architettura della pianta e fertilità dell`olivo in coltura intensiva

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architettura della pianta e fertilità dell`olivo in coltura intensiva
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE AGRARIE
Curriculum Produzioni Vegetali e Ambiente
XIII° Ciclo (2012-2014)
ARCHITETTURA DELLA PIANTA E FERTILITÀ
DELL’OLIVO IN COLTURA INTENSIVA
A.A. 2013-2014
…da subito un grazie particolare al prof. Davide Neri…
2
INDICE
PREMESSA…………………………………………………………………………8
Capitolo 1: CONFRONTO ARCHITETTURALE TRA DIVERSE CULTIVAR DI
OLIVO IN ALTA DENSITÀ
INTRODUZIONE………………………………………………………..…9
1.1 Caratteristiche generali dell‟olivo................................................................9
1.2 Sviluppo della pianta e formazione dello scheletro……………………….9
1.3 Forma di allevamento e architettura dell‟olivo in impianti a densità
crescente………………………………………………………………….11
1.3.1
Impianti a media densità……………………………….12
1.3.1.1 Vaso policonico e cespuglio……………….12
1.3.2
Impianti ad alta densità…………………………………..14
1.3.2.1 Asse centrale……………………………….14
1.4 Alta densità, tra genetica e tecnica: problemi aperti………………………18
1.5 Obiettivi della ricerca………………………………………………………21
MATERIALI E METODI…………………………………………..………22
2.1 Descrizione del sito......................................................................................22
2.2 Andamento climatico...................................................................................23
2.3 Caratteristiche dell‟impinato e gestione culturale…………………………25
2.3.1
Analisi del terreno...............................................................29
2.4 Descrizione del materiale vegetative............................................................30
2.4.1
Caratteristiche varietali........................................................31
2.5 Schema sperimentale..................................................................................36
2.6
Rilievi.........................................................................................................37
2.7 Elaborazione statistica e analisi dei dati………………………………….40
Allegato 1………………………………………………………………………41
Allegato 2………………………………………………………………………42
RISULTATI E DISCUSSIONI……………………………………………..43
3.1 Architettura delle piante................................................................................43
3
3.2 Produzione………………………………………………………………….56
3.3 Architettura delle branche………………………………………………….59
3.3.1
Ramificazione…………………………………………….59
3.3.2
Produzione ………………………………………………76
CONCLUSIONI…………………………………………………………….80
Capitolo 2: LA STRUTTRA PRODUTTIVA PREVALENTE IN OLIVO: IL RAMO
MISTO
INTRODUZIONE.........................................................................................85
1.1 Ciclo vitale e fisiologia della pianta………………………………………85
1.1.1
Cicli di crescita…………………………………………88
1.2 Classificazione dei rami…………………………………………………..90
1.3 La struttura produttiva prevalente nell‟olivo: il ramo misto …………….91
1.4 Le gemme d‟olivo ………………………………………………………..94
1.4.1
Struttura delle gemme………………………………….95
1.4.1.1
Gemme vegetative………………………...95
1.4.1.2 Gemme riproduttive………………………..96
1.5
Fasi fenologiche nel ciclo annuale dell‟olivo…………………………...98
1.6 Biologia florale ………………………………………………………….101
1.6.1
Induzione………………………………………………...102
1.6.2
Differenziazione a fiore………………………………….103
1.6.2.1 La differenziazione delle gemme …………104
1.7 Fattori coinvolti nella differenziazione a fiore ………………………….105
1.8 L‟alternanza di produzione ……………………………………………..108
1.9 Obiettivi della sperimentazione …………………………………………109
MATERIALI E METODI………………………………………………….110
2.1 Descrizione del sito.....................................................................................110
2.1.1
Andamento climatic...........................................................111
2.2 Descizione del materiale vegetale………………………………………..112
2.3 Caratteristiche varietali…………………………….……………………..112
2.4 Schema sperimentale e trattamenti………………..……………………..112
2.5 Raccolta dati in campo..............................................................................115
4
2.6 Analisi delle gemme in laboratorio……………………………………..116
2.7 Rielaborazione statistica e analisi dei dati………………………………..117
Allegato 1……………………………………………………………………..118
RISULTATI E DISCUSSIONI.....................................................................119
3.1 Rilievi in campo 2013.................................................................................119
3.1.1
Accrescimento del germoglio……………………………119
3.1.2
Risultati produttivi……………………………………….123
3.2 Evoluzione della differenziazione………………………………………..125
3.2.1
Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme
riproduttive in condizione di ottimo e stressato…………….125
3.2.2
Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme
vegetative in condizione di ottimo e stressato………………128
3.2.3
Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme
indifferenziate in condizione di ottimo e stressato…………..129
3.2.4
Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio dei nodi cechi in
condizione di ottimo e stressato……………………………..131
3.2.5
Confronto degli stadi di sviluppo delle gemme…………132
3.2.5.1
Gemme vegetative………………………..133
3.2.5.2 Gemme riproduttive………………………..135
3.3 Rilievi in campo anno 2014 …………………………………………….139
3.3.1
Ritorno a fiore………………………………………….139
3.3.2
Rami anticipati…………………………………………...144
3.3.3
Frutti allegati……………………………………………..149
CONCLUSIONI………………………………………………...…………153
Capitolo 3: SCALARITÀ DELLA FIORITURA E ALLEGAGIONE IN 11
CULTIVAR DI OLIVO
INTRODUZIONE………………………………………………………………..157
1.1 Morfologia dell‟infiorescenza e del fiore……………………………….157
1.1.1
Infiorescenza………………………………………….157
5
1.1.2
Fiore…………………………………………………..…158
1.2 Il processo di fioritura………………………………………………..…..160
1.2.1
Fattori endogeni……………………………………..…..163
1.2.2
Fattori esogeni……………………………………..……164
1.3 Polline e pistillo: impollinazione e fecondazione………………..……….167
1.3.1
Compatibilità………………………….…………………169
1.4 Allegagione……………………………………………………………….170
1.4.1
Fattori che influenzano l‟allegagione………………….170
1.4.1.1
Fattori endogeni…………………………..171
1.4.1.2 Fattori esogeni……………………………..171
1.5 Obiettivi della sperimentazione …………………………………………172
MATERIALI E METODI…………………………………………………174
2.1 Descrizione del sito....................................................................................174
2.1.1
Meteo.................................................................................174
2.2 Descizione del materiale vegetale………………………………………..175
2.3 Schema sperimentale .................................................................................175
2.4 Raccolta dati ............................................................................................175
2.5 Elaborazione statistica e analisi dei dati…………………………………177
RISULTATI E DISCUSSIONI.....................................................................178
3.1 Chioma........................................................................................................178
3.1.1
Effetto della posizione…………………………………...178
3.2 Ramo……………………………………………………………………..180
3.2.1
Effetto della posizione…………………………………..182
3.3 Andamento della fioritura………………………………………………...185
3.3.1
Effetto della posizione del ramo sulla fioritura………….190
3.3.1.1 Chioma………………………….………….191
3.3.1.2 Ramo……………………………………….198
3.3.2
Fenologia………………………………………………...207
3.3.2.1 Chioma……………………………………..207
3.3.2.2 Ramo……………………………………….212
3.4 Allegagione………………………………………………………………218
3.4.1
Chioma…………………………………………………..218
3.4.1.1 Effetto della posizione……………………...218
6
3.4.2
Ramo……………………………………………………220
CONCLUSIONI…………………………………………………………..222
RINGRAZIAMENTI……………………………………………………..228
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………….230
7
PREMESSA
Da diversi anni nel contesto olivicolo internazionale si sta assistendo ad una rapida
evoluzione dei modelli colturali, attraverso l‟adozione di razionali tecniche di
coltivazione, sempre più orientati verso un contenimento dei costi di gestione
dell‟impianto, in particolare quelli di raccolta. In questo contesto sempre maggiore
attenzione è stata posta nei confronti dei modelli ad alta densità d‟impianto
(1225/1660 piante ha-1). Questi modelli sono basati su un elevato grado di
meccanizzazione, in particolare delle operazioni di potatura e raccolta che sono
realizzate in continuo lungo la fila. Tuttavia la funzionalità del modello è
strettamente legata all‟adozione di cultivar caratterizzate da una bassa vigoria con un
contenuto sviluppo delle strutture scheletriche portanti e un‟abbondante produzione
di rami laterali, un‟elevata superficie esterna della chioma esposta alla luce, una
precoce entrata in produzione e un‟elevata fertilità delle strutture riproduttive (rami
misti). Attualmente solo poche cultivar diffuse a livello internazionale sembrano
soddisfare tali requisiti. Questo aspetto, abbinatamente agli elevati costi d‟impianto
iniziali, ha limitato la diffusione del modello ad alta densità nel nostro paese a causa
della diffidenza degli olivicoltori nazionali ad accettare cultivar di origine estera nei
propri impianti. Infatti, il forte legame con il territorio, che caratterizza la produzione
olivicola italiana, porta gli imprenditori ad orientarsi sull‟impiego di cultivar
tradizionali, in grado di tipicizzare in maniera più incisiva il prodotto finito. Per
questo motivo, nel presente lavoro di tesi, sono state impostate diverse prove volte a
valutare l‟adattabilità delle principali cultivar tradizionali regionali in questo modello
di coltivazione. Gli aspetti presi in considerazione sono stati: lo studio della
conformazione scheletrica sia a livello dell‟intera pianta che della branca produttiva,
la precocità e la fertilità dei rami, il comportamento vegeto-produttivo del ramo
misto in relazione al regime idrico-nutrizionale dell‟impianto e l‟evoluzione del
processo di differenziazione a fiore e di fioritura lungo l‟asse del ramo.
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Capitolo 1
CONFRONTO ARCHITETTURALE TRA DIVERSE CULTIVAR
DI OLIVO IN ALTA DENSITÀ
INTRODUZIONE
1.1 CARATTERISTICHE GENERALI DELL’OLIVO
L‟olivo è una specie arborea sempreverde di media grandezza, molto longeva, che
raramente raggiunge altezze elevate; è definito polimorfo in quanto, nelle due fasi di
sviluppo, vegetativa e riproduttiva, presenta foglie con caratteristiche diverse.
Come specie originaria di aree a clima subtropicale secco (Lavee, 1996), l‟olivo
risulta bene adattato alle condizioni ambientali mediterranee, caratterizzate da estati
siccitose, con temperature elevate, ed inverni freschi e umidi.
Sebbene richieda terreni areati, si adatta bene ad una grande varietà di tipi di suolo
ma è suscettibile alle basse temperature; tuttavia, a seconda della repentinità con cui
si manifesta l‟abbassamento termico, è in grado di tollerare temperature fino ad
alcuni gradi sotto zero.
1.2 SVILUPPO DELLA PIANTA E FORMAZIONE DELLO SCHELETRO
Lo scheletro costituisce il supporto necessario a sostenere la superficie
fotosintetizzante, o corona fogliare, e l'attività riproduttiva della chioma. Nella
crescita della pianta dell‟olivo, come in tutte le piante da frutto, esiste una gerarchia
nella disposizione degli assi di vario ordine, all‟interno della chioma. La parte distale
delle branche, definita cima, esercita un controllo sulla formazione e inclinazione
delle ramificazioni sottostanti. Questa funzione di controllo determina l‟espansione
verso l'alto della chioma e l‟organizzazione simmetrica dei laterali che circonderanno
la branca stessa. Un altro aspetto capace di influire sulla formazione dello scheletro è
rappresentato dall'acrotonia, che la fisiologia vegetale definisce come la tendenza ad
una crescita preferenziale dei germogli terminali, rispetto a quelli laterali. Quando la
9
funzione di cima prosegue negli anni si arriva ad una crescita cumulativa verso l‟alto
(acroplastia) che conferisce alla pianta una forma assurgente (Zucconi, 1991). Il
processo di formazione naturale dello scheletro nell‟olivo si autoregola attraverso un
meccanismo di competizione per lo spazio, che include fasi di crescita e di
distanziamento delle branche. L‟olivo è una specie basitona per cui i rami basali sono
a maggiore capacità di sviluppo, inoltre è una specie dicotomica, per cui una coppia
di gemme contrapposte dà origine ad una coppia di germogli di pari diametro e pari
vigoria. I germogli basali così disposti con il tempo limitano fortemente le possibilità
di sviluppo della restante porzione del ramo (Alfei e Pannelli, 2002). La crescita
iniziale della pianta è finalizzata a promuovere il più rapido rivestimento fogliare
possibile al fine di massimizzare la fotosintesi. Ha luogo quindi una fase di
espansione della chioma, con occupazione competitiva dello spazio tra i rami per
l‟accesso alla luce. A questa fase segue un secondo stadio, caratterizzato dall'aumento
diametrale, quando le branche, raggiunta l'esposizione alla luce si protendono verso
l'esterno; in questa fase di distanziamento delle branche, si perde la funzione di cima
con conseguente espansione della chioma a causa della basiplastia, ovvero della
somma di eventi che dirigono progressivamente la crescita verso il basso.
Quanto più precoce è l'entrata in produzione, tanto più rapidamente si arresta la fuga
della chioma verso l'alto e più verso il basso sarà spostato il baricentro (Zucconi,
1996). Come conseguenza di questi comportamenti, l‟olivo se non gestito, sviluppa
in maniera naturale come un cespuglio di grandi dimensioni, con una chioma che
assume una conformazione a cupola, dove si sviluppano i processi di vegetazione e
produzione. Nella branca fruttifera dell‟olivo ci sono differenti zone che possiedono
differenti livelli di inclinazione e di ramificazioni. Con il passare del tempo la
vegetazione della zona vegetativa, più prossimale, evolve progressivamente in quella
della zona mista, della zona produttiva e infine, della zona esaurita. Pertanto si ha
una progressiva evoluzione verso il basso della vegetazione. In pratica la zona
produttiva si inclina sotto il peso della produzione e dopo alcuni anni va a costituire
la zona esaurita (Famiani et al., 2011).
10
1.3 FORMA DI ALLEVAMENTO E ARCHITETTURA DELL’OLIVO IN
IMPIANTI A DENSITA` CRESCENTE
Il modello di olivicoltura ad alta densità con più di 1500 piante ad ettaro (con sesto di
impianto 4 x 1,5 m e coltivazione in parete vegetativa in filare) si è recentemente
diffuso in molte zone del mondo, grazie ai vantaggi che offre, quali la completa
meccanizzazione della raccolta e il notevole risparmio di costi. Al fine di mantenere
nel lungo periodo questi obiettivi, risulta necessario assicurare alla parete vegetativa
del filare caratteristiche strutturali (altezza, spessore e distanza tra le file) idonee.
Questo implica un necessario equilibrio tra la crescita vegetativa e quella
riproduttiva. Il rinnovo dei germogli durante la stagione primaverile-estiva è
necessario per garantire un‟adeguata formazione di nuove gemme che serviranno
come piattaforma per il processo di differenziazione a fiore nella stagione successiva,
riducendo così la possibilità di innescare fenomeni di alternanza produttiva, dovuti
ad una scarsa crescita vegetativa (Connor et al., 2014). D‟altro lato anche gli eccessi
vegetativi possono influenzare negativamente l‟equilibrio vegeto-riproduttivo
all‟interno dell‟impianto, in quanto possono determinare fenomeni di autoombreggiamento della parete vegetativa con ripercussioni sul processo di iniziazione
fiorale e sulla crescita vegetativa stessa (Tombesi et al., 1986). I fattori su cui è
possibile agire per controllare questo fenomeno sono irrigazione e fertilizzazione
unitamente a opportune strategie di potatura. L‟interesse primario della coltivazione
dell‟olivo, così come delle altre specie è rivolto ad indirizzare la maggiore parte delle
risorse della pianta verso i frutti, limitando quelle dirette verso gli organi vegetativi al
minimo indispensabile per mantenere il sistema riproduttivo adeguatamente
funzionante. La gestione della chioma e la scelta della forma di allevamento devono
maturare secondo questa esigenza, ossia ridurre l‟incidenza delle strutture portanti
della pianta (fusto, branche principali e secondarie) a favore di quelle produttive cioè
delle branchette fruttifere, rappresentate da ramificazioni di 2 o più anni, sulle quali
si articolano i rami produttivi (rami misti di un anno) e, su di essi, la nuova
vegetazione necessaria per garantire la produzione l‟anno successivo. In natura,
l'olivo è una pianta propensa a formare chiome dense e disordinate, tendenzialmente
cespugliose e di forma ellissoidale, per la predisposizione a crescere in modo
basitono e per l‟abbondanza di gemme (Gucci e Cantini, 2000).
11
La forma di allevamento è la conformazione da dare alla pianta, con lo scopo di
rispettarne il naturale habitus vegetativo e garantire una buona intercettazione della
luce. Nel caso specifico degli impianti ad alta densità, quest‟ultimo aspetto risulta
particolarmente significativo; ad esempio, le variazioni giornaliere e stagionali
nell‟intercettazione della radiazione solare diretta sulla parete vegetativa e nello
spazio interfila, in risposta alla posizione del sole, sono i maggiori responsabili del
microclima all‟interno dell‟impianto (Connor et al., 2014). Nella caratterizzazione
della struttura della parete vegetativa in impianti ad alta densità, anche il LAD (leaf
area density) o porosità della chioma è un parametro importante in quanto determina
la capacità della radiazione luminosa di raggiungere anche le porzioni interne della
chioma, influenzando così il tasso fotosintetico complessivo, l‟arieggiamento e
l‟efficacia dei trattamenti fitosanitari. La moderna olivicoltura, basata su densità
d‟impianto che partono da 277 piante ha-1,
prospetta due diverse categorie di
impianti classificabili non solo in funzione dell‟investimento di piante richiesto ma
anche in base ai diversi accorgimenti tecnici e gestionali che risultano necessari per
ottenere produzioni quantitativamente e qualitativamente importanti.
1.3.1 IMPIANTI A MEDIA DENSITÀ
Ogni forma di allevamento nell‟olivo si presenta con pregi e difetti e deve rispondere
soprattutto a criteri di economicità di gestione. La decisione di intensificare la
coltivazione comporta la necessità di evitare precoci problemi di competizione tra le
piante. Per questo, le cultivar a limitata vigoria sono le più adatte ad elevate densità
di piantagione, mentre cultivar vigorose sono più adatte a sesti ampi e forme di
allevamento espanse.
1.3.1.1 VASO POLICONICO E CESPUGLIO
Il cespuglio e il vaso policonico sono due forme di allevamento espanse, ampiamente
utilizzate nell‟olivicoltura di tipo tradizionale e in impianti di tipo intensivo.
12
Negli impianti tradizionali, le chiome di alberi vicini non si toccano mai, per cui la
fruttificazione si trova, in genere, ben distribuita su tutta la chioma. Il numero di
piante ha-1 varia tra 100-200 unità, con distanze tra gli alberi di 7-10 m, per lo più
disposti secondo sesti in quadro (esempio 10 x 10 m). Gli impianti intensivi sono
invece oliveti contraddistinti da densità d‟impianto di 200-400 alberi ha-1, con piante
che possono essere disposte secondo sesti in quadro o in rettangolo (Fig.1.10;
esempio 6 x 6 m) (Famiani et al., 2011).
Fig. 0.1: Esempio di oliveto intensivo presente in centro Italia, con piante disposte alla distanza
di m 6x6 (Fonte: Famiani et al., 2011)
Il vaso policonico è la forma di allevamento più diffusa in olivicoltura e presenta
numerose varianti che riguardano principalmente il numero e l‟inclinazione rispetto
alla verticale delle branche principali, la distribuzione e la lunghezza delle branche
secondarie e l‟altezza del punto di impalcatura. Generalmente presenta un tronco di
80-120 cm che solleva la chioma dal terreno e da esso partono 3-4 branche principali.
Le branche principali hanno solitamente un‟inclinazione di 30-45° rispetto alla
verticale e sono conformate a cono, in modo da assicurare una buona intercettazione
e distribuzione della luce e quindi un ambiente luminoso e areato che consente una
buona produzione di frutti e limita lo sviluppo di malattie. Per l‟impostazione della
forma sono necessari tagli che, benché ridotti al minimo, limitano la iniziale capacità
di crescita e ritardano leggermente l‟entrata in produzione, a causa di uno squilibrio
che si viene a creare nella pianta tra l‟apparato radicale e quello aereo. Tale forma di
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allevamento comunque tende a limitare e a ritardare la perdita di funzionalità della
zona basale, cosa che tendenzialmente avviene nell‟olivo se lasciato libero di
crescere con una forma naturale a cespuglio.
La forma di allevamento a cespuglio, con chioma bassa e senza tronco, sembra essere
ideale per modelli intensivi di coltivazione, in cui praticare una raccolta manuale o
agevolata. Infatti, è realizzabile senza alcun intervento di potatura, in modo da
ottenere una precoce entrata in produzione e un rapido raggiungimento della piena
produzione. Tale conformazione consente di sfruttare la naturale basitonia dell‟olivo
e la totale superficie elaborante prodotta dalle piante, per realizzare una massa
globosa supportata da numerosi germogli che partono direttamente dal terreno. Il
maggior problema di questa forma di allevamento è rappresentato dalla progressiva
perdita
di
funzionalità
della
vegetazione
nelle
zone
basali,
dovuta
all‟ombreggiamento reciproco, all‟affastellamento della vegetazione e alla maggiore
suscettibilità nei confronti di alcuni parassiti.
1.3.2 IMPIANTI AD ALTA DENSITÀ
La forma di allevamento predisposta per l'alta densità deve essere progettata per
attuare la raccolta meccanica con macchine scavallatrici (vendemmiatrici
opportunamente modificate) e per la meccanizzazione della potatura.
1.3.2.1 ASSE CENTRALE
La forma che più si avvicina alle condizioni ideali per l‟alta densità è rappresentata
da un albero ad asse centrale, con branche principali a sviluppo longitudinale
contenuto, ben rivestite da branche secondarie e branchette fruttifere relativamente
corte. L‟asse centrale è infatti una forma di allevamento contenuta, a sviluppo libero
prevalentemente verticale. Sull‟asse centrale, a partire da 60-70 cm da terra, si
inseriscono, a spirale, branche di lunghezza decrescente dalla parte basale verso
quella apicale della pianta. La particolare conformazione della chioma consente di
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ridurre le distanze tra le piante e la vicinanza della produzione al tronco consente
buone rese di raccolta. Nel tempo, la verticalità della struttura viene persa a favore di
un maggiore sviluppo dei palchi medio-basali che andranno a costituire una forma
definibile a palmetta libera, in grado di garantire la piena occupazione dello spazio
lungo la fila, attraverso la formazione di una parete vegetativa continua.
Questa forma consente inoltre di contenere il numero di interventi di potatura in fase
di allevamento, per cui la crescita risulta accelerata grazie ad una buona disponibilità
di superficie elaborante e la produzione anticipata per un precoce equilibrio tra
attività vegetativa e riproduttiva. Col passare degli anni, però, a causa della minore
quantità di luce che raggiunge le branche inferiori, queste tendono a spogliarsi di
vegetazione e ad accrescersi in senso radiale, alla ricerca di luce, assumendo la
conformazione di robuste branche primarie, con elevata incidenza di legno rispetto
alla vegetazione fruttificante; la fruttificazione tende quindi a spostarsi verso la fascia
alta della chioma, quella più distante da terra e, pertanto, più difficile da gestire.
Studi condotti in Italia centrale (Proietti et al., 2011) su tre diverse cultivar di olivo,
hanno dimostrato come una buona illuminazione anche delle porzioni più interne
della chioma possa ripercuotersi sul tasso complessivo di fotosintesi della pianta,
anche in presenza di una più bassa superficie fogliare totale, aumentando l„efficienza
produttiva della pianta stessa. A partire dal 6°-7° anno di età si dovrà quindi
contenere lo sviluppo delle chiome in altezza e larghezza entro i limiti richiesti dalla
macchina scavallatrice e favorire una buona illuminazione/aerazione della
vegetazione, con l‟applicazione di una corretta e puntuale gestione della chioma,
fondamentale per evitare eccessivi ombreggiamenti nelle porzioni inferiori delle
chiome e/o squilibri vegeto-produttivi e quindi per mantenere efficienti le piante
(Famiani et al., 2011).
Nell'olivicoltura ad alta densità i due requisiti fondamentali sono la rapida entrata in
produzione e una precoce continuità della vegetazione lungo il filare, con piante che
mantengano dimensioni contenute. La successione degli alberi, lungo il filare, deve
dare luogo a pareti verticali di vegetazione alte 2-2,5 m e spesse alla base (1,5-1,6
m); misure necessarie per consentire la meccanizzazione in continuo della raccolta
con le macchine scavallatrici. L‟ottimale densità di impianto diventa pertanto una
15
questione economica che dipende dal costo iniziale delle piante, dalle operazioni
necessarie, dal costo della raccolta e dal prezzo di vendita del prodotto. Diverse
densità d‟impianto sono state testate, con la cultivar Arbequina, quattro comprese tra
238-888 piante ha-1 (Tous et al., 2005); quattro tra 204-1904 piante ha-1 (Pastor et al.,
2007); e 10 tra 780-2581 piante ha-1 (León et al., 2007). Densità più alte possono
incrementare le produzioni durante i primi anni (Tous et al., 2006; León et al., 2007;
Pastor et al., 2007; Freixa et al., 2011) ma, in seguito, l‟eccesso di crescita vegetativa
potrebbe ridurre l‟intercettazione luminosa con conseguente calo della produzione e
comparsa di fenomeni di squilibrio vegeto-riproduttivo (Tombesi et al., 2006; Pastor
et al., 2007). Attualmente le densità d‟impianto oscillano tra le 1250-2500 piante ha1
, (Tous et al., 2003). Le piante, al momento dell‟impianto, vengono sostenute da
un‟idonea struttura, costituita da pali di testata e rompitratta (di ferro zincato,
cemento, o legno) con altezza fuori terra intorno a m 2 e interratti per m 0,4-0,5,
posti a 15-25 m di distanza l‟uno dall‟altro. I pali sostengono 1-3 ordini (solitamente
2) di fili metallici a 0,8 e 1,8 m dal suolo, su cui sono legati i tutori, posti su ogni
pianta (Famiani e Gucci, 2011). Per l'impianto vengono utilizzate piante di età non
inferiore a 6-7 mesi e per i primi 3 - 4 anni è necessario eliminare dal fusto i rami
basali e i polloni e legare la pianta ad un tutore per garantire una corretta crescita
verticale dell'asse centrale. Le piante, considerato il limitato volume di terreno a
disposizione per ognuna di esse, sviluppano un apparato radicale limitato e quindi
necessitano di essere sostenute e irrigate. In questo tipo di impianti, l‟incremento
della densità porta ad una riduzione della produzione media per pianta (Larbi et al.,
2012), ma ad un aumento delle rese per ettaro: in effetti, considerando le medie
produttive ad ettaro, passando da una densità di 312 piante ha-1 a 1250 piante ha-1 il
livello produttivo può triplicare (Tab. 1.1).
16
Tab. 1.1: Analisi della regressione tra densità d’impianto e produzione di olive (kg pianta -1; kg
ha-1) sulla media delle prime cinque produzioni dall’epoca d’impianto in Arbequina. I dati sono
la media di 12 repliche
Densità d’impianto
Produzione media
Produzione media
(piante ha-1)
(kg pianta-1)
(kg ha-1)
312
7,59
2370
416
6,76
2808
625
6,65
4116
1250
5,52
6910
S(0,000)
S(0,00)
Intercetta
7,97
1003,5
R2
0,123
0,54
Significatività
S: significativo per p < 0,05
(Fonte: Larbi et al., 2012, rielaborato)
Le cultivar più rispondenti ad impianti ad alta densità sono quindi quelle
caratterizzate da precoce entrata in produzione, elevata produttività e habitus
vegetativo compatto. Importante è anche una limitata suscettibilità alla rogna,
considerando che la macchina scavallatrice utilizzata per la raccolta può causare
danni che favoriscono l‟attacco di tale patogeno. Queste caratteristiche derivano
essenzialmente da considerazioni di tipo economico e risultano in buona parte valide
anche per impianti a media densità. Tuttavia, le differenze di maggiore rilievo tra
impianti ad alta e a media densità sono dovute all‟adattabilità della cultivar alla
coltivazione in parete. Per esempio, la prevalenza di strutture legnose flessibili e di
bassa vigoria, unitamente alla compattezza della chioma, risultano decisive per
l‟adattabilità alla coltivazione in continuo, al fine di migliorare l‟operatività e la
17
funzionalità della raccolta a macchina (Connor et al., 2014).
1.4 ALTA DENSITÀ, TRA GENETICA E TECNICA: PROBLEMI APERTI
Sebbene l‟habitus abbia un notevole impatto sulla gestione dell‟impianto, fino ad ora
è stato scarsamente considerato nei criteri di selezione, all‟interno di programmi di
incrocio per le specie da frutto, in quanto le variabili ad esso correlate risultano
complesse e difficili da quantificare e possono dipendere sia dalle condizioni
climatiche che dall‟impatto della pratica colturale. La misura delle strutture della
pianta rimane un‟attività difficile e dispendiosa in termini di tempo e risorse,
perdipiù molte delle variabili di interesse possono essere misurate a diversi livelli di
osservazione (pianta intera, assi, nodi, foglie, fiori etc.), (Costes et al., 2004).
Tuttavia, i cambiamenti morfologici che avvengono durante l‟ontogenesi della pianta
possono fornire un valido strumento per selezionare, tra le diverse variabili, quelle
maggiormente rilevanti influenzate da fattori genetici piuttosto che ambientali.
Alcune variabili di interesse possono essere la dimensione finale della pianta,
considerata come una variabile cumulativa dell‟allungamento annuale del germoglio,
che durante il processo di ontogenesi tende a decrescere e quindi a stabilizzare le
mole finale su diversi valori in relazione alla specie e alla cultivar. Una secondo
esempio è dato dalla conformazione finale del germoglio; in uno studio condotto su
tre diverse cultivar di albicocco è stato dimostrato come i principali fattori coinvolti
nella conformazione finale del ramo siano stati la geometria iniziale (curvatura e
inclinazione) e la distribuzione del carico produttivo lungo il ramo stesso (Almèras et
al., 2004). Un ultimo aspetto degno di considerazione è quello legato alla relazione
tra capacità di ramificazione (di tipo sillettico) e precocità di entrata in produzione;
un esempio evidente è dato dalla riduzione del periodo improduttivo, in molte specie
da frutto, nel caso di impianti realizzati con astoni preformati in vivaio. Costes et al.
(2004) hanno dimostrato che le differenze nel numero di laterali sillettici prodotti tra
i primi due anni di crescita in diverse cultivar di pero può rappresentare un possibile
predittore dell‟entrata in produzione al terzo anno. Anche il carico produttivo risulta
correlato al numero di laterali sviluppati e alla loro morfologia (Lauri et al., 1995). In
olivo alcuni studi hanno dimostrato come le differenze a livello genetico, riguardo
18
l‟architettura della pianta, risultino importanti nello stabilire l‟adattabilità di una
cultivar all‟alta densità (Moutier et al., 2004; Moutier et al,. 2010; Proietti et al.,
2011). Proietti et al. (2011), nella valutazione di due cultivar italiane in alta densità in
confronto con Arbequina, hanno potuto rilevare il maggior investimento da parte di
quest‟ultima in termini di superficie fogliare totale per pianta, rispetto allo sviluppo
delle strutture legnose. Questo aspetto è stato confermato anche da Rosati et al.
(2013) che hanno evidenziato come Arbequina e Arbosana abbiano una maggiore
capacità di ramificazione che privilegia strutture con diametro piccolo rispetto alle
altre cultivar. Questo determina la produzione di più siti di fruttificazione (germogli)
per volume di chioma o per lunghezza della fila e presumibilmente anche una
maggiore flessibilità delle strutture durante il passaggio della macchina scavallatrice
(Rosati et al., 2013). Al momento attuale, poche sono le varietà che soddisfano tali
requisiti. Altre varietà proposte e che al momento sono oggetto di osservazione in
alcuni impianti, sono le italiane Don Carlo, FS-17, Urano (che sembra molto
promettente tra le italiane), Tosca (una selezione migliorativa di Urano) e l‟israeliana
Aska.
Una chioma compatta con branche esili e lunghe, distribuite uniformemente lungo
l‟asse e una ramificazione omogenea lungo tutta la branca sono risultati caratteri
fondamentali per l‟intensificazione colturale. Secondo uno studio condotto nel centro
Italia nel 2010 su un impianto ad alta densità, Arbequina, Arbosana e Giulia sono
varietà che mostrano una ramificazione omogenea lungo l‟asse principale delle
branche primarie e un equilibrio tra le porzioni ramificate e non ramificate nelle
branca produttiva. Le porzioni non ramificate non devono eccedere poichè creano
spazi vuoti all‟interno della chioma e consentono la formazione di germogli
vegetativi vigorosi che non sono utili alla pianta (Lodolini et al., 2010).
Recentemente, in Spagna, è stata proposta e messa in prova la varietà Sikitita,
caratterizzata da vigore molto limitato (inferiore ad Arbequina), portamento
compatto e pendulo, precoce ed elevata produttività. Questa varietà è stata ottenuta
incrociando tra loro le due varietà più diffuse in Spagna: Picual e Arbequina (Rallo et
al. 2008). L'architettura delle piante fruttifere in generale risulta influenzata sia da
fattori endogeni (genetici) sia da fattori esogeni (condizioni ambientali). I fattori
19
genetici sono riscontrabili anche considerando diverse cultivar all'interno della stessa
specie, per esempio nel caso del melo si è visto che la densità di ramificazione e la
frequenza di ramificazione sono caratteristiche molto variabili in ogni cultivar (Lauri,
2007). Tra i fattori di natura tecnica in grado di influenzare i modelli di ramificazione
e la dimensione della chioma, attualmente, ad aver avuto maggior successo è
sicuramente il portainnesto come ad esempio nel caso del melo (Seleznyova et al.,
2003). Anche per l‟olivo sono stati avviati dei programmi di ricerca volti a
verificarne la validità e in questo senso Nardini et al. (2006), hanno mostrato come
sia possibile anche nell‟olivo una riduzione della superficie fogliare della pianta,
applicando un portinnesto con ridotta vigoria in grado di modificare la conducibilità
idraulica radicale. Tuttavia, la mancanza di dati sulle ripercussioni a livello
dell‟equilibrio vegeto-riproduttivo della pianta comporta diverse incertezze circa
l‟applicabilità del modello proposto; in effetti nell‟olivo la fioritura e la
fruttificazione avvengono solo su rami di un anno di età sufficientemente lunghi,
pertanto l‟utilizzo di portinnesti nanizzanti potrebbe portare ad una eccessiva
riduzione della crescita dei rami, con conseguente riduzione dei potenziali siti di
fruttificazione (Rosati et al., 2013). Per ridurre lo sviluppo vegetativo, è stata
investigata anche la possibilità di utilizzare sostanze in grado di inibire la sintesi di
gibberelline, come l‟uniconazolo, con risultati incerti circa la reale applicabilità della
tecnica (Schneider et al., 2012). Sulla cultivar Koroneiki,
a fronte di una
diminuzione della crescita del germoglio, nel trattamento a dosaggio maggiore di
uniconazolo, la pianta ha manifestato un aumento della densità fogliare e un
significativo calo della produzione, probabilmente indotto dalla alterazione
nell‟organizzazione della chioma,(Schneider et al., 2012). Tuttavia, impiegando lo
stesso prodotto su cultivar ad elevata vigoria (Barnea), alla riduzione della crescita
vegetativa si è affiancato un positivo risvolto sulla produzione (Avidan et al., 2011).
Sebbene le implicazioni ambientali e sanitarie circa la reale applicabilità di queste
sostanze non siano ancora chiare, va sottolineato che le maggiori critiche circa la
sostenibilità ambientale dei modelli di coltivazione ad alta densità sono argomentate
sulla base del frequente ricorso ad interventi di tipo fitosanitario, causati spesso da
disinvolte condizioni di gestione idrico-nutrizionale degli impianti e l‟aggiunta di
pratiche basate sull‟uso di sostanze ormonali di sintesi non contribuirebbe al
20
raggiungimento di soluzioni maggiormente condivise sul piano della sostenibilità.
Un altro aspetto di natura tecnica sul quale sono state avviate delle sperimentazioni è
quello del controllo della vigoria attraverso l‟applicazione di diversi sistemi
d‟allevamento della pianta. Moutier et al. (2004) hanno testato due diverse modalità
d‟allevamento, a palmetta libera e ad asse centrale, su due varietà tradizionali
francesi a confronto con Arbequina, tuttavia i risultati non sono stati molto
incoraggianti in quanto le differenze individuate sono risultate imputabili più
all‟effetto varietale che alla forma d‟allevamento. Allo stato attuale non esistono
studi certi volti alla definizione dei parametri architetturali ideali per l‟allevamento
ad alta densità di piante di olivo. Indagare come la pianta occupa lo spazio, attraverso
la ramificazione, e le possibili differenze genetiche in merito è invece di
fondamentale importanza, in particolar modo quando ci si orienta su modelli ad alta
densità.
1.5 OBIETTIVI DELLA RICERCA
La scelta varietale rappresenta un aspetto fondamentale nell'applicazione del sistema
colturale ad alta densità. Le cultivar ritenute idonee devono soddisfare dei requisiti
fondamentali: ridotta vigoria, portamento compatto, ridotta alternanza di produzione,
veloce entrata in produzione (2°-3° anno), ma allo stato attuale non sono disponibili
dati certi sull'adattabilità delle cultivar italiane, in particolare locali, a questo tipo di
gestione.
L'obiettivo del presente lavoro è stato quello di studiare le caratteristiche
architetturali delle principali cultivar utilizzate nel territorio marchigiano,
confrontandole tra di loro e con cultivar di riferimento internazionale come
Arbequina, al fine di identificare i diversi pattern di ramificazione e di occupazione
dello spazio. A tale scopo sono stati valutati aspetti sia vegetativi che riproduttivi, a
livello della pianta e della branchetta produttiva.
21
MATERIALI E METODI
2.1 DESCRIZIONE DEL SITO
I rilievi sono stati effettuati in un impianto ad alta densità situato presso l'azienda
Agricola Didattico Sperimentale “Pasquale Rosati” dell'Università Politecnica delle
Marche, sita nel comune di Agugliano (AN).
Fig. 2.1: Sito dell’impianto sperimentale (Fonte: Google Earth)
22
Fig. 2.2: Planimetria dell’az.agr. didattico-sperimentale “P. Rosati”, in cui è stato indicato il sito
dell’impianto di oliveto (fonte: per gentile concessione az. agr., rielaborata da Cioccolantiet al.,
2010)
L‟oliveto in cui è stata avviata la sperimentazione è ad un‟altitudine di 80 m s.l.m,
con esposizione sud, sud-ovest e comprende una superficie di 1,68 ha con un
dislivello tra l‟inizio e la fine dei filari di circa 40 m (Fig. 2.12).
2.2 ANDAMENTO CLIMATICO
Lo studio dell‟andamento climatico è stato condotto sulla base dei dati forniti dal
Centro Agrometereologico regionale dell‟ASSAM, rilevati presso la stazione di
Agugliano. I dati sono stati analizzati per gli anni 2013-2014 durante la stagione
vegetativa della pianta (Fig. 2.1 e 2.2).
23
Fig. 2.3: Grafico termo-pluviometrico settimanale del periodo gennaio-ottobre 2013
24
Fig. 2.4: Diagramma termopluviometrico periodo gennaio-giugno 2014 (fonte ASSAM)
Si può notare come la temperatura minima in entrambe le stagioni di crescita si sia
mantenuta sempre al di sopra di 0°C evitando possibili danni da freddo, inoltre si
possono notare precipitazoni con valori che superano, nel periodo invernale, anche
80 mm di pioggia caduti nell‟arco di una settimana.
Nel 2013, si può notare inoltre un periodo di siccità avvenuto nei mesi di luglio e
agosto, caratterizzato da temperature massime prossime a 40°C abbinate a sporadici
fenomeni piovosi con valori prossimi allo zero.
2.3 CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO E GESTIONE COLTURALE
L‟impianto è stato realizzato secondo la tipologia definita ad “alta densità”
(caratterizzata da densità d‟impianto di 1250/1660 piante/ha) nel maggio 2012,
utilizzando strutture di sostegno per la parete vegetativa (pali, fili e tutori) e un
impianto di fertirrigazione a goccia (Fig.2.13 e 2.14). Il sesto d‟impianto adottato nel
caso specifico è di 4 m x 2 m , per un totale di circa 1.250 piante ad ettaro.
25
Fig. 2.5: Testata di controllo dell’impianto di fertirrigazione a goccia situato all’interno del
campo sperimentale
Fig. 2.6: Rappresentazione schematica del modello d’impianto utilizzato per l’oliveto superintensivo sperimentale di Agugliano. (fonte: Cioccolanti e Tarragoni 2012)
26
L‟oliveto è composto da 26 file((Fig.2.8).
La struttura di sostegno presente è costituita da:
- Pali di testa
- Ancore
- Pali di mezzeria (ogni 20 m) e tutori metallici
-Filo di sostegno (ad un altezza di 1,60 m da terra) e tendi filo
Le piante sono state legate alla base del tronco su tutori di ferro di 0,8 cm di diametro
e 2,4 m di altezza allo scopo di sostenere e mantenere la verticalità della pianta (Fig.
2.3). All‟inizio della stagione vegetativa,nell‟anno 2013, sono stati eliminati i rami
basali in ciascuna pianta e la cima, alleggerita, è stata legata al tutore.
Nell‟oliveto durante gli anni 2013-2014, sono stati effettuati diversi interventi di
concimazione tenendo conto del contenuto di azoto (N) negli organi vegetativi della
pianta e delle asportazioni. Le somministrazioni degli elementi minerali sono state
determinate in base alle asportazioni, alla crescita e alle produzioni attese. Nel 2013
sono state apportate le seguenti quantità di macroelementi per pianta: 44 g di azoto
(N), 4 g di fosforo (P) e infine 44 g di potassio (K). La somministrazione di azoto è
stata frazionata in tre fasi: 35% nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 maggio,
il 50 % nel periodo 15 maggio-15 giugno, e infine il restante 15% fino al 15 luglio,
mentre il fosforo è stato distribuito solo per via fogliare tramite due interventi
eseguiti nel mese di settembre. Nell‟anno 2014 invece sono state calcolate, per piante
che hanno raggiunto la terza stagione di crescita con una produzione media attesa di
500 g, le seguenti quantità di elementi minerali, poi effettivamente apportati con la
fertirrigazione: 75g di azoto (N) /pianta, 7g di fosforo (P) /pianta e 75g potassio
(K) /pianta.
La somministrazione di azoto è stata suddivisa in tre fasi: in un primo momento è
stato apportato il 60% del fabbisogno con urea al terreno diviso in due interventi, uno
a marzo e l‟altro, realizzato a bassi dosaggi, nel mese di giugno per ripristinare
l‟azoto dilavato dai frequenti fenomeni piovosi registrati nel periodo primaverile.
Nella seconda fase è stato somministrato il 30% del fabbisogno azotato (giugno) con
concime 35:5:7, suddiviso in quattro interventi di fertirrigazione, mentre nel mese di
27
luglio è stato apportato il 10% del fabbisogno di azoto in tre interventi con la stessa
tipologia di prodotto.
Inoltre è stata eseguita una concimazionefogliare, nel periodo di pre-fioritura - inizio
fioritura, a base di una miscela costituita da alghe e microelementi, ed infine nel
mese di settembre è stata effettuata una concimazione fogliare fosfatica frazionata in
due interventi.
Fin dal primo anno d‟impianto si è deciso di inerbire l‟interfila dell‟oliveto con
semina tardo-estiva di un cotico erboso costituito prevalentemente da Festuca
arundinacea e Lolium perenne mentre le erbe spontanee nel sottofilasono state
gestite mediante diserbo chimico o lavorazione meccanica. La scelta riguardo
l‟inerbimento è stata eseguita per raggiungere un duplice obiettivo:contenere
l‟espansione degli apparati radicali dell‟olivo e prevenire fenomeni erosivi favorire la
rinaturalizzazione dell‟interfila. È infattinecessariocontenere lo sviluppo delle piante
di olivo per garantire la possibilità di eseguire in seguito le operazioni di raccolta con
la macchina scavallatrice, e la presenza di un inerbimento caratterizzato dagli
apparati radicali molto sviluppati di Festuca determina sin da subito una notevole
attività competitiva per l‟assimilazione dei nutrienti e dell‟acqua, nei confronti degli
apparati
radicali
dell‟olivo.L‟espansione
degli
apparati
radicali
dell‟olivo,
caratterizzati da una notevole capacità esplorativa, viene così contenuta, limitando al
contempo la colonizzazione di nuove nicchie ecologiche e creando quindi le
condizioni necessarie alla formazione di apparati radicali di tipo residenziale, in
grado di rispondere al meglio agli input dati attraverso latecnica colturale, ad
esempio attraverso le operazioni di irrigazione, fertirrigazione e potatura radicale,
finalizzate al controllo dei ritmi di crescita della pianta.
Attraverso il rapido sviluppo vegetativo del Lolium si favorisce la copertura del suolo
e, vista le scarsa persistenza di questa specie, è possibile creare le condizioni
necessarie al subentro di altre specie erbacee spontanee.
28
Fig. 2.7: Impianto super-intensivo sperimentale di Agugliano con inerbimento spontaneo
2.3.1 ANALISI DEL TERRENO
Per avere informazioni riguardo la natura del suolo, sono stati effettuati 2 prelievi a
due profondità diverse, rispettivamente a 5-20 cm e 20-40 cm di profondità lungo il
profilo.
I campioni sono stati prelevati nell‟ottobre 2010 e in seguito analizzati dai laboratori
di analisi del centro Agronomico Regionale ASSAM di Jesi (AN).
Dai risultati delle analisi si è potuto osservare che il suolo è tendenzialmente
argilloso, con elevato contenuto di calcare attivo (145 g/Kg) e un pH leggermente
alcalino (8,1). Il contenuto di sostanza organica è risultato piuttosto basso (13,4
g/kg), con scarsa presenza di azoto e un rapporto carbonio/azoto (C/N) tendente alla
mineralizzazione. Elevata invece è risultata la capacità di scambio cationico (24,5
meq/100 g), (All.1 e All.2).
29
2.4 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE
La parte di impianto oggetto di studio è costituita da 11 file. Ogni fila è stata
realizzata con una singola cultivar ed è stata costituita con 90 piante.
Le caratteristiche delle cultivar studiate al momento dell‟impianto sono state
sintetizzate in tabella 2.1 . Va inoltre precisato che tutte le piante erano in vaso
(dimensioni 13x13 cm) e la tecnica di propagazione con cui sono state ottenute è
l‟innesto, impiegando come portinnesto la cultivar Canino. Solamente le cultivar
Arbequina e Maurino sono state ottenute per talea. I giovani olivi sono stati allevati
cercando di privilegiare la costituzione di un asse centrale mantenendo comunque
libero lo sviluppo della chioma durante i primi anni d‟impianto al fine di costituire
quanto prima una parete vegetativa continua lungo il filare e anticipare l‟entrata in
produzione.
Al momento dell'impianto gli astoni avevano un anno di età (tranne che per le varietà
Lea e Rosciola che invece presentavano 2 anni circa e le varietà Maurino ed
Arbequina che avevano 8 mesi); inoltre le diverse cultivar presentavano una certa
eterogeneità relativa sia all‟altezza della pianta che al diametro al colletto (Tab. 2.1).
Ogni fila dell‟impianto è stata costituita con circa 90 piante, tutte della medesima
cultivar, (Fig. 2.16).
Tabella 2.1: Caratteristiche delle diverse cultivar al momento dell’impianto
Cultivar
Altezza
Calibro diametro
Età
(cm)
(cm)
Lea
101,5
0,68
8 mesi
Rosciola
84,833
0,62
1 anno
Nostrale di Rigali
67
0,54
2 anni
P. di Mogliano
58,923
0,40
1 anno
Coroncina
58,167
0,40
1 anno
Ascolana Dura
57,667
0,46
1 anno
Carboncella
50
0,39
8 mesi
Rosciola colli Esini
48,417
0,41
1 anno
P. di Falerone
46,75
0,44
1 anno
Maurino
28,917
0,28
2 anni
Arbequina
24,692
0,23
1 anno
30
2.4.1 CARATTERISTICHE VARIETALI
Le cultivar scelte per la realizzazione dell‟impianto oggetto di studio sono state
selezionate in funzione delle caratteristiche architetturali e produttive che sulla scorta
delle informazioni bibliografiche disponibili, potevano potenzialmente conciliarsi
con i requisiti vegeto-produttivi necessari in impianti ad alta densità. Le principali
caratteristiche delle cultivar oggetto di studio sono state riportate nella tabella 2.2 .
Arbequina: Cultivar spagnola da olio; viene considerata rustica per la sua resistenza
al freddo e tolleranza alla salinità. Si adatta alle condizioni più estreme e possiede
una capacità rizogena elevata. Grazie alla sua versatilità, l‟Arbequina rappresenta la
varietà più impiegata e diffusa negli impianti superintensivi nel mondo fornendo i
migliori risultati. Fiorisce in epoca intermedia ed è considerata una varietà
autocompatibile. I frutti sono di calibro piccolo e possiedono una resistenza al
distacco media. Presentano una produttività precoce e costante ed un contenuto di
olio elevato. L‟epoca di maturazione è medio-precoce (metà ottobre a seconda degli
ambienti). È sensibile alla mosca dell‟olivo e alla verticillosi, al contrario è tollerante
all‟occhio di pavone e alla tubercolosi (Mersi et al., 2009).
Piantone di Mogliano: Cultivar marchigiana diffusa principalmente nella provincia
di Macerata, con maggior concentrazione nei comuni di Mogliano, Macerata e
limitrofi, fino ad estendersi alle aree interne con altitudini superiori ai 600 m s.l.m.
Varietà impegnata per la produzione di olio e marginalmente da tavola. La pianta ha
una limitata vigoria con portamento assurgente. Varietà considerata parzialmente
autofertile. Le infiorescenze sono di media lunghezza con struttura compatta e media
ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce. La drupa presenta
dimensioni medio-grandi (2-3 g) e una forma ovoidale con apice umbonato. Il
rapporto polpa-nocciolo è elevato, così come la consistenza della polpa e la
resistenza al distacco. Il periodo ottimale per la raccolta è verso la metà di novembre
con una resa in olio elevata. Ha una sensibilità bassa alla siccità e al freddo, media
alla rogna e alla mosca (Pannelli et al., 2001).
31
Rosciola: Cultivar da olio diffusa in tutte le province marchigiane, è un albero di
media vigoria a portamento espanso. È una varietà autosterile con produttività
elevata e costante. Presenta infiorescenze di media lunghezza a struttura compatta
con elevata ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce e presenta
drupe di dimensioni piccole (1-1,5 g) di forma ellissoidale con apice e base
arrotondati, spesso riunite in numero di 2-3 in racemo. La resa in olio è media e il
rapporto polpa-nocciolo è elevato. La consistenza della polpa e la resistenza al
distacco è bassa dall‟inizio della maturazione per poi diminuire ulteriormente,
cascola precoce. Il periodo ottimale di raccolta ricade entro la metà di novembre.
Mostra una sensibilità medio elevata al freddo e alla mosca (Pannelli et al., 2001).
Rosciola Colli Esini: Cultivar marchigiana sporadicamente diffusa nei Colli Esini,
nell‟entroterra della provincia di Ancona. Varietà da olio che presenta una media
vigoria con portamento tendenzialmente assurgente. Varietà parzialmente autofertile
con produzione elevata e costante. Le infiorescenze sono di media lunghezza con
struttura rada e media ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce e
le drupe (2-2,5g) presentano una forma sferoidale con mucrone. La resa in olio è
media e il rapporto polpa-nocciolo elevato. La resistenza al distacco è intermedia con
una diminuzione dalla maturazione in poi. È caratterizzata da cascola precoce ed
abbondante. La raccolta si esegue intorno alla metà di novembre. Presenta una
sensibilità al freddo medio-bassa e una media sensibilità alla mosca e al cicloconio
dell‟olivo (Pannelli et al., 2001).
Carboncella: Cultivar di origine marchigiana con diffusione nelle zone di Ascoli
Piceno e Macerata. Presenta una limitata vigoria con portamento assurgente. Varietà
autofertile con produttività elevata, precoce e costante. Ha un‟elevata resistenza alla
siccità e si adatta bene anche a terreni poco profondi e aridi. Le infiorescenze sono
di media lunghezza e hanno una struttura compatta e un elevata ramificazione del
rachide. Il frutto ha dimensioni piccole pari a 1-1,5 g di forma tondeggiante. La resa
in olio è medio-elevata ed i frutti hanno un rapporto polpa-nocciolo medio. La
consistenza della polpa e la resistenza al distacco sono molto elevate ma in
progressiva diminuzione con la maturazione. La raccolta avviene alla fine di
32
novembre. È sensibile al freddo, al cicloconio e alla rogna (Pannelli et al., 2001).
Coroncina: Cultivar da olio marchigiana diffusa nella provincia di Macerata, con
maggiore concentrazione nei comuni di Caldarola e Serrapetrona fino ad altitudini
superiori a 600 m.s.l.m. Albero di media vigoria a portamento espanso. Varietà
autosterile con infiorescenza di media lunghezza, struttura compatta ed elevata
ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce. Il frutto presenta
dimensioni di circa 2 g ed è di forma ovoidale con delle sporgenze nella saldatura dei
carpelli. Il rapporto polpa-nocciolo è medio-basso, mentre la resistenza al distacco e
la consistenza della polpa sono elevate fino a maturazione avanzata. La resa in olio è
medio-bassa. Il periodo ottimale di raccolta è intorno alla metà di ottobre. Presenta
una sensibilità media sia al freddo che alla rogna, mentre mostra una certa tolleranza
nei confronti della mosca (Pannelli et al., 2001).
Maurino: Cultivar da olio di diffusione nazionale, presenta una vigoria limitata con
portamento assurgente. Varietà auto sterile con produttività elevata e costante. Le
infiorescenze sono corte con struttura compatta e scarsa ramificazione del rachide.
L‟entrata in produzione è precoce e il frutto è di forma ovale con dimensioni di circa
1,5-2 g. La resa in olio è media e il rapporto polpa-nocciolo è medio-alto. La
consistenza della polpa e la resistenza al distacco sono bassi per poi diminuire dopo
la maturazione. Presenta cascola precoce e abbondante e il periodo ottimale di
raccolta è fine ottobre-inizi novembre. La sensibilità al freddo è media mentre nei
confronti della mosca è elevata (Pannelli et al., 2001).
Nostrale di Rigali: Cultivar di origine umbra diffusa nella fascia pedemontana nei
comuni di Nocera Umbra, Galdo Tadino, Gubbio e zone limitrofe. Varietà a duplice
attitudine, localmente viene usata anche da mensa. L‟ albero è di vigoria mediobassa, a portamento espanso. È una varietà limitatamente autofertile e con una
produttività buona e costante. Le infiorescenze sono di media lunghezza con struttura
rada ed elevata ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce con
frutto di grandi dimensioni (3,5-4,5 g) e di forma ovale. La resa in olio è molto
elevata. Il rapporto polpa-nocciolo è elevato, anche la consistenza della polpa e la
33
resistenza al distacco sono inizialmente elevate ma tendono a diminuire con la
maturazione. Presenta cascola precoce ed elevata. La raccolta avviene a fine ottobre.
È resistente la freddo e alla mosca, ma meno tollerante alla rogna e al cicloconio
(Pannelli et al., 2001).
Ascolana Dura: Cultivar marchigiana diffusa nella provincia di Ascoli Piceno, con
prevalente utilizzazione per la preparazione di olive verdi in salamoia. Varietà
autosterile con media vigoria e portamento assurgente. Le infiorescenze sono corte
con struttura compatta e media ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è
mediamente precoce e la drupa è di dimensioni grandi (4-6 g) e uniformi con forma
ellissoidale, asimmetrica con umbone appena evidente. La produttività è bassa ma
relativamente costante. Il rapporto polpa-nocciolo elevato, così come la consistenza
della polpa e la resistenza al distacco. La raccolta avviene ad inizio ottobre per olive
da mensa, mentre per uso da olio entro il mese di novembre, con una resa bassa. È
sensibile sia al freddo che alla mosca dell‟olivo (Pannelli et al., 2001).
Lea: Cultivar marchigiana considerata un ottimo impollinatore per la varietà
Ascolana Tenera per via dell‟abbondante produzione di polline. È di media vigoria a
portamento
assurgente,
varietà
autosterile
con
produttività
modeste
e
tendenzialmente alternante. L‟infiorescenza è di media lunghezza con struttura rada e
scarsa ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è mediamente precoce con
frutti di medie dimensione intorno a 1,5-2 g, di forma ovale e nella parte terminale
presentano un piccolo umbone. Il rapporto polpa-nocciolo è medio, la consistenza
della polpa è elevata, al contrario della resistenza al distacco che presenta livelli
bassi. Cascola precoce. Periodo ottimale di raccolta è intorno alla metà di novembre
con una resa in olio è medio-elevata. È sensibile al freddo, alla mosca e al cicloconio
dell‟olivo (Pannelli et al., 2001).
Piantone di Falerone: Cultivar marchigiana diffusa nella provincia di Ascoli Piceno
in un‟area limitata, compresa tra i comuni di Falerone e Montegiorgio, fino alle zone
interne della provincia di Macerata, anche ad alte altitudini. Utilizzata per produzione
da olio e limitatamente da mensa. Varietà con media vigoria e portamento assurgente.
34
È autosterile con infiorescenze lunghe, struttura rada e media ramificazione del
rachide. La produttività è media e alternante con drupe di dimensioni attorno ai 2-2,5
g e di forma cilindrica. Il rapporto polpa-nocciolo è elevato, mentre la consistenza
della polpa e la resistenza al distacco sono bassi. Presenta cascola precoce ed
abbondante. Il periodo ottimale per la raccolta è entro la metà di novembre con resa
in olio media-elevata. Presenta una sensibilità media al freddo e al cicloconio, mentre
nei confronti della mosca la resistenza è bassa (Pannelli et al., 2001).
Tab.2.2: Caratteristiche principali delle varietà impiegate nella sperimentazione.
Varietà
Arbequina
Diffusione Vigoria Portamento Densità
Mondiale
limitata
assurgente
Lungh.
Entrata in
Produttività
Chioma internodo
produzione
bassa
precoce
ridotta
elevatacostante
P.di
MC
limitata
assurgente
elevata
ridotta
precoce
Mogliano
Rosciola
costante
Lazio-MC- media
espanso
media
media
precoce
AN-AP
Rosciola
elevata-
AN
elevatacostante
media
assurgente
media
ridotta
precoce
Colli esini
elevatacostante
Carboncella MC-AP
limitata
assurgente
media
ridotta
precoce
elevatacostante
Coroncina
MC
Media
espanso
media
Media
precoce
mediacostante
Nostrale di PU
Media
espanso
elevata
Media
precoce
Rigali
Maurino
mediacostante
Italia
limitata
assurgente
elevata
Corta
precoce
Elevatacostante
Ascolana
AP
media
assurgente
elevata
Ridotta
precoce
dura
Lea
Bassacostante
AP
media
assurgente
media
Media
medio
precoce
- bassa
-
alternante
35
Piantone di AP-MC
media
assurgente
elevata
Falerone
Corta
precoce
Mediaalternante
2.5 SCHEMA SPERIMENTALE
All‟interno di ogni cultivar, è stato selezionato un campione omogeneo e
rappresentativo dell‟intera popolazione varietale, su cui poi sono state eseguiti i
rilievi.
Le 90 piante di ciascuna cultivar presenti sulla fila sono state ripartite in tre blocchi.
Il primo blocco di 30 piante nella parte alta del campo, le altre 30 piante nella parte
mediana, le ultime 30 nella basale. In ogni blocco sono state selezionate 4 piante, in
maniera randomizzata, escludendo le piante di bordo e quelle che presentavano una
crescita stentata, per un totale di 12 piante per cultivar. Nel rilievo eseguito nel
maggio 2014, invece, sono state selezionate 5 delle 12 piante selezionate per cultivar
rappresentative dell‟intera popolazione varietale.
36
Figura 2.8: Schema sperimentale dell’impianto con particolare delle cultivar oggetto di analisi.
La numerazione riportata in figura indica il
criterio di individuazione delle piante lungo
ciascuna fila.
2.6 RILIEVI
Nel 2013 sono stati effettuati due rilievi.
Il primo rilievo è stato effettuato nel mese di maggio 2013 e sono stati rilevati i
parametri relativi all'architettura della pianta, utilizzando i seguenti strumenti:

