aiutami a dire addio
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PRESENTAZIONE 7 Presentazione Insieme per ricostruire la vita Non si può vivere senza morire. La morte, per alcuni, è un’attesa, una lotta, una speranza di sollievo al dolore, un passaggio a una vita migliore; per altri è un’ingiustizia, un’assurdità, un’offesa, un castigo. Dinanzi alla morte non si resta indifferenti: la sua presenza scatena una molteplicità di reazioni fisiche, emotive, spirituali. Il lutto è il processo di elaborazione del dolore, delle reazioni vissute nel dire addio a una persona cara. C’è chi riesce a gestire con le proprie forze una vita cambiata e chi resta nello smarrimento e nello sconforto; chi cerca l’aiuto di uno psicologo, uno psichiatra o un sacerdote e chi sana il cuore ferito attraverso la condivisione della sofferenza con altre persone provate da dolori analoghi. Molte persone ricorrono a tranquillanti o ansiolitici per ridurre l’ansia, a sonniferi per riuscire a dormire, ad antidepressivi per affrontare i momenti più bui. È emerso, però, che i professionisti e i servizi sociali non sono in grado di rispondere e soddisfare la varietà e complessità di bisogni umani legati a esperienze luttuose. Per questo la nascita di gruppi di mutuo aiuto per persone in lutto è diventata una risorsa sociale importante, per affrontare insieme ad altri il cammino della guarigione, rompendo le barriere della paura o della vergogna. Il gruppo rappresenta un luogo per uscire dall’isolamento, dalla depressione, dal vittimismo. Un luogo dove trovare comprensione e sanare il cuore ferito. Nel gruppo si impara 8 AIUTAMI A DIRE ADDIO ad aprirsi, a esprimersi, a guadagnare fiducia nelle proprie potenzialità. Il poter condividere la propria vulnerabilità con persone che si sintonizzano con il linguaggio del lutto previene l’insorgere di stress e di problemi emozionali. L’esperienza di solidarietà aiuta a vivere meglio le transizioni e i cambiamenti. Principi di fondo dei gruppi di mutuo aiuto sono la reciprocità e la mutualità: inizialmente si va per essere aiutati, poi si aiuta per aiutarsi. I partecipanti crescono nella consapevolezza che l’elaborazione del lutto non dipende da ricette o facili consigli e soluzioni, ma dalla responsabilità personale, dai tempi utilizzati positivamente, dagli scopi esistenziali e dalle scelte operate. L’ascolto delle diverse storie, l’osservazione dei differenti atteggiamenti e meccanismi manifestati, la capacità di tradurre in azione intuizioni e scoperte, permettono a chi è in lutto di confrontarsi con altri, di realizzare cambiamenti importanti, di assumere maggiore controllo sulle emozioni e di agire meglio all’interno della famiglia e della società. I partecipanti sono stimolati a concentrarsi sul «qui e ora» e a stabilire piccoli obiettivi, raggiungibili gradualmente con il supporto e la verifica solidale degli altri. I destinatari del libro Questo vademecum è indirizzato a quanti operano nell’ambito della relazione di aiuto nel lutto: operatori pastorali, psicologi, medici, psichiatri, assistenti sociali, terapeuti, animatori parrocchiali e volontari. Inoltre, intende essere un aiuto per quanti hanno sperimentato diversi tipi di perdita: una morte improvvisa (ad esempio, infarto, ictus, ecc.), un incidente stradale o verificatosi sul lavoro, un suicidio, una morte dovuta alla violenza, altri tipi di distacco quali: abbandono coniugale, malattia cronica o invalidante, e così via. Il testo prospetta percorsi per un cammino di crescita e invita a un creativo adattamento alle diverse realtà o circostanze in cui il gruppo opera. La struttura dei singoli capitoli è articolata intorno a tre nuclei: – la trattazione del tema; – la riflessione su un racconto;1 – domande attinenti all’argomento proposto. Gli itinerari proposti illustrano la mappa di un viaggio che intende aiutare chi è in lutto a uscire gradualmente dal labirinto del dolore e a ricostruire la vita attraverso la forza che si sprigiona dal gruppo, questo luogo privilegiato dove la solitudine si trasforma in solidarietà. 