistico
parcellizzato (la politica finanziaria distinta dalla politica estera, la politica interna
distinta dalla politica commerciale, e così via).
Dal momento in cui c’è un governo, cioè un organo per sua natura tecnico che
ha perso il rapporto metafisico o religioso con la sovranità, diviene possibile la critica
alla decisione e l’istituzionalizzazione di un luogo in cui questa critica si manifesta. Di
conseguenza, emerge la possibilità di organizzare forze che nel sociale agiscono o
per influenzare l’azione di questi governi o per dimostrare la possibilità tecnica di
altre soluzioni alle questioni politiche. Ma ciò che è lineare nella tipizzazione ha,
invece, una storia assai travagliata. L’origine dei governi è nella struttura delle corti
medievali, e più precisamente nel riconnettersi e riorganizzarsi di tre componenti
delle corti: i grandi uffici di corte, gli ufficiali del re (quelli da cui nasceranno i
segretari di stato), i consigli della corona.
3
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In particolare, dopo la metà del XVI secolo quasi ovunque nel contesto europeo
il governo di territori ormai unitari nella loro dominazione politica si eserciterà
attraverso strutture stabili interne grosso modo al “Consiglio della Corona” 3.
Da un punto di vista delle tipologie generali, Francia ed Inghilterra
rappresentarono i modelli più compiuti di possibilità di organizzazione dell’esecutivo.
Ebbene, la nascita dello stato assoluto, di cui il governo per ministeri non è che
l’espressione tecnica compiuta, è la premessa necessaria per comprendere lo
sviluppo di un sistema politico basato sui partiti, caratteristico dell’età
contemporanea.
1b. Parlamentarismo e origine dei partiti
Lo sviluppo del sistema dei partiti è legato allo sviluppo del parlamentarismo e
delle lotte politiche. Questa fase si può collocare fra la seconda metà del Settecento
e gli anni della Restaurazione post-napoleonica. Per la verità nelle fasi iniziali dei
parlamenti dell’età contemporanea la distinzione non correva tanto fra partiti, quanto
fra “fazioni”, cioè fra gruppi che sembravano aggregarsi per interessi pratici e
settoriali o per affinità del tutto casuali4.
Il nesso esistente fra sviluppo del sistema parlamentare e sistema dei partiti è,
per lo meno, un nesso complesso. Nel caso inglese, per esempio, la suddivisione fra
whigs e tories era una suddivisione valida per la riforma costituzionale (più potere al
re o al Parlamento?), ma non automaticamente per distinguere le fazioni in
Parlamento. Sarà la forza di coagulazione delle grandi famiglie e dei grandi notabili
che aiuterà a separare e ad aggregare in modo non contingente le forze in campo.
Quel che mutò nel cruciale periodo della storia inglese che va dal 1750 circa al
1832 fu il ruolo del parlamento che divenne l’indiscusso luogo nazionale dove si
faceva politica, cioè non più quel parlamento che limitava il re e le sue prerogative,
3 Sono uffici che fanno capo a persone che significativamente cominciano ad essere chiamati “segretari di
stato”: sembra che in Francia il primo a vedersi assegnato questo titolo sia stato nel 1559 Claude de
l’Aubespine, negoziatore alla pace di Cateau-Cambrésis, mentre in Inghilterra sarebbe stato sir Robert
Cecil nel 1601. Continuando con gli esempi, in Inghilterra si tratta di una divisione dapprima settoriale:
si ha un segretario di stato per gli affari del nord dell’emisfero ed uno per gli affari del sud; dal 1781,
sotto l’influsso di Burke, abbiamo un segretario di stato per la politica interna e d uno per quella estera,
dopo avremo un segretario per le colonie britanniche americane, dopo un segretario alla guerra è così
via. Anche i termini cominciano a diventare quelli attuali. Oggi si dice Gabinetto del Primo Ministro: il
termine Cabinet designava in Inghilterra la prima e la più importante delle sei commissioni della Corte
dei segretari (normalmente era la Commissione per gli Affari Esteri).
4 Facciamo un esempio: osserviamo qual'era la classificazione dei gruppi al Parlamento inglese come
risulta dal manoscritto di Braybrooke (siamo nel 1788):
•
Partito della corona (cioè coloro che erano disposti a sostenere comunque qualsiasi
governo gradito al re) – 186 membri;
•
Partito dei fedeli di Mr. Pitt – 52 membri (perché è al potere, si specifica; se perde il
posto di Primo Ministro si riducono a non più di 20 membri);
•
Vari gruppi che sostengono il governo e cioè: quello di Mr. Dundas – 10 membri; quello
del marchese di Landswone – 9 membri; del conte di Lonsdale – 9 membri; delle Indie
orientali – 15 membri; un gruppo di parlamentari unconnected cioè non organizzati – 108
membri. Poi veniva l’opposizione: il partito di Mr. Fox – 138 membri e i resti del partito di
Lord North – 17 membri.