metro a nastro

calibro
I parametri architetturali rilevati su ogni pianta sono stati:
37

altezza della pianta (da terra fino alla cima)

diametro alla base del tronco a 20 cm da terra

diametro massimo trasversale della chioma (rispetto alla fila)

lunghezza massima longitudinale della chioma (rispetto alla fila).
In ogni pianta oggetto dei rilievi, sono state inoltre selezionate e contrassegnate con
cartellini numerati 3 branche primarie di età omogenea. Le 3 branche sono state
scelte in maniera casuale all'interno della pianta, cercandodi selezionarle a diverse
altezze nella chioma, per quanto possibile in relazione allo sviluppo della pianta.
Di ogni branca sono stati rilevati:

lunghezza totale (dall'inserzione sul tronco fino all'apice del germoglio
terminale)

diametro alla base

numero di rami anticipati

lunghezza delle porzioni ramificate e non ramificate

angolo di inserzione

numero di mignole presenti
Rapportando il numero dei rami anticipati alla lunghezza totale della branca è stata
determinata la densità di ramificazione, espressa come:
n. di rami / cm
Il secondo rilievo è stato effettuato nel mese di ottobre, al termine della stagione di
crescita. Sono state prese in considerazione gli stessi parametri rilevati nel mese di
maggio, inoltre sono state raccolte, pesate e contate le olive presenti su ogni pianta.
Iparametri misurati su ogni pianta sono stati:

altezza pianta da terra fino alla cima
38

diametro alla base del tronco (misurato a 10 cm da terra)

diametro massimo trasversale della chioma (rispetto alla fila)

lunghezza massima longitudinale della chioma (rispetto alla fila).

numero di olive totali

peso totale delle olive raccolte
Nell‟anno 2014 i parametri relativi alla produzione non sono stati rilevati.
Dalla misura dell‟altezza della pianta e dei diametri trasversali e longitudinali,
sottraendo l‟altezza del tronco, è stato possibile calcolare il volume e la superficie
esterna della chioma, assimilando la pianta ad una forma conica. I diametri sono stati
utilizzati per calcolare il raggio medio alla base della chioma utilizzando la seguente
formula:
d medio= (d trasv+d long )/ 2
In seguito dividendo d
medio
per due è stato ottenuto il raggio medio alla base della
chioma r medio. Per calcolare il valore del volume è poi stata impiegata la seguente
formula:
V chioma = [π · (r medio)² · h chioma ] / 3
Infine per calcolare la superficie esterna della chioma è stata utilizzata la formula:
S est ch = π · r
medio
·a
dove:
a = √ [(r medio)² + ( h chioma)²]
Sulle branche individuate in precedenza sono stati misurati i seguenti parametri:

lunghezza totale
39

diametro alla base

numero di nodi

numero di rami anticipati

numero di frutti alla raccolta
Nel 2014 è stato effettuato un terzo rilievo, sempre nel mese di maggio.
I parametri registrati sono stati gli stessi misurati nei rilievi precedenti, inoltre
l'altezza è stata divisa in altezza basale del tronco (da terra fino all'inserzione della
prima branca) e altezza della chioma (dalla prima branca alla cima).
Su 5 piante per fila,
sono stati misurati:

altezza da terra

altezza chioma

diametro trasversale della chioma (rispetto alla fila)

lunghezza longitudinale della chioma (rispetto alla fila).
Sulle 5 piante selezionate, sono state individuate le 3 branche precedentemente
numerate e contrassegnate con cartellino, per ognuna delle quali è stato osservato:

lunghezza totale

numero e lunghezze germogli in crescita nella parte basale

numero e lunghezze germogli in crescita parte mediana

numero e lunghezze germogli in crescita parte apicale
2.7 ELABORAZIONE STATISTICA E ANALISI DEI DATI
I dati raccolti sono stati informatizzati e rielaborati attraverso il software JMP 8.0
(SAS Institute, Cary, NC), sottoposti all‟analisi della varianza (ANOVA) e le medie
ottenute sono state separate attraverso il test di Tukey-Kramer HSD con probabilità
pari a P <0,05.
40
All. 1 Risultati delle analisi del terreno a 5-20cm di profondità
Prova
U.M.
Tessitura
Risultato
2
Sabbia
g/Kg
156
Limo
g/Kg
405
Argilla
g/Kg
439
pH
Calcare totale
Calcare attivo
Sostanza organica
Azoto totale
Fosforo ass.
Potassio scamb.
Magnesio scamb.
Calcio scamb.
Sodio scamb.
C.S.C.
g/Kg
g/Kg
g/Kg
g/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
meq/100g
Giudizio
argilloso
8,1
legg. alcalino
337
calcareo
145
molto elevato
13,4
basso
1
scarsamente dotato
4
molto basso
286
elevato
503
molto elevato
3967
alto
30
molto basso
24,5
elevato
C/N
7,8
tendente alla
Mg/K
5,6
mineralizzazione
E.S.P.
0,53
41
All. 0 Risultati delle analisi del terreno a 20-40 cm di profondità
Prova
U.M.
Tessitura
Risultato
2
Sabbia
g/Kg
119
Limo
g/Kg
445
Argilla
g/Kg
436
pH
Calcare totale
Calcare attivo
Sostanza organica
Azoto totale
Fosforo ass.
Potassio scamb.
Magnesio scamb.
Calcio scamb.
Sodio scamb.
C.S.C
g/Kg
g/Kg
g/Kg
g/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
mg/Kg
meq/100g
Giudizio
argilloso
8,18
legg. alcalino
353
calcareo
144
molto elevato
12,4
basso
0,9
4
scarsamente dotato
molto basso
211
elevato
538
molto elevato
3958
39
23,2
C/N
8
Mg/K
8,2
E.S.P.
0,73
alto
molto basso
elevato
tendente alla
mineralizzazione
42
RISULTATI E DISCUSSIONE
3.1 ARCHITETTURA DELLE PIANTE
I risultati riportati in questo capitolo consentono di valutare l‟architettura e
l‟evoluzione di crescita della parte aerea delle diverse varietà oggetto di studio
durante i primi tre anni dall‟impianto e di confrontarne le differenze riscontrate.
Alcuni parametri sono stati analizzati nella stagione di impianto (2012) e nelle prime
2 stagioni di crescita successive (2013-2014), mentre per altri sono state considerate
solo le stagioni 2013-2014, in quanto non riscontrabili sulle giovani piante nella
stagione d‟impianto.
mag-12
mag-13
mag-14
300
altezza (cm)
250
200
150
100
50
0
Fig. 3.1: Altezza delle piante. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La
linea verde distingue le varietà messe a dimora con 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a
dimora a 8 mesi di età.
43
Tab. 3.1: Analisi statistica Fig. 3.1. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Altezza della pianta
2012
2013
2014
Lea
a
a
a
Rosciola
b
a
ab
Nostrale di Rigali
c
bcd
bcd
Mogliano
cd
de
d
Coroncina
cd
bc
bcd
Ascolana Dura
cd
cde
bcd
Carboncella
d
ab
abc
Rosciola colli Esini
d
bc
abcd
Piantone di Falerone
d
e
d
Maurino
e
cde
bcd
Arbequina
e
e
cd
Piantone
di
incremento di altezza (cm)
2012/2013
2013/2014
200
150
100
50
0
Fig. 3.2: Incremento dell’altezza delle piante avvenuto nelle stagioni consecutive 2012-2013 e
2013-2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica
le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
44
Tab. 3.2: Analisi statistica Fig. 3.2. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Incremento dell’altezza della pianta
2012/2013
2013/2014
Rosciola
a
a
Lea
b
ab
Rosciola colli Esini
b
ab
Carboncella
bc
ab
Nostrale di Rigali
bc
ab
Maurino
bc
ab
Piantone di Falerone
bc
ab
Coroncina
bcd
b
Arbequina
cd
ab
Piantone di Mogliano
cd
ab
Ascolana Dura
d
ab
Al momento dell‟impianto (figura 3.1) le diverse varietà presentavano altezze
disomogenee ed età differenti. Lea e Rosciola sono state impiantate a 2 anni di età
(altezza media 84,8 e 101,5 cm), Maurino e Arbequina ad 8 mesi di età (altezza media
28,9 e 24,7 cm) mentre tutte le altre avevano un anno di età (altezza media 55,3 cm).
Nel corso delle successive stagioni di crescita le cultivar hanno avuto un continuo
incremento di crescita e nel tempo hanno avuto modo di omogeneizzarsi e ridurre
quindi le iniziali differenze presenti. Lea e Rosciola hanno mostrato un‟altezza media
della pianta a maggio 2014, superiore alle altre cultivar in prova (rispettivamente di
281 e 260 cm) superando i valori di 250 cm (considerato il valore limite per il
passaggio della macchina scavallatrice). Tutte le altre varietà in prova, invece, hanno
mostrato valori inferiori a 250 cm di altezza e compresi tra 202 e 245 cm. Per quanto
riguarda l‟incremento dell‟altezza nelle due stagioni di crescita (figura 3.2),
Carboncella
e
Rosciola
Colli
Esini
hanno
mostrato
un
accrescimento
tendenzialmente maggiore, mentre Nostrale di Rigali e Piantone di Mogliano
inferiore. L‟incremento medio nel biennio per tutte le cultivar è stato di circa 170 cm
45
Nella prima stagione di crescita i valori di Area della Sezione Trasversale del Tronco
(ASTT) sono risultati quasi nulli, in quanto il diametro del tronco alla base risultava
ancora molto piccolo (inferiore a 1 cm). Nelle annate successive si è registrato invece
un elevato incremento del parametro, che, mediamente, ha raggiunto valori di 7 cm2,
tranne per Rosciola che ha raggiunto valori significativamente più elevati (18 cm2).
Coroncina è invece la cultivar che ha registrato i valori di ASTT più bassi (3,5 cm2).
mag-12
mag-13
mag-14
100
ASTT (cm²)
80
60
40
20
0
Fig. 3.3: Valori di Area della Sezione Trasversale del Tronco (ASTT), rilevati nelle annate 20122013-2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde
distingue le varietà messe a dimora con 2 anni di età, mentre quella gialla quelle messe a dimora
a 8 mesi di età.
46
Tab. 3.3: Analisi statistica Fig. 3.3. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Area sezione trasversale del tronco (ASTT)
2012
2013
2014
Lea
a
b
b
Rosciola
ab
a
a
Nostrale di Rigali
bc
bcd
bc
Ascolana Dura
cd
d
bc
Piantone di Falerone
cde
bcd
bc
Rosciola colli Esini
cde
bc
b
Mogliano
de
cd
bc
Coroncina
def
cd
c
Carboncella
def
bcd
bc
Maurino
ef
cd
bc
Arbequina
f
d
bc
Piantone
di
Fig. 3.4: Incrementi ASTT, rilevati nelle stagioni
2012-2013 e 2013-2014. Le colonne
rappresentano la media, le barre l’errore standard. I riquadri colorati indicano differenti età
47
delle piante. Il riquadro verde distingue le varietà messe a dimora a 2 anni di età, mentre il
riquadro arancione quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
Gli incremeti di ASTT (figura 3.4) nella stagione 2013-2014 sono risultati
tendenzialmente maggiori rispetto a quelli del 2012- 2013.
In generale Rosciola si distingue nettamente dalle altre varietà, mostrando un
incremento complessivo di crescita significativo nel periodo 2012-2014 (11,7 cm2 di
incremento). Le cultivar con incremento inferiore sono state Coroncina e Ascolana
Dura (rispettivamente 2,2 e 2,8 cm2) mentre l‟incremento medio di tutte le cultivar
nel periodo 2012-2014 è stato circa di 4 cm2.
I valori dei diametri trasversali e longitudinali della chioma durante i primi tre anni
dall‟impianto risultano parametri utili per comprendere l‟occupazione dello spazio da
parte della pianta lungo il filare e per calcolare il volume e la superficie esterna della
chioma.
diametro trasversale (cm)
mag-13
mag-14
200
160
120
80
40
0
Fig. 3.5 Diametro trasversale (perpendicolare alla fila) della chioma rilevato sulle piante nel
2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde
indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi
di età.
48
Tab. 3.5: Analisi statistica Fig. 3.5. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Diametro trasversale della chioma
2013
2014
Rosciola
a
a
Nostrale di Rigali
b
b
Coroncina
b
bc
Carboncella
bc
bc
Lea
bcd
bc
Rosciola colli esini
bcd
bc
Piantone di Mogliano
bcd
bc
Maurino
bcd
bc
Piantone di Falerone
cd
bc
Ascolana dura
d
bc
Arbequina
d
c
diametro longitudinale (cm)
mag-13
mag-14
200
160
120
80
40
0
Fig. 3.6: Diametro longitudinale (lungo la fila) della chioma rilevato sulle piante nel 2013 e 2014.
Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar
messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
49
Tab. 3.6: Analisi statistica Fig. 3.6. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Diametro longitudinale della chioma
2013
2014
Rosciola
a
a
Nostrale di Rigali
b
ab
Coroncina
bc
b
Rosciola colli esini
bcd
b
Lea
bcde
b
Carboncella
cde
b
Maurino
cde
b
Piantone di Mogliano
cde
b
Ascolana dura
de
b
Piantone di Falerone
de
b
Arbequina
e
b
Le uniche varietà che presentano differenze significative sono Rosciola, che ha
mostrato diametri della chioma maggiori (rispettivamente 177 cm per quello
longitudinale e 162 cm per quello trasversale a maggio 2014) e Arbequina che invece
ha presentato diametri della chioma più piccoli rispetto alle altre varietà
(rispettivamente 102,4 cm per quello longitudinale e 112 cm per quello trasversale a
maggio 2014).
In generale, le cultivar hanno raggiunto valori medi di 120 cm per il diametro
trasversale della chioma e di 120 cm per quello longitudinale, mostrando uno
sviluppo equilibrato.
50
I valori di volume e superficie sono stati calcolati per le stagioni 2013 e 2014 e i
risultati ottenuti sono stati analizzati mettendo a confronto le diverse varietà.
mag-13
mag-14
2000
volume (dm³)
1600
1200
800
400
0
Fig. 3.7: Volume della chioma nelle stagioni 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le
barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre
la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
Tab. 3.7: Analisi statistica Fig. 3.7. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Volume della chioma
2013
2014
Rosciola
a
a
Nostrale di Rigali
b
b
Lea
bc
b
Coroncina
bc
b
Carboncella
bcd
b
Rosciola colli esini
bcde
b
Maurino
cde
b
51
Piantone di Mogliano
cde
b
Ascolana dura
de
b
Piantone di Falerone
e
b
Arbequina
e
b
Nel 2013, le differenze di volume delle chioma tra alcune delle varietà analizzate
risultavano significative, in particolare per Rosciola, Nostrale di Rigali e Piantone di
Falerone ed Arbequina (figura 3.7). Nel 2014 le differenze di volume tra le cutlivar,
ad eccezione di Rosciola, non sono risultate statisticamente significative.
I valori medi di volume della chioma calcolati su tutte le cultivar raggiungono i 779
dm3. Nell‟ultima data di rilievo Rosciola che ha registrato un valore pari a 1762 dm3,
significativamente maggiore rispetto a tutti gli altri valori.
mag-13
mag-14
superficie esterna (dm²)
800
600
400
200
0
Fig. 3.8: Superficie esterna della chioma nelle stagioni 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la
media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di
età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
52
Tab. 3.8: Analisi statistica Fig. 3.8. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Superficie esterna della chioma
2013
2014
Rosciola
a
a
Lea
b
b
Nostrale di Rigali
b
b
Carboncella
bc
b
Coroncina
bc
b
Rosciola colli esini
bcd
b
Maurino
cde
b
Piantone di Mogliano
de
b
Ascolana dura
de
b
Piantone di Falerone
e
b
Arbequina
e
b
Considerazioni analoghe possono essere fatte per la superficie esterna della chioma
(figura 3.8). Rosciola ha evidenziato il valore significativamente più elevato di
superficie della chioma sia nel 2013 (285 dm2) che nel 2014 (660 dm2), mentre
ancora un avolta Arbequina ha espresso valori più bassi rispetto alle altre cultivar
rispettivamente di 56,5 dm2 nel 2013 e 281 dm2 nel 2014, sebbene in quest‟ultimo
caso la differenza non sia significativa. Il valore medio di superficie esterna della
chioma registrato a maggio 2014 per tutte le cultivar è stato di 390 dm2.
Dai risultati mostrati è possibile affermare che tutte le cultivar hanno più che
raddoppiato i valori di altezza, volume e superficie esterna della chioma.
L‟altezza delle piante ha raggiunto valori superiori a 200 cm e in alcuni casi (Lea e
Rosciola) ha superato i 250 cm di altezza (limite previsto per il passaggio della
macchina scavallatrice).
L‟elevato incremento di altezza delle cultivar fa dedurre che queste siano ancora in
53
una fase di forte crescita; infatti, nelle prime fasi le piante tendono a privilegiare la
crescita verso l‟alto, poi successivamente tendono ad allargarsi anche in spessore. La
cultivar Rosciola ha evidenziato un elevato incremento di crescita della superficie
trasversale del tronco, superiore rispetto alle altre cultivar mentre l‟incremento in
altezza è risultato comparabile a quello delle altre cultivar in esame; è possibile
dedurre che per questa cultivar la fase di crescita in altezza sia sensibilmente
rallentata e sia subentrata la fase di ingrossamento diametrale delle strutture
scheletriche.
Per quanto riguarda il diametro trasversale della chioma e quindi lo spessore della
pianta rispetto al filare, è importante che questo non superi il valore di 120 cm, limite
oltre il quale possono verificarsi danni o rotture a carico della macchina scavallatrice
impiegata per la raccolta. In questo caso, il limite consentito è stato raggiunto o
superato, nel caso di Rosciola, dalla maggior parte delle varietà analizzate.
Per quanto riguarda il diametro della chioma lungo la fila, il limite massimo previsto
per impedire alle chiome di sovrapporsi e quindi entrare in competizione è di 200
cm, sebbene sia ancora lontano dall‟essere raggiunto per tutte le cultivar, attestandosi
su valori medi di circa 120 cm.
Arbequina è la cultivar che ha ottenuto i valori più bassi per tutti i restanti parametri
considerati fino ad ora, mentre le altre varietà hanno registrato nell‟ultimo anno
valori molto simili tra loro e quindi non hanno mostrato differenze significative.
Con alcuni dei parametri misurati è possibile calcolare degli indici, nello specifico il
rapporto tra l‟altezza della pianta o il volume della chioma e l‟area della sezione del
tronco (ASTT; figure 3.9 e 3.10). Con questi indici si ha la possibilità di descrivere il
comportamento delle diverse cultivar assumendo una stessa ASTT. Attraverso questi
indici è possibile avere una rappresentazione del portamento della cultivar; infatti, a
parità di accrescimento del fusto, le cultivar tenderanno ad avere un portamento più
assurgente nel caso di elevati valori di altezza·ASST-1 e più aperto-espanso nel caso
di elevati valori di volume della chioma·ASTT-1. Viceversa, valori del rapporto più
contenuti denoteranno rispettivamente, a parità di ASTT, piante con uno sviluppo più
contenuto e un portamento della chioma maggiormente compatto.
A parità di ASTT (figura 3.9), le cultivar Ascolana dura e Arbequina hanno avuto uno
sviluppo maggiormente orientato in altezza rispetto alle altre che invece non hanno
54
dimostrato grandi variazioni tra loro. Soltanto la cultivar Rosciola ha presentato una
crescita in altezza inferiore a parità di ASTT, (27,8). Tuttavia, per questa cultivar
unitamente a Coroncina (figura 3.10), si può notare un elevato indice con valori
rispettivamente di (83,9) e (87,4). Al contrario, Piantone di Falerone e Arbequina
hanno evidenziato un basso valore del rapporto pari a (25,6) e (39,7). Coroncina e
Rosciola hanno mostrato valori piuttosto elevati per entrambi gli indici di crescita
rispetto alle altre cultivar in prova rivelando una tendenza ad assumere un
portamento della chioma espanso, caratterizzato da una scarsa assurgenza che, a
seconda del tipo di ramificazione della branca, può risultare svantaggioso nel caso di
impianti ad alta densità. All‟opposto, cultivar come Piantone di Mogliano, Ascolana
dura, Piantone di Falerone e Maurino sembrano mostrare un portamento della
chioma
più compatto e tendenzialmente assurgente, che può mostrarsi
maggiormente conciliante rispetto alle esigenze dei nuovi impianti ad alta densità.
140
altezza / ASTT
120
100
80
60
40
a
ab
abc
abc
bc
bc
cd
cd
cd
cd
d
20
0
Fig. 3.9: Rapporto tra altezza della pianta e area della sezione del tronco (ASTT) nel 2013. Le
colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le
cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi
di età.
55
volume della chioma / ASTT
120
a
100
80
60
ab
abc
abcd
abcde
bcde
cde
cde
cde
40
de
e
20
0
Fig. 3.10: Rapporto tra volume della chioma e area della sezione del tronco (ASTT) nel 2013. Le
colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le
cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi
di età.
3.2 PRODUZIONE
Nel mese di ottobre 2013 (anno successivo alla messa a dimora delle piante) è stata
valutata la produzione. Le diverse varietà di olivo sono state messe a confronto tra
loro in modo da valutarne le differenti precocità di entrata in produzione.
56
Fig. 3.11: Numero medio di frutti per pianta a ottobre 2013. Le colonne rappresentano la media,
le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative
secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di
età, mentre il giallo quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
Nel 2013, s non tutte le varietà hanno prodotto frutti, in particolare sulle piante di
Nostrale di rigali, Rosciola colli esini e Ascolana dura non erano presenti frutti
(figura 3.11).
Arbequina invece, nonostante la minore età delle piante, si è dimostrata la più
produttiva in termini di numero di frutti. Considerando invece la produttività in
termini di peso (figura 3.12) Arbequina, Lea e Coroncina sono risultate comparabili.
57
a
200
a
peso olive (g)
150
a
ab
100
50
bc
bc
c
c
c
c
c
0
Fig. 3.12: Peso medio della produzione di frutti per pianta a ottobre 2013. Le colonne
rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar
messe a dimora a 2 anni di età, mentre il giallo le cultivar a dimora a 8 mesi di età.
Buoni valori di produzione sono stati registrati sia in termini di numero che di peso,
nelle cultivar Piantone di Mogliano e Rosciola, raggiungendo valori medi di 8 e 6
frutti · pianta -1 e di 122-123 g · pianta -1, rispettivamente.
Dai risultati ottenuti si può ipotizzare che alcune cultivar abbiano una maggiore
precocità di entrata in produzione rispetto alle altre e quindi possano adattarsi meglio
ad un impianto ad alta densità nelle condizioni pedo-climatiche marchigiane.
58
3.3 ARCHITETTURA DELLA BRANCA
3.3.1 RAMIFICAZIONE
Le branche primarie di ciascuna cultivar in prova sono state analizzate misurandone i
parametri architetturali e di crescita.
.
maggio2013
maggio 2014
140
lunghezza della branca (cm)
120
100
80
60
40
20
0
Fig. 3.13: Lunghezza della branca primaria rilevata sulle cultivar in prova nelle stagioni 2013 e
2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano
differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde
distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a
dimora a 8 mesi di età.
59
Tab. 3.9: Analisi statistica Fig. 3.13. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Lunghezza della branca
2013
2014
Carboncella
a
a
Rosciola colli esini
ab
ab
Coroncina
ab
abcd
Rosciola
abc
bcd
Ascolana dura
abc
abc
Nostrale di Rigali
abc
abcd
Lea
bc
abcd
Piantone di Mogliano
bcd
abc
Piantone di Falerone
cde
cd
Maurino
dc
cd
Arbequina
e
d
Tutte le cultivar hanno raggiunto lunghezze medie delle branche primarie (figura
3.13) interessanti, con valori superiori ai 75 cm nel primo anno.
Quelle che hanno mostrato valori più elevati sono state Carboncella e Rosciola colli
esini. La cultivar con valori più bassi è risultata Arbequina, le cui branche primarie
hanno raggiunto una lunghezza media di 68,5 cm, mentre Carboncella ha registrato il
valore maggiore (115 cm).
Osservando i diametri della branca primaria all‟inserzione con il fusto, è stato
possibile calcolare l‟Area della Sezione Trasversale della Branca (ASTB). I valori
medi di ogni cultivar, ottenuti a maggio e ottobre 2013 sono stati messi a confronto.
Arbequina ha presentato valori di ASTB significativamente più contenuti (0,26 cm
ad ottobre; figura 3.15) ed anche minori incrementi di sezione tra maggio e ottobre
(0,13 cm, figura 3.16). Mentre Nostrale di Rigali ha presentato valori finali di ASTB
(1,28 cm2) e incrementi (0,76 cm2) più elevati. Le altre cultivar hanno ottenuto valori
di ASTB compresi tra 0,66 e 1,14 cm2.
60
Fig. 3.14: Valori di area della sezione trasversale della branca (ASTB) rilevati nel 2013. Le
colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze
statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le
cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi
di età.
61
Tab. 3.10: Analisi statistica Fig. 3.14. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Area sezione trasversale della
Varietà
branca (ASTB)
2013
2014
Carboncella
a
abc
Lea
ab
ab
Rosciola
ab
abc
Nostrale di Rigali
ab
a
Coroncina
ab
bc
Rosciola colli esini
ab
abc
Piantone di Falerone
ab
abc
Maurino
ab
abc
Piantone di Mogliano
ab
bc
Ascolana dura
ab
cd
Arbequina
b
d
1,5
Incremento ASTB
cm
1
0,5
P.
Le
a
di
M
og
lia
no
Ro
sc
io
As
la
co
la
na
Du
ra
Co
ro
nc
in
a
Ar
be
qu
in
a
in
i
o
Es
co
lli
M
au
r in
Ro
sc
io
la
No
st
ra
le
di
Ri
g
ali
Ca
rb
on
ce
lla
P.
di
Fa
le
ro
ne
0
Fig. 3.15: Incremento di ASTB avvenuto tra maggio e ottobre 2013. Le colonne rappresentano la
media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente
significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a
dimora a 2 anni di età, mentre il giallo quelle messe a dimora a 8 mesi di età.
62
Fig. 3.16: Densità di ramificazione a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre
l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test
di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre il
giallo le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
La densità di ramificazione (figura 3.17) è risultata maggiore in Piantone di Falerone
e Maurino (0,16 e 0,22 rispettivamente), mentre i valori più bassi sono risultati per
Coroncina (0,09).
Osservando la densità di ramificazione nella stagione successiva (2014) espressa
come numero di germogli per unità di lunghezza di ogni porzione della branca
(figura 3.18), si può osservare che Nostrale di rigali, Piantone di Falerone e Piantone
di Mogliano (con valori complessivi rispettivamente di 2,3; 2,5 e 2,1 germogli / cm)
sono le cultivar che manifestano maggiore propensione alla ramificazione. È inoltre
possibile osservare che praticamente tutte le cultivar, Maurino in modo particolare,
presentano una maggiore densità di rami nelle porzioni medio-basali della branca,
coerentemente all‟habitus di crescita basitono che naturalmente si rinviene in olivo.
Tuttavia, Carboncella e Rosciola colli Esini hanno evidenziato una densità di rami
tendenzialmente maggiore nelle parti mediano-distale della branca, manifestando
quindi una ramificazione maggiormente centrifuga.
63
Fig. 3.17: Densità di ramificazione della branca nel 2014. Le colonne rappresentano la media, le
barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età,
mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
Tab. 3.11: Analisi statistica Fig. 3.17. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
Densità di ramificazione per porzione
basale
mediano
distale
Nostrale di Rigali
a
ab
abc
Piantone di Falerone
ab
a
a
Maurino
abc
b
abc
Mogliano
abc
ab
ab
Rosciola colli esini
abcd
ab
abc
Ascolana dura
abcd
ab
abc
Lea
abcd
ab
abc
Carboncella
bcd
ab
abc
Arbequina
bcd
b
abc
Piantone
di
64
Coroncina
cd
b
c
Rosciola
d
ab
bc
Prendendo in esame il rapporto percentuale tra le porzioni ramificate e non (figura
3.19), presenti lungo la branca, si può notare che tendenzialmente le porzioni non
ramificate e quelle ramificate sono in rapporto equilibrato, anche se in tutte le
cultivar prevale sempre la porzione non ramificata (con percentuali comprese tra 60 e
70%) rispetto a quelle ramificate. In Coroncina, Carboncella e Arbequina le porzioni
non ramificate superano il 70-80% della lunghezza totale, indicando la presenza di
branche tendenzialmente spoglie.
Fig. 3.18: Percentuali di porzione ramificate e non ramificate lungo la branca a maggio 2013. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
65
Tab. 3.12: Analisi statistica Fig. 3.18. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
porzione
ramificata
non ramificata
Piantone di Falerone
a
c
Ascolana dura
a
bc
Lea
a
c
Maurino
ab
bc
Piantone di Mogliano
ab
bc
Rosciola colli esini
abc
bc
Rosciola
abc
bc
Carboncella
bcd
ab
Nostrale di Rigali
bcd
ab
Arbequina
cd
a
Coroncina
d
a
Gli indici che mettono in rapporto la crescita della branca e l‟area della sezione
trasversale del tronco (figure 3.20 e 3.21) indicano la tendenza di ciascuna cultivar a
privilegiare l‟accrescimento radiale e longitudinale delle branche rispetto a quello
radiale del tronco. Branche tendenzialmente vegetative saranno caratterizzate da
elevati livelli per entrambi gli indici, mentre branche predisposte all‟attività
riproduttiva risulteranno caratterizzate da elevati livelli di lunghezza ma minore
crescita radiale; inoltre, branche di questo tipo risulteranno maggiormente flessibili e
quindi in grado di assecondare il movimento della macchina per la raccolta.
Considerando l‟accrescimento dell‟area della sezione trasversale della branca
(ASTB) in rapporto alla sezione trasversale del tronco (ASTT; figura 3.20), è
possibile notare che Ascolana dura, mostra un rapporto significativamente maggiore
rispetto alle cultivar da Maurino in poi. Valori elevati di questo indice stanno ad
indicare la presenza di branche con una elevata capacità di accrescimento, in quanto
in grado di esercitare una notevole capacità di richiamare sostanze nutritive dal
sistema vascolare. Strutture di questo tipo in olivo mostrano una notevole capacità di
66
crescita vegetativa e, nel caso dell‟alta densità, possono rappresentare un problema,
in quanto difficili da gestire e in grado di ostacolare l‟avanzamento della macchina
scavallatrice in quanto troppo robuste e poco flessibili. Ascolana dura è anche la
cultivar che riporta, a parità di ASTT, un maggiore accrescimento della branca (62,1)
con una differenza significativa rispetto a tutte le altre (figura 3.21), mostrando una
maggior tendenza vegetativa della branca. Le cultivar Rosciola e Lea invece sono
quelle che mostrano i valori più bassi, rispettivamente (17,9) e (9,7).
0,5
a
ASTB / ASTT
0,4
0,3
ab
ab
ab
ab
ab
bc
bc
bc
bc
0,2
c
0,1
0
Fig. 3.19: Rapporto tra area della sezione trasversale della branca e area della sezione
trasversale del tronco (ASTT) nel 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore
standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di
Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre
quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
67
80
Lungh. branca / ASTT
a
60
b
b
bc
40
bc
cd
cd
cd
20
cd
e
0
Fig. 3.20: Rapporto tra lunghezza della branca e area della sezione trasversale del tronco
(ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
Considerando il rapporto tra lunghezza della branca e l‟area della sua sezione (figura
3.22), è possibile notare come la cultivar Arbequina sia quella che presenta, a parità
di ASTB, una maggiore lunghezza della branca (281,7). Al contrario Lea e Rosciola
mostrano valori significativamente più bassi (121,6 e 121,4).
68
400
Lungh. branca / ASTB
a
300
b
bc
200
bc
bc
bcd
bcd
cd
cd
d
d
100
0
Fig. 3.21: Rapporto tra lunghezza della branca e area della sezione trasversale della branca
(ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
La capacità di ramificazione di ogni cultivar espressa come rapporto tra numero di
rami e ASTT o ASTB (figure 3.23 e 3.24) è risultata maggiore nella cultivar
Ascolana dura, presentando il maggior numero di ramificazioni (15,1 in fig. 3.22 e
47,8 in fig. 3.23). Seppur con valori inferiori, anche Piantone di Falerone, Piantone di
Mogliano e Maurino hanno mostrato una buona attitudine alla ramificazione.
Coroncina, Rosciola e Lea invece hanno presentato un più basso numero di rami a
parità di ASTT.
69
20
a
n. rami / ASTT
16
12
b
bc
bcd
8
bcd
4
bcde bcde
cde
cde
de
e
0
Fig. 3.22: Rapporto tra numero di rami e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) a
maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse
indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea
verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe
a dimora a 8 mesi di età.
60
a
n. rami / ASTB
b
40
bc
bc
bcd bcd
cde
20
cde
de
e
e
0
Fig. 3.23: Rapporto tra numero di rami e area della sezione trasversale della branca (ASTB) a
maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse
indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea
70
verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe
a dimora a 8 mesi di età.
Fig. 3.24: Numero di germogli in crescita lungo la branca nel 2014. Le colonne rappresentano la
media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di
età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
Tab. 3.13: Analisi statistica Fig. 3.24. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
germogli in crescita (n.)
Basale
mediano
distale
Piantone di Falerone
a
a
ab
Nostrale di Rigali
a
a
ab
Rosciola colli esini
ab
a
ab
Mogliano
ab
a
a
Maurino
ab
a
ab
Ascolana dura
ab
a
ab
Lea
ab
a
ab
Piantone
di
71
Carboncella
ab
a
ab
Rosciola
ab
a
ab
Coroncina
b
a
b
Arbequina
b
a
b
Coroncina ed Arbequina sono le cultivar che hanno presentato il minor numero di
germogli in crescita lungo la branca (figura 3.29) mentre Nostrale di Rigali e
Piantone di Falerone hanno presentato un elevato valore complessivo di germogli in
crescita lungo tutta la branca primaria.
Passando all‟esame delle singole porzioni della branca, si nota che la maggior
crescita dei germogli, in termini di numero, avviene in generale per tutte le cultivar
nella parte basale e mediana, meno nella porzione distale. Il modello di ramificazione
ideale per l‟olivo allevato in alta densità prevede una crescita omogenea dei germogli
in tutte e tre le porzioni. Tale aspetto risulta di fondamentale importanza per
l‟architettura della branca primaria, infatti la presenza di più punti di crescita
distribuiti uniformemente lungo l‟asse dovrebbe favorire il contenimento
dell‟espansione laterale (verso l‟esterno) delle branche stesse e di conseguenza anche
la dimensione complessiva della chioma. Allo stesso tempo, può essere favorita la
precocità di entrata in produzione per l‟elevata presenza di rami misti che offrono un
notevole potenziale di gemme al processo di induzione e differenziazione a fiore.
72
basale
mediano
distale
30
lunghezza (cm)
25
20
15
10
5
0
Fig. 3.25: Lunghezze dei germogli in crescita rilevati lungo la branca nel 2014. Le colonne
rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a
dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
Tab. 3.14: Analisi statistica Fig. 3.25. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze
significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey).
Varietà
lunghezza dei germogli in crescita per porzione
basale
mediano
distale
Coroncina
a
abc
ab
Rosciola
ab
a
ab
Lea
ab
abc
ab
Maurino
bc
abc
ab
Arbequina
bc
abcd
ab
Ascolana dura
bc
ab
ab
Mogliano
bc
abc
ab
Rosciola colli esini
bc
abc
a
Piantone
di
73
Nostrale di Rigali
bc
bcd
ab
Piantone di Falerone
bc
cd
b
Carboncella
c
d
b
Le cultivar con lunghezze più elevate dei germogli (figura 3.29) sono state Rosciola
e Coroncina, che inoltre hanno manifestato una crescita prevalente dei germogli nella
parte basale. La cultivar con lunghezza dei germogli minore è risultata Carboncella,
con un maggiore accrescimento nella parte distale, mentre nella porzione basale e
mediana la crescita è stata molta limitata.
Nelle altre cultivar si è assistito ad un equilibrio nella crescita dei germogli alle
diverse posizioni, con valori di circa 7,5 cm di lunghezza lungo tutta la branca.
Esprimendo la stessa informazione in forma percentuale (figure 3.31 e 3.32) è
possibile visualizzare in maniera più chiara il comportamento descritto finora. Infatti,
mentre per la maggior parte delle cultivar si può notare un equilibrio in termini di
lunghezza dei germogli nelle diverse posizioni, Carboncella e Rosciola tendono a
privilegiare la ramificazione medio-terminale lungo la branca (Carboncella; 45,6 % e
26,7 %; Rosciola; 49,9 % e 22,2 %), non solo in termini di numero di germogli, ma
nel caso di Carboncella anche di lunghezza degli stessi, rispetto alla lunghezza
complessiva di tutti i germogli prodotti (46,3 %).
74
Fig. 3.26: Distribuzione dei germogli nelle porzioni della branca, 2014. Le colonne
rappresentano la media percentuale. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2
anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età.
Fig. 3.27: Incidenza della lunghezza dei germogli di ogni porzione sul loro sviluppo complessivo
a maggio 2014. Le colonne rappresentano la media percentuale. La linea verde distingue le
75
cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi
di età.
L‟analisi di questi dati, per essere esaustiva, dovrebbe essere associata alla
produttività, in termini di frutti allegati, dei germogli presenti sulla branca. Tuttavia,
è possibile interpretare questi grafici in relazione alla fertilità delle stesse branche nel
2013 (figure 3.25 e 3.28). Infatti, alcune cultivar come Arbequina, Rosciola e
Coroncina, pur non mostrando un‟elevata presenza di germogli, hanno dimostrato
una buona attitudine produttiva. Nel caso di Arbequina, la minore capacità di
ramificazione può essere in parte imputata all‟inferiore età delle piante all‟impianto,
pur essendo comunque piante originate da tessuti fisiologicamente maturi, e quindi
confrontabili con il resto delle cultivar in prova. L‟unica cultivar che in questa fase
ha mostrato un buon compromesso
tra le caratteristiche del comportamento
vegetativo come ad esempio un buon numero di rami prodotti a parità di spessore del
tronco ed una omogenea distribuzione delle ramificazioni lungo la branca, e quelle
riproduttive come il rapporto tra infiorescenze differenziate o frutti allegati e ASTT,
sembra essere Piantone di Mogliano; confermando così le ipotesi che fanno ritenere
tale cultivar una delle più accreditate circa l„adattabilità in impianti ad alta densità.
Cultivar come Maurino e Piantone di Falerone, pur manifestando una buona capacità
di ramificazione, sembrano esprimere una minore capacità riproduttiva (figure 3.26 e
3.29), o meglio una inferiore precocità di transizione verso la fase di equilibrio
vegeto-produttivo, considerando l‟età delle piante nel momento in cui è stato
eseguito questo rilievo (terza foglia). Per questo motivo i risultati qui proposti non
possono essere considerati che un punto d‟inizio, che richiede di essere sviluppato
negli anni a seguire per arrivare a fornire informazioni maggiormente accurate e
complete circa il reale comportamento di ciascuna cultivar in studio.
3.3.2 PRODUZIONE
L‟aspetto della precocità di entrata in produzione risulta fondamentale nei nuovi
impianti ad alta densità dove il tempo di rientro dell‟investimento determina la
convenienza economica per l‟olivicoltore, quindi varietà che stentano a virare verso
76
la fase riproduttiva non risulteranno consigliabili in questo tipo di modelli.
Nel maggio 2013 è stato rapportato il numero di infiorescenze prodotte per branca
con ASTT e ASTB (figure 3.24 e 3.25), al fine di porre in relazione il grado di
fertilità con la struttura scheletrica. Le cultivar che in entrambi i casi hanno
manifestato una maggiore fertilità e quindi un maggior numero di infiorescenze
prodotte sono state Arbequina, Coroncina, Rosciola, e Piantone di Mogliano. La
cultivar Ascolana dura, caratterizzata dagli indici di ramificazione più elevati, non ha
mostrato alcuna infiorescenza.
n. infiorescenze / ASTT
10
8
a
a
a
ab
6
4
bc
2
0
c
c
c
c
c
c
Fig. 3.28: Rapporto tra numero di infiorescenze e area della sezione trasversale del tronco
(ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
77
n. infiorescenze / ASTB
100
a
80
60
b
40
bc
20
bc
bc
c
c
c
c
c
c
0
Fig. 3.29: Rapporto tra numero di infiorescenze e area della sezione trasversale della branca
(ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
Considerando il numero di frutti allegati rispetto ad ASTT (figura 3.26) e ASTB
(figura 3.27), è Coroncina a presentare valori significativamente maggiori rispetto
alle altre cultivar, anche se, per il secondo indice, le differenze con Arbequina,
Piantone di Mogliano e Rosciola non sono significative.
78
n. frutti allegati / ASTT
8
a
6
4
b
2
b
b
b
0
b
b
b
b
b
b
Fig. 3.30: Rapporto tra numero di frutti allegati e area della sezione trasversale del tronco
(ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
n. frutti allegati / ASTB
25
a
20
15
ab
10
5
0
ab
b
b
b
b
b
b
b
b
Fig. 3.31: Rapporto tra numero di frutti allegati e area della sezione trasversale della branca
(ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere
diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La
linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar
messe a dimora a 8 mesi di età.
79
CONCLUSIONI
Negli ultimi 10 anni, grazie all‟impulso di sperimentazioni e soluzioni tecniche
provenienti principalmente dalla Spagna, sono stati impiantati nel mondo circa
100.000 ettari di oliveti ad alta densità, con oltre 1.250 piante ad ettaro (oliveti superintensivi).
Questo modello si basa principalmente sulla possibilità di applicare una integrale
meccanizzazione della raccolta in continuo, che, associata a tecniche di controllo
della crescita e della produzione, consente di rispondere alle necessità di sostenibilità
economica del settore olivicolo. Infatti, la coltivazione tradizionale dell‟olivo,
comportando un elevato fabbisogno di manodopera, è divenuta in questi ultimi anni
sempre più onerosa e non riesce ad assicurare un reddito effettivo all‟imprenditore.
Finora, il modello colturale ad alta densità è stato calibrato principalmente su tre
cultivar internazionali: Arbequina, Arbosana e Koroneki. Da studi effettati (Tous et
al., 2006; Composeo et al., 2008), si ritiene che queste cultivar abbiano una bassa
vigoria intrinseca, associata ad una capacità di produrre di più e più precocemente
rispetto alle cultivar tradizionali. In particolare, si è visto che Arbosana e Arbequina
producono rami con diametri più piccoli ma allo stesso tempo producono più rami
per unità di superficie rispetto alle cultivar tradizionali del centro Italia. Questi due
meccanismi comportano nella pianta un duplice risparmio, in quanto consentono di
produrre più potenziali siti di fruttificazione e contemporaneamente di investire
meno riserve in strutture permanenti. In questo modo, la pianta ha a disposizione una
maggiore quantità di riserve da destinare allo sviluppo riproduttivo (Rosati et al.,
2013). Infatti, la produzione, relativa alla sviluppo delle strutture scheletriche
(efficienza produttiva), valutata su Arbequina e Arbosana, insieme a poche altre
cultivar italiane come Maurino, Rosciola, Piantone di Mogliano e Piantone di
Falerone, è risultata significativamente maggiore dal resto (Rosati et al,.2012).
L‟olivicoltura italiana rappresenta una parte importante dello scenario agricolo
mediterraneo; tuttavia, sinora, il rinnovamento degli impianti in Italia è piuttosto
limitato a causa delle particolari condizioni strutturali del territorio e a causa delle
diverse condizioni socio-economiche di ogni areale produttivo.
80
L‟olivicoltura italiana è condizionata da un forte frazionamento e da giaciture molto
difficili, soprattutto nel centro Italia e in particolare nelle Marche, dove la ridotta
estensione delle aziende agricole e l‟impiego di manodopera familiare hanno
fortemente limitato lo sviluppo della meccanizzazione. La regione Marche, grazie
alla presenza di microclimi molto specifici negli ambienti di coltivazione, è
caratterizzata da un germoplasma olivicolo molto variegato, con circa 30 cultivar
autoctone che rappresentano una ricchezza insostituibile per l'olivicoltura regionale,
con comportamenti agronomici e produttivi specifici e caratteristiche organolettiche
dell‟olio peculiari e difficilmente ripetibili altrove.
Negli ultimi anni, si sta assistendo anche nelle Marche ad una progressiva
specializzazione della coltura, con la creazione di nuovi oliveti a più alta densità al
fine di incrementare il livello di reddito. Il processo si abbina al necessario
aggiornamento delle tecniche colturali, per consentire la massima espressione delle
potenzialità produttive delle piante, la razionalizzazione delle operazioni di potatura
e un elevato livello di meccanizzazione. Dalle sperimentazioni su cultivar autoctone,
si è potuto costatare come le modalità di crescita e le strategie riproduttive delle
piante siano strettamente correlate alla morfologia degli assi e alla posizione che
questi occupano con le loro ramificazioni all'interno della chioma (Normand et al.,
2009). Per questi motivi, molte cultivar autoctone testate sono risultate non adatte
nelle condizioni colturali dell‟alta densità, a causa del loro elevato vigore e/o del loro
habitus di crescita.
La realizzazione di oliveti con un maggior numero di alberi per unità di superficie
comporta la riduzione dello spazio a disposizione sia per l‟espansione dell‟apparato
radicale che della chioma. In tali condizioni, nell‟albero aumenta il rapporto
chioma/radice, ma soprattutto aumenta il rapporto tra superficie fogliare e volume
della chioma, ottenendo così una maggiore superficie specifica in buone condizioni
di illuminazione e quindi un microclima più favorevole per la differenziazione a fiore
delle gemme e lo sviluppo dei frutti (Vieri e Zimbalatti 2011).
La maggiore intercettazione della luce e il rapido sviluppo della chioma durante la
fase di allevamento sono elementi essenziali per avere produzioni elevate già nei
primi anni dall‟impianto.
81
Per questi motivi, è necessario avere, in impianti ad elevate e altissime densità,
materiale genetico appropriato, per evitare che risulti problematico il controllo della
vigoria degli olivi, che per natura tendono ad avere un accrescimento espanso a
cespuglio.
A seguito di queste considerazioni, l‟obiettivo di questa tesi è stato quello di
verificare l‟adattabilità di alcune cultivar autoctone al modello di olivicoltura definito
ad alta densità.
Per comprendere le possibilità di adattamento delle cultivar prese in esame, sono
state studiate l‟architettura della pianta intera e della branca primaria e ed è stato
valutato il loro comportamento di crescita durante i primi anni dall‟impianto.
L‟oliveto oggetto di analisi (con sesto d‟impianto 4x2 m) era costituito da 11 diverse
cultivar autoctone delle Marche e da Arbequina, varietà spagnola diffusa ormai a
livello internazionale e finora considerata il modello di riferimento negli impianti ad
alta densità.
Lo studio di queste cultivar è cominciato fin dal primo anno d‟impianto ed è
proseguito nei 2 anni successivi, prendendo in considerazione alcuni parametri
architetturali significativi.
Dai risultati riguardanti l‟architettura, è emerso che Arbequina, rispetto a tutte e le
altre cultivar, presenta un portamento più contenuto e quindi si distingue nell‟avere
dimensioni scheletriche più ridotte, ma allo stesso tempo ha mostrato un rapido
accrescimento della chioma in termini di superficie e volume. Le altre cultivar
oggetto di studio hanno mostrato una buona capacità di crescita, requisito
fondamentale durante i primi anni dall‟impianto, in quanto l‟obiettivo è quello di
arrivare ad ottenere piante che nel giro di pochi anni vadano a chiudere il filare e ad
occupare tutto lo spazio a disposizione, in modo da anticipare, per quanto possibile,
l‟entrata in produzione e procedere con la raccolta mediante macchina scavallatrice.
Tra le cultivar testate, quella che si è accresciuta maggiormente in 2 anni è stata la
varietà Rosciola, che ha mostrato valori di altezza e di dimensione del tronco
significativamente
più
elevati.
Bisogna
verificare
però
come
proseguirà
l‟accrescimento negli anni successivi, poiché sembrerebbe avere già superato i limiti
massimi di altezza e di spessore della chioma consentiti per la raccolta meccanica
con macchina scavallatrice.
82
La cultivar che ha mantenuto un portamento della chioma più compatto, in termini di
volume, è stata Arbequina. Tuttavia anche Piantone di Mogliano, Piantone di
Falerone, Maurino hanno riportato valori, per lo stesso parametro tendenzialmente
contenuto. Anche considerando il rapporto altezza/ASTT, Arbequina, Piantone di
Mogliano e Ascolana dura hanno mostrato dei valori più elevati. Prendendo in esame
l‟indice volume della chioma / ASTT, solamente Coroncina e in parte Rosciola si
differenziano in maniera significativa dimostrando una tendenza maggiore ad
espandere la propria chioma.
Le cultivar che hanno mantenuto un portamento della chioma più compatto si sono
dimostrate anche molto precoci in termini di entrata in produzione, eccezione fatta
per Carboncella. Infatti, nell‟anno successivo all‟impianto, Piantone di Mogliano,
Piantone di Falerone, Maurino e Arbequina hanno mostrato già una piccola
produzione di frutti, anche se di modesta quantità. Arbequina ha prodotto più frutti
per pianta, in termini di numero ma non di peso.
Le cultivar che invece hanno ottenuto maggiori quantità di frutti, in termini di peso,
sono state Piantone di Mogliano, Rosciola, Coroncina e Lea.
Per quanto riguarda lo studio della crescita delle branche primarie e la disposizione
spaziale delle ramificazioni, va considerato che in un oliveto ad alta densità, per far
in modo che le chiome non si accrescano troppo in larghezza, è necessario che le
branche primarie mantengano una lunghezza non eccessiva, ma allo stesso tempo è
necessaria una buona ramificazione, con rami distribuiti in maniera omogenea ed
equilibrata lungo la branca stessa.
Tenendo in considerazione questi aspetti, le cultivar che hanno mostrato delle
modalità di ramificazione interessanti sono state: Piantone di Falerone, Maurino,
Ascolana Dura, e Piantone di Mogliano.
Tuttavia, alcune cultivar hanno manifestato comportamenti che sembrano poco
idonei (ad esempio branche lunghe, densità di ramificazione bassa e distribuzione dei
germogli lungo l‟asse concentrata nella porzione terminale della branca), come
Rosciola, Nostrale di Rigali, Carboncella e Coroncina. Anche prendendo in
considerazione il comportamento vegeto-riproduttivo della branca, è stato possibile
individuare diverse attitudini tra le cultivar: Ascolana dura e Piantone di Falerone
hanno mostrato una forte tendenza alla crescita della branca e una buona capacità di
83
ramificazione, ma una scarsa attitudine riproduttiva. Coroncina, invece, ha mostrato
una buona capacità riproduttiva in termini di infiorescenze differenziate e frutti
allegati, ma una scarsa tendenza alla ramificazione. Sono state individuate anche
cultivar con un comportamento intermedio molto interessante come Piantone di
Mogliano e, in misura minore, Maurino.
In conclusione, è possibile affermare che anche nel panorama varietale autoctono
esistono cultivar che presentano habitus di crescita, caratteristiche architetturali e
attitudini riproduttive potenzialmente compatibili con le esigenze richieste nei nuovi
modelli di coltivazione ad alta densità.
Ulteriori studi sono comunque richiesti per la messa a punto di tecniche colturali
specifiche nei vari areali di coltivazione, al fine di permettere il controllo dei ritmi di
crescita e il mantenimento di livelli produttivi stabili nel tempo.
84
Capitolo 2
LA STRUTTRA PRODUTTIVA PREVALENTE IN OLIVO: IL
RAMO MISTO
INTRODUZIONE
1.1 CICLO VITALE E FISIOLOGIA DELLA PIANTA
La vita di un olivo può essere molto lunga per via della capacità di rinnovare
periodicamente la propria chioma direttamente dalla corona, attraverso la produzione
di strutture giovanili, collegate con un nuovo apparato radicale, che nel tempo
potranno sostituire la parte ormai senescente della pianta (Lodolini e Neri, 2012).
Il ciclo biologico dell'olivo, così come per le piante arboree in generale, si distingue
in diversi stadi di sviluppo. Anche in condizioni colturali, si possono distinguere tre
differenti stadi comunemente indicati come stadio giovanile, di maturità produttiva e
di senescenza (fig. 1.1). La caratteristica che contraddistingue principalmente questi
stadi è la capacità o meno di riprodursi da parte della pianta:
1-stadio giovanile: La giovanilità è tipica dei semenzali e è contraddistinta
dall‟incapacità della pianta di fiorire, per un numero di anni che nell‟olivo può essere
anche piuttosto lungo (10 e più anni dalla germinazione);
2-stadio maturo: Si raggiunge quando il rapporto tra l‟espansione, dell'apparato
radicale e di quello aereo raggiunge un certo valore soglia, non tanto legato alla
massa delle porzioni aereo-radicale, quanto piuttosto alle funzioni ad esse associate e
tale da permettere alla pianta il raggiungimento di un equilibrio vegeto-riproduttivo.
La piantain questa fase esplica il suo massimo potenziale riproduttivo e la chioma si
caratterizza per la presenza di strutture tipicamente riproduttive, che nel caso
dell‟olivo sono rappresentate dai rami misti, sostenuti dalle branchette fruttifere;
3-stadio senescente: È lo stadio di invecchiamento dell‟albero, durante il quale si
realizza un graduale processo degenerativo delle sue strutture. Sia l‟attività
85
vegetativa, epigea ed ipogea, sia quella riproduttiva si riducono progressivamente. Il
rapporto tra la sostanza secca delle foglie e quella del legno si riduce vistosamente
(Garcia-Ortiz et al., 1998).
Fig. 1.1: Rappresentazione schematica dei vari stadi del ciclo di sviluppo nell’olivo.
La crescita complessiva della pianta è il risultato di una crescita coordinata degli
organi aereo (A) e radicale (R), sicché se uno cresce si sviluppa anche l'altro e se uno
dei due si ferma, trascina nell'arresto anche il secondo. La crescita di A e R in realtà
avviene in maniera coordinata ma non parallela e anzi attraversa un'evoluzione, in
cui prevale la crescita radicale nella pianta giovane e quella della chioma nella pianta
matura.
Pertanto, la pianta giovane si espande attraverso una crescita coordinata della radice
e della chioma che perdura anni o decenni ed è contraddistinta dall‟incapacità di
fiorire e da una grande capacità esplorativa dell‟apparato radicale (Gucci e Cantini,
2001). La pianta in questo stadio presenta internodi più lunghi e un maggior numero
di foglie per nodo. Il processo continua fino all'inizio della maturità riproduttiva,
stadio in cui cessa l'espansione e la chioma si arresta.
Nello stadio di maturità l‟apparato radicale ed aereo mostrano un accrescimento
vegeto-produttivo equilibrato ed in piena maturità l‟olivo esplica il massimo
potenziale produttivo. Esiste un equilibrio tra le due parti (aerea e radicale) che in
letteratura viene espresso come un rapporto tra masse (rapporto A/R), sebbene
sarebbe più appropriato fare riferimento alle funzioni ad esse associate (modello E/I,
Zucconi, 1996). Il rapporto A/R cresce nel corso del ciclo vitale ed è questo che
traina l'evoluzione dei comportamenti fisiologici della chioma. L'arresto naturale
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della crescita avviene in maniera progressiva, a partire da una iniziale tendenza
arresto alla riduzione dell'espansione radicale, influenzata anche da limitazioni dello
spazio disponibile. La riduzione della crescita radicale non è seguita immediatamente
da quella della chioma; anzi questa prosegue, seppure con ritmi minori, usufruendo
dell'attività residua della radice che fermatasi consuma meno energia. In questa fase
aumenta vistosamente il rapporto A/R creando le condizioni per la riproduzione
(Zucconi, 2003).
All‟interno dello stadio maturo dell‟olivo si può riconoscere una ulteriore
suddivisione in fasi che al contrario degli stadi, non sono irreversibili, ma
costituiscono degli intervalli tra i quali esiste una certa elasticità di posizionamento.
Si possono riconoscere tre fasi:
- vegetativa
- equilibrio vegeto-riproduttivo
- insenilimento
Nella moderna frutticoltura la quasi totalità del materiale vegetale di partenza di
origine vivaistica si trova in uno stadio maturo, perché propagate a partire da
porzioni mature, pertanto le piante prodotte e commercializzate non sono piante
giovanili ma mature che si trovano in una condizione vegetativa. In sintesi l‟età
fisiologica e quella anagrafica non sono coincidenti. Infatti, nella Fase vegetativa la
pianta pur essendo fisiologicamente matura, mostra caratteristiche giovanili e tende a
privilegiare lo sviluppo vegetativo e l‟occupazione dello spazio a disposizione.
Tuttavia, nel giro di pochi mesi, con l‟aiuto di un‟opportuna tecnica colturale tornerà
a fruttificare.
Da questo momento in poi subentra la Fase di equilibrio vegeto-riproduttivo in cui
la pianta esplica il suo massimo potenziale riproduttivo. Questo periodo può avere
una durata variabile che in genere nell‟olivo può essere molto superiore rispetto ad
altre specie da frutto, superando anche i 50 anni a seconda delle condizioni colturali.
Tuttavia, negli ultimi decenni con la ricerca di nuovi modelli di coltivazione, capaci
di abbattere fortemente l‟assorbimento di manodopera delle principali operazioni
(potatura e raccolta) come ad esempio il sistema di coltivazione ad alta densità (o
superintensivo), la durata di questa fase potrebbe essere notevolmente ridimensionata
anche per l‟olivo. Sebbene non vi siano ancora molti dati in merito, sembra infatti
87
che, in base alle esperienze sul campo, difficilmente si riescano a superare i 15-20
anni di coltivazione senza incorrere in gravi disfunzioni da parte della pianta.
Una volta varcata la soglia della maturità riproduttiva, saranno i frutti stessi ad
assorbire una notevole quantità di risorse energetiche le quali saranno sottratte alla
crescita vegetativa, con un conseguente rallentamento della stessa, ed è a causa di
questo che nella Fase di insenilimento la pianta manifesta un cosiddetto
affaticamento riproduttivo. In effetti, è proprio la produzione di frutti che inizia a
prendere il sopravvento sulla capacità di rinnovamento delle strutture riproduttive,
avviando la pianta verso lo stadio di senescenza vera e propria. A questo punto,
attraverso un processo degenerativo, si riducono gradualmente le strutture
dell‟albero, con conseguente riduzione dell‟attività vegetativa e di quella riproduttiva
sino ad arrivare alla morte dell‟individuo. Le operazioni di tecnica colturale, come ad
esempio una potatura intensa nella fase di insenilimento, possono stimolare la
crescita vegetativa (riscoppio vegetativo), operando una sorta di ricollocazione delle
funzioni associate al rapporto A/R a favore della radice,
riducendo inoltre la
proporzione di legno vecchio a favore di quello più giovane (Gucci e Cantini, 2001)
e posticipando così la morte della pianta.
1.1.1 CICLI DI CRESCITA
Sulla base delle caratteristiche fisiologiche, la fruttificazione in olivo è legata alla
capacità della pianta di regolare una serie di eventi ciclici, ciascuno caratterizzato da
particolari proprietà e a sua volta incluso in cicli di ordine superiore (Zucconi, 2003).
All‟interno del ciclo vitale della pianta, infatti, è possibile individuare una serie di
eventi ripetitivi che si verificano con una frequenza sempre più stretta. Il primo è
quello relativo all‟evoluzione della branca produttiva di olivo che viene suddivisa in
quattro zone a cui è possibile associare diverse funzioni: di rinnovo, mista, produttiva
e in ultimo esausta. Partendo dalla porzione della branca prossimale rispetto al
tronco e procedendo verso la porzione più distale la prima zona che si individua è
quella di rinnovo in cui prevale la funzione di crescita vegetativa, segue la zona mista
a funzione vegeto-riproduttiva, quella produttiva, a principale funzione fruttifera, ed
88
infine la zona esausta (Lauri et al., 2001; Lodolini et al., 2012). Nella zona mista,
posizionata nella parte medio-terminale della branca produttiva, prevalgono
particolari strutture definite rami misti che mostrano meristemi differenziati sulle
gemme ascellari nella porzione di un anno d‟età e un meristema vegetativo nella
gemma terminale (Gucci e Cantini, 2000). Non tutte le cultivar manifestano la stessa
attitudine alla ramificazione che può dipendere dall‟habitus di crescita e dal vigore
(Moutier et al., 2008) e da una specifica strategia di evoluzione della branca negli
anni (riposizionamento/sostituzione nel tempo delle strutture con differenti funzioni);
(Lodolini et al., 2006). All‟interno di questo quadro si inserisce il ciclo biennale della
pianta, che comprende lo sviluppo dei rami misti posizionati prevalentemente nella
zona di rinnovo della branca produttiva. Lo sviluppo vegetativo, nelle fasce
climatiche temperate, inizia a primavera quando mediamente le temperature sono al
di sopra dei 12 °C. Con temperature superiori ai 30 °C a metà dell‟estate, la velocità
di crescita vegetativa tende a ridursi. I fattori che intervengono sullo sviluppo
vegetativo sono la presenza di umidità nel suolo, la disponibilità d‟acqua e la durata
del l‟andamento termico stagionale; quando queste condizioni risultano idonee, la
pianta inizierà un anche un secondo periodo di crescita in autunno. Tuttavia, il
numero di gemme che partecipano allo sviluppo vegetativo annuale è limitato,
aggirandosi intorno al 5-10% delle gemme sviluppatesi nella stagione precedente
(Lavee et al., 1996). Così gran parte delle gemme rimane potenzialmente a
disposizione dello sviluppo riproduttivo che avviene attraverso la differenziazione a
fiore delle gemme di età compresa tra i 3 e gli 11 mesi. Si può intuire quindi la forte
dipendenza tra crescita vegetativo e sviluppo riproduttivo in questa specie. Inoltre, il
livello di differenziazione florale e lo sviluppo dell‟infiorescenza possono alterare il
vigore e la velocità di crescita della pianta.
Parlando di sviluppo riproduttivo, si arriva quindi al ciclo annuale che comprende il
ciclo di sviluppo del frutto. Il ciclo annuale dell‟olivo è una parte del periodo di vita
della pianta in cui si succedono differenti fasi fenologiche e di sviluppo, come
risultato di un adattamento della specie al suo ambiente
89
1.2 CLASSIFICAZIONE DEI RAMI
I rami costituiscono le appendici periferiche della struttura scheletrica della pianta e
derivano dal processo di lignificazione che subisce il germoglio verso la fine della
sua crescita annuale.
Dal momento in cui perdono la consistenza erbacea nell‟anno di formazione, fino
alla fine della stagione successiva, tali strutture prendono il nome di:
Rami dell’anno: formati nella stagione di crescita corrente; Rami di un anno: che
alla ripresa vegetativa avevano già un anno d‟età;
Branche: rami con età superiore ad un anno.
In base al modo in cui i rami divergono per capacità di crescita, diametro, lunghezza
degli internodi e tipologia delle gemme, possono essere ricondotti sostanzialmente a
due tipi differenti:
Ramo a legno: rami che non portano gemme a fiore, quindi essenzialmente
vegetativi, vigorosi, più o meno diritti, dotati talvolta di rami anticipati, cioè di rami
derivanti da gemme, cosiddette “pronte”, che germogliano nello stesso anno della
loro formazione. Particolari rami a legno sono: il succhione e il pollone; il primo,
particolarmente vigoroso e con internodi lunghi, può derivare da gemme avventizie o
latenti presenti su legno di più anni; il secondo, anch‟esso vigoroso, si sviluppa al
pedale di piante invecchiate o danneggiate, provenendo dalle radici o dalla zona del
colletto. Nell‟olivo, i polloni possono essere generati anche dagli ovuli.
Ramo misto: tipico ramo fruttifero, lungo circa 20-30 cm (Gucci e Cantini, 2000) e
inserito su branche di 2-3 anni di età nella posizione medio-distale, su cui sono
presenti sia gemme a legno, tendenzialmente nella porzione terminale del ramo,
compresa la gemme finale, sia gemme a fiore, nelle porzioni sottostanti. La
caratteristica principale è data dalla capacità di queste strutture di rinnovare la
propria crescita per più stagioni vegetative (generalmente 4-5 cicli), assicurando così
un rinnovo delle gemme che poi saranno soggetti al processo di differenziazione a
fiore (Lodolini et al., 2012).
Ramo a frutto: Il ramo a frutto rappresenta l‟evoluzionedel ramo misto; è cioè un
ramo misto che ha perso la caratteristica di potersi rinnovare in quanto anche la
90
gemma terminale è stata differenziata. Sono esili, con internodi brevi. Si rinvengono
per lo più nella parte terminale delle branchette fruttifere. (Gucci e Cantini, 2000).
Altri tipi di classificazione dei rami tengono conto di diversi criteri quali, ad
esempio, la lunghezza (corti o lunghi, a crescita determinata o indeterminata), il
portamento (verticale, orizzontale, obliquo o pendulo), la posizione (apicale o
laterale), il diametro, ecc.
Fig. 1.2: Tipi di ramo d’olivo. A sinistra succhioni con chiari caratteri di giovanilità, a destra
rami fruttiferi (foto autore)
1.3 LA STRUTTURA PRODUTTIVA PREVALENTE NELL’ OLIVO: IL
RAMO MISTO
Il tipico ramo fruttifero in olivo è il ramo misto (Gucci e Cantini, 2000; Lauri et al.,
2001; Dag et al., 2010; Lodolini et al., 2012; Farinelli et al., 2011).
Nel ramo misto vengono principalmente distinte due porzioni (figura1.3):
porzione terminale: risulta dalla stagione di crescita corrente (n+1);
porzione di un anno di età: dove fioritura e fruttificazione avvengono come
risultato dei processi di iniziazione e induzione iniziati la stagione precedente (n).
91
Fig. 1.3: Ramo misto. n – rappresenta la porzione formata e differenziata l’anno precedente;
n+1 –
rappresenta invece la porzione in formazione nella stagione corrente (foto autore)
Una classificazione standard del ramo misto basata sulla lunghezza non esiste in
olivo, e questo a causa del fatto che la crescita vegetativa può essere influenzata
fortemente da numerosi fattori, quali genotipo, condizioni ambientali e pratica
colturale. Tuttavia, le strutture che possono essere ascritte a questa categoria sono
quelle che presentano almeno 15 cm di rinnovo (Gucci e Cantini, 2000); per di più il
rinnovo del ramo misto può subire notevoli variazioni anche in base agli eventuali
squilibri vegeto-riproduttivi che interessano la pianta. Castillo-Llanque e Rapoport
(2011) hanno mostrato come l‟architettura dei germogli in piante di olivo di
vent‟anni sia condizionata dallo stato fisiologico di carica piuttosto che di scarica
produttiva; infatti i germogli con lunghezza pari a 16 cm erano presenti in maggior
numero sulle branche delle piante “scariche” rispetto alle “cariche”; inoltre, in
quest‟ultime è stata rilevata la completa assenza di germogli con lunghezza maggiore
a 30 cm. In olivo, la presenza di germogli di un anno riveste un ruolo importante in
termini di supporto al carico produttivo atteso (Dag et al., 2010), in quanto essi
possono fungere da struttura di supporto per i siti potenziali di fruttificazione che, in
definitiva, sono le gemme. Pertanto, maggiore è il numero dei nodi presenti nella
parte terminale del ramo fruttifero dell‟anno, maggiori saranno le infiorescenze e i
frutti dell‟anno successivo. Moutier et al., (2008) hanno riportato una buona
correlazione tra il numero di frutti alla raccolta su rami misti di un anno d‟età e
l‟intera produzione della pianta di olivo di 3 anni. Inoltre, uno studio realizzato in
Italia centrale ha evidenziato che il ramo misto della cultivar Arbequina,
caratterizzata per l‟elevata precocità e fertilità, presenta un maggior numero di nodi,
92
un più alto numero di infiorescenze e di frutti per nodo in confronto ad altre cultivar
testate in condizioni di alta densità (Rosati et al., 2013).
Una gestione ottimale richiede che, all‟interno di ogni ramo fruttifero, le risorse
vengano distribuite in maniera tale che la produzione attesa per l‟anno corrente, nella
porzione n, raggiunga la maturazione in maniera ottimale, mentre la parte distale del
ramo n+1 deve presentare una crescita vegetativa sufficiente. Il bilancio o la
ripartizione delle risorse deve essere mantenuta tale per più anni, al fine di garantire
un raccolto stabile per diverse stagioni di crescita. Pochi studi sono stati incentrati
sull‟attitudine vegeto riproduttiva del ramo misto di olivo. Farinelli et al. (2011)
hanno evidenziato come, durante il ciclo vegetativo, la ripartizione della biomassa
avvenga prevalentemente in favore della funzione riproduttiva rispetto a quella
vegetativa. Infatti, l‟allocazione della biomassa, espressa sotto forma di materia
secca, per l‟81% del totale è stata indirizzata agli organi riproduttivi (infiorescenze e
frutti), mentre solo il 19% viene destinato alle strutture vegetative (germoglio
sviluppato nella stagione corrente n+1 e incremento della massa della porzione
accresciuta nell‟anno n).
Il compromesso tra attività vegetativa e riproduttiva sullo stesso ramo ha una grande
influenza sulla potatura, in quanto i rami fruttiferi non devono essere raccorciati in
nessuno modo, per due motivi: per evitare la perdita della capacità di rinnovo data
dall‟accrescimento della porzione terminale e la perdita di gran parte della
produzione stessa, per l‟anno in corso, in caso di raccorciamenti eccessivi. La
crescita terminale del ramo fruttifero tende a rallentare dopo due anni di alte rese,
anche se può continuare a dare risultati soddisfacenti fino al 4°-5° anno di rinnovo
(Lauri et al., 2001; Lodolini et al., 2012). Pertanto, i rami fruttiferi, e di conseguenza
anche le branche, devono essere rinnovati adeguatamente attraverso la potatura.
In condizioni di crescita ottimali, il ramo fruttifero è più longevo. L‟esaurimento di
quest‟ultimo è evidente quando un piccolo gruppo di foglie si presenta alla fine di un
ramo quasi nudo (Gucci e Cantini, 2000).
Un metodo efficace per determinare l‟esaurimento dei rami è quello di misurare la
crescita del ramo fruttifero nell‟anno corrente. Se la crescita terminale è inferiore a
20 cm, i rami sono vicini all‟esaurimento, quindi dovrebbero essere rinnovati con la
93
potatura; al contrario, crescite comprese tra 25 e 60 cm, risultano adeguate a
mantenere una resa alta nell‟anno successivo indicando inoltre che il ramo non ha
bisogno di essere rinnovato (Gucci e Cantini, 2000).
1.4 LE GEMME D’OLIVO
La gemma è una struttura che contiene il primordio di un nuovo asse, da cui possono
avere origine foglie, rami o fiori.
Le gemme possono essere distinte in base alla:
1.identita:
gemme vegetative: definite anche gemme a legno, responsabili esclusivamente della
crescita vegetativa. Normalmente sono più piccole, appuntite rispetto a quelle
riproduttive e portano alla formazione di rami e foglie;
gemme riproduttive: dette anche gemme a fiore, si presentano di dimensioni
maggiori rispetto alle precedenti e assolvono esclusivamente la funzione di produrre
fiori;
2. posizione:
gemme laterali: poste in corrispondenza dei nodi e originate dai primordi del ramo;
gemme apicali: poste all‟apice del ramo; provvedono al suo accrescimento in
lunghezza;
gemme avventizie: meristemi originati in posizioni casuali diverse dal nodo ed
inglobati in strutture quali fusto, branche o radice.
3. epoca di schiusura:
gemme pronte: meristemi che germogliano ed entrano in attività nel corso dell‟anno
stesso della loro formazione.
94
gemme dormienti e latenti: le prime entrano in attività nella primavera dell‟anno
successivo a quello della loro formazione, mentre le seconde possono trascorrere una
o più stagioni allo stato latente;
Le gemme latenti schiudono solo in risposta a determinati stimoli, soprattutto per
effetto dei tagli di potatura o in risposta a lesioni traumatiche della pianta e
rappresentano, pertanto, una riserva, finalizzata alla ricostituzione della parte
danneggiata (Neri, 2010).
1.4.1 STRUTTURA DELLE GEMME
Le diverse tipologie di gemme in olivo presentano differenze soprattutto a livello
microscopico.
1.4.1.1 GEMME VEGETATIVE
All‟apice delle gemme si evidenzia uno strato esterno di cellule con divisioni
anticlinali, definito tunica, che racchiude il corpus centrale. Tra queste zone esistono
due o tre file di cellule che si dividono principalmente nel senso anticlinale, ma che
in determinati momenti cominciano a dividersi anche periclinalmente, in
corrispondenza di due “focus” laterali.
Ciascuno dei due focus laterali, crescendo, forma una protuberanza, che si evolve
dando origine ad un abbozzo fogliare.
Contemporaneamente, nella zona apicale, si sono formati due nuovi focus in
posizione ortogonale rispetto ai precedenti. In questi due punti, l‟apice della gemma
assume di nuovo una forma che può apparire arrotondata. (Troncoso et al., 1967).
Alla base di ciascuno di questi abbozzi fogliari si differenzia una sottogemma. Il
lento sviluppo di queste sottogemme, così come quello dell‟apice principale, in
associazione al più rapido accrescimento degli abbozzi fogliari, conferisce alla
gemma una caratteristica forma slanciata.
95
Fig. 1.4: Sezione longitudinale mediana della gemma vegetativa (Ipek et al., 2013).
1.4.1.2 GEMME RIPRODUTTIVE
L‟organizzazione apicale caratteristica delle gemme a legno si può ritrovare anche in
quelle fruttifere. In effetti, inizialmente tutte le gemme mostrano un organizzazione
analoga a quella rilevata sui rami a legno. Successivamente, , si possono distinguere
alcuni apici con caratteristiche diverse (figura 1.6).
Da questo periodo è possibile dunque distinguere le gemme dei rami fruttiferi in due
gruppi:
1) gemme che manifestano una struttura identica a quella descritta per le gemme a
legno;
2) gemme che manifestano un‟organizzazione diversa dalle precedenti e che, se
seguite attraverso le successive fasi della loro evoluzione, mostrano di portare
normalmente alla formazione di un‟infiorescenza.
La formazione dei primordi laterali avviene in un modo non molto dissimile da
quello descritto per gli abbozzi fogliari delle gemme a legno, attraverso la
formazione di due rigonfiamenti laterali. In questo caso, però, anche la regione
assiale ha un forte sviluppo, cosi che i due rigonfiamenti laterali rimangono al di
sotto della regione assiale stessa. I due primordi fogliari laterali, pur sorpassando in
altezza la regione assiale, non arrivano a sovrastarla come avviene nelle gemme a
96
legno. Essi sono situati su assi alternativamente ortogonali tra loro ed a diverse
altezze lungo l‟asse principale della gemma (Troncoso et al., 1967).
All‟ascella di ogni primordio si differenzia una sottogemma, che si sviluppa molto
rapidamente e che ha caratteristiche analoghe a quelle dell‟apice centrale.
La gemma inizia a presentare così la struttura della futura infiorescenza; infatti,
l‟apice principale persiste nel suo sviluppo e nel punto di inserzione dell‟ultimo paio
di primordi laterali si vengono a formare due rigonfiamenti; l‟apice assume cosi una
forma caratteristica con tre protuberanze, delle quali la centrale risulta più sviluppata.
Procedendo l‟accrescimento, queste protuberanze assumono l‟aspetto di apici
distinti.
Fig. 1.5: Sezione longitudinale mediana della gemma riproduttiva. Partendo da sinistra verso
destra, sono riportati tre prelevamenti successivi (Ipek et al., 2013).
Mentre l‟apice principale prosegue il suo sviluppo, si nota la formazione di due
nuove protuberanze inserite allo stesso livello e concresciute a partire dalla base, in
modo da apparire come una corona circolare intorno all‟apice. Questa è la prima fase
della differenziazione del calice. L‟apice si estroflette di nuovo e forma un altro
doppio paio di appendici, unite però tra loro solo all‟inserzione sull‟asse. Sono i
primordi dei petali. Alla base di questi, come fase successiva, si originano due nuove
grosse protuberanze, che progressivamente si differenziano in un paio di stami
(androceo). I tre fiori formatisi da una triade di apici restano avvolti da uno stesso
paio di bratteole.
97
Nell‟ambito di una gemma si viene cosi a formare, gradualmente, un‟infiorescenza a
grappolo (mignola), il cui asse centrale termina generalmente con una triade di fiori.
In questo asse sono inseriti, ad altezze diverse, coppie di racemi secondari ortogonali
tra loro anch‟essi terminanti con una triade di fiori o con un fiore singolo. Sugli assi
secondari possono poi inserirsi ulteriori ramificazioni con uno o più fiori.
1.5 FASI FENOLOGICHE NEL CICLO ANNUALE DELL’OLIVO
Essendosi l‟olivo sviluppato in un clima mediterraneo, la sequenza delle fasi
fenologiche avviene in relazione alle condizioni tipiche di questo ambiente
particolare (Lavee et al., 1996). Loussert e Brousse, (1978) hanno identificato 6 stadi
fenologici nell‟olivo, dal germogliamento all‟inizio dello sviluppo del frutto
(figura1.7), così distinti:
riposo vegetativo;
ripresa vegetativa (rigonfiamento delle gemme fiorali);
mignolatura;
fioritura;
allegagione;
accrescimento iniziale dei frutti.
In inverno, le gemme fiorali formatesi nella stagione precedente entrano in uno
stadio di dormienza. Tale condizione, che coincide con il periodo più freddo
(dicembre-gennaio), si manifesta con un‟attività dei germogli assente o fortemente
rallentata.
Il germogliamento e la crescita dei rami riprende quando le temperature salgono al di
sopra dei 15 °C circa e questo solitamente avviene in primavera (fine febbraiomarzo), a seconda degli ambienti di coltivazione. Tale fase viene definita “ripresa
vegetativa” ed ha una durata di circa 20-25 giorni, durante i quali si verifica il
completamento del processo di differenziazione seguito dalla schiusura delle gemme
(Gucci e Cantini 2000).
98
Fig. 1.6: Ciclo biennale dei processi vegetativi e riproduttivi (Fonte: Gucci e Cantini, 2000;
rielaborato dall’autore)
In piena primavera si passa alla fase di mignolatura, dove le infiorescenze, anche se
ben evidenti, permangono ancora chiuse (figura 1.7).
Fig. 1.7: Fase di mignolatura con infiorescenze chiuse (foto autore)
99
Dalla seconda metà di maggio alla prima metà di giugno, negli ambienti
mediterranei, ha luogo la fioritura. Una volta che il fiore è stato fecondato con
successo, si verifica l‟allegagione (fine giugno-prima decade di luglio). La crescita
del frutto (o ciclo annuale di crescita) segue un andamento a doppia sigmoide che
può essere suddiviso in quattro fasi. La prima, che si verifica subito dopo l‟antesi e
perdura fino a 50-60 giorni dalla piena fioritura (GDF), è caratterizzata da un rapido
incremento del peso fresco del frutto, a causa di una intensa attività di citochinesi che
si arresta in concomitanza del periodo più caldo e siccitoso, che mediamente negli
ambienti mediterranei si verifica nei mesi di luglio-agosto, con conseguente arresto
dell‟accrescimento dei frutti (da luglio in poi) e con l‟inizio della lignificazione
dell‟endocarpo. Questa fase, detta di indurimento del nocciolo, si protrae
orientativamente fino agli inizi di agosto, per terminare nel mese di settembre. In
questo intervallo di tempo, si verifica inoltre la sclerificazione dell‟endocarpo. A
seguito di questo arresto della crescita, si assiste ad una ripresa dell‟incremento di
peso della drupa, che si protrae orientativamente fino a 120 GDF; è proprio in questa
fase che si assiste all‟accumulo di olio al suo interno. Una volta terminata
l‟inoleizione, il frutto invaia e si avvia l‟ultima fase, la maturazione finale.
Dalla primavera fino all‟estate, si possono notare una serie di eventi biologici che, a
volte, come nel caso del processo di differenziazione delle gemme, si avviano l‟anno
precedente, ma che tendono a sovrapporsi tra loro. Infatti, nel periodo primaverileestivo, la pianta deve riuscire a sostenere sia lo sviluppo dei nuovi germogli che il
processo di fioritura, cui segue la fase iniziale dello sviluppo dei frutti, caratterizzata
da un‟intensa attività di divisione cellulare. La corretta gestione di questa fase, così
dispendiosa in termini di ripartizione e sintesi delle risorse energetiche per la pianta,
risulta di fondamentale importanza, al fine di mantenere un buon equilibrio vegetoriproduttivo, capace di garantire una costanza produttiva negli anni, elemento
imprescindibile per la conduzione di moderni impianti olivicoli. Nelle condizioni
colturali dell‟alta densità, l‟elevato investimento iniziale impone che la capacità
produttiva dell‟impianto sia la più costante possibile nell‟arco della durata
economica dell‟oliveto. La possibilità, in questi contesti, di avvalersi di più fattori di
controllo della crescita, come l‟irrigazione localizzata, la fertirrigazione, la gestione
100
del suolo e la potatura attuata in epoche diverse, consente di rispondere in maniera
molto mirata alle esigenze puntuali della pianta in ogni fenofase.
1.6 BIOLOGIA FIORALE
La biologia fiorale in olivo consiste in una serie di tappe, determinate da processi
biologici e morfologici su cui agiscono fattori ambientali assai differenziati. È
tradizionalmente suddivisa nelle seguenti fasi:

formazione delle gemme a fiore e induzione,

differenziazione,

formazione dell‟infiorescenza e del fiore,

impollinazione e fecondazione,

allegagione.
Tutte queste fasi sono parimenti importanti ai fini della produzione, anche se, in
definitiva, questa dipende dalla capacità di ogni singola gemma di potersi evolvere
verso la forma riproduttiva, quindi dalla prima fase di induzione (Fiorino et
al.,2011).
Le caratteristiche dei fiori e delle singole fasi di fioritura andranno ad influenzare lo
sviluppo del futuro frutto e più in generale l‟intero ciclo produttivo. Le condizioni
climatiche durante la fioritura sono considerate decisive per l‟impollinazione e la
fruttificazione; infatti, la crescita del tubetto pollinico nell‟ovario si inibisce con una
temperatura superiore a 30 °C durante la fioritura, determinando un elevato sviluppo
di frutti partenocarpici (Lavee et al, 1996).
La pianta di olivo è una specie che presenta un‟abbondante produzione di fiori, ma
una bassa percentuale di allegagione ed un‟elevata e precoce degenerazione con
conseguente abscissione degli ovari (Rosati et al., 2009; Rosati et al., 2010).
Alcuni fiori, infatti, presentano delle malformazioni a livello dell‟ovario che si
mostra parzialmente sviluppato o totalmente assente; in questi casi si parla appunto
di aborto dell‟ovario. Questo fenomeno può verificarsi molto presto, 30-40 giorni
prima della fioritura e sembra essere determinato dalla competizione tra i fiori per le
risorse nutrizionali, in quanto le disponibilità della pianta non sono sufficienti a
supportare l‟intero quantitativo potenziale di frutti. Inoltre, l‟incidenza dell‟aborto
101
dell‟ovario varia in base alla cultivar, in quanto tende ad essere più elevata in cultivar
a frutto grande (Colao et al., 2011; Fiorino et al., 2011; Rosati et al., 2012).
In alcuni casi, gli ovari cadono insieme ai fiori che hanno avuto un normale sviluppo,
ma non sono stati impollinati o non sono stati fecondati, fenomeno che prende il
nome di colatura. La cascola, invece, consiste nella caduta di ovari fecondati che
hanno iniziato a crescere, ma durante l‟allegagione cadono insieme ai fiori sterili
(Fiorino et al., 2011).
L‟olivo ha la caratteristica di avere un meristema apicale a crescita continua che
genera, ad ogni nodo, due complessi gemmari in posizione opposta. Ciascun
complesso gemmario è costituito da una gemma principale a funzione riproduttiva e
da una o più sottogemme destinate a divenire gemme latenti, dalle quali, a seguito di
particolari stimoli, potranno essere originati dei nuovi germogli destinati al rinnovo
della chioma (Breton e Bervillè, 2013).
1.6.1 INDUZIONE
Il momento in cui si verifica l’induzione a fiore, in olivo, risulta ancora soggetto ad
ampio dibattito, anche se la maggior parte dei fitologi ritiene che si verifichi entro il
mese di luglio (Lousset e Bruce, 1978), nonostante non si abbiano cambiamenti
osservabili prima del successivo periodo di febbraio-marzo, quando indicano la fase
di differenziazione. La causa che porta le gemme laterali di un ramo di olivo a
generare una mignola sembra ricondursi all‟effetto dell‟aging. È stato dimostrato
sperimentalmente che una gemma laterale è in grado di generare un‟infiorescenza
solo dopo un certo periodo di tempo a partire dalla sua formazione, necessario
affinché il meristema diventi maturo e ciò può essere influenzato anche dalla cultivar
(Fiorino et al., 2011). I tempi di invecchiamento (aging) sono compresi tra uno e 5
anni (Breton e Bervillè, 2013) e possono essere diversi tra le cultivar; alcune
mostrano un ciclo di invecchiamento del meristema laterale breve, come ad esempio
“Koroneiki”, nella quale si formano mignole dalle gemme laterali formate durante il
secondo anno di crescita del meristema apicale. Al contrario, in“Frantoio”, le gemme
laterali possono sviluppare infiorescenze solo se il meristema apicale ha superato il
terzo anno di età registrando così un periodo di invecchiamento più lungo (Fiorino et
al., 2011).
102
Esistono diverse teorie sui processi che portano alla formazione dell‟infiorescenza.
Quella più accreditata si può sintetizzare come ”teoria delle due fasi” secondo la
quale, sulle gemme laterali di un germoglio, intorno al mese di luglio, prima della
pausa estiva di crescita del meristema apicale, una serie di fattori ambientali e
nutrizionali dovrebbero esercitare una pre-induzione (verificabile come cambiamenti
biochimici e molecolari all‟interno di tessuti della gemma); sarebbe successivamente
necessaria, a partire dall‟autunno successivo, una qualche conferma alla quale
concorrerebbero sia fattori ambientali sia fattori endogeni.
La “teoria delle due popolazioni” afferma che, su rami prelevati da zone di pianta
diverse, possano esistere gemme che, dopo la loro formazione, hanno una evoluzione
molto differenziata: un gruppo rimane pressoché quiescente fino alla fine dei mesi
invernali, e riprende la crescita per portare le gemme alla formazione della mignola;
un altro gruppo, invece, sin dall‟inizio, incomincia a svilupparsi formando tre nodi e
si ferma, per riprendere eventualmente la crescita solo nella primavera successiva.
Inoltre, questa teoria afferma che i rami caratterizzati dalla presenza di gemme che
rimangono quiescenti fino alla ripresa vegetativa portano un numero maggiore di
mignole rispetto a quelli nei quali le gemme iniziano immediatamente un primo
sviluppo; ipotizza infine che sia la pianta, nel suo insieme e con i suoi equilibri, ad
indirizzare l‟evoluzione delle gemme delle singole zone, originando quindi rami con
specifiche tipologie di gemme diverse (Fiorino et al., 2011).
1.6.2 DIFFERENZIAZIONE A FIORE
Si definisce “differenziata” una gemma quando in essa compaiono, visibili o
misurabili, cambiamenti irreversibili. Nel caso dell‟olivo, la differenziazione
anatomica in senso riproduttivo, cioè la comparsa di strutture che indicano che
morfologicamente si sta formando un abbozzo di infiorescenza, può essere collocata
in un arco di tempo che va da novembre a febbraio, con dati molto variabili in
relazione alla zona dove sono state effettuate le ricerche e, probabilmente, alle
cultivar (Fiorino et al.,2011; Lombardo et al., 2011).
103
1.6.2.1. LA DIFFERENZIAZIONE DELLE GEMME
L‟induzione, lo sviluppo delle iniziali fiorali e la differenziazione si considerano
generalmente un processo continuo e relativamente breve.
La fioritura dell‟olivo avviene su germogli che si sono sviluppati nella precedente
stagione vegetativa. A differenza della maggior parte delle altre specie da frutto
legnose, le gemme dell‟olivo non hanno squame ma solo primordi fogliari che si
convertiranno in foglie, a meno che non si verifichi la differenziazione di
un‟infiorescenza. Quando si verificano l‟induzione e la differenziazione a fiore di
una gemma, i primordi fogliari mantengono la loro crescita e formano delle brattee
nei punti principali di ramificazione. Successivamente, la gemma rimane in uno stato
di stasi fino all‟inizio della primavera seguente, con uno sviluppo scarso ma visibile
del cono centrale.
La differenziazione inizia con l‟allargamento del cono centrale della gemma e la
successiva disposizione degli strati cellulari sottostanti. Il tessuto embrionale iniziale
del punto di crescita si differenzia generalmente in tre fiori principali.
Le gemme secondarie ascellari rispetto ai vari primordi si trasformano nelle iniziali
fiorali inferiori, mentre i primordi fogliari perdono il loro potenziale di sviluppo e si
convertono in brattee.
Fig. 1.8: Sviluppo della gemma fiorale, (Fonte: enciclopedia mondiale dell’olivo).
104
In ogni fiore, i petali sono i primi a svilupparsi e poco dopo (circa una settimana) si
differenziano i sepali; lo stame inizia a formarsi circa due settimane più tardi ed il
pistillo è l‟ultimo organo a svilupparsi, alcuni giorni dopo.
Il livello di differenziazione di ciascun albero dipende dall‟interazione dell‟intensità
dei fattori estivi (luce e temperatura) e dalle condizioni di freddo invernale, ovvero la
quantità e il calendario delle ore di freddo (Lavee et al., 1996); in generale, nel caso
dell‟olivo un periodo di 10 settimane con temperature inferiori a 12 °C è sufficiente
per garantire una buona fioritura nella primavera successiva .
Un fattore che svolge un ruolo importante nell‟induzione florale è la presenza delle
foglie. La loro rimozione, all‟inizio dell‟inverno, inibisce gran parte della
differenziazione. Diversi livelli di defogliazione attuati al fine di ridurre la quantità di
foglie sui rami campionati, hanno dimostrato che la presenza di foglie costituisce un
segnale importante sia per il ramo osservato che per quelli vicini (Lavee et al., 1996).
L‟azione delle foglie dipende dalla luce, e, nel periodo di induzione,
l‟ombreggiamento determina una inibizione della differenziazione. Infatti, nelle parti
di albero maggiormente esposte alla luce, si è osservato un maggior livello di
differenziazione rispetto a quelle ombreggiate (Tombesi e Standardi, 1977; Lavee et
al., 1996).
1.7 FATTORI COINVOLTI NELLA DIFFERENZIAZIONE A FIORE
In questo paragrafo sono riportati i principali fattori coinvolti nel processo di
differenziazione fiorale. Tuttavia è stato fatto un breve accenno anche ai fattori
coinvolti nell‟induzione a fiore, in quanto i due processi citati avvengono in maniera
sequenziale e interdipendente.
La distinzione adottata è tra fattori endogeni e fattori esogeni.
Tra i principali fattori endogeni si possono individuare i geni e gli ormoni.
I geni responsabili dell‟induzione fiorale sono quelli appartenenti alla famiglia
MADS-box, il cui compito è quello di andare a reprimere il locus di fioritura C
(FLC) responsabile della repressione dei geni implicati nel fotoperiodo, nella
vernalizzazione e nella produzione di ormoni. Tale inibizione può avvenire attraverso
105
la rimodellazione della cromatina o deacetilazione degli istoni (quest‟ultimo rende la
cromatina inattiva mantenendo il locus non accessibile alla trascrizione).
Per quanto riguarda il quadro ormonale, durante la fase di riposo vegetativo, le
gemme presenti lungo il germoglio si trovano in uno stato di dormienza,
parzialmente dovuta alla presenza di acido abscissico (ABA), presente a
concentrazioni crescenti man mano che si procede verso il periodo più freddo, per
poi diminuire con l‟arrivo della primavera.
Durante la fase di ripresa vegetativa, le principali sostanze responsabili
dell‟accrescimento del germoglio sono gibberelline ed auxine; le gibberelline
promuovono la formazione di nuove foglie, l‟allungamento del tratto sub-apicale e la
sintesi di nuove auxine, che a loro volta favoriscono lo sviluppo degli apici
meristematici e la moltiplicazione cellulare.
La loro attivazione e la concentrazione risultano abbondanti fino al periodo estivo
per poi decrescere, favorendo il ritorno dell‟acido abscissico nel periodo invernale.
Tra i principali fattori esogeni si possono individuare luce e temperatura. Entrambi
infatti concorrono a definire la situazione ambientale, insieme alla disponibilità idrica
e di elementi nutritivi.
Il fabbisogno in freddo per l‟induzione fiorale è stato investigato da numerosi
ricercatori (Hartmann e Porlingis, 1957; Rallo e Martin, 1991; De Melo-Abreu et al.,
2004, Orlandi et al., 2004). Lavorando con piante in vaso, si è anche dimostrato che
le temperature oscillanti tra i 4 ed i 18 °C sono più efficaci del freddo costante;
d‟altra parte, anche una temperatura costante di 12 °C dà luogo all‟induzione di
gemme fiorali.
Questi risultati non si possono tuttavia accettare come unica spiegazione delle
condizioni che portano alla differenziazione; infatti, anche il fattore luce appare
decisivo per il processo di induzione fiorale (Tombesi e Standardi, 1977).
Nelle zone della chioma più folte e ombreggiate, la differenziazione è minore rispetto
alle parti ben illuminate . Non è ancora chiaro come agisca la luce in relazione alla
differenziazione fiorale delle gemme; nonostante ciò, è nota la grande sensibilità
dell‟olivo all‟ombra, che non solo dà luogo ad uno sviluppo minore
dell‟infiorescenza, ma anche ad una riduzione della fruttificazione e ad un aumento
106
della caduta delle foglie con frequenti disseccamenti dei rami di 2-3 anni. La
modellatura della chioma attraverso la potatura, eseguita con periodicità annuale o
biennale al fine di aumentare la penetrazione della luce, risulta decisiva per
l‟utilizzazione efficace del potenziale produttivo della pianta.
Diversi, in letteratura, sono stati gli studi sugli elementi nutritivi coinvolti nella
differenziazione e nello sviluppo del fiore. Uno studio di Ulger et al. (2004) condotto
sulla varietà Memecik ha permesso di determinare i quantitativi degli elementi
nutritivi durante le fasi di induzione, iniziazione e differenziazione, all‟interno di
campioni di foglie, nodi e frutti. Nella fase di differenziazione, gli elementi a
maggiore concentrazione sono N, Ca, Fe, Mn, Zn e Cu, mentre nella fase di
iniziazione i protagonisti sono K e P. Questi ultimi sono presenti soprattutto nei nodi
e nei frutti, mentre i restanti li ritroviamo ad alte concentrazioni nelle foglie.
Nello studio di Fernandez-Escobar et al.,(2008) è stata osservata l‟influenza che ha il
quantitativo di azoto fogliare nei confronti dello sviluppo e della qualità del fiore. Da
questo studio è emerso che una carenza di azoto incrementa l‟aborto del pistillo ed
inoltre riduce la longevità dell‟ovulo, con conseguenze sul periodo effettivo di
impollinazione. Un eccesso di azoto riduce la longevità dell‟ovulo. Mantenendo un
adeguato contenuto di azoto invece, si può ritardare la senescenza dell‟ovulo e
migliorare il potenziale di fecondazione ed allegagione.
De la Rosa e Rallo (2000) si sono concentrati nello studio del contenuto di amido, la
principale sostanza di riserva prodotta grazie alla fotosintesi operata dalle foglie.
All‟interno delle gemme, durante il riposo invernale è stato possibile osservare che la
crescita e la differenziazione della gemma sono accompagnate da un calo del
contenuto di amido.
L‟acqua è un altro fattore esogeno che può influenzare la differenziazione a fiore.
Nello studio condotto da Bacelar et al. (2006), inducendo uno stress idrico su diverse
cultivar (Cobrancosa, Mandual e Verdeal Trasmontana) è stato possibile osservare un
netto calo della superficie fogliare, dovuto alla combinazione di riduzione della
crescita delle foglie e caduta di quelle più vecchie, per minimizzare la perdita di
acqua attraverso la traspirazione, determinando un forte declino nella capacità
fotosintetica della pianta.
107
La disponibilità di acqua durante il periodo che intercorre tra la pre-fioritura e la
fioritura è un fattore importante. Infatti, un deficit idrico durante questo periodo
riduce la crescita vegetativa e ritarda il momento della fioritura. Al contrario, le
piante che hanno ricevuto un‟adeguata dose di irrigazione presentano una maggiore
densità fiorale (Lavee et al., 1996). Infine, anche la sovrapposizione dei processi
riproduttivi e vegetativi durante lo stesso periodo con conseguente competizione per i
nutrienti, le gelate tardive e la siccità durante l‟induzione a fiore sono probabilmente
fattori in grado di influenzare il fenomeno della differenziazione a fiore.
1.8 L’ALTERNANZA DI PRODUZIONE
La produzione biennale o alternanza di produzione indica la tendenza di alcune
specie da frutto, incluso l‟olivo, a fornire produzioni economicamente apprezzabili
ad anni alterni. La ridotta produttività deriva da un minore accrescimento della
vegetazione nell‟anno (n), causato da un grande numero di frutti prodotti, in grado di
esercitare una forte competizione verso i germogli per la ripartizione dei fotosintetati,
con conseguente riduzione della produzione l‟anno (n+1) (Lavee et al., 1996;
Castillo-Llanque, 2008; Colao et al., 2011; Fiorino et al., 2011). Il fenomeno
dell‟alternanza può avvenire a differenti livelli: sulle singole branche nella stessa
pianta oppure a livello di piante diverse ma presenti nello stesso impianto (Monselise
e Goldschmidt, 1982). In termini ecologici, l‟alternanza di produzione può essere
vista come un tratto ancestrale delle piante selvatiche, messo in atto per regolare
l‟investimento riproduttivo in base alle condizioni esterne (Gucci e Cantini,2000).
I meccanismi fisiologici che causano l‟alternanza di produzione nell‟olivo, ad oggi,
non sono ancora ben compresi; tuttavia, tra i fattori in grado di innescare
l‟alternanza, vi sono il freddo invernale, la disponibilità idrico-nutritiva nel periodo
primaverile-estivo, ma anche l‟intervento di composti induttori e repressori
dell‟induzione (Lavee et al., 1996; Mulas et al., 2011). Alcuni studi hanno rivelato
che un notevole raccolto può ridurre il ritorno a fiore nell‟anno seguente (Ipek et al.,
2013; figura 1.4). La fioritura sembrerebbe essere ridotta a causa di un messaggio
inibitore rilasciato dal seme durante il periodo di induzione della gemma fiorale
(Fernàndez-Escobar et al.,1992). Uno studio di Lavee et al. (1986), condotto su due
108
cultivar (Manzanillo e Barnea), ha dimostrato come la rimozione del 50 % dei fiori
determini un aumento della produzione l‟anno successivo.
Inoltre, posticipando il momento della raccolta oltre una certa data soglia, diminuisce
il minore di gemme che vengono differenziate nell‟anno seguente (Lombardo et
al.,1989; Dag et al., 2010; figura 1.9 ).
Fig. 1.9: Effetto del livello produttivo e dell’epoca di raccolta nell’anno (n) sull’intensità di
fioritura nell’anno seguente (n+1). (rielaborato da Gucci e Cantini, 2000)
1.9 OBIETTIVI DELLA SPERIMENTAZIONE
Il presente studio è finalizzato ad approfondire le conoscenze relative al
comportamento riproduttivo del ramo misto di olivo attraverso la valutazione
dell‟influenza che diverse gestioni colturali (irrigazione e concimazione) hanno
sull‟accrescimento del ramo, sulla differenziazione a fiore, in cultivar diverse,
studiando l‟evoluzione microscopica delle gemme, il ritorno a fiore e l‟allegagione.
109
MATERIALI E METODI
2.1 DESCRIZIONE DEL SITO
L‟oliveto è stato impiantato il 31 marzo del 2011 ed è sito in Contrada Capparuccia
di Fermo, ad un‟altezza di 200 m s.l.m., presso l‟azienda agricola “Maggiorana
Cinzia”, certificata biologica per tutte le coltivazioni arboree e si estende su circa
6000 m2 (Fig.1.2). E‟ stato scelto un sesto di impianto di 4,0 m x 2,0 m per un totale
di 699 piante (densità pari a 1.250 piante/ha).
La forma adottata è ad asse centrale a chioma libera;
Fig. 2.1: Panoramica dell’oliveto
Dall‟analisi del terreno (All. 2)., è possibile rilevare una tessitura del suolo
tendenzialmente argillosa, pH leggermente alcalino (8,16), calcare attivo molto
elevato (139 g/Kg), un quantitativo di sostanza organica basso (12,5 g/Kg), fosforo
assimilabile medio (15 mg/Kg), potassio scambiabile elevato (246 mg/Kg). Il terreno
è scarsamente dotato in azoto totale (1 g/Kg), con un rapporto C/N (7,3) tendente alla
mineralizzazione.
110
2.1.1 ANDAMENTO CLIMATICO
La descrizione dell‟andamento termopluviometrico è stata condotta sulla base dei
dati forniti dal Centro Agrometereologico Regionale dell‟ASSAM di Ancona, per la
stazione di Fermo,. per la stagione vegetativa 2013 (Fig.1.1).
Si può notare l‟assenza di pioggia in cinque periodi distinti: la settimana dal 12 al 18
giugno, quella dal 3 al 10 luglio, due settimane dal 24 luglio al 6 agosto, la settimana
dal 18 al 24 settembre e quella dal 3 al 9 dicembre. Le piogge si sono intensificate
nel periodo autunnale e precisamente nella terza decade di novembre (dal 19
novembre al 2 dicembre).
In merito alle temperature minime, non risulta il raggiungimento di 0 °C. Solo nelle
settimane dal 26 novembre al 2 dicembre e dal 3 al 9 dicembre sono state raggiunte
temperature rispettivamente di 0,4 e 0,5 °C.
Le temperature massime si sono registrate nel periodo estivo ed in particolare nelle
due settimane che vanno dal 24 luglio al 6 agosto, con valori di 37,4 °C nella prima
settimana e 36,9 °C nella successiva.
Fig. 2.2: Andamento termo-pluviometrico settimanale nella stagione vegetativa 2013 Fermo
111
2.2 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE
Lo studio è stato eseguito su piante innestate di 5 cultivar locali (Piantone di
Mogliano e di Falerone, Sargano di Fermo, Rosciola, Ascolana tenera) e una
nazionale (Maurino) di 5 anni d‟età che si trovavano alla quarta stagione di crescita
in campo.
2.3 CARATTERISTICHE VARIETALI
Per la descrizione della caratteristiche delle cultivar in prova, si rimanda al paragrafo
materiali e metodi del capitolo 1.
2.4 SCHEMA SPERIMENTALE E TRATTAMENTI
Le cultivar erano disposte in successione invertita su due filari contigui e lo schema
sperimentale scelto è stato quello a blocchi randomizzati (Fig. 1.3). I filari sono stati
suddivisi in due blocchi e ciascuno comprendeva 35 piante tra le quali sono state
selezionate 5 piante omogenee, su cui successivamente sono state eseguite le
misurazioni.
All‟interno di ogni parcella, nel corso del 2013, è stata eseguita una diversa gestione
idrico-nutrizionale. La parcella superiore conteneva il trattamento “stressato”: alle
painte non è stata applicata nessuna concimazione e sono stati previsti solo interventi
irrigui di soccorso, senza attuare alcun intervento di potatura. In quella inferiore
invece, è stato applicato il trattamento “ottimo“, per il quale è stato predisposto un
piano di concimazione e irrigazione. La concimazione ha fornito i seguenti apporti
nutritivi per pianta: 93 g di azoto (N), 9 g di fosforo (P) e 93 g di potassio (K). Questi
quantitativi sono stati distribuiti in diverse fasi, nella prima (15 marzo- 15 aprile) è
stato somministrato circa il 60% dell‟azoto complessivo al terreno, nella seconda (15
aprile-15 maggio) attraverso fertirrigazione è stata apportata una quota pari al 15% di
azoto e infine nell‟ultima fase (15 maggio-15 giugno) è stata somministrata la quota
finale del 25 % con interventi di fertirrigazione bisettimanali. La concimazione
112
fosfatica e i microelementi sono stati apportati per via fogliare rispettivamente a fine
estate e in prossimità della fioritura.
Le irrigazioni sono state eseguite con cadenza settimanale, da aprile ad agosto in
base all‟andamento meteorologico, con un irrigatore a goccia per pianta da 4 l/h,
apportando complessivamente 160 l di acqua per pianta. Infine nella tesi “ottimo”, è
stata eseguita una leggera potatura manuale in data 10 aprile 2013, con tagli di
ritorno sulle cime, eliminazione dei succhioni e dei polloni basali. Complessivamente
è stato asportato circa un chilogrammo di materiale per pianta.
113
Fila
SF
1
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
2
M
3
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
R
4
n°
AT
5
6
7
8
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
PM n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
PF n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
T
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
D
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
70
83
82
80
79
78
9
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
A
n°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
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11
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13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
F
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
76
75
A
74
Fig. 2.3: Schema dell’oliveto e del disegno sperimentale. SF e colore viola – Sargano di Fermo;
M e colore giallo – Maurino; R e colore blu – Rosciola; AT e colore grigio – Ascolana tenera;
PM e colore verde scuro – Piantone di Mogliano; PF e colore arancio – Piantone di Falerone. Le
altre sigle e colori rappresentano cultivar fuori prova. I numeri indicano il numero delle piante
lungo il filare.
114
2.5 RACCOLTA DATI IN CAMPO
I rilievi sono iniziati nel marzo 2013 ed hanno preso in considerazione il ramo misto
con lo scopo di rilevare nel corso della stagione vegetativa il destino dei nodi
formati. In data 24 aprile 2013 sono stati misurati:

Calibro alla base del ramo

Lunghezza del ramo
Successivamente, in 9 date (24 aprile, 8 e 20 maggio, 5 giugno, 1 e 17 luglio, 7 e 29
agosto, 25 settembre 2013), sono stati applicati dei nastri, di colore diverso , al fine
di seguire l‟accrescimento dei germogli e al tempo stesso identificare la data di
formazione dei nodi.
Il 16 maggio 2014 è stato eseguito un ulteriore rilievo finalizzato a quantificare, per
ogni porzione di ramo identificata:

lunghezza,

numero di nodi,

numero di infiorescenze,

numero di bottoni fiorali

presenza di rami anticipati, su cui è stato osservato il numero di nodi,
di infiorescenze e di bottoni fiorali
Infine il 20 agosto 2014 è stato rilevato

numero di frutti allegati (anche sui rami anticipati)
Inoltre, da gennaio ad aprile 2014, per la sola cultivar Maurino, una volta al mese (il
9 gennaio, il 20 febbraio, il 15 marzo e il 17 aprile 2014). sono stati prelevati tre rami
per pianta, di lunghezza e numero di nodi simili a quelli che nell‟anno precedente
erano stati contrassegnati per le misurazioni, al fine di sottoporli ad una osservazione
delle gemme al microscopio. I tre rami campione sono stati conservati in un
sacchetto di plastica trasparente e tempestivamente posti in congelatore ad una
temperatura di -18 °C per preservare le gemme.
115
2.6 ANALISI DELLE GEMME IN LABORATORIO
I rami prelevati in campo sono stati conservati a una temperatura di -18°C. Le
gemme presenti ad ogni nodo sono state asportate attraverso l‟ausilio del bisturi e
immerse in una matrice di inclusione (gel Killik, Bio-Optica) per predisporre il
campione di tessuto al sezionamento mediante microtomo criostato, tipo Microm HM
505 E (Fig.1.4), impostato a 7 µm di spessore della sezione tagliata, 60 µm di
avanzamento ad ogni taglio e ad una temperatura interna dello strumento di -22 °C.
Fig. 2.4: Microtomo criostato e microscopio
Le sezioni così ottenute sono poi state osservate al microscopio ottico, Nikon Eclipse
E600 (Fig.2.4) ad un ingrandimento di 40x. Le tipologie di gemma che sono state
classificate sono: gemma indifferenziata, gemma vegetativa e gemma riproduttiva.
Per ciascuna tipologia individuata è stata adottata una scala dei diversi stadi di
sviluppo, facente riferimento a quanto riportato in letteratura (Lavee et al., 1996).
116
2.7 RIELABORAZIONE STATISTICA ED ANALISI DEI DATI
I dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi statistica attraverso analisi della varianza
(ANOVA); si è poi impiegato il test statistico di separazione delle medie “TukeyKramer HSD” con probabilità minor o uguale a 0,05.
117
Allegato 1: Fertilità del suolo oliveto “La Maggiorana”
118
RISULTATI E DISCUSSIONE
I grafici presentati in questo capitolo hanno lo scopo di evidenziare l‟accrescimento
del ramo misto, la sua fioritura e fruttificazione, il ritorno a fiore e il numero dei rami
anticipati, sviluppati in due stagioni consecutive (2013-2014), in base ai diversi
trattamenti testati su tutte le cultivar osservate. Infine per Maurino, attraverso la parte
di lavoro svolta in laboratorio, si è descritta l‟evoluzione della differenziazione delle
gemme lungo l‟asse.
Il ramo misto è stato descritto prendendo in considerazione: l‟incremento del
diametro, della lunghezza, del numero di nodi ed anche l‟accrescimento giornaliero.
Per descrivere la fioritura sono state prese in esame il numero di infiorescenze per
ramo, mentre per la fruttificazione si è fatto riferimento alla media dei frutti allegati e
raccolti per ramo. I rami anticipati sviluppati lungo il ramo misto sono stati descritti
prendendo in considerazione il numero di nodi, mentre per descriverne la fertilità
sono stati presi in esame due parametri: il numero di infiorescenze per ramo
anticipato e il numero di bottoni fiorali per ogni singola infiorescenza.
Per meglio comprendere l‟evoluzione della differenziazione delle gemme, è stata
riportata la percentuale di ogni tipo di gemma individuata lungo le tre porzioni del
ramo produttivo.
3.1 RILIEVI IN CAMPO ANNO 2013
3.1.1 ACCRESCIMENTO DEL GERMOGLIO
Analizzando in maniera più dettagliata il diametro del ramo misto la lunghezza del
ramo misto prima dell‟inizio della sperimentazione (10 aprile), si può evidenziare
come in Maurino, Rosciola e Sargano di Fermo le piante che in seguito sono state
stressate hanno manifestato un diametro e una lunghezza dei rami leggermente
maggiore rispetto alle piante concimate ed irrigate, con delle differenze
statisticamente significative (Figura 3.1).
119
Per quanto riguarda gli incrementi di diametro, lunghezza e il numero di nodi nel
corso della stagione di crescita (aprile - settembre), questi parametri risultano
maggiori nelle piante “ottime” rispetto a quelle “stressate”, dove invece si possono
osservare germogli con valori dei rispettivi parametri significativamente inferiori
(Figure 3.1 e 3.4).
Inoltre osservando i ritmi di accrescimento giornaliero relativi all‟insieme di tutte le
cultivar testate, in figura 3.2 possiamo notare come l‟accrescimento delle piante
“ottime” presenti valori significativamente superiori rispetto a quelli delle piante
“stressate” durante tutta la stagione di crescita, con dei picchi nelle due date di
maggio (3,476 mm/gg e 3,147 mm/gg per le “ottime” contro 2,216 mm/gg e 1,833
mm/gg nelle “stressate”) e in data 01/07/2013 (2,14 mm/gg contro 1 mm/gg). In
figura 3.3 si possono osservare gli accrescimenti relativi a ciascuna cultivar in
sperimentazione. In generale è possibile osservare nel caso del trattamento “ottimo”
un maggior ritmo di accrescimento. Inoltre le curve tendono a mostrare due picchi di
crescita; il primo alla ripresa vegetativa e il secondo nel periodo di piena estate.
Infine è possibile distinguere in alcune cultivar una maggiore tendenza ad accrescere
il germoglio nella prima parte della stagione vegetativa (5,414 mm/gg in Ascolana
tenera “ottimo”, 4,7 mm/gg in Rosciola “ottimo” e 4,628 mm/gg in Sargano di
Fermo “ottimo”). Altre cultivar invece, come Piantone di Falerone, di Mogliano e
Maurino, presentano un accrescimento del germoglio più contenuto ma con ritmi più
regolari nell‟arco della stagione, che hanno raggiunto valori massimi rispettivamente
pari a 3,128 mm/gg, 2,357 mm/gg e 2,571 mm/gg in data 08/05/2013 nei trattamenti
“ottimo”. Per ciascuna cultivar infine è possibile osservare delle differenze
statisticamente significative tra i trattamenti in corrispondenza dei picchi di massimo
accrescimento del germoglio.
120
Figura 3.1 Diametro e lunghezza dei rami misti distinti per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Figura 3.2 Velocità di accrescimento giornaliero (mm/gg) dei germogli nel corso della stagione
di crescita aprile – settembre 2013 distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test
statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
121
Figura 3.3 Velocità di accrescimento giornaliero (mm/gg) dei germogli nel corso della stagione
di crescita aprile – settembre 2013 distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c
– Piantone di Falerone; d – Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
122
Figura 3.4 Numero di nodi presenti sui rami misti, con relativo incremento distinti per
trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico
di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
3.1.2 RISULTATI PRODUTTIVI
Le piante “stressate” delle cultivar Ascolana tenera, Maurino, Rosciola e Sargano di
Fermo (Figura 3.5) mostrano un numero di infiorescenze per ramo significativamente
maggiore rispetto alle piante “ottime” con valori rispettivamente pari a 5,28 - 6,76 3,04 e 5,84 infiorescenze per ramo mentre le “ottime” presentano 2,16 - 2,8 - 0,36 2,56 infiorescenze per ramo. Le cultivar Piantone di Falerone e di Mogliano non
presentano differenze significative.
Valori elevati si registrano anche nel caso dei frutti allegati (Figura 3.6) dove, nelle
piante “stressate” è sempre significativamente superiore rispetto alle piante “ottime”.
Nel caso delle cultivar Maurino (6,28 frutti contro 1,68) e Piantone di Falerone ( 2,8
contro 0,2) le differenze risultano altamente significative; ne è conseguito che anche
il numero di frutti per ramo alla raccolta sia stato maggiore (Figura 3.7) nelle piante
“stressate” anziché nelle “ottime”. Soltanto in Ascolana tenera le differenze non sono
risultate statisticamente significative.
123
Figura 3.5 Numero infiorescenze prodotte su ogni ramo nella stagione di crescita aprile –
settembre 2013 per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è
calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Figura 3.6 Numero di frutti allegati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
124
Figura 3.7 Numero di frutti raccolti per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
3.2 EVOLUZIONE DELLA DIFFERENZIAZIONE
In questo paragrafo si riporta l‟evoluzione della differenziazione delle gemme
vegetative, riproduttive, indifferenziate e dei nodi ciechi nelle diverse porzioni del
ramo (basale, mediana, distale e apicale) per la sola cultivar Maurino, nel periodo di
tempo compreso tra gennaio ed aprile 2014.
3.2.1 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE
GEMME
RIPRODUTTIVE
IN
CONDIZIONE
DI
“OTTIMO”
E
“STRESSATO”
Analizzando in maniera più dettagliata l‟evoluzione delle gemme riproduttive
(Figura 3.8), si può evidenziare come si ripartiscano nelle differenti porzioni del
ramo con percentuali diverse in base ai mesi; in particolare in gennaio lo 0,73% delle
125
gemme si colloca nella porzione basale del ramo, mentre la restante percentuale è
ripartita rispettivamente con 0,36% nella porzione mediana e 0,37% in quella distale.
Nel mese di febbraio la percentuale basale aumenta raggiungendo un valore del
4,9%. Anche nella porzione mediana ed in quella distale si può osservare un
incremento delle gemme, che raggiungono valori del 4% e 0,9 % rispettivamente.
All‟apice del germoglio si nota la comparsa di una piccola percentuale di gemme
riproduttive (0,3%).
A marzo le gemme riproduttive aumentano nella porzione
basale (5,9%), mediana (7,4) e distale (1,23)
del ramo, mentre diminuiscono
leggermente nella porzione apicale del germoglio (0,24%).
Nel mese di aprile, in prossimità della fase di fioritura, il 17% di gemme riproduttive
viene riscontrato nella porzione basale, l‟ 8% nella sezione mediana e lo 0,61% in
quella distale del ramo.
Figura 3.8 Distribuzione delle percentuali delle gemme riproduttive presenti lungo il germoglio
“ottimo”.
Nelle piante sottoposte al trattamento “stress” (Figura 3.9), si evidenzia una
situazione di partenza pressoché invariata rispetto alla precedente tesi (Figura 3.8).
126
Percentuali leggermente superiori rispetto alla tesi “ottimo” si manifestano nella
porzione basale del ramo (1%) ed in quella distale (0,70%).
Nel mese di febbraio non si osserva la presenza di gemme riproduttive nella sezione
distale. Gran parte delle gemme riproduttive (4,2%) sono posizionate nella porzione
basale del germoglio, mentre il restante 3% in quella mediana.
Nel periodo di marzo invece si può osservare una piccola percentuale (0,73%) di
gemme distali differenziate, mentre la percentuale di gemme mediane e basali rimane
inalterata rispetto al mese precedente. Ad aprile, ad eccezione delle gemme distali
che invece scompaiono nuovamente, nella porzione basale si osserva un 10% di
gemme riproduttive, mentre in quella mediana un 5,5 %.
Figura 3.9 Distribuzione delle percentuali delle gemme riproduttive presenti lungo il germoglio
“stressato”.
127
3.2.2 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE
GEMME VEGETATIVE IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO”
Prendendo in considerazione le gemme vegetative sia in condizioni di “ottimo” che
di “stress” (Figura 3.10 e Figura 3.11), si può notare, rispetto al caso precedente, una
distribuzione più omogenea nelle diverse porzioni.
In particolare nel trattamento “ottimo” (Figura 3.10) si osserva come nella porzione
basale nel mese di gennaio le gemme vegetative siano leggermente maggiori (11%)
rispetto a quelle delle restanti porzioni (7%). Nei tre mesi successivi la presenza di
gemme riproduttive nella porzione basale è inferiore rispetto alle altre tre. Analogo è
l‟andamento della percentuale delle gemme vegetative nelle varie porzioni osservato
nel trattamento “stress”.
Figura 3.10 Distribuzione delle percentuali delle gemme vegetative presenti lungo il germoglio
“ottimo”.
128
Figura 3.11 Distribuzione delle percentuali delle gemme vegetative presenti lungo il germoglio
“stressato”.
3.2.3 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE
GEMME
INDIFFERENZIATE
IN
CONDIZIONE
DI
“OTTIMO”
E
“STRESSATO”
In condizioni di “ottimo” (Figura 3.12), nel mese di gennaio, la maggiore
distribuzione di gemme indifferenziate si osserva nella porzione mediana, con
19,8%, mentre nella porzione basale 8,8% e il restante 13,2% nella distale. Nel mese
di febbraio così come nel mese di marzo, si assiste ad una notevole riduzione della
percentuale di gemme indifferenziate sia nel tratto basale (4% e 5%), che in quello
mediano (3% e 2,7%) che nel distale (5,8% e 7,9%).
Ad aprile la situazione cambia ulteriormente, evidenziando il 16% delle gemme
concentrate nel tratto distale del ramo, e il quantitativo restante così suddiviso: 1%
nella porzione mediana e 1,2% nella basale.
In condizioni di “stress” (Figura 3.13), la situazione nella porzione mediana è simile
a quella descritta per il trattamento “ottimo”. Nella parte basale si assiste invece ad
un andamento altalenante con 7,7 % di gemme nel mese di gennaio, 2,2%, a
febbraio, 11% a marzo e il 6% ad aprile. Nella porzione distale, ad eccezione di
129
quella di gennaio, si assiste ad un aumento nella percentuale di gemme: 12% in
febbraio e 17 % in marzo-aprile.
Figura 3.12 Distribuzione delle percentuali delle gemme indifferenziate presenti lungo il
germoglio “ottimo”.
Figura 3.13 Distribuzione delle percentuali delle gemme indifferenziate presenti lungo il
germoglio “stressato”.
130
3.2.4 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DEI NODI
CIECHI IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO”
Analizzando la distribuzione dei nodi dove le gemme erano cadute o risultavano
danneggiate, si può notare come la loro posizione differisca nelle diverse porzioni e
tra i trattamenti.
Nel caso di piante condotte in condizioni di “ottimo” (Figura 3.14), gran parte dei
nodi ciechi si trovano situati lungo la porzione basale: 8,8% nel mese di gennaio,
4,9% a febbraio, per diminuire ulteriormente nel mese di marzo e aprile (2,7% e 1,6
%).
La percentuale di nodi ciechi presenti nella porzione mediana nei mesi di gennaio ed
aprile è del 2%, mentre diminuisce a febbraio e marzo con un valore pari a 0,9%.
Nella figura inoltre è possibile riscontrare una bassa percentuale di nodi ciechi nel
tratto apicale del ramo nei mesi di gennaio (0,3 %) e marzo ( 1%).
Figura 3.14 Distribuzione delle percentuali delle gemme cieche presenti lungo il germoglio
“ottimo”.
Nei rami delle piante “stress”, la presenza di nodi ciechi nel tratto basale è
abbastanza omogenea in tutti i mesi: 3,1% a gennaio, 1,9% a febbraio, 2,4% a marzo,
3,1% ad aprile.
131
Le porzioni di ramo mediane presentano graficamente percentuali altalenanti nei
diversi mesi, infatti come si può notare dalla figura 3.15, nel mese di gennaio la
percentuale di nodi ciechi è del 2,1 %, dello 0,8% nel mese di febbraio, del 2,4% a
marzo e del 1,2% ad aprile.
I rami delle piante “stress” a differenza di quelle “ottime”, presentano nodi ciechi in
posizione distale in tutti i rilievi, da gennaio fino ad aprile, con le rispettive
percentuali: 0,3%; 0,8%; 0,7% e 0,1%.
Figura 3.15 Distribuzione delle percentuali delle gemme cieche presenti lungo il germoglio
“stress”.
3.2.5 CONFRONTO DEGLI STADI DI SVILUPPO DELLE GEMME
In questo paragrafo si riporta l‟osservazione dei vari stadi di maturazione delle
gemme vegetative e riproduttive, nel periodo di tempo compreso tra gennaio ed
aprile 2014 tra i due trattamenti.
132
3.2.5.1 GEMME VEGETATIVE
Osservando l‟andamento del numero di gemme vegetative di 1°grado in figura 3.16
si nota un andamento simile nei primi due mesi, sia nel trattamento “stress” che in
quello “ottimo”. A partire da marzo le curve iniziano a mostrare una tendenza ad
allontanarsi raggiungendo una differenza statisticamente significativa in aprile con
valori di 6,3 gemme per le prime e 3,9 gemme per le seconde.
Figura 3.16 Numero di gemme vegetative di 1° stadio nel tempo per trattamento. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
Osservando il numero di gemme vegetative di 2° stadio (Figura 3.17), si evidenzia
un andamento crescente a partire da gennaio in entrambe i trattamenti, che culmina
nel mese di febbraio con valori di 7,3 nei rami “stress” e 5,4 in quelli “ottimo”;
tuttavia queste differenze non risultano statisticamente significative.
Successivamente in marzo ed aprile l‟andamento inizia a decrescere in entrambi i
trattamenti, sebbene “ottimo” mostri una lieve prevalenza.
133
Figura 3.17 Numero di gemme vegetative di 2° stadio nel tempo per trattamento. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
Considerando il numero delle gemme vegetative di 3° stadio (Figura 3.18), si può
osservare un andamento costantemente in crescita da gennaio ad aprile per i rami
delle piante “stress”, con un picco massimo pari a 2,9 gemme. Al contrario nel
trattamento “ottimo” l‟andamento tende ad aumentare sino a marzo, con un picco di
2,3 gemme, seguito da un lieve decremento in aprile (2 gemme).
134
Figura 3.18 Numero di gemme vegetative di 3° stadio nel tempo per trattamento. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
3.2.5.2 GEMME RIPRODUTTIVE
Osservando il numero di gemme riproduttive di 1° stadio (Figura 3.19), si può notare
tra i due trattamenti un andamento iniziale simile, che raggiunge il picco massimo
nel mese di febbraio con valori pari a 1,7 nella tesi “ottimo” e 1,6 in quella
“stressato”, seguito da un decremento per i rami delle piante “stress” su valori
addirittura inferiori da quelli di partenza (0,25 e 0,29 gemme).
135
Figura 3.19 Numero di gemme riproduttive di 1° stadio nel tempo per trattamento. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
Prendendo in considerazione il numero delle gemme riproduttive di 2° stadio (Figura
3.20), si può osservare una bassa presenza iniziale di questo tipo di strutture nei
primi due mesi di sperimentazione in entrambi i trattamenti. Da marzo, invece si
registra un picco massimo di 3 gemme nei rami delle piante “ottime” e 2 in quelle
“stress”, differenza statisticamente significativa. Nel mese di aprile inoltre si assiste
ad un notevole decremento che raggiunge valori pari a 1,2 per le piante “ottimo” e
0,26 per le “stress”.
136
Figura 3.20 Numero di gemme riproduttive di 2° stadio nel tempo per trattamento. La
significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”
per p= 0,05.
Analizzando in maniera più dettagliata l‟andamento del numero delle gemme
riproduttive di 3° stadio (Figura 3.21), nelle piante stressate si può evidenziare
un‟assenza di gemme nei mesi di gennaio, febbraio e marzo. Lo stesso andamento
nei tre mesi si osserva nelle piante ottime, seguito da un incremento che raggiunge il
picco massimo ad aprile, creando una differenza statisticamente significativa tra i
due trattamenti. In particolare le piante stress hanno un numero di gemme pari a 4,8
mentre quelle ottime di 6,4.
137
Figura 3.21 Numero di gemme riproduttive di 3° stadio distribuite nel tempo, distinte per
trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “TukeyKramer HSD” per p= 0,05.
138
3.3 RILIEVI IN CAMPO ANNO 2014
3.3.1 RITORNO A FIORE
Per quanto riguarda il ritorno a fiore, dal grafico in figura 3.22, si può osservare in
tutte le cultivar ad eccezione di Rosciola come il numero delle infiorescenze per ogni
ramo misto sia significativamente maggiore nelle piante “ottimo” in confronto a
quelle “stressate”; infatti i rami delle prime presentano un numero medio di
infiorescenze pari a 3,88 in Ascolana, 4,64 in Maurino, 4,84 in Piantone di Mogliano
e 5,36 in Sargano. Al contrario, nelle stesse cultivar, i rami stressati manifestano
rispettivamente un numero di 1,8 – 2,88 – 3,44 e 1,76 infiorescenze. Rosciola al
contrario di tutte le cultivar osservate, presenta una differenza significativa in termini
di infiorescenze prodotte a favore dei rami “stressati”, con 3,12 infiorescenze contro
1,64 nel trattamento “ottimo”. In Piantone di Falerone non si sono riscontrate
differenze significative tra i due trattamenti.
Figura 3.22 Numero di infiorescenze per ramo distinte per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Osservando il grafico riportato in figura 3.23 è possibile osservare che non sono state
registrate differenze significative per quanto riguarda il numero di bottoni fiorali pr
139
infiorescenza. Tuttavia alcune cultivar tendono a presentare un valore più elevato nel
trattamento “ottimo” come ad esempio Ascolana, Piantone di Mogliano, Rosciola e
Sargano di Fermo. Maurino al contrario ha presentato un numero di bottoni fiorali
maggiore nel trattamento “stressato”, mentre per Piantone di Falerone non è stata
riscontrata nessuna tendenza.
Figura 3.23 Numero di bottoni fiorali per infiorescenza distinti per trattamento. Le barre
indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle
medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
140
Figura 3.24 Numero di infiorescenze presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte
per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Analizzando il numero di infiorescenze differenziate lungo il germoglio per ogni
epoca di formazione dei nodi nella stagione precedente, è possibile notare che la
curva del trattamento “ottimo” presenta valori maggiori per ogni data. È possibile
osservare per entrambi i trattamenti si sono avuti due periodi nel corso della stagione
in cui si è assistito alla massima differenziazione dei nodi prodotti. Il primo di questi
si è verificato nel corso del mese di maggio e il secondo nel periodo compreso tra
fine giugno e i primi di luglio. Questi intervalli di tempo , nelle nostre condizioni
ambientali medie, corrispondono al periodo di pre e post-fioritura. Questa
precisazione consente di ipotizzare la presenza di fenomeni di competizione per le
risorse tra i diversi cicli fisiologici che avvengono nella pianta dopo la ripresa
vegetativa. Infatti il processo di differenziazione a fiore delle gemme tende a
richiamare fotosintetati prima della fioritura che, invece, una volta innescata esercita
un notevole richiamo di risorse energetiche da parte della pianta, sottraendo
fotosintetati
e
conseguentemente
rallentando
gli
altri
cicli
fisiologici
contemporaneamente attivati, quali appunto la differenziazione a fiore delle gemme e
la crescita dei germogli (Figura 3.2). Le differenze con il trattamento “stressato”
141
risultano significative in tre date, rispettivamente 05/06/2013; 01/07/2013 e
07/08/2013. Inoltre la stessa informazione è stata distinta per ciascuna cultivar, come
riportato in figura 3.25.
Figura 3.25 Numero di infiorescenze presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi,
distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d –
Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test
statistico di separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
In generale è possibile notare che in tutte le cultivar, seppur con intensità diverse il
numero di infiorescenze per ciascuna porzione differenziata raggiunge due picchi. Il
primo nel periodo di maggio (date: 08/05/2013 e 20/05/2013), mentre il secondo ha
luogo nel periodo estivo (01/07/2013). Inoltre si può osservare come in questi periodi
142
per le cultivar Maurino e Sargano di Fermo, nel trattamento “ottimo”, si sia avuto in
media
un
numero
di
infiorescenze
differenziate
per
singola
porzione
significativamente superiore rispetto allo “stressato”. In particolare in Maurino si è
avuto il maggior livello di differenziazione nel trattamento “ottimo”, con 2,2
infiorescenze in data 01/07/2013. Al contrario per la cultivar Rosciola si è potuto
assistere ad un comportamento diverso che ha visto, a tutte le date una maggiore
quantità di infiorescenze nel trattamento “stressato”, con una differenza significativa
a favore di quest‟ultimo in data 01/07/2013 con 1,36 contro le 0,28 infiorescenze
presenti sui rami “ottimo”. Le cultivar che non hanno mostrato i più bassi livelli di
differenziazione sono state Ascolana tenera e Piantone di Falerone (rispettivamente
1,16 in data 20/05/2013, trattamento “ottimo” e 0,36 in data 01/07/2013 nel
trattamento “ottimo”). Per le stesse cultivar inoltre non si sono osservate differenze
significative. Infine nella cultivar Piantone di Mogliano, è stata rilevata una
differenza statisticamente significativa in data 07/08/2013, con 0,32 infiorescenze
contro le 0,04 del trattamento “stressato”. Da questa serie di grafici è possibile notare
come non tutte le cultivar hanno risposto allo stesso modo ai trattamenti applicati.
Per alcune di esse (Maurino, Piantone di Mogliano, Sargano di Fermo), si è potuto
costatare un maggior numero di infiorescenze prodotte su molte porzioni di ramo. Su
altre cultivar (Ascolana tenera e Piantone di Falerone) non si sono avute differenze
particolarmente rilevanti, mentre in Rosciola si è assistito ad un comportamento
opposto, dove è stato il trattamento “stressato” a riportare i valori di infiorescenze
per porzione maggiori. Questi risultati potrebbero far pensare ad una diversa
suscettibilità delle cultivar di olivo nei confronti delle condizioni di stress idriconutrizionale. Questa acquisizione potrebbe aprire la strada a ulteriori verifiche su tale
aspetto, lasciando ipotizzare diverse gestioni colturali, in termini di apporti idrici e
nutritivi, in base alla cultivar, così come già avviene su altre specie arboree.
143
3.3.2 RAMI ANTICIPATI
Figura 3.26: numero di rami anticipati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Figura 3.27: numero dei nodi presenti all’interno di ogni ramo anticipato distinti per
trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico
di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
144
Figura 3.28: numero di infiorescenze per ramo anticipato. Le barre indicano l’errore standard,
lettere diverse indicano differenze statisticamente significative con test statistico di separazione
delle medie “Tukey-Kramer HSD”, per p= 0,05.
Figura 3.29: numero di infiorescenze per ramo anticipato distinto per trattamento. Le barre
indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle
medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
145
Osservando il numero dei rami anticipati per ramo, si può notare che per Ascolana
tenera, Maurino, Piantone di Falerone e Sargano di Fermo sono presenti delle
differenze significative tra i due trattamenti. Le piante “ottimo” presentano
rispettivamente 2,36 – 5 – 1,56 e 0,64 rami anticipati, a differenza delle piante
“stressate” che invece riportavano la presenza di 0,68 – 2,68 – 1,08 – 0,08 strutture
anticipate (Figura 3.26).
Il grafico relativo al numero di nodi per ramo anticipato (Figura 3.27) mostra una
sola differenza significativa per Rosciola con 5,85 nodi nei rami “ottimo”contro 4,03
nello “stressato”. Prendendo in considerazione la fertilità dei rami anticipati, espressa
come numero di infiorescenze, si può osservare che Piantone di Mogliano e Sargano
di Fermo presentano valori significativamente maggiori rispetto la resto delle cultivar
in prova, con 6,30 e 6,40 infiorescenze. Analizzando però lo stesso dato per
verificare un‟eventuale influenza dei due trattamenti si può osservare che non si sono
verificati effetti significativi tra le due tesi a confronto (Figura 3.29). Pertanto
adottando tecniche colturali diverse è possibile incrementare lo stimolo complessivo
alla ramificazione in diverse cultivar (Figura 3.26). Tuttavia sembra essere il fattore
genetico intrinseco in ciascuna cultivar che permette una maggiore propensione alla
produzione di rami anticipati dotati di una buona fertilità (Fig 3.28), mentre stando ai
risultati ottenuti in questa sperimentazione sembra che la tecnica colturale pur
esercitando in qualche modo un certo stimolo nei confronti della produzione di
infiorescenze sui rami anticipati (vedi valori in Figura 3.29), non giocherebbe un
ruolo determinante nell‟intero processo.
146
Figura 3.30 Numero di rami anticipati presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi,
distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle
medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Prendendo in considerazione il grafico in Figura 3.30, per il trattamento “ottimo” è
possibile osservare due picchi della curva in data 08/05/2013 e 01/07/2013, mentre
nel trattamento “stressato” si nota un unico picco subito dopo la ripresa vegetativa, in
data 08/05/2013. È possibile notare che i picchi di produzione dei rami anticipati si
sono verificati nella stessa data in cui sono stati registrati i maggiori ritmi di
accrescimento del germoglio, come riportato in Figura 3.2, confermando così il
concetto di dominanza apicale basato sulla relazione tra velocità di crescita e
ramificazione (Zucconi, 1996).
147
Figura 3.31: numero di rami anticipati presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi,
distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d –
Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test
statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Prendendo in considerazione l‟andamento della formazione dei rami anticipati
all‟interno di ogni porzione (Figura 3.31), si può notare che per tutte le cultivar si
sono registrati valori molto bassi per entrambi i trattamenti, che non hanno mai
superato l‟unità e non hanno riportato differenze significative in nessuna data. Inoltre
è possibile evidenziare come in tutti i casi il maggior numero di rami anticipati si sia
ottenuto alla ripresa vegetativa, vale a dire nelle attuali condizioni sperimentali, tra la
fine di aprile e la seconda metà di maggio. Tuttavia nel caso della cultivar Maurino si
è assistito ad una maggiore produzione di rami nel tempo, osservando due picchi: il
primo in data 20/05/2013 con 1,08 rami per “ottimo” e 0,92 per “stressato”; il
secondo in data 01/07/2013 con 2,2 rami nella tesi “ottimo”, contro 0,48 nella
“stressato”, riportando stavolta una differenza significativa.
148
Figura 3.32: numero infiorescenze presenti all’interno di ogni ramo anticipato distinto per
trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico
di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Considerando il numero di infiorescenze per ramo anticipato (Figura 3.32) è
interessante notare che nonostante non sia rinvenuta nessuna differenza significativa,
nelle cultivar Piantone di Mogliano e Sargano di Fermo per entrambi i trattamenti si
è osservata la presenza di un elevato numero di infiorescenze per ramo
(rispettivamente 6,88 - 6,33 per “ottimo” e 5,72 – 6,6 per “stressato”). Questa
informazione permette di affermare che la produzione di rami anticipati per queste
cultivar, nella stagione successiva, permette una superiore potenzialità produttiva del
ramo misto.
3.3.3 FRUTTI ALLEGATI
Osservando il grafico in Figura 3.33 è possibile notare che le differenze tra i due
trattamenti in termini di frutti allegati risultano sempre significative. Tuttavia è
interessante il comportamento di Rosciola che ancora una volta con 5,68 frutti
allegati nei rami “stressati” contro i 4,56 in quelli “ottimi”mostra le migliori
performance produttive nel trattamento limitante.
149
Figura 3.33: numero di frutti allegati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano
l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
Per quanto riguarda il numero di frutti allegati per porzione di ramo è possibile
notare che sia il comportamento complessivo delle cultivar in esame che quello di
ognuna di esse tende a rispecchiare l‟andamento del numero di infiorescenze
differenziate per porzione di ramo, riportato in figura 3.24. Anche in questo caso il
trattamento “ottimo”, ha manifestato un più alto numero di frutti allegati con
differenze significative nelle date: 20/05/2013; 05/06/2013 e 07/08/2013. Ascolana
tenera ha mostrato differenze significative alle date 20/05/2013; 05/06/2013 e
01/07/2013 pur presentando valori molto bassi sempre al di sotto di 0,5 frutti per
porzione. Nella cultivar Maurino si registra un solo picco, come per la fioritura in
data 01/07/2013 con 3 frutti “ottimo” significativamente maggiore rispetto agli 0,86
della tesi “stressato”. Per Piantone di Falerone il livello di allegagione è prossimo
allo zero in quasi tutte le date. Valori di 0,88 si registrano solo nella porzione formata
in data 08/05/2013. Piantone di Mogliano presenta invece un andamento della
presenza i frutti piuttosto costante in tutte le porzioni con valori prossimi all‟unità e
senza differenze statisticamente significative tra i trattamenti. Rosciola invece
presenta due picchi in termini di frutti allegati con valori maggiori nel trattamento
150
“stressato” nelle porzioni formate in data 08/05/2013 (3,2 frutti) e 01/07/2013 (4,1
frutti) sebbene le differenze con “ottimo” non siano risultate significative. Infine
Sargano di Fermo ha mostrato un numero di frutti allegati elevato nel trattamento
“ottimo” dalla porzione formata il 20/05/2013 fino al 23/09/2013.
Figura 3.34: numero di frutti allegati alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per
trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di
“Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
151
Figura 3.35: numero di frutti allegati alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per
trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d – Piantone di
Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test statistico di
separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05.
152
CONCLUSIONI
L‟olivo a differenza di altre specie fruttifica prevalentemente su rami misti di un
anno con lunghezze comprese tra i 20-40 cm. I rami misti sono definiti tali per le
diverse tipologie di gemme che sono presenti su questa struttura. Le gemme sono
organi vegetativi rappresentanti il primordio di un nuovo asse e possono essere
distinte in base al tipo di organo a cui daranno origine; vegetative o a legno,
riproduttive o a fiore e indifferenziate. La formazione di gemme può variare in base
al ritmo di crescita che caratterizza lo sviluppo della pianta (Piedra et al., 2012).
Con l‟obiettivo di approfondire le conoscenze relative sulla differenziazione a fiore
in olivo si è impostato uno studio sull‟influenza che le diverse tecniche di gestione
colturale (concimazione - irrigazione) possono esercitare su questo aspetto. Per il
raggiungimento di questo scopo è stata pertanto caratterizzata l‟evoluzione della
differenziazione lungo l‟asse del germoglio.
La prova è stata condotta su 6 cultivar di olivo (Ascolana tenera; Maurino; Piantone
di Falerone; Piantone di Mogliano; Sargano di Fermo), osservando i seguenti
parametri: accrescimento del ramo misto, lunghezza, numero dei nodi; lo sviluppo
dei rami anticipati lungo l‟asse, numero di nodi per ramo, numero di infiorescenze
per ramo, numero di bottoni fiorali per infiorescenza e numero di frutti allegati e
raccolti per ramo.
Successivamente, dal mese di gennaio a quello di aprile 2014 sono stati prelevati
mensilmente, solamente dalle piante selezionate per la cultivar Maurino, dei rami
misti con caratteristiche simili a quelli sopra descritti, per analizzarne l‟evoluzione
della differenziazione delle gemme in relazione al trattamento applicato e alla
posizione delle gemme lungo l‟asse. Lo studio si è concluso con l‟osservazione in
campo del ritorno a fiore, eseguito in maggio 2014 sui rami cartellinati, per tutte le
cultivar in prova.
Nel primo anno di sperimentazione è stato possibile osservare una situazione di
partenza in cui i rami misti “stressati” presentavano una maggiore lunghezza e
diametro; al contrario, a fine stagione nei rami misti “ottimo” è stato riscontrato un
incremento di lunghezza, di diametro e di numero di nodi formati maggiori, per tutte
le cultivar ad esclusione di Rosciola e Sargano di Fermo in cui si è registrata una
lunghezza finale del ramo maggiore. Inoltre osservando la velocità di accrescimento
153
giornaliero dei germogli nel corso della stagione di crescita aprile-settembre 2013, si
è potuto rilevare come le piante “ottime” abbiano presentato un maggior tasso di
crescita a tutte le date di rilievo, con dei picchi in particolare nei periodi di maggio e
giugno-luglio.
Per quanto riguarda la fertilità delle strutture espressa come numero di infiorescenze
per ramo, mediamente
è risultata significativamente maggiore nelle piante
“stressate” rispetto a quelle “ottime”, come il numero di frutti allegati e raccolti.
Osservando l‟evoluzione della differenziazione su sezioni di gemma analizzate al
microscopio, si può notare che le gemme riproduttive sono distribuite lungo l‟asse in
modalità differenti in base ai diversi trattamenti e alle diverse epoche. Nelle piante
“ottimo” le gemme riproduttive si sono concentrate in particolare nelle porzioni
basali e mediane soprattutto nel mese di aprile. Un andamento simile si è manifestato
anche nelle piante “stressate” ma con valori percentuali più bassi.
Nel caso delle gemme vegetative si è potuta osservare una stessa ripartizione, sia nel
trattamento “ottimo” che “stressato”, con una distribuzione omogenea delle gemme
in tutte le porzioni dell‟asse.
Esaminando le gemme indifferenziate, dai grafici è stato possibile osservare che che
la loro distribuzione nel rilievo di gennaio, si concentra in misura maggiore nelle
porzioni mediana e distale del ramo.
Proprio questa situazione, riportata per
entrambi i trattamenti, porta a dedurre che queste gemme, nella stagione precedente,
si siano formate dopo che il segnale di induzione si era verificato. Prendendo in
considerazione le altre epoche di rilievo si può osservare che la maggior percentuale
di gemme indifferenziate si concentra prevalentemente nella porzione distale del
germoglio probabilmente a causa del fatto che il mite decorso meteorologico può
aver esercitato, anticipando la ripresa vegetativa, con conseguente formazione di
nuovi nodi e nuove gemme. Contemporaneamente oltre alla classificazione in base
alla posizione delle gemme lungo il germoglio, è stato esaminato e riportato lo stadio
di sviluppo delle gemme stesse.
Dall‟osservazione della (Figura3.14), che rappresenta il numero di gemme vegetative
al primo stadio è stato possibile individuare differenze significative nel mese di
aprile nelle piante “stressate”, che hanno prodotto un numero maggiore di gemme
154
vegetative rispetto a quelle “ottime”. Tale comportamento è stato osservato anche per
il secondo ed il terzo stadio di sviluppo.
Al contrario, nel caso delle gemme riproduttive è stato possibile osservare un
andamento opposto a quello sopra descritto dove, un numero maggiore di gemme
riproduttive di primo e secondo stadio è stato rilevato durante il periodo dei rilievi
(gennaio-aprile 2014). Solo per quanto riguarda il terzo stadio, nel mese di aprile, si è
potuto osservare un numero significativamente maggiore di gemme riproduttive per i
rami delle piante “ottimo”. Questo fenomeno sembrerebbe giustificare una maggiore
propensione delle piante “ottime” a produrre gemme che possono utilmente essere
sottoposte allo stimolo induttivo e quindi avviate alla differenziazione, mentre nelle
piante “stressate” la disponibilità di siti utili è minore. Coerentemente, osservando gli
ultimi grafici relativi ritorno al fiore nel 2014 il numero di infiorescenze è
significativamente maggiore nelle piante “ottime” a differenza del numero di bottoni
fiorali per infiorescenza che non risultano significativamente differenti. Questa
situazione si è verificata in tutte le cultivar ad esclusione di Rosciola dove è stato il
trattamento “stressato” a riportare il numero maggiore di infiorescenze per ramo.
Prendendo in esame il numero di infiorescenze formate in base alle diverse epoche di
formazione dei nodi è possibile notare che i picchi di massimo si sono verificati nello
stesso momento in cui il germoglio ha presentato i maggiori ritmi di accrescimento,
nei quali è avvenuta la maggiore formazione di nodi utili al processo di
differenziazione.
Inoltre per quanto riguarda i rami anticipati totali, anch‟essi risultano maggiori nelle
piante “ottime”, dimostrando in tal modo che quest‟ultime oltre ad avere una
maggiore capacità riproduttiva rispetto alle “stressate” hanno nel contempo una
maggior capacità di ramificazione. Tuttavia soltanto la cultivar Maurino ha riportato
differenze significative tra i due trattamenti. Anche i picchi di ramificazione tendono
a coincidere con quelli di massimo accrescimento del germoglio, confermando così
quanto già noto in bibliografia circa la relazione tra velocità di crescita e produzione
di rami anticipati. È poi stato possibile osservare che per alcune cultivar i rami
anticipati prodotti possono manifestare un livello di fertilità considerevole e ciò
sembra più legato all‟espressione di caratteristiche tipiche di ciascuna cultivar che
all‟influenza di una specifica gestione colturale.
155
Una diversa velocità di crescita del germoglio influisce sulla differenziazione a fiore
del ramo misto nell‟anno successivo probabilmente a causa del maggior numero di
nodi prodotti, con conseguente maggior differenziazione di mignole per ramo. Anche
il numero di frutti per ramo risulta significativamente maggiore in tutte le cultivar nel
trattamento “ottimo”, sebbene Rosciola
manifesti ancora una volta un
comportamento opposto con un numero di frutti maggiore nella tesi “stressato”.
Queste considerazione permettono di affermare l‟opportunità di acquisire su più
cultivar, le conoscenze relative alla risposta vegeto-riproduttiva dell‟olivo a differenti
strategie di gestione colturale. Infatti non tutte le cultivar sembrano manifestare la
medesima risposta a gestioni colturali diverse e questo potrebbe suggerire, come già
avviene per altre specie arboree, la classificazione delle cultivar in gruppi varietali al
fine di ottimizzarne le potenzialità e al tempo stesso mettere in atto tutte le strategie
possibili per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali olivicoli ad alta densità.
156
Capitolo 3
SCALARITÀ DELLA FIORITURA E ALLEGAGIONE IN 11
CULTIVAR DI OLIVO
INTRODUZIONE
1.1 MORFOLOGIA DELL’INFIORESCENZA E DEL FIORE
1.1.1 INFIORESCENZA
L‟infiorescenza dell‟olivo, detta mignola, è un racemo formato da un asse principale
sul quale sono inseriti ortogonalmente da 1 a 4 assi secondari. Sugli assi secondari si
inseriscono altri assi di terzo ordine (Fiorino et al., 2011).
L‟infiorescenza è costituita da piccoli fiori,da un minimo di 10-12 fiori fino a 30, a
seconda delle cultivar. Il colore dell‟infiorescenza in fase di sviluppo, cioè dalla sua
formazione fino a poco prima della schiusura, è verde pallido, mentre in prossimità
della fase di inizio fioritura è bianco (Lavee et al., 1996; Fiorino et al., 2011).
La struttura, le dimensioni e la lunghezza della mignola, il numero totale dei fiori e la
loro distribuzione sul rachide sono caratteristiche determinate geneticamente. Questa
struttura, nonostante sia caratterizzata da un controllo genetico, presenta una
discontinuità tra gli anni. I fattori che influenzano i suddetti parametri sono la
disponibilità idrica e nutrizionale e le condizioni climatiche (Laveeet al.,
1996;Fiorino et al., 2011).
Sembra che la formazione delle mignole all‟interno della pianta sia scalare, senza
seguire ordini precisi (Fiorino et al., 2011). All‟interno dello stesso albero, le
caratteristiche delle infiorescenze e dei fiori possono presentare delle variazioni,
infatti quelle presenti nella porzione distale del germoglio sono generalmente più
corte, inoltre nell‟estremità prossimale oltre ad essere corte sviluppano anche meno
fiori (Lavee et al., 1996).
157
1.1.2 FIORE
I fiori dell‟olivo sono dei tetrameri actinomorfi, di dimensioni molto piccole e riuniti
in panicoli ascellari (Angelini,2009). La struttura del fiore è costituita da quattro
sepali verdi uniti a formare un calice campanulato alla base del fiore, una corolla
formata da quattropetali di colore bianco saldati alla base che cadono insieme a fine
fioritura e da due grandi stami gialli (Fiorino et al., 2011).
All‟interno dell‟infiorescenza, i fiori possono essere di tre tipi: ermafroditi (perfetti),
staminiferi (fiori a funzione maschile) e pistilliferi (fiori a funzione femminile).