1 Non è stato possibile risalire agli autori originali di diversi racconti. LE PERDITE NELLA VITA 21 3 Le perdite nella vita C’È UN GIORNO NELLA VITA DI TUTTI CHE DECIDE UN DESTINO. IN QUEL GIORNO SI APRE UNA PORTA E SI CHIUDONO TUTTE LE ALTRE. DOPO DIVENTIAMO «DIVERSI» E NON SAREMO PIÙ QUELLI DI PRIMA. (VITTORIO BUTTAFAVA) Ventaglio di perdite La vita, dalla nascita alla morte, è un susseguirsi di perdite. Ripercorrendo la propria biografia e analizzando il proprio vissuto familiare, scolastico, affettivo, sociale e professionale ci si rende conto degli eventi critici, delle sconfitte e dei fallimenti, delle ferite e dei cordogli che hanno segnato la propria esistenza. Ognuno ha la sua storia di perdite e separazioni che possono averlo esasperato, complessato, mortificato, colpevolizzato, stimolato, rafforzato, maturato. Per ciascuno le perdite hanno nomi, significati e intensità diverse e possono includere un mosaico di esperienze differenti, quali: – Perdite interiori, quali la perdita della libertà, della privacy, della bellezza fisica, dell’autostima, della motivazione, dell’amore, della speranza. Si pensi, ad esem- 22 – – – – – – – AIUTAMI A DIRE ADDIO pio, a tutte le sofferenze e umiliazioni sopportate da coloro che hanno vissuto per anni sotto regimi totalitari, dove in nessun modo veniva tutelata la dignità o la libertà personale. Perdite affettive, quali l’addio a un amore, la morte di un proprio caro, l’esperienza di separazione, la morte di un animale. L’esperienza del divorzio, ad esempio, comporta un lutto specifico con ricorsi legali, giudizi velati o palesi da parte di familiari o colleghi, lotte con l’ex coniuge per la divisione dei beni, rapporti strumentalizzati con i figli, sfiducia nei confronti del prossimo, senso di vuoto e fallimento. Perdite geografiche, quali la perdita della propria casa, terra, lingua, cultura e religione. Si assiste, oggi, a un crescente esodo o fuga di persone dai Paesi poveri verso le realtà più ricche in cerca di un lavoro, di un futuro più dignitoso per sé e le proprie famiglie, di forme di vita più aperte e meno condizionate dalle aspettative culturali locali. Perdite professionali, quali la perdita del lavoro, del salario, della sicurezza, di una promozione, della propria reputazione. Spesso i giornali riferiscono di giovani esasperati dalla ricerca di un’occupazione che non arriva mai, o di padri o madri sconvolti dalla perdita di un lavoro che garantiva il sostentamento della famiglia. Perdite riguardanti la salute, quali l’asportazione della milza o l’amputazione di una gamba, i limiti imposti alla propria progettualità da una malattia grave o terminale, la perdita di autonomia. L’ospedale è la città abitata dalle perdite di salute. Ogni reparto ha la sua specializzazione, ogni malato ha una sua storia da raccontare: chi è in dialisi e chi ha avuto un infarto, chi si lamenta per la prima ospedalizzazione e chi ritorna all’ospedale per sottoporsi a terapie salvavita; chi dagli altri pretende tutto e chi non osa chiedere niente. Perdite istituzionali, quali improvvisi cambiamenti nella realtà familiare, la perdita di fiducia nei confronti del sistema politico o religioso, la chiusura di un’impresa, il venir meno di una struttura o associazione. La cronaca quotidiana riporta scandali legati alla corruzione e alla strumentalizzazione del potere per i propri fini: questo non fa che accrescere la sfiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti. Perdite di sogni, quali l’impossibilità di avere un bambino, l’occasione mancata di un lavoro o di una relazione promettente, il disappunto per un fallimento scolastico, sportivo o professionale. Perdite di proprietà, quali il forzato distacco dai beni provocato dalla criminalità, dalla violenza, dai