4
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ma un parlamento attraverso il quale il governo era legittimato a decidere e ad agire.
La conquista del governo rimase così l’obiettivo fondamentale dei gruppi di potere,
ma questo poteva avverarsi solo in parlamento e in parlamento si andava attraverso
le elezioni. Questa fu la dinamica che legò la lotta fra i gruppi storici detentori del
potere alla duplice dialettica parlamentare (governo/opposizione) ed elettorale (che
richiedeva progressivamente un coinvolgimento su basi ideologiche per allargare le
legittimità).
Una buona parte della letteratura politologica concorda nell’affermare che nel
Settecento e nell’Ottocento non si conoscono sistemi partitici nel senso moderno del
termine, ma esisterebbero solo gruppi di opinione, associazioni piccole e con scopi
particolari. Ritengo semplicistico questo modo di pensare. Infatti, questa
impostazione muove dalla premessa che vuole il vero partito moderno come il
partito-macchina che si sviluppa come strumento per disciplinare una democrazia di
massa, organizzando rigidamente gli elettori in un sistema di suffragio universale (o
vicino ad esso). Coloro che promuovono questa interpretazione si rifanno alla
definizione weberiana di partito politico 5.
Un’altra variabile da sottolineare è il sistema elettorale e il diritto di voto.
I sistemi elettorali francesi furono tanto diversi quanto i regimi che in essi
cercarono di realizzare le proprie idee della rappresentanza. Si aggiunga il fatto che
in nessun altro paese il passaggio al suffragio universale avvenne in maniera così
repentina. Nel febbraio del 1848 gli elettori erano meno di 250.000. Nel marzo dello
stesso anno passarono a 8 milioni e diventarono quasi 10 milioni l’anno successivo.
Tanto il sistema parlamentare che il suffragio universale incisero sulla
formazione di organismi partitici. La loro influenza non fu però analoga, perché nella
5 La definizione di Weber, che compare nell'opera postuma Economia e società (pp. 504-505, IV vol.).
L’esistenza dei partiti non è contemplata da nessuna costituzione e da nessuna legge,
benché proprio essi costituiscano oggi i detentori di gran lunga più importanti di ogni volere
politico dei governati dalla burocrazia, cioè dei «cittadini dello stato».
I partiti – per quanto siano i mezzi impiegati allo scopo di legare durevolmente a sé la
loro clientela – sono nella loro intima essenza delle organizzazioni liberamente create e miranti a
un reclutamento libero, necessariamente sempre rinnovato, in antitesi a tutte le corporazioni ben
circoscritte legalmente o contrattualmente.
Oggi il loro fine è sempre la ricerca di voti per elezioni a cariche politiche o in una
corporazione elettorale. Un nucleo durevole di soggetti interessati al partito, riuniti sotto un capo
o un gruppo di notabili, con un’articolazione variamente rigida – oggi spesso con una sviluppata
democrazia – provvede al finanziamento con l’aiuto di mecenati di partito o di soggetti interessati
economicamente o di interessati al patronato degli uffici, oppure con contributi degli iscritti:
nella maggior parte dei casi il finanziamento attinge a varie di queste fonti insieme.
Questo nucleo determina di volta in volta il programma, la procedura e i candidati.
Anche nel caso che l’organizzazione del partito di massa rivesta una forma assai democratica –
alla quale poi, come sempre, consegue un corpo sviluppato di funzionari stipendiati – almeno la
massa degli elettori, ma in un ambito abbastanza considerevole anche i semplici «iscritti», non
partecipa (o partecipa soltanto formalmente) alla determinazione dei programmi e dei candidati.
Piuttosto gli elettori vengono presi in considerazione come fattori concorrenti soltanto nel senso
che i programmi e i candidati vengono scelti commisurandoli alle probabilità che essi offrono di
conquistare i loro voti.
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maggior parte dei paesi l’instaurazione del sistema parlamentare e l’introduzione del
suffragio universale avvennero in tempi diversi. Si pensi che i gruppi liberali, che
sostenevano l’affermazione del governo parlamentare, erano generalmente contrari
all’estensione del diritto di voto (Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Italia, Norvegia);
viceversa, sistemi relativamente autoritari e privi di un regime parlamentare
introdussero (Bismarck in Germania) o mantennero (Napoleone III in Francia), per
necessità demagogiche, il suffragio universale.
