architettura della pianta e fertilità dell`olivo in coltura intensiva
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architettura della pianta e fertilità dell`olivo in coltura intensiva
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE AGRARIE Curriculum Produzioni Vegetali e Ambiente XIII° Ciclo (2012-2014) ARCHITETTURA DELLA PIANTA E FERTILITÀ DELL’OLIVO IN COLTURA INTENSIVA A.A. 2013-2014 …da subito un grazie particolare al prof. Davide Neri… 2 INDICE PREMESSA…………………………………………………………………………8 Capitolo 1: CONFRONTO ARCHITETTURALE TRA DIVERSE CULTIVAR DI OLIVO IN ALTA DENSITÀ INTRODUZIONE………………………………………………………..…9 1.1 Caratteristiche generali dell‟olivo................................................................9 1.2 Sviluppo della pianta e formazione dello scheletro……………………….9 1.3 Forma di allevamento e architettura dell‟olivo in impianti a densità crescente………………………………………………………………….11 1.3.1 Impianti a media densità……………………………….12 1.3.1.1 Vaso policonico e cespuglio……………….12 1.3.2 Impianti ad alta densità…………………………………..14 1.3.2.1 Asse centrale……………………………….14 1.4 Alta densità, tra genetica e tecnica: problemi aperti………………………18 1.5 Obiettivi della ricerca………………………………………………………21 MATERIALI E METODI…………………………………………..………22 2.1 Descrizione del sito......................................................................................22 2.2 Andamento climatico...................................................................................23 2.3 Caratteristiche dell‟impinato e gestione culturale…………………………25 2.3.1 Analisi del terreno...............................................................29 2.4 Descrizione del materiale vegetative............................................................30 2.4.1 Caratteristiche varietali........................................................31 2.5 Schema sperimentale..................................................................................36 2.6 Rilievi.........................................................................................................37 2.7 Elaborazione statistica e analisi dei dati………………………………….40 Allegato 1………………………………………………………………………41 Allegato 2………………………………………………………………………42 RISULTATI E DISCUSSIONI……………………………………………..43 3.1 Architettura delle piante................................................................................43 3 3.2 Produzione………………………………………………………………….56 3.3 Architettura delle branche………………………………………………….59 3.3.1 Ramificazione…………………………………………….59 3.3.2 Produzione ………………………………………………76 CONCLUSIONI…………………………………………………………….80 Capitolo 2: LA STRUTTRA PRODUTTIVA PREVALENTE IN OLIVO: IL RAMO MISTO INTRODUZIONE.........................................................................................85 1.1 Ciclo vitale e fisiologia della pianta………………………………………85 1.1.1 Cicli di crescita…………………………………………88 1.2 Classificazione dei rami…………………………………………………..90 1.3 La struttura produttiva prevalente nell‟olivo: il ramo misto …………….91 1.4 Le gemme d‟olivo ………………………………………………………..94 1.4.1 Struttura delle gemme………………………………….95 1.4.1.1 Gemme vegetative………………………...95 1.4.1.2 Gemme riproduttive………………………..96 1.5 Fasi fenologiche nel ciclo annuale dell‟olivo…………………………...98 1.6 Biologia florale ………………………………………………………….101 1.6.1 Induzione………………………………………………...102 1.6.2 Differenziazione a fiore………………………………….103 1.6.2.1 La differenziazione delle gemme …………104 1.7 Fattori coinvolti nella differenziazione a fiore ………………………….105 1.8 L‟alternanza di produzione ……………………………………………..108 1.9 Obiettivi della sperimentazione …………………………………………109 MATERIALI E METODI………………………………………………….110 2.1 Descrizione del sito.....................................................................................110 2.1.1 Andamento climatic...........................................................111 2.2 Descizione del materiale vegetale………………………………………..112 2.3 Caratteristiche varietali…………………………….……………………..112 2.4 Schema sperimentale e trattamenti………………..……………………..112 2.5 Raccolta dati in campo..............................................................................115 4 2.6 Analisi delle gemme in laboratorio……………………………………..116 2.7 Rielaborazione statistica e analisi dei dati………………………………..117 Allegato 1……………………………………………………………………..118 RISULTATI E DISCUSSIONI.....................................................................119 3.1 Rilievi in campo 2013.................................................................................119 3.1.1 Accrescimento del germoglio……………………………119 3.1.2 Risultati produttivi……………………………………….123 3.2 Evoluzione della differenziazione………………………………………..125 3.2.1 Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme riproduttive in condizione di ottimo e stressato…………….125 3.2.2 Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme vegetative in condizione di ottimo e stressato………………128 3.2.3 Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio delle gemme indifferenziate in condizione di ottimo e stressato…………..129 3.2.4 Evoluzione nel tempo e lungo il germoglio dei nodi cechi in condizione di ottimo e stressato……………………………..131 3.2.5 Confronto degli stadi di sviluppo delle gemme…………132 3.2.5.1 Gemme vegetative………………………..133 3.2.5.2 Gemme riproduttive………………………..135 3.3 Rilievi in campo anno 2014 …………………………………………….139 3.3.1 Ritorno a fiore………………………………………….139 3.3.2 Rami anticipati…………………………………………...144 3.3.3 Frutti allegati……………………………………………..149 CONCLUSIONI………………………………………………...…………153 Capitolo 3: SCALARITÀ DELLA FIORITURA E ALLEGAGIONE IN 11 CULTIVAR DI OLIVO INTRODUZIONE………………………………………………………………..157 1.1 Morfologia dell‟infiorescenza e del fiore……………………………….157 1.1.1 Infiorescenza………………………………………….157 5 1.1.2 Fiore…………………………………………………..…158 1.2 Il processo di fioritura………………………………………………..…..160 1.2.1 Fattori endogeni……………………………………..…..163 1.2.2 Fattori esogeni……………………………………..……164 1.3 Polline e pistillo: impollinazione e fecondazione………………..……….167 1.3.1 Compatibilità………………………….…………………169 1.4 Allegagione……………………………………………………………….170 1.4.1 Fattori che influenzano l‟allegagione………………….170 1.4.1.1 Fattori endogeni…………………………..171 1.4.1.2 Fattori esogeni……………………………..171 1.5 Obiettivi della sperimentazione …………………………………………172 MATERIALI E METODI…………………………………………………174 2.1 Descrizione del sito....................................................................................174 2.1.1 Meteo.................................................................................174 2.2 Descizione del materiale vegetale………………………………………..175 2.3 Schema sperimentale .................................................................................175 2.4 Raccolta dati ............................................................................................175 2.5 Elaborazione statistica e analisi dei dati…………………………………177 RISULTATI E DISCUSSIONI.....................................................................178 3.1 Chioma........................................................................................................178 3.1.1 Effetto della posizione…………………………………...178 3.2 Ramo……………………………………………………………………..180 3.2.1 Effetto della posizione…………………………………..182 3.3 Andamento della fioritura………………………………………………...185 3.3.1 Effetto della posizione del ramo sulla fioritura………….190 3.3.1.1 Chioma………………………….………….191 3.3.1.2 Ramo……………………………………….198 3.3.2 Fenologia………………………………………………...207 3.3.2.1 Chioma……………………………………..207 3.3.2.2 Ramo……………………………………….212 3.4 Allegagione………………………………………………………………218 3.4.1 Chioma…………………………………………………..218 3.4.1.1 Effetto della posizione……………………...218 6 3.4.2 Ramo……………………………………………………220 CONCLUSIONI…………………………………………………………..222 RINGRAZIAMENTI……………………………………………………..228 BIBLIOGRAFIA………………………………………………………….230 7 PREMESSA Da diversi anni nel contesto olivicolo internazionale si sta assistendo ad una rapida evoluzione dei modelli colturali, attraverso l‟adozione di razionali tecniche di coltivazione, sempre più orientati verso un contenimento dei costi di gestione dell‟impianto, in particolare quelli di raccolta. In questo contesto sempre maggiore attenzione è stata posta nei confronti dei modelli ad alta densità d‟impianto (1225/1660 piante ha-1). Questi modelli sono basati su un elevato grado di meccanizzazione, in particolare delle operazioni di potatura e raccolta che sono realizzate in continuo lungo la fila. Tuttavia la funzionalità del modello è strettamente legata all‟adozione di cultivar caratterizzate da una bassa vigoria con un contenuto sviluppo delle strutture scheletriche portanti e un‟abbondante produzione di rami laterali, un‟elevata superficie esterna della chioma esposta alla luce, una precoce entrata in produzione e un‟elevata fertilità delle strutture riproduttive (rami misti). Attualmente solo poche cultivar diffuse a livello internazionale sembrano soddisfare tali requisiti. Questo aspetto, abbinatamente agli elevati costi d‟impianto iniziali, ha limitato la diffusione del modello ad alta densità nel nostro paese a causa della diffidenza degli olivicoltori nazionali ad accettare cultivar di origine estera nei propri impianti. Infatti, il forte legame con il territorio, che caratterizza la produzione olivicola italiana, porta gli imprenditori ad orientarsi sull‟impiego di cultivar tradizionali, in grado di tipicizzare in maniera più incisiva il prodotto finito. Per questo motivo, nel presente lavoro di tesi, sono state impostate diverse prove volte a valutare l‟adattabilità delle principali cultivar tradizionali regionali in questo modello di coltivazione. Gli aspetti presi in considerazione sono stati: lo studio della conformazione scheletrica sia a livello dell‟intera pianta che della branca produttiva, la precocità e la fertilità dei rami, il comportamento vegeto-produttivo del ramo misto in relazione al regime idrico-nutrizionale dell‟impianto e l‟evoluzione del processo di differenziazione a fiore e di fioritura lungo l‟asse del ramo. 8 Capitolo 1 CONFRONTO ARCHITETTURALE TRA DIVERSE CULTIVAR DI OLIVO IN ALTA DENSITÀ INTRODUZIONE 1.1 CARATTERISTICHE GENERALI DELL’OLIVO L‟olivo è una specie arborea sempreverde di media grandezza, molto longeva, che raramente raggiunge altezze elevate; è definito polimorfo in quanto, nelle due fasi di sviluppo, vegetativa e riproduttiva, presenta foglie con caratteristiche diverse. Come specie originaria di aree a clima subtropicale secco (Lavee, 1996), l‟olivo risulta bene adattato alle condizioni ambientali mediterranee, caratterizzate da estati siccitose, con temperature elevate, ed inverni freschi e umidi. Sebbene richieda terreni areati, si adatta bene ad una grande varietà di tipi di suolo ma è suscettibile alle basse temperature; tuttavia, a seconda della repentinità con cui si manifesta l‟abbassamento termico, è in grado di tollerare temperature fino ad alcuni gradi sotto zero. 1.2 SVILUPPO DELLA PIANTA E FORMAZIONE DELLO SCHELETRO Lo scheletro costituisce il supporto necessario a sostenere la superficie fotosintetizzante, o corona fogliare, e l'attività riproduttiva della chioma. Nella crescita della pianta dell‟olivo, come in tutte le piante da frutto, esiste una gerarchia nella disposizione degli assi di vario ordine, all‟interno della chioma. La parte distale delle branche, definita cima, esercita un controllo sulla formazione e inclinazione delle ramificazioni sottostanti. Questa funzione di controllo determina l‟espansione verso l'alto della chioma e l‟organizzazione simmetrica dei laterali che circonderanno la branca stessa. Un altro aspetto capace di influire sulla formazione dello scheletro è rappresentato dall'acrotonia, che la fisiologia vegetale definisce come la tendenza ad una crescita preferenziale dei germogli terminali, rispetto a quelli laterali. Quando la 9 funzione di cima prosegue negli anni si arriva ad una crescita cumulativa verso l‟alto (acroplastia) che conferisce alla pianta una forma assurgente (Zucconi, 1991). Il processo di formazione naturale dello scheletro nell‟olivo si autoregola attraverso un meccanismo di competizione per lo spazio, che include fasi di crescita e di distanziamento delle branche. L‟olivo è una specie basitona per cui i rami basali sono a maggiore capacità di sviluppo, inoltre è una specie dicotomica, per cui una coppia di gemme contrapposte dà origine ad una coppia di germogli di pari diametro e pari vigoria. I germogli basali così disposti con il tempo limitano fortemente le possibilità di sviluppo della restante porzione del ramo (Alfei e Pannelli, 2002). La crescita iniziale della pianta è finalizzata a promuovere il più rapido rivestimento fogliare possibile al fine di massimizzare la fotosintesi. Ha luogo quindi una fase di espansione della chioma, con occupazione competitiva dello spazio tra i rami per l‟accesso alla luce. A questa fase segue un secondo stadio, caratterizzato dall'aumento diametrale, quando le branche, raggiunta l'esposizione alla luce si protendono verso l'esterno; in questa fase di distanziamento delle branche, si perde la funzione di cima con conseguente espansione della chioma a causa della basiplastia, ovvero della somma di eventi che dirigono progressivamente la crescita verso il basso. Quanto più precoce è l'entrata in produzione, tanto più rapidamente si arresta la fuga della chioma verso l'alto e più verso il basso sarà spostato il baricentro (Zucconi, 1996). Come conseguenza di questi comportamenti, l‟olivo se non gestito, sviluppa in maniera naturale come un cespuglio di grandi dimensioni, con una chioma che assume una conformazione a cupola, dove si sviluppano i processi di vegetazione e produzione. Nella branca fruttifera dell‟olivo ci sono differenti zone che possiedono differenti livelli di inclinazione e di ramificazioni. Con il passare del tempo la vegetazione della zona vegetativa, più prossimale, evolve progressivamente in quella della zona mista, della zona produttiva e infine, della zona esaurita. Pertanto si ha una progressiva evoluzione verso il basso della vegetazione. In pratica la zona produttiva si inclina sotto il peso della produzione e dopo alcuni anni va a costituire la zona esaurita (Famiani et al., 2011). 10 1.3 FORMA DI ALLEVAMENTO E ARCHITETTURA DELL’OLIVO IN IMPIANTI A DENSITA` CRESCENTE Il modello di olivicoltura ad alta densità con più di 1500 piante ad ettaro (con sesto di impianto 4 x 1,5 m e coltivazione in parete vegetativa in filare) si è recentemente diffuso in molte zone del mondo, grazie ai vantaggi che offre, quali la completa meccanizzazione della raccolta e il notevole risparmio di costi. Al fine di mantenere nel lungo periodo questi obiettivi, risulta necessario assicurare alla parete vegetativa del filare caratteristiche strutturali (altezza, spessore e distanza tra le file) idonee. Questo implica un necessario equilibrio tra la crescita vegetativa e quella riproduttiva. Il rinnovo dei germogli durante la stagione primaverile-estiva è necessario per garantire un‟adeguata formazione di nuove gemme che serviranno come piattaforma per il processo di differenziazione a fiore nella stagione successiva, riducendo così la possibilità di innescare fenomeni di alternanza produttiva, dovuti ad una scarsa crescita vegetativa (Connor et al., 2014). D‟altro lato anche gli eccessi vegetativi possono influenzare negativamente l‟equilibrio vegeto-riproduttivo all‟interno dell‟impianto, in quanto possono determinare fenomeni di autoombreggiamento della parete vegetativa con ripercussioni sul processo di iniziazione fiorale e sulla crescita vegetativa stessa (Tombesi et al., 1986). I fattori su cui è possibile agire per controllare questo fenomeno sono irrigazione e fertilizzazione unitamente a opportune strategie di potatura. L‟interesse primario della coltivazione dell‟olivo, così come delle altre specie è rivolto ad indirizzare la maggiore parte delle risorse della pianta verso i frutti, limitando quelle dirette verso gli organi vegetativi al minimo indispensabile per mantenere il sistema riproduttivo adeguatamente funzionante. La gestione della chioma e la scelta della forma di allevamento devono maturare secondo questa esigenza, ossia ridurre l‟incidenza delle strutture portanti della pianta (fusto, branche principali e secondarie) a favore di quelle produttive cioè delle branchette fruttifere, rappresentate da ramificazioni di 2 o più anni, sulle quali si articolano i rami produttivi (rami misti di un anno) e, su di essi, la nuova vegetazione necessaria per garantire la produzione l‟anno successivo. In natura, l'olivo è una pianta propensa a formare chiome dense e disordinate, tendenzialmente cespugliose e di forma ellissoidale, per la predisposizione a crescere in modo basitono e per l‟abbondanza di gemme (Gucci e Cantini, 2000). 11 La forma di allevamento è la conformazione da dare alla pianta, con lo scopo di rispettarne il naturale habitus vegetativo e garantire una buona intercettazione della luce. Nel caso specifico degli impianti ad alta densità, quest‟ultimo aspetto risulta particolarmente significativo; ad esempio, le variazioni giornaliere e stagionali nell‟intercettazione della radiazione solare diretta sulla parete vegetativa e nello spazio interfila, in risposta alla posizione del sole, sono i maggiori responsabili del microclima all‟interno dell‟impianto (Connor et al., 2014). Nella caratterizzazione della struttura della parete vegetativa in impianti ad alta densità, anche il LAD (leaf area density) o porosità della chioma è un parametro importante in quanto determina la capacità della radiazione luminosa di raggiungere anche le porzioni interne della chioma, influenzando così il tasso fotosintetico complessivo, l‟arieggiamento e l‟efficacia dei trattamenti fitosanitari. La moderna olivicoltura, basata su densità d‟impianto che partono da 277 piante ha-1, prospetta due diverse categorie di impianti classificabili non solo in funzione dell‟investimento di piante richiesto ma anche in base ai diversi accorgimenti tecnici e gestionali che risultano necessari per ottenere produzioni quantitativamente e qualitativamente importanti. 1.3.1 IMPIANTI A MEDIA DENSITÀ Ogni forma di allevamento nell‟olivo si presenta con pregi e difetti e deve rispondere soprattutto a criteri di economicità di gestione. La decisione di intensificare la coltivazione comporta la necessità di evitare precoci problemi di competizione tra le piante. Per questo, le cultivar a limitata vigoria sono le più adatte ad elevate densità di piantagione, mentre cultivar vigorose sono più adatte a sesti ampi e forme di allevamento espanse. 1.3.1.1 VASO POLICONICO E CESPUGLIO Il cespuglio e il vaso policonico sono due forme di allevamento espanse, ampiamente utilizzate nell‟olivicoltura di tipo tradizionale e in impianti di tipo intensivo. 12 Negli impianti tradizionali, le chiome di alberi vicini non si toccano mai, per cui la fruttificazione si trova, in genere, ben distribuita su tutta la chioma. Il numero di piante ha-1 varia tra 100-200 unità, con distanze tra gli alberi di 7-10 m, per lo più disposti secondo sesti in quadro (esempio 10 x 10 m). Gli impianti intensivi sono invece oliveti contraddistinti da densità d‟impianto di 200-400 alberi ha-1, con piante che possono essere disposte secondo sesti in quadro o in rettangolo (Fig.1.10; esempio 6 x 6 m) (Famiani et al., 2011). Fig. 0.1: Esempio di oliveto intensivo presente in centro Italia, con piante disposte alla distanza di m 6x6 (Fonte: Famiani et al., 2011) Il vaso policonico è la forma di allevamento più diffusa in olivicoltura e presenta numerose varianti che riguardano principalmente il numero e l‟inclinazione rispetto alla verticale delle branche principali, la distribuzione e la lunghezza delle branche secondarie e l‟altezza del punto di impalcatura. Generalmente presenta un tronco di 80-120 cm che solleva la chioma dal terreno e da esso partono 3-4 branche principali. Le branche principali hanno solitamente un‟inclinazione di 30-45° rispetto alla verticale e sono conformate a cono, in modo da assicurare una buona intercettazione e distribuzione della luce e quindi un ambiente luminoso e areato che consente una buona produzione di frutti e limita lo sviluppo di malattie. Per l‟impostazione della forma sono necessari tagli che, benché ridotti al minimo, limitano la iniziale capacità di crescita e ritardano leggermente l‟entrata in produzione, a causa di uno squilibrio che si viene a creare nella pianta tra l‟apparato radicale e quello aereo. Tale forma di 13 allevamento comunque tende a limitare e a ritardare la perdita di funzionalità della zona basale, cosa che tendenzialmente avviene nell‟olivo se lasciato libero di crescere con una forma naturale a cespuglio. La forma di allevamento a cespuglio, con chioma bassa e senza tronco, sembra essere ideale per modelli intensivi di coltivazione, in cui praticare una raccolta manuale o agevolata. Infatti, è realizzabile senza alcun intervento di potatura, in modo da ottenere una precoce entrata in produzione e un rapido raggiungimento della piena produzione. Tale conformazione consente di sfruttare la naturale basitonia dell‟olivo e la totale superficie elaborante prodotta dalle piante, per realizzare una massa globosa supportata da numerosi germogli che partono direttamente dal terreno. Il maggior problema di questa forma di allevamento è rappresentato dalla progressiva perdita di funzionalità della vegetazione nelle zone basali, dovuta all‟ombreggiamento reciproco, all‟affastellamento della vegetazione e alla maggiore suscettibilità nei confronti di alcuni parassiti. 1.3.2 IMPIANTI AD ALTA DENSITÀ La forma di allevamento predisposta per l'alta densità deve essere progettata per attuare la raccolta meccanica con macchine scavallatrici (vendemmiatrici opportunamente modificate) e per la meccanizzazione della potatura. 1.3.2.1 ASSE CENTRALE La forma che più si avvicina alle condizioni ideali per l‟alta densità è rappresentata da un albero ad asse centrale, con branche principali a sviluppo longitudinale contenuto, ben rivestite da branche secondarie e branchette fruttifere relativamente corte. L‟asse centrale è infatti una forma di allevamento contenuta, a sviluppo libero prevalentemente verticale. Sull‟asse centrale, a partire da 60-70 cm da terra, si inseriscono, a spirale, branche di lunghezza decrescente dalla parte basale verso quella apicale della pianta. La particolare conformazione della chioma consente di 14 ridurre le distanze tra le piante e la vicinanza della produzione al tronco consente buone rese di raccolta. Nel tempo, la verticalità della struttura viene persa a favore di un maggiore sviluppo dei palchi medio-basali che andranno a costituire una forma definibile a palmetta libera, in grado di garantire la piena occupazione dello spazio lungo la fila, attraverso la formazione di una parete vegetativa continua. Questa forma consente inoltre di contenere il numero di interventi di potatura in fase di allevamento, per cui la crescita risulta accelerata grazie ad una buona disponibilità di superficie elaborante e la produzione anticipata per un precoce equilibrio tra attività vegetativa e riproduttiva. Col passare degli anni, però, a causa della minore quantità di luce che raggiunge le branche inferiori, queste tendono a spogliarsi di vegetazione e ad accrescersi in senso radiale, alla ricerca di luce, assumendo la conformazione di robuste branche primarie, con elevata incidenza di legno rispetto alla vegetazione fruttificante; la fruttificazione tende quindi a spostarsi verso la fascia alta della chioma, quella più distante da terra e, pertanto, più difficile da gestire. Studi condotti in Italia centrale (Proietti et al., 2011) su tre diverse cultivar di olivo, hanno dimostrato come una buona illuminazione anche delle porzioni più interne della chioma possa ripercuotersi sul tasso complessivo di fotosintesi della pianta, anche in presenza di una più bassa superficie fogliare totale, aumentando l„efficienza produttiva della pianta stessa. A partire dal 6°-7° anno di età si dovrà quindi contenere lo sviluppo delle chiome in altezza e larghezza entro i limiti richiesti dalla macchina scavallatrice e favorire una buona illuminazione/aerazione della vegetazione, con l‟applicazione di una corretta e puntuale gestione della chioma, fondamentale per evitare eccessivi ombreggiamenti nelle porzioni inferiori delle chiome e/o squilibri vegeto-produttivi e quindi per mantenere efficienti le piante (Famiani et al., 2011). Nell'olivicoltura ad alta densità i due requisiti fondamentali sono la rapida entrata in produzione e una precoce continuità della vegetazione lungo il filare, con piante che mantengano dimensioni contenute. La successione degli alberi, lungo il filare, deve dare luogo a pareti verticali di vegetazione alte 2-2,5 m e spesse alla base (1,5-1,6 m); misure necessarie per consentire la meccanizzazione in continuo della raccolta con le macchine scavallatrici. L‟ottimale densità di impianto diventa pertanto una 15 questione economica che dipende dal costo iniziale delle piante, dalle operazioni necessarie, dal costo della raccolta e dal prezzo di vendita del prodotto. Diverse densità d‟impianto sono state testate, con la cultivar Arbequina, quattro comprese tra 238-888 piante ha-1 (Tous et al., 2005); quattro tra 204-1904 piante ha-1 (Pastor et al., 2007); e 10 tra 780-2581 piante ha-1 (León et al., 2007). Densità più alte possono incrementare le produzioni durante i primi anni (Tous et al., 2006; León et al., 2007; Pastor et al., 2007; Freixa et al., 2011) ma, in seguito, l‟eccesso di crescita vegetativa potrebbe ridurre l‟intercettazione luminosa con conseguente calo della produzione e comparsa di fenomeni di squilibrio vegeto-riproduttivo (Tombesi et al., 2006; Pastor et al., 2007). Attualmente le densità d‟impianto oscillano tra le 1250-2500 piante ha1 , (Tous et al., 2003). Le piante, al momento dell‟impianto, vengono sostenute da un‟idonea struttura, costituita da pali di testata e rompitratta (di ferro zincato, cemento, o legno) con altezza fuori terra intorno a m 2 e interratti per m 0,4-0,5, posti a 15-25 m di distanza l‟uno dall‟altro. I pali sostengono 1-3 ordini (solitamente 2) di fili metallici a 0,8 e 1,8 m dal suolo, su cui sono legati i tutori, posti su ogni pianta (Famiani e Gucci, 2011). Per l'impianto vengono utilizzate piante di età non inferiore a 6-7 mesi e per i primi 3 - 4 anni è necessario eliminare dal fusto i rami basali e i polloni e legare la pianta ad un tutore per garantire una corretta crescita verticale dell'asse centrale. Le piante, considerato il limitato volume di terreno a disposizione per ognuna di esse, sviluppano un apparato radicale limitato e quindi necessitano di essere sostenute e irrigate. In questo tipo di impianti, l‟incremento della densità porta ad una riduzione della produzione media per pianta (Larbi et al., 2012), ma ad un aumento delle rese per ettaro: in effetti, considerando le medie produttive ad ettaro, passando da una densità di 312 piante ha-1 a 1250 piante ha-1 il livello produttivo può triplicare (Tab. 1.1). 16 Tab. 1.1: Analisi della regressione tra densità d’impianto e produzione di olive (kg pianta -1; kg ha-1) sulla media delle prime cinque produzioni dall’epoca d’impianto in Arbequina. I dati sono la media di 12 repliche Densità d’impianto Produzione media Produzione media (piante ha-1) (kg pianta-1) (kg ha-1) 312 7,59 2370 416 6,76 2808 625 6,65 4116 1250 5,52 6910 S(0,000) S(0,00) Intercetta 7,97 1003,5 R2 0,123 0,54 Significatività S: significativo per p < 0,05 (Fonte: Larbi et al., 2012, rielaborato) Le cultivar più rispondenti ad impianti ad alta densità sono quindi quelle caratterizzate da precoce entrata in produzione, elevata produttività e habitus vegetativo compatto. Importante è anche una limitata suscettibilità alla rogna, considerando che la macchina scavallatrice utilizzata per la raccolta può causare danni che favoriscono l‟attacco di tale patogeno. Queste caratteristiche derivano essenzialmente da considerazioni di tipo economico e risultano in buona parte valide anche per impianti a media densità. Tuttavia, le differenze di maggiore rilievo tra impianti ad alta e a media densità sono dovute all‟adattabilità della cultivar alla coltivazione in parete. Per esempio, la prevalenza di strutture legnose flessibili e di bassa vigoria, unitamente alla compattezza della chioma, risultano decisive per l‟adattabilità alla coltivazione in continuo, al fine di migliorare l‟operatività e la 17 funzionalità della raccolta a macchina (Connor et al., 2014). 1.4 ALTA DENSITÀ, TRA GENETICA E TECNICA: PROBLEMI APERTI Sebbene l‟habitus abbia un notevole impatto sulla gestione dell‟impianto, fino ad ora è stato scarsamente considerato nei criteri di selezione, all‟interno di programmi di incrocio per le specie da frutto, in quanto le variabili ad esso correlate risultano complesse e difficili da quantificare e possono dipendere sia dalle condizioni climatiche che dall‟impatto della pratica colturale. La misura delle strutture della pianta rimane un‟attività difficile e dispendiosa in termini di tempo e risorse, perdipiù molte delle variabili di interesse possono essere misurate a diversi livelli di osservazione (pianta intera, assi, nodi, foglie, fiori etc.), (Costes et al., 2004). Tuttavia, i cambiamenti morfologici che avvengono durante l‟ontogenesi della pianta possono fornire un valido strumento per selezionare, tra le diverse variabili, quelle maggiormente rilevanti influenzate da fattori genetici piuttosto che ambientali. Alcune variabili di interesse possono essere la dimensione finale della pianta, considerata come una variabile cumulativa dell‟allungamento annuale del germoglio, che durante il processo di ontogenesi tende a decrescere e quindi a stabilizzare le mole finale su diversi valori in relazione alla specie e alla cultivar. Una secondo esempio è dato dalla conformazione finale del germoglio; in uno studio condotto su tre diverse cultivar di albicocco è stato dimostrato come i principali fattori coinvolti nella conformazione finale del ramo siano stati la geometria iniziale (curvatura e inclinazione) e la distribuzione del carico produttivo lungo il ramo stesso (Almèras et al., 2004). Un ultimo aspetto degno di considerazione è quello legato alla relazione tra capacità di ramificazione (di tipo sillettico) e precocità di entrata in produzione; un esempio evidente è dato dalla riduzione del periodo improduttivo, in molte specie da frutto, nel caso di impianti realizzati con astoni preformati in vivaio. Costes et al. (2004) hanno dimostrato che le differenze nel numero di laterali sillettici prodotti tra i primi due anni di crescita in diverse cultivar di pero può rappresentare un possibile predittore dell‟entrata in produzione al terzo anno. Anche il carico produttivo risulta correlato al numero di laterali sviluppati e alla loro morfologia (Lauri et al., 1995). In olivo alcuni studi hanno dimostrato come le differenze a livello genetico, riguardo 18 l‟architettura della pianta, risultino importanti nello stabilire l‟adattabilità di una cultivar all‟alta densità (Moutier et al., 2004; Moutier et al,. 