disastri naturali. In alcuni Paesi si assiste al dramma quotidiano della violenza e sopraffazione causati dalla guerra tra diverse fazioni; persone innocenti sono costrette a dislocazioni forzate e ad abbando- LE PERDITE NELLA VITA 23 nare la propria casa, la propria terra e i propri beni per salvaguardare la propria vita. Perdite dentro una perdita Spesso una perdita, specie se grave, produce altre perdite. È come gettare un sasso in uno specchio d’acqua: si produce un’onda e poi altre onde, finché tutta la superfice risente del cambiamento. Si pensi, ad esempio, alla morte improvvisa di un padre di famiglia che causa perdite affettive e sessuali per la moglie, perdite economiche per la famiglia, perdite di sicurezza e di tipo relazionale per i figli, perdite strutturali all’interno del tessuto familiare. Una perdita grave produce riverberi sulle altre sfere della vita, come l’immagine della cipolla ci rammenta. FINALITÀ DEI GRUPPI DI MUTUO AIUTO 27 4 Finalità dei gruppi di mutuo aiuto NON SI POSSONO SCOPRIRE NUOVI OCEANI SE NON SI HA IL CORAGGIO DI LASCIARE LA SPIAGGIA. (ANONIMO) Aspetti pratici Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dei gruppi di mutuo aiuto, che rappresentano un fenomeno di crescente rilevanza sociale. Il modello che ha ispirato questa forma di aiuto, di chiara matrice statunitense, è il gruppo degli Alcolisti Anonimi, fondato nell’Ohio nel 1935, ormai attivo da più di sessant’anni. Sulla scia del successo conseguito da questa forma di sostegno terapeutico non tradizionale, si sono moltiplicati i gruppi per persone afflitte da analoghi problemi. Sono sorti così gruppi caratterizzati da una molteplicità di destinatari: da chi soffre di depressione cronica alle donne vittime di violenza; dai separati e divorziati agli individui che vivono il disagio psichico; dai mangiatori compulsivi ai soggetti dipendenti dalla droga, dai 28 AIUTAMI A DIRE ADDIO farmaci, dall’alcol; dai sieropositivi ai genitori di bambini affetti da patologie genetiche; dai malati di cancro alle persone in lutto, dai familiari di disabili alle persone in dialisi, e così via. La diffusione di questi gruppi è particolarmente evidente in campo sanitario. Molti li definiscono gruppi di «autoaiuto» per sottolineare il principio dell’aiutarsi, non delegando ad altri (ai professionisti) il compito di farli star bene. Forse risulta più appropriato e flessibile il concetto di «mutuo aiuto», in quanto il gruppo offre il contesto non solo per aiutare se stessi, ma anche per aiutarsi reciprocamente nell’affrontare e superare le crisi della vita. Il gruppo stimola e potenzia le capacità individuali e attiva, per il bene comune, le risorse molteplici dei suoi membri. Storicamente, i gruppi di mutuo aiuto hanno preceduto l’avvento dei gruppi di psicoterapia e di counseling quale mezzo di sostegno per le persone in difficoltà. Allo stesso tempo differiscono — filosoficamente e strutturalmente — da altri modelli aventi finalità culturali, sociali, ricreative o religiose. La loro rapida proliferazione rispecchia l’esigenza di fornire una risposta creativa ed efficace alle problematiche personali che non trovano una risposta esauriente, a causa della limitata disponibilità di professionisti abilitati alla relazione di aiuto. Le finalità del mutuo aiuto Esistono molte variabili riguardanti la struttura, le dimensioni, la durata e il funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto. Si possono, comunque, individuare quattro obiettivi che, più frequentemente, li caratterizzano: 1. Il sostegno emotivo Il gruppo diventa il luogo in cui i partecipanti possono dare voce al proprio dolore, alle proprie paure e speranze, raccontando la storia dei propri disappunti, insuccessi e progressi. Il poter esprimere i propri sentimenti e il sentirsi compresi costituiscono la base su cui costruire la fiducia e l’esperienza di mutuo aiuto. 