I più antichi sistemi parlamentari dotati di continuità, come la Gran Bretagna e
il Belgio, rimasero spesso indietro nell’allargamento dell’elettorato rispetto a sistemi
parlamentari sviluppatisi più tardi, come la Danimarca e la Norvegia, e addirittura
molto più indietro rispetto a sistemi di tipo cesaristico come il Reich Tedesco e il
Secondo Impero francese.
Anche in altri sistemi rappresentativi fu solo una ridotta minoranza a possedere
il diritto di voto in momenti critici: Gran Bretagna 1830: 2,3 %; Svezia 1866: 5,7%;
Paesi Bassi 1851: 2,4%; Lussemburgo 1848: 2%.
Per capire bene il rapporto fra parlamentarizzazione e suffragio universale si
consulti la seguente tabella:
Paese
Parlamentarizzazione
Suffragio universale
Belgio
1831
1893/1919
Danimarca
1901
1918
Finlandia
1917
1906
Francia
1814-30
1848
Inghilterra
1832-35
1918-28
Italia
1861 (prima in Piemonte)
1918-19
Paesi Bassi
1868
1917-19
Norvegia
1884
1913
Svezia
1917
1921
L’estensione del diritto di voto favorì la crescita di alcuni partiti nati al di fuori
dei parlamenti come gruppi di protesta contro il sistema – soprattutto dei partiti
socialisti e cristiani. Ma le trasformazioni istituzionali in campo parlamentare e nel
diritto elettorale non riescono in genere a spiegare esaurientemente la nascita di tali
partiti. Al contrario di quanto sostiene la letteratura tradizionale che dà peso ai
sistemi elettorali, l’influenza del sistema elettorale sulla struttura del sistema
partitico è molto limitata. Le successive teorie sulla genesi dei sistemi partitici –
quella della crisi e quella della modernizzazione – tengono conto piuttosto delle basi
sociostrutturali dei sistemi partitici.
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2. Le teorie della crisi
Le teorie della crisi sull’origine dei partiti sottolineano molto di più delle teorie
istituzionali le spinte ideologiche sottostanti alla genesi di nuovi movimenti.
Esse hanno dato buoni risultati soprattutto nello studio di momenti critici della
storia dei partiti.
Nelle democrazie occidentali è possibile stabilire una serie di «ondate» nella
formazione dei partiti. Ripercorriamo le tre principali.
• Formazione di nuovi stati.
•
•
E' possibile verificare che molti partiti nascono nei processi di formazione
nazionale; quando si realizza uno stato indipendente caratterizzato da una
forte componente etnico-sociale, i movimenti che hanno lottato per
l'indipendenza come le forze che l'hanno avversata tendono ad organizzarsi in
partiti6.
E' da notare che i movimenti di unificazione nazionale hanno spesso
accumulato i conflitti in maniera pericolosa per il sistema, soprattutto quando
ai conflitti sociali veniva ad aggiungersi il conflitto religioso. Ciò avvenne in
Italia con il conflitto fra la Chiesa e il papato e lo stato laico-liberale, in
Germania con il conflitto fra la minoranza cattolica e la maggioranza
protestante egemonizzata dalla Prussia.
Anche le rotture della legittimità provocate da rivalità dinastiche possono aver
inciso temporaneamente sul sistema partitico7 .
Crolli di democrazie parlamentari in seguito all’instaurazione di regimi fascisti
o fascistoidi: in Italia nel 1922, in Germania nel 1933, in Spagna nel 1936-39,
in Portogallo nel 1926, in Grecia nel 1967 8. La continuità dei sistemi partitici è
6 Ad esempio, in Austria, dopo che gli alleati ebbero impedito, alla fine della prima guerra mondiale,
l’annessione all’impero tedesco, rimase in piedi per parecchio tempo un gruppo di ispirazione «grande
tedesca» che riuscì a cristallizzare intorno a sé il potenziale fascistoide. In Irlanda e Islanda sorsero dei
sistemi partitici diversi rispetto a quelli del paese che in precedenza aveva dominato queste regioni.
