aiutami a dire addio

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aiutami a dire addio
PRESENTAZIONE
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Presentazione
Insieme per ricostruire la vita
Non si può vivere senza morire. La morte, per alcuni, è un’attesa, una lotta,
una speranza di sollievo al dolore, un passaggio a una vita migliore; per altri è
un’ingiustizia, un’assurdità, un’offesa, un castigo. Dinanzi alla morte non si resta
indifferenti: la sua presenza scatena una molteplicità di reazioni fisiche, emotive,
spirituali.
Il lutto è il processo di elaborazione del dolore, delle reazioni vissute nel dire
addio a una persona cara. C’è chi riesce a gestire con le proprie forze una vita
cambiata e chi resta nello smarrimento e nello sconforto; chi cerca l’aiuto di uno
psicologo, uno psichiatra o un sacerdote e chi sana il cuore ferito attraverso la
condivisione della sofferenza con altre persone provate da dolori analoghi. Molte
persone ricorrono a tranquillanti o ansiolitici per ridurre l’ansia, a sonniferi per
riuscire a dormire, ad antidepressivi per affrontare i momenti più bui.
È emerso, però, che i professionisti e i servizi sociali non sono in grado di
rispondere e soddisfare la varietà e complessità di bisogni umani legati a esperienze
luttuose. Per questo la nascita di gruppi di mutuo aiuto per persone in lutto è
diventata una risorsa sociale importante, per affrontare insieme ad altri il cammino
della guarigione, rompendo le barriere della paura o della vergogna. Il gruppo
rappresenta un luogo per uscire dall’isolamento, dalla depressione, dal vittimismo.
Un luogo dove trovare comprensione e sanare il cuore ferito. Nel gruppo si impara
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AIUTAMI
A DIRE ADDIO
ad aprirsi, a esprimersi, a guadagnare fiducia nelle proprie potenzialità. Il poter
condividere la propria vulnerabilità con persone che si sintonizzano con il linguaggio del lutto previene l’insorgere di stress e di problemi emozionali. L’esperienza di
solidarietà aiuta a vivere meglio le transizioni e i cambiamenti.
Principi di fondo dei gruppi di mutuo aiuto sono la reciprocità e la mutualità:
inizialmente si va per essere aiutati, poi si aiuta per aiutarsi. I partecipanti
crescono nella consapevolezza che l’elaborazione del lutto non dipende da ricette
o facili consigli e soluzioni, ma dalla responsabilità personale, dai tempi utilizzati
positivamente, dagli scopi esistenziali e dalle scelte operate.
L’ascolto delle diverse storie, l’osservazione dei differenti atteggiamenti e
meccanismi manifestati, la capacità di tradurre in azione intuizioni e scoperte,
permettono a chi è in lutto di confrontarsi con altri, di realizzare cambiamenti
importanti, di assumere maggiore controllo sulle emozioni e di agire meglio all’interno della famiglia e della società. I partecipanti sono stimolati a concentrarsi sul
«qui e ora» e a stabilire piccoli obiettivi, raggiungibili gradualmente con il supporto
e la verifica solidale degli altri.
I destinatari del libro
Questo vademecum è indirizzato a quanti operano nell’ambito della relazione di aiuto nel lutto: operatori pastorali, psicologi, medici, psichiatri, assistenti
sociali, terapeuti, animatori parrocchiali e volontari. Inoltre, intende essere un
aiuto per quanti hanno sperimentato diversi tipi di perdita: una morte improvvisa
(ad esempio, infarto, ictus, ecc.), un incidente stradale o verificatosi sul lavoro, un
suicidio, una morte dovuta alla violenza, altri tipi di distacco quali: abbandono
coniugale, malattia cronica o invalidante, e così via.
Il testo prospetta percorsi per un cammino di crescita e invita a un creativo
adattamento alle diverse realtà o circostanze in cui il gruppo opera.
La struttura dei singoli capitoli è articolata intorno a tre nuclei:
– la trattazione del tema;
– la riflessione su un racconto;1
– domande attinenti all’argomento proposto.
Gli itinerari proposti illustrano la mappa di un viaggio che intende aiutare chi
è in lutto a uscire gradualmente dal labirinto del dolore e a ricostruire la vita
attraverso la forza che si sprigiona dal gruppo, questo luogo privilegiato dove la
solitudine si trasforma in solidarietà.