2010; Proietti et al., 2011). Proietti et al. (2011), nella valutazione di due cultivar italiane in alta densità in confronto con Arbequina, hanno potuto rilevare il maggior investimento da parte di quest‟ultima in termini di superficie fogliare totale per pianta, rispetto allo sviluppo delle strutture legnose. Questo aspetto è stato confermato anche da Rosati et al. (2013) che hanno evidenziato come Arbequina e Arbosana abbiano una maggiore capacità di ramificazione che privilegia strutture con diametro piccolo rispetto alle altre cultivar. Questo determina la produzione di più siti di fruttificazione (germogli) per volume di chioma o per lunghezza della fila e presumibilmente anche una maggiore flessibilità delle strutture durante il passaggio della macchina scavallatrice (Rosati et al., 2013). Al momento attuale, poche sono le varietà che soddisfano tali requisiti. Altre varietà proposte e che al momento sono oggetto di osservazione in alcuni impianti, sono le italiane Don Carlo, FS-17, Urano (che sembra molto promettente tra le italiane), Tosca (una selezione migliorativa di Urano) e l‟israeliana Aska. Una chioma compatta con branche esili e lunghe, distribuite uniformemente lungo l‟asse e una ramificazione omogenea lungo tutta la branca sono risultati caratteri fondamentali per l‟intensificazione colturale. Secondo uno studio condotto nel centro Italia nel 2010 su un impianto ad alta densità, Arbequina, Arbosana e Giulia sono varietà che mostrano una ramificazione omogenea lungo l‟asse principale delle branche primarie e un equilibrio tra le porzioni ramificate e non ramificate nelle branca produttiva. Le porzioni non ramificate non devono eccedere poichè creano spazi vuoti all‟interno della chioma e consentono la formazione di germogli vegetativi vigorosi che non sono utili alla pianta (Lodolini et al., 2010). Recentemente, in Spagna, è stata proposta e messa in prova la varietà Sikitita, caratterizzata da vigore molto limitato (inferiore ad Arbequina), portamento compatto e pendulo, precoce ed elevata produttività. Questa varietà è stata ottenuta incrociando tra loro le due varietà più diffuse in Spagna: Picual e Arbequina (Rallo et al. 2008). L'architettura delle piante fruttifere in generale risulta influenzata sia da fattori endogeni (genetici) sia da fattori esogeni (condizioni ambientali). I fattori 19 genetici sono riscontrabili anche considerando diverse cultivar all'interno della stessa specie, per esempio nel caso del melo si è visto che la densità di ramificazione e la frequenza di ramificazione sono caratteristiche molto variabili in ogni cultivar (Lauri, 2007). Tra i fattori di natura tecnica in grado di influenzare i modelli di ramificazione e la dimensione della chioma, attualmente, ad aver avuto maggior successo è sicuramente il portainnesto come ad esempio nel caso del melo (Seleznyova et al., 2003). Anche per l‟olivo sono stati avviati dei programmi di ricerca volti a verificarne la validità e in questo senso Nardini et al. (2006), hanno mostrato come sia possibile anche nell‟olivo una riduzione della superficie fogliare della pianta, applicando un portinnesto con ridotta vigoria in grado di modificare la conducibilità idraulica radicale. Tuttavia, la mancanza di dati sulle ripercussioni a livello dell‟equilibrio vegeto-riproduttivo della pianta comporta diverse incertezze circa l‟applicabilità del modello proposto; in effetti nell‟olivo la fioritura e la fruttificazione avvengono solo su rami di un anno di età sufficientemente lunghi, pertanto l‟utilizzo di portinnesti nanizzanti potrebbe portare ad una eccessiva riduzione della crescita dei rami, con conseguente riduzione dei potenziali siti di fruttificazione (Rosati et al., 2013). Per ridurre lo sviluppo vegetativo, è stata investigata anche la possibilità di utilizzare sostanze in grado di inibire la sintesi di gibberelline, come l‟uniconazolo, con risultati incerti circa la reale applicabilità della tecnica (Schneider et al., 2012). Sulla cultivar Koroneiki, a fronte di una diminuzione della crescita del germoglio, nel trattamento a dosaggio maggiore di uniconazolo, la pianta ha manifestato un aumento della densità fogliare e un significativo calo della produzione, probabilmente indotto dalla alterazione nell‟organizzazione della chioma,(Schneider et al., 2012). Tuttavia, impiegando lo stesso prodotto su cultivar ad elevata vigoria (Barnea), alla riduzione della crescita vegetativa si è affiancato un positivo risvolto sulla produzione (Avidan et al., 2011). Sebbene le implicazioni ambientali e sanitarie circa la reale applicabilità di queste sostanze non siano ancora chiare, va sottolineato che le maggiori critiche circa la sostenibilità ambientale dei modelli di coltivazione ad alta densità sono argomentate sulla base del frequente ricorso ad interventi di tipo fitosanitario, causati spesso da disinvolte condizioni di gestione idrico-nutrizionale degli impianti e l‟aggiunta di pratiche basate sull‟uso di sostanze ormonali di sintesi non contribuirebbe al 20 raggiungimento di soluzioni maggiormente condivise sul piano della sostenibilità. Un altro aspetto di natura tecnica sul quale sono state avviate delle sperimentazioni è quello del controllo della vigoria attraverso l‟applicazione di diversi sistemi d‟allevamento della pianta. Moutier et al. (2004) hanno testato due diverse modalità d‟allevamento, a palmetta libera e ad asse centrale, su due varietà tradizionali francesi a confronto con Arbequina, tuttavia i risultati non sono stati molto incoraggianti in quanto le differenze individuate sono risultate imputabili più all‟effetto varietale che alla forma d‟allevamento. Allo stato attuale non esistono studi certi volti alla definizione dei parametri architetturali ideali per l‟allevamento ad alta densità di piante di olivo. Indagare come la pianta occupa lo spazio, attraverso la ramificazione, e le possibili differenze genetiche in merito è invece di fondamentale importanza, in particolar modo quando ci si orienta su modelli ad alta densità. 1.5 OBIETTIVI DELLA RICERCA La scelta varietale rappresenta un aspetto fondamentale nell'applicazione del sistema colturale ad alta densità. Le cultivar ritenute idonee devono soddisfare dei requisiti fondamentali: ridotta vigoria, portamento compatto, ridotta alternanza di produzione, veloce entrata in produzione (2°-3° anno), ma allo stato attuale non sono disponibili dati certi sull'adattabilità delle cultivar italiane, in particolare locali, a questo tipo di gestione. L'obiettivo del presente lavoro è stato quello di studiare le caratteristiche architetturali delle principali cultivar utilizzate nel territorio marchigiano, confrontandole tra di loro e con cultivar di riferimento internazionale come Arbequina, al fine di identificare i diversi pattern di ramificazione e di occupazione dello spazio. A tale scopo sono stati valutati aspetti sia vegetativi che riproduttivi, a livello della pianta e della branchetta produttiva. 21 MATERIALI E METODI 2.1 DESCRIZIONE DEL SITO I rilievi sono stati effettuati in un impianto ad alta densità situato presso l'azienda Agricola Didattico Sperimentale “Pasquale Rosati” dell'Università Politecnica delle Marche, sita nel comune di Agugliano (AN). Fig. 2.1: Sito dell’impianto sperimentale (Fonte: Google Earth) 22 Fig. 2.2: Planimetria dell’az.agr. didattico-sperimentale “P. Rosati”, in cui è stato indicato il sito dell’impianto di oliveto (fonte: per gentile concessione az. agr., rielaborata da Cioccolantiet al., 2010) L‟oliveto in cui è stata avviata la sperimentazione è ad un‟altitudine di 80 m s.l.m, con esposizione sud, sud-ovest e comprende una superficie di 1,68 ha con un dislivello tra l‟inizio e la fine dei filari di circa 40 m (Fig. 2.12). 2.2 ANDAMENTO CLIMATICO Lo studio dell‟andamento climatico è stato condotto sulla base dei dati forniti dal Centro Agrometereologico regionale dell‟ASSAM, rilevati presso la stazione di Agugliano. I dati sono stati analizzati per gli anni 2013-2014 durante la stagione vegetativa della pianta (Fig. 2.1 e 2.2). 23 Fig. 2.3: Grafico termo-pluviometrico settimanale del periodo gennaio-ottobre 2013 24 Fig. 2.4: Diagramma termopluviometrico periodo gennaio-giugno 2014 (fonte ASSAM) Si può notare come la temperatura minima in entrambe le stagioni di crescita si sia mantenuta sempre al di sopra di 0°C evitando possibili danni da freddo, inoltre si possono notare precipitazoni con valori che superano, nel periodo invernale, anche 80 mm di pioggia caduti nell‟arco di una settimana. Nel 2013, si può notare inoltre un periodo di siccità avvenuto nei mesi di luglio e agosto, caratterizzato da temperature massime prossime a 40°C abbinate a sporadici fenomeni piovosi con valori prossimi allo zero. 2.3 CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO E GESTIONE COLTURALE L‟impianto è stato realizzato secondo la tipologia definita ad “alta densità” (caratterizzata da densità d‟impianto di 1250/1660 piante/ha) nel maggio 2012, utilizzando strutture di sostegno per la parete vegetativa (pali, fili e tutori) e un impianto di fertirrigazione a goccia (Fig.2.13 e 2.14). Il sesto d‟impianto adottato nel caso specifico è di 4 m x 2 m , per un totale di circa 1.250 piante ad ettaro. 25 Fig. 2.5: Testata di controllo dell’impianto di fertirrigazione a goccia situato all’interno del campo sperimentale Fig. 2.6: Rappresentazione schematica del modello d’impianto utilizzato per l’oliveto superintensivo sperimentale di Agugliano. (fonte: Cioccolanti e Tarragoni 2012) 26 L‟oliveto è composto da 26 file((Fig.2.8). La struttura di sostegno presente è costituita da: - Pali di testa - Ancore - Pali di mezzeria (ogni 20 m) e tutori metallici -Filo di sostegno (ad un altezza di 1,60 m da terra) e tendi filo Le piante sono state legate alla base del tronco su tutori di ferro di 0,8 cm di diametro e 2,4 m di altezza allo scopo di sostenere e mantenere la verticalità della pianta (Fig. 2.3). All‟inizio della stagione vegetativa,nell‟anno 2013, sono stati eliminati i rami basali in ciascuna pianta e la cima, alleggerita, è stata legata al tutore. Nell‟oliveto durante gli anni 2013-2014, sono stati effettuati diversi interventi di concimazione tenendo conto del contenuto di azoto (N) negli organi vegetativi della pianta e delle asportazioni. Le somministrazioni degli elementi minerali sono state determinate in base alle asportazioni, alla crescita e alle produzioni attese. Nel 2013 sono state apportate le seguenti quantità di macroelementi per pianta: 44 g di azoto (N), 4 g di fosforo (P) e infine 44 g di potassio (K). La somministrazione di azoto è stata frazionata in tre fasi: 35% nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 maggio, il 50 % nel periodo 15 maggio-15 giugno, e infine il restante 15% fino al 15 luglio, mentre il fosforo è stato distribuito solo per via fogliare tramite due interventi eseguiti nel mese di settembre. Nell‟anno 2014 invece sono state calcolate, per piante che hanno raggiunto la terza stagione di crescita con una produzione media attesa di 500 g, le seguenti quantità di elementi minerali, poi effettivamente apportati con la fertirrigazione: 75g di azoto (N) /pianta, 7g di fosforo (P) /pianta e 75g potassio (K) /pianta. La somministrazione di azoto è stata suddivisa in tre fasi: in un primo momento è stato apportato il 60% del fabbisogno con urea al terreno diviso in due interventi, uno a marzo e l‟altro, realizzato a bassi dosaggi, nel mese di giugno per ripristinare l‟azoto dilavato dai frequenti fenomeni piovosi registrati nel periodo primaverile. Nella seconda fase è stato somministrato il 30% del fabbisogno azotato (giugno) con concime 35:5:7, suddiviso in quattro interventi di fertirrigazione, mentre nel mese di 27 luglio è stato apportato il 10% del fabbisogno di azoto in tre interventi con la stessa tipologia di prodotto. Inoltre è stata eseguita una concimazionefogliare, nel periodo di pre-fioritura - inizio fioritura, a base di una miscela costituita da alghe e microelementi, ed infine nel mese di settembre è stata effettuata una concimazione fogliare fosfatica frazionata in due interventi. Fin dal primo anno d‟impianto si è deciso di inerbire l‟interfila dell‟oliveto con semina tardo-estiva di un cotico erboso costituito prevalentemente da Festuca arundinacea e Lolium perenne mentre le erbe spontanee nel sottofilasono state gestite mediante diserbo chimico o lavorazione meccanica. La scelta riguardo l‟inerbimento è stata eseguita per raggiungere un duplice obiettivo:contenere l‟espansione degli apparati radicali dell‟olivo e prevenire fenomeni erosivi favorire la rinaturalizzazione dell‟interfila. È infattinecessariocontenere lo sviluppo delle piante di olivo per garantire la possibilità di eseguire in seguito le operazioni di raccolta con la macchina scavallatrice, e la presenza di un inerbimento caratterizzato dagli apparati radicali molto sviluppati di Festuca determina sin da subito una notevole attività competitiva per l‟assimilazione dei nutrienti e dell‟acqua, nei confronti degli apparati radicali dell‟olivo.L‟espansione degli apparati radicali dell‟olivo, caratterizzati da una notevole capacità esplorativa, viene così contenuta, limitando al contempo la colonizzazione di nuove nicchie ecologiche e creando quindi le condizioni necessarie alla formazione di apparati radicali di tipo residenziale, in grado di rispondere al meglio agli input dati attraverso latecnica colturale, ad esempio attraverso le operazioni di irrigazione, fertirrigazione e potatura radicale, finalizzate al controllo dei ritmi di crescita della pianta. Attraverso il rapido sviluppo vegetativo del Lolium si favorisce la copertura del suolo e, vista le scarsa persistenza di questa specie, è possibile creare le condizioni necessarie al subentro di altre specie erbacee spontanee. 28 Fig. 2.7: Impianto super-intensivo sperimentale di Agugliano con inerbimento spontaneo 2.3.1 ANALISI DEL TERRENO Per avere informazioni riguardo la natura del suolo, sono stati effettuati 2 prelievi a due profondità diverse, rispettivamente a 5-20 cm e 20-40 cm di profondità lungo il profilo. I campioni sono stati prelevati nell‟ottobre 2010 e in seguito analizzati dai laboratori di analisi del centro Agronomico Regionale ASSAM di Jesi (AN). Dai risultati delle analisi si è potuto osservare che il suolo è tendenzialmente argilloso, con elevato contenuto di calcare attivo (145 g/Kg) e un pH leggermente alcalino (8,1). Il contenuto di sostanza organica è risultato piuttosto basso (13,4 g/kg), con scarsa presenza di azoto e un rapporto carbonio/azoto (C/N) tendente alla mineralizzazione. Elevata invece è risultata la capacità di scambio cationico (24,5 meq/100 g), (All.1 e All.2). 29 2.4 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE La parte di impianto oggetto di studio è costituita da 11 file. Ogni fila è stata realizzata con una singola cultivar ed è stata costituita con 90 piante. Le caratteristiche delle cultivar studiate al momento dell‟impianto sono state sintetizzate in tabella 2.1 . Va inoltre precisato che tutte le piante erano in vaso (dimensioni 13x13 cm) e la tecnica di propagazione con cui sono state ottenute è l‟innesto, impiegando come portinnesto la cultivar Canino. Solamente le cultivar Arbequina e Maurino sono state ottenute per talea. I giovani olivi sono stati allevati cercando di privilegiare la costituzione di un asse centrale mantenendo comunque libero lo sviluppo della chioma durante i primi anni d‟impianto al fine di costituire quanto prima una parete vegetativa continua lungo il filare e anticipare l‟entrata in produzione. Al momento dell'impianto gli astoni avevano un anno di età (tranne che per le varietà Lea e Rosciola che invece presentavano 2 anni circa e le varietà Maurino ed Arbequina che avevano 8 mesi); inoltre le diverse cultivar presentavano una certa eterogeneità relativa sia all‟altezza della pianta che al diametro al colletto (Tab. 2.1). Ogni fila dell‟impianto è stata costituita con circa 90 piante, tutte della medesima cultivar, (Fig. 2.16). Tabella 2.1: Caratteristiche delle diverse cultivar al momento dell’impianto Cultivar Altezza Calibro diametro Età (cm) (cm) Lea 101,5 0,68 8 mesi Rosciola 84,833 0,62 1 anno Nostrale di Rigali 67 0,54 2 anni P. di Mogliano 58,923 0,40 1 anno Coroncina 58,167 0,40 1 anno Ascolana Dura 57,667 0,46 1 anno Carboncella 50 0,39 8 mesi Rosciola colli Esini 48,417 0,41 1 anno P. di Falerone 46,75 0,44 1 anno Maurino 28,917 0,28 2 anni Arbequina 24,692 0,23 1 anno 30 2.4.1 CARATTERISTICHE VARIETALI Le cultivar scelte per la realizzazione dell‟impianto oggetto di studio sono state selezionate in funzione delle caratteristiche architetturali e produttive che sulla scorta delle informazioni bibliografiche disponibili, potevano potenzialmente conciliarsi con i requisiti vegeto-produttivi necessari in impianti ad alta densità. Le principali caratteristiche delle cultivar oggetto di studio sono state riportate nella tabella 2.2 . Arbequina: Cultivar spagnola da olio; viene considerata rustica per la sua resistenza al freddo e tolleranza alla salinità. Si adatta alle condizioni più estreme e possiede una capacità rizogena elevata. Grazie alla sua versatilità, l‟Arbequina rappresenta la varietà più impiegata e diffusa negli impianti superintensivi nel mondo fornendo i migliori risultati. Fiorisce in epoca intermedia ed è considerata una varietà autocompatibile. I frutti sono di calibro piccolo e possiedono una resistenza al distacco media. Presentano una produttività precoce e costante ed un contenuto di olio elevato. L‟epoca di maturazione è medio-precoce (metà ottobre a seconda degli ambienti). È sensibile alla mosca dell‟olivo e alla verticillosi, al contrario è tollerante all‟occhio di pavone e alla tubercolosi (Mersi et al., 2009). Piantone di Mogliano: Cultivar marchigiana diffusa principalmente nella provincia di Macerata, con maggior concentrazione nei comuni di Mogliano, Macerata e limitrofi, fino ad estendersi alle aree interne con altitudini superiori ai 600 m s.l.m. Varietà impegnata per la produzione di olio e marginalmente da tavola. La pianta ha una limitata vigoria con portamento assurgente. Varietà considerata parzialmente autofertile. Le infiorescenze sono di media lunghezza con struttura compatta e media ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce. La drupa presenta dimensioni medio-grandi (2-3 g) e una forma ovoidale con apice umbonato. Il rapporto polpa-nocciolo è elevato, così come la consistenza della polpa e la resistenza al distacco. Il periodo ottimale per la raccolta è verso la metà di novembre con una resa in olio elevata. Ha una sensibilità bassa alla siccità e al freddo, media alla rogna e alla mosca (Pannelli et al., 2001). 31 Rosciola: Cultivar da olio diffusa in tutte le province marchigiane, è un albero di media vigoria a portamento espanso. È una varietà autosterile con produttività elevata e costante. Presenta infiorescenze di media lunghezza a struttura compatta con elevata ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce e presenta drupe di dimensioni piccole (1-1,5 g) di forma ellissoidale con apice e base arrotondati, spesso riunite in numero di 2-3 in racemo. La resa in olio è media e il rapporto polpa-nocciolo è elevato. La consistenza della polpa e la resistenza al distacco è bassa dall‟inizio della maturazione per poi diminuire ulteriormente, cascola precoce. Il periodo ottimale di raccolta ricade entro la metà di novembre. Mostra una sensibilità medio elevata al freddo e alla mosca (Pannelli et al., 2001). Rosciola Colli Esini: Cultivar marchigiana sporadicamente diffusa nei Colli Esini, nell‟entroterra della provincia di Ancona. Varietà da olio che presenta una media vigoria con portamento tendenzialmente assurgente. Varietà parzialmente autofertile con produzione elevata e costante. Le infiorescenze sono di media lunghezza con struttura rada e media ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce e le drupe (2-2,5g) presentano una forma sferoidale con mucrone. La resa in olio è media e il rapporto polpa-nocciolo elevato. La resistenza al distacco è intermedia con una diminuzione dalla maturazione in poi. È caratterizzata da cascola precoce ed abbondante. La raccolta si esegue intorno alla metà di novembre. Presenta una sensibilità al freddo medio-bassa e una media sensibilità alla mosca e al cicloconio dell‟olivo (Pannelli et al., 2001). Carboncella: Cultivar di origine marchigiana con diffusione nelle zone di Ascoli Piceno e Macerata. Presenta una limitata vigoria con portamento assurgente. Varietà autofertile con produttività elevata, precoce e costante. Ha un‟elevata resistenza alla siccità e si adatta bene anche a terreni poco profondi e aridi. Le infiorescenze sono di media lunghezza e hanno una struttura compatta e un elevata ramificazione del rachide. Il frutto ha dimensioni piccole pari a 1-1,5 g di forma tondeggiante. La resa in olio è medio-elevata ed i frutti hanno un rapporto polpa-nocciolo medio. La consistenza della polpa e la resistenza al distacco sono molto elevate ma in progressiva diminuzione con la maturazione. La raccolta avviene alla fine di 32 novembre. È sensibile al freddo, al cicloconio e alla rogna (Pannelli et al., 2001). Coroncina: Cultivar da olio marchigiana diffusa nella provincia di Macerata, con maggiore concentrazione nei comuni di Caldarola e Serrapetrona fino ad altitudini superiori a 600 m.s.l.m. Albero di media vigoria a portamento espanso. Varietà autosterile con infiorescenza di media lunghezza, struttura compatta ed elevata ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce. Il frutto presenta dimensioni di circa 2 g ed è di forma ovoidale con delle sporgenze nella saldatura dei carpelli. Il rapporto polpa-nocciolo è medio-basso, mentre la resistenza al distacco e la consistenza della polpa sono elevate fino a maturazione avanzata. La resa in olio è medio-bassa. Il periodo ottimale di raccolta è intorno alla metà di ottobre. Presenta una sensibilità media sia al freddo che alla rogna, mentre mostra una certa tolleranza nei confronti della mosca (Pannelli et al., 2001). Maurino: Cultivar da olio di diffusione nazionale, presenta una vigoria limitata con portamento assurgente. Varietà auto sterile con produttività elevata e costante. Le infiorescenze sono corte con struttura compatta e scarsa ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce e il frutto è di forma ovale con dimensioni di circa 1,5-2 g. La resa in olio è media e il rapporto polpa-nocciolo è medio-alto. La consistenza della polpa e la resistenza al distacco sono bassi per poi diminuire dopo la maturazione. Presenta cascola precoce e abbondante e il periodo ottimale di raccolta è fine ottobre-inizi novembre. La sensibilità al freddo è media mentre nei confronti della mosca è elevata (Pannelli et al., 2001). Nostrale di Rigali: Cultivar di origine umbra diffusa nella fascia pedemontana nei comuni di Nocera Umbra, Galdo Tadino, Gubbio e zone limitrofe. Varietà a duplice attitudine, localmente viene usata anche da mensa. L‟ albero è di vigoria mediobassa, a portamento espanso. È una varietà limitatamente autofertile e con una produttività buona e costante. Le infiorescenze sono di media lunghezza con struttura rada ed elevata ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è precoce con frutto di grandi dimensioni (3,5-4,5 g) e di forma ovale. La resa in olio è molto elevata. Il rapporto polpa-nocciolo è elevato, anche la consistenza della polpa e la 33 resistenza al distacco sono inizialmente elevate ma tendono a diminuire con la maturazione. Presenta cascola precoce ed elevata. La raccolta avviene a fine ottobre. È resistente la freddo e alla mosca, ma meno tollerante alla rogna e al cicloconio (Pannelli et al., 2001). Ascolana Dura: Cultivar marchigiana diffusa nella provincia di Ascoli Piceno, con prevalente utilizzazione per la preparazione di olive verdi in salamoia. Varietà autosterile con media vigoria e portamento assurgente. Le infiorescenze sono corte con struttura compatta e media ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è mediamente precoce e la drupa è di dimensioni grandi (4-6 g) e uniformi con forma ellissoidale, asimmetrica con umbone appena evidente. La produttività è bassa ma relativamente costante. Il rapporto polpa-nocciolo elevato, così come la consistenza della polpa e la resistenza al distacco. La raccolta avviene ad inizio ottobre per olive da mensa, mentre per uso da olio entro il mese di novembre, con una resa bassa. È sensibile sia al freddo che alla mosca dell‟olivo (Pannelli et al., 2001). Lea: Cultivar marchigiana considerata un ottimo impollinatore per la varietà Ascolana Tenera per via dell‟abbondante produzione di polline. È di media vigoria a portamento assurgente, varietà autosterile con produttività modeste e tendenzialmente alternante. L‟infiorescenza è di media lunghezza con struttura rada e scarsa ramificazione del rachide. L‟entrata in produzione è mediamente precoce con frutti di medie dimensione intorno a 1,5-2 g, di forma ovale e nella parte terminale presentano un piccolo umbone. Il rapporto polpa-nocciolo è medio, la consistenza della polpa è elevata, al contrario della resistenza al distacco che presenta livelli bassi. Cascola precoce. Periodo ottimale di raccolta è intorno alla metà di novembre con una resa in olio è medio-elevata. È sensibile al freddo, alla mosca e al cicloconio dell‟olivo (Pannelli et al., 2001). Piantone di Falerone: Cultivar marchigiana diffusa nella provincia di Ascoli Piceno in un‟area limitata, compresa tra i comuni di Falerone e Montegiorgio, fino alle zone interne della provincia di Macerata, anche ad alte altitudini. Utilizzata per produzione da olio e limitatamente da mensa. Varietà con media vigoria e portamento assurgente. 34 È autosterile con infiorescenze lunghe, struttura rada e media ramificazione del rachide. La produttività è media e alternante con drupe di dimensioni attorno ai 2-2,5 g e di forma cilindrica. Il rapporto polpa-nocciolo è elevato, mentre la consistenza della polpa e la resistenza al distacco sono bassi. Presenta cascola precoce ed abbondante. Il periodo ottimale per la raccolta è entro la metà di novembre con resa in olio media-elevata. Presenta una sensibilità media al freddo e al cicloconio, mentre nei confronti della mosca la resistenza è bassa (Pannelli et al., 2001). Tab.2.2: Caratteristiche principali delle varietà impiegate nella sperimentazione. Varietà Arbequina Diffusione Vigoria Portamento Densità Mondiale limitata assurgente Lungh. Entrata in Produttività Chioma internodo produzione bassa precoce ridotta elevatacostante P.di MC limitata assurgente elevata ridotta precoce Mogliano Rosciola costante Lazio-MC- media espanso media media precoce AN-AP Rosciola elevata- AN elevatacostante media assurgente media ridotta precoce Colli esini elevatacostante Carboncella MC-AP limitata assurgente media ridotta precoce elevatacostante Coroncina MC Media espanso media Media precoce mediacostante Nostrale di PU Media espanso elevata Media precoce Rigali Maurino mediacostante Italia limitata assurgente elevata Corta precoce Elevatacostante Ascolana AP media assurgente elevata Ridotta precoce dura Lea Bassacostante AP media assurgente media Media medio precoce - bassa - alternante 35 Piantone di AP-MC media assurgente elevata Falerone Corta precoce Mediaalternante 2.5 SCHEMA SPERIMENTALE All‟interno di ogni cultivar, è stato selezionato un campione omogeneo e rappresentativo dell‟intera popolazione varietale, su cui poi sono state eseguiti i rilievi. Le 90 piante di ciascuna cultivar presenti sulla fila sono state ripartite in tre blocchi. Il primo blocco di 30 piante nella parte alta del campo, le altre 30 piante nella parte mediana, le ultime 30 nella basale. In ogni blocco sono state selezionate 4 piante, in maniera randomizzata, escludendo le piante di bordo e quelle che presentavano una crescita stentata, per un totale di 12 piante per cultivar. Nel rilievo eseguito nel maggio 2014, invece, sono state selezionate 5 delle 12 piante selezionate per cultivar rappresentative dell‟intera popolazione varietale. 36 Figura 2.8: Schema sperimentale dell’impianto con particolare delle cultivar oggetto di analisi. La numerazione riportata in figura indica il criterio di individuazione delle piante lungo ciascuna fila. 2.6 RILIEVI Nel 2013 sono stati effettuati due rilievi. Il primo rilievo è stato effettuato nel mese di maggio 2013 e sono stati rilevati i parametri relativi all'architettura della pianta, utilizzando i seguenti strumenti: metro a nastro calibro I parametri architetturali rilevati su ogni pianta sono stati: 37 altezza della pianta (da terra fino alla cima) diametro alla base del tronco a 20 cm da terra diametro massimo trasversale della chioma (rispetto alla fila) lunghezza massima longitudinale della chioma (rispetto alla fila). In ogni pianta oggetto dei rilievi, sono state inoltre selezionate e contrassegnate con cartellini numerati 3 branche primarie di età omogenea. Le 3 branche sono state scelte in maniera casuale all'interno della pianta, cercandodi selezionarle a diverse altezze nella chioma, per quanto possibile in relazione allo sviluppo della pianta. Di ogni branca sono stati rilevati: lunghezza totale (dall'inserzione sul tronco fino all'apice del germoglio terminale) diametro alla base numero di rami anticipati lunghezza delle porzioni ramificate e non ramificate angolo di inserzione numero di mignole presenti Rapportando il numero dei rami anticipati alla lunghezza totale della branca è stata determinata la densità di ramificazione, espressa come: n. di rami / cm Il secondo rilievo è stato effettuato nel mese di ottobre, al termine della stagione di crescita. Sono state prese in considerazione gli stessi parametri rilevati nel mese di maggio, inoltre sono state raccolte, pesate e contate le olive presenti su ogni pianta. Iparametri misurati su ogni pianta sono stati: altezza pianta da terra fino alla cima 38 diametro alla base del tronco (misurato a 10 cm da terra) diametro massimo trasversale della chioma (rispetto alla fila) lunghezza massima longitudinale della chioma (rispetto alla fila). numero di olive totali peso totale delle olive raccolte Nell‟anno 2014 i parametri relativi alla produzione non sono stati rilevati. Dalla misura dell‟altezza della pianta e dei diametri trasversali e longitudinali, sottraendo l‟altezza del tronco, è stato possibile calcolare il volume e la superficie esterna della chioma, assimilando la pianta ad una forma conica. I diametri sono stati utilizzati per calcolare il raggio medio alla base della chioma utilizzando la seguente formula: d medio= (d trasv+d long )/ 2 In seguito dividendo d medio per due è stato ottenuto il raggio medio alla base della chioma r medio. Per calcolare il valore del volume è poi stata impiegata la seguente formula: V chioma = [π · (r medio)² · h chioma ] / 3 Infine per calcolare la superficie esterna della chioma è stata utilizzata la formula: S est ch = π · r medio ·a dove: a = √ [(r medio)² + ( h chioma)²] Sulle branche individuate in precedenza sono stati misurati i seguenti parametri: lunghezza totale 39 diametro alla base numero di nodi numero di rami anticipati numero di frutti alla raccolta Nel 2014 è stato effettuato un terzo rilievo, sempre nel mese di maggio. I parametri registrati sono stati gli stessi misurati nei rilievi precedenti, inoltre l'altezza è stata divisa in altezza basale del tronco (da terra fino all'inserzione della prima branca) e altezza della chioma (dalla prima branca alla cima). Su 5 piante per fila, sono stati misurati: altezza da terra altezza chioma diametro trasversale della chioma (rispetto alla fila) lunghezza longitudinale della chioma (rispetto alla fila). Sulle 5 piante selezionate, sono state individuate le 3 branche precedentemente numerate e contrassegnate con cartellino, per ognuna delle quali è stato osservato: lunghezza totale numero e lunghezze germogli in crescita nella parte basale numero e lunghezze germogli in crescita parte mediana numero e lunghezze germogli in crescita parte apicale 2.7 ELABORAZIONE STATISTICA E ANALISI DEI DATI I dati raccolti sono stati informatizzati e rielaborati attraverso il software JMP 8.0 (SAS Institute, Cary, NC), sottoposti all‟analisi della varianza (ANOVA) e le medie ottenute sono state separate attraverso il test di Tukey-Kramer HSD con probabilità pari a P <0,05. 40 All. 1 Risultati delle analisi del terreno a 5-20cm di profondità Prova U.M. Tessitura Risultato 2 Sabbia g/Kg 156 Limo g/Kg 405 Argilla g/Kg 439 pH Calcare totale Calcare attivo Sostanza organica Azoto totale Fosforo ass. Potassio scamb. Magnesio scamb. Calcio scamb. Sodio scamb. C.S.C. g/Kg g/Kg g/Kg g/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg meq/100g Giudizio argilloso 8,1 legg. alcalino 337 calcareo 145 molto elevato 13,4 basso 1 scarsamente dotato 4 molto basso 286 elevato 503 molto elevato 3967 alto 30 molto basso 24,5 elevato C/N 7,8 tendente alla Mg/K 5,6 mineralizzazione E.S.P. 0,53 41 All. 0 Risultati delle analisi del terreno a 20-40 cm di profondità Prova U.M. Tessitura Risultato 2 Sabbia g/Kg 119 Limo g/Kg 445 Argilla g/Kg 436 pH Calcare totale Calcare attivo Sostanza organica Azoto totale Fosforo ass. Potassio scamb. Magnesio scamb. Calcio scamb. Sodio scamb. C.S.C g/Kg g/Kg g/Kg g/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg mg/Kg meq/100g Giudizio argilloso 8,18 legg. alcalino 353 calcareo 144 molto elevato 12,4 basso 0,9 4 scarsamente dotato molto basso 211 elevato 538 molto elevato 3958 39 23,2 C/N 8 Mg/K 8,2 E.S.P. 0,73 alto molto basso elevato tendente alla mineralizzazione 42 RISULTATI E DISCUSSIONE 3.1 ARCHITETTURA DELLE PIANTE I risultati riportati in questo capitolo consentono di valutare l‟architettura e l‟evoluzione di crescita della parte aerea delle diverse varietà oggetto di studio durante i primi tre anni dall‟impianto e di confrontarne le differenze riscontrate. Alcuni parametri sono stati analizzati nella stagione di impianto (2012) e nelle prime 2 stagioni di crescita successive (2013-2014), mentre per altri sono state considerate solo le stagioni 2013-2014, in quanto non riscontrabili sulle giovani piante nella stagione d‟impianto. mag-12 mag-13 mag-14 300 altezza (cm) 250 200 150 100 50 0 Fig. 3.1: Altezza delle piante. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le varietà messe a dimora con 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 43 Tab. 3.1: Analisi statistica Fig. 3.1. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Altezza della pianta 2012 2013 2014 Lea a a a Rosciola b a ab Nostrale di Rigali c bcd bcd Mogliano cd de d Coroncina cd bc bcd Ascolana Dura cd cde bcd Carboncella d ab abc Rosciola colli Esini d bc abcd Piantone di Falerone d e d Maurino e cde bcd Arbequina e e cd Piantone di incremento di altezza (cm) 2012/2013 2013/2014 200 150 100 50 0 Fig. 3.2: Incremento dell’altezza delle piante avvenuto nelle stagioni consecutive 2012-2013 e 2013-2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 44 Tab. 3.2: Analisi statistica Fig. 3.2. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Incremento dell’altezza della pianta 2012/2013 2013/2014 Rosciola a a Lea b ab Rosciola colli Esini b ab Carboncella bc ab Nostrale di Rigali bc ab Maurino bc ab Piantone di Falerone bc ab Coroncina bcd b Arbequina cd ab Piantone di Mogliano cd ab Ascolana Dura d ab Al momento dell‟impianto (figura 3.1) le diverse varietà presentavano altezze disomogenee ed età differenti. Lea e Rosciola sono state impiantate a 2 anni di età (altezza media 84,8 e 101,5 cm), Maurino e Arbequina ad 8 mesi di età (altezza media 28,9 e 24,7 cm) mentre tutte le altre avevano un anno di età (altezza media 55,3 cm). Nel corso delle successive stagioni di crescita le cultivar hanno avuto un continuo incremento di crescita e nel tempo hanno avuto modo di omogeneizzarsi e ridurre quindi le iniziali differenze presenti. Lea e Rosciola hanno mostrato un‟altezza media della pianta a maggio 2014, superiore alle altre cultivar in prova (rispettivamente di 281 e 260 cm) superando i valori di 250 cm (considerato il valore limite per il passaggio della macchina scavallatrice). Tutte le altre varietà in prova, invece, hanno mostrato valori inferiori a 250 cm di altezza e compresi tra 202 e 245 cm. Per quanto riguarda l‟incremento dell‟altezza nelle due stagioni di crescita (figura 3.2), Carboncella e Rosciola Colli Esini hanno mostrato un accrescimento tendenzialmente maggiore, mentre Nostrale di Rigali e Piantone di Mogliano inferiore. L‟incremento medio nel biennio per tutte le cultivar è stato di circa 170 cm 45 Nella prima stagione di crescita i valori di Area della Sezione Trasversale del Tronco (ASTT) sono risultati quasi nulli, in quanto il diametro del tronco alla base risultava ancora molto piccolo (inferiore a 1 cm). Nelle annate successive si è registrato invece un elevato incremento del parametro, che, mediamente, ha raggiunto valori di 7 cm2, tranne per Rosciola che ha raggiunto valori significativamente più elevati (18 cm2). Coroncina è invece la cultivar che ha registrato i valori di ASTT più bassi (3,5 cm2). mag-12 mag-13 mag-14 100 ASTT (cm²) 80 60 40 20 0 Fig. 3.3: Valori di Area della Sezione Trasversale del Tronco (ASTT), rilevati nelle annate 20122013-2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le varietà messe a dimora con 2 anni di età, mentre quella gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 46 Tab. 3.3: Analisi statistica Fig. 3.3. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Area sezione trasversale del tronco (ASTT) 2012 2013 2014 Lea a b b Rosciola ab a a Nostrale di Rigali bc bcd bc Ascolana Dura cd d bc Piantone di Falerone cde bcd bc Rosciola colli Esini cde bc b Mogliano de cd bc Coroncina def cd c Carboncella def bcd bc Maurino ef cd bc Arbequina f d bc Piantone di Fig. 3.4: Incrementi ASTT, rilevati nelle stagioni 2012-2013 e 2013-2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. I riquadri colorati indicano differenti età 47 delle piante. Il riquadro verde distingue le varietà messe a dimora a 2 anni di età, mentre il riquadro arancione quelle messe a dimora a 8 mesi di età. Gli incremeti di ASTT (figura 3.4) nella stagione 2013-2014 sono risultati tendenzialmente maggiori rispetto a quelli del 2012- 2013. In generale Rosciola si distingue nettamente dalle altre varietà, mostrando un incremento complessivo di crescita significativo nel periodo 2012-2014 (11,7 cm2 di incremento). Le cultivar con incremento inferiore sono state Coroncina e Ascolana Dura (rispettivamente 2,2 e 2,8 cm2) mentre l‟incremento medio di tutte le cultivar nel periodo 2012-2014 è stato circa di 4 cm2. I valori dei diametri trasversali e longitudinali della chioma durante i primi tre anni dall‟impianto risultano parametri utili per comprendere l‟occupazione dello spazio da parte della pianta lungo il filare e per calcolare il volume e la superficie esterna della chioma. diametro trasversale (cm) mag-13 mag-14 200 160 120 80 40 0 Fig. 3.5 Diametro trasversale (perpendicolare alla fila) della chioma rilevato sulle piante nel 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 48 Tab. 3.5: Analisi statistica Fig. 3.5. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Diametro trasversale della chioma 2013 2014 Rosciola a a Nostrale di Rigali b b Coroncina b bc Carboncella bc bc Lea bcd bc Rosciola colli esini bcd bc Piantone di Mogliano bcd bc Maurino bcd bc Piantone di Falerone cd bc Ascolana dura d bc Arbequina d c diametro longitudinale (cm) mag-13 mag-14 200 160 120 80 40 0 Fig. 3.6: Diametro longitudinale (lungo la fila) della chioma rilevato sulle piante nel 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 49 Tab. 3.6: Analisi statistica Fig. 3.6. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Diametro longitudinale della chioma 2013 2014 Rosciola a a Nostrale di Rigali b ab Coroncina bc b Rosciola colli esini bcd b Lea bcde b Carboncella cde b Maurino cde b Piantone di Mogliano cde b Ascolana dura de b Piantone di Falerone de b Arbequina e b Le uniche varietà che presentano differenze significative sono Rosciola, che ha mostrato diametri della chioma maggiori (rispettivamente 177 cm per quello longitudinale e 162 cm per quello trasversale a maggio 2014) e Arbequina che invece ha presentato diametri della chioma più piccoli rispetto alle altre varietà (rispettivamente 102,4 cm per quello longitudinale e 112 cm per quello trasversale a maggio 2014). In generale, le cultivar hanno raggiunto valori medi di 120 cm per il diametro trasversale della chioma e di 120 cm per quello longitudinale, mostrando uno sviluppo equilibrato. 50 I valori di volume e superficie sono stati calcolati per le stagioni 2013 e 2014 e i risultati ottenuti sono stati analizzati mettendo a confronto le diverse varietà. mag-13 mag-14 2000 volume (dm³) 1600 1200 800 400 0 Fig. 3.7: Volume della chioma nelle stagioni 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. Tab. 3.7: Analisi statistica Fig. 3.7. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Volume della chioma 2013 2014 Rosciola a a Nostrale di Rigali b b Lea bc b Coroncina bc b Carboncella bcd b Rosciola colli esini bcde b Maurino cde b 51 Piantone di Mogliano cde b Ascolana dura de b Piantone di Falerone e b Arbequina e b Nel 2013, le differenze di volume delle chioma tra alcune delle varietà analizzate risultavano significative, in particolare per Rosciola, Nostrale di Rigali e Piantone di Falerone ed Arbequina (figura 3.7). Nel 2014 le differenze di volume tra le cutlivar, ad eccezione di Rosciola, non sono risultate statisticamente significative. I valori medi di volume della chioma calcolati su tutte le cultivar raggiungono i 779 dm3. Nell‟ultima data di rilievo Rosciola che ha registrato un valore pari a 1762 dm3, significativamente maggiore rispetto a tutti gli altri valori. mag-13 mag-14 superficie esterna (dm²) 800 600 400 200 0 Fig. 3.8: Superficie esterna della chioma nelle stagioni 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre la gialla quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 52 Tab. 3.8: Analisi statistica Fig. 3.8. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Superficie esterna della chioma 2013 2014 Rosciola a a Lea b b Nostrale di Rigali b b Carboncella bc b Coroncina bc b Rosciola colli esini bcd b Maurino cde b Piantone di Mogliano de b Ascolana dura de b Piantone di Falerone e b Arbequina e b Considerazioni analoghe possono essere fatte per la superficie esterna della chioma (figura 3.8). Rosciola ha evidenziato il valore significativamente più elevato di superficie della chioma sia nel 2013 (285 dm2) che nel 2014 (660 dm2), mentre ancora un avolta Arbequina ha espresso valori più bassi rispetto alle altre cultivar rispettivamente di 56,5 dm2 nel 2013 e 281 dm2 nel 2014, sebbene in quest‟ultimo caso la differenza non sia significativa. Il valore medio di superficie esterna della chioma registrato a maggio 2014 per tutte le cultivar è stato di 390 dm2. Dai risultati mostrati è possibile affermare che tutte le cultivar hanno più che raddoppiato i valori di altezza, volume e superficie esterna della chioma. L‟altezza delle piante ha raggiunto valori superiori a 200 cm e in alcuni casi (Lea e Rosciola) ha superato i 250 cm di altezza (limite previsto per il passaggio della macchina scavallatrice). L‟elevato incremento di altezza delle cultivar fa dedurre che queste siano ancora in 53 una fase di forte crescita; infatti, nelle prime fasi le piante tendono a privilegiare la crescita verso l‟alto, poi successivamente tendono ad allargarsi anche in spessore. La cultivar Rosciola ha evidenziato un elevato incremento di crescita della superficie trasversale del tronco, superiore rispetto alle altre cultivar mentre l‟incremento in altezza è risultato comparabile a quello delle altre cultivar in esame; è possibile dedurre che per questa cultivar la fase di crescita in altezza sia sensibilmente rallentata e sia subentrata la fase di ingrossamento diametrale delle strutture scheletriche. Per quanto riguarda il diametro trasversale della chioma e quindi lo spessore della pianta rispetto al filare, è importante che questo non superi il valore di 120 cm, limite oltre il quale possono verificarsi danni o rotture a carico della macchina scavallatrice impiegata per la raccolta. In questo caso, il limite consentito è stato raggiunto o superato, nel caso di Rosciola, dalla maggior parte delle varietà analizzate. Per quanto riguarda il diametro della chioma lungo la fila, il limite massimo previsto per impedire alle chiome di sovrapporsi e quindi entrare in competizione è di 200 cm, sebbene sia ancora lontano dall‟essere raggiunto per tutte le cultivar, attestandosi su valori medi di circa 120 cm. Arbequina è la cultivar che ha ottenuto i valori più bassi per tutti i restanti parametri considerati fino ad ora, mentre le altre varietà hanno registrato nell‟ultimo anno valori molto simili tra loro e quindi non hanno mostrato differenze significative. Con alcuni dei parametri misurati è possibile calcolare degli indici, nello specifico il rapporto tra l‟altezza della pianta o il volume della chioma e l‟area della sezione del tronco (ASTT; figure 3.9 e 3.10). Con questi indici si ha la possibilità di descrivere il comportamento delle diverse cultivar assumendo una stessa ASTT. Attraverso questi indici è possibile avere una rappresentazione del portamento della cultivar; infatti, a parità di accrescimento del fusto, le cultivar tenderanno ad avere un portamento più assurgente nel caso di elevati valori di altezza·ASST-1 e più aperto-espanso nel caso di elevati valori di volume della chioma·ASTT-1. Viceversa, valori del rapporto più contenuti denoteranno rispettivamente, a parità di ASTT, piante con uno sviluppo più contenuto e un portamento della chioma maggiormente compatto. A parità di ASTT (figura 3.9), le cultivar Ascolana dura e Arbequina hanno avuto uno sviluppo maggiormente orientato in altezza rispetto alle altre che invece non hanno 54 dimostrato grandi variazioni tra loro. Soltanto la cultivar Rosciola ha presentato una crescita in altezza inferiore a parità di ASTT, (27,8). Tuttavia, per questa cultivar unitamente a Coroncina (figura 3.10), si può notare un elevato indice con valori rispettivamente di (83,9) e (87,4). Al contrario, Piantone di Falerone e Arbequina hanno evidenziato un basso valore del rapporto pari a (25,6) e (39,7). Coroncina e Rosciola hanno mostrato valori piuttosto elevati per entrambi gli indici di crescita rispetto alle altre cultivar in prova rivelando una tendenza ad assumere un portamento della chioma espanso, caratterizzato da una scarsa assurgenza che, a seconda del tipo di ramificazione della branca, può risultare svantaggioso nel caso di impianti ad alta densità. All‟opposto, cultivar come Piantone di Mogliano, Ascolana dura, Piantone di Falerone e Maurino sembrano mostrare un portamento della chioma più compatto e tendenzialmente assurgente, che può mostrarsi maggiormente conciliante rispetto alle esigenze dei nuovi impianti ad alta densità. 140 altezza / ASTT 120 100 80 60 40 a ab abc abc bc bc cd cd cd cd d 20 0 Fig. 3.9: Rapporto tra altezza della pianta e area della sezione del tronco (ASTT) nel 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 55 volume della chioma / ASTT 120 a 100 80 60 ab abc abcd abcde bcde cde cde cde 40 de e 20 0 Fig. 3.10: Rapporto tra volume della chioma e area della sezione del tronco (ASTT) nel 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 3.2 PRODUZIONE Nel mese di ottobre 2013 (anno successivo alla messa a dimora delle piante) è stata valutata la produzione. Le diverse varietà di olivo sono state messe a confronto tra loro in modo da valutarne le differenti precocità di entrata in produzione. 56 Fig. 3.11: Numero medio di frutti per pianta a ottobre 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre il giallo quelle messe a dimora a 8 mesi di età. Nel 2013, s non tutte le varietà hanno prodotto frutti, in particolare sulle piante di Nostrale di rigali, Rosciola colli esini e Ascolana dura non erano presenti frutti (figura 3.11). Arbequina invece, nonostante la minore età delle piante, si è dimostrata la più produttiva in termini di numero di frutti. Considerando invece la produttività in termini di peso (figura 3.12) Arbequina, Lea e Coroncina sono risultate comparabili. 57 a 200 a peso olive (g) 150 a ab 100 50 bc bc c c c c c 0 Fig. 3.12: Peso medio della produzione di frutti per pianta a ottobre 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre il giallo le cultivar a dimora a 8 mesi di età. Buoni valori di produzione sono stati registrati sia in termini di numero che di peso, nelle cultivar Piantone di Mogliano e Rosciola, raggiungendo valori medi di 8 e 6 frutti · pianta -1 e di 122-123 g · pianta -1, rispettivamente. Dai risultati ottenuti si può ipotizzare che alcune cultivar abbiano una maggiore precocità di entrata in produzione rispetto alle altre e quindi possano adattarsi meglio ad un impianto ad alta densità nelle condizioni pedo-climatiche marchigiane. 58 3.3 ARCHITETTURA DELLA BRANCA 3.3.1 RAMIFICAZIONE Le branche primarie di ciascuna cultivar in prova sono state analizzate misurandone i parametri architetturali e di crescita. . maggio2013 maggio 2014 140 lunghezza della branca (cm) 120 100 80 60 40 20 0 Fig. 3.13: Lunghezza della branca primaria rilevata sulle cultivar in prova nelle stagioni 2013 e 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 59 Tab. 3.9: Analisi statistica Fig. 3.13. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Lunghezza della branca 2013 2014 Carboncella a a Rosciola colli esini ab ab Coroncina ab abcd Rosciola abc bcd Ascolana dura abc abc Nostrale di Rigali abc abcd Lea bc abcd Piantone di Mogliano bcd abc Piantone di Falerone cde cd Maurino dc cd Arbequina e d Tutte le cultivar hanno raggiunto lunghezze medie delle branche primarie (figura 3.13) interessanti, con valori superiori ai 75 cm nel primo anno. Quelle che hanno mostrato valori più elevati sono state Carboncella e Rosciola colli esini. La cultivar con valori più bassi è risultata Arbequina, le cui branche primarie hanno raggiunto una lunghezza media di 68,5 cm, mentre Carboncella ha registrato il valore maggiore (115 cm). Osservando i diametri della branca primaria all‟inserzione con il fusto, è stato possibile calcolare l‟Area della Sezione Trasversale della Branca (ASTB). I valori medi di ogni cultivar, ottenuti a maggio e ottobre 2013 sono stati messi a confronto. Arbequina ha presentato valori di ASTB significativamente più contenuti (0,26 cm ad ottobre; figura 3.15) ed anche minori incrementi di sezione tra maggio e ottobre (0,13 cm, figura 3.16). Mentre Nostrale di Rigali ha presentato valori finali di ASTB (1,28 cm2) e incrementi (0,76 cm2) più elevati. Le altre cultivar hanno ottenuto valori di ASTB compresi tra 0,66 e 1,14 cm2. 60 Fig. 3.14: Valori di area della sezione trasversale della branca (ASTB) rilevati nel 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 61 Tab. 3.10: Analisi statistica Fig. 3.14. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Area sezione trasversale della Varietà branca (ASTB) 2013 2014 Carboncella a abc Lea ab ab Rosciola ab abc Nostrale di Rigali ab a Coroncina ab bc Rosciola colli esini ab abc Piantone di Falerone ab abc Maurino ab abc Piantone di Mogliano ab bc Ascolana dura ab cd Arbequina b d 1,5 Incremento ASTB cm 1 0,5 P. Le a di M og lia no Ro sc io As la co la na Du ra Co ro nc in a Ar be qu in a in i o Es co lli M au r in Ro sc io la No st ra le di Ri g ali Ca rb on ce lla P. di Fa le ro ne 0 Fig. 3.15: Incremento di ASTB avvenuto tra maggio e ottobre 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre il giallo quelle messe a dimora a 8 mesi di età. 62 Fig. 3.16: Densità di ramificazione a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. Il colore verde indica le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre il giallo le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. La densità di ramificazione (figura 3.17) è risultata maggiore in Piantone di Falerone e Maurino (0,16 e 0,22 rispettivamente), mentre i valori più bassi sono risultati per Coroncina (0,09). Osservando la densità di ramificazione nella stagione successiva (2014) espressa come numero di germogli per unità di lunghezza di ogni porzione della branca (figura 3.18), si può osservare che Nostrale di rigali, Piantone di Falerone e Piantone di Mogliano (con valori complessivi rispettivamente di 2,3; 2,5 e 2,1 germogli / cm) sono le cultivar che manifestano maggiore propensione alla ramificazione. È inoltre possibile osservare che praticamente tutte le cultivar, Maurino in modo particolare, presentano una maggiore densità di rami nelle porzioni medio-basali della branca, coerentemente all‟habitus di crescita basitono che naturalmente si rinviene in olivo. Tuttavia, Carboncella e Rosciola colli Esini hanno evidenziato una densità di rami tendenzialmente maggiore nelle parti mediano-distale della branca, manifestando quindi una ramificazione maggiormente centrifuga. 63 Fig. 3.17: Densità di ramificazione della branca nel 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Tab. 3.11: Analisi statistica Fig. 3.17. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà Densità di ramificazione per porzione basale mediano distale Nostrale di Rigali a ab abc Piantone di Falerone ab a a Maurino abc b abc Mogliano abc ab ab Rosciola colli esini abcd ab abc Ascolana dura abcd ab abc Lea abcd ab abc Carboncella bcd ab abc Arbequina bcd b abc Piantone di 64 Coroncina cd b c Rosciola d ab bc Prendendo in esame il rapporto percentuale tra le porzioni ramificate e non (figura 3.19), presenti lungo la branca, si può notare che tendenzialmente le porzioni non ramificate e quelle ramificate sono in rapporto equilibrato, anche se in tutte le cultivar prevale sempre la porzione non ramificata (con percentuali comprese tra 60 e 70%) rispetto a quelle ramificate. In Coroncina, Carboncella e Arbequina le porzioni non ramificate superano il 70-80% della lunghezza totale, indicando la presenza di branche tendenzialmente spoglie. Fig. 3.18: Percentuali di porzione ramificate e non ramificate lungo la branca a maggio 2013. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 65 Tab. 3.12: Analisi statistica Fig. 3.18. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà porzione ramificata non ramificata Piantone di Falerone a c Ascolana dura a bc Lea a c Maurino ab bc Piantone di Mogliano ab bc Rosciola colli esini abc bc Rosciola abc bc Carboncella bcd ab Nostrale di Rigali bcd ab Arbequina cd a Coroncina d a Gli indici che mettono in rapporto la crescita della branca e l‟area della sezione trasversale del tronco (figure 3.20 e 3.21) indicano la tendenza di ciascuna cultivar a privilegiare l‟accrescimento radiale e longitudinale delle branche rispetto a quello radiale del tronco. Branche tendenzialmente vegetative saranno caratterizzate da elevati livelli per entrambi gli indici, mentre branche predisposte all‟attività riproduttiva risulteranno caratterizzate da elevati livelli di lunghezza ma minore crescita radiale; inoltre, branche di questo tipo risulteranno maggiormente flessibili e quindi in grado di assecondare il movimento della macchina per la raccolta. Considerando l‟accrescimento dell‟area della sezione trasversale della branca (ASTB) in rapporto alla sezione trasversale del tronco (ASTT; figura 3.20), è possibile notare che Ascolana dura, mostra un rapporto significativamente maggiore rispetto alle cultivar da Maurino in poi. Valori elevati di questo indice stanno ad indicare la presenza di branche con una elevata capacità di accrescimento, in quanto in grado di esercitare una notevole capacità di richiamare sostanze nutritive dal sistema vascolare. Strutture di questo tipo in olivo mostrano una notevole capacità di 66 crescita vegetativa e, nel caso dell‟alta densità, possono rappresentare un problema, in quanto difficili da gestire e in grado di ostacolare l‟avanzamento della macchina scavallatrice in quanto troppo robuste e poco flessibili. Ascolana dura è anche la cultivar che riporta, a parità di ASTT, un maggiore accrescimento della branca (62,1) con una differenza significativa rispetto a tutte le altre (figura 3.21), mostrando una maggior tendenza vegetativa della branca. Le cultivar Rosciola e Lea invece sono quelle che mostrano i valori più bassi, rispettivamente (17,9) e (9,7). 0,5 a ASTB / ASTT 0,4 0,3 ab ab ab ab ab bc bc bc bc 0,2 c 0,1 0 Fig. 3.19: Rapporto tra area della sezione trasversale della branca e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) nel 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 67 80 Lungh. branca / ASTT a 60 b b bc 40 bc cd cd cd 20 cd e 0 Fig. 3.20: Rapporto tra lunghezza della branca e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Considerando il rapporto tra lunghezza della branca e l‟area della sua sezione (figura 3.22), è possibile notare come la cultivar Arbequina sia quella che presenta, a parità di ASTB, una maggiore lunghezza della branca (281,7). Al contrario Lea e Rosciola mostrano valori significativamente più bassi (121,6 e 121,4). 68 400 Lungh. branca / ASTB a 300 b bc 200 bc bc bcd bcd cd cd d d 100 0 Fig. 3.21: Rapporto tra lunghezza della branca e area della sezione trasversale della branca (ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. La capacità di ramificazione di ogni cultivar espressa come rapporto tra numero di rami e ASTT o ASTB (figure 3.23 e 3.24) è risultata maggiore nella cultivar Ascolana dura, presentando il maggior numero di ramificazioni (15,1 in fig. 3.22 e 47,8 in fig. 3.23). Seppur con valori inferiori, anche Piantone di Falerone, Piantone di Mogliano e Maurino hanno mostrato una buona attitudine alla ramificazione. Coroncina, Rosciola e Lea invece hanno presentato un più basso numero di rami a parità di ASTT. 69 20 a n. rami / ASTT 16 12 b bc bcd 8 bcd 4 bcde bcde cde cde de e 0 Fig. 3.22: Rapporto tra numero di rami e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 60 a n. rami / ASTB b 40 bc bc bcd bcd cde 20 cde de e e 0 Fig. 3.23: Rapporto tra numero di rami e area della sezione trasversale della branca (ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea 70 verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Fig. 3.24: Numero di germogli in crescita lungo la branca nel 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Tab. 3.13: Analisi statistica Fig. 3.24. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà germogli in crescita (n.) Basale mediano distale Piantone di Falerone a a ab Nostrale di Rigali a a ab Rosciola colli esini ab a ab Mogliano ab a a Maurino ab a ab Ascolana dura ab a ab Lea ab a ab Piantone di 71 Carboncella ab a ab Rosciola ab a ab Coroncina b a b Arbequina b a b Coroncina ed Arbequina sono le cultivar che hanno presentato il minor numero di germogli in crescita lungo la branca (figura 3.29) mentre Nostrale di Rigali e Piantone di Falerone hanno presentato un elevato valore complessivo di germogli in crescita lungo tutta la branca primaria. Passando all‟esame delle singole porzioni della branca, si nota che la maggior crescita dei germogli, in termini di numero, avviene in generale per tutte le cultivar nella parte basale e mediana, meno nella porzione distale. Il modello di ramificazione ideale per l‟olivo allevato in alta densità prevede una crescita omogenea dei germogli in tutte e tre le porzioni. Tale aspetto risulta di fondamentale importanza per l‟architettura della branca primaria, infatti la presenza di più punti di crescita distribuiti uniformemente lungo l‟asse dovrebbe favorire il contenimento dell‟espansione laterale (verso l‟esterno) delle branche stesse e di conseguenza anche la dimensione complessiva della chioma. Allo stesso tempo, può essere favorita la precocità di entrata in produzione per l‟elevata presenza di rami misti che offrono un notevole potenziale di gemme al processo di induzione e differenziazione a fiore. 72 basale mediano distale 30 lunghezza (cm) 25 20 15 10 5 0 Fig. 3.25: Lunghezze dei germogli in crescita rilevati lungo la branca nel 2014. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Tab. 3.14: Analisi statistica Fig. 3.25. Per ogni colonna lettere diverse indicano differenze significative tra le cultivar in esame, per p<0,05 (test di Tukey). Varietà lunghezza dei germogli in crescita per porzione basale mediano distale Coroncina a abc ab Rosciola ab a ab Lea ab abc ab Maurino bc abc ab Arbequina bc abcd ab Ascolana dura bc ab ab Mogliano bc abc ab Rosciola colli esini bc abc a Piantone di 73 Nostrale di Rigali bc bcd ab Piantone di Falerone bc cd b Carboncella c d b Le cultivar con lunghezze più elevate dei germogli (figura 3.29) sono state Rosciola e Coroncina, che inoltre hanno manifestato una crescita prevalente dei germogli nella parte basale. La cultivar con lunghezza dei germogli minore è risultata Carboncella, con un maggiore accrescimento nella parte distale, mentre nella porzione basale e mediana la crescita è stata molta limitata. Nelle altre cultivar si è assistito ad un equilibrio nella crescita dei germogli alle diverse posizioni, con valori di circa 7,5 cm di lunghezza lungo tutta la branca. Esprimendo la stessa informazione in forma percentuale (figure 3.31 e 3.32) è possibile visualizzare in maniera più chiara il comportamento descritto finora. Infatti, mentre per la maggior parte delle cultivar si può notare un equilibrio in termini di lunghezza dei germogli nelle diverse posizioni, Carboncella e Rosciola tendono a privilegiare la ramificazione medio-terminale lungo la branca (Carboncella; 45,6 % e 26,7 %; Rosciola; 49,9 % e 22,2 %), non solo in termini di numero di germogli, ma nel caso di Carboncella anche di lunghezza degli stessi, rispetto alla lunghezza complessiva di tutti i germogli prodotti (46,3 %). 74 Fig. 3.26: Distribuzione dei germogli nelle porzioni della branca, 2014. Le colonne rappresentano la media percentuale. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Fig. 3.27: Incidenza della lunghezza dei germogli di ogni porzione sul loro sviluppo complessivo a maggio 2014. Le colonne rappresentano la media percentuale. La linea verde distingue le 75 cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. L‟analisi di questi dati, per essere esaustiva, dovrebbe essere associata alla produttività, in termini di frutti allegati, dei germogli presenti sulla branca. Tuttavia, è possibile interpretare questi grafici in relazione alla fertilità delle stesse branche nel 2013 (figure 3.25 e 3.28). Infatti, alcune cultivar come Arbequina, Rosciola e Coroncina, pur non mostrando un‟elevata presenza di germogli, hanno dimostrato una buona attitudine produttiva. Nel caso di Arbequina, la minore capacità di ramificazione può essere in parte imputata all‟inferiore età delle piante all‟impianto, pur essendo comunque piante originate da tessuti fisiologicamente maturi, e quindi confrontabili con il resto delle cultivar in prova. L‟unica cultivar che in questa fase ha mostrato un buon compromesso tra le caratteristiche del comportamento vegetativo come ad esempio un buon numero di rami prodotti a parità di spessore del tronco ed una omogenea distribuzione delle ramificazioni lungo la branca, e quelle riproduttive come il rapporto tra infiorescenze differenziate o frutti allegati e ASTT, sembra essere Piantone di Mogliano; confermando così le ipotesi che fanno ritenere tale cultivar una delle più accreditate circa l„adattabilità in impianti ad alta densità. Cultivar come Maurino e Piantone di Falerone, pur manifestando una buona capacità di ramificazione, sembrano esprimere una minore capacità riproduttiva (figure 3.26 e 3.29), o meglio una inferiore precocità di transizione verso la fase di equilibrio vegeto-produttivo, considerando l‟età delle piante nel momento in cui è stato eseguito questo rilievo (terza foglia). Per questo motivo i risultati qui proposti non possono essere considerati che un punto d‟inizio, che richiede di essere sviluppato negli anni a seguire per arrivare a fornire informazioni maggiormente accurate e complete circa il reale comportamento di ciascuna cultivar in studio. 3.3.2 PRODUZIONE L‟aspetto della precocità di entrata in produzione risulta fondamentale nei nuovi impianti ad alta densità dove il tempo di rientro dell‟investimento determina la convenienza economica per l‟olivicoltore, quindi varietà che stentano a virare verso 76 la fase riproduttiva non risulteranno consigliabili in questo tipo di modelli. Nel maggio 2013 è stato rapportato il numero di infiorescenze prodotte per branca con ASTT e ASTB (figure 3.24 e 3.25), al fine di porre in relazione il grado di fertilità con la struttura scheletrica. Le cultivar che in entrambi i casi hanno manifestato una maggiore fertilità e quindi un maggior numero di infiorescenze prodotte sono state Arbequina, Coroncina, Rosciola, e Piantone di Mogliano. La cultivar Ascolana dura, caratterizzata dagli indici di ramificazione più elevati, non ha mostrato alcuna infiorescenza. n. infiorescenze / ASTT 10 8 a a a ab 6 4 bc 2 0 c c c c c c Fig. 3.28: Rapporto tra numero di infiorescenze e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 77 n. infiorescenze / ASTB 100 a 80 60 b 40 bc 20 bc bc c c c c c c 0 Fig. 3.29: Rapporto tra numero di infiorescenze e area della sezione trasversale della branca (ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. Considerando il numero di frutti allegati rispetto ad ASTT (figura 3.26) e ASTB (figura 3.27), è Coroncina a presentare valori significativamente maggiori rispetto alle altre cultivar, anche se, per il secondo indice, le differenze con Arbequina, Piantone di Mogliano e Rosciola non sono significative. 78 n. frutti allegati / ASTT 8 a 6 4 b 2 b b b 0 b b b b b b Fig. 3.30: Rapporto tra numero di frutti allegati e area della sezione trasversale del tronco (ASTT) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. n. frutti allegati / ASTB 25 a 20 15 ab 10 5 0 ab b b b b b b b b Fig. 3.31: Rapporto tra numero di frutti allegati e area della sezione trasversale della branca (ASTB) a maggio 2013. Le colonne rappresentano la media, le barre l’errore standard. Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative secondo il test di Tukey, per p<0,05. La linea verde distingue le cultivar messe a dimora a 2 anni di età, mentre quella gialla le cultivar messe a dimora a 8 mesi di età. 79 CONCLUSIONI Negli ultimi 10 anni, grazie all‟impulso di sperimentazioni e soluzioni tecniche provenienti principalmente dalla Spagna, sono stati impiantati nel mondo circa 100.000 ettari di oliveti ad alta densità, con oltre 1.250 piante ad ettaro (oliveti superintensivi). Questo modello si basa principalmente sulla possibilità di applicare una integrale meccanizzazione della raccolta in continuo, che, associata a tecniche di controllo della crescita e della produzione, consente di rispondere alle necessità di sostenibilità economica del settore olivicolo. Infatti, la coltivazione tradizionale dell‟olivo, comportando un elevato fabbisogno di manodopera, è divenuta in questi ultimi anni sempre più onerosa e non riesce ad assicurare un reddito effettivo all‟imprenditore. Finora, il modello colturale ad alta densità è stato calibrato principalmente su tre cultivar internazionali: Arbequina, Arbosana e Koroneki. Da studi effettati (Tous et al., 2006; Composeo et al., 2008), si ritiene che queste cultivar abbiano una bassa vigoria intrinseca, associata ad una capacità di produrre di più e più precocemente rispetto alle cultivar tradizionali. In particolare, si è visto che Arbosana e Arbequina producono rami con diametri più piccoli ma allo stesso tempo producono più rami per unità di superficie rispetto alle cultivar tradizionali del centro Italia. Questi due meccanismi comportano nella pianta un duplice risparmio, in quanto consentono di produrre più potenziali siti di fruttificazione e contemporaneamente di investire meno riserve in strutture permanenti. In questo modo, la pianta ha a disposizione una maggiore quantità di riserve da destinare allo sviluppo riproduttivo (Rosati et al., 2013). Infatti, la produzione, relativa alla sviluppo delle strutture scheletriche (efficienza produttiva), valutata su Arbequina e Arbosana, insieme a poche altre cultivar italiane come Maurino, Rosciola, Piantone di Mogliano e Piantone di Falerone, è risultata significativamente maggiore dal resto (Rosati et al,.2012). L‟olivicoltura italiana rappresenta una parte importante dello scenario agricolo mediterraneo; tuttavia, sinora, il rinnovamento degli impianti in Italia è piuttosto limitato a causa delle particolari condizioni strutturali del territorio e a causa delle diverse condizioni socio-economiche di ogni areale produttivo. 80 L‟olivicoltura italiana è condizionata da un forte frazionamento e da giaciture molto difficili, soprattutto nel centro Italia e in particolare nelle Marche, dove la ridotta estensione delle aziende agricole e l‟impiego di manodopera familiare hanno fortemente limitato lo sviluppo della meccanizzazione. La regione Marche, grazie alla presenza di microclimi molto specifici negli ambienti di coltivazione, è caratterizzata da un germoplasma olivicolo molto variegato, con circa 30 cultivar autoctone che rappresentano una ricchezza insostituibile per l'olivicoltura regionale, con comportamenti agronomici e produttivi specifici e caratteristiche organolettiche dell‟olio peculiari e difficilmente ripetibili altrove. Negli ultimi anni, si sta assistendo anche nelle Marche ad una progressiva specializzazione della coltura, con la creazione di nuovi oliveti a più alta densità al fine di incrementare il livello di reddito. Il processo si abbina al necessario aggiornamento delle tecniche colturali, per consentire la massima espressione delle potenzialità produttive delle piante, la razionalizzazione delle operazioni di potatura e un elevato livello di meccanizzazione. Dalle sperimentazioni su cultivar autoctone, si è potuto costatare come le modalità di crescita e le strategie riproduttive delle piante siano strettamente correlate alla morfologia degli assi e alla posizione che questi occupano con le loro ramificazioni all'interno della chioma (Normand et al., 2009). Per questi motivi, molte cultivar autoctone testate sono risultate non adatte nelle condizioni colturali dell‟alta densità, a causa del loro elevato vigore e/o del loro habitus di crescita. La realizzazione di oliveti con un maggior numero di alberi per unità di superficie comporta la riduzione dello spazio a disposizione sia per l‟espansione dell‟apparato radicale che della chioma. In tali condizioni, nell‟albero aumenta il rapporto chioma/radice, ma soprattutto aumenta il rapporto tra superficie fogliare e volume della chioma, ottenendo così una maggiore superficie specifica in buone condizioni di illuminazione e quindi un microclima più favorevole per la differenziazione a fiore delle gemme e lo sviluppo dei frutti (Vieri e Zimbalatti 2011). La maggiore intercettazione della luce e il rapido sviluppo della chioma durante la fase di allevamento sono elementi essenziali per avere produzioni elevate già nei primi anni dall‟impianto. 81 Per questi motivi, è necessario avere, in impianti ad elevate e altissime densità, materiale genetico appropriato, per evitare che risulti problematico il controllo della vigoria degli olivi, che per natura tendono ad avere un accrescimento espanso a cespuglio. A seguito di queste considerazioni, l‟obiettivo di questa tesi è stato quello di verificare l‟adattabilità di alcune cultivar autoctone al modello di olivicoltura definito ad alta densità. Per comprendere le possibilità di adattamento delle cultivar prese in esame, sono state studiate l‟architettura della pianta intera e della branca primaria e ed è stato valutato il loro comportamento di crescita durante i primi anni dall‟impianto. L‟oliveto oggetto di analisi (con sesto d‟impianto 4x2 m) era costituito da 11 diverse cultivar autoctone delle Marche e da Arbequina, varietà spagnola diffusa ormai a livello internazionale e finora considerata il modello di riferimento negli impianti ad alta densità. Lo studio di queste cultivar è cominciato fin dal primo anno d‟impianto ed è proseguito nei 2 anni successivi, prendendo in considerazione alcuni parametri architetturali significativi. Dai risultati riguardanti l‟architettura, è emerso che Arbequina, rispetto a tutte e le altre cultivar, presenta un portamento più contenuto e quindi si distingue nell‟avere dimensioni scheletriche più ridotte, ma allo stesso tempo ha mostrato un rapido accrescimento della chioma in termini di superficie e volume. Le altre cultivar oggetto di studio hanno mostrato una buona capacità di crescita, requisito fondamentale durante i primi anni dall‟impianto, in quanto l‟obiettivo è quello di arrivare ad ottenere piante che nel giro di pochi anni vadano a chiudere il filare e ad occupare tutto lo spazio a disposizione, in modo da anticipare, per quanto possibile, l‟entrata in produzione e procedere con la raccolta mediante macchina scavallatrice. Tra le cultivar testate, quella che si è accresciuta maggiormente in 2 anni è stata la varietà Rosciola, che ha mostrato valori di altezza e di dimensione del tronco significativamente più elevati. Bisogna verificare però come proseguirà l‟accrescimento negli anni successivi, poiché sembrerebbe avere già superato i limiti massimi di altezza e di spessore della chioma consentiti per la raccolta meccanica con macchina scavallatrice. 82 La cultivar che ha mantenuto un portamento della chioma più compatto, in termini di volume, è stata Arbequina. Tuttavia anche Piantone di Mogliano, Piantone di Falerone, Maurino hanno riportato valori, per lo stesso parametro tendenzialmente contenuto. Anche considerando il rapporto altezza/ASTT, Arbequina, Piantone di Mogliano e Ascolana dura hanno mostrato dei valori più elevati. Prendendo in esame l‟indice volume della chioma / ASTT, solamente Coroncina e in parte Rosciola si differenziano in maniera significativa dimostrando una tendenza maggiore ad espandere la propria chioma. Le cultivar che hanno mantenuto un portamento della chioma più compatto si sono dimostrate anche molto precoci in termini di entrata in produzione, eccezione fatta per Carboncella. Infatti, nell‟anno successivo all‟impianto, Piantone di Mogliano, Piantone di Falerone, Maurino e Arbequina hanno mostrato già una piccola produzione di frutti, anche se di modesta quantità. Arbequina ha prodotto più frutti per pianta, in termini di numero ma non di peso. Le cultivar che invece hanno ottenuto maggiori quantità di frutti, in termini di peso, sono state Piantone di Mogliano, Rosciola, Coroncina e Lea. Per quanto riguarda lo studio della crescita delle branche primarie e la disposizione spaziale delle ramificazioni, va considerato che in un oliveto ad alta densità, per far in modo che le chiome non si accrescano troppo in larghezza, è necessario che le branche primarie mantengano una lunghezza non eccessiva, ma allo stesso tempo è necessaria una buona ramificazione, con rami distribuiti in maniera omogenea ed equilibrata lungo la branca stessa. Tenendo in considerazione questi aspetti, le cultivar che hanno mostrato delle modalità di ramificazione interessanti sono state: Piantone di Falerone, Maurino, Ascolana Dura, e Piantone di Mogliano. Tuttavia, alcune cultivar hanno manifestato comportamenti che sembrano poco idonei (ad esempio branche lunghe, densità di ramificazione bassa e distribuzione dei germogli lungo l‟asse concentrata nella porzione terminale della branca), come Rosciola, Nostrale di Rigali, Carboncella e Coroncina. Anche prendendo in considerazione il comportamento vegeto-riproduttivo della branca, è stato possibile individuare diverse attitudini tra le cultivar: Ascolana dura e Piantone di Falerone hanno mostrato una forte tendenza alla crescita della branca e una buona capacità di 83 ramificazione, ma una scarsa attitudine riproduttiva. Coroncina, invece, ha mostrato una buona capacità riproduttiva in termini di infiorescenze differenziate e frutti allegati, ma una scarsa tendenza alla ramificazione. Sono state individuate anche cultivar con un comportamento intermedio molto interessante come Piantone di Mogliano e, in misura minore, Maurino. In conclusione, è possibile affermare che anche nel panorama varietale autoctono esistono cultivar che presentano habitus di crescita, caratteristiche architetturali e attitudini riproduttive potenzialmente compatibili con le esigenze richieste nei nuovi modelli di coltivazione ad alta densità. Ulteriori studi sono comunque richiesti per la messa a punto di tecniche colturali specifiche nei vari areali di coltivazione, al fine di permettere il controllo dei ritmi di crescita e il mantenimento di livelli produttivi stabili nel tempo. 84 Capitolo 2 LA STRUTTRA PRODUTTIVA PREVALENTE IN OLIVO: IL RAMO MISTO INTRODUZIONE 1.1 CICLO VITALE E FISIOLOGIA DELLA PIANTA La vita di un olivo può essere molto lunga per via della capacità di rinnovare periodicamente la propria chioma direttamente dalla corona, attraverso la produzione di strutture giovanili, collegate con un nuovo apparato radicale, che nel tempo potranno sostituire la parte ormai senescente della pianta (Lodolini e Neri, 2012). Il ciclo biologico dell'olivo, così come per le piante arboree in generale, si distingue in diversi stadi di sviluppo. Anche in condizioni colturali, si possono distinguere tre differenti stadi comunemente indicati come stadio giovanile, di maturità produttiva e di senescenza (fig. 1.1). La caratteristica che contraddistingue principalmente questi stadi è la capacità o meno di riprodursi da parte della pianta: 1-stadio giovanile: La giovanilità è tipica dei semenzali e è contraddistinta dall‟incapacità della pianta di fiorire, per un numero di anni che nell‟olivo può essere anche piuttosto lungo (10 e più anni dalla germinazione); 2-stadio maturo: Si raggiunge quando il rapporto tra l‟espansione, dell'apparato radicale e di quello aereo raggiunge un certo valore soglia, non tanto legato alla massa delle porzioni aereo-radicale, quanto piuttosto alle funzioni ad esse associate e tale da permettere alla pianta il raggiungimento di un equilibrio vegeto-riproduttivo. La piantain questa fase esplica il suo massimo potenziale riproduttivo e la chioma si caratterizza per la presenza di strutture tipicamente riproduttive, che nel caso dell‟olivo sono rappresentate dai rami misti, sostenuti dalle branchette fruttifere; 3-stadio senescente: È lo stadio di invecchiamento dell‟albero, durante il quale si realizza un graduale processo degenerativo delle sue strutture. Sia l‟attività 85 vegetativa, epigea ed ipogea, sia quella riproduttiva si riducono progressivamente. Il rapporto tra la sostanza secca delle foglie e quella del legno si riduce vistosamente (Garcia-Ortiz et al., 1998). Fig. 1.1: Rappresentazione schematica dei vari stadi del ciclo di sviluppo nell’olivo. La crescita complessiva della pianta è il risultato di una crescita coordinata degli organi aereo (A) e radicale (R), sicché se uno cresce si sviluppa anche l'altro e se uno dei due si ferma, trascina nell'arresto anche il secondo. La crescita di A e R in realtà avviene in maniera coordinata ma non parallela e anzi attraversa un'evoluzione, in cui prevale la crescita radicale nella pianta giovane e quella della chioma nella pianta matura. Pertanto, la pianta giovane si espande attraverso una crescita coordinata della radice e della chioma che perdura anni o decenni ed è contraddistinta dall‟incapacità di fiorire e da una grande capacità esplorativa dell‟apparato radicale (Gucci e Cantini, 2001). La pianta in questo stadio presenta internodi più lunghi e un maggior numero di foglie per nodo. Il processo continua fino all'inizio della maturità riproduttiva, stadio in cui cessa l'espansione e la chioma si arresta. Nello stadio di maturità l‟apparato radicale ed aereo mostrano un accrescimento vegeto-produttivo equilibrato ed in piena maturità l‟olivo esplica il massimo potenziale produttivo. Esiste un equilibrio tra le due parti (aerea e radicale) che in letteratura viene espresso come un rapporto tra masse (rapporto A/R), sebbene sarebbe più appropriato fare riferimento alle funzioni ad esse associate (modello E/I, Zucconi, 1996). Il rapporto A/R cresce nel corso del ciclo vitale ed è questo che traina l'evoluzione dei comportamenti fisiologici della chioma. L'arresto naturale 86 della crescita avviene in maniera progressiva, a partire da una iniziale tendenza arresto alla riduzione dell'espansione radicale, influenzata anche da limitazioni dello spazio disponibile. La riduzione della crescita radicale non è seguita immediatamente da quella della chioma; anzi questa prosegue, seppure con ritmi minori, usufruendo dell'attività residua della radice che fermatasi consuma meno energia. In questa fase aumenta vistosamente il rapporto A/R creando le condizioni per la riproduzione (Zucconi, 2003). All‟interno dello stadio maturo dell‟olivo si può riconoscere una ulteriore suddivisione in fasi che al contrario degli stadi, non sono irreversibili, ma costituiscono degli intervalli tra i quali esiste una certa elasticità di posizionamento. Si possono riconoscere tre fasi: - vegetativa - equilibrio vegeto-riproduttivo - insenilimento Nella moderna frutticoltura la quasi totalità del materiale vegetale di partenza di origine vivaistica si trova in uno stadio maturo, perché propagate a partire da porzioni mature, pertanto le piante prodotte e commercializzate non sono piante giovanili ma mature che si trovano in una condizione vegetativa. In sintesi l‟età fisiologica e quella anagrafica non sono coincidenti. Infatti, nella Fase vegetativa la pianta pur essendo fisiologicamente matura, mostra caratteristiche giovanili e tende a privilegiare lo sviluppo vegetativo e l‟occupazione dello spazio a disposizione. Tuttavia, nel giro di pochi mesi, con l‟aiuto di un‟opportuna tecnica colturale tornerà a fruttificare. Da questo momento in poi subentra la Fase di equilibrio vegeto-riproduttivo in cui la pianta esplica il suo massimo potenziale riproduttivo. Questo periodo può avere una durata variabile che in genere nell‟olivo può essere molto superiore rispetto ad altre specie da frutto, superando anche i 50 anni a seconda delle condizioni colturali. Tuttavia, negli ultimi decenni con la ricerca di nuovi modelli di coltivazione, capaci di abbattere fortemente l‟assorbimento di manodopera delle principali operazioni (potatura e raccolta) come ad esempio il sistema di coltivazione ad alta densità (o superintensivo), la durata di questa fase potrebbe essere notevolmente ridimensionata anche per l‟olivo. Sebbene non vi siano ancora molti dati in merito, sembra infatti 87 che, in base alle esperienze sul campo, difficilmente si riescano a superare i 15-20 anni di coltivazione senza incorrere in gravi disfunzioni da parte della pianta. Una volta varcata la soglia della maturità riproduttiva, saranno i frutti stessi ad assorbire una notevole quantità di risorse energetiche le quali saranno sottratte alla crescita vegetativa, con un conseguente rallentamento della stessa, ed è a causa di questo che nella Fase di insenilimento la pianta manifesta un cosiddetto affaticamento riproduttivo. In effetti, è proprio la produzione di frutti che inizia a prendere il sopravvento sulla capacità di rinnovamento delle strutture riproduttive, avviando la pianta verso lo stadio di senescenza vera e propria. A questo punto, attraverso un processo degenerativo, si riducono gradualmente le strutture dell‟albero, con conseguente riduzione dell‟attività vegetativa e di quella riproduttiva sino ad arrivare alla morte dell‟individuo. Le operazioni di tecnica colturale, come ad esempio una potatura intensa nella fase di insenilimento, possono stimolare la crescita vegetativa (riscoppio vegetativo), operando una sorta di ricollocazione delle funzioni associate al rapporto A/R a favore della radice, riducendo inoltre la proporzione di legno vecchio a favore di quello più giovane (Gucci e Cantini, 2001) e posticipando così la morte della pianta. 1.1.1 CICLI DI CRESCITA Sulla base delle caratteristiche fisiologiche, la fruttificazione in olivo è legata alla capacità della pianta di regolare una serie di eventi ciclici, ciascuno caratterizzato da particolari proprietà e a sua volta incluso in cicli di ordine superiore (Zucconi, 2003). All‟interno del ciclo vitale della pianta, infatti, è possibile individuare una serie di eventi ripetitivi che si verificano con una frequenza sempre più stretta. Il primo è quello relativo all‟evoluzione della branca produttiva di olivo che viene suddivisa in quattro zone a cui è possibile associare diverse funzioni: di rinnovo, mista, produttiva e in ultimo esausta. Partendo dalla porzione della branca prossimale rispetto al tronco e procedendo verso la porzione più distale la prima zona che si individua è quella di rinnovo in cui prevale la funzione di crescita vegetativa, segue la zona mista a funzione vegeto-riproduttiva, quella produttiva, a principale funzione fruttifera, ed 88 infine la zona esausta (Lauri et al., 2001; Lodolini et al., 2012). Nella zona mista, posizionata nella parte medio-terminale della branca produttiva, prevalgono particolari strutture definite rami misti che mostrano meristemi differenziati sulle gemme ascellari nella porzione di un anno d‟età e un meristema vegetativo nella gemma terminale (Gucci e Cantini, 2000). Non tutte le cultivar manifestano la stessa attitudine alla ramificazione che può dipendere dall‟habitus di crescita e dal vigore (Moutier et al., 2008) e da una specifica strategia di evoluzione della branca negli anni (riposizionamento/sostituzione nel tempo delle strutture con differenti funzioni); (Lodolini et al., 2006). All‟interno di questo quadro si inserisce il ciclo biennale della pianta, che comprende lo sviluppo dei rami misti posizionati prevalentemente nella zona di rinnovo della branca produttiva. Lo sviluppo vegetativo, nelle fasce climatiche temperate, inizia a primavera quando mediamente le temperature sono al di sopra dei 12 °C. Con temperature superiori ai 30 °C a metà dell‟estate, la velocità di crescita vegetativa tende a ridursi. I fattori che intervengono sullo sviluppo vegetativo sono la presenza di umidità nel suolo, la disponibilità d‟acqua e la durata del l‟andamento termico stagionale; quando queste condizioni risultano idonee, la pianta inizierà un anche un secondo periodo di crescita in autunno. Tuttavia, il numero di gemme che partecipano allo sviluppo vegetativo annuale è limitato, aggirandosi intorno al 5-10% delle gemme sviluppatesi nella stagione precedente (Lavee et al., 1996). Così gran parte delle gemme rimane potenzialmente a disposizione dello sviluppo riproduttivo che avviene attraverso la differenziazione a fiore delle gemme di età compresa tra i 3 e gli 11 mesi. Si può intuire quindi la forte dipendenza tra crescita vegetativo e sviluppo riproduttivo in questa specie. Inoltre, il livello di differenziazione florale e lo sviluppo dell‟infiorescenza possono alterare il vigore e la velocità di crescita della pianta. Parlando di sviluppo riproduttivo, si arriva quindi al ciclo annuale che comprende il ciclo di sviluppo del frutto. Il ciclo annuale dell‟olivo è una parte del periodo di vita della pianta in cui si succedono differenti fasi fenologiche e di sviluppo, come risultato di un adattamento della specie al suo ambiente 89 1.2 CLASSIFICAZIONE DEI RAMI I rami costituiscono le appendici periferiche della struttura scheletrica della pianta e derivano dal processo di lignificazione che subisce il germoglio verso la fine della sua crescita annuale. Dal momento in cui perdono la consistenza erbacea nell‟anno di formazione, fino alla fine della stagione successiva, tali strutture prendono il nome di: Rami dell’anno: formati nella stagione di crescita corrente; Rami di un anno: che alla ripresa vegetativa avevano già un anno d‟età; Branche: rami con età superiore ad un anno. In base al modo in cui i rami divergono per capacità di crescita, diametro, lunghezza degli internodi e tipologia delle gemme, possono essere ricondotti sostanzialmente a due tipi differenti: Ramo a legno: rami che non portano gemme a fiore, quindi essenzialmente vegetativi, vigorosi, più o meno diritti, dotati talvolta di rami anticipati, cioè di rami derivanti da gemme, cosiddette “pronte”, che germogliano nello stesso anno della loro formazione. Particolari rami a legno sono: il succhione e il pollone; il primo, particolarmente vigoroso e con internodi lunghi, può derivare da gemme avventizie o latenti presenti su legno di più anni; il secondo, anch‟esso vigoroso, si sviluppa al pedale di piante invecchiate o danneggiate, provenendo dalle radici o dalla zona del colletto. Nell‟olivo, i polloni possono essere generati anche dagli ovuli. Ramo misto: tipico ramo fruttifero, lungo circa 20-30 cm (Gucci e Cantini, 2000) e inserito su branche di 2-3 anni di età nella posizione medio-distale, su cui sono presenti sia gemme a legno, tendenzialmente nella porzione terminale del ramo, compresa la gemme finale, sia gemme a fiore, nelle porzioni sottostanti. La caratteristica principale è data dalla capacità di queste strutture di rinnovare la propria crescita per più stagioni vegetative (generalmente 4-5 cicli), assicurando così un rinnovo delle gemme che poi saranno soggetti al processo di differenziazione a fiore (Lodolini et al., 2012). Ramo a frutto: Il ramo a frutto rappresenta l‟evoluzionedel ramo misto; è cioè un ramo misto che ha perso la caratteristica di potersi rinnovare in quanto anche la 90 gemma terminale è stata differenziata. Sono esili, con internodi brevi. Si rinvengono per lo più nella parte terminale delle branchette fruttifere. (Gucci e Cantini, 2000). Altri tipi di classificazione dei rami tengono conto di diversi criteri quali, ad esempio, la lunghezza (corti o lunghi, a crescita determinata o indeterminata), il portamento (verticale, orizzontale, obliquo o pendulo), la posizione (apicale o laterale), il diametro, ecc. Fig. 1.2: Tipi di ramo d’olivo. A sinistra succhioni con chiari caratteri di giovanilità, a destra rami fruttiferi (foto autore) 1.3 LA STRUTTURA PRODUTTIVA PREVALENTE NELL’ OLIVO: IL RAMO MISTO Il tipico ramo fruttifero in olivo è il ramo misto (Gucci e Cantini, 2000; Lauri et al., 2001; Dag et al., 2010; Lodolini et al., 2012; Farinelli et al., 2011). Nel ramo misto vengono principalmente distinte due porzioni (figura1.3): porzione terminale: risulta dalla stagione di crescita corrente (n+1); porzione di un anno di età: dove fioritura e fruttificazione avvengono come risultato dei processi di iniziazione e induzione iniziati la stagione precedente (n). 91 Fig. 1.3: Ramo misto. n – rappresenta la porzione formata e differenziata l’anno precedente; n+1 – rappresenta invece la porzione in formazione nella stagione corrente (foto autore) Una classificazione standard del ramo misto basata sulla lunghezza non esiste in olivo, e questo a causa del fatto che la crescita vegetativa può essere influenzata fortemente da numerosi fattori, quali genotipo, condizioni ambientali e pratica colturale. Tuttavia, le strutture che possono essere ascritte a questa categoria sono quelle che presentano almeno 15 cm di rinnovo (Gucci e Cantini, 2000); per di più il rinnovo del ramo misto può subire notevoli variazioni anche in base agli eventuali squilibri vegeto-riproduttivi che interessano la pianta. Castillo-Llanque e Rapoport (2011) hanno mostrato come l‟architettura dei germogli in piante di olivo di vent‟anni sia condizionata dallo stato fisiologico di carica piuttosto che di scarica produttiva; infatti i germogli con lunghezza pari a 16 cm erano presenti in maggior numero sulle branche delle piante “scariche” rispetto alle “cariche”; inoltre, in quest‟ultime è stata rilevata la completa assenza di germogli con lunghezza maggiore a 30 cm. In olivo, la presenza di germogli di un anno riveste un ruolo importante in termini di supporto al carico produttivo atteso (Dag et al., 2010), in quanto essi possono fungere da struttura di supporto per i siti potenziali di fruttificazione che, in definitiva, sono le gemme. Pertanto, maggiore è il numero dei nodi presenti nella parte terminale del ramo fruttifero dell‟anno, maggiori saranno le infiorescenze e i frutti dell‟anno successivo. Moutier et al., (2008) hanno riportato una buona correlazione tra il numero di frutti alla raccolta su rami misti di un anno d‟età e l‟intera produzione della pianta di olivo di 3 anni. Inoltre, uno studio realizzato in Italia centrale ha evidenziato che il ramo misto della cultivar Arbequina, caratterizzata per l‟elevata precocità e fertilità, presenta un maggior numero di nodi, 92 un più alto numero di infiorescenze e di frutti per nodo in confronto ad altre cultivar testate in condizioni di alta densità (Rosati et al., 2013). Una gestione ottimale richiede che, all‟interno di ogni ramo fruttifero, le risorse vengano distribuite in maniera tale che la produzione attesa per l‟anno corrente, nella porzione n, raggiunga la maturazione in maniera ottimale, mentre la parte distale del ramo n+1 deve presentare una crescita vegetativa sufficiente. Il bilancio o la ripartizione delle risorse deve essere mantenuta tale per più anni, al fine di garantire un raccolto stabile per diverse stagioni di crescita. Pochi studi sono stati incentrati sull‟attitudine vegeto riproduttiva del ramo misto di olivo. Farinelli et al. (2011) hanno evidenziato come, durante il ciclo vegetativo, la ripartizione della biomassa avvenga prevalentemente in favore della funzione riproduttiva rispetto a quella vegetativa. Infatti, l‟allocazione della biomassa, espressa sotto forma di materia secca, per l‟81% del totale è stata indirizzata agli organi riproduttivi (infiorescenze e frutti), mentre solo il 19% viene destinato alle strutture vegetative (germoglio sviluppato nella stagione corrente n+1 e incremento della massa della porzione accresciuta nell‟anno n). Il compromesso tra attività vegetativa e riproduttiva sullo stesso ramo ha una grande influenza sulla potatura, in quanto i rami fruttiferi non devono essere raccorciati in nessuno modo, per due motivi: per evitare la perdita della capacità di rinnovo data dall‟accrescimento della porzione terminale e la perdita di gran parte della produzione stessa, per l‟anno in corso, in caso di raccorciamenti eccessivi. La crescita terminale del ramo fruttifero tende a rallentare dopo due anni di alte rese, anche se può continuare a dare risultati soddisfacenti fino al 4°-5° anno di rinnovo (Lauri et al., 2001; Lodolini et al., 2012). Pertanto, i rami fruttiferi, e di conseguenza anche le branche, devono essere rinnovati adeguatamente attraverso la potatura. In condizioni di crescita ottimali, il ramo fruttifero è più longevo. L‟esaurimento di quest‟ultimo è evidente quando un piccolo gruppo di foglie si presenta alla fine di un ramo quasi nudo (Gucci e Cantini, 2000). Un metodo efficace per determinare l‟esaurimento dei rami è quello di misurare la crescita del ramo fruttifero nell‟anno corrente. Se la crescita terminale è inferiore a 20 cm, i rami sono vicini all‟esaurimento, quindi dovrebbero essere rinnovati con la 93 potatura; al contrario, crescite comprese tra 25 e 60 cm, risultano adeguate a mantenere una resa alta nell‟anno successivo indicando inoltre che il ramo non ha bisogno di essere rinnovato (Gucci e Cantini, 2000). 1.4 LE GEMME D’OLIVO La gemma è una struttura che contiene il primordio di un nuovo asse, da cui possono avere origine foglie, rami o fiori. Le gemme possono essere distinte in base alla: 1.identita: gemme vegetative: definite anche gemme a legno, responsabili esclusivamente della crescita vegetativa. Normalmente sono più piccole, appuntite rispetto a quelle riproduttive e portano alla formazione di rami e foglie; gemme riproduttive: dette anche gemme a fiore, si presentano di dimensioni maggiori rispetto alle precedenti e assolvono esclusivamente la funzione di produrre fiori; 2. posizione: gemme laterali: poste in corrispondenza dei nodi e originate dai primordi del ramo; gemme apicali: poste all‟apice del ramo; provvedono al suo accrescimento in lunghezza; gemme avventizie: meristemi originati in posizioni casuali diverse dal nodo ed inglobati in strutture quali fusto, branche o radice. 3. epoca di schiusura: gemme pronte: meristemi che germogliano ed entrano in attività nel corso dell‟anno stesso della loro formazione. 94 gemme dormienti e latenti: le prime entrano in attività nella primavera dell‟anno successivo a quello della loro formazione, mentre le seconde possono trascorrere una o più stagioni allo stato latente; Le gemme latenti schiudono solo in risposta a determinati stimoli, soprattutto per effetto dei tagli di potatura o in risposta a lesioni traumatiche della pianta e rappresentano, pertanto, una riserva, finalizzata alla ricostituzione della parte danneggiata (Neri, 2010). 1.4.1 STRUTTURA DELLE GEMME Le diverse tipologie di gemme in olivo presentano differenze soprattutto a livello microscopico. 1.4.1.1 GEMME VEGETATIVE All‟apice delle gemme si evidenzia uno strato esterno di cellule con divisioni anticlinali, definito tunica, che racchiude il corpus centrale. Tra queste zone esistono due o tre file di cellule che si dividono principalmente nel senso anticlinale, ma che in determinati momenti cominciano a dividersi anche periclinalmente, in corrispondenza di due “focus” laterali. Ciascuno dei due focus laterali, crescendo, forma una protuberanza, che si evolve dando origine ad un abbozzo fogliare. Contemporaneamente, nella zona apicale, si sono formati due nuovi focus in posizione ortogonale rispetto ai precedenti. In questi due punti, l‟apice della gemma assume di nuovo una forma che può apparire arrotondata. (Troncoso et al., 1967). Alla base di ciascuno di questi abbozzi fogliari si differenzia una sottogemma. Il lento sviluppo di queste sottogemme, così come quello dell‟apice principale, in associazione al più rapido accrescimento degli abbozzi fogliari, conferisce alla gemma una caratteristica forma slanciata. 95 Fig. 1.4: Sezione longitudinale mediana della gemma vegetativa (Ipek et al., 2013). 