Soprattutto in Irlanda il sistema partitico è quasi esclusivamente il prodotto del movimento
d’indipendenza. I gruppi che dal 1830 erano integrati nel sistema partitico britannico furono soppiantati
nel 1918 dal partito nazionalrivoluzionario del Sinn Féin. Dopo che, nel 1922, l’Irlanda ebbe
conquistato l’indipendenza, furono due ali del dissolto movimento nazionale a dar vita ai due principali
partiti del paese. Nell’Irlanda cattolico-conservatrice, la politica era talmente dominata dai problemi
nazionali e così poco interessata ai conflitti sociali, che perfino il Labour Party ebbe scarso sviluppo.
In alcuni paesi si aggiunsero anche i conflitti etnici, a prescindere da quando si fosse formato lo stato
nazionale. Solo in Finlandia il conflitto etnico, sorto fra la maggioranza finnica e la minoranza svedese
dopo la nascita della nazione, poté essere risolto in maniera relativamente rapida e soddisfacente. In
genere la costituzione della nazione non servì a neutralizzare i conflitti di classe.
7 Vedi in Francia il conflitto fra monarchici liberali e ultras durante la Restaurazione e quello di
legittimisti contro orleanisti e bonapartisti dopo il 1830; in Spagna il conflitto fra i carlisti e i sostenitori
di Isabella, che provocò addirittura la guerra civile.
8 In tutti questi paesi la democrazia venne ripristinata o con un intervento esterno (1945 per Italia, per
esempio) oppure con un rivolgimento interno (in Grecia nel 1974, in Portogallo nel 1974, in Spagna fra
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stata non a caso maggiormente compromessa laddove i regimi fascisti hanno
spezzato la continuità dello stato. A parte il caso dell’Austria, dove si adottò la
finzione che fosse sufficiente richiamare in vita la vecchia costituzione, i
sistemi partitici del periodo precedente e del periodo successivo alla dittatura
hanno ben poco in comune, come è evidente nei casi dell’Italia, della
Germania e della Spagna. Hanno mantenuto in genere una continuità i partiti
di sinistra, i socialisti/socialdemocratici e i democratici.
3. Le teorie della modernizzazione
Il tratto comune a queste teorie è l'accento posto sui fattori sociali ed
economici che producono vasti gruppi sociali, coscienti di un loro progetto politico e
organizzati per realizzarlo.
Nel corso del XIX secolo l'Europa conosce il fenomeno dell'industrializzazione,
dello spopolamento delle campagne e dell'inurbamento, e il conseguente costituirsi di
masse di persone unificate dalla medesima condizione lavorativa, dalla vicinanza
fisica, dalla comunanza di problemi legati allo sfruttamento del lavoro dipendente e
dall'affermarsi dell'economia di mercato.
Inizialmente il loro aggregarsi aveva scopi di aiuto in un tempo in cui non era
ancora nata l'assistenza e la previdenza pubbliche (come le associazioni di mutuo
soccorso) o di tutela dei diritti in ambito lavorativo (come le organizzazioni sindacali).
Pian piano tuttavia queste forme di associazione divennero movimenti con precisi
obiettivi politici e quindi partiti strutturati per la conquista del potere politico mano a
mano che l'estensione del diritto di voto portò fasce sempre più ampie della
popolazione a diventare soggetto politico.
A differenza dei “partiti di notabili”, che agivano soltanto all'interno dei
parlamenti degli stati liberali, scarsamente strutturati, omogenei dal punto di vista
sociale (aristocrazia e alta borghesia), i nuovi partiti che si formano alla fine dell'800
e per tutto il '900 sono denominati “partiti di massa”: sono organizzazioni capillari
presenti nella società per favorire l'azione politica (discussione e propaganda) dei
soci, ammessi attraverso il suffragio universale a partecipare alla formazione delle
decisioni pubbliche. Attraverso il loro contributo il sistema politico si fa più
democratico, capace di integrare nuove domande politiche e di proiettarsi sugli
scenari sovranazionali ed internazionali.
il 1975 e il 1977). A parte qualche differenza marginale, nelle nuove democrazie possono essere rilevati
alcuni tratti comuni: il discredito della destra, l'unificazione del centro-destra, la scissione della sinistra
fra socialisti e comunisti, dopo la breve fase dei fronti popolari durata fino al 1947.
8
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Appendice:
COSA SIGNIFICA DESTRA - SINISTRA,
CENTRO DESTRA - CENTRO SINISTRA?9
In genere, si indica con questi due poli una tensione fra due modi di intendere il
tipo di società da realizzare, specie nel rapporto fra l'economia e la politica.
L’attribuzione di parole con significato “spaziale” è da ricondurre alla collocazione
degli eletti nelle aule delle assemblee legislative, appunto a destra o a sinistra.