I fiori ermafroditi possiedono sia l‟androceo (apparato riproduttivo maschile),
costituito da due stami con antere biloculate, sial‟apparato riproduttivo
femminile, detto gineceo,rappresentato da un pistillo formato da un ovario
supero, bicarpellare e biloculare. All‟interno di ciascun loculo sono prodotti
due ovuli, nei quali si forma un sacco embrionale ma dei 4 sacchi embrionali
formati uno soltanto si svilupperà in seme (Angelini,2009; Fiorino et al.,
2011). Nel pistillo è presente uno stilo corto che termina con uno stigma
bilobato, grande e papilloso, che in diverse cultivar può presentare papille
stigmatiche più o meno umide (Angelini,2009). Dal momento che i frutti
possono essere prodotti solamente a partire da questi fiori, il carico produttivo
finale della pianta dipenderà dalla loro presenza. La proporzione di fiori
ermafroditi può essere influenzata da diversi fattori quali il genotipo, la
posizione sulla branca, la posizione dell‟infiorescenza sul germoglio e la
posizione del germoglio nella chioma, ma anche da altri fattori quali ad
esempio la temperatura (Cuevas e Polito, 2004).

I fiori pistilliferi derivano originariamente da fiori ermafroditi, doveuna parte
dell‟apparato riproduttivo ha subito una degenerazione mantenendo solo una
delle due funzioni nella fioritura,infatti sono caratterizzati dall‟aborto della
parte maschile che deriva dall‟avvizzimento delle antere prima della
schiusura del fiore, oppure dall‟ incapacità delle antere di produrre polline o
ancora dalla difficoltà nel generare polline vitale.Quest‟ultima problematica è
158
stata
riscontrata
nella
cultivar
croata
“Oblica”e
in
quella
italiana“Cerasuola”(Fiorino et al., 2011).