1.4.1.2 GEMME RIPRODUTTIVE L‟organizzazione apicale caratteristica delle gemme a legno si può ritrovare anche in quelle fruttifere. In effetti, inizialmente tutte le gemme mostrano un organizzazione analoga a quella rilevata sui rami a legno. Successivamente, , si possono distinguere alcuni apici con caratteristiche diverse (figura 1.6). Da questo periodo è possibile dunque distinguere le gemme dei rami fruttiferi in due gruppi: 1) gemme che manifestano una struttura identica a quella descritta per le gemme a legno; 2) gemme che manifestano un‟organizzazione diversa dalle precedenti e che, se seguite attraverso le successive fasi della loro evoluzione, mostrano di portare normalmente alla formazione di un‟infiorescenza. La formazione dei primordi laterali avviene in un modo non molto dissimile da quello descritto per gli abbozzi fogliari delle gemme a legno, attraverso la formazione di due rigonfiamenti laterali. In questo caso, però, anche la regione assiale ha un forte sviluppo, cosi che i due rigonfiamenti laterali rimangono al di sotto della regione assiale stessa. I due primordi fogliari laterali, pur sorpassando in altezza la regione assiale, non arrivano a sovrastarla come avviene nelle gemme a 96 legno. Essi sono situati su assi alternativamente ortogonali tra loro ed a diverse altezze lungo l‟asse principale della gemma (Troncoso et al., 1967). All‟ascella di ogni primordio si differenzia una sottogemma, che si sviluppa molto rapidamente e che ha caratteristiche analoghe a quelle dell‟apice centrale. La gemma inizia a presentare così la struttura della futura infiorescenza; infatti, l‟apice principale persiste nel suo sviluppo e nel punto di inserzione dell‟ultimo paio di primordi laterali si vengono a formare due rigonfiamenti; l‟apice assume cosi una forma caratteristica con tre protuberanze, delle quali la centrale risulta più sviluppata. Procedendo l‟accrescimento, queste protuberanze assumono l‟aspetto di apici distinti. Fig. 1.5: Sezione longitudinale mediana della gemma riproduttiva. Partendo da sinistra verso destra, sono riportati tre prelevamenti successivi (Ipek et al., 2013). Mentre l‟apice principale prosegue il suo sviluppo, si nota la formazione di due nuove protuberanze inserite allo stesso livello e concresciute a partire dalla base, in modo da apparire come una corona circolare intorno all‟apice. Questa è la prima fase della differenziazione del calice. L‟apice si estroflette di nuovo e forma un altro doppio paio di appendici, unite però tra loro solo all‟inserzione sull‟asse. Sono i primordi dei petali. Alla base di questi, come fase successiva, si originano due nuove grosse protuberanze, che progressivamente si differenziano in un paio di stami (androceo). I tre fiori formatisi da una triade di apici restano avvolti da uno stesso paio di bratteole. 97 Nell‟ambito di una gemma si viene cosi a formare, gradualmente, un‟infiorescenza a grappolo (mignola), il cui asse centrale termina generalmente con una triade di fiori. In questo asse sono inseriti, ad altezze diverse, coppie di racemi secondari ortogonali tra loro anch‟essi terminanti con una triade di fiori o con un fiore singolo. Sugli assi secondari possono poi inserirsi ulteriori ramificazioni con uno o più fiori. 1.5 FASI FENOLOGICHE NEL CICLO ANNUALE DELL’OLIVO Essendosi l‟olivo sviluppato in un clima mediterraneo, la sequenza delle fasi fenologiche avviene in relazione alle condizioni tipiche di questo ambiente particolare (Lavee et al., 1996). Loussert e Brousse, (1978) hanno identificato 6 stadi fenologici nell‟olivo, dal germogliamento all‟inizio dello sviluppo del frutto (figura1.7), così distinti: riposo vegetativo; ripresa vegetativa (rigonfiamento delle gemme fiorali); mignolatura; fioritura; allegagione; accrescimento iniziale dei frutti. In inverno, le gemme fiorali formatesi nella stagione precedente entrano in uno stadio di dormienza. Tale condizione, che coincide con il periodo più freddo (dicembre-gennaio), si manifesta con un‟attività dei germogli assente o fortemente rallentata. Il germogliamento e la crescita dei rami riprende quando le temperature salgono al di sopra dei 15 °C circa e questo solitamente avviene in primavera (fine febbraiomarzo), a seconda degli ambienti di coltivazione. Tale fase viene definita “ripresa vegetativa” ed ha una durata di circa 20-25 giorni, durante i quali si verifica il completamento del processo di differenziazione seguito dalla schiusura delle gemme (Gucci e Cantini 2000). 98 Fig. 1.6: Ciclo biennale dei processi vegetativi e riproduttivi (Fonte: Gucci e Cantini, 2000; rielaborato dall’autore) In piena primavera si passa alla fase di mignolatura, dove le infiorescenze, anche se ben evidenti, permangono ancora chiuse (figura 1.7). Fig. 1.7: Fase di mignolatura con infiorescenze chiuse (foto autore) 99 Dalla seconda metà di maggio alla prima metà di giugno, negli ambienti mediterranei, ha luogo la fioritura. Una volta che il fiore è stato fecondato con successo, si verifica l‟allegagione (fine giugno-prima decade di luglio). La crescita del frutto (o ciclo annuale di crescita) segue un andamento a doppia sigmoide che può essere suddiviso in quattro fasi. La prima, che si verifica subito dopo l‟antesi e perdura fino a 50-60 giorni dalla piena fioritura (GDF), è caratterizzata da un rapido incremento del peso fresco del frutto, a causa di una intensa attività di citochinesi che si arresta in concomitanza del periodo più caldo e siccitoso, che mediamente negli ambienti mediterranei si verifica nei mesi di luglio-agosto, con conseguente arresto dell‟accrescimento dei frutti (da luglio in poi) e con l‟inizio della lignificazione dell‟endocarpo. Questa fase, detta di indurimento del nocciolo, si protrae orientativamente fino agli inizi di agosto, per terminare nel mese di settembre. In questo intervallo di tempo, si verifica inoltre la sclerificazione dell‟endocarpo. A seguito di questo arresto della crescita, si assiste ad una ripresa dell‟incremento di peso della drupa, che si protrae orientativamente fino a 120 GDF; è proprio in questa fase che si assiste all‟accumulo di olio al suo interno. Una volta terminata l‟inoleizione, il frutto invaia e si avvia l‟ultima fase, la maturazione finale. Dalla primavera fino all‟estate, si possono notare una serie di eventi biologici che, a volte, come nel caso del processo di differenziazione delle gemme, si avviano l‟anno precedente, ma che tendono a sovrapporsi tra loro. Infatti, nel periodo primaverileestivo, la pianta deve riuscire a sostenere sia lo sviluppo dei nuovi germogli che il processo di fioritura, cui segue la fase iniziale dello sviluppo dei frutti, caratterizzata da un‟intensa attività di divisione cellulare. La corretta gestione di questa fase, così dispendiosa in termini di ripartizione e sintesi delle risorse energetiche per la pianta, risulta di fondamentale importanza, al fine di mantenere un buon equilibrio vegetoriproduttivo, capace di garantire una costanza produttiva negli anni, elemento imprescindibile per la conduzione di moderni impianti olivicoli. Nelle condizioni colturali dell‟alta densità, l‟elevato investimento iniziale impone che la capacità produttiva dell‟impianto sia la più costante possibile nell‟arco della durata economica dell‟oliveto. La possibilità, in questi contesti, di avvalersi di più fattori di controllo della crescita, come l‟irrigazione localizzata, la fertirrigazione, la gestione 100 del suolo e la potatura attuata in epoche diverse, consente di rispondere in maniera molto mirata alle esigenze puntuali della pianta in ogni fenofase. 1.6 BIOLOGIA FIORALE La biologia fiorale in olivo consiste in una serie di tappe, determinate da processi biologici e morfologici su cui agiscono fattori ambientali assai differenziati. È tradizionalmente suddivisa nelle seguenti fasi: formazione delle gemme a fiore e induzione, differenziazione, formazione dell‟infiorescenza e del fiore, impollinazione e fecondazione, allegagione. Tutte queste fasi sono parimenti importanti ai fini della produzione, anche se, in definitiva, questa dipende dalla capacità di ogni singola gemma di potersi evolvere verso la forma riproduttiva, quindi dalla prima fase di induzione (Fiorino et al.,2011). Le caratteristiche dei fiori e delle singole fasi di fioritura andranno ad influenzare lo sviluppo del futuro frutto e più in generale l‟intero ciclo produttivo. Le condizioni climatiche durante la fioritura sono considerate decisive per l‟impollinazione e la fruttificazione; infatti, la crescita del tubetto pollinico nell‟ovario si inibisce con una temperatura superiore a 30 °C durante la fioritura, determinando un elevato sviluppo di frutti partenocarpici (Lavee et al, 1996). La pianta di olivo è una specie che presenta un‟abbondante produzione di fiori, ma una bassa percentuale di allegagione ed un‟elevata e precoce degenerazione con conseguente abscissione degli ovari (Rosati et al., 2009; Rosati et al., 2010). Alcuni fiori, infatti, presentano delle malformazioni a livello dell‟ovario che si mostra parzialmente sviluppato o totalmente assente; in questi casi si parla appunto di aborto dell‟ovario. Questo fenomeno può verificarsi molto presto, 30-40 giorni prima della fioritura e sembra essere determinato dalla competizione tra i fiori per le risorse nutrizionali, in quanto le disponibilità della pianta non sono sufficienti a supportare l‟intero quantitativo potenziale di frutti. Inoltre, l‟incidenza dell‟aborto 101 dell‟ovario varia in base alla cultivar, in quanto tende ad essere più elevata in cultivar a frutto grande (Colao et al., 2011; Fiorino et al., 2011; Rosati et al., 2012). In alcuni casi, gli ovari cadono insieme ai fiori che hanno avuto un normale sviluppo, ma non sono stati impollinati o non sono stati fecondati, fenomeno che prende il nome di colatura. La cascola, invece, consiste nella caduta di ovari fecondati che hanno iniziato a crescere, ma durante l‟allegagione cadono insieme ai fiori sterili (Fiorino et al., 2011). L‟olivo ha la caratteristica di avere un meristema apicale a crescita continua che genera, ad ogni nodo, due complessi gemmari in posizione opposta. Ciascun complesso gemmario è costituito da una gemma principale a funzione riproduttiva e da una o più sottogemme destinate a divenire gemme latenti, dalle quali, a seguito di particolari stimoli, potranno essere originati dei nuovi germogli destinati al rinnovo della chioma (Breton e Bervillè, 2013). 1.6.1 INDUZIONE Il momento in cui si verifica l’induzione a fiore, in olivo, risulta ancora soggetto ad ampio dibattito, anche se la maggior parte dei fitologi ritiene che si verifichi entro il mese di luglio (Lousset e Bruce, 1978), nonostante non si abbiano cambiamenti osservabili prima del successivo periodo di febbraio-marzo, quando indicano la fase di differenziazione. La causa che porta le gemme laterali di un ramo di olivo a generare una mignola sembra ricondursi all‟effetto dell‟aging. È stato dimostrato sperimentalmente che una gemma laterale è in grado di generare un‟infiorescenza solo dopo un certo periodo di tempo a partire dalla sua formazione, necessario affinché il meristema diventi maturo e ciò può essere influenzato anche dalla cultivar (Fiorino et al., 2011). I tempi di invecchiamento (aging) sono compresi tra uno e 5 anni (Breton e Bervillè, 2013) e possono essere diversi tra le cultivar; alcune mostrano un ciclo di invecchiamento del meristema laterale breve, come ad esempio “Koroneiki”, nella quale si formano mignole dalle gemme laterali formate durante il secondo anno di crescita del meristema apicale. Al contrario, in“Frantoio”, le gemme laterali possono sviluppare infiorescenze solo se il meristema apicale ha superato il terzo anno di età registrando così un periodo di invecchiamento più lungo (Fiorino et al., 2011). 102 Esistono diverse teorie sui processi che portano alla formazione dell‟infiorescenza. Quella più accreditata si può sintetizzare come ”teoria delle due fasi” secondo la quale, sulle gemme laterali di un germoglio, intorno al mese di luglio, prima della pausa estiva di crescita del meristema apicale, una serie di fattori ambientali e nutrizionali dovrebbero esercitare una pre-induzione (verificabile come cambiamenti biochimici e molecolari all‟interno di tessuti della gemma); sarebbe successivamente necessaria, a partire dall‟autunno successivo, una qualche conferma alla quale concorrerebbero sia fattori ambientali sia fattori endogeni. La “teoria delle due popolazioni” afferma che, su rami prelevati da zone di pianta diverse, possano esistere gemme che, dopo la loro formazione, hanno una evoluzione molto differenziata: un gruppo rimane pressoché quiescente fino alla fine dei mesi invernali, e riprende la crescita per portare le gemme alla formazione della mignola; un altro gruppo, invece, sin dall‟inizio, incomincia a svilupparsi formando tre nodi e si ferma, per riprendere eventualmente la crescita solo nella primavera successiva. Inoltre, questa teoria afferma che i rami caratterizzati dalla presenza di gemme che rimangono quiescenti fino alla ripresa vegetativa portano un numero maggiore di mignole rispetto a quelli nei quali le gemme iniziano immediatamente un primo sviluppo; ipotizza infine che sia la pianta, nel suo insieme e con i suoi equilibri, ad indirizzare l‟evoluzione delle gemme delle singole zone, originando quindi rami con specifiche tipologie di gemme diverse (Fiorino et al., 2011). 1.6.2 DIFFERENZIAZIONE A FIORE Si definisce “differenziata” una gemma quando in essa compaiono, visibili o misurabili, cambiamenti irreversibili. Nel caso dell‟olivo, la differenziazione anatomica in senso riproduttivo, cioè la comparsa di strutture che indicano che morfologicamente si sta formando un abbozzo di infiorescenza, può essere collocata in un arco di tempo che va da novembre a febbraio, con dati molto variabili in relazione alla zona dove sono state effettuate le ricerche e, probabilmente, alle cultivar (Fiorino et al.,2011; Lombardo et al., 2011). 103 1.6.2.1. LA DIFFERENZIAZIONE DELLE GEMME L‟induzione, lo sviluppo delle iniziali fiorali e la differenziazione si considerano generalmente un processo continuo e relativamente breve. La fioritura dell‟olivo avviene su germogli che si sono sviluppati nella precedente stagione vegetativa. A differenza della maggior parte delle altre specie da frutto legnose, le gemme dell‟olivo non hanno squame ma solo primordi fogliari che si convertiranno in foglie, a meno che non si verifichi la differenziazione di un‟infiorescenza. Quando si verificano l‟induzione e la differenziazione a fiore di una gemma, i primordi fogliari mantengono la loro crescita e formano delle brattee nei punti principali di ramificazione. Successivamente, la gemma rimane in uno stato di stasi fino all‟inizio della primavera seguente, con uno sviluppo scarso ma visibile del cono centrale. La differenziazione inizia con l‟allargamento del cono centrale della gemma e la successiva disposizione degli strati cellulari sottostanti. Il tessuto embrionale iniziale del punto di crescita si differenzia generalmente in tre fiori principali. Le gemme secondarie ascellari rispetto ai vari primordi si trasformano nelle iniziali fiorali inferiori, mentre i primordi fogliari perdono il loro potenziale di sviluppo e si convertono in brattee. Fig. 1.8: Sviluppo della gemma fiorale, (Fonte: enciclopedia mondiale dell’olivo). 104 In ogni fiore, i petali sono i primi a svilupparsi e poco dopo (circa una settimana) si differenziano i sepali; lo stame inizia a formarsi circa due settimane più tardi ed il pistillo è l‟ultimo organo a svilupparsi, alcuni giorni dopo. Il livello di differenziazione di ciascun albero dipende dall‟interazione dell‟intensità dei fattori estivi (luce e temperatura) e dalle condizioni di freddo invernale, ovvero la quantità e il calendario delle ore di freddo (Lavee et al., 1996); in generale, nel caso dell‟olivo un periodo di 10 settimane con temperature inferiori a 12 °C è sufficiente per garantire una buona fioritura nella primavera successiva . Un fattore che svolge un ruolo importante nell‟induzione florale è la presenza delle foglie. La loro rimozione, all‟inizio dell‟inverno, inibisce gran parte della differenziazione. Diversi livelli di defogliazione attuati al fine di ridurre la quantità di foglie sui rami campionati, hanno dimostrato che la presenza di foglie costituisce un segnale importante sia per il ramo osservato che per quelli vicini (Lavee et al., 1996). L‟azione delle foglie dipende dalla luce, e, nel periodo di induzione, l‟ombreggiamento determina una inibizione della differenziazione. Infatti, nelle parti di albero maggiormente esposte alla luce, si è osservato un maggior livello di differenziazione rispetto a quelle ombreggiate (Tombesi e Standardi, 1977; Lavee et al., 1996). 1.7 FATTORI COINVOLTI NELLA DIFFERENZIAZIONE A FIORE In questo paragrafo sono riportati i principali fattori coinvolti nel processo di differenziazione fiorale. Tuttavia è stato fatto un breve accenno anche ai fattori coinvolti nell‟induzione a fiore, in quanto i due processi citati avvengono in maniera sequenziale e interdipendente. La distinzione adottata è tra fattori endogeni e fattori esogeni. Tra i principali fattori endogeni si possono individuare i geni e gli ormoni. I geni responsabili dell‟induzione fiorale sono quelli appartenenti alla famiglia MADS-box, il cui compito è quello di andare a reprimere il locus di fioritura C (FLC) responsabile della repressione dei geni implicati nel fotoperiodo, nella vernalizzazione e nella produzione di ormoni. Tale inibizione può avvenire attraverso 105 la rimodellazione della cromatina o deacetilazione degli istoni (quest‟ultimo rende la cromatina inattiva mantenendo il locus non accessibile alla trascrizione). Per quanto riguarda il quadro ormonale, durante la fase di riposo vegetativo, le gemme presenti lungo il germoglio si trovano in uno stato di dormienza, parzialmente dovuta alla presenza di acido abscissico (ABA), presente a concentrazioni crescenti man mano che si procede verso il periodo più freddo, per poi diminuire con l‟arrivo della primavera. Durante la fase di ripresa vegetativa, le principali sostanze responsabili dell‟accrescimento del germoglio sono gibberelline ed auxine; le gibberelline promuovono la formazione di nuove foglie, l‟allungamento del tratto sub-apicale e la sintesi di nuove auxine, che a loro volta favoriscono lo sviluppo degli apici meristematici e la moltiplicazione cellulare. La loro attivazione e la concentrazione risultano abbondanti fino al periodo estivo per poi decrescere, favorendo il ritorno dell‟acido abscissico nel periodo invernale. Tra i principali fattori esogeni si possono individuare luce e temperatura. Entrambi infatti concorrono a definire la situazione ambientale, insieme alla disponibilità idrica e di elementi nutritivi. Il fabbisogno in freddo per l‟induzione fiorale è stato investigato da numerosi ricercatori (Hartmann e Porlingis, 1957; Rallo e Martin, 1991; De Melo-Abreu et al., 2004, Orlandi et al., 2004). Lavorando con piante in vaso, si è anche dimostrato che le temperature oscillanti tra i 4 ed i 18 °C sono più efficaci del freddo costante; d‟altra parte, anche una temperatura costante di 12 °C dà luogo all‟induzione di gemme fiorali. Questi risultati non si possono tuttavia accettare come unica spiegazione delle condizioni che portano alla differenziazione; infatti, anche il fattore luce appare decisivo per il processo di induzione fiorale (Tombesi e Standardi, 1977). Nelle zone della chioma più folte e ombreggiate, la differenziazione è minore rispetto alle parti ben illuminate . Non è ancora chiaro come agisca la luce in relazione alla differenziazione fiorale delle gemme; nonostante ciò, è nota la grande sensibilità dell‟olivo all‟ombra, che non solo dà luogo ad uno sviluppo minore dell‟infiorescenza, ma anche ad una riduzione della fruttificazione e ad un aumento 106 della caduta delle foglie con frequenti disseccamenti dei rami di 2-3 anni. La modellatura della chioma attraverso la potatura, eseguita con periodicità annuale o biennale al fine di aumentare la penetrazione della luce, risulta decisiva per l‟utilizzazione efficace del potenziale produttivo della pianta. Diversi, in letteratura, sono stati gli studi sugli elementi nutritivi coinvolti nella differenziazione e nello sviluppo del fiore. Uno studio di Ulger et al. (2004) condotto sulla varietà Memecik ha permesso di determinare i quantitativi degli elementi nutritivi durante le fasi di induzione, iniziazione e differenziazione, all‟interno di campioni di foglie, nodi e frutti. Nella fase di differenziazione, gli elementi a maggiore concentrazione sono N, Ca, Fe, Mn, Zn e Cu, mentre nella fase di iniziazione i protagonisti sono K e P. Questi ultimi sono presenti soprattutto nei nodi e nei frutti, mentre i restanti li ritroviamo ad alte concentrazioni nelle foglie. Nello studio di Fernandez-Escobar et al.,(2008) è stata osservata l‟influenza che ha il quantitativo di azoto fogliare nei confronti dello sviluppo e della qualità del fiore. Da questo studio è emerso che una carenza di azoto incrementa l‟aborto del pistillo ed inoltre riduce la longevità dell‟ovulo, con conseguenze sul periodo effettivo di impollinazione. Un eccesso di azoto riduce la longevità dell‟ovulo. Mantenendo un adeguato contenuto di azoto invece, si può ritardare la senescenza dell‟ovulo e migliorare il potenziale di fecondazione ed allegagione. De la Rosa e Rallo (2000) si sono concentrati nello studio del contenuto di amido, la principale sostanza di riserva prodotta grazie alla fotosintesi operata dalle foglie. All‟interno delle gemme, durante il riposo invernale è stato possibile osservare che la crescita e la differenziazione della gemma sono accompagnate da un calo del contenuto di amido. L‟acqua è un altro fattore esogeno che può influenzare la differenziazione a fiore. Nello studio condotto da Bacelar et al. (2006), inducendo uno stress idrico su diverse cultivar (Cobrancosa, Mandual e Verdeal Trasmontana) è stato possibile osservare un netto calo della superficie fogliare, dovuto alla combinazione di riduzione della crescita delle foglie e caduta di quelle più vecchie, per minimizzare la perdita di acqua attraverso la traspirazione, determinando un forte declino nella capacità fotosintetica della pianta. 107 La disponibilità di acqua durante il periodo che intercorre tra la pre-fioritura e la fioritura è un fattore importante. Infatti, un deficit idrico durante questo periodo riduce la crescita vegetativa e ritarda il momento della fioritura. Al contrario, le piante che hanno ricevuto un‟adeguata dose di irrigazione presentano una maggiore densità fiorale (Lavee et al., 1996). Infine, anche la sovrapposizione dei processi riproduttivi e vegetativi durante lo stesso periodo con conseguente competizione per i nutrienti, le gelate tardive e la siccità durante l‟induzione a fiore sono probabilmente fattori in grado di influenzare il fenomeno della differenziazione a fiore. 1.8 L’ALTERNANZA DI PRODUZIONE La produzione biennale o alternanza di produzione indica la tendenza di alcune specie da frutto, incluso l‟olivo, a fornire produzioni economicamente apprezzabili ad anni alterni. La ridotta produttività deriva da un minore accrescimento della vegetazione nell‟anno (n), causato da un grande numero di frutti prodotti, in grado di esercitare una forte competizione verso i germogli per la ripartizione dei fotosintetati, con conseguente riduzione della produzione l‟anno (n+1) (Lavee et al., 1996; Castillo-Llanque, 2008; Colao et al., 2011; Fiorino et al., 2011). Il fenomeno dell‟alternanza può avvenire a differenti livelli: sulle singole branche nella stessa pianta oppure a livello di piante diverse ma presenti nello stesso impianto (Monselise e Goldschmidt, 1982). In termini ecologici, l‟alternanza di produzione può essere vista come un tratto ancestrale delle piante selvatiche, messo in atto per regolare l‟investimento riproduttivo in base alle condizioni esterne (Gucci e Cantini,2000). I meccanismi fisiologici che causano l‟alternanza di produzione nell‟olivo, ad oggi, non sono ancora ben compresi; tuttavia, tra i fattori in grado di innescare l‟alternanza, vi sono il freddo invernale, la disponibilità idrico-nutritiva nel periodo primaverile-estivo, ma anche l‟intervento di composti induttori e repressori dell‟induzione (Lavee et al., 1996; Mulas et al., 2011). Alcuni studi hanno rivelato che un notevole raccolto può ridurre il ritorno a fiore nell‟anno seguente (Ipek et al., 2013; figura 1.4). La fioritura sembrerebbe essere ridotta a causa di un messaggio inibitore rilasciato dal seme durante il periodo di induzione della gemma fiorale (Fernàndez-Escobar et al.,1992). Uno studio di Lavee et al. (1986), condotto su due 108 cultivar (Manzanillo e Barnea), ha dimostrato come la rimozione del 50 % dei fiori determini un aumento della produzione l‟anno successivo. Inoltre, posticipando il momento della raccolta oltre una certa data soglia, diminuisce il minore di gemme che vengono differenziate nell‟anno seguente (Lombardo et al.,1989; Dag et al., 2010; figura 1.9 ). Fig. 1.9: Effetto del livello produttivo e dell’epoca di raccolta nell’anno (n) sull’intensità di fioritura nell’anno seguente (n+1). (rielaborato da Gucci e Cantini, 2000) 1.9 OBIETTIVI DELLA SPERIMENTAZIONE Il presente studio è finalizzato ad approfondire le conoscenze relative al comportamento riproduttivo del ramo misto di olivo attraverso la valutazione dell‟influenza che diverse gestioni colturali (irrigazione e concimazione) hanno sull‟accrescimento del ramo, sulla differenziazione a fiore, in cultivar diverse, studiando l‟evoluzione microscopica delle gemme, il ritorno a fiore e l‟allegagione. 109 MATERIALI E METODI 2.1 DESCRIZIONE DEL SITO L‟oliveto è stato impiantato il 31 marzo del 2011 ed è sito in Contrada Capparuccia di Fermo, ad un‟altezza di 200 m s.l.m., presso l‟azienda agricola “Maggiorana Cinzia”, certificata biologica per tutte le coltivazioni arboree e si estende su circa 6000 m2 (Fig.1.2). E‟ stato scelto un sesto di impianto di 4,0 m x 2,0 m per un totale di 699 piante (densità pari a 1.250 piante/ha). La forma adottata è ad asse centrale a chioma libera; Fig. 2.1: Panoramica dell’oliveto Dall‟analisi del terreno (All. 2)., è possibile rilevare una tessitura del suolo tendenzialmente argillosa, pH leggermente alcalino (8,16), calcare attivo molto elevato (139 g/Kg), un quantitativo di sostanza organica basso (12,5 g/Kg), fosforo assimilabile medio (15 mg/Kg), potassio scambiabile elevato (246 mg/Kg). Il terreno è scarsamente dotato in azoto totale (1 g/Kg), con un rapporto C/N (7,3) tendente alla mineralizzazione. 110 2.1.1 ANDAMENTO CLIMATICO La descrizione dell‟andamento termopluviometrico è stata condotta sulla base dei dati forniti dal Centro Agrometereologico Regionale dell‟ASSAM di Ancona, per la stazione di Fermo,. per la stagione vegetativa 2013 (Fig.1.1). Si può notare l‟assenza di pioggia in cinque periodi distinti: la settimana dal 12 al 18 giugno, quella dal 3 al 10 luglio, due settimane dal 24 luglio al 6 agosto, la settimana dal 18 al 24 settembre e quella dal 3 al 9 dicembre. Le piogge si sono intensificate nel periodo autunnale e precisamente nella terza decade di novembre (dal 19 novembre al 2 dicembre). In merito alle temperature minime, non risulta il raggiungimento di 0 °C. Solo nelle settimane dal 26 novembre al 2 dicembre e dal 3 al 9 dicembre sono state raggiunte temperature rispettivamente di 0,4 e 0,5 °C. Le temperature massime si sono registrate nel periodo estivo ed in particolare nelle due settimane che vanno dal 24 luglio al 6 agosto, con valori di 37,4 °C nella prima settimana e 36,9 °C nella successiva. Fig. 2.2: Andamento termo-pluviometrico settimanale nella stagione vegetativa 2013 Fermo 111 2.2 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE Lo studio è stato eseguito su piante innestate di 5 cultivar locali (Piantone di Mogliano e di Falerone, Sargano di Fermo, Rosciola, Ascolana tenera) e una nazionale (Maurino) di 5 anni d‟età che si trovavano alla quarta stagione di crescita in campo. 2.3 CARATTERISTICHE VARIETALI Per la descrizione della caratteristiche delle cultivar in prova, si rimanda al paragrafo materiali e metodi del capitolo 1. 2.4 SCHEMA SPERIMENTALE E TRATTAMENTI Le cultivar erano disposte in successione invertita su due filari contigui e lo schema sperimentale scelto è stato quello a blocchi randomizzati (Fig. 1.3). I filari sono stati suddivisi in due blocchi e ciascuno comprendeva 35 piante tra le quali sono state selezionate 5 piante omogenee, su cui successivamente sono state eseguite le misurazioni. All‟interno di ogni parcella, nel corso del 2013, è stata eseguita una diversa gestione idrico-nutrizionale. La parcella superiore conteneva il trattamento “stressato”: alle painte non è stata applicata nessuna concimazione e sono stati previsti solo interventi irrigui di soccorso, senza attuare alcun intervento di potatura. In quella inferiore invece, è stato applicato il trattamento “ottimo“, per il quale è stato predisposto un piano di concimazione e irrigazione. La concimazione ha fornito i seguenti apporti nutritivi per pianta: 93 g di azoto (N), 9 g di fosforo (P) e 93 g di potassio (K). Questi quantitativi sono stati distribuiti in diverse fasi, nella prima (15 marzo- 15 aprile) è stato somministrato circa il 60% dell‟azoto complessivo al terreno, nella seconda (15 aprile-15 maggio) attraverso fertirrigazione è stata apportata una quota pari al 15% di azoto e infine nell‟ultima fase (15 maggio-15 giugno) è stata somministrata la quota finale del 25 % con interventi di fertirrigazione bisettimanali. La concimazione 112 fosfatica e i microelementi sono stati apportati per via fogliare rispettivamente a fine estate e in prossimità della fioritura. Le irrigazioni sono state eseguite con cadenza settimanale, da aprile ad agosto in base all‟andamento meteorologico, con un irrigatore a goccia per pianta da 4 l/h, apportando complessivamente 160 l di acqua per pianta. Infine nella tesi “ottimo”, è stata eseguita una leggera potatura manuale in data 10 aprile 2013, con tagli di ritorno sulle cime, eliminazione dei succhioni e dei polloni basali. Complessivamente è stato asportato circa un chilogrammo di materiale per pianta. 113 Fila SF 1 n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 2 M 3 n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 R 4 n° AT 5 6 7 8 n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 PM n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 PF n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 T 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 D 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 70 83 82 80 79 78 9 n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 A n° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 F 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 76 75 A 74 Fig. 2.3: Schema dell’oliveto e del disegno sperimentale. SF e colore viola – Sargano di Fermo; M e colore giallo – Maurino; R e colore blu – Rosciola; AT e colore grigio – Ascolana tenera; PM e colore verde scuro – Piantone di Mogliano; PF e colore arancio – Piantone di Falerone. Le altre sigle e colori rappresentano cultivar fuori prova. I numeri indicano il numero delle piante lungo il filare. 114 2.5 RACCOLTA DATI IN CAMPO I rilievi sono iniziati nel marzo 2013 ed hanno preso in considerazione il ramo misto con lo scopo di rilevare nel corso della stagione vegetativa il destino dei nodi formati. In data 24 aprile 2013 sono stati misurati: Calibro alla base del ramo Lunghezza del ramo Successivamente, in 9 date (24 aprile, 8 e 20 maggio, 5 giugno, 1 e 17 luglio, 7 e 29 agosto, 25 settembre 2013), sono stati applicati dei nastri, di colore diverso , al fine di seguire l‟accrescimento dei germogli e al tempo stesso identificare la data di formazione dei nodi. Il 16 maggio 2014 è stato eseguito un ulteriore rilievo finalizzato a quantificare, per ogni porzione di ramo identificata: lunghezza, numero di nodi, numero di infiorescenze, numero di bottoni fiorali presenza di rami anticipati, su cui è stato osservato il numero di nodi, di infiorescenze e di bottoni fiorali Infine il 20 agosto 2014 è stato rilevato numero di frutti allegati (anche sui rami anticipati) Inoltre, da gennaio ad aprile 2014, per la sola cultivar Maurino, una volta al mese (il 9 gennaio, il 20 febbraio, il 15 marzo e il 17 aprile 2014). sono stati prelevati tre rami per pianta, di lunghezza e numero di nodi simili a quelli che nell‟anno precedente erano stati contrassegnati per le misurazioni, al fine di sottoporli ad una osservazione delle gemme al microscopio. I tre rami campione sono stati conservati in un sacchetto di plastica trasparente e tempestivamente posti in congelatore ad una temperatura di -18 °C per preservare le gemme. 