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Non è stato possibile risalire agli autori originali di diversi racconti.
LE PERDITE
NELLA VITA
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Le perdite nella vita
C’È UN GIORNO NELLA VITA DI TUTTI CHE DECIDE UN DESTINO. IN QUEL GIORNO SI APRE UNA PORTA E
SI CHIUDONO TUTTE LE ALTRE. DOPO DIVENTIAMO «DIVERSI» E NON SAREMO PIÙ QUELLI DI PRIMA.
(VITTORIO BUTTAFAVA)
Ventaglio di perdite
La vita, dalla nascita alla morte, è un susseguirsi di perdite. Ripercorrendo
la propria biografia e analizzando il proprio vissuto familiare, scolastico, affettivo,
sociale e professionale ci si rende conto degli eventi critici, delle sconfitte e dei
fallimenti, delle ferite e dei cordogli che hanno segnato la propria esistenza.
Ognuno ha la sua storia di perdite e separazioni che possono averlo esasperato,
complessato, mortificato, colpevolizzato, stimolato, rafforzato, maturato. Per
ciascuno le perdite hanno nomi, significati e intensità diverse e possono includere
un mosaico di esperienze differenti, quali:
– Perdite interiori, quali la perdita della libertà, della privacy, della bellezza fisica,
dell’autostima, della motivazione, dell’amore, della speranza. Si pensi, ad esem-
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AIUTAMI
A DIRE ADDIO
pio, a tutte le sofferenze e umiliazioni sopportate da coloro che hanno vissuto
per anni sotto regimi totalitari, dove in nessun modo veniva tutelata la dignità
o la libertà personale.
Perdite affettive, quali l’addio a un amore, la morte di un proprio caro,
l’esperienza di separazione, la morte di un animale. L’esperienza del divorzio,
ad esempio, comporta un lutto specifico con ricorsi legali, giudizi velati o palesi
da parte di familiari o colleghi, lotte con l’ex coniuge per la divisione dei beni,
rapporti strumentalizzati con i figli, sfiducia nei confronti del prossimo, senso di
vuoto e fallimento.
Perdite geografiche, quali la perdita della propria casa, terra, lingua, cultura e
religione. Si assiste, oggi, a un crescente esodo o fuga di persone dai Paesi
poveri verso le realtà più ricche in cerca di un lavoro, di un futuro più dignitoso
per sé e le proprie famiglie, di forme di vita più aperte e meno condizionate
dalle aspettative culturali locali.
Perdite professionali, quali la perdita del lavoro, del salario, della sicurezza, di
una promozione, della propria reputazione. Spesso i giornali riferiscono di
giovani esasperati dalla ricerca di un’occupazione che non arriva mai, o di padri
o madri sconvolti dalla perdita di un lavoro che garantiva il sostentamento della
famiglia.
Perdite riguardanti la salute, quali l’asportazione della milza o l’amputazione
di una gamba, i limiti imposti alla propria progettualità da una malattia grave o
terminale, la perdita di autonomia. L’ospedale è la città abitata dalle perdite di
salute. Ogni reparto ha la sua specializzazione, ogni malato ha una sua storia
da raccontare: chi è in dialisi e chi ha avuto un infarto, chi si lamenta per la
prima ospedalizzazione e chi ritorna all’ospedale per sottoporsi a terapie
salvavita; chi dagli altri pretende tutto e chi non osa chiedere niente.
Perdite istituzionali, quali improvvisi cambiamenti nella realtà familiare, la
perdita di fiducia nei confronti del sistema politico o religioso, la chiusura di
un’impresa, il venir meno di una struttura o associazione. La cronaca quotidiana riporta scandali legati alla corruzione e alla strumentalizzazione del potere
per i propri fini: questo non fa che accrescere la sfiducia nelle istituzioni e nei
suoi rappresentanti.
Perdite di sogni, quali l’impossibilità di avere un bambino, l’occasione mancata
di un lavoro o di una relazione promettente, il disappunto per un fallimento
scolastico, sportivo o professionale.