Nei fiori staminiferi, anch‟essi derivati da fiori ermafroditi, è possibile
osservare un androceo ben conformato, a differenza del gineceo che appare
più piccolo ed involuto. L‟aborto dell‟ovario o il disseccamento del pistillo,
in questo tipo di fiori, determina l‟impossibilità di fecondare, mentre si
sviluppano in modo regolare le antere adibite alla produzione di polline
(Fiorino et al., 2011). In tutte le cultivar sono presenti certe quantità di fiori
staminiferi e ciò dipende dalle condizioni nutrizionali, ambientali e dal
patrimonio genetico della pianta. Villemur et al. (1977) hanno determinato la
proporzione di ogni tipologia di fiore al fine di valutare il tasso di allegagione
sulla sola base dei fiori ermafroditi. Dal confronto tra le cultivar Lucques e
Salonenque è emersa una differenza del 90% nella presenza di fiori staminati
con piccole variazioni negli anni. Tuttavia, il polline rilasciato da un olivo
non è correlato alla proporzione del numero di fiori staminati, mentre risulta
ben correlato alla dimensione delle infiorescenze e al numero totale di fiori
(Hartmann, 1961; Mousho, 1977; Lavee e Datt, 1978 in Breton e Bervillè,
2013).
159
Fig 1.1: Dettaglio del fiore dell’olivo (fonte:autore)
1.2 IL PROCESSO DI FIORITURA
La classificazione dei vari stadi della fioritura, a livello internazionale, avviene sulla
base della scala fenologica BBCH, (Rojo e Pèrez-Badia, 2014), che individua diverse
fasi:
-inizio fioritura, in cui dal 10% al 50% dei fiori sono aperti (BBCH phase
61), (figura 1.3);
-piena fioritura, in cui almeno il 50% dei fiori è aperto (BBCH phase 65),
(figura 1.4);
-caduta dei primi petali (BBCH phase 68);
-fine fioritura con caduta di tutti i petali e degli ovari non fecondati (BBCH
phase 69), (figura 1.5).
160
Fig1.2: Sviluppo dell’infiorescenza (fonte: autore) Fig 1.3: Fase di inizio fioritura (fonte: autore)
Fig 1.4: Fase di piena fioritura (fonte: autore)
Fig 1.5: Fase di fine fioritura (fonte: autore)
I fattori geografici come l‟altitudine e la localizzazione topografica possono
comportare cambiamenti significativi nelle condizioni climatiche (Tang e Fang,
2006) che determinano lo sviluppo fenologico (Ziello et al., 2009; Davi et al., 2011).
161
L‟epoca può variare nello stesso ambiente tra le diverse cultivar anche di 3-4
settimane e questo processo viene identificato come scalarità di fioritura. Anche
all‟interno della stessa cultivar si possono rinvenire date di inizio fioritura diverse
negli anni e il fattore di maggior influenza di questo fenomeno è rappresentato dalla
sommatoria termica delle temperature superiori a 8,5 °C a partire dal mese di
gennaio (Selak et al., 2011).Inoltre, anche la posizione delle branche può creare dei
gradienti a livello della stessa pianta, determinando un ulteriore aumento della
complessità che caratterizza l‟andamento fenologico (Cesaraccio et al., 2006). PèrezBadia e Rojo (2014) hanno messo in evidenza come l‟esposizione delle branche
produttive, in olivo, determini una scalarità di fioritura, tra la porzione esposta a nord
e quella a sud, di 3 giorni. La conseguenza di questo effetto è quella di produrre
un‟estensione del periodo di fioritura, offrendo maggiori probabilità di successo
nell‟impollinazione dei fiori (Tab. 1.1).
Tab. 1.1: Modello lineare generale per le date di inizio (in giorni giuliani) e la durata delle fasi di
prefioritura e fioritura, in funzione degli anni di studio (2009-2012), altitudine del sito ed
esposizione nord/sud (N/S) della branca
Prefioritura
Durata
Fioritura
Durata
df
F
df
F
df
F
df
F
Anno
3459
46,8***
3459
13,2***
3499
255,1***
3488
20,2***
Esposizione (N/S)
1459
11,1**
1459
42,9***
1499
1428,5***
1488
0,4
Altitudine
1459
4,8*
1459
0,1
1499
37,6***
1488
0,5
Altitudine x anno
3459
15,6***
3459
5,7**
3499
113,6***
3488
6,9***
Altitudine x
esposizione (N/S)
1459
0,6
1459
0,1
1499
7,4**
1488
0,6
F statistico, df gradi di libertà
Livelli di significatività (* 95%), (**99%), (***99,9%)
(Fonte: Rojo e Perèz-Badia, 2014; rielaborato dall’autore)
162
Queste variazioni fenologiche sembrano essere associate ad alcuni fattori
microclimatici quali la radiazione e la temperatura (Camargo et al., 2011) e sono stati
rinvenuti anche su altre specie, come ad esempio Quercus spp. (Gomez-Casero et al.,
2007). La conoscenza della fenologia della fioritura, a livello della singola pianta, e
dell‟influenza della topografia e dell‟esposizione della chioma sull‟inizio e sulla
durata delle diverse fenofasi può risultare particolarmente utile all‟ottimizzazione e
alla selezione di diverse pratiche colturali, come la potatura, l‟irrigazione e la
fertilizzazione (Chmielewski, 2003; Garcìa-Mozo, 2011); infatti, queste pratiche
sono prevalentemente sincronizzate sulla base degli stadi di fioritura e pre-fioritura
(Fernàndez-Escobar et al., 2004).
1.2.1 FATTORI ENDOGENI
La vitalità e la dimensione delle infiorescenze e la fioritura possono essere
influenzati dall‟entità dei livelli di fruttificazione dell‟albero nella stagione
precedente e dalla localizzazione del germoglio (Lavee et al.,1996; 1999). Alcuni
autori hanno mostrato che nel periodo invernale si verifica un incremento di amido in
tutte le gemme potenzialmente riproduttive (De la Rosa et al., 2000); tuttavia, altri
lavori hanno evidenziato come non si sia dimostrata alcuna competizione, tra le
porzioni vegetative in crescita che supportano le gemme e i frutti (FernandezEscobar et al., 1999, 2004), per i prodotti organici di base. In base ad altri studi (Stutt
e Martin, 1986), sembra più plausibile pensare che l‟effetto dei frutti in
accrescimento, sulla riduzione del livello di differenziazione nell‟anno successivo,
sia dovuto a segnali regolatori, prodotti dagli embrioni in fase di sviluppo.
Le infiorescenze presenti nell‟estremità prossimale e distale del germoglio si
presentano più piccole rispetto a quelle della parte mediana del germoglio. Inoltre, la
vitalità e le dimensioni dei fiori sono minori nella parte basale del germoglio (Lavee
et al., 1996). È stato poi osservato che il numero di fiori imperfetti è presente in
misura maggiore nelle infiorescenze distali. In seguito ad uno studio condotto da
Lavee et al. (1996), è stato valutato l‟effetto del numero di fiori e della distribuzione
delle infiorescenze lungo i germogli, sull‟allegagione. Durante la sperimentazione,
163
sono state eliminate il 50% di infiorescenze per germoglio, prima dell‟apertura dei
fiori, ed è stato riscontrato che il numero di infiorescenze per germoglio non influisce
sulla percentuale di fruttificazione. In seguito al diradamento, è stato osservato un
raddoppio della fruttificazione sulle infiorescenze rimanenti. Inoltre, è stato osservato
che nel 70-80% di cultivar studiate, le infiorescenze con due frutti erano posizionate
nella parte distale dei germogli, ma la lunghezza dei germogli non rappresenta un
fattore influente sulla fioritura; infatti, gli alberi vigorosi hanno una produzione più
alta, in quanto presentano germogli fruttiferi più lunghi e producono più
infiorescenze. Inoltre, in olivo non esiste una distinzione della qualità delle
infiorescenze sulla base della classificazione dei germogli in corti e lunghi, poiché la
fruttificazione risulta invariata (Lavee et al.,1996; Castillo-Llanque e Rapoport,
2011).
Un altro fattore determinate sulla qualità della fioritura è il patrimonio genetico di
una cultivar. A tale proposito Moreno-Alias et al.(2013) hanno condotto uno studio
in cui è stata esaminata la qualità dei fiori della cultivar Sikitita e quella dei suoi
parentali, Picual e Arbequina dove è stato osservato che il numero totale di fiori
risultava maggiormente influenzato dalle condizioni ambientali, mentre il numero di
nodi e la percentuale di fiori perfetti erano maggiormente controllati da fattori di
natura genetica.
1.2.2 FATTORI ESOGENI
Il processo di fioritura, la sua durata e l‟epoca di inizio fioritura, che caratterizza le
diverse cultivar, dipendono anche da fattori ambientali.
Cosi come per le specie tipiche delle zone temperate, anche nel caso dell‟olivo la
temperatura sembra essere il fattore esogeno maggiormente influente sull‟epoca di
fioritura (Alcalà e Barranco 1992; Osborne et al., 2000; Galàn et al., 2005). L‟effetto
della temperatura si concretizza già a partire dal periodo di stasi vegetativa, quando
le gemme si trovano ancora in una condizione di dormienza. Temperature invernali
tendenzialmente miti possono rallentare l‟uscita dalla dormienza, almeno nella parte
iniziale, quando risulta necessario il soddisfacimento di un certo fabbisogno in
164
freddo,corrispondente a circa 10 settimane con temperature al di sotto dei 10-12°C
(Neri, 2009); ma, una volta soddisfatto il fabbisogno in freddo, un andamento
termico invernale caratterizzato da valori miti accelera la schiusura delle gemme
(Garcia-Mozo et al., 2009). Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che anche altri
fattori, come ad esempio la superficie fogliare e il fotoperiodo, sono in grado di
esercitare un effetto sull‟epoca di fioritura, sebbene con un‟efficacia minore rispetto
alla temperatura (De Melo-Abreu et al., 2004; Galàn et al., 2005).
Anche le pratiche colturali possono influenzare il tasso di fioritura, in particolare
quando riescono a migliorare la sintesi e la ripartizione degli assimilati nella pianta
(Proietti, 2003); nella sperimentazione condotta da Yermiyahu et al., (2009), sono
stati osservati gli effetti della concentrazione di azoto, potassio e fosforo a livello
fogliare. Olivi appartenenti alla cultivar Barnea, sottoposti nel periodo di fine estate a
fertirrigazioni con diversa concentrazione di N, P e K, hanno evidenziato che ad un
aumento della concentrazione di azoto si accompagnaun incremento dell‟intensità di
fioritura; mentre se, al contrario, il livello di azoto è basso,è stato osservato un minor
livello di fioritura. Tuttavia, al superamento di un certo quantitativo di azoto, è stata
notata una riduzione del numero di infiorescenze sul germoglio (Dag et al., 2009).
Questa riposta indica l‟effetto negativo di un eccesso di azoto sulla fertilità
dell‟olivo. La stessa risposta da parte della pianta è stata riscontrata anche per il
fosforo, mettendo in evidenza come una regolare applicazione di questo elemento
possa andare a vantaggio della produttività, in particolare nei nuovi impianti ad alta
densità; non invece per il potassio. Alcuni studi dimostrano anche che trattamenti a
base di boro, effettuati tra novembre e aprile, possono andare ad influenzare la
percentuale di schiusura delle gemme e quindi ad aumentare la fioritura. L‟azione
prolungata di questo elemento nutritivo porta ad una riduzione dell‟aborto
dell‟ovario, andando anche a migliorare la germinabilità del polline (Fiorino et al.,
2011). Sulla base di osservazioni in vitro, il polline, infatti, germina meglio su
substrati artificiali contenti anche sali di calcio e di boro. Tuttavia, l‟efficacia di
interventi con solo boro,eseguiti al fine di migliorare la fioritura, non sempre è
soddisfacente; sembra più realistico pensare ad una azione sinergica espletata dal
boro insieme ad altri meso e microelementi, oltre che a varie molecole organiche.
165
Fornaciari et al., (2009) sulla scorta di un lavoro decennale (1999-2009) volto a
valutare mappe di fioritura per le diverse cultivar nelle rispettive aree geografiche,
hanno potuto constatare che esistono delle correlazioni tra la localizzazione e l‟epoca
di fioritura. Lo scopo di questa sperimentazione è stato quello di rappresentare il
decorso del processo di fioritura delle piante di olivo in funzione della località e
dell‟andamento stagionale. Sono state monitorate 15 zone vocate per l‟olivicoltura,
ripartite in quattro regioni del sud Italia (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Dai
risultati è stato possibile identificare quattro diversi scenari relativi all‟andamento
della fioritura, in base alle diverse aree di studio. Nel primo è stato individuato un
ritardo della fioritura che comporta un accumulo termico da parte della gemma
chiusa 1, mentre in altre aree è stato osservato un anticipo di fioritura che comporta
un ridotto accumulo termico. I due casi manifestano una “plasticità fenotipica”non
indotta direttamente da variazioni termiche, quanto piuttosto da variazioni degli
accumuli delle precipitazioni nel periodo precedente la fioritura. Un terzo scenario,
presente in altre aree, è stato definito come “rigidità fenotipica” nel quale le cultivar
oggetto di indagine non hanno variato l‟epoca di fioritura, anche in presenza di
variazioni di accumulo termico. Infine, l‟ultimo scenario è stato definito come
“plasticità fenotipica indotta” dove è stato l‟andamento termico a indurre
direttamente la variazione fenotipica. In conclusione, si può affermare che nelle aree
più fredde,dove le migliori correlazioni tra sviluppo degli apparati riproduttivi e
accumulo termico si hanno con soglie termiche primaverili basse (7-10°C), le
cultivar utilizzate rispondono efficientemente anche con temperature di risveglio più
basse rispetto ai valori classici mediterranei, mostrando un adattamento con le
caratteristiche climatiche dell‟ambiente di coltivazione; mentre le cultivar presenti in
zone calde raggiungono la fioritura con soglie termiche primaverili più elevate (1114°C), tipiche delle zone più calde.
1
calore utile allo sviluppo delle strutture fiorali nella gemma di olivo, espresso in GDD (Growing
Degree Days)
166
1.3 POLLINE E PISTILLO: IMPOLLINAZIONE E FECONDAZIONE
L‟impollinazione e la successiva fase di fecondazione rappresentano la seconda parte
del ciclo biologico. L‟olivo è una specie anemofila dato che l‟impollinazione avviene
mediante il trasporto del vento. Il polline riesce a raggiungere distanze notevoligrazie
alla forza del vento ed è stato ritrovato anche ad oltre 7 km dalla pianta (Lavee et al.,
1996; Martins et al., 2006).
Questa specie è considerata tendenzialmente allogama,in quanto, per la formazione
del frutto, preferisce o necessita di un„impollinazione incrociata tra le cultivar.
Infatti, per far avvenire una buona impollinazione, è stato calcolato che in un oliveto
è necessaria la presenza di circa il 10% di impollinatori, nel caso di cultivar
autoincompatibili (Lavee et al.,1996). Questo valore medio può subire modifiche in
base alla località, alla velocità del vento e alla temperatura durante il periodo di
fioritura. Ad esempio, la pioggia durante la fioritura riduce al minimo la
distribuzione del polline con il vento, riducendone anche la vitalità. In Italia centrale,
negli oliveti tradizionali, sono state proposte soluzioni d‟impianto ormai collaudate,
basate essenzialmente su tre-quattro cultivar (Leccino, Frantoio, Moraiolo e
Pendolino). L‟elevata densità delle piante, la densità della chioma e l‟elevata umidità
sono condizioni che possono ostacolare la diffusione del polline (Fiorino et al.,
2011), e, con l‟intensificazione della coltivazione dell‟olivo, praticata attualmente
con poche cultivar, benché siano tutte parzialmente autofertili, una adeguata presenza
di impollinatori risulta di notevole importanza, soprattutto in vista di un necessario
ampliamento del panorama varietale tale da suscitare un maggiore interesse da parte
dei produttori nazionali.
Nelle antere si trovano le cellule madri del polline che daranno origine, in seguito a
divisioni cellulari, ai granuli, in numero variabile in base alla cultivar (Angelini,
2009). Le antere sono grandi, con tre lobi, contengono un numero abbondante di
granelli di polline di colore giallo e dopo la fioritura divengono scure, cadendo
insieme ai petali. Il polline assume una forma di barile di dimensioni tra i 15 ed i 30
μm e la sua parete esterna, detta esina, presenta dei rilievi caratteristici per ogni
singola cultivar (Fiorino et al., 2011). La struttura del polline è funzionale ad
esercitare una forte resistenza alla disidratazione. Il polline può essere conservato in
167
luogo asciutto e a bassa temperatura per un anno. Il granulo pollinico maturo e vitale
si disperde in atmosfera in grandi quantità ed la quantità rilasciata in questo modo è
intesa come indice di produttività. Al momento dell‟apertura del fiore, il complesso
ovarico risulta già recettivo, mentre le antere devono ancora terminare la formazione
del polline (Fiorino et al.,2011). Il polline si libera con 1-2 giorni di ritardo rispetto
alla schiusura del fiore, e, quando è maturo, le due antere si aprono
longitudinalmente liberandolo nell‟ambiente. Questo avviene nelle ore più calde e
più secche della giornata; al contrario, nelle ore umide o in ambienti poco ventilati, il
polline rimane agglutinato, cadendo in piccoli ammassi sulle foglie sottostanti fino al
suolo. Esso raggiunge lo stigma dell‟ovario e, se viene riconosciuto, dà avvio ad un
processo che porta alle fecondazione e quindi alla formazione di un nuovo individuo
(Angelini, 2009). (Angelini, 2009; Fiorino et al., 2011). Questa fase consiste in una
idratazione e successiva germinazione, con emissione del tubetto pollinico;a questa
ne segue un‟altra in cui avviene la crescita del tubetto lungo lo stilo, fino a
raggiungere la camera ovarica. Il tubetto pollinico, appena raggiunto l‟ovulo, penetra
nell‟embrisacco avviando così la riproduzione; contemporaneamente avviene
l‟abscissione degli stami e della corolla (Angelini,2009).
Il nuovo individuo, la prima cellula diploide detta zigote, si accresce e dalla divisione
si genera un pro-embrione bicellulare in cui entrambe le cellule svolgono un ruolo
attivo nella formazione dell‟embrione, che poi raggiunge lo sviluppo completo con la
formazione
dell‟endosperma,
ancora
allo
stato
gelatinoso.
Nel
seme,
successivamente, si evidenzia l‟indurimento dell‟endosperma mentre nell‟embrione,
a livello microscopico, si rendonoevidenti la radice embrionale e i giovani cotiledoni
(Angelini,2009).
Non sempre all‟impollinazione segue la fecondazione, infatti, a volte, può insorgere
il fenomeno della partenocarpia stimolativa, che determina la formazione di
pseudodrupe di forma tondeggiante (Fiorino et al., 2011). Alcune varietà, come ad
esempio Sevillano, sviluppano frutti partenocarpici tutti gli anni e in gran parte delle
posizioni sulla chioma, al contrario di cultivar come Manzanillo e Ascolana che
presentano questi tipi di frutti solo in alcune annate. In alcuni casi, può presentarsi il
fenomeno dell‟aborto dell‟ovario, ovvero la presenza di fiori con ovari assenti o
168
parzialmente sviluppati, ma comunque non funzionali,che quindi non saranno in
grado di trasformarsi in frutti e pertanto saranno destinati a cadere (Lavee et al.,
1996).
L‟autoimpollinazione nell‟olivo è determinata da caratteristiche genetiche che
possono essere espresse o meno,anche in base alle condizioni climatiche e di
crescita. Infatti, alcune varietà, autosterili se allevate in determinati ambienti, si sono
dimostrate autofertili in altre zone (Lavee et al, 1996).
1.3.1 COMPATIBILITÀ
In olivo, la notevole pressione selettiva, avvenuta fin dalla sua domesticazione,ha
dato origine ad una triplice suddivisione del vasto panorama varietale: cultivar
autoincompatibili, parzialmente autoincompatibili e autocompatibili. Nelle cultivar
autocompatibili, come Frantoio e Arbequina, l‟allegagione avviene mediante
autogamia, ovvero il polline è in grado di fecondare l‟oosfera dei fiori della stessa
cultivar. Per queste varietà, non è necessaria la presenza di altre varietà
impollinatrici. Cultivar parzialmente autoincompatibili, come Pendolino e Ascolana
tenera, si avvantaggiano della presenza di piante donatrici di polline ma sono anche
in grado di fruttificare da sole. Infine, nell‟ultimo gruppo, troviamo cultivar come
Leccino e Moraiolo, e perqueste varietà l‟uso di impollinatori è indispensabile
(Fiorino et al., 2011). L‟autoincompatibilità nelle piante di olivo si manifesta anche
con la presenza di fiori pistilliferi, in cui il gineceo riceve polline da un‟altra cultivar.
Si riconoscono due tipi di incompatibilità: di tipo fisiologico, che consiste
nell‟incapacità da parte di una cultivar, come ad esempio Oblica, di produrre polline
vitale; e di tipo fattoriale, molto diffusa in cultivar italiane, in cui viene impedita
l‟autogamia. Il livello di autogamia viene valutato con una tecnica che consiste nel
racchiudere porzioni di rami, provviste di infiorescenze, in sacchetti di carta e
scuotendo il sacchetto periodicamente, determinando così un‟autogamia forzata
(Fiorino et al.,2011; Selak et al., 2011). Da uno studio condotto per tre stagioni
consecutive in tre oliveti, localizzati in tre diversi ambienti, prendendo in esame la
compatibilità riproduttiva tra le diverse cultivar, è emersa la possibilità di combinare
tra loro nelle strategie di impollinazione varietà di volta in volta diverse, in funzione
dei diversi ambienti di coltivazione (Selak et al., 2011).
169
1. 4 ALLEGAGIONE
L‟allegagione viene definita come il passaggio dal fiore al frutto ed inizia con la
formazione dello zigote. La sua entità viene espressa come percentuale di frutti
formati rispetto al numero totale dei fiori fecondati (Fiorino et al., 2011). Per
convenzione, si distinguono una allegagione iniziale, valutata come percentuale a 20
giorni dalla piena fioritura e una allegagione finale, determinata a 45-60 giorni dalla
piena fioritura. Il fenomeno si manifesta con la caduta dei sepali, attraverso la
formazione di una zona di abscissione che si localizza tra i sepali stessi e la base del
calice. Gli ovari divengonoben visibili e,in seguito a ripetute divisioni cellulari, si
assiste adun incremento delle loro dimensioni. Le percentuali di allegagione
oscillano tra l‟1 e il 10% in funzione dell‟andamento stagionale e delle cultivar. Di
questa percentuale, soltanto l‟1-2% arriva a completa maturazione. Al momento
dell‟allegagione, si assiste anche alla caduta dei fiori imperfetti e non fecondati, a cui
segue quella dei giovani frutti meno competitivi, il tutto accade nell‟arco di 1-2
settimane (Fiorino et al., 2011).
1.4.1 FATTORI CHE INFLUENZANO L’ALLEGAGIONE
In olivo, l‟allegagione risulta molto bassa (Hartmann, 1950). Molti studi mostrano
che il tasso di allegagione aumenta proporzionalmente alla riduzione artificiale del
numero di fiori, assicurando un numero di frutti simile alle piante non diradate
(Suarez et al., 1984; Rallo e Fernandez-Escobàr, 1985; Lavee et al., 1996; 1999).
Questo comportamento viene interpretato come la tendenza dell‟olivo di “fissare”
una predeterminata massa di frutti, che risulta indipendente dal numero di fiori
(Rosati et al., 2012). Il maggior limite dell‟allegagione è dato dall‟uso delle risorse
da parte della pianta. Rugini e Pannelli (1993), hanno dimostrato come il tasso di
allegagione incrementi quando la crescita del germoglio viene rallentata, sia
chimicamente che meccanicamente, supportando l‟ipotesi che l‟allegagione
soggiaccia a meccanismi di tipo competitivo.
170
1.4.1.1 FATTORI ENDOGENI
Il principale fattore di controllo in grado di incidere sull‟allegagione è di tipo
genetico ed è dovuto alle differenze tra le cultivar a frutto piccolo e quelle a frutto
grande. La crescita del frutto, dopo l‟allegagione, è geneticamente controllata e non
dipende dalle percentuali di allegagione (Rosati et al., 2010). Il peso di ogni frutto
può variare del 100%, anche per una stessa cultivar, in relazione alle riserve
disponibili e alle condizioni ambientali. Inoltre, in cultivar a frutto grosso (in
particolare quelle da mensa), l‟allegagione risulta influenzata dalle dimensioni
tendenzialmente più grandi dei fiori e degli ovari, che sono in grado di richiamare
maggiori risorse e costituiscono “sink” più forti (Rosati et al., 2009), determinando
un minor numero di frutti allegati, sebbene la massa di frutti complessiva alla
raccolta si attesti su valori simili a parità di assimilati disponibili (Rosati et al.,
2010). Questo comportamento suggerisce una strategia di compensazione tra il
numero di frutti allegati e la dimensione finale dei frutti stessi. Da una
sperimentazione effettuata da Rosati et al. (2010), si è evidenziato come
l‟allegagione siaun meccanismo compensatorio che permette alla pianta di regolare
la massa del frutto indipendentemente dalla taglia dell‟ovario. Il calibro dell‟ovario è
una caratteristica predeterminata e, come visto in precedenza,è una delle principali
cause responsabilidella diversa allegagione tra le cultivar.
Esistono varietà che non riescono a portare più di un frutto per mignola, altre invece
possono portare da 1 a 4 frutti, in relazione alle condizioni nutrizionali della pianta,
altre ancora presentano una fruttificazione a grappolo, portando dai 6 agli 8 frutticini
per mignola. A livello agronomico, queste differenze si ripercuotono sull‟efficienza
dei sistemi di raccolta meccanica, creando diversi modelli di fruttificazione che
condizionano la destinazione d‟uso delle cultivar, da tavola o da olio.
1.4.1.2 FATTORI ESOGENI
I fattori esogeni che regolano l‟allegagione hanno determinato gli areali di
distribuzione dell‟olivo, a livello geografico. Tra essi, si ricordano le condizioni
171
climatiche che, nel caso siano sfavorevoli, soprattutto nell‟intervallo che va dalla
differenziazione (febbraio) all‟allegagione (maggio-giugno), possono portare ad una
riduzione della produzione, danneggiando direttamente i tessuti della mignola, come
accade ad esempio con i ritorni di freddo (Fiorino et al., 2011). Gli abbassamenti
termici che si rilevano nel periodo tra maggio e giugno determinano danni nello
sviluppo dell‟ovario e dello stilo e possono ridurre lo sviluppo delle cellule madri del
polline. D‟altro lato, anche la presenza di venti caldi, secchi o freddi porta ad una
riduzione della recettività dello stigma, prosciugandolo. Le alte temperature, invece,
determinano il fenomeno del disseccamento del tubetto pollinico. L‟elevata umidità
relativa dell‟aria va ad ostacolare la diffusione del polline e la presenza di piogge per
periodi prolungati può influenzare la disponibilità del polline, sia attraverso una
schiusura irregolare delle antere sia provocandoun dilavamento del polline stesso
(Fiorino et al., 2011).
1.5 OBIETTIVI DELLA SPERIMENTAZIONE
L‟olivo è una pianta che produce una quantità elevata di fiori, stimata in 500.000
fiori per pianta, di cui solo il 15-20% allega, sebbene solo l‟1% dei frutti allegati
riesca a completare il ciclo riproduttivo. L‟impollinazione, essendo anemofila, in
particolare negli impianti ad alta densità necessita della presenza di impollinatori per
migliorare la produzione e la diffusione del polline, al fine di permettere una
adeguata fruttificazione in quanto l‟impollinazione incrociata è una strategia in grado
di fornire risultati produttivi migliori rispetto alle tecniche di impollinazione libera e
autoimpollinazione (Selak et al., 2011).
Questo lavoro di sperimentazione si pone come obiettivo di analizzare la scalarità di
fioritura tra 11 cultivar allevate nelle condizioni dell‟alta densità e di individuare le
cultivar idonee per essere usate in combinazione negli impianti. La scalarità e le
diverse fasi fenologiche saranno valutate anche in posizioni diverse della chioma e
del germoglio all‟interno della stessa pianta, per verificare la presenza di un
gradiente di fioritura sia a livello di chioma che di singolo ramo. L‟acquisizione di
nuove informazioni circa il comportamento del ramo misto durante la fase di
172
fioritura può essere utile per migliorare le pratiche di potatura meccanizzata nei
nuovi impianti olivicoli ad alta densità, al fine di ottimizzare le strategie colturali
volte alla massimizzazione dell‟impollinazione e conseguentemente dell‟allegagione.
173
MATERIALI E METODI
2.1 DESCRIZIONE DEL SITO
Per la descrizione del sito si rimanda al paragrafo 2.2 in Materiali e Metodi del
Capitolo 1, in quanto la prova è avvenuta nello stesso campo sperimentale.
2.1.1 ANDAMENTO METEO
Lo studio dell‟andamento climatico del sito è stato condotto sulla base dei dati forniti
dal Centro Agrometereologico regionale dell‟ASSAM per la stazione di Agugliano
nell‟anno 2014.
Andamento termopluviometrico
Precip. (mm)
T max (°C)
T min (°C)
100
50
90
45
80
35
30
60
25
50
20
40
temperatura (°C)
precipitazioni (mm)
70
40
15
30
20
10
5
10
0
0
-5
Fig. 2.1:Andamento termo-pluviometrico con le precipitazioni, le temperature minime e le
massime settimanali registratenel periodo gennaio-agosto 2014 (fonte: ASSAM)
174
La temperatura minima, anche nel periodo di fine gennaio non è scesa al di sotto dei
5°C. Da notare che a fine luglio i valori minimi si sono attestati intorno ai 17°C.
Tra le temperature massime si evidenzia una andamento crescente, che tuttavia ha
raggiunto i 37°C - 38°C solo in un‟occasione, a metà del mese di luglio. Per quanto
riguarda le precipitazioni nel corso della stagione, si sono registrati picchi con valori
che superano i 90 mm di pioggia caduta in una settimana, nel periodo invernale,
mentre non si sono verificati fenomeni particolarmente rilevanti nel periodo
compreso tra fine aprile e metà giugno.
2.2 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE
Il materiale vegetale, oggetto di studio del presente lavoro, è costituito da 11 varietà
marchigiane, ad eccezione della varietà Arbequina e per la loro descrizione
dettagliata si rimanda ai paragrafi 2.3-2.4 in Materiali e Metodi del Capitolo 1.
2.3 SCHEMA SPERIMENTALE
Sulle 11 file di piante, appartenenti a cultivar diverse, sono state selezionate in
maniera randomizzata 5 piante omogenee rappresentative dell‟intera popolazione
varietale, per un totale di 55 piante, su cui sono stati effettuati i rilievi per tutto il
periodo della fioritura e dell‟accrescimento del frutto.
2.4 RACCOLTA DATI
È stato valutata l‟evoluzione del processo di fioritura per poter poi ricostruire, con il
supporto della scala BBCH, le diverse fenofasi, individuando per ciascuna di esse le
varie epoche di manifestazione (Tabella 2.1).
Tabella 2.1: Fasi fenologiche della scala BBCH (fonte: Sanz-Cortés et al., 2001). Le fasi in
grassetto sono quelle considerate nel presente lavoro.
175
Fase
Descrizione
50
Gemme completamente chiuse
51
Rigonfiamento delle gemme
52
Schiusura gemme. Inizio sviluppo dell‟infiorescenza
54
Crescita dell‟ infiorescenza
55
Completa espansione dell‟infiorescenza e schiusura dei bottoni fiorali
57
Allungamento della corolla
59
Viraggio della corolla da verde a bianco
60
Primo fiore aperto
61
Inizio della fioritura: 10% dei fiori aperti
65
Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori aperti
67
Caduta dei primi petali
68
Caduta della maggior parte dei petali
69
Fine della fioritura, allegagione e caduta degli ovari non fecondati
Nel periodo compreso tra il 12 e il 30 maggio sono stati effettuati 9 rilievi, eseguiti
ogni due giorni.
Sono stati selezionati per i rilievi e identificati, su ogni pianta, due rami di lunghezza
omogenea ma in posizioni diverse, ovvero nella porzione apicale e in quella basale
della chioma, attraverso degli anelli colorati in plastica, per un totale di 110 rami
selezionati.
Nel primo rilievo ad inizio maggio sono stati rilevati la lunghezza del germoglio,
mediante l‟utilizzo di un metro a nastro, il numero di nodi, il numero di infiorescenze
presenti e il numero di ramificazioni laterali.
Dal secondo rilievo in poi si è andati a determinare il numero totale dei bottoni fiorali
, e il numero di fiori aperti, chiusi, caduti e persi in ogni infiorescenza, registrandone
la posizione lungo i germogli.
Nella fase di piena fioritura, sono stati effettuati 3 rilievi analizzando 10 fiori
infiorescenze, prelevate in maniera randomizzata su piante diverse da quelle
precedentemente analizzate per un totale di 30 infiorescenze per cultivar, con lo
176
scopo di valutare e contare i fiori perfetti, ovvero con la contemporanea presenza
dell‟apparato riproduttivo femminile (gineceo) e maschile (androceo) (fiore
ermafrodita). Nelle varietà Ascolana Dura e Lea il numero dei campioni è stato pari a
20 infiorescenze, a causa dello scarso numero di fiori per infiorescenza riscontrato in
queste due cultivar.
Contemporaneamente a questa misura si è poi rilevata anche la percentuale di fiori
sterili, ovvero fiori in cui è presente solo l‟androceo.
A fine giugno, 20 giorni dopo la fine della fioritura,su ogni mignola presente sul
germoglio è stato contato il numero di fiori che avevano dato origine ad un frutto.
2.5 ELABORAZIONE STATISTICA E ANALISI DEI DATI
I dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA). L‟elaborazione
statistica dei dati e la separazione delle medie è stata effettuata attraverso il software JMP8
(SAS Institute, Cary, NC)applicando il test statistico “Tukey-Kramer HSD”con
probabilità minore o uguale a 0,05.
177
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati riportati in questo capitolo descrivono l‟evoluzione del processo di fioritura
nelle diverse cultivar di olivo in relazione alla posizione del ramo sulla pianta e
lungo il ramo stesso. Inoltre è stato possibile determinare le diverse epoche di
fioritura per
la costruzione del fenogramma. I parametri osservati al fine di
descrivere la scalarità di fioritura sono stati la lunghezza dei rami, il numero di
infiorescenze totali e il numero dei fiori per infiorescenza, sia aperti che chiusi. Le
osservazioni hanno riguardato anche l‟allegagione dei frutti considerando l‟effetto
della posizione sia a livello della chioma che dell‟asse.
3.1 CHIOMA
3.1.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE
È stato valutato il numero di infiorescenze presenti nei germogli in base alla loro
posizione sulla chioma, confrontando le 11 cultivar.
Tabella 3.1: Numero di infiorescenze; confronto tra cultivar per ciascuna posizione all’interno
della chioma. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie (± err. std) secondo
il test Tukey (p=0,05).
Cultivar
Posizione sulla chioma
Basale
Arbequina
distale
32 ± 4,2
a
32,2 ± 1,8
a
41,2 ± 2,9
ab
30,2 ± 0,8
a
36 ± 4,3
ab
25,6 ± 2,0
a
Rosciola Colli Esini
23,6 ± 0,5
ab
25 ± 1,9
a
Coroncina
28,2 ± 2,4
ab
26,6 ± 1,7
a
Lea
37,2 ± 5,0
ab
26 ± 1,9
a
Maurino
36,8 ± 2,6
ab
30,6 ± 3,8
a
Nostrale di Rigali
25,8 ± 3,0
ab
30 ± 1,7
a
Piantone di Falerone
26,4 ± 3,4
ab
21,4 ± 1,8
a
Ascolana dura
Carboncella
178
Piantone di Mogliano
Rosciola
33,8 ± 4,6
ab
27,6 ± 3,6
a
30 ± 1,3
b
26 ± 1,9
a
Dai risultati ottenuti si può affermare che nella posizione basale della chioma il
numero di infiorescenze presenti nelle cultivar Arbequina e Rosciola, è
significativamente differente, con i valori rispettivamente di (32±4,2) e
(41,2±2,9).Ascolana dura registra valori più alti nella porzione basale (41,2±2,9), al
contrario della porzione distale nella quale mostra un numero inferiore (30,2±0,8). Il
numero di infiorescenze più basso riscontrato nella posizione basale è stato quello
della cultivar Rosciola Colli Esini (23,6 ±0,5). Dalla tabella si osserva che nella
porzione distale, statisticamente, non c‟è alcuna differenza significativa tra le
cultivar. Il valore più alto nella porzione distale è riportato da Arbequina(32,2±1,8),
quello più basso invece da Piantone di Falerone (21,4±1,8).
*
Figura 3.1: Numero di infiorescenze; confronto tra le due porzioni (basale e distale) all’interno
di ciascuna cultivar. *indica differenze significative tra le medie secondo il test t di Student
(p=0,05).
179
La figura3.1 mostra il numero di infiorescenze presenti in ogni cultivar, confrontate
tra i due rami basale e distale. La cultivar Arbequina è l‟unica che presenta una
differenza statisticamente significativa tra le due posizioni sulla chioma. Nella
posizione basale il numero delle infiorescenze è pari a 17, mentre in quella distale è
pari a 10.
2. 3.2 RAMO
Durante i rilievi è stata valutata anche l‟architettura del ramo di ogni cultivar,
misurando la lunghezze dei germogli e il numero di nodi lungo l‟asse.
Figura 3.2: Lunghezze dei rami (cm); confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano
differenze significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05).
180
Dai dati si può osservare che la lunghezza dei rami misti tra le cultivar mostra una
differenziazione specifica nell‟interno tra 25 cm e 35 cm. Le cultivar che presentano
rami più lunghi sono Piantone di Mogliano con un valore pari a 35 cm, Arbequina
con 34 cm di lunghezza e Maurino con 33 cm. Mentre le cultivar in cui si riscontra
una lunghezza dei rami più bassa sono il Piantone di Falerone e Rosciola Colli Esini
con valori rispettivamente di 23 cm e 25 cm.
Figura 3.3: Numero di nodi; confronto tra le cultivar. Lettere differenti indicano differenze
significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05).
Il numero di nodi per ramo mostra dei valori diversificati per ciascuna cultivar.
Arbequina, Lea e Carboncella non presentano differenze, così come le due cultivar
Rosciola Colli Esini e Piantone di Falerone. AncheRosciola, Nostrale di Rigali e
Coroncina sono statisticamente simili. Le cultivar che hanno manifestato una
maggiore presenza di nodi lungo il ramo misto sono state Ascolana dura (9,76) e
Maurino (9,31).
181
3.2.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE
La presenza di rami laterali riscontrati è riportata in figura 3.4, suddivisa nelle tre
diverse porzioni (basale, mediana e distale) del germoglio, individuate in base al
numero dei nodi per ramo . È possibile notare che le cultivar Rosciola Colli Esini e
Coroncina non presentano alcun ramo laterale, mentre in Nostrale di Rigali la
presenza di rami laterali si è concentrata esclusivamente nella porzione basale del
germoglio.Infine inAscolana dura e Lea, i rami laterali, sono solo sulla parte
mediana. La cultivar Piantone di Falerone presenta la caratteristica singolare di
concentrareil 90% di rami laterali nella porzione distale dei germogli.
Figura 3.4: Percentuale di rami; distribuzione dei rami nelle tre porzioni (basale, mediana e
distale), per ogni cultivar.
182
Figura 3.5 a: Percentuale di infiorescenze; distribuzione delle infiorescenze lungo i rami nelle
tre porzioni (basale, mediana e distale), per ogni cultivar.
Figura 3.5 b: Percentuale di bottoni fiorali; distribuzione dei bottoni fiorali lungo i rami nelle
tre porzioni (basale, mediana e distale), per ogni cultivar.
183
Dalla figura 3.5 si osserva che Rosciola Colli Esini con 81,03% presenta la più alta
concentrazione di infiorescenze nel tratto basale ed anche Arbequina invece
con55,81% presenta un valore elevato.Ascolana dura, Lea e Piantone di Mogliano
sono le cultivar che mostrano valori più bassi di infiorescenze nella porzione basale
con valori vicini al 30%. La cultivar che registra la più alta percentuale di
infiorescenze distribuite nella porzione mediana del germoglio è
Piantone di
Mogliano toccando valori del 61,05%, mentre Rosciola Colli Esini presenta il valore
più basso pari a18,96%. Tra le porzioni distali i valori più alti sono riportati da
Ascolana dura (25,22%), mentre quelli più bassi sono stati riscontrati in Coroncina
(4,72%). Le cultivar Rosciola Colli Esini, Maurino, Piantone di Falerone e Rosciola
non presentano alcuna infiorescenza nella parte distale. È possibile notare che seppur
con valori puntuali diversi tra le cultivar, i rami anticipati tendono a sviluppare in
misura maggiore nelle porzioni centrale e distale del ramo misto, mentre le
infiorescenze tendono ad essere più numerose nella parte centro-basale. Inoltre dal
grafico in figura 3.5 b, si evidenzia che ad una elevata presenza di infiorescenze in
una determinata porzione di ramo, corrisponde una maggiore presenza di bottoni
fiorali.
184
60
a
50
ab
% Fioi sterili
40
bc
30
c
20
10
c
c
c
c
c
c
c
0
Figura 3.6: Percentuale di fiori sterili; confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano
differenze significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05).
In figura 3.6 è stata valutata la presenza di fiori ermafroditi e sterili nelle diverse
cultivar.
Dai risultati ottenuti Ascolana dura e Lea presentano delle differenze statisticamente
significative,con un elevata percentuale di fiori sterili rispettivamente del37,01% e
46,84%. Tutte le altre cultivar registrano, invece una bassa percentuale di fiori sterili
compresa tra il 13,08% della Nostrale di Rigali e 1,46% del Piantone di Falerone.
3.3 ANDAMENTO DELLA FIORITURA
È
stato
determinato
l‟andamento
della
fioritura
nell‟intero
periodo
di
sperimentazione, valido per l‟intero campo sperimentale, considerando come
variabili la percentuali di fiori aperti e quella di fiori chiusi per infiorescenza, in tutte
le cultivar prese in esame.
185
Figura 3.7: Andamento della fioritura; percentuale dei fiori aperti e chiusi, presenti in tutte le
cultivar del campo sperimentale. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 110 rami per
le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.
Dalla figura 3.7è possibile notare che la percentuale di fiori chiusi, dal primo rilievo
effettuato (12/05/2014), segue un andamento decrescente, arrivando ad un punto di
flesso in data 21/05/2014 con un valore di 53,05 % in concomitanza al picco di
massima fioriturache mostra un valore pari a 34,98 % di fiori aperti (23/05/2014),
(fase di piena fioritura).
Figura 3.8 (a=Arbequina; b=Ascolana dura); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar
Arbequina e Ascolana dura. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come
campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.
186
Nella cultivar Arbequina, dal grafico, risulta che fino alla data 16/05/2014 i fiori
rimangono chiusi, poi la curva decresce lentamente fino ad arrivare alla piena
fioritura (23/05/2014) dove la percentuale dei fiori aperti tocca il 49,98% per poi
decrescere repentinamente fino al termine della fioritura. Nella cultivar Ascolana
dura fino alla data del 21/05/2014 si ha la sola presenza di fiori chiusi; questo
andamento cambia poi in modo repentino con una brusca decrescita che nell‟arco di
6 giorni porta a valori vicini a zero.La percentuale dei fiori aperti raggiunge in soli
tre giorni un picco massimo del 31,79% in data 23/05/2014, persistendo in maniera
considerevole fino alla fine della fioritura.
Figura 3.9 (a=Carboncella; b=Rosciola Colli Esini); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle
cultivar Carboncella e Rosciola Colli Esini. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10
rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il
30/05/2014.
Dalla fig. 3.10 Carboncella mostra un andamento rallentato nella schiusura dei fiori
fino alla data del 21/05/2014 dalla quale si assiste ad un rapido crollo della
percentuale di fiori chiusi, con contemporaneo raggiungimento del picco massimo di
fiori aperti che si attesta in due giorni su valori del 72,79%, (23/05/2014). Segue poi
un decremento rapido fino alla data di arresto della fioritura (30/05/2014). Nella
cultivar Rosciola Colli Esini si può osservare come l‟inizio della fioritura avvenga in
data 21/05/2014 e che questa sottenda un breve intervallo di giorni, dal 21/05/2014
fino al 26/05/2014.
Dalla figura 3.11 è emerso che nella cultivar Coroncina alla data 12/05/2014, la
distensione delle infiorescenze non era ancora stata completata. Dal 14/05/2014 è
stato raggiunto il numero complessivo di fiori per ramo e da questa data in poi la
187
curva dei fiori chiusi decresce sempre a ritmi elevati. A questo andamento si
accompagna quello della curva dei fiori aperti che ha mostrato invece un incremento
lento nel tempo con valori di 2,36 %; 15,48% e 19, 45% che rappresenta il picco di
fioritura , a cui è seguita una rapida diminuzione. La caratteristica peculiare di questa
cultivar, che si può dedurre dal grafico, è stata quella di lasciar cadere un numero
elevato di fiori ancor prima che questi potessero aprirsi. Nella cultivar Lea fino al
21/05/2014 non si ha la schiusura di alcun fiore, che poi però decresce in maniera
repentina passando dal 93,62% di fiori chiusi al 40,58% in data 23/05/2014. Inoltre il
picco massimo di fiori aperti (54,55%) è stato raggiunto corrispondentementeal calo
di fiori chiusi descritto sopra.
Figura 3.10 (a=Coroncina; b=Lea); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar, Coroncina
e Lea. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni
cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014 .
Figura 3.11 (a=Maurino; b=Nostrale di Rigali); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle
cultivar, Maurino e Nostrale di Rigali. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami
presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.
188
Dalla fig. 3.13 (a) si può osservare che nella cultivar Maurino già in data 12/05/2014
il valore dei fiori chiusi è pari a 82,58% a causa che alla data di inizio dei rilievi, per
questa cultivar la fioritura era già iniziata. Da questo momento in poi la curva dei
fiori chiusi decresce velocemente fino al termine della fioritura. La percentuale dei
fiori aperti invece, tocca il punto di massimo in data 16/05/2014 con un valore del
41,98% e termina in data 23/05/2014, evidenziando un periodo di fioritura piuttosto
anticipato, rispetto alle altre cultivar. Anche in Nostrale di Rigali, nel rilievo del
12/05/2014 la fioritura era già iniziata fig. 3.13 (b); in questo caso si può notare che
la percentuale di fiori aperti ha un incremento lento che raggiunge il valore massimo
in data 19/05/2014, (46,11%), subito dopo Maurino. Da questo momento in poi il
calo risulta piuttosto repentino.
Figura 3.12 (a=Piantone di Falerone; b=Piantone di Mogliano): Percentuale dei fiori aperti e
chiusi nelle cultivar Piantone di Falerone e Piantone di Mogliano. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.
Nella cultivar Piantone di Falerone osservando la curva dei fiori chiusi, l‟inizio della
fioritura si verificain data avanzata 19/05/2014 e da questo momento in poi segue un
andamento caratterizzato da una rapida decrescita, mentre la curva dei fiori aperti
raggiunge il punto di massimo, con un valore piuttosto limitato pari al 39,41% di
fiori aperti in data 23/05/2014. Nel Piantone di Mogliano, la curva della percentuale
dei fiori chiusi inizia a decrescere repentinamente dalla data 16/05/2014, per poi
toccare un punto di minimo nel rilievo del 28/05/2014, (0,2%). La percentuale di
189
fiori aperti, manifesta un picco di fioritura evidente che tocca il valore di51,51% in
data 21/05/2014.
Figura 3.13 (Rosciola): Percentuale dei fiori aperti e chiusi nella cultivar Rosciola. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.
Dalla figura 3.15 si può osservare che nella cultivar Rosciola la durata della fioritura
si protrae per un lungo intervallo di tempo; dal 14/05/2014, in cui inizia l‟incremento
della curva della percentuale di fiori aperti, fino al rilievo del 26/05/2014. Il valore
massimo raggiunge il 55,55% di fiori schiusi. La curva dei fiori chiusi presenta un
calo rapido fino al 23/05/2014; da questa data in poi i valori si approssimano allo
zero.
3.3.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE DEL RAMO SULLA FIORITURA
In questo paragrafo viene descritto l‟andamento della fioritura, espresso come
percentuale di fiori aperti e chiusi, in relazione alla posizione occupata dal ramo sulla
190
chioma rispetto al suolo e anche quella occupata dall‟infiorescenza rispetto l‟asse del
ramo, che è stato ripartito nelle porzioni basale, mediana e distale.
3.3.1.1 CHIOMA
Dalla figura 3.14 si può osservare che la massima percentuale di fiori aperti sia per i
rami basali che distali si è verificata in data 23 maggio. Tuttavia nel periodo
antecedente il picco di piena fioritura i valori di fiori aperti evidenziati dai rami
basali sono stati tendenzialmente maggiori, con due differenze significative: la prima
il 16 maggio, con valori percentuali di 12,41 contro 8,85 nel distale e la seconda in
data 19 maggio con 21,20 (basale) e 16,03 (distale). Considerando il grafico (b), che
riporta l‟andamento percentuale dei fiori chiusi nelle due posizioni sulla chioma, si
può notare che in corrispondenza del primo rilievo (12 maggio), è stata riscontrata un
differenza positiva a favore dei rami basali, che comunque è scomparsa velocemente,
infatti i rami distale hanno mostrato valori significativamente maggiori dal 19 fino al
28 maggio.
Figura 3.14: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in tutte
le cultivar.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo
il test di Tukey (p=0,05).
Nei grafici seguenti verrà descritto il comportamento di ciascuna cultivar; partendo
daArbequina si può osservare che l‟andamento dei fiori (figura 3.15) è simile a
191
quello descritto nella figura precedente, rimarcando una maggior presenza di fiori
aperti nella posizione basale nel periodo antecedente il picco di massimo fioritura (a),
mentre la percentuale di fiori chiusi è statisticamente maggiore nei rami distale dal
14 al 23 maggio.
Figura 3.15: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Arbequina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è
il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese
tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data,
secondo il test di Tukey (p=0,05).
Prendendo in esame la figura 3.16 è possibile notare che Ascolana dura ha mostrato
una maggior percentuale di fiori aperti nei rami basali anche se in data 28 maggio i
rami nella posizione distale hanno evidenziato un secondo picco di fioritura con un
valore
di
fiori
aperti
significativamente
superiore
rispetto
ai
rami
basali(15,41%contro 4,40%). Dalla figura (b), invece è possibile notare anche in
questo caso la maggior percentuale di fiori chiusi nella posizione distale.
Figura 3.16: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Ascolana dura.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
192
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni
data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Figura 3.17: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Carboncella.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è
il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese
tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data,
secondo il test di Tukey (p=0,05).
Osservando la cultivar (figura 3.17; a-b) Carboncella si nota un solo punto con
differenze statisticamente significative in data 26 maggio con 48,57% di fiori aperti
nella posizione basale contro il
31,70% in quella distale. Anche nella cultivar
Rosciola colli Esini(figura 3.18) non sono state riscontrate differenze significative
riguardo la schiusura dei fiori nelle due posizioni considerate (a), mentre nel grafico
(b) si nota una differenza significativa a favore dei rami distali al termine della
fioritura, in data 26 maggio.
Figura 3.18: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Rosciola colli Esini.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
193
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni
data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Figura 3.19: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Coroncina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo
il test di Tukey (p=0,05).
In figura 3.19 è possibile osservare che nella cultivar Coroncina i picchi di massima
fioritura tra le due posizioni confrontate si sono verificati in due epoche diverse e
rispettivamente pari al 19 maggio per i rami basali e 21 maggio per quelli distali. I
valori in termini di percentuale di fiori aperti sono simili (basale 23,89 e distale
24,39). Inoltre tra i due trattamenti in corrispondenza del picco di massima fioritura
si sono avute differenze statisticamente significative, (19 maggio basale 23,89%