115 2.6 ANALISI DELLE GEMME IN LABORATORIO I rami prelevati in campo sono stati conservati a una temperatura di -18°C. Le gemme presenti ad ogni nodo sono state asportate attraverso l‟ausilio del bisturi e immerse in una matrice di inclusione (gel Killik, Bio-Optica) per predisporre il campione di tessuto al sezionamento mediante microtomo criostato, tipo Microm HM 505 E (Fig.1.4), impostato a 7 µm di spessore della sezione tagliata, 60 µm di avanzamento ad ogni taglio e ad una temperatura interna dello strumento di -22 °C. Fig. 2.4: Microtomo criostato e microscopio Le sezioni così ottenute sono poi state osservate al microscopio ottico, Nikon Eclipse E600 (Fig.2.4) ad un ingrandimento di 40x. Le tipologie di gemma che sono state classificate sono: gemma indifferenziata, gemma vegetativa e gemma riproduttiva. Per ciascuna tipologia individuata è stata adottata una scala dei diversi stadi di sviluppo, facente riferimento a quanto riportato in letteratura (Lavee et al., 1996). 116 2.7 RIELABORAZIONE STATISTICA ED ANALISI DEI DATI I dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi statistica attraverso analisi della varianza (ANOVA); si è poi impiegato il test statistico di separazione delle medie “TukeyKramer HSD” con probabilità minor o uguale a 0,05. 117 Allegato 1: Fertilità del suolo oliveto “La Maggiorana” 118 RISULTATI E DISCUSSIONE I grafici presentati in questo capitolo hanno lo scopo di evidenziare l‟accrescimento del ramo misto, la sua fioritura e fruttificazione, il ritorno a fiore e il numero dei rami anticipati, sviluppati in due stagioni consecutive (2013-2014), in base ai diversi trattamenti testati su tutte le cultivar osservate. Infine per Maurino, attraverso la parte di lavoro svolta in laboratorio, si è descritta l‟evoluzione della differenziazione delle gemme lungo l‟asse. Il ramo misto è stato descritto prendendo in considerazione: l‟incremento del diametro, della lunghezza, del numero di nodi ed anche l‟accrescimento giornaliero. Per descrivere la fioritura sono state prese in esame il numero di infiorescenze per ramo, mentre per la fruttificazione si è fatto riferimento alla media dei frutti allegati e raccolti per ramo. I rami anticipati sviluppati lungo il ramo misto sono stati descritti prendendo in considerazione il numero di nodi, mentre per descriverne la fertilità sono stati presi in esame due parametri: il numero di infiorescenze per ramo anticipato e il numero di bottoni fiorali per ogni singola infiorescenza. Per meglio comprendere l‟evoluzione della differenziazione delle gemme, è stata riportata la percentuale di ogni tipo di gemma individuata lungo le tre porzioni del ramo produttivo. 3.1 RILIEVI IN CAMPO ANNO 2013 3.1.1 ACCRESCIMENTO DEL GERMOGLIO Analizzando in maniera più dettagliata il diametro del ramo misto la lunghezza del ramo misto prima dell‟inizio della sperimentazione (10 aprile), si può evidenziare come in Maurino, Rosciola e Sargano di Fermo le piante che in seguito sono state stressate hanno manifestato un diametro e una lunghezza dei rami leggermente maggiore rispetto alle piante concimate ed irrigate, con delle differenze statisticamente significative (Figura 3.1). 119 Per quanto riguarda gli incrementi di diametro, lunghezza e il numero di nodi nel corso della stagione di crescita (aprile - settembre), questi parametri risultano maggiori nelle piante “ottime” rispetto a quelle “stressate”, dove invece si possono osservare germogli con valori dei rispettivi parametri significativamente inferiori (Figure 3.1 e 3.4). Inoltre osservando i ritmi di accrescimento giornaliero relativi all‟insieme di tutte le cultivar testate, in figura 3.2 possiamo notare come l‟accrescimento delle piante “ottime” presenti valori significativamente superiori rispetto a quelli delle piante “stressate” durante tutta la stagione di crescita, con dei picchi nelle due date di maggio (3,476 mm/gg e 3,147 mm/gg per le “ottime” contro 2,216 mm/gg e 1,833 mm/gg nelle “stressate”) e in data 01/07/2013 (2,14 mm/gg contro 1 mm/gg). In figura 3.3 si possono osservare gli accrescimenti relativi a ciascuna cultivar in sperimentazione. In generale è possibile osservare nel caso del trattamento “ottimo” un maggior ritmo di accrescimento. Inoltre le curve tendono a mostrare due picchi di crescita; il primo alla ripresa vegetativa e il secondo nel periodo di piena estate. Infine è possibile distinguere in alcune cultivar una maggiore tendenza ad accrescere il germoglio nella prima parte della stagione vegetativa (5,414 mm/gg in Ascolana tenera “ottimo”, 4,7 mm/gg in Rosciola “ottimo” e 4,628 mm/gg in Sargano di Fermo “ottimo”). Altre cultivar invece, come Piantone di Falerone, di Mogliano e Maurino, presentano un accrescimento del germoglio più contenuto ma con ritmi più regolari nell‟arco della stagione, che hanno raggiunto valori massimi rispettivamente pari a 3,128 mm/gg, 2,357 mm/gg e 2,571 mm/gg in data 08/05/2013 nei trattamenti “ottimo”. Per ciascuna cultivar infine è possibile osservare delle differenze statisticamente significative tra i trattamenti in corrispondenza dei picchi di massimo accrescimento del germoglio. 120 Figura 3.1 Diametro e lunghezza dei rami misti distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Figura 3.2 Velocità di accrescimento giornaliero (mm/gg) dei germogli nel corso della stagione di crescita aprile – settembre 2013 distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 121 Figura 3.3 Velocità di accrescimento giornaliero (mm/gg) dei germogli nel corso della stagione di crescita aprile – settembre 2013 distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d – Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 122 Figura 3.4 Numero di nodi presenti sui rami misti, con relativo incremento distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 3.1.2 RISULTATI PRODUTTIVI Le piante “stressate” delle cultivar Ascolana tenera, Maurino, Rosciola e Sargano di Fermo (Figura 3.5) mostrano un numero di infiorescenze per ramo significativamente maggiore rispetto alle piante “ottime” con valori rispettivamente pari a 5,28 - 6,76 3,04 e 5,84 infiorescenze per ramo mentre le “ottime” presentano 2,16 - 2,8 - 0,36 2,56 infiorescenze per ramo. Le cultivar Piantone di Falerone e di Mogliano non presentano differenze significative. Valori elevati si registrano anche nel caso dei frutti allegati (Figura 3.6) dove, nelle piante “stressate” è sempre significativamente superiore rispetto alle piante “ottime”. Nel caso delle cultivar Maurino (6,28 frutti contro 1,68) e Piantone di Falerone ( 2,8 contro 0,2) le differenze risultano altamente significative; ne è conseguito che anche il numero di frutti per ramo alla raccolta sia stato maggiore (Figura 3.7) nelle piante “stressate” anziché nelle “ottime”. Soltanto in Ascolana tenera le differenze non sono risultate statisticamente significative. 123 Figura 3.5 Numero infiorescenze prodotte su ogni ramo nella stagione di crescita aprile – settembre 2013 per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Figura 3.6 Numero di frutti allegati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 124 Figura 3.7 Numero di frutti raccolti per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 3.2 EVOLUZIONE DELLA DIFFERENZIAZIONE In questo paragrafo si riporta l‟evoluzione della differenziazione delle gemme vegetative, riproduttive, indifferenziate e dei nodi ciechi nelle diverse porzioni del ramo (basale, mediana, distale e apicale) per la sola cultivar Maurino, nel periodo di tempo compreso tra gennaio ed aprile 2014. 3.2.1 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE GEMME RIPRODUTTIVE IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO” Analizzando in maniera più dettagliata l‟evoluzione delle gemme riproduttive (Figura 3.8), si può evidenziare come si ripartiscano nelle differenti porzioni del ramo con percentuali diverse in base ai mesi; in particolare in gennaio lo 0,73% delle 125 gemme si colloca nella porzione basale del ramo, mentre la restante percentuale è ripartita rispettivamente con 0,36% nella porzione mediana e 0,37% in quella distale. Nel mese di febbraio la percentuale basale aumenta raggiungendo un valore del 4,9%. Anche nella porzione mediana ed in quella distale si può osservare un incremento delle gemme, che raggiungono valori del 4% e 0,9 % rispettivamente. All‟apice del germoglio si nota la comparsa di una piccola percentuale di gemme riproduttive (0,3%). A marzo le gemme riproduttive aumentano nella porzione basale (5,9%), mediana (7,4) e distale (1,23) del ramo, mentre diminuiscono leggermente nella porzione apicale del germoglio (0,24%). Nel mese di aprile, in prossimità della fase di fioritura, il 17% di gemme riproduttive viene riscontrato nella porzione basale, l‟ 8% nella sezione mediana e lo 0,61% in quella distale del ramo. Figura 3.8 Distribuzione delle percentuali delle gemme riproduttive presenti lungo il germoglio “ottimo”. Nelle piante sottoposte al trattamento “stress” (Figura 3.9), si evidenzia una situazione di partenza pressoché invariata rispetto alla precedente tesi (Figura 3.8). 126 Percentuali leggermente superiori rispetto alla tesi “ottimo” si manifestano nella porzione basale del ramo (1%) ed in quella distale (0,70%). Nel mese di febbraio non si osserva la presenza di gemme riproduttive nella sezione distale. Gran parte delle gemme riproduttive (4,2%) sono posizionate nella porzione basale del germoglio, mentre il restante 3% in quella mediana. Nel periodo di marzo invece si può osservare una piccola percentuale (0,73%) di gemme distali differenziate, mentre la percentuale di gemme mediane e basali rimane inalterata rispetto al mese precedente. Ad aprile, ad eccezione delle gemme distali che invece scompaiono nuovamente, nella porzione basale si osserva un 10% di gemme riproduttive, mentre in quella mediana un 5,5 %. Figura 3.9 Distribuzione delle percentuali delle gemme riproduttive presenti lungo il germoglio “stressato”. 127 3.2.2 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE GEMME VEGETATIVE IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO” Prendendo in considerazione le gemme vegetative sia in condizioni di “ottimo” che di “stress” (Figura 3.10 e Figura 3.11), si può notare, rispetto al caso precedente, una distribuzione più omogenea nelle diverse porzioni. In particolare nel trattamento “ottimo” (Figura 3.10) si osserva come nella porzione basale nel mese di gennaio le gemme vegetative siano leggermente maggiori (11%) rispetto a quelle delle restanti porzioni (7%). Nei tre mesi successivi la presenza di gemme riproduttive nella porzione basale è inferiore rispetto alle altre tre. Analogo è l‟andamento della percentuale delle gemme vegetative nelle varie porzioni osservato nel trattamento “stress”. Figura 3.10 Distribuzione delle percentuali delle gemme vegetative presenti lungo il germoglio “ottimo”. 128 Figura 3.11 Distribuzione delle percentuali delle gemme vegetative presenti lungo il germoglio “stressato”. 3.2.3 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DELLE GEMME INDIFFERENZIATE IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO” In condizioni di “ottimo” (Figura 3.12), nel mese di gennaio, la maggiore distribuzione di gemme indifferenziate si osserva nella porzione mediana, con 19,8%, mentre nella porzione basale 8,8% e il restante 13,2% nella distale. Nel mese di febbraio così come nel mese di marzo, si assiste ad una notevole riduzione della percentuale di gemme indifferenziate sia nel tratto basale (4% e 5%), che in quello mediano (3% e 2,7%) che nel distale (5,8% e 7,9%). Ad aprile la situazione cambia ulteriormente, evidenziando il 16% delle gemme concentrate nel tratto distale del ramo, e il quantitativo restante così suddiviso: 1% nella porzione mediana e 1,2% nella basale. In condizioni di “stress” (Figura 3.13), la situazione nella porzione mediana è simile a quella descritta per il trattamento “ottimo”. Nella parte basale si assiste invece ad un andamento altalenante con 7,7 % di gemme nel mese di gennaio, 2,2%, a febbraio, 11% a marzo e il 6% ad aprile. Nella porzione distale, ad eccezione di 129 quella di gennaio, si assiste ad un aumento nella percentuale di gemme: 12% in febbraio e 17 % in marzo-aprile. Figura 3.12 Distribuzione delle percentuali delle gemme indifferenziate presenti lungo il germoglio “ottimo”. Figura 3.13 Distribuzione delle percentuali delle gemme indifferenziate presenti lungo il germoglio “stressato”. 130 3.2.4 EVOLUZIONE NEL TEMPO E LUNGO IL GERMOGLIO DEI NODI CIECHI IN CONDIZIONE DI “OTTIMO” E “STRESSATO” Analizzando la distribuzione dei nodi dove le gemme erano cadute o risultavano danneggiate, si può notare come la loro posizione differisca nelle diverse porzioni e tra i trattamenti. Nel caso di piante condotte in condizioni di “ottimo” (Figura 3.14), gran parte dei nodi ciechi si trovano situati lungo la porzione basale: 8,8% nel mese di gennaio, 4,9% a febbraio, per diminuire ulteriormente nel mese di marzo e aprile (2,7% e 1,6 %). La percentuale di nodi ciechi presenti nella porzione mediana nei mesi di gennaio ed aprile è del 2%, mentre diminuisce a febbraio e marzo con un valore pari a 0,9%. Nella figura inoltre è possibile riscontrare una bassa percentuale di nodi ciechi nel tratto apicale del ramo nei mesi di gennaio (0,3 %) e marzo ( 1%). Figura 3.14 Distribuzione delle percentuali delle gemme cieche presenti lungo il germoglio “ottimo”. Nei rami delle piante “stress”, la presenza di nodi ciechi nel tratto basale è abbastanza omogenea in tutti i mesi: 3,1% a gennaio, 1,9% a febbraio, 2,4% a marzo, 3,1% ad aprile. 131 Le porzioni di ramo mediane presentano graficamente percentuali altalenanti nei diversi mesi, infatti come si può notare dalla figura 3.15, nel mese di gennaio la percentuale di nodi ciechi è del 2,1 %, dello 0,8% nel mese di febbraio, del 2,4% a marzo e del 1,2% ad aprile. I rami delle piante “stress” a differenza di quelle “ottime”, presentano nodi ciechi in posizione distale in tutti i rilievi, da gennaio fino ad aprile, con le rispettive percentuali: 0,3%; 0,8%; 0,7% e 0,1%. Figura 3.15 Distribuzione delle percentuali delle gemme cieche presenti lungo il germoglio “stress”. 3.2.5 CONFRONTO DEGLI STADI DI SVILUPPO DELLE GEMME In questo paragrafo si riporta l‟osservazione dei vari stadi di maturazione delle gemme vegetative e riproduttive, nel periodo di tempo compreso tra gennaio ed aprile 2014 tra i due trattamenti. 132 3.2.5.1 GEMME VEGETATIVE Osservando l‟andamento del numero di gemme vegetative di 1°grado in figura 3.16 si nota un andamento simile nei primi due mesi, sia nel trattamento “stress” che in quello “ottimo”. A partire da marzo le curve iniziano a mostrare una tendenza ad allontanarsi raggiungendo una differenza statisticamente significativa in aprile con valori di 6,3 gemme per le prime e 3,9 gemme per le seconde. Figura 3.16 Numero di gemme vegetative di 1° stadio nel tempo per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Osservando il numero di gemme vegetative di 2° stadio (Figura 3.17), si evidenzia un andamento crescente a partire da gennaio in entrambe i trattamenti, che culmina nel mese di febbraio con valori di 7,3 nei rami “stress” e 5,4 in quelli “ottimo”; tuttavia queste differenze non risultano statisticamente significative. Successivamente in marzo ed aprile l‟andamento inizia a decrescere in entrambi i trattamenti, sebbene “ottimo” mostri una lieve prevalenza. 133 Figura 3.17 Numero di gemme vegetative di 2° stadio nel tempo per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Considerando il numero delle gemme vegetative di 3° stadio (Figura 3.18), si può osservare un andamento costantemente in crescita da gennaio ad aprile per i rami delle piante “stress”, con un picco massimo pari a 2,9 gemme. Al contrario nel trattamento “ottimo” l‟andamento tende ad aumentare sino a marzo, con un picco di 2,3 gemme, seguito da un lieve decremento in aprile (2 gemme). 134 Figura 3.18 Numero di gemme vegetative di 3° stadio nel tempo per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 3.2.5.2 GEMME RIPRODUTTIVE Osservando il numero di gemme riproduttive di 1° stadio (Figura 3.19), si può notare tra i due trattamenti un andamento iniziale simile, che raggiunge il picco massimo nel mese di febbraio con valori pari a 1,7 nella tesi “ottimo” e 1,6 in quella “stressato”, seguito da un decremento per i rami delle piante “stress” su valori addirittura inferiori da quelli di partenza (0,25 e 0,29 gemme). 135 Figura 3.19 Numero di gemme riproduttive di 1° stadio nel tempo per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Prendendo in considerazione il numero delle gemme riproduttive di 2° stadio (Figura 3.20), si può osservare una bassa presenza iniziale di questo tipo di strutture nei primi due mesi di sperimentazione in entrambi i trattamenti. Da marzo, invece si registra un picco massimo di 3 gemme nei rami delle piante “ottime” e 2 in quelle “stress”, differenza statisticamente significativa. Nel mese di aprile inoltre si assiste ad un notevole decremento che raggiunge valori pari a 1,2 per le piante “ottimo” e 0,26 per le “stress”. 136 Figura 3.20 Numero di gemme riproduttive di 2° stadio nel tempo per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Analizzando in maniera più dettagliata l‟andamento del numero delle gemme riproduttive di 3° stadio (Figura 3.21), nelle piante stressate si può evidenziare un‟assenza di gemme nei mesi di gennaio, febbraio e marzo. Lo stesso andamento nei tre mesi si osserva nelle piante ottime, seguito da un incremento che raggiunge il picco massimo ad aprile, creando una differenza statisticamente significativa tra i due trattamenti. In particolare le piante stress hanno un numero di gemme pari a 4,8 mentre quelle ottime di 6,4. 137 Figura 3.21 Numero di gemme riproduttive di 3° stadio distribuite nel tempo, distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “TukeyKramer HSD” per p= 0,05. 138 3.3 RILIEVI IN CAMPO ANNO 2014 3.3.1 RITORNO A FIORE Per quanto riguarda il ritorno a fiore, dal grafico in figura 3.22, si può osservare in tutte le cultivar ad eccezione di Rosciola come il numero delle infiorescenze per ogni ramo misto sia significativamente maggiore nelle piante “ottimo” in confronto a quelle “stressate”; infatti i rami delle prime presentano un numero medio di infiorescenze pari a 3,88 in Ascolana, 4,64 in Maurino, 4,84 in Piantone di Mogliano e 5,36 in Sargano. Al contrario, nelle stesse cultivar, i rami stressati manifestano rispettivamente un numero di 1,8 – 2,88 – 3,44 e 1,76 infiorescenze. Rosciola al contrario di tutte le cultivar osservate, presenta una differenza significativa in termini di infiorescenze prodotte a favore dei rami “stressati”, con 3,12 infiorescenze contro 1,64 nel trattamento “ottimo”. In Piantone di Falerone non si sono riscontrate differenze significative tra i due trattamenti. Figura 3.22 Numero di infiorescenze per ramo distinte per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Osservando il grafico riportato in figura 3.23 è possibile osservare che non sono state registrate differenze significative per quanto riguarda il numero di bottoni fiorali pr 139 infiorescenza. Tuttavia alcune cultivar tendono a presentare un valore più elevato nel trattamento “ottimo” come ad esempio Ascolana, Piantone di Mogliano, Rosciola e Sargano di Fermo. Maurino al contrario ha presentato un numero di bottoni fiorali maggiore nel trattamento “stressato”, mentre per Piantone di Falerone non è stata riscontrata nessuna tendenza. Figura 3.23 Numero di bottoni fiorali per infiorescenza distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 140 Figura 3.24 Numero di infiorescenze presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Analizzando il numero di infiorescenze differenziate lungo il germoglio per ogni epoca di formazione dei nodi nella stagione precedente, è possibile notare che la curva del trattamento “ottimo” presenta valori maggiori per ogni data. È possibile osservare per entrambi i trattamenti si sono avuti due periodi nel corso della stagione in cui si è assistito alla massima differenziazione dei nodi prodotti. Il primo di questi si è verificato nel corso del mese di maggio e il secondo nel periodo compreso tra fine giugno e i primi di luglio. Questi intervalli di tempo , nelle nostre condizioni ambientali medie, corrispondono al periodo di pre e post-fioritura. Questa precisazione consente di ipotizzare la presenza di fenomeni di competizione per le risorse tra i diversi cicli fisiologici che avvengono nella pianta dopo la ripresa vegetativa. Infatti il processo di differenziazione a fiore delle gemme tende a richiamare fotosintetati prima della fioritura che, invece, una volta innescata esercita un notevole richiamo di risorse energetiche da parte della pianta, sottraendo fotosintetati e conseguentemente rallentando gli altri cicli fisiologici contemporaneamente attivati, quali appunto la differenziazione a fiore delle gemme e la crescita dei germogli (Figura 3.2). Le differenze con il trattamento “stressato” 141 risultano significative in tre date, rispettivamente 05/06/2013; 01/07/2013 e 07/08/2013. Inoltre la stessa informazione è stata distinta per ciascuna cultivar, come riportato in figura 3.25. Figura 3.25 Numero di infiorescenze presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d – Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. In generale è possibile notare che in tutte le cultivar, seppur con intensità diverse il numero di infiorescenze per ciascuna porzione differenziata raggiunge due picchi. Il primo nel periodo di maggio (date: 08/05/2013 e 20/05/2013), mentre il secondo ha luogo nel periodo estivo (01/07/2013). Inoltre si può osservare come in questi periodi 142 per le cultivar Maurino e Sargano di Fermo, nel trattamento “ottimo”, si sia avuto in media un numero di infiorescenze differenziate per singola porzione significativamente superiore rispetto allo “stressato”. In particolare in Maurino si è avuto il maggior livello di differenziazione nel trattamento “ottimo”, con 2,2 infiorescenze in data 01/07/2013. Al contrario per la cultivar Rosciola si è potuto assistere ad un comportamento diverso che ha visto, a tutte le date una maggiore quantità di infiorescenze nel trattamento “stressato”, con una differenza significativa a favore di quest‟ultimo in data 01/07/2013 con 1,36 contro le 0,28 infiorescenze presenti sui rami “ottimo”. Le cultivar che non hanno mostrato i più bassi livelli di differenziazione sono state Ascolana tenera e Piantone di Falerone (rispettivamente 1,16 in data 20/05/2013, trattamento “ottimo” e 0,36 in data 01/07/2013 nel trattamento “ottimo”). Per le stesse cultivar inoltre non si sono osservate differenze significative. Infine nella cultivar Piantone di Mogliano, è stata rilevata una differenza statisticamente significativa in data 07/08/2013, con 0,32 infiorescenze contro le 0,04 del trattamento “stressato”. Da questa serie di grafici è possibile notare come non tutte le cultivar hanno risposto allo stesso modo ai trattamenti applicati. Per alcune di esse (Maurino, Piantone di Mogliano, Sargano di Fermo), si è potuto costatare un maggior numero di infiorescenze prodotte su molte porzioni di ramo. Su altre cultivar (Ascolana tenera e Piantone di Falerone) non si sono avute differenze particolarmente rilevanti, mentre in Rosciola si è assistito ad un comportamento opposto, dove è stato il trattamento “stressato” a riportare i valori di infiorescenze per porzione maggiori. Questi risultati potrebbero far pensare ad una diversa suscettibilità delle cultivar di olivo nei confronti delle condizioni di stress idriconutrizionale. Questa acquisizione potrebbe aprire la strada a ulteriori verifiche su tale aspetto, lasciando ipotizzare diverse gestioni colturali, in termini di apporti idrici e nutritivi, in base alla cultivar, così come già avviene su altre specie arboree. 143 3.3.2 RAMI ANTICIPATI Figura 3.26: numero di rami anticipati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Figura 3.27: numero dei nodi presenti all’interno di ogni ramo anticipato distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 144 Figura 3.28: numero di infiorescenze per ramo anticipato. Le barre indicano l’errore standard, lettere diverse indicano differenze statisticamente significative con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD”, per p= 0,05. Figura 3.29: numero di infiorescenze per ramo anticipato distinto per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 145 Osservando il numero dei rami anticipati per ramo, si può notare che per Ascolana tenera, Maurino, Piantone di Falerone e Sargano di Fermo sono presenti delle differenze significative tra i due trattamenti. Le piante “ottimo” presentano rispettivamente 2,36 – 5 – 1,56 e 0,64 rami anticipati, a differenza delle piante “stressate” che invece riportavano la presenza di 0,68 – 2,68 – 1,08 – 0,08 strutture anticipate (Figura 3.26). Il grafico relativo al numero di nodi per ramo anticipato (Figura 3.27) mostra una sola differenza significativa per Rosciola con 5,85 nodi nei rami “ottimo”contro 4,03 nello “stressato”. Prendendo in considerazione la fertilità dei rami anticipati, espressa come numero di infiorescenze, si può osservare che Piantone di Mogliano e Sargano di Fermo presentano valori significativamente maggiori rispetto la resto delle cultivar in prova, con 6,30 e 6,40 infiorescenze. Analizzando però lo stesso dato per verificare un‟eventuale influenza dei due trattamenti si può osservare che non si sono verificati effetti significativi tra le due tesi a confronto (Figura 3.29). Pertanto adottando tecniche colturali diverse è possibile incrementare lo stimolo complessivo alla ramificazione in diverse cultivar (Figura 3.26). Tuttavia sembra essere il fattore genetico intrinseco in ciascuna cultivar che permette una maggiore propensione alla produzione di rami anticipati dotati di una buona fertilità (Fig 3.28), mentre stando ai risultati ottenuti in questa sperimentazione sembra che la tecnica colturale pur esercitando in qualche modo un certo stimolo nei confronti della produzione di infiorescenze sui rami anticipati (vedi valori in Figura 3.29), non giocherebbe un ruolo determinante nell‟intero processo. 146 Figura 3.30 Numero di rami anticipati presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Prendendo in considerazione il grafico in Figura 3.30, per il trattamento “ottimo” è possibile osservare due picchi della curva in data 08/05/2013 e 01/07/2013, mentre nel trattamento “stressato” si nota un unico picco subito dopo la ripresa vegetativa, in data 08/05/2013. È possibile notare che i picchi di produzione dei rami anticipati si sono verificati nella stessa data in cui sono stati registrati i maggiori ritmi di accrescimento del germoglio, come riportato in Figura 3.2, confermando così il concetto di dominanza apicale basato sulla relazione tra velocità di crescita e ramificazione (Zucconi, 1996). 147 Figura 3.31: numero di rami anticipati presenti alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d – Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Prendendo in considerazione l‟andamento della formazione dei rami anticipati all‟interno di ogni porzione (Figura 3.31), si può notare che per tutte le cultivar si sono registrati valori molto bassi per entrambi i trattamenti, che non hanno mai superato l‟unità e non hanno riportato differenze significative in nessuna data. Inoltre è possibile evidenziare come in tutti i casi il maggior numero di rami anticipati si sia ottenuto alla ripresa vegetativa, vale a dire nelle attuali condizioni sperimentali, tra la fine di aprile e la seconda metà di maggio. Tuttavia nel caso della cultivar Maurino si è assistito ad una maggiore produzione di rami nel tempo, osservando due picchi: il primo in data 20/05/2013 con 1,08 rami per “ottimo” e 0,92 per “stressato”; il secondo in data 01/07/2013 con 2,2 rami nella tesi “ottimo”, contro 0,48 nella “stressato”, riportando stavolta una differenza significativa. 148 Figura 3.32: numero infiorescenze presenti all’interno di ogni ramo anticipato distinto per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Considerando il numero di infiorescenze per ramo anticipato (Figura 3.32) è interessante notare che nonostante non sia rinvenuta nessuna differenza significativa, nelle cultivar Piantone di Mogliano e Sargano di Fermo per entrambi i trattamenti si è osservata la presenza di un elevato numero di infiorescenze per ramo (rispettivamente 6,88 - 6,33 per “ottimo” e 5,72 – 6,6 per “stressato”). Questa informazione permette di affermare che la produzione di rami anticipati per queste cultivar, nella stagione successiva, permette una superiore potenzialità produttiva del ramo misto. 3.3.3 FRUTTI ALLEGATI Osservando il grafico in Figura 3.33 è possibile notare che le differenze tra i due trattamenti in termini di frutti allegati risultano sempre significative. Tuttavia è interessante il comportamento di Rosciola che ancora una volta con 5,68 frutti allegati nei rami “stressati” contro i 4,56 in quelli “ottimi”mostra le migliori performance produttive nel trattamento limitante. 149 Figura 3.33: numero di frutti allegati per ramo distinti per trattamento. Le barre indicano l’errore standard e la significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. Per quanto riguarda il numero di frutti allegati per porzione di ramo è possibile notare che sia il comportamento complessivo delle cultivar in esame che quello di ognuna di esse tende a rispecchiare l‟andamento del numero di infiorescenze differenziate per porzione di ramo, riportato in figura 3.24. Anche in questo caso il trattamento “ottimo”, ha manifestato un più alto numero di frutti allegati con differenze significative nelle date: 20/05/2013; 05/06/2013 e 07/08/2013. Ascolana tenera ha mostrato differenze significative alle date 20/05/2013; 05/06/2013 e 01/07/2013 pur presentando valori molto bassi sempre al di sotto di 0,5 frutti per porzione. Nella cultivar Maurino si registra un solo picco, come per la fioritura in data 01/07/2013 con 3 frutti “ottimo” significativamente maggiore rispetto agli 0,86 della tesi “stressato”. Per Piantone di Falerone il livello di allegagione è prossimo allo zero in quasi tutte le date. Valori di 0,88 si registrano solo nella porzione formata in data 08/05/2013. Piantone di Mogliano presenta invece un andamento della presenza i frutti piuttosto costante in tutte le porzioni con valori prossimi all‟unità e senza differenze statisticamente significative tra i trattamenti. Rosciola invece presenta due picchi in termini di frutti allegati con valori maggiori nel trattamento 150 “stressato” nelle porzioni formate in data 08/05/2013 (3,2 frutti) e 01/07/2013 (4,1 frutti) sebbene le differenze con “ottimo” non siano risultate significative. Infine Sargano di Fermo ha mostrato un numero di frutti allegati elevato nel trattamento “ottimo” dalla porzione formata il 20/05/2013 fino al 23/09/2013. Figura 3.34: numero di frutti allegati alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 151 Figura 3.35: numero di frutti allegati alle diverse epoche di formazione dei nodi, distinte per trattamento. a - Ascolana tenera; b – Maurino; c – Piantone di Falerone; d – Piantone di Mogliano; e – Rosciola; f – Sargano di Fermo. La significatività è calcolata con test statistico di separazione delle medie di “Tukey-Kramer HSD” per p= 0,05. 