Perdite di proprietà, quali il forzato distacco dai beni provocato dalla criminalità, dalla violenza, dai disastri naturali. In alcuni Paesi si assiste al dramma
quotidiano della violenza e sopraffazione causati dalla guerra tra diverse
fazioni; persone innocenti sono costrette a dislocazioni forzate e ad abbando-
LE PERDITE
NELLA VITA
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nare la propria casa, la propria terra e i propri beni per salvaguardare la
propria vita.
Perdite dentro una perdita
Spesso una perdita, specie se grave, produce altre perdite. È come gettare
un sasso in uno specchio d’acqua: si produce un’onda e poi altre onde, finché
tutta la superfice risente del cambiamento.
Si pensi, ad esempio, alla morte improvvisa di un padre di famiglia che causa
perdite affettive e sessuali per la moglie, perdite economiche per la famiglia,
perdite di sicurezza e di tipo relazionale per i figli, perdite strutturali all’interno del
tessuto familiare. Una perdita grave produce riverberi sulle altre sfere della vita,
come l’immagine della cipolla ci rammenta.
FINALITÀ
DEI GRUPPI DI MUTUO AIUTO
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Finalità dei gruppi
di mutuo aiuto
NON
SI POSSONO SCOPRIRE NUOVI OCEANI SE NON SI HA
IL CORAGGIO DI LASCIARE LA SPIAGGIA.
(ANONIMO)
Aspetti pratici
Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione dei gruppi di mutuo aiuto, che
rappresentano un fenomeno di crescente rilevanza sociale.
Il modello che ha ispirato questa forma di aiuto, di chiara matrice statunitense, è il gruppo degli Alcolisti Anonimi, fondato nell’Ohio nel 1935, ormai
attivo da più di sessant’anni. Sulla scia del successo conseguito da questa forma
di sostegno terapeutico non tradizionale, si sono moltiplicati i gruppi per
persone afflitte da analoghi problemi. Sono sorti così gruppi caratterizzati da
una molteplicità di destinatari: da chi soffre di depressione cronica alle donne
vittime di violenza; dai separati e divorziati agli individui che vivono il disagio
psichico; dai mangiatori compulsivi ai soggetti dipendenti dalla droga, dai
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farmaci, dall’alcol; dai sieropositivi ai genitori di bambini affetti da patologie
genetiche; dai malati di cancro alle persone in lutto, dai familiari di disabili alle
persone in dialisi, e così via.
La diffusione di questi gruppi è particolarmente evidente in campo sanitario.
Molti li definiscono gruppi di «autoaiuto» per sottolineare il principio dell’aiutarsi,
non delegando ad altri (ai professionisti) il compito di farli star bene.
Forse risulta più appropriato e flessibile il concetto di «mutuo aiuto», in
quanto il gruppo offre il contesto non solo per aiutare se stessi, ma anche per
aiutarsi reciprocamente nell’affrontare e superare le crisi della vita.
Il gruppo stimola e potenzia le capacità individuali e attiva, per il bene
comune, le risorse molteplici dei suoi membri. Storicamente, i gruppi di mutuo
aiuto hanno preceduto l’avvento dei gruppi di psicoterapia e di counseling quale
mezzo di sostegno per le persone in difficoltà. Allo stesso tempo differiscono —
filosoficamente e strutturalmente — da altri modelli aventi finalità culturali, sociali,
ricreative o religiose. La loro rapida proliferazione rispecchia l’esigenza di fornire
una risposta creativa ed efficace alle problematiche personali che non trovano
una risposta esauriente, a causa della limitata disponibilità di professionisti abilitati
alla relazione di aiuto.
Le finalità del mutuo aiuto
Esistono molte variabili riguardanti la struttura, le dimensioni, la durata e il
funzionamento dei gruppi di mutuo aiuto. Si possono, comunque, individuare
quattro obiettivi che, più frequentemente, li caratterizzano:
1. Il sostegno emotivo
Il gruppo diventa il luogo in cui i partecipanti possono dare voce al proprio
dolore, alle proprie paure e speranze, raccontando la storia dei propri disappunti,
insuccessi e progressi. Il poter esprimere i propri sentimenti e il sentirsi compresi
costituiscono la base su cui costruire la fiducia e l’esperienza di mutuo aiuto.