2. Il supporto sociale Il vissuto di un problema doloroso può generare solitudine, isolamento, sfiducia. La solitudine contribuisce, talvolta, a ingigantire i problemi e produce atteggiamenti di vittimismo, di diffidenza verso il prossimo o di scarsa autostima. La presenza di altre persone che condividono una simile sofferenza instaura legami di solidarietà, schiude spazi di speranza, migliora le abilità comunicative e FINALITÀ DEI GRUPPI DI MUTUO AIUTO 29 interpersonali, favorisce un clima di positività e di reciproco sostegno, che aiuta a reimmergersi nella vita e nella progettualità. 3. L’informazione e l’educazione reciproca Il gruppo non è solo una specie di confessionale che accoglie il travaglio della propria umanità ferita, ma è anche una scuola dove ognuno è, allo stesso tempo, maestro e discepolo. Maestro di quanto ha maturato e interiorizzato alla luce della propria esperienza, discepolo di quanto impara ascoltando e osservando gli altri. Spesso, i meccanismi adottati singolarmente per affrontare le difficoltà risultano controproducenti, quando non nocivi. Una persona potrebbe continuare a ferirsi perché non ha analizzato bene i propri schemi di riferimento, mentali ed emotivi. Dal confronto con altri si possono apprendere modalità più costruttive per affrontare i problemi, scoprire vie inesplorate o imitare l’esempio di chi ha risolto positivamente gli stessi dilemmi. L’opportunità di conoscere e ampliare i propri orizzonti operativi può costituire la medicina migliore per evitare di rimanere intrappolati in atteggiamenti autolesivi. 4. Potenziare le capacità personali per affrontare e risolvere i problemi della vita Il gruppo è un’ancora a cui ci si può aggrappare nei momenti di smarrimento o quando si ha la sensazione di essere in balia dei flutti che sommergono. L’ancora non è, però, una dimora così come il gruppo non deve divenire per il naufrago una dipendenza o l’unico luogo del mondo dove si sente sicuro. Lo scopo del gruppo non è tanto creare dipendenze o dare «false» sicurezze a quanti lo frequentano, quanto aiutarli a guarire le proprie ferite, per abilitarli a riprendere il viaggio. L’obiettivo è far sì che il rapporto con gli altri promuova la fiducia personale, aiuti a riprendere il controllo sulla propria esistenza, renda più consapevoli dei propri bisogni e stati d’animo, stimoli ad assumere quelle iniziative e quei rischi che fanno emergere le proprie potenzialità latenti, ispiri a reimmergersi con realismo e coraggio nel mare della vita. Contributi risananti dei gruppi di mutuo aiuto Il graduale conseguimento degli obiettivi sopraesposti, che abbracciano la sfera psicologica, sociale, mentale e spirituale, comporta una serie di benefici per quanti vi partecipano, tra cui: I BENEFICI DEL GRUPPO NELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO 95 13 I benefici del gruppo nell’elaborazione del lutto NELLA VITA SIAMO CHIAMATI SEMPRE A SCEGLIERE, ANCHE SOLO SE SORRIDERE O CHIUDERCI NEL NOSTRO DOLORE. E, A SECONDA DELLE SCELTE CHE FACCIAMO, AVREMO O NO LA PACE NEL CUORE. (MATTIA FRANKEL) I benefici del gruppo Ci sono tipi di lutto in cui il gruppo non è in grado di apportare aiuto ed è pertanto necessario l’intervento di psichiatri, psicologi o altri professionisti. Per i lutti «normali», invece, molte ricerche confermano l’efficacia di questi gruppi e i notevoli benefici ricavati dai partecipanti in termini di rinnovata speranza, ripristino delle relazioni e sostegno personale. Aprirsi agli altri è la via maestra per guarire il cordoglio, le ferite. Irvin Yalom11 ha messo in luce i seguenti vantaggi terapeutici derivanti dal gruppo: 11 I.D. Yalom, The theory and practice of group psychoteraphy, New York, Basic Books, 1995, pp. 75-79. 