152 CONCLUSIONI L‟olivo a differenza di altre specie fruttifica prevalentemente su rami misti di un anno con lunghezze comprese tra i 20-40 cm. I rami misti sono definiti tali per le diverse tipologie di gemme che sono presenti su questa struttura. Le gemme sono organi vegetativi rappresentanti il primordio di un nuovo asse e possono essere distinte in base al tipo di organo a cui daranno origine; vegetative o a legno, riproduttive o a fiore e indifferenziate. La formazione di gemme può variare in base al ritmo di crescita che caratterizza lo sviluppo della pianta (Piedra et al., 2012). Con l‟obiettivo di approfondire le conoscenze relative sulla differenziazione a fiore in olivo si è impostato uno studio sull‟influenza che le diverse tecniche di gestione colturale (concimazione - irrigazione) possono esercitare su questo aspetto. Per il raggiungimento di questo scopo è stata pertanto caratterizzata l‟evoluzione della differenziazione lungo l‟asse del germoglio. La prova è stata condotta su 6 cultivar di olivo (Ascolana tenera; Maurino; Piantone di Falerone; Piantone di Mogliano; Sargano di Fermo), osservando i seguenti parametri: accrescimento del ramo misto, lunghezza, numero dei nodi; lo sviluppo dei rami anticipati lungo l‟asse, numero di nodi per ramo, numero di infiorescenze per ramo, numero di bottoni fiorali per infiorescenza e numero di frutti allegati e raccolti per ramo. Successivamente, dal mese di gennaio a quello di aprile 2014 sono stati prelevati mensilmente, solamente dalle piante selezionate per la cultivar Maurino, dei rami misti con caratteristiche simili a quelli sopra descritti, per analizzarne l‟evoluzione della differenziazione delle gemme in relazione al trattamento applicato e alla posizione delle gemme lungo l‟asse. Lo studio si è concluso con l‟osservazione in campo del ritorno a fiore, eseguito in maggio 2014 sui rami cartellinati, per tutte le cultivar in prova. Nel primo anno di sperimentazione è stato possibile osservare una situazione di partenza in cui i rami misti “stressati” presentavano una maggiore lunghezza e diametro; al contrario, a fine stagione nei rami misti “ottimo” è stato riscontrato un incremento di lunghezza, di diametro e di numero di nodi formati maggiori, per tutte le cultivar ad esclusione di Rosciola e Sargano di Fermo in cui si è registrata una lunghezza finale del ramo maggiore. Inoltre osservando la velocità di accrescimento 153 giornaliero dei germogli nel corso della stagione di crescita aprile-settembre 2013, si è potuto rilevare come le piante “ottime” abbiano presentato un maggior tasso di crescita a tutte le date di rilievo, con dei picchi in particolare nei periodi di maggio e giugno-luglio. Per quanto riguarda la fertilità delle strutture espressa come numero di infiorescenze per ramo, mediamente è risultata significativamente maggiore nelle piante “stressate” rispetto a quelle “ottime”, come il numero di frutti allegati e raccolti. Osservando l‟evoluzione della differenziazione su sezioni di gemma analizzate al microscopio, si può notare che le gemme riproduttive sono distribuite lungo l‟asse in modalità differenti in base ai diversi trattamenti e alle diverse epoche. Nelle piante “ottimo” le gemme riproduttive si sono concentrate in particolare nelle porzioni basali e mediane soprattutto nel mese di aprile. Un andamento simile si è manifestato anche nelle piante “stressate” ma con valori percentuali più bassi. Nel caso delle gemme vegetative si è potuta osservare una stessa ripartizione, sia nel trattamento “ottimo” che “stressato”, con una distribuzione omogenea delle gemme in tutte le porzioni dell‟asse. Esaminando le gemme indifferenziate, dai grafici è stato possibile osservare che che la loro distribuzione nel rilievo di gennaio, si concentra in misura maggiore nelle porzioni mediana e distale del ramo. Proprio questa situazione, riportata per entrambi i trattamenti, porta a dedurre che queste gemme, nella stagione precedente, si siano formate dopo che il segnale di induzione si era verificato. Prendendo in considerazione le altre epoche di rilievo si può osservare che la maggior percentuale di gemme indifferenziate si concentra prevalentemente nella porzione distale del germoglio probabilmente a causa del fatto che il mite decorso meteorologico può aver esercitato, anticipando la ripresa vegetativa, con conseguente formazione di nuovi nodi e nuove gemme. Contemporaneamente oltre alla classificazione in base alla posizione delle gemme lungo il germoglio, è stato esaminato e riportato lo stadio di sviluppo delle gemme stesse. Dall‟osservazione della (Figura3.14), che rappresenta il numero di gemme vegetative al primo stadio è stato possibile individuare differenze significative nel mese di aprile nelle piante “stressate”, che hanno prodotto un numero maggiore di gemme 154 vegetative rispetto a quelle “ottime”. Tale comportamento è stato osservato anche per il secondo ed il terzo stadio di sviluppo. Al contrario, nel caso delle gemme riproduttive è stato possibile osservare un andamento opposto a quello sopra descritto dove, un numero maggiore di gemme riproduttive di primo e secondo stadio è stato rilevato durante il periodo dei rilievi (gennaio-aprile 2014). Solo per quanto riguarda il terzo stadio, nel mese di aprile, si è potuto osservare un numero significativamente maggiore di gemme riproduttive per i rami delle piante “ottimo”. Questo fenomeno sembrerebbe giustificare una maggiore propensione delle piante “ottime” a produrre gemme che possono utilmente essere sottoposte allo stimolo induttivo e quindi avviate alla differenziazione, mentre nelle piante “stressate” la disponibilità di siti utili è minore. Coerentemente, osservando gli ultimi grafici relativi ritorno al fiore nel 2014 il numero di infiorescenze è significativamente maggiore nelle piante “ottime” a differenza del numero di bottoni fiorali per infiorescenza che non risultano significativamente differenti. Questa situazione si è verificata in tutte le cultivar ad esclusione di Rosciola dove è stato il trattamento “stressato” a riportare il numero maggiore di infiorescenze per ramo. Prendendo in esame il numero di infiorescenze formate in base alle diverse epoche di formazione dei nodi è possibile notare che i picchi di massimo si sono verificati nello stesso momento in cui il germoglio ha presentato i maggiori ritmi di accrescimento, nei quali è avvenuta la maggiore formazione di nodi utili al processo di differenziazione. Inoltre per quanto riguarda i rami anticipati totali, anch‟essi risultano maggiori nelle piante “ottime”, dimostrando in tal modo che quest‟ultime oltre ad avere una maggiore capacità riproduttiva rispetto alle “stressate” hanno nel contempo una maggior capacità di ramificazione. Tuttavia soltanto la cultivar Maurino ha riportato differenze significative tra i due trattamenti. Anche i picchi di ramificazione tendono a coincidere con quelli di massimo accrescimento del germoglio, confermando così quanto già noto in bibliografia circa la relazione tra velocità di crescita e produzione di rami anticipati. È poi stato possibile osservare che per alcune cultivar i rami anticipati prodotti possono manifestare un livello di fertilità considerevole e ciò sembra più legato all‟espressione di caratteristiche tipiche di ciascuna cultivar che all‟influenza di una specifica gestione colturale. 155 Una diversa velocità di crescita del germoglio influisce sulla differenziazione a fiore del ramo misto nell‟anno successivo probabilmente a causa del maggior numero di nodi prodotti, con conseguente maggior differenziazione di mignole per ramo. Anche il numero di frutti per ramo risulta significativamente maggiore in tutte le cultivar nel trattamento “ottimo”, sebbene Rosciola manifesti ancora una volta un comportamento opposto con un numero di frutti maggiore nella tesi “stressato”. Queste considerazione permettono di affermare l‟opportunità di acquisire su più cultivar, le conoscenze relative alla risposta vegeto-riproduttiva dell‟olivo a differenti strategie di gestione colturale. Infatti non tutte le cultivar sembrano manifestare la medesima risposta a gestioni colturali diverse e questo potrebbe suggerire, come già avviene per altre specie arboree, la classificazione delle cultivar in gruppi varietali al fine di ottimizzarne le potenzialità e al tempo stesso mettere in atto tutte le strategie possibili per migliorare la sostenibilità dei sistemi colturali olivicoli ad alta densità. 156 Capitolo 3 SCALARITÀ DELLA FIORITURA E ALLEGAGIONE IN 11 CULTIVAR DI OLIVO INTRODUZIONE 1.1 MORFOLOGIA DELL’INFIORESCENZA E DEL FIORE 1.1.1 INFIORESCENZA L‟infiorescenza dell‟olivo, detta mignola, è un racemo formato da un asse principale sul quale sono inseriti ortogonalmente da 1 a 4 assi secondari. Sugli assi secondari si inseriscono altri assi di terzo ordine (Fiorino et al., 2011). L‟infiorescenza è costituita da piccoli fiori,da un minimo di 10-12 fiori fino a 30, a seconda delle cultivar. Il colore dell‟infiorescenza in fase di sviluppo, cioè dalla sua formazione fino a poco prima della schiusura, è verde pallido, mentre in prossimità della fase di inizio fioritura è bianco (Lavee et al., 1996; Fiorino et al., 2011). La struttura, le dimensioni e la lunghezza della mignola, il numero totale dei fiori e la loro distribuzione sul rachide sono caratteristiche determinate geneticamente. Questa struttura, nonostante sia caratterizzata da un controllo genetico, presenta una discontinuità tra gli anni. I fattori che influenzano i suddetti parametri sono la disponibilità idrica e nutrizionale e le condizioni climatiche (Laveeet al., 1996;Fiorino et al., 2011). Sembra che la formazione delle mignole all‟interno della pianta sia scalare, senza seguire ordini precisi (Fiorino et al., 2011). All‟interno dello stesso albero, le caratteristiche delle infiorescenze e dei fiori possono presentare delle variazioni, infatti quelle presenti nella porzione distale del germoglio sono generalmente più corte, inoltre nell‟estremità prossimale oltre ad essere corte sviluppano anche meno fiori (Lavee et al., 1996). 157 1.1.2 FIORE I fiori dell‟olivo sono dei tetrameri actinomorfi, di dimensioni molto piccole e riuniti in panicoli ascellari (Angelini,2009). La struttura del fiore è costituita da quattro sepali verdi uniti a formare un calice campanulato alla base del fiore, una corolla formata da quattropetali di colore bianco saldati alla base che cadono insieme a fine fioritura e da due grandi stami gialli (Fiorino et al., 2011). All‟interno dell‟infiorescenza, i fiori possono essere di tre tipi: ermafroditi (perfetti), staminiferi (fiori a funzione maschile) e pistilliferi (fiori a funzione femminile). I fiori ermafroditi possiedono sia l‟androceo (apparato riproduttivo maschile), costituito da due stami con antere biloculate, sial‟apparato riproduttivo femminile, detto gineceo,rappresentato da un pistillo formato da un ovario supero, bicarpellare e biloculare. All‟interno di ciascun loculo sono prodotti due ovuli, nei quali si forma un sacco embrionale ma dei 4 sacchi embrionali formati uno soltanto si svilupperà in seme (Angelini,2009; Fiorino et al., 2011). Nel pistillo è presente uno stilo corto che termina con uno stigma bilobato, grande e papilloso, che in diverse cultivar può presentare papille stigmatiche più o meno umide (Angelini,2009). Dal momento che i frutti possono essere prodotti solamente a partire da questi fiori, il carico produttivo finale della pianta dipenderà dalla loro presenza. La proporzione di fiori ermafroditi può essere influenzata da diversi fattori quali il genotipo, la posizione sulla branca, la posizione dell‟infiorescenza sul germoglio e la posizione del germoglio nella chioma, ma anche da altri fattori quali ad esempio la temperatura (Cuevas e Polito, 2004). I fiori pistilliferi derivano originariamente da fiori ermafroditi, doveuna parte dell‟apparato riproduttivo ha subito una degenerazione mantenendo solo una delle due funzioni nella fioritura,infatti sono caratterizzati dall‟aborto della parte maschile che deriva dall‟avvizzimento delle antere prima della schiusura del fiore, oppure dall‟ incapacità delle antere di produrre polline o ancora dalla difficoltà nel generare polline vitale.Quest‟ultima problematica è 158 stata riscontrata nella cultivar croata “Oblica”e in quella italiana“Cerasuola”(Fiorino et al., 2011). Nei fiori staminiferi, anch‟essi derivati da fiori ermafroditi, è possibile osservare un androceo ben conformato, a differenza del gineceo che appare più piccolo ed involuto. L‟aborto dell‟ovario o il disseccamento del pistillo, in questo tipo di fiori, determina l‟impossibilità di fecondare, mentre si sviluppano in modo regolare le antere adibite alla produzione di polline (Fiorino et al., 2011). In tutte le cultivar sono presenti certe quantità di fiori staminiferi e ciò dipende dalle condizioni nutrizionali, ambientali e dal patrimonio genetico della pianta. Villemur et al. (1977) hanno determinato la proporzione di ogni tipologia di fiore al fine di valutare il tasso di allegagione sulla sola base dei fiori ermafroditi. Dal confronto tra le cultivar Lucques e Salonenque è emersa una differenza del 90% nella presenza di fiori staminati con piccole variazioni negli anni. Tuttavia, il polline rilasciato da un olivo non è correlato alla proporzione del numero di fiori staminati, mentre risulta ben correlato alla dimensione delle infiorescenze e al numero totale di fiori (Hartmann, 1961; Mousho, 1977; Lavee e Datt, 1978 in Breton e Bervillè, 2013). 159 Fig 1.1: Dettaglio del fiore dell’olivo (fonte:autore) 1.2 IL PROCESSO DI FIORITURA La classificazione dei vari stadi della fioritura, a livello internazionale, avviene sulla base della scala fenologica BBCH, (Rojo e Pèrez-Badia, 2014), che individua diverse fasi: -inizio fioritura, in cui dal 10% al 50% dei fiori sono aperti (BBCH phase 61), (figura 1.3); -piena fioritura, in cui almeno il 50% dei fiori è aperto (BBCH phase 65), (figura 1.4); -caduta dei primi petali (BBCH phase 68); -fine fioritura con caduta di tutti i petali e degli ovari non fecondati (BBCH phase 69), (figura 1.5). 160 Fig1.2: Sviluppo dell’infiorescenza (fonte: autore) Fig 1.3: Fase di inizio fioritura (fonte: autore) Fig 1.4: Fase di piena fioritura (fonte: autore) Fig 1.5: Fase di fine fioritura (fonte: autore) I fattori geografici come l‟altitudine e la localizzazione topografica possono comportare cambiamenti significativi nelle condizioni climatiche (Tang e Fang, 2006) che determinano lo sviluppo fenologico (Ziello et al., 2009; Davi et al., 2011). 161 L‟epoca può variare nello stesso ambiente tra le diverse cultivar anche di 3-4 settimane e questo processo viene identificato come scalarità di fioritura. Anche all‟interno della stessa cultivar si possono rinvenire date di inizio fioritura diverse negli anni e il fattore di maggior influenza di questo fenomeno è rappresentato dalla sommatoria termica delle temperature superiori a 8,5 °C a partire dal mese di gennaio (Selak et al., 2011).Inoltre, anche la posizione delle branche può creare dei gradienti a livello della stessa pianta, determinando un ulteriore aumento della complessità che caratterizza l‟andamento fenologico (Cesaraccio et al., 2006). PèrezBadia e Rojo (2014) hanno messo in evidenza come l‟esposizione delle branche produttive, in olivo, determini una scalarità di fioritura, tra la porzione esposta a nord e quella a sud, di 3 giorni. La conseguenza di questo effetto è quella di produrre un‟estensione del periodo di fioritura, offrendo maggiori probabilità di successo nell‟impollinazione dei fiori (Tab. 1.1). Tab. 1.1: Modello lineare generale per le date di inizio (in giorni giuliani) e la durata delle fasi di prefioritura e fioritura, in funzione degli anni di studio (2009-2012), altitudine del sito ed esposizione nord/sud (N/S) della branca Prefioritura Durata Fioritura Durata df F df F df F df F Anno 3459 46,8*** 3459 13,2*** 3499 255,1*** 3488 20,2*** Esposizione (N/S) 1459 11,1** 1459 42,9*** 1499 1428,5*** 1488 0,4 Altitudine 1459 4,8* 1459 0,1 1499 37,6*** 1488 0,5 Altitudine x anno 3459 15,6*** 3459 5,7** 3499 113,6*** 3488 6,9*** Altitudine x esposizione (N/S) 1459 0,6 1459 0,1 1499 7,4** 1488 0,6 F statistico, df gradi di libertà Livelli di significatività (* 95%), (**99%), (***99,9%) (Fonte: Rojo e Perèz-Badia, 2014; rielaborato dall’autore) 162 Queste variazioni fenologiche sembrano essere associate ad alcuni fattori microclimatici quali la radiazione e la temperatura (Camargo et al., 2011) e sono stati rinvenuti anche su altre specie, come ad esempio Quercus spp. (Gomez-Casero et al., 2007). La conoscenza della fenologia della fioritura, a livello della singola pianta, e dell‟influenza della topografia e dell‟esposizione della chioma sull‟inizio e sulla durata delle diverse fenofasi può risultare particolarmente utile all‟ottimizzazione e alla selezione di diverse pratiche colturali, come la potatura, l‟irrigazione e la fertilizzazione (Chmielewski, 2003; Garcìa-Mozo, 2011); infatti, queste pratiche sono prevalentemente sincronizzate sulla base degli stadi di fioritura e pre-fioritura (Fernàndez-Escobar et al., 2004). 1.2.1 FATTORI ENDOGENI La vitalità e la dimensione delle infiorescenze e la fioritura possono essere influenzati dall‟entità dei livelli di fruttificazione dell‟albero nella stagione precedente e dalla localizzazione del germoglio (Lavee et al.,1996; 1999). Alcuni autori hanno mostrato che nel periodo invernale si verifica un incremento di amido in tutte le gemme potenzialmente riproduttive (De la Rosa et al., 2000); tuttavia, altri lavori hanno evidenziato come non si sia dimostrata alcuna competizione, tra le porzioni vegetative in crescita che supportano le gemme e i frutti (FernandezEscobar et al., 1999, 2004), per i prodotti organici di base. In base ad altri studi (Stutt e Martin, 1986), sembra più plausibile pensare che l‟effetto dei frutti in accrescimento, sulla riduzione del livello di differenziazione nell‟anno successivo, sia dovuto a segnali regolatori, prodotti dagli embrioni in fase di sviluppo. Le infiorescenze presenti nell‟estremità prossimale e distale del germoglio si presentano più piccole rispetto a quelle della parte mediana del germoglio. Inoltre, la vitalità e le dimensioni dei fiori sono minori nella parte basale del germoglio (Lavee et al., 1996). È stato poi osservato che il numero di fiori imperfetti è presente in misura maggiore nelle infiorescenze distali. In seguito ad uno studio condotto da Lavee et al. (1996), è stato valutato l‟effetto del numero di fiori e della distribuzione delle infiorescenze lungo i germogli, sull‟allegagione. Durante la sperimentazione, 163 sono state eliminate il 50% di infiorescenze per germoglio, prima dell‟apertura dei fiori, ed è stato riscontrato che il numero di infiorescenze per germoglio non influisce sulla percentuale di fruttificazione. In seguito al diradamento, è stato osservato un raddoppio della fruttificazione sulle infiorescenze rimanenti. Inoltre, è stato osservato che nel 70-80% di cultivar studiate, le infiorescenze con due frutti erano posizionate nella parte distale dei germogli, ma la lunghezza dei germogli non rappresenta un fattore influente sulla fioritura; infatti, gli alberi vigorosi hanno una produzione più alta, in quanto presentano germogli fruttiferi più lunghi e producono più infiorescenze. Inoltre, in olivo non esiste una distinzione della qualità delle infiorescenze sulla base della classificazione dei germogli in corti e lunghi, poiché la fruttificazione risulta invariata (Lavee et al.,1996; Castillo-Llanque e Rapoport, 2011). Un altro fattore determinate sulla qualità della fioritura è il patrimonio genetico di una cultivar. A tale proposito Moreno-Alias et al.(2013) hanno condotto uno studio in cui è stata esaminata la qualità dei fiori della cultivar Sikitita e quella dei suoi parentali, Picual e Arbequina dove è stato osservato che il numero totale di fiori risultava maggiormente influenzato dalle condizioni ambientali, mentre il numero di nodi e la percentuale di fiori perfetti erano maggiormente controllati da fattori di natura genetica. 1.2.2 FATTORI ESOGENI Il processo di fioritura, la sua durata e l‟epoca di inizio fioritura, che caratterizza le diverse cultivar, dipendono anche da fattori ambientali. Cosi come per le specie tipiche delle zone temperate, anche nel caso dell‟olivo la temperatura sembra essere il fattore esogeno maggiormente influente sull‟epoca di fioritura (Alcalà e Barranco 1992; Osborne et al., 2000; Galàn et al., 2005). L‟effetto della temperatura si concretizza già a partire dal periodo di stasi vegetativa, quando le gemme si trovano ancora in una condizione di dormienza. Temperature invernali tendenzialmente miti possono rallentare l‟uscita dalla dormienza, almeno nella parte iniziale, quando risulta necessario il soddisfacimento di un certo fabbisogno in 164 freddo,corrispondente a circa 10 settimane con temperature al di sotto dei 10-12°C (Neri, 2009); ma, una volta soddisfatto il fabbisogno in freddo, un andamento termico invernale caratterizzato da valori miti accelera la schiusura delle gemme (Garcia-Mozo et al., 2009). Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che anche altri fattori, come ad esempio la superficie fogliare e il fotoperiodo, sono in grado di esercitare un effetto sull‟epoca di fioritura, sebbene con un‟efficacia minore rispetto alla temperatura (De Melo-Abreu et al., 2004; Galàn et al., 2005). Anche le pratiche colturali possono influenzare il tasso di fioritura, in particolare quando riescono a migliorare la sintesi e la ripartizione degli assimilati nella pianta (Proietti, 2003); nella sperimentazione condotta da Yermiyahu et al., (2009), sono stati osservati gli effetti della concentrazione di azoto, potassio e fosforo a livello fogliare. Olivi appartenenti alla cultivar Barnea, sottoposti nel periodo di fine estate a fertirrigazioni con diversa concentrazione di N, P e K, hanno evidenziato che ad un aumento della concentrazione di azoto si accompagnaun incremento dell‟intensità di fioritura; mentre se, al contrario, il livello di azoto è basso,è stato osservato un minor livello di fioritura. Tuttavia, al superamento di un certo quantitativo di azoto, è stata notata una riduzione del numero di infiorescenze sul germoglio (Dag et al., 2009). Questa riposta indica l‟effetto negativo di un eccesso di azoto sulla fertilità dell‟olivo. La stessa risposta da parte della pianta è stata riscontrata anche per il fosforo, mettendo in evidenza come una regolare applicazione di questo elemento possa andare a vantaggio della produttività, in particolare nei nuovi impianti ad alta densità; non invece per il potassio. Alcuni studi dimostrano anche che trattamenti a base di boro, effettuati tra novembre e aprile, possono andare ad influenzare la percentuale di schiusura delle gemme e quindi ad aumentare la fioritura. L‟azione prolungata di questo elemento nutritivo porta ad una riduzione dell‟aborto dell‟ovario, andando anche a migliorare la germinabilità del polline (Fiorino et al., 2011). Sulla base di osservazioni in vitro, il polline, infatti, germina meglio su substrati artificiali contenti anche sali di calcio e di boro. Tuttavia, l‟efficacia di interventi con solo boro,eseguiti al fine di migliorare la fioritura, non sempre è soddisfacente; sembra più realistico pensare ad una azione sinergica espletata dal boro insieme ad altri meso e microelementi, oltre che a varie molecole organiche. 165 Fornaciari et al., (2009) sulla scorta di un lavoro decennale (1999-2009) volto a valutare mappe di fioritura per le diverse cultivar nelle rispettive aree geografiche, hanno potuto constatare che esistono delle correlazioni tra la localizzazione e l‟epoca di fioritura. Lo scopo di questa sperimentazione è stato quello di rappresentare il decorso del processo di fioritura delle piante di olivo in funzione della località e dell‟andamento stagionale. Sono state monitorate 15 zone vocate per l‟olivicoltura, ripartite in quattro regioni del sud Italia (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Dai risultati è stato possibile identificare quattro diversi scenari relativi all‟andamento della fioritura, in base alle diverse aree di studio. Nel primo è stato individuato un ritardo della fioritura che comporta un accumulo termico da parte della gemma chiusa 1, mentre in altre aree è stato osservato un anticipo di fioritura che comporta un ridotto accumulo termico. I due casi manifestano una “plasticità fenotipica”non indotta direttamente da variazioni termiche, quanto piuttosto da variazioni degli accumuli delle precipitazioni nel periodo precedente la fioritura. Un terzo scenario, presente in altre aree, è stato definito come “rigidità fenotipica” nel quale le cultivar oggetto di indagine non hanno variato l‟epoca di fioritura, anche in presenza di variazioni di accumulo termico. Infine, l‟ultimo scenario è stato definito come “plasticità fenotipica indotta” dove è stato l‟andamento termico a indurre direttamente la variazione fenotipica. In conclusione, si può affermare che nelle aree più fredde,dove le migliori correlazioni tra sviluppo degli apparati riproduttivi e accumulo termico si hanno con soglie termiche primaverili basse (7-10°C), le cultivar utilizzate rispondono efficientemente anche con temperature di risveglio più basse rispetto ai valori classici mediterranei, mostrando un adattamento con le caratteristiche climatiche dell‟ambiente di coltivazione; mentre le cultivar presenti in zone calde raggiungono la fioritura con soglie termiche primaverili più elevate (1114°C), tipiche delle zone più calde. 1 calore utile allo sviluppo delle strutture fiorali nella gemma di olivo, espresso in GDD (Growing Degree Days) 166 1.3 POLLINE E PISTILLO: IMPOLLINAZIONE E FECONDAZIONE L‟impollinazione e la successiva fase di fecondazione rappresentano la seconda parte del ciclo biologico. L‟olivo è una specie anemofila dato che l‟impollinazione avviene mediante il trasporto del vento. Il polline riesce a raggiungere distanze notevoligrazie alla forza del vento ed è stato ritrovato anche ad oltre 7 km dalla pianta (Lavee et al., 1996; Martins et al., 2006). Questa specie è considerata tendenzialmente allogama,in quanto, per la formazione del frutto, preferisce o necessita di un„impollinazione incrociata tra le cultivar. Infatti, per far avvenire una buona impollinazione, è stato calcolato che in un oliveto è necessaria la presenza di circa il 10% di impollinatori, nel caso di cultivar autoincompatibili (Lavee et al.,1996). Questo valore medio può subire modifiche in base alla località, alla velocità del vento e alla temperatura durante il periodo di fioritura. Ad esempio, la pioggia durante la fioritura riduce al minimo la distribuzione del polline con il vento, riducendone anche la vitalità. In Italia centrale, negli oliveti tradizionali, sono state proposte soluzioni d‟impianto ormai collaudate, basate essenzialmente su tre-quattro cultivar (Leccino, Frantoio, Moraiolo e Pendolino). L‟elevata densità delle piante, la densità della chioma e l‟elevata umidità sono condizioni che possono ostacolare la diffusione del polline (Fiorino et al., 2011), e, con l‟intensificazione della coltivazione dell‟olivo, praticata attualmente con poche cultivar, benché siano tutte parzialmente autofertili, una adeguata presenza di impollinatori risulta di notevole importanza, soprattutto in vista di un necessario ampliamento del panorama varietale tale da suscitare un maggiore interesse da parte dei produttori nazionali. Nelle antere si trovano le cellule madri del polline che daranno origine, in seguito a divisioni cellulari, ai granuli, in numero variabile in base alla cultivar (Angelini, 2009). Le antere sono grandi, con tre lobi, contengono un numero abbondante di granelli di polline di colore giallo e dopo la fioritura divengono scure, cadendo insieme ai petali. Il polline assume una forma di barile di dimensioni tra i 15 ed i 30 μm e la sua parete esterna, detta esina, presenta dei rilievi caratteristici per ogni singola cultivar (Fiorino et al., 2011). La struttura del polline è funzionale ad esercitare una forte resistenza alla disidratazione. Il polline può essere conservato in 167 luogo asciutto e a bassa temperatura per un anno. Il granulo pollinico maturo e vitale si disperde in atmosfera in grandi quantità ed la quantità rilasciata in questo modo è intesa come indice di produttività. Al momento dell‟apertura del fiore, il complesso ovarico risulta già recettivo, mentre le antere devono ancora terminare la formazione del polline (Fiorino et al.,2011). Il polline si libera con 1-2 giorni di ritardo rispetto alla schiusura del fiore, e, quando è maturo, le due antere si aprono longitudinalmente liberandolo nell‟ambiente. Questo avviene nelle ore più calde e più secche della giornata; al contrario, nelle ore umide o in ambienti poco ventilati, il polline rimane agglutinato, cadendo in piccoli ammassi sulle foglie sottostanti fino al suolo. Esso raggiunge lo stigma dell‟ovario e, se viene riconosciuto, dà avvio ad un processo che porta alle fecondazione e quindi alla formazione di un nuovo individuo (Angelini, 2009). (Angelini, 2009; Fiorino et al., 2011). Questa fase consiste in una idratazione e successiva germinazione, con emissione del tubetto pollinico;a questa ne segue un‟altra in cui avviene la crescita del tubetto lungo lo stilo, fino a raggiungere la camera ovarica. Il tubetto pollinico, appena raggiunto l‟ovulo, penetra nell‟embrisacco avviando così la riproduzione; contemporaneamente avviene l‟abscissione degli stami e della corolla (Angelini,2009). Il nuovo individuo, la prima cellula diploide detta zigote, si accresce e dalla divisione si genera un pro-embrione bicellulare in cui entrambe le cellule svolgono un ruolo attivo nella formazione dell‟embrione, che poi raggiunge lo sviluppo completo con la formazione dell‟endosperma, ancora allo stato gelatinoso. Nel seme, successivamente, si evidenzia l‟indurimento dell‟endosperma mentre nell‟embrione, a livello microscopico, si rendonoevidenti la radice embrionale e i giovani cotiledoni (Angelini,2009). Non sempre all‟impollinazione segue la fecondazione, infatti, a volte, può insorgere il fenomeno della partenocarpia stimolativa, che determina la formazione di pseudodrupe di forma tondeggiante (Fiorino et al., 2011). Alcune varietà, come ad esempio Sevillano, sviluppano frutti partenocarpici tutti gli anni e in gran parte delle posizioni sulla chioma, al contrario di cultivar come Manzanillo e Ascolana che presentano questi tipi di frutti solo in alcune annate. In alcuni casi, può presentarsi il fenomeno dell‟aborto dell‟ovario, ovvero la presenza di fiori con ovari assenti o 168 parzialmente sviluppati, ma comunque non funzionali,che quindi non saranno in grado di trasformarsi in frutti e pertanto saranno destinati a cadere (Lavee et al., 1996). L‟autoimpollinazione nell‟olivo è determinata da caratteristiche genetiche che possono essere espresse o meno,anche in base alle condizioni climatiche e di crescita. Infatti, alcune varietà, autosterili se allevate in determinati ambienti, si sono dimostrate autofertili in altre zone (Lavee et al, 1996). 1.3.1 COMPATIBILITÀ In olivo, la notevole pressione selettiva, avvenuta fin dalla sua domesticazione,ha dato origine ad una triplice suddivisione del vasto panorama varietale: cultivar autoincompatibili, parzialmente autoincompatibili e autocompatibili. Nelle cultivar autocompatibili, come Frantoio e Arbequina, l‟allegagione avviene mediante autogamia, ovvero il polline è in grado di fecondare l‟oosfera dei fiori della stessa cultivar. Per queste varietà, non è necessaria la presenza di altre varietà impollinatrici. Cultivar parzialmente autoincompatibili, come Pendolino e Ascolana tenera, si avvantaggiano della presenza di piante donatrici di polline ma sono anche in grado di fruttificare da sole. Infine, nell‟ultimo gruppo, troviamo cultivar come Leccino e Moraiolo, e perqueste varietà l‟uso di impollinatori è indispensabile (Fiorino et al., 2011). L‟autoincompatibilità nelle piante di olivo si manifesta anche con la presenza di fiori pistilliferi, in cui il gineceo riceve polline da un‟altra cultivar. Si riconoscono due tipi di incompatibilità: di tipo fisiologico, che consiste nell‟incapacità da parte di una cultivar, come ad esempio Oblica, di produrre polline vitale; e di tipo fattoriale, molto diffusa in cultivar italiane, in cui viene impedita l‟autogamia. Il livello di autogamia viene valutato con una tecnica che consiste nel racchiudere porzioni di rami, provviste di infiorescenze, in sacchetti di carta e scuotendo il sacchetto periodicamente, determinando così un‟autogamia forzata (Fiorino et al.,2011; Selak et al., 2011). Da uno studio condotto per tre stagioni consecutive in tre oliveti, localizzati in tre diversi ambienti, prendendo in esame la compatibilità riproduttiva tra le diverse cultivar, è emersa la possibilità di combinare tra loro nelle strategie di impollinazione varietà di volta in volta diverse, in funzione dei diversi ambienti di coltivazione (Selak et al., 2011). 169 1. 