contro 7,70% distale e 21 maggio con 14,09% basale rispetto a 24,39% distale).
Osservando invece l‟evoluzione percentuale dei fiori chiusi (b), i rami distali dal 16
maggio al 23 hanno sempre mostrato valori significativamente superiori.
194
Figura 3.20: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Lea.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo
il test di Tukey (p=0,05).
Nella cultivar Lea (figura 3.20; a), la percentuale dei fiori aperti in posizione distale
mostra dei valori significativamente superiori nella fase finale della fioritura (26
maggio), con 41,20% distale
contro 28,13% basale. Anche nel grafico (b), si può
osservare che in data 21 e 23 maggio si è avuta una maggiore quantità di fiori chiusi
nei rami distali. Prendendo in esame la cultivar Maurino (figura 3.21; a-b), tra le due
posizioni all‟interno della chioma non sono state osservate differenze statisticamente
significative, sebbene il picco di fiori aperti in posizione basale (16 maggio) sia
risultato tendenzialmente maggiore rispetto a quello distale (45,89% rispetto a
37,02%).
Figura 3.21: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Maurino.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo
il test di Tukey (p=0,05).
195
Anche nel caso della Nostrale di Rigali (figura 3.22; a-b), non sono state riscontrate
differenze significative tra le due posizioni, anche se nel grafico (a) è riscontrabile
una tendenza dei rami in posizione basale a manifestare una maggior percentuale di
fiori aperti.
Figura 3.22: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Nostrale di Rigali.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni
data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Figura 3.23: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Piantone di Falerone.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014 .* indica differenze significative tra le medie secondo il
test di Tukey (p=0,05).
196
Nelle figure3.23-3.24, è possibile osservare che nei Piantoni di Falerone e
Moglianogli andamenti della fioritura nelle diverse posizioni della chioma risultano
piuttosto simili, sebbene i valori percentuali e le epoche di fioritura siano diversi.
Infatti per entrambi, la percentuale di fiori aperti nella posizione basale raggiunge il
picco di massimo piuttosto velocemente a partire dall‟inizio della fioritura con valori
significativamente superiori rispetto al confronto distale. Invece per la posizione
distale il punto che corrisponde alla massima fioritura si verifica leggermente dopo e
presenta valori più bassi che tuttavia in alcuni casi (26 maggio figura 3.23- a; 23
maggio figura 3.24- a) sono significativamente superiori rispetto ai valori riportati
dai rami basali.Prendendo in considerazione i grafici in figura 3.23 (b), si può
osservare che in entrambi i casi nelle posizioni distali si assiste ad unamaggiore
presenza di fiori chiusi. Nelle date 21 e 23 maggio per Piantone di Falerone e 19 e
21 maggio per Piantone di Mogliano si evidenziano differenze significative.
Figura 3.24: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Piantone di Mogliano.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto
ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date
comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni
data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Rosciola mostra a differenza di tutte le altre cultivar esaminate, il picco di massima
fioritura nei rami della posizione distale (figura 3.25 - a), in data 21 maggio con
valori percentuali di 63,94 contro il 49,12 della posizione basale. Nel grafico che
riporta la percentuale dei fiori chiusi
(b) non sono state riscontrate differenze
197
significative ad eccezione della data 16 maggio nella quale la posizione distale ha
presentato un numero di fiori chiusi maggiore rispetto a quella basale.
Figura 3.25: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in
Rosciola.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il
risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra
il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo
il test di Tukey (p=0,05).
Commentando i grafici presentati in questo paragrafo è possibile evidenziare una
maggiore presenza di fiori aperti nei rami della posizione basale della chioma per la
maggior parte delle cultivar osservate. Coroncina ha mostrato valori simili in
entrambe le posizioni mentre Rosciola ha presentato valori maggiori nella parte
distale della chioma. Sulla scorta di queste informazioni sembra possibile affermare
la presenza di un gradiente della fioritura tendenzialmente acropeto, che parte dalla
posizione basale della chioma più prossima al suolo, per poi sviluppare verso la parte
distale.
3.3.1.2 RAMO
In figura (3.26; a-b) è possibile analizzare l‟andamento delle percentuali di fiori
aperti e chiusi in base alla posizione dell‟infiorescenza sul ramo per tutte le cultivar.
Nel grafico (a) è possibile notare come nella fase di inizio fioritura le infiorescenze
della posizione medio-distale del ramo manifestino un maggior numero di fiori
aperti (14 e 16 maggio). In data 19-21-23 maggio le differenze tra le porzioni del
ramo sono scomparse per emergere nuovamente il 26 maggio, con un numero di fiori
198
aperti maggiore nelle porzioni medio-distali del ramo. Nel grafico (b) è possibile
notare come inizialmente (14 maggio) la porzione basale presenti il maggio numero
di fiori chiusi. Tuttavia già dal rilievo successivo le tre porzioni non manifestano più
differenze significative fino ad arrivare al 21 e 23 maggio,quandosarà la porzione
distale ha presentare il valore percentuale significativamente maggiore.
Figura 3.26: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in tutte le cultivar.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey
(p=0,05).
In Arbequina (figura 3.27; a-b) non sono state rilevate differenze significative circa
l‟evoluzione della fioritura tranne che nelle date 14 e 16 maggio dove è stata la
porzione distale a manifestare il numero maggiore di fiori aperti (a).
Corrispondentemente, alle stesse date, nelle porzioni medio-basale si è avuto il
numero maggiore di fiori chiusi (b).
199
Figura 3.27: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Arbequina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
In figura 3.28 (a) si può osservare che nella cultivar Ascolana dura la porzione distale
manifesta un picco di fioritura posticipato rispetto alle altre porzioni del ramo, in
data 26 maggio. Inoltre in questa data è possibile anche osservare una maggiore
percentuale di fiori aperti statisticamente significativa proprio a favore della porzione
distale. In figura 3.28 (b) invece, è possibile osservare delle differenze significative
in data 21 e 23 maggio con un numero di fiori chiusi maggiore nella parte distale del
ramo.
Figura 3.28: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Ascolana dura.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey
(p=0,05).
200
Figura 3.29: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Carboncella.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey
(p=0,05).
Nel grafico in figura 3.29 (a) si può osservare che in Carboncella la porzione distale
del ramo ha evidenziato un maggior numero di fiori aperti in data 23 maggio
(90,51%), mentre nella fase finale della fioritura (28 maggio) la porzione con più
fiori aperti è stata quella basale (14,91%). Nel grafico (b) non si evidenziano
differenze significative tranne cheil 23 maggio, in corrispondenza del picco di
fioritura, con 32,44% di fiori chiusi nella parte basale del ramo.
Figura 3.30: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Rosciola colli Esini.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi.
Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di
Tukey (p=0,05).
Nella cultivar Rosciola colli Esini (figura 3.30) non è stata riscontrata la presenza di
infiorescenze nella porzione distale del ramo. Tuttavia in figura 3.30 (b), nella
201
porzione centrale del ramo si evidenzia un numero di fiori chiusi significativamente
maggiore rispetto alla parte basale (23 e 28 maggio).
Figura 3.31: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Coroncina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Nella figura 3.31 (a) è possibile notare, per la cultivar Coroncina, un numero
percentuale di fiori aperti nella porzione distale pari a 6,62; 15,36 e 25,60 nelle date
14-16-19 maggio. Nelle date successive le porzioni medio-basale, a differenza di
quella distale in cui i fiori aperti sono diminuiti rapidamente, hannomanifestato una
percentuale di fiori aperti crescente che verosimilmente ha prolungato il periodo di
fioritura. In figura 3.31 (b) la porzione basale ha manifestato un numero di fiori
chiusi significativamente maggiore in tutto il periodo compreso tra il 14 maggio e il
21 maggio.
Figura 3.32: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Lea.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
202
Nel caso della cultivar Lea (figura 3.32; a-b) non sono state riscontrate differenze
significative.
Figura 3.33: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Maurino.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Come nel caso di Rosciola colli Esini, anche nel caso del Maurino (figura 3.33; a-b)
non sono state riscontrate infiorescenze nella porzione distale del ramo; inoltre non si
sono osservate differenze statisticamente significative tra le porzioni centrale e
basale.Nella cultivar Nostrale di Rigali (figura 3.34 - a) nel periodo di inizio fioritura
sono state osservate differenze significative per le date 12 -14 -16 maggio con
percentuali rispettivamente del 18,45; 31,61 e 42,92. La porzione basale inoltre ha
manifestato un picco di apertura dei fiori in data 21 maggio, posticipato di due giorni
rispetto alle altre porzioni. Inoltre nelle date del 12-14-16 maggio la porzione basale
ha manifestato un numero di fiori chiusi significativamente maggiore rispetto alla
parte centrale. Questa situazione è stata osservata fino al 21 maggio.
203
Figura 3.34: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Nostrale di Rigali.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey
(p=0,05).
Figura 3.35: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Piantone di Falerone.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi.
Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di
Tukey (p=0,05).
In figura 3.35 si riporta l‟andamento della schiusura dei fiori in Piantone di Falerone.
Anche in questo caso non è stata rinvenuta la presenza di infiorescenze nella parte
distale del ramo. In (a) si mostra come la porzione centrale abbia raggiunto il picco
di massima fioritura, sebbene non sono state evidenziate differenze significative con
la porzione basale. In (b) nelle date 21 e 23 maggio la parte basale presentava un
numero di fiori chiusi maggiore.
204
Figura 3.36: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Piantone di Mogliano.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi.
Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di
Tukey (p=0,05).
Nella cultivar Piantone di Mogliano (figura 3.36-a) in data 19 maggio la porzione
distale del ramo ha mostrato un picco di fiori aperti significativamente maggiore dei
valori delle porzioni medio-basale. Nelle altre date non sono state individuate
ulteriori differenze significative. Tuttavia il valore massimo di fiori schiusi si è avuto
il 21 maggio nella porzione basale del ramo, con un valore di 55,50%. Nel grafico in
figura 3.36-b, laporzione distale ha mantenuto un numero di fiori chiusi inferiore
rispetto alle porzioni
medio-basale, tuttavia le differenze sono
risultate
statisticamente significative solo per la data 19 maggio. In figura 3.37 è riportato
l‟andamento della fioritura nelle diverse porzioni del ramo per la cultivar Rosciola.
Anche per questa cultivar non si sono osservate infiorescenze nella parte distale del
ramo, inoltre nelle restanti porzioni non sono state individuate differenze
significative.
205
Figura 3.37: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il
ramo in Rosciola.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05).
Dai grafici descritti in questo paragrafo è possibile notare che il processo di fioritura,
espresso come percentuale di fiori aperti lungo l‟asse del ramo misto, sembra iniziare
dalle porzioni centrale e distale(figura 3.26). All‟approssimarsi della piena fioritura
le differenze tra le tre porzioni tendono a ridursi sebbene la porzione distale tende ad
evidenziare una più alta presenza di fiori aperti. Infine èla porzione basale che
sembra manifestare per tutta la durata della fioritura, una percentuale di fiori aperti
tendenzialmente più bassa.Questo comportamento in generale permette di ipotizzare
un‟evoluzione del processo di fioritura che inizia a partire dalle infiorescenze poste
nella parte centrale del ramo per poi coinvolgere in misura maggiore anche quelle
nella porzione distale. Le infiorescenze poste nella parte basale sembrano rivestire
una minore importanza, per il minor contributo in termini di fiori aperti, offerto
all‟intero processo. Tuttavia prendendo in considerazione le singole cultivar è
possibile distinguere diversi comportamenti: in Coroncina, Piantone di Mogliano e
Carboncella il processo di fioritura si avvia a partire dalla porzione distale del ramo;
invece in Maurino, Rosciola colli Esini, Piantone di Falerone e Rosciola, la porzione
distale del ramo non ha mostrato la presenza di fiori. Osservando questi grafici in
relazione a quanto riportato in figura 3.5 a-b., è possibile notare che nella porzione
basale a fronte di una maggior percentuale di infiorescenze e bottoni fiorali
differenziati, tendenzialmente corrisponde una minor presenza di fiori aperti. Nelle
porzioni centrale e distale invece corrisponde un maggior numero di fiori schiusi,
benché il numero di bottoni sia inferiore. Quindi sembra possibile poter affermare in
base ai dati disponibili, che pur essendo presenti nella parte basale del ramo misto un
206
numero maggiore di infiorescenze e di bottoni fiorali,la posizione dell‟infiorescenza
sul ramo influenzi il processo di fioritura. Infatti sembra che la schiusura dei fiori
nelle infiorescenze poste nella porzione centrale e distale sia favorita, rispetto alla
schiusura dei fiori nella porzione basale.
3.3.2 FENOLOGIA
Fenogramma
.
inizio fioritura
piena fioritura
fine fioritura
Ascolana dura
Rosciola Colli Esini
Rosciola
Piantone di Falerone
Nostrale di Rigali
Lea
Maurino
Coroncina
Carboncella
Piantone di Mogliano
Arbequina
1/5
6/5
11/5
16/5
21/5
26/5
31/5
5/6
10/6
Epoca
Figura 3.38:Fenogramma; epoche di fioritura per ogni cultivar. Costruite con l’utilizzo delle fasi
61, 65 e 68 della scala fenologica BBCH. Ogni barra corrisponde alla durata in giorni.
Sono state determinate le diverse epoche di fioritura per ogni cultivar per la stagione
2014, in riferimento alla scala fenologica BBCH, utilizzando le fasi corrispondenti
alla piena fioritura (dalla fase 61 alla fase 68).
Dall‟osservazione dalla figura 3.38,si può notare chetrale cultivar studiate esiste una
potenziale sovrapposizione dei periodi di fioritura ai fini dell‟impollinazione
incrociata. Le cultivar Ascolana dura, Rosciola Colli Esini, Piantone di Falerone e
Lea raggiungono contemporaneamente la fase 61, ovvero l‟inizio della piena fioritura
(10 % di fiori aperti per infiorescenza), in data 23/05/2014. I periodi delle cultivar
Ascolana dura e Rosciola Colli Esini e Lea si sovrappongono dato che entrambe
207
hanno una durata di tre giorni, mentre il Piantone di Falerone mostra una lunghezza
del periodo di fine fioritura maggiore (5 giorni). L‟epoca di fioritura di Lea si
sovrappone a quella diCarboncella per tre giorni, e a quella della Coroncina per due.
Coroncina e Carboncella, insieme a Piantone di Mogliano e Arbequina hanno
iniziato la fase di piena fioritura il 21/05/2014. Un altro gruppo di cultivar che
mostrano sovrapposizione dell‟epoca di fioritura è rappresentato da Maurino,
Nostrale di Rigali e Rosciola, nonostante manifestino in seguito, una durata diversa.
Infatti, Maurino raggiunge la fase fenologica 61 (inizio fioritura) il 16/05/2014,
Nostrale di Rigali il 19/05/2014 e Rosciola il 21/05/2014. Inoltre, la cultivar che
presenta una durata maggiore della piena fioritura è Carboncella con un intervallo di
7 giorni.
3.3.2.1 CHIOMA
In questo paragrafo è riportata è riportato l‟andamento delle diverse fenofasi,
confrontando le date in cui ognuna di esse si è manifestata nelle due posizioni dei
rami sulla chioma. In figura 3.39 a, è possibile osservare l‟andamento delle fenofasi
per tutte le cultivar analizzate. Tra le due posizioni non sono stati evidenziati
scostamenti temporali significativi, se non nella fase 55. Considerando singolarmente
le cultivar è possibile osservare dei comportamenti diversificati. In Rosciola (figura
3.39 b) non è stata riscontrata la presenza di differenze significative, sebbene la
fenofase 60 si sia manifestata con un leggero ritardo nella posizione basale rispetto a
quella distale.
208
Figura 3.39: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= tutte le cultivar; b= Rosciola. Ogni punto corrisponde al
valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase.
* indica differenze
significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
Nella cultivar Arbequina (figura 3.40 a), durante le prime tre fenofasi sono state
riscontrate delle differenze significative, con i rami della posizione distale che hanno
manifestato un ritardo rispetto a quelli della posizione basale rispettivamente pari a
0,85; 2,05 e 1,60 giorni. Successivamente nella fase di inizio caduta petali (68), si è
riscontrata una ulteriore differenza significativa, con un epoca della posizione distale
ancora posticipata rispetto a quella basale. In Ascolana dura (figura 3.40 b), sono
state evidenziate due differenze significative per le fasi di schiusura dei fiori (55) e
inizio fioritura (61), con un posticipo dei rami in posizione distale pari a 0,76 e 2,84
giorni. Non sono state rilevate infiorescenze per la fase 60, corrispondente al primo
fiore aperto nella posizione distale.
Figura 3.40: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= Arbequina; b= Ascolana dura. Ogni punto corrisponde
al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase.
* indica differenze
significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
In figura 3.41 a, è riportata l‟evoluzione della fenologia fiorale in Carboncella, in cui
non sono state osservate differenze statisticamente significative; in figura 3.41 b, è
descritto invece il comportamento della cultivar Rosciola colli Esini, in cui per la
fase di inizio fioritura è stata osservata un posticipazione di 1,73 giorni nei rami
distali.
209
Figura 3.41: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= Carboncella; b= Rosciola colli Esini. Ogni punto
corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica
differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis,
(p=0,05).
In Coroncina (figura 3.42 a), è stata osservata una evoluzione della fenologia fiorale
diversisificata tra le due posizioni. Per le fasi 55, 60 e 61 il divario tra i rami delle
due posizioni è stato di 0,85; 2,52 e 1,30 giorni. Inoltre una ulteriore differenza
significativa è stata osservata nella fase 68 con un ritardo dei rami distali di 1,68
giorni. In figura 3.42 b, è descritta l‟evoluzione fenologica per Lea. Per le fasi di
inizio (61) e piena fioritura (65), anche in questa cultivar le infiorescenze dei rami in
posizione distale hanno evidenziato un ritardo significativo rispetto a quelle basali.
Figura 3.42: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= Coroncina; b= Lea. Ogni punto corrisponde al valore
medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le
medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
210
In figura 3.43 a-b, sono descritte le cultivar Maurino e Nostrale di Rigali. In entrambi
i casi gli andamenti fenologici dei rami nelle due posizioni non hanno manifestato
divergenze significative.
Figura 3.43: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= Maurino; b= Nostrale di Rigali. Ogni punto corrisponde
al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase.
* indica differenze
significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
Descrivendo le cultivar Piantone di Falerone (figura 3.44 a) e Piantone di Mogliano
(figura 3.44 b), nella fase di piena fioritura per entrambe è stato osservato uno
scostamento tra le due posizioni, con un ritardo dei rami distali rispettivamente di
1,62 e 0,93 giorni. Inoltre Piantone di Falerone è l‟unica cultivar che ha manifestato
una differenzasignificativa nella fase di fine fioritura (69).
Figura 3.44: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in
relazione alla posizione sulla chioma.a= Piantone di Falerone; b= Piantone di Mogliano. Ogni
punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica
differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis,
(p=0,05).
211
Discutendo i risultati presentati in questo paragrafo, in generale (figura 3.23 a) è
possibile notare che non sono state riscontrate differenze significative circa
l‟evoluzione della fenologia della fioritura tra i rami delle due posizioni a confronto.
Tuttavia prendendo singolarmente in esame le cultivar è stato possibile individuare
dei casi (Arbequina e Coroncina) in cui nella posizione distale della chioma tutte le
fasi iniziali del processo di fioritura (55-60-61)si sono manifestate con un ritardo
significativo
rispetto alla posizione basale. Nelle altre cultivar non sono state
evidenziate differenze significative; tuttavia in alcune cultivar (Rosciola colli Esini,
Ascolana dura, Lea) l‟inizio della fioritura (61) è avvenuto con un leggero ritardo
nella posizione distale della chioma. In Piantone di Falerone e di Mogliano è stata
invece la piena fioritura (65) a manifestarsi in posticipo nelle infiorescenze dei rami
distali.Sembra quindi possibile ipotizzare una tendenza, almeno per alcune cultivar e
nelle attuali condizioni sperimentali, che manifesta un gradiente ascendente
nell‟evoluzione fenologica della fioritura a livello dell‟intera chioma. Infatti
completata la distensione delle infiorescenze, i rami della posizione basale
tenderebbero ad avviare il processo di fioritura con qualche giorno di anticipo
rispetto a quelli della parte di chioma sovrastante. Tuttavia nella maggior parte delle
cultivar osservate tali differenze sembrano ridotte a singole fasi, evidenziando uno
sviluppo omogeneo dell‟intero processo di fioritura.
3.3.2.2 RAMO
In questo paragrafo viene presa in esame l‟evoluzione fenologica della fioritura
lungo l‟asse del ramo misto, ripartito nelle porzioni basale, centrale e distale. In
figura 3.45 a, è rappresentata l‟evoluzione fenologica del ramo per tutte le cultivar
osservate. È possibile evidenziare delle differenze significative per tutte le fasi
fenologiche tranne che per la caduta dei petali (fase 68). In particolare la porzione
distale del ramo ha manifestato un‟epoca di schiusura dei bottoni fiorali (0,53 giorni
dal centrale e 0,54 giorni dal basale), di piena fioritura (1,18 giorni dal centrale e
1,03 giorni dal basale) e di fine fioritura (0,61 giorni dal centrale e 0,70 giorni dal
212
basale) posticipate, rispetto alle porzioni centrale e basale. A causa della difficoltà di
distinguere il momento preciso in cui si è verificata la fase 60 è stata determinata una
data giuliana leggermente avanzata (138,59) rispetto a quella in cui si è verificata la
fase successiva (137,79). Questo inconveniente è stato incontrato anche in altri casi,
analizzando singolarmente le diverse cultivar in prova. Nella figura 3.45 b, è
riportata l‟evoluzione fenologica per la cultivar Rosciola. È possibile notare l‟assenza
di infiorescenze nel tratto distale del ramo. Inoltre nelle porzioni restanti non sono
state rilevate differenze significative, tranne per la fase 68 (caduta petali) che nella
porzione centrale si è verificata 1,37 giorni dopo rispetto alla basale.
Figura 3.45: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= tutte le cultivar; b= Rosciola. Ogni
punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05).
Nella cultivar Arbequina (figura 3.46 a) la porzione distale ha raggiunto la schiusura
dei bottoni fiorali 1,22 giorni prima della basale e 1,48 giorni dalla centrale. Anche
l‟inizio della fioritura (61) è avvenuto a partire dalla porzione distale con 1,64 e 1,57
giorni di anticipo rispetto alle parti centrale e basale. Nella porzione distale di
Ascolana dura invece, tutte le fenofasisi sono verificatetendenzialmente dopo rispetto
al resto del ramo, raggiungendo differenze significative nella fase di piena e di fine
fioritura.
213
Figura 3.46: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Arbequina; b= Ascolana dura. Ogni
punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05).
In figura 3.47 a, si può osservare il comportamento di Carboncella. Le uniche
differenze significative si sono rinvenute alla schiusura dei bottoni (55) e al primo
fiore aperto (60). Tuttavia anche in questo caso non è stato possibile individuare con
precisione la fase 60, con il risultato che la data relativa alla porzione basale risulta
posticipata rispetto alla fase 61 per la stessa porzione. In
figura 3.47 b, è
rappresentata Rosciola colli Esini. Anche in questa cultivar non è stata rinvenuta la
presenza di infiorescenze nella parte distale del ramo. Inoltre nella fase di piena
fioritura (65), è stata riscontrata un differenza significativa con la porzione centrale
leggermente indietro (1,09 giorni) rispetto alla basale.
Figura 3.47: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Carboncella; b= Rosciola colli Esini.
Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase.
214
Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di
Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
In Coroncina (figura 3.48 a) sono state osservate tre differenze significative. Le fasi
in cui si sono verificate sono state:schiusura dei bottoni (55), inizio fioritura (61) e
caduta petali (68). In quest‟ultimo caso la porzione distale del ramo ha manifestato
un‟anticipo di 2,54 giorni dalla centrale e 3,09 giorni dalla basale. Lea (figura 3.48 b)
non ha riportato differenze significative. Inoltre per questa cultivar non sono state
osservate infiorescenze nella fase fenologica di inizio fioritura nella porzione distale.
Figura 3.48: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Coroncina; b= Lea. Ogni punto
corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere diverse
indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-KruskalWallis, (p=0,05).
Anche in Maurino (figura 3.49 a) non sono state osservate differenze significative. In
figura 3.49 b, viene descritta l‟evoluzione fenologica della Nostrale di Rigali, dove
nelle fasi di inizio (61) e piena fioritura (65) si osserva una ritardo delle infiorescenze
presenti nella porzione basale del ramo.
215
Figura 3.49: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Maurino; b= Nostrale di Rigali. Ogni
punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere
diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05).
In figura 3.50 a è descritta l‟evoluzione fenologica del Piantone di Falerone. In
quetsa cultivar si nota l‟assenza di infiorescenze nella porzione distale del ramo,
inoltre non sono state osservate differenze statisticamente significative tra le porzioni
centrale e basale. Nellacultivar Piantone di Mogliano (3.50 b), nelle fasi di primo
fiore aperto (60), inizio (61) e piena fioritura (65) sono state verificate differenze
significative tra le porzioni. Non sono state osservate infiorescenze nella fase
fenologica di primo fiore aperto nella porzione distale del ramo. Inoltre le fasi inizio
fioritura e piena fioritura sono risultate con 1,79 e 0,93 giorni di anticipo rispetto alla
porzione centrale e 1,56 e 1,3 giorni di anticipo rispetto a quella basale.
Figura 3.50: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala
BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Piantone di Falerone; b= Piantone di
Mogliano. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna
216
fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il
test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05).
Commentando i grafici riportati in questo paragrafo sembra possibile affermare
l‟esistenza di una scalaritànel processo di fioritura che coinvolge in particolare le
porzioni distale e basale del ramo. Partendo dalla (figura 3.45 a), la schiusura dei
bottoni fiorali si manifesta prima nelle porzioni centrale e basale del germoglio. Le
fasi successive di apertura del primo fiore e di inizio fioritura procedono dalle
porzioni centrale e distale. Infine sono nuovamente le porzioni basale e centrale ad
evidenziare un anticipo nell‟espressione della fase di piena e di fine fioritura. Sembra
quindi che il processo di fioritura presenti un gradiente che parte dalla porzione
basale del ramo verso quella distale; inoltre sembra ripetersi per due volte nell‟arco
dell‟intero processo di fioritura: la prima volta si verifica dalla fase di schiusura dei
bottoni fino all‟inizio dellafioritura mentre la seconda volta dalla piena fioritura fino
alla fine dell‟intero processo. Tuttavia considerando singolarmente le cultivar è
possibile riscontrare dei comportamenti diversi: in Arbequina, Coroncina e Piantone
di Mogliano è sempre la porzione distale del ramo ad anticipare le altre, fin dalle
prime fasi della fioritura, evidenziando quindi un gradiente verso il basso dell‟intero
processo. D‟altro lato altre cultivar (Lea, Maurino, Piantone di Falerone) non
mostrano affatto differenze significative tra le porzioni del ramo, per tutta la durata
della fioritura.
217
3.4 ALLEGAGIONE
In questa parte sarà brevemente descritta l‟allegagione, in relazione alla posizione del
ramo sulla chioma, tra le diverse cultivar e sul ramo.
3.4.1 CHIOMA
3.4.1.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE
Sono stati valutati i frutti allegati lungo i germogli per ogni cultivar presente nel
campo sperimentale.
Tabella 3.2: Numero di frutti allegati; confronto tra varietà per ciascuna posizione all’interno
della chioma. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie (± err. std) secondo
il test Tukey (p=0.05).
cultivar
Posizione sulla chioma
basale
distale
Arbequina
1,3 ±0,1
b
1,8 ±0,2
a
Ascolana dura
1,2 ±0,1
b
1,3 ±0,2
a
Carboncella
1,6 ±0,1
b
1,5 ±0,1
a
Esini
1,4 ±0,1
b
1,7 ±0,5
a
Coroncina
1,2 ±0,1
b
1,5 ±0,1
a
Lea
1,1 ±0,1
b
1,0 ±0
a
Maurino
1,2 ±0,1
b
1,8 ±0,2
a
Nostrale di rigali
1,6 ±0,2
b
1,5 ±0,2
a
1,5 ±0,1
b
1,2 ±0,1
a
3,1 ±0,7
a
1,8 ±0,1
a
Rosciola colli
Piantone di
Falerone
Piantone di
Mogliano
218
Rosciola
1,1 ±0,05
b
Da i risultati della tabella 3.2 è emerso che sia la posizione basale sulla chioma che
quella distale, presentano delle differenze statisticamente significative tra le cultivar.
Quella che mostra un più alto numero di frutti nella posizione basale, è il Piantone di
Mogliano con un valore pari a 1,1±0,3. D‟altra parteAscolana dura è la cultivar che
riporta i valori più bassi rispetto alle altre varietà (0,2±0,1) e mantiene lo stesso
posizionamento anche nel confronto tra i rami della posizione distale (0,1±0,1), dove
Carboncella e Arbequina registrano un numero elevato di frutti allegati,
rispettivamente pari a 0,7 (±0,1) e 0,7 (±0,2). Infine nella parte distale Rosciola, non
presenta alcun frutto allegato.Dalla figura 3.51 si può notare che dal confronto delle
posizioni basale e distale sulla chioma, il numero dei frutti allegati presenta delle
differenze significative solo per le cultivar Lea e Rosciola. Piantone di Mogliano
registra un numero elevato di frutti allegati nella parte basale (1,1), mentre nella
porzione distale presenta un valore medio di 1,3 frutti. Lea invece presenta un
numero basso di frutti allegati pari a 0,06 nella porzione distale, mentre Ascolana
dura riporta valori bassi, rispettivamente di 0,2 e 0,1 frutti, in entrambe le posizioni
considerate.
219
*
*
Figura 3.51: Numero di frutti allegati; confronto tra le due porzioni (basale e distale) all’interno
di ciascuna cultivar. Il simbolo * indica differenze significative tra le medie secondo il test t di
Student (p=0.05).
3.4.2 RAMO
È stata valutata l‟allegagione espressa in termini percentuali lungo l‟asse del
germoglio per ogni cultivar. Dalla figura 3.52si può osservare comeper la gran parte
delle cultivar le differenze non siano risultate significative. Solo Piantone di
Mogliano ha mostrato valori di allegagione significativamente superiori con il 9,5%
di frutti allegati, mentre le varietà Ascolana dura, Lea e Rosciola statisticamente
simili, sono quelle che hanno registrato i valori di allegagione più bassi, pari circa ad
1%.
220
a
b
b
ab
b
bc
c
bc
c
bc
c
Figura 3.52: Percentuale di allegagione; distribuzione dei frutti allegati lungo il ramo.
Confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie secondo il
test t di Student (p=0.05).
221
CONCLUSIONI
L‟infiorescenza dell‟olivo è un racemo formato da un asse principale sul quale sono
inseriti ortogonalmente da 1 a 4assi secondari. Sugli assi secondari si inseriscono
altri assi di terzo ordine su cui sono collocati i fiori (Fiorino et al., 2011). Le
caratteristiche dei fiori, come la struttura, la dimensione, il numero e la distribuzione
nella mignola, sono determinate geneticamente. Infatti, il numero dei fiori varia da
10-12 a 30 e appare diverso per ogni cultivar.All‟interno dell‟infiorescenza, i fiori
possono essere di tre tipi: ermafroditi (perfetti), staminiferi (fiori a funzione
maschile) e pistilliferi (fiori a funzione femminile). Sembra che la formazione delle
mignole all‟interno della pianta sia scalare, senza seguire ordini precisi (Fiorino et
al., 2011). All‟interno dello stesso albero, le caratteristiche delle infiorescenze e dei
fiori possono presentare delle variazioni, infatti quelle presenti nella porzione distale
del germoglio sono generalmente più corte, inoltre nell‟estremità prossimale oltre ad
essere corte sviluppano anche meno fiori (Lavee et al., 1996). La classificazione dei
vari stadi della fioritura, a livello internazionale, avviene sulla base della scala
fenologica BBCH, (Rojo&Pèrez-Badia, 2014), che individua diverse fasi: inizio
fioritura, in cui dal 10% al 50% dei fiori sono aperti (BBCH phase 61); piena
fioritura, in cui almeno il 50% dei fiori è aperto (BBCH phase 65);caduta dei primi
petali (BBCH phase 68);fine fioritura con caduta di tutti i petali e degli ovari non
fecondati (BBCH phase 69). I fattori geografici come l‟altitudine e la localizzazione
topografica possono comportare cambiamenti significativi nelle condizioni
climatiche (Tang e Fang, 2006) che determinano lo sviluppo fenologico (Ziello et al.,
2009; Davi et al., 2011). L‟epoca può variare nello stesso ambiente tra le diverse
cultivar anche di 3-4 settimane e questo processo viene identificato come scalarità di
fioritura. La conoscenza della fenologia della fioritura, a livello della singola pianta,
e dell‟influenza della topografia e dell‟esposizione della chioma sull‟inizio e sulla
durata delle diverse fenofasi può risultare particolarmente utile all‟ottimizzazione e
alla selezione di diverse pratiche colturali, come la potatura, l‟irrigazione e la
fertilizzazione (Chmielewski, 2003; Garcìa-Mozo, 2011).La vitalità e la dimensione
delle infiorescenze e la fioritura possono essere influenzati dall‟entità dei livelli di
fruttificazione dell‟albero nella stagione precedente e dalla localizzazione del
222
germoglio(Laveeet al.,1996; Rallo et al., 1999); sembra plausibile pensare che
l‟effetto dei frutti in accrescimento, sulla riduzione del livello di differenziazione
nell‟anno successivo, sia dovuto a segnali regolatori, prodotti dagli embrioni in fase
di sviluppo. Un altro fattore determinate sulla qualità della fioritura è il patrimonio
genetico di una cultivar, (Moreno-Alias et al., 2013). Il processo di fioritura, la sua
durata e l‟epoca di inizio fioritura, che caratterizza le diverse cultivar, dipendono
anche da fattori ambientali.
Cosi come per le specie tipiche delle zone temperate, anche nel caso dell‟olivo la
temperatura sembra essere il fattore esogeno maggiormente influente sull‟epoca di
fioritura (Alcalà e Barranco 1992; Osborne et al., 2000; Schwartz 2003; Galànet al.,
2005). Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che anche altri fattori, come ad
esempio la superficie fogliare (Wesley et al., 1964; Sayedet al., 1972) e il
fotoperiodo, sono in grado di esercitare un effetto sull‟epoca di fioritura, sebbene con
un‟efficacia minore rispetto alla temperatura (De Melo-Abreuet al., 2004; Galànet
al., 2005). Anche le pratiche colturali possono influenzare il tasso di fioritura, in
particolare quando riescono a migliorare la sintesi e la ripartizione degli assimilati
nella pianta (Proietti, 2003).L‟impollinazione e la successiva fase di fecondazione
rappresentano la seconda parte del ciclo biologico.L‟olivo è una specie anemofila
dato che l‟impollinazione avviene mediante il trasporto del vento. Il polline riesce a
raggiungere distanze notevoli grazie alla forza del vento ed è stato ritrovato anche ad
oltre 7 km dalla pianta (Lavee et al., 1996; Martins et al., 2006).Questa specie è
considerata tendenzialmente allogama, in quanto, per la formazione del frutto,
preferisce o necessita di un„impollinazione incrociata tra le cultivar.Il polline si
libera con 1-2 giorni di ritardo rispetto alla schiusura del fiore, e, quando è maturo, le
due antere si aprono longitudinalmente liberandolo nell‟ambiente. Questo avviene
nelle ore più calde e più secche della giornata; al contrario, nelle ore umide o in
ambienti poco ventilati, il polline rimane agglutinato, cadendo in piccoli ammassi
sulle foglie sottostanti fino al suolo.Esso raggiunge lo stigma dell‟ovario e, se viene
riconosciuto, dà avvio ad un processo che porta alle fecondazione e quindi alla
formazione di un nuovo individuo (Angelini, 2009). L‟autoimpollinazione nell‟olivo
è determinata da caratteristiche genetiche che possono essere espresse o meno, anche
in base alle condizioni climatiche e di crescita. Infatti, alcune varietà, autosterili se
223
allevate in determinati ambienti, si sono dimostrate autofertili in altre zone (Laveeet
al, 1996). L‟allegagione viene definita come il passaggio dal fiore al frutto ed inizia
con la formazione dello zigote. La sua entità viene espressa come percentuale di
frutti formati rispetto al numero totale dei fiori fecondati (Fiorino et al., 2011).Le
percentuali di allegagione oscillano tra l‟1 e il 10% in funzione dell‟andamento
stagionale e delle cultivar. Di questa percentuale, soltanto l‟1-2% arriva a completa
maturazione. Al momento dell‟allegagione, si assiste anche alla caduta dei fiori
imperfetti e non fecondati, a cui segue quella dei giovani frutti meno competitivi, il
tutto accade nell‟arco di 1-2 settimane (Fiorino et al., 2011). Molti studi mostrano
che il tasso di allegagione aumenta proporzionalmente alla riduzione artificiale del
numero di fiori, assicurando un numero di frutti simile alle piante non diradate
(Suarez et al., 1984; Rallo and Fernandez-Escobàr, 1985; Lavee et al., 1996; 1999).
Rugini e Pannelli (1993), hanno dimostrato come il tasso di allegagione incrementi
quando la crescita del germoglio viene rallentata, sia chimicamente che
meccanicamente, supportando l‟ipotesi che l‟allegagione soggiaccia a meccanismi di
tipo competitivo. Il principale fattore di controllo in grado di incidere
sull‟allegagione è di tipo genetico ed è dovuto alle differenze tra le cultivar a frutto
piccolo e quelle a frutto grande. Questo lavoro di sperimentazione si pone come
obiettivo di analizzare la scalarità di fioritura tra 11 cultivar allevate nelle condizioni
dell‟alta densità e di individuare le cultivar idonee per essere usate in combinazione
negli impianti. La scalarità e le diverse fasi fenologiche saranno valutate anche in
posizioni diverse della chioma e del germoglio all‟interno della stessa pianta, per
verificare la presenza di un gradiente di fioritura sia a livello di chioma che di
singolo ramo.La sperimentazione è stata effettuata nell‟oliveto ad alta densità, sito
nell‟azienda didattico-sperimentale “P.Rosati” ad Agugliano (AN), su 1 cultivar
spagnola, Arequina e su 10 cultivar autoctone marchigiane; Ascolana dura, Piantone
di Mogliano, Piantone di Falerone, Rosicola, Rosciola Colli Esini, Maurino,
Coroncina, Carboncella, Lea e Nostrale di Rigali. Sono stati effettuati rilievi durante
tutto il periodo di fioritura al fine di valutare l‟andamento della fioritura nel tempo.
Al fine di descrivere la scalarità di fioritura tra cultivar, è stato determinato il numero
di infiorescenze nelle due porzione delle pianta, basale e distale. L‟Ascolana dura, da
come si osserva dalla tabella 3.1 presenta un numero elevato di infiorescenze nella
224
parte basale (41,2 ± 2,9), mentre la cultivar Arbequina registra un alto numero di
infiorescenze nella parte distale (32,2 ± 1,8). Questo è dovuto al fatto che
l‟Arbequina al momento dell‟impianto aveva 8 mesi di età e pertanto non hanno
terminato la loro crescita a livello di architettura e i germogli presenti nella parte
distale, essendo soggetti all‟azione diretta della luce, presentano maggiori fiori aperti.
Nonostante l‟elevata produzione di fiori, dai risultati, è emerso che Lea e Ascolana
dura hanno elevate percentuali di fiori sterili (figura 3.6) a causa del loro patrimonio
genetico, di conseguenza è stato riscontrato che in entrambe le cultivar la percentuale
di allegagione è bassa (1,5%). Da quanto emerso dalla figura 3.16, la maggior
percentuale di frutti allegati sono stati registrati per la cultivar Piantone di Mogliano,
e dalla tabella 3.2 si può confermare che la suddetta varietà, sia nella porzione basale
che in quella distale, registra un numero elevato di frutti allegati, rispettivamente con
valori pari a (1,1±0,3) e (1,3±0,1). La distribuzione dei rami anticipati e delle
infiorescenze evidenzia che i rami anticipati tendono a sviluppare in misura maggiore
nelle porzioni centrale e distale del ramo misto, mentre le infiorescenze tendono ad
essere più numerose nella parte centro-basale. Dall‟analisi è emerso che la curva
della percentuale di fiori chiusi segue un decremento lento fino al rilievo effettuato il
23 maggio, in cui si ha il picco massimo i fiori aperti (30%). A questa data
corrisponde il periodo di piena fioritura, (figura 3.7). I risultati ottenuti dal presente
lavoro, mostrano che l‟andamento della fioritura varia a seconda delle cultivar, infatti
è stato riscontrato che nelle varietà come Ascolana dura, Rosciola Colli Esini, Lea e
Carboncella l‟inizio della fioritura si protrae alla data 21 maggio. D‟altro lato in
figura 3.11 si osserva che le cultivar Maurino e Nostrali di Rigali al rilievo del 12
maggio, si trovavano già all‟inizio della fioritura. Il grafico in figura 3.14 evidenzia
una maggiore presenza di fiori aperti nei rami della posizione basale della chioma.
Sembra possibile affermare la presenza di un gradiente della fioritura
tendenzialmente acropeto, che parte dalla posizione basale della chioma più prossima
al suolo, per poi sviluppare verso la parte distale. Il processo di fioritura, espresso
come percentuale di fiori aperti lungo l‟asse del ramo misto, sembra iniziare dalle
porzioni centrale e distale (figura 3.26). All‟approssimarsi della piena fioritura le
differenze tra le tre porzioni tendono a ridursi sebbene la porzione distale tende ad
evidenziare una più alta presenza di fiori aperti. Infine è la porzione basale che
225
sembra manifestare per tutta la durata della fioritura, una percentuale di fiori aperti
tendenzialmente più bassa. Questo comportamento in generale permette di ipotizzare
un‟evoluzione del processo di fioritura che inizia a partire dalle infiorescenze poste
nella parte centrale del ramo per poi coinvolgere in misura maggiore anche quelle
nella porzione distale. Le infiorescenze poste nella parte basale sembrano rivestire
una minore importanza, per il minor contributo in termini di fiori aperti, offerto
all‟intero processo. Tuttavia prendendo in considerazione le singole cultivar è
possibile distinguere diversi comportamenti. Rapportando queste considerazioni a
quanto riportato in figura 3.5 a-b., è possibile notare che nella porzione basale a
fronte di una maggior percentuale di infiorescenze e bottoni fiorali differenziati,
tendenzialmente corrisponde una minor presenza di fiori aperti. Nelle porzioni
centrale e distale invece corrisponde un maggior numero di fiori schiusi, benché il
numero di bottoni sia inferiore. Quindi sembra possibile poter affermare in base ai
dati disponibili, che pur essendo presenti nella parte basale del ramo misto un
numero maggiore di infiorescenze e di bottoni fiorali, la posizione dell‟infiorescenza
sul ramo influenzi il processo di fioritura. Infatti sembra che la schiusura dei fiori
nelle infiorescenze poste nella porzione centrale e distale sia favorita, rispetto alla
schiusura dei fiori nella porzione basale, lasciando ipotizzare un possibile vantaggio
di posizione. Con la determinazione delle fasi fenologiche, sulla base delle scala
BBCH, si è potuto costruire un fenogramma per la stagione 2014. Dalla figura 3.38 si
può osservare la sovrapposizione delle fasi di fioritura delle cultivar. Dalle 11
cultivar analizzate nel presente tesi, si possono riconoscere tre gruppi di
compatibilità utili per eventuali combinazioni di incroci al fine di incrementare
l‟impollinazione nell‟oliveto. Non sono state riscontrate differenze significative circa
l‟evoluzione della fenologia della fioritura tra i rami delle due posizioni a confronto.
Tuttavia prendendo singolarmente in esame le cultivar è stato possibile individuare
dei casi in cui nella posizione distale della chioma tutte le fasi iniziali del processo di
fioritura (55-60-61) si sono manifestate con un ritardo significativo rispetto alla
posizione basale, lasciando ipotizzare una tendenza, almeno per alcune cultivar e
nelle attuali condizioni sperimentali, che manifesta un gradiente ascendente
nell‟evoluzione fenologica della fioritura a livello dell‟intera chioma. Completata la
distensione delle infiorescenze, i rami della posizione basale tenderebbero ad avviare
226
il processo di fioritura con qualche giorno di anticipo rispetto a quelli della parte di
chioma sovrastante. Tuttavia nella maggior parte delle cultivar osservate tali
differenze sembrano ridotte a singole fasi, evidenziando uno sviluppo omogeneo
dell‟intero processo di fioritura. L‟evoluzione fenologica del processo di fioritura
coinvolge in particolare le porzioni distale e basale del ramo. Partendo dalla (figura
3.45 a), la schiusura dei bottoni fiorali si manifesta prima nelle porzioni centrale e
basale del germoglio. Le fasi successive di apertura del primo fiore e di inizio
fioritura procedono dalle porzioni centrale e distale. Infine sono nuovamente le
porzioni basale e centrale ad evidenziare un anticipo nell‟espressione della fase di
piena e di fine fioritura. In conclusione sembra possibile evidenziare chele zone più
fertili del ramo misto di olivo sono quelle centrali e basali; tuttaviale infiorescenze
nelle posizioni centrale e distale sembrano occupare una posizione di vantaggio nella
sequenzialità delle fasi che compongono il processo di fioritura. Ciò potrebbe essere
dovuto alla maggior influenza esercitata dall‟azione diretta della luce, in quanto tali
infiorescenze occupano una posizione più esterna rispetto al centro della chioma.
Considerando invece la direzionalità del processo di fioritura a livello della chioma
sembra che siano i rami nella posizione basale a manifestare per primi l‟avvio della
fioritura. Ciò potrebbe essere in qualche modo legato all‟età del ramo misto oppure
al momento della sua formazione nel corso della stagione precedente.
227
RINGRAZIAMENTI
Desidero rivolgere un pensiero particolare a tutti coloro che hanno reso possibile
questa entusiasmante esperienza. Vorrei cominciare con il prof. Davide Neri che ha
scommesso sulla mia persona da subito, concretizzando la possibilità di questo
percorso di dottorato. Devo ringraziarlo anche per avermi sempre spronato a dare il
massimo durante le varie circostanze e naturalmente per avermi reso partecipe di
numerose altre attività al di fuori di questo lavoro di tesi che hanno contribuito e non
poco alla mia personale crescita professionale e umana. Inoltre vorrei esprimergli il
mio più sincero riconoscimento per le preziose conoscenze tecniche e scientifiche e
per la passione verso il mondo dell‟arboricoltura che in tante occasioni ha sempre
condiviso e divulgato sia con me che con tutti i ragazzi del gruppo di lavoro.
Ovviamente non posso dimenticare tutti i componenti del gruppo Neri partendo da
Enrico che mi ha sempre accompagnato con immensa pazienza in tante fasi di
realizzazione e impostazione delle prove, nonché alla raccolta dei dati in campo,
fornendomi inoltre
preziosi consigli e aiutandomi a trovare soluzioni valide in
situazioni con “l‟acqua alla gola”. Per gli stessi motivi desidero poi ringraziare
Francesca che si è inoltre accollata il fardello di revisionare tutta la tesi, Serena per
avermi “impostato” dal punto di vista del rigore scientifico e per avermi insegnato a
“masticare” un po‟ di statistica, Giorgio per la fondamentale assistenza tecnica e
l‟instancabile disponibilità, Tonino per avermi coinvolto in altre prove e per aver
innescato la mia curiosità nei confronti dell‟alta densità dell‟olivo, Solomon per
avermi insegnato a maneggiare “con cura” strumentazioni molto costose. Non potrei
dimenticare poi la folta schiera di tesisti e tirocinanti che si sono avvicendati in
questo periodo, che in alcuni casi hanno contribuito in maniera sostanziale alla
realizzazione di questo lavoro e con i quali si è creato anche uno schietto rapporto di
reciproca stima e amicizia. Inoltre un altro grazie è per Lucinao, Giuseppe, Rino,
Cristina e ovviamente per tutto il personale dell‟azienda agraria con cui ho avuto
modo di collaborare nella realizzazione e nella gestione delle prove impostate. Un
altro ricordo va a tutte le persone che pur non partecipando in prima persona al
lavoro di questa tesi, con la loro amichevole presenza hanno contribuito a creare
quell‟atmosfera di positività, necessaria per lavorare serenamente anche e soprattutto
228
nei momenti più difficoltosi. Mi riferisco a Michele, Francesco, i ragazzi di Hort, i
ragazzi dei gruppi Mezzetti e Silvestroni.
Un grazie particolare poi è per mio papà e mia mamma che sono sempre stati
partecipi del mio lavoro, incoraggiandomi sempre e non facendomi mai mancare un
riferimento sicuro nei momenti più duri. Un altro grazie particolare va a Valery, la
mia fidanzata, che mi ha costantemente seguito sempre in maniera discreta come nel
suo stile, interessandosi e sacrificandosi per me, dimostrando con i fatti di dare
ragione del nome che ha. Un altro pensiero speciale va inoltre a Renzo e Lina che
accordandomi una smisurata fiducia hanno fatto davvero tanto per me. Infine un altro
grazie è per tutti coloro che per ovvi motivi non posso più elencare qui ma che in un
modo o nell‟altro, anche apparentemente insignificante, sono stati coinvolti in questa
mia esperienza. Grazie.
229
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