96 AIUTAMI A DIRE ADDIO 1. l’autocomprensione: a livello di pensieri, sentimenti e comportamenti; 2. la catarsi: la liberazione di ciò che si ha dentro; 3. l’apprendimento: gli stimoli costruttivi ricavati dall’osservazione e dall’ascolto degli altri; 4. l’universalità: una prospettiva più vasta che ingloba altri dolori e fa scoprire diverse modalità per affrontare la sofferenza; 5. il realismo: la sfida ad assumere con responsabilità la propria vita; 6. il senso di appartenenza: il sentirsi accettati dal gruppo favorisce il senso di solidarietà e lo sviluppo di abilità relazionali; 7. l’altruismo: l’esperienza positiva attiva la disponibilità a darsi e a manifestare una crescente attenzione ai bisogni e ai sentimenti degli altri. Il coinvolgimento nei gruppi di mutuo aiuto ha degli effetti positivi sui partecipanti, tra cui: – il sentirsi meno soli nell’affrontare i sentimenti e le difficoltà provocati da una perdita; – l’apprendere atteggiamenti costruttivi nell’elaborazione del cordoglio attraverso il confronto e la condivisione con altri; – l’imparare a esprimere e a gestire i sentimenti «negativi»; – il guadagnare crescente fiducia nelle proprie capacità e il poter esercitare un impatto positivo sulle altre persone; – il saper discernere quando sia giunto il momento di lasciare il gruppo per continuare la propria vita. L’esperienza di gruppo può comportare anche degli aspetti problematici, quali: – un numero troppo ridotto (ad esempio tre o quattro persone) o eccessivo di partecipanti che impoveriscono o complicano l’interazione; – la formazione di sottogruppi, all’interno del gruppo più vasto, con il rischio di perseguire particolarismi; – l’eccessivo controllo o monopolizzazione del gruppo da parte del conduttore o di uno dei suoi membri; – la sopravvalutazione delle procedure organizzative; – la superficialità e la divagazione negli scambi; – il rischio di moralizzare, psicoanalizzare o spiritualizzare gli incontri; – il rischio della fossilizzazione e della sterilità, che mortificano le potenzialità dei componenti; – la cronica dipendenza dei partecipanti dal gruppo; – la resistenza all’incorporazione di nuovi membri; – la presenza di persone emozionalmente bloccate. I BENEFICI DEL GRUPPO NELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO 97 Segni di guarigione e aspetti problematici nell’elaborazione del lutto Secondo Burgeois,12 l’elaborazione del lutto comporta tre processi: 1. l’accettazione cognitiva della perdita; 2. l’accettazione emotiva della morte; 3. il cambio di identità tra il Sé del passato e il Sé attuale. Il cambio è interno ed esterno, intrapsichico e interpersonale. Lo stesso autore segnala i seguenti indicatori di guarigione da un lutto: – il ritorno dell’energia per assolvere i compiti della vita quotidiana, in assenza della quale sussiste il rischio del vuoto e dell’inutilità; – la progettualità futura, per non rimanere fissati sul passato; – l’adattamento e l’interpretazione dei rispettivi ruoli sociali. Egli indica i seguenti ostacoli alla guarigione: – l’impossibilità di dare un «senso alla perdita»; – i sentimenti di ambivalenza (rimorsi, confusione, ecc.), che interferiscono con l’accettazione e il distacco; – la scarsa stima di sé, specie se il superstite risulta dipendente dal defunto; – il sentimento di fedeltà nei confronti del defunto, che porta ad assumere determinati atteggiamenti per non tradirne la memoria.13 L’importanza degli atteggiamenti L’elaborazione del lutto dipende dagli atteggiamenti che il superstite sceglie di assumere. C’è sempre chi vede il bicchiere mezzo vuoto e chi mezzo pieno e, naturalmente, la prospettiva cambia la qualità dell’esistenza. C’è chi non è mai contento se non è scontento, e chi testimonia la speranza anche in mezzo alle più grandi tragedie. L’atteggiamento è anche legato al carattere, ma dipende ancora di più dal lavoro che la persona è disposta a fare su di sé, per imparare ad adattarsi a un mondo che non gravita attorno alla propria ottica autoreferenziale. M.L. Bourgeois, Le deuil clinique et pathologie, Paris, Presses Universitaires de France, 1996, p. 30. 13 Ibidem, p. 35. 12