Oggi, nelle moderne democrazie occidentali questi due poli opposti non si
presentano più come alternative fra sistemi opposti (fascismo o comunismo), ma
come semplici alternative fra programmi ispirati in uno o nell'altro senso, perchè le
forze che si richiamano alla destra o alla sinistra accettano comunque di stare in un
sistema democratico (es. Inghilterra la polarità Laburisti/Conservatori - in Usa
Democratici/Repubblicani).
Questa polarità è favorita dal sistema elettorale maggioritario oppure da premi
che assegnano la maggioranza assoluta a forze che hanno ottenuto la maggioranza
relativa, il che spinge le forze politiche ad allearsi, a coalizzarsi per essere più forti.
Hanno la stessa funzione di semplificazione anche le “soglie di sbarramento”
che impediscono a partiti che non raggiungono un minimo di consenso elettorale di
ottenere una rappresentanza nelle assemblee legislative.
La tendenza allora sarà quella della formazione di due sole grosse coalizioni o,
al limite, di due soli partiti.
Attenzione: nei programmi politici delle forze presenti nel panorama italiano
possiamo riconoscere l'una o l'altra tendenza. Ma si potrà notare che nessuna
rispetta così schematicamente una delle due, che sempre si troveranno
mescolate e combinate. Infatti oggi si dice che tutte le forze "tendono al
centro", cioè tendono a combinare il meglio della destra e il meglio della
sinistra. Poi, a seconda del peso che le tendenze hanno in questa
composizione, si avrà un centro-destra o un centro-sinistra (con o senza
trattino a seconda se si voglia o meno accentuare la pluralità delle
componenti interne).
Tentiamo allora di abbozzare le differenze ideali a cui si ispirano i programmi
politici di una destra o di una sinistra "democratiche".
9 Questa appendice riproduce in estrema sintesi il testo di Norberto Bobbio “Destra e sinistra” Einaudi.
La lettura integrale del breve e famoso testo è da consigliare.
9
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Criteri per il
confronto
SINISTRA
DESTRA
Base sociale
di riferimento
Lavoratori dipendenti
disoccupati
Lavoratori autonomi
imprenditori
Obiettivo
Equità sociale
Efficienza economica
Attenzione prioritaria
Sanare gli squilibri
(stato sociale)
Favorire
l’iniziativa economica
(neoliberismo)
Funzione dello
Stato
Redistributiva
Intervento in vari settori
della vita sociale
Minima
Intervento limitato alle
funzioni essenziali
Strumenti
Finanza pubblica
“funzionale”
Imposte progressive
Servizi pubblici diffusi
Finanza pubblica
“neutrale”
Imposte minime
Tagli alle spese
Rapporto
Stato/Mercato
Il mercato è controllato
Il mercato è libero
Assistenzialismo
Deresponsabilizzazione
Rampantismo
Pagano i deboli
"uguaglianza"
“libertà”
Rischi
Motto
10
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Appendice:
PARTITI E SISTEMI ELETTORALI10 - come trasformare i voti in seggi?
Maggioritario
Proporzionale
CARATTERISTICHE
Chi arriva primo prende tutto
Tutti prendono qualcosa … in proporzione
Piccoli collegi
(tanti quanti sono i seggi da attribuire)
Grandi collegi
(pari, ad esempio, alle regioni)
Un solo seggio da assegnare nel collegio
(un solo candidato - uninominale)
Tanti seggi da assegnare
(tanti candidati per lista pari ai seggi)
Possibili correzioni:
doppio turno
Possibili correzioni:
sbarramento e premio di maggioranza
EFFETTI
Compatta i partiti
Produce le coalizioni
Privilegia la persona
Privilegia l'idea
Le maggioranze si formano prima
Le maggioranze si formano dopo il voto
Favorisce la stabilità dei governi
Favorisce la rappresentatività
Tendenza al bipartitismo
Il Parlamento è “specchio” del Paese
10 Questa appendice sintetizza un ampio testo di approfondimento a disposizione sul sito
www.scuole.mppu.org con il titolo “Sistemi elettorali a confronto”.
11
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Maggioritario
Proporzionale
ESEMPIO
Circoscrizione XX = 1 seggio
Circoscrizione YY = 10 seggi
Lista A = 40 %
Lista A = 40 %
Lista B = 30 %
Lista B = 30 %
Lista C = 30%
Lista C = 30 %
La lista A ottiene l'unico seggio
I seggi vanno:
4 alla lista A
3 alla lista B
3 alla lista C
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