2. Il supporto sociale
Il vissuto di un problema doloroso può generare solitudine, isolamento,
sfiducia. La solitudine contribuisce, talvolta, a ingigantire i problemi e produce
atteggiamenti di vittimismo, di diffidenza verso il prossimo o di scarsa autostima.
La presenza di altre persone che condividono una simile sofferenza instaura
legami di solidarietà, schiude spazi di speranza, migliora le abilità comunicative e
FINALITÀ
DEI GRUPPI DI MUTUO AIUTO
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interpersonali, favorisce un clima di positività e di reciproco sostegno, che aiuta
a reimmergersi nella vita e nella progettualità.
3. L’informazione e l’educazione reciproca
Il gruppo non è solo una specie di confessionale che accoglie il travaglio della
propria umanità ferita, ma è anche una scuola dove ognuno è, allo stesso tempo,
maestro e discepolo. Maestro di quanto ha maturato e interiorizzato alla luce della
propria esperienza, discepolo di quanto impara ascoltando e osservando gli altri.
Spesso, i meccanismi adottati singolarmente per affrontare le difficoltà risultano
controproducenti, quando non nocivi. Una persona potrebbe continuare a ferirsi
perché non ha analizzato bene i propri schemi di riferimento, mentali ed emotivi.
Dal confronto con altri si possono apprendere modalità più costruttive per
affrontare i problemi, scoprire vie inesplorate o imitare l’esempio di chi ha risolto
positivamente gli stessi dilemmi.
L’opportunità di conoscere e ampliare i propri orizzonti operativi può
costituire la medicina migliore per evitare di rimanere intrappolati in atteggiamenti autolesivi.
4. Potenziare le capacità personali per affrontare e risolvere i problemi della vita
Il gruppo è un’ancora a cui ci si può aggrappare nei momenti di smarrimento
o quando si ha la sensazione di essere in balia dei flutti che sommergono.
L’ancora non è, però, una dimora così come il gruppo non deve divenire per
il naufrago una dipendenza o l’unico luogo del mondo dove si sente sicuro.
Lo scopo del gruppo non è tanto creare dipendenze o dare «false» sicurezze
a quanti lo frequentano, quanto aiutarli a guarire le proprie ferite, per abilitarli a
riprendere il viaggio.
L’obiettivo è far sì che il rapporto con gli altri promuova la fiducia personale,
aiuti a riprendere il controllo sulla propria esistenza, renda più consapevoli dei
propri bisogni e stati d’animo, stimoli ad assumere quelle iniziative e quei rischi
che fanno emergere le proprie potenzialità latenti, ispiri a reimmergersi con
realismo e coraggio nel mare della vita.
Contributi risananti dei gruppi di mutuo aiuto
Il graduale conseguimento degli obiettivi sopraesposti, che abbracciano la
sfera psicologica, sociale, mentale e spirituale, comporta una serie di benefici per
quanti vi partecipano, tra cui:
I
BENEFICI DEL GRUPPO NELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO
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I benefici del gruppo
nell’elaborazione del lutto
NELLA
VITA SIAMO CHIAMATI SEMPRE A SCEGLIERE, ANCHE SOLO SE SORRIDERE O CHIUDERCI NEL
NOSTRO DOLORE.
E,
A SECONDA DELLE SCELTE CHE FACCIAMO, AVREMO O NO LA PACE NEL CUORE.
(MATTIA FRANKEL)
I benefici del gruppo
Ci sono tipi di lutto in cui il gruppo non è in grado di apportare aiuto ed è
pertanto necessario l’intervento di psichiatri, psicologi o altri professionisti.
Per i lutti «normali», invece, molte ricerche confermano l’efficacia di questi
gruppi e i notevoli benefici ricavati dai partecipanti in termini di rinnovata
speranza, ripristino delle relazioni e sostegno personale. Aprirsi agli altri è la via
maestra per guarire il cordoglio, le ferite.
Irvin Yalom11 ha messo in luce i seguenti vantaggi terapeutici derivanti dal
gruppo:
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I.D. Yalom, The theory and practice of group psychoteraphy, New York, Basic Books, 1995, pp.
75-79.
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A DIRE ADDIO
1. l’autocomprensione: a livello di pensieri, sentimenti e comportamenti;
2. la catarsi: la liberazione di ciò che si ha dentro;
3. l’apprendimento: gli stimoli costruttivi ricavati dall’osservazione e dall’ascolto
degli altri;
4. l’universalità: una prospettiva più vasta che ingloba altri dolori e fa scoprire
diverse modalità per affrontare la sofferenza;
5. il realismo: la sfida ad assumere con responsabilità la propria vita;
6. il senso di appartenenza: il sentirsi accettati dal gruppo favorisce il senso di
solidarietà e lo sviluppo di abilità relazionali;
7. l’altruismo: l’esperienza positiva attiva la disponibilità a darsi e a manifestare
una crescente attenzione ai bisogni e ai sentimenti degli altri.
Il coinvolgimento nei gruppi di mutuo aiuto ha degli effetti positivi sui
partecipanti, tra cui:
– il sentirsi meno soli nell’affrontare i sentimenti e le difficoltà provocati da una
perdita;
– l’apprendere atteggiamenti costruttivi nell’elaborazione del cordoglio attraverso il confronto e la condivisione con altri;
– l’imparare a esprimere e a gestire i sentimenti «negativi»;
– il guadagnare crescente fiducia nelle proprie capacità e il poter esercitare un
impatto positivo sulle altre persone;
– il saper discernere quando sia giunto il momento di lasciare il gruppo per
continuare la propria vita.
L’esperienza di gruppo può comportare anche degli aspetti problematici,
quali:
– un numero troppo ridotto (ad esempio tre o quattro persone) o eccessivo di
partecipanti che impoveriscono o complicano l’interazione;
– la formazione di sottogruppi, all’interno del gruppo più vasto, con il rischio di
perseguire particolarismi;
– l’eccessivo controllo o monopolizzazione del gruppo da parte del conduttore o
di uno dei suoi membri;
– la sopravvalutazione delle procedure organizzative;
– la superficialità e la divagazione negli scambi;
– il rischio di moralizzare, psicoanalizzare o spiritualizzare gli incontri;
– il rischio della fossilizzazione e della sterilità, che mortificano le potenzialità dei
componenti;
– la cronica dipendenza dei partecipanti dal gruppo;
– la resistenza all’incorporazione di nuovi membri;
– la presenza di persone emozionalmente bloccate.
I
BENEFICI DEL GRUPPO NELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO
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Segni di guarigione e aspetti problematici nell’elaborazione del lutto
Secondo Burgeois,12 l’elaborazione del lutto comporta tre processi:
1. l’accettazione cognitiva della perdita;
2. l’accettazione emotiva della morte;
3. il cambio di identità tra il Sé del passato e il Sé attuale. Il cambio è interno ed
esterno, intrapsichico e interpersonale.
Lo stesso autore segnala i seguenti indicatori di guarigione da un lutto:
– il ritorno dell’energia per assolvere i compiti della vita quotidiana, in assenza
della quale sussiste il rischio del vuoto e dell’inutilità;
– la progettualità futura, per non rimanere fissati sul passato;
– l’adattamento e l’interpretazione dei rispettivi ruoli sociali.
Egli indica i seguenti ostacoli alla guarigione:
– l’impossibilità di dare un «senso alla perdita»;
– i sentimenti di ambivalenza (rimorsi, confusione, ecc.), che interferiscono con
l’accettazione e il distacco;
– la scarsa stima di sé, specie se il superstite risulta dipendente dal defunto;
– il sentimento di fedeltà nei confronti del defunto, che porta ad assumere
determinati atteggiamenti per non tradirne la memoria.13
L’importanza degli atteggiamenti
L’elaborazione del lutto dipende dagli atteggiamenti che il superstite sceglie
di assumere. C’è sempre chi vede il bicchiere mezzo vuoto e chi mezzo pieno e,
naturalmente, la prospettiva cambia la qualità dell’esistenza. C’è chi non è mai
contento se non è scontento, e chi testimonia la speranza anche in mezzo alle più
grandi tragedie. L’atteggiamento è anche legato al carattere, ma dipende ancora
di più dal lavoro che la persona è disposta a fare su di sé, per imparare ad adattarsi
a un mondo che non gravita attorno alla propria ottica autoreferenziale.
M.L. Bourgeois, Le deuil clinique et pathologie, Paris, Presses Universitaires de France, 1996,
p. 30.
13
Ibidem, p. 35.
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