4 ALLEGAGIONE L‟allegagione viene definita come il passaggio dal fiore al frutto ed inizia con la formazione dello zigote. La sua entità viene espressa come percentuale di frutti formati rispetto al numero totale dei fiori fecondati (Fiorino et al., 2011). Per convenzione, si distinguono una allegagione iniziale, valutata come percentuale a 20 giorni dalla piena fioritura e una allegagione finale, determinata a 45-60 giorni dalla piena fioritura. Il fenomeno si manifesta con la caduta dei sepali, attraverso la formazione di una zona di abscissione che si localizza tra i sepali stessi e la base del calice. Gli ovari divengonoben visibili e,in seguito a ripetute divisioni cellulari, si assiste adun incremento delle loro dimensioni. Le percentuali di allegagione oscillano tra l‟1 e il 10% in funzione dell‟andamento stagionale e delle cultivar. Di questa percentuale, soltanto l‟1-2% arriva a completa maturazione. Al momento dell‟allegagione, si assiste anche alla caduta dei fiori imperfetti e non fecondati, a cui segue quella dei giovani frutti meno competitivi, il tutto accade nell‟arco di 1-2 settimane (Fiorino et al., 2011). 1.4.1 FATTORI CHE INFLUENZANO L’ALLEGAGIONE In olivo, l‟allegagione risulta molto bassa (Hartmann, 1950). Molti studi mostrano che il tasso di allegagione aumenta proporzionalmente alla riduzione artificiale del numero di fiori, assicurando un numero di frutti simile alle piante non diradate (Suarez et al., 1984; Rallo e Fernandez-Escobàr, 1985; Lavee et al., 1996; 1999). Questo comportamento viene interpretato come la tendenza dell‟olivo di “fissare” una predeterminata massa di frutti, che risulta indipendente dal numero di fiori (Rosati et al., 2012). Il maggior limite dell‟allegagione è dato dall‟uso delle risorse da parte della pianta. Rugini e Pannelli (1993), hanno dimostrato come il tasso di allegagione incrementi quando la crescita del germoglio viene rallentata, sia chimicamente che meccanicamente, supportando l‟ipotesi che l‟allegagione soggiaccia a meccanismi di tipo competitivo. 170 1.4.1.1 FATTORI ENDOGENI Il principale fattore di controllo in grado di incidere sull‟allegagione è di tipo genetico ed è dovuto alle differenze tra le cultivar a frutto piccolo e quelle a frutto grande. La crescita del frutto, dopo l‟allegagione, è geneticamente controllata e non dipende dalle percentuali di allegagione (Rosati et al., 2010). Il peso di ogni frutto può variare del 100%, anche per una stessa cultivar, in relazione alle riserve disponibili e alle condizioni ambientali. Inoltre, in cultivar a frutto grosso (in particolare quelle da mensa), l‟allegagione risulta influenzata dalle dimensioni tendenzialmente più grandi dei fiori e degli ovari, che sono in grado di richiamare maggiori risorse e costituiscono “sink” più forti (Rosati et al., 2009), determinando un minor numero di frutti allegati, sebbene la massa di frutti complessiva alla raccolta si attesti su valori simili a parità di assimilati disponibili (Rosati et al., 2010). Questo comportamento suggerisce una strategia di compensazione tra il numero di frutti allegati e la dimensione finale dei frutti stessi. Da una sperimentazione effettuata da Rosati et al. (2010), si è evidenziato come l‟allegagione siaun meccanismo compensatorio che permette alla pianta di regolare la massa del frutto indipendentemente dalla taglia dell‟ovario. Il calibro dell‟ovario è una caratteristica predeterminata e, come visto in precedenza,è una delle principali cause responsabilidella diversa allegagione tra le cultivar. Esistono varietà che non riescono a portare più di un frutto per mignola, altre invece possono portare da 1 a 4 frutti, in relazione alle condizioni nutrizionali della pianta, altre ancora presentano una fruttificazione a grappolo, portando dai 6 agli 8 frutticini per mignola. A livello agronomico, queste differenze si ripercuotono sull‟efficienza dei sistemi di raccolta meccanica, creando diversi modelli di fruttificazione che condizionano la destinazione d‟uso delle cultivar, da tavola o da olio. 1.4.1.2 FATTORI ESOGENI I fattori esogeni che regolano l‟allegagione hanno determinato gli areali di distribuzione dell‟olivo, a livello geografico. Tra essi, si ricordano le condizioni 171 climatiche che, nel caso siano sfavorevoli, soprattutto nell‟intervallo che va dalla differenziazione (febbraio) all‟allegagione (maggio-giugno), possono portare ad una riduzione della produzione, danneggiando direttamente i tessuti della mignola, come accade ad esempio con i ritorni di freddo (Fiorino et al., 2011). Gli abbassamenti termici che si rilevano nel periodo tra maggio e giugno determinano danni nello sviluppo dell‟ovario e dello stilo e possono ridurre lo sviluppo delle cellule madri del polline. D‟altro lato, anche la presenza di venti caldi, secchi o freddi porta ad una riduzione della recettività dello stigma, prosciugandolo. Le alte temperature, invece, determinano il fenomeno del disseccamento del tubetto pollinico. L‟elevata umidità relativa dell‟aria va ad ostacolare la diffusione del polline e la presenza di piogge per periodi prolungati può influenzare la disponibilità del polline, sia attraverso una schiusura irregolare delle antere sia provocandoun dilavamento del polline stesso (Fiorino et al., 2011). 1.5 OBIETTIVI DELLA SPERIMENTAZIONE L‟olivo è una pianta che produce una quantità elevata di fiori, stimata in 500.000 fiori per pianta, di cui solo il 15-20% allega, sebbene solo l‟1% dei frutti allegati riesca a completare il ciclo riproduttivo. L‟impollinazione, essendo anemofila, in particolare negli impianti ad alta densità necessita della presenza di impollinatori per migliorare la produzione e la diffusione del polline, al fine di permettere una adeguata fruttificazione in quanto l‟impollinazione incrociata è una strategia in grado di fornire risultati produttivi migliori rispetto alle tecniche di impollinazione libera e autoimpollinazione (Selak et al., 2011). Questo lavoro di sperimentazione si pone come obiettivo di analizzare la scalarità di fioritura tra 11 cultivar allevate nelle condizioni dell‟alta densità e di individuare le cultivar idonee per essere usate in combinazione negli impianti. La scalarità e le diverse fasi fenologiche saranno valutate anche in posizioni diverse della chioma e del germoglio all‟interno della stessa pianta, per verificare la presenza di un gradiente di fioritura sia a livello di chioma che di singolo ramo. L‟acquisizione di nuove informazioni circa il comportamento del ramo misto durante la fase di 172 fioritura può essere utile per migliorare le pratiche di potatura meccanizzata nei nuovi impianti olivicoli ad alta densità, al fine di ottimizzare le strategie colturali volte alla massimizzazione dell‟impollinazione e conseguentemente dell‟allegagione. 173 MATERIALI E METODI 2.1 DESCRIZIONE DEL SITO Per la descrizione del sito si rimanda al paragrafo 2.2 in Materiali e Metodi del Capitolo 1, in quanto la prova è avvenuta nello stesso campo sperimentale. 2.1.1 ANDAMENTO METEO Lo studio dell‟andamento climatico del sito è stato condotto sulla base dei dati forniti dal Centro Agrometereologico regionale dell‟ASSAM per la stazione di Agugliano nell‟anno 2014. Andamento termopluviometrico Precip. (mm) T max (°C) T min (°C) 100 50 90 45 80 35 30 60 25 50 20 40 temperatura (°C) precipitazioni (mm) 70 40 15 30 20 10 5 10 0 0 -5 Fig. 2.1:Andamento termo-pluviometrico con le precipitazioni, le temperature minime e le massime settimanali registratenel periodo gennaio-agosto 2014 (fonte: ASSAM) 174 La temperatura minima, anche nel periodo di fine gennaio non è scesa al di sotto dei 5°C. Da notare che a fine luglio i valori minimi si sono attestati intorno ai 17°C. Tra le temperature massime si evidenzia una andamento crescente, che tuttavia ha raggiunto i 37°C - 38°C solo in un‟occasione, a metà del mese di luglio. Per quanto riguarda le precipitazioni nel corso della stagione, si sono registrati picchi con valori che superano i 90 mm di pioggia caduta in una settimana, nel periodo invernale, mentre non si sono verificati fenomeni particolarmente rilevanti nel periodo compreso tra fine aprile e metà giugno. 2.2 DESCRIZIONE DEL MATERIALE VEGETALE Il materiale vegetale, oggetto di studio del presente lavoro, è costituito da 11 varietà marchigiane, ad eccezione della varietà Arbequina e per la loro descrizione dettagliata si rimanda ai paragrafi 2.3-2.4 in Materiali e Metodi del Capitolo 1. 2.3 SCHEMA SPERIMENTALE Sulle 11 file di piante, appartenenti a cultivar diverse, sono state selezionate in maniera randomizzata 5 piante omogenee rappresentative dell‟intera popolazione varietale, per un totale di 55 piante, su cui sono stati effettuati i rilievi per tutto il periodo della fioritura e dell‟accrescimento del frutto. 2.4 RACCOLTA DATI È stato valutata l‟evoluzione del processo di fioritura per poter poi ricostruire, con il supporto della scala BBCH, le diverse fenofasi, individuando per ciascuna di esse le varie epoche di manifestazione (Tabella 2.1). Tabella 2.1: Fasi fenologiche della scala BBCH (fonte: Sanz-Cortés et al., 2001). Le fasi in grassetto sono quelle considerate nel presente lavoro. 175 Fase Descrizione 50 Gemme completamente chiuse 51 Rigonfiamento delle gemme 52 Schiusura gemme. Inizio sviluppo dell‟infiorescenza 54 Crescita dell‟ infiorescenza 55 Completa espansione dell‟infiorescenza e schiusura dei bottoni fiorali 57 Allungamento della corolla 59 Viraggio della corolla da verde a bianco 60 Primo fiore aperto 61 Inizio della fioritura: 10% dei fiori aperti 65 Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori aperti 67 Caduta dei primi petali 68 Caduta della maggior parte dei petali 69 Fine della fioritura, allegagione e caduta degli ovari non fecondati Nel periodo compreso tra il 12 e il 30 maggio sono stati effettuati 9 rilievi, eseguiti ogni due giorni. Sono stati selezionati per i rilievi e identificati, su ogni pianta, due rami di lunghezza omogenea ma in posizioni diverse, ovvero nella porzione apicale e in quella basale della chioma, attraverso degli anelli colorati in plastica, per un totale di 110 rami selezionati. Nel primo rilievo ad inizio maggio sono stati rilevati la lunghezza del germoglio, mediante l‟utilizzo di un metro a nastro, il numero di nodi, il numero di infiorescenze presenti e il numero di ramificazioni laterali. Dal secondo rilievo in poi si è andati a determinare il numero totale dei bottoni fiorali , e il numero di fiori aperti, chiusi, caduti e persi in ogni infiorescenza, registrandone la posizione lungo i germogli. Nella fase di piena fioritura, sono stati effettuati 3 rilievi analizzando 10 fiori infiorescenze, prelevate in maniera randomizzata su piante diverse da quelle precedentemente analizzate per un totale di 30 infiorescenze per cultivar, con lo 176 scopo di valutare e contare i fiori perfetti, ovvero con la contemporanea presenza dell‟apparato riproduttivo femminile (gineceo) e maschile (androceo) (fiore ermafrodita). Nelle varietà Ascolana Dura e Lea il numero dei campioni è stato pari a 20 infiorescenze, a causa dello scarso numero di fiori per infiorescenza riscontrato in queste due cultivar. Contemporaneamente a questa misura si è poi rilevata anche la percentuale di fiori sterili, ovvero fiori in cui è presente solo l‟androceo. A fine giugno, 20 giorni dopo la fine della fioritura,su ogni mignola presente sul germoglio è stato contato il numero di fiori che avevano dato origine ad un frutto. 2.5 ELABORAZIONE STATISTICA E ANALISI DEI DATI I dati raccolti sono stati sottoposti ad analisi della varianza (ANOVA). L‟elaborazione statistica dei dati e la separazione delle medie è stata effettuata attraverso il software JMP8 (SAS Institute, Cary, NC)applicando il test statistico “Tukey-Kramer HSD”con probabilità minore o uguale a 0,05. 177 RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati riportati in questo capitolo descrivono l‟evoluzione del processo di fioritura nelle diverse cultivar di olivo in relazione alla posizione del ramo sulla pianta e lungo il ramo stesso. Inoltre è stato possibile determinare le diverse epoche di fioritura per la costruzione del fenogramma. I parametri osservati al fine di descrivere la scalarità di fioritura sono stati la lunghezza dei rami, il numero di infiorescenze totali e il numero dei fiori per infiorescenza, sia aperti che chiusi. Le osservazioni hanno riguardato anche l‟allegagione dei frutti considerando l‟effetto della posizione sia a livello della chioma che dell‟asse. 3.1 CHIOMA 3.1.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE È stato valutato il numero di infiorescenze presenti nei germogli in base alla loro posizione sulla chioma, confrontando le 11 cultivar. Tabella 3.1: Numero di infiorescenze; confronto tra cultivar per ciascuna posizione all’interno della chioma. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie (± err. std) secondo il test Tukey (p=0,05). Cultivar Posizione sulla chioma Basale Arbequina distale 32 ± 4,2 a 32,2 ± 1,8 a 41,2 ± 2,9 ab 30,2 ± 0,8 a 36 ± 4,3 ab 25,6 ± 2,0 a Rosciola Colli Esini 23,6 ± 0,5 ab 25 ± 1,9 a Coroncina 28,2 ± 2,4 ab 26,6 ± 1,7 a Lea 37,2 ± 5,0 ab 26 ± 1,9 a Maurino 36,8 ± 2,6 ab 30,6 ± 3,8 a Nostrale di Rigali 25,8 ± 3,0 ab 30 ± 1,7 a Piantone di Falerone 26,4 ± 3,4 ab 21,4 ± 1,8 a Ascolana dura Carboncella 178 Piantone di Mogliano Rosciola 33,8 ± 4,6 ab 27,6 ± 3,6 a 30 ± 1,3 b 26 ± 1,9 a Dai risultati ottenuti si può affermare che nella posizione basale della chioma il numero di infiorescenze presenti nelle cultivar Arbequina e Rosciola, è significativamente differente, con i valori rispettivamente di (32±4,2) e (41,2±2,9).Ascolana dura registra valori più alti nella porzione basale (41,2±2,9), al contrario della porzione distale nella quale mostra un numero inferiore (30,2±0,8). Il numero di infiorescenze più basso riscontrato nella posizione basale è stato quello della cultivar Rosciola Colli Esini (23,6 ±0,5). Dalla tabella si osserva che nella porzione distale, statisticamente, non c‟è alcuna differenza significativa tra le cultivar. Il valore più alto nella porzione distale è riportato da Arbequina(32,2±1,8), quello più basso invece da Piantone di Falerone (21,4±1,8). * Figura 3.1: Numero di infiorescenze; confronto tra le due porzioni (basale e distale) all’interno di ciascuna cultivar. *indica differenze significative tra le medie secondo il test t di Student (p=0,05). 179 La figura3.1 mostra il numero di infiorescenze presenti in ogni cultivar, confrontate tra i due rami basale e distale. La cultivar Arbequina è l‟unica che presenta una differenza statisticamente significativa tra le due posizioni sulla chioma. Nella posizione basale il numero delle infiorescenze è pari a 17, mentre in quella distale è pari a 10. 2. 3.2 RAMO Durante i rilievi è stata valutata anche l‟architettura del ramo di ogni cultivar, misurando la lunghezze dei germogli e il numero di nodi lungo l‟asse. Figura 3.2: Lunghezze dei rami (cm); confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05). 180 Dai dati si può osservare che la lunghezza dei rami misti tra le cultivar mostra una differenziazione specifica nell‟interno tra 25 cm e 35 cm. Le cultivar che presentano rami più lunghi sono Piantone di Mogliano con un valore pari a 35 cm, Arbequina con 34 cm di lunghezza e Maurino con 33 cm. Mentre le cultivar in cui si riscontra una lunghezza dei rami più bassa sono il Piantone di Falerone e Rosciola Colli Esini con valori rispettivamente di 23 cm e 25 cm. Figura 3.3: Numero di nodi; confronto tra le cultivar. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05). Il numero di nodi per ramo mostra dei valori diversificati per ciascuna cultivar. Arbequina, Lea e Carboncella non presentano differenze, così come le due cultivar Rosciola Colli Esini e Piantone di Falerone. AncheRosciola, Nostrale di Rigali e Coroncina sono statisticamente simili. Le cultivar che hanno manifestato una maggiore presenza di nodi lungo il ramo misto sono state Ascolana dura (9,76) e Maurino (9,31). 181 3.2.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE La presenza di rami laterali riscontrati è riportata in figura 3.4, suddivisa nelle tre diverse porzioni (basale, mediana e distale) del germoglio, individuate in base al numero dei nodi per ramo . È possibile notare che le cultivar Rosciola Colli Esini e Coroncina non presentano alcun ramo laterale, mentre in Nostrale di Rigali la presenza di rami laterali si è concentrata esclusivamente nella porzione basale del germoglio.Infine inAscolana dura e Lea, i rami laterali, sono solo sulla parte mediana. La cultivar Piantone di Falerone presenta la caratteristica singolare di concentrareil 90% di rami laterali nella porzione distale dei germogli. Figura 3.4: Percentuale di rami; distribuzione dei rami nelle tre porzioni (basale, mediana e distale), per ogni cultivar. 182 Figura 3.5 a: Percentuale di infiorescenze; distribuzione delle infiorescenze lungo i rami nelle tre porzioni (basale, mediana e distale), per ogni cultivar. Figura 3.5 b: Percentuale di bottoni fiorali; distribuzione dei bottoni fiorali lungo i rami nelle tre porzioni (basale, mediana e distale), per ogni cultivar. 183 Dalla figura 3.5 si osserva che Rosciola Colli Esini con 81,03% presenta la più alta concentrazione di infiorescenze nel tratto basale ed anche Arbequina invece con55,81% presenta un valore elevato.Ascolana dura, Lea e Piantone di Mogliano sono le cultivar che mostrano valori più bassi di infiorescenze nella porzione basale con valori vicini al 30%. La cultivar che registra la più alta percentuale di infiorescenze distribuite nella porzione mediana del germoglio è Piantone di Mogliano toccando valori del 61,05%, mentre Rosciola Colli Esini presenta il valore più basso pari a18,96%. Tra le porzioni distali i valori più alti sono riportati da Ascolana dura (25,22%), mentre quelli più bassi sono stati riscontrati in Coroncina (4,72%). Le cultivar Rosciola Colli Esini, Maurino, Piantone di Falerone e Rosciola non presentano alcuna infiorescenza nella parte distale. È possibile notare che seppur con valori puntuali diversi tra le cultivar, i rami anticipati tendono a sviluppare in misura maggiore nelle porzioni centrale e distale del ramo misto, mentre le infiorescenze tendono ad essere più numerose nella parte centro-basale. Inoltre dal grafico in figura 3.5 b, si evidenzia che ad una elevata presenza di infiorescenze in una determinata porzione di ramo, corrisponde una maggiore presenza di bottoni fiorali. 184 60 a 50 ab % Fioi sterili 40 bc 30 c 20 10 c c c c c c c 0 Figura 3.6: Percentuale di fiori sterili; confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie secondo il test Tukey (p=0,05). In figura 3.6 è stata valutata la presenza di fiori ermafroditi e sterili nelle diverse cultivar. Dai risultati ottenuti Ascolana dura e Lea presentano delle differenze statisticamente significative,con un elevata percentuale di fiori sterili rispettivamente del37,01% e 46,84%. Tutte le altre cultivar registrano, invece una bassa percentuale di fiori sterili compresa tra il 13,08% della Nostrale di Rigali e 1,46% del Piantone di Falerone. 3.3 ANDAMENTO DELLA FIORITURA È stato determinato l‟andamento della fioritura nell‟intero periodo di sperimentazione, valido per l‟intero campo sperimentale, considerando come variabili la percentuali di fiori aperti e quella di fiori chiusi per infiorescenza, in tutte le cultivar prese in esame. 185 Figura 3.7: Andamento della fioritura; percentuale dei fiori aperti e chiusi, presenti in tutte le cultivar del campo sperimentale. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 110 rami per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. Dalla figura 3.7è possibile notare che la percentuale di fiori chiusi, dal primo rilievo effettuato (12/05/2014), segue un andamento decrescente, arrivando ad un punto di flesso in data 21/05/2014 con un valore di 53,05 % in concomitanza al picco di massima fioriturache mostra un valore pari a 34,98 % di fiori aperti (23/05/2014), (fase di piena fioritura). Figura 3.8 (a=Arbequina; b=Ascolana dura); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar Arbequina e Ascolana dura. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. 186 Nella cultivar Arbequina, dal grafico, risulta che fino alla data 16/05/2014 i fiori rimangono chiusi, poi la curva decresce lentamente fino ad arrivare alla piena fioritura (23/05/2014) dove la percentuale dei fiori aperti tocca il 49,98% per poi decrescere repentinamente fino al termine della fioritura. Nella cultivar Ascolana dura fino alla data del 21/05/2014 si ha la sola presenza di fiori chiusi; questo andamento cambia poi in modo repentino con una brusca decrescita che nell‟arco di 6 giorni porta a valori vicini a zero.La percentuale dei fiori aperti raggiunge in soli tre giorni un picco massimo del 31,79% in data 23/05/2014, persistendo in maniera considerevole fino alla fine della fioritura. Figura 3.9 (a=Carboncella; b=Rosciola Colli Esini); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar Carboncella e Rosciola Colli Esini. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. Dalla fig. 3.10 Carboncella mostra un andamento rallentato nella schiusura dei fiori fino alla data del 21/05/2014 dalla quale si assiste ad un rapido crollo della percentuale di fiori chiusi, con contemporaneo raggiungimento del picco massimo di fiori aperti che si attesta in due giorni su valori del 72,79%, (23/05/2014). Segue poi un decremento rapido fino alla data di arresto della fioritura (30/05/2014). Nella cultivar Rosciola Colli Esini si può osservare come l‟inizio della fioritura avvenga in data 21/05/2014 e che questa sottenda un breve intervallo di giorni, dal 21/05/2014 fino al 26/05/2014. Dalla figura 3.11 è emerso che nella cultivar Coroncina alla data 12/05/2014, la distensione delle infiorescenze non era ancora stata completata. Dal 14/05/2014 è stato raggiunto il numero complessivo di fiori per ramo e da questa data in poi la 187 curva dei fiori chiusi decresce sempre a ritmi elevati. A questo andamento si accompagna quello della curva dei fiori aperti che ha mostrato invece un incremento lento nel tempo con valori di 2,36 %; 15,48% e 19, 45% che rappresenta il picco di fioritura , a cui è seguita una rapida diminuzione. La caratteristica peculiare di questa cultivar, che si può dedurre dal grafico, è stata quella di lasciar cadere un numero elevato di fiori ancor prima che questi potessero aprirsi. Nella cultivar Lea fino al 21/05/2014 non si ha la schiusura di alcun fiore, che poi però decresce in maniera repentina passando dal 93,62% di fiori chiusi al 40,58% in data 23/05/2014. Inoltre il picco massimo di fiori aperti (54,55%) è stato raggiunto corrispondentementeal calo di fiori chiusi descritto sopra. Figura 3.10 (a=Coroncina; b=Lea); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar, Coroncina e Lea. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014 . Figura 3.11 (a=Maurino; b=Nostrale di Rigali); percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar, Maurino e Nostrale di Rigali. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. 188 Dalla fig. 3.13 (a) si può osservare che nella cultivar Maurino già in data 12/05/2014 il valore dei fiori chiusi è pari a 82,58% a causa che alla data di inizio dei rilievi, per questa cultivar la fioritura era già iniziata. Da questo momento in poi la curva dei fiori chiusi decresce velocemente fino al termine della fioritura. La percentuale dei fiori aperti invece, tocca il punto di massimo in data 16/05/2014 con un valore del 41,98% e termina in data 23/05/2014, evidenziando un periodo di fioritura piuttosto anticipato, rispetto alle altre cultivar. Anche in Nostrale di Rigali, nel rilievo del 12/05/2014 la fioritura era già iniziata fig. 3.13 (b); in questo caso si può notare che la percentuale di fiori aperti ha un incremento lento che raggiunge il valore massimo in data 19/05/2014, (46,11%), subito dopo Maurino. Da questo momento in poi il calo risulta piuttosto repentino. Figura 3.12 (a=Piantone di Falerone; b=Piantone di Mogliano): Percentuale dei fiori aperti e chiusi nelle cultivar Piantone di Falerone e Piantone di Mogliano. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. Nella cultivar Piantone di Falerone osservando la curva dei fiori chiusi, l‟inizio della fioritura si verificain data avanzata 19/05/2014 e da questo momento in poi segue un andamento caratterizzato da una rapida decrescita, mentre la curva dei fiori aperti raggiunge il punto di massimo, con un valore piuttosto limitato pari al 39,41% di fiori aperti in data 23/05/2014. Nel Piantone di Mogliano, la curva della percentuale dei fiori chiusi inizia a decrescere repentinamente dalla data 16/05/2014, per poi toccare un punto di minimo nel rilievo del 28/05/2014, (0,2%). La percentuale di 189 fiori aperti, manifesta un picco di fioritura evidente che tocca il valore di51,51% in data 21/05/2014. Figura 3.13 (Rosciola): Percentuale dei fiori aperti e chiusi nella cultivar Rosciola. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014. Dalla figura 3.15 si può osservare che nella cultivar Rosciola la durata della fioritura si protrae per un lungo intervallo di tempo; dal 14/05/2014, in cui inizia l‟incremento della curva della percentuale di fiori aperti, fino al rilievo del 26/05/2014. Il valore massimo raggiunge il 55,55% di fiori schiusi. La curva dei fiori chiusi presenta un calo rapido fino al 23/05/2014; da questa data in poi i valori si approssimano allo zero. 3.3.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE DEL RAMO SULLA FIORITURA In questo paragrafo viene descritto l‟andamento della fioritura, espresso come percentuale di fiori aperti e chiusi, in relazione alla posizione occupata dal ramo sulla 190 chioma rispetto al suolo e anche quella occupata dall‟infiorescenza rispetto l‟asse del ramo, che è stato ripartito nelle porzioni basale, mediana e distale. 3.3.1.1 CHIOMA Dalla figura 3.14 si può osservare che la massima percentuale di fiori aperti sia per i rami basali che distali si è verificata in data 23 maggio. Tuttavia nel periodo antecedente il picco di piena fioritura i valori di fiori aperti evidenziati dai rami basali sono stati tendenzialmente maggiori, con due differenze significative: la prima il 16 maggio, con valori percentuali di 12,41 contro 8,85 nel distale e la seconda in data 19 maggio con 21,20 (basale) e 16,03 (distale). Considerando il grafico (b), che riporta l‟andamento percentuale dei fiori chiusi nelle due posizioni sulla chioma, si può notare che in corrispondenza del primo rilievo (12 maggio), è stata riscontrata un differenza positiva a favore dei rami basali, che comunque è scomparsa velocemente, infatti i rami distale hanno mostrato valori significativamente maggiori dal 19 fino al 28 maggio. Figura 3.14: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in tutte le cultivar.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nei grafici seguenti verrà descritto il comportamento di ciascuna cultivar; partendo daArbequina si può osservare che l‟andamento dei fiori (figura 3.15) è simile a 191 quello descritto nella figura precedente, rimarcando una maggior presenza di fiori aperti nella posizione basale nel periodo antecedente il picco di massimo fioritura (a), mentre la percentuale di fiori chiusi è statisticamente maggiore nei rami distale dal 14 al 23 maggio. Figura 3.15: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Arbequina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Prendendo in esame la figura 3.16 è possibile notare che Ascolana dura ha mostrato una maggior percentuale di fiori aperti nei rami basali anche se in data 28 maggio i rami nella posizione distale hanno evidenziato un secondo picco di fioritura con un valore di fiori aperti significativamente superiore rispetto ai rami basali(15,41%contro 4,40%). Dalla figura (b), invece è possibile notare anche in questo caso la maggior percentuale di fiori chiusi nella posizione distale. Figura 3.16: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Ascolana dura.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date 192 comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Figura 3.17: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Carboncella.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Osservando la cultivar (figura 3.17; a-b) Carboncella si nota un solo punto con differenze statisticamente significative in data 26 maggio con 48,57% di fiori aperti nella posizione basale contro il 31,70% in quella distale. Anche nella cultivar Rosciola colli Esini(figura 3.18) non sono state riscontrate differenze significative riguardo la schiusura dei fiori nelle due posizioni considerate (a), mentre nel grafico (b) si nota una differenza significativa a favore dei rami distali al termine della fioritura, in data 26 maggio. Figura 3.18: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Rosciola colli Esini.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date 193 comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Figura 3.19: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Coroncina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). In figura 3.19 è possibile osservare che nella cultivar Coroncina i picchi di massima fioritura tra le due posizioni confrontate si sono verificati in due epoche diverse e rispettivamente pari al 19 maggio per i rami basali e 21 maggio per quelli distali. I valori in termini di percentuale di fiori aperti sono simili (basale 23,89 e distale 24,39). Inoltre tra i due trattamenti in corrispondenza del picco di massima fioritura si sono avute differenze statisticamente significative, (19 maggio basale 23,89% contro 7,70% distale e 21 maggio con 14,09% basale rispetto a 24,39% distale). Osservando invece l‟evoluzione percentuale dei fiori chiusi (b), i rami distali dal 16 maggio al 23 hanno sempre mostrato valori significativamente superiori. 194 Figura 3.20: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Lea.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nella cultivar Lea (figura 3.20; a), la percentuale dei fiori aperti in posizione distale mostra dei valori significativamente superiori nella fase finale della fioritura (26 maggio), con 41,20% distale contro 28,13% basale. Anche nel grafico (b), si può osservare che in data 21 e 23 maggio si è avuta una maggiore quantità di fiori chiusi nei rami distali. Prendendo in esame la cultivar Maurino (figura 3.21; a-b), tra le due posizioni all‟interno della chioma non sono state osservate differenze statisticamente significative, sebbene il picco di fiori aperti in posizione basale (16 maggio) sia risultato tendenzialmente maggiore rispetto a quello distale (45,89% rispetto a 37,02%). Figura 3.21: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Maurino.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). 195 Anche nel caso della Nostrale di Rigali (figura 3.22; a-b), non sono state riscontrate differenze significative tra le due posizioni, anche se nel grafico (a) è riscontrabile una tendenza dei rami in posizione basale a manifestare una maggior percentuale di fiori aperti. Figura 3.22: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Nostrale di Rigali.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Figura 3.23: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Piantone di Falerone.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014 .* indica differenze significative tra le medie secondo il test di Tukey (p=0,05). 196 Nelle figure3.23-3.24, è possibile osservare che nei Piantoni di Falerone e Moglianogli andamenti della fioritura nelle diverse posizioni della chioma risultano piuttosto simili, sebbene i valori percentuali e le epoche di fioritura siano diversi. Infatti per entrambi, la percentuale di fiori aperti nella posizione basale raggiunge il picco di massimo piuttosto velocemente a partire dall‟inizio della fioritura con valori significativamente superiori rispetto al confronto distale. Invece per la posizione distale il punto che corrisponde alla massima fioritura si verifica leggermente dopo e presenta valori più bassi che tuttavia in alcuni casi (26 maggio figura 3.23- a; 23 maggio figura 3.24- a) sono significativamente superiori rispetto ai valori riportati dai rami basali.Prendendo in considerazione i grafici in figura 3.23 (b), si può osservare che in entrambi i casi nelle posizioni distali si assiste ad unamaggiore presenza di fiori chiusi. Nelle date 21 e 23 maggio per Piantone di Falerone e 19 e 21 maggio per Piantone di Mogliano si evidenziano differenze significative. Figura 3.24: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Piantone di Mogliano.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Rosciola mostra a differenza di tutte le altre cultivar esaminate, il picco di massima fioritura nei rami della posizione distale (figura 3.25 - a), in data 21 maggio con valori percentuali di 63,94 contro il 49,12 della posizione basale. Nel grafico che riporta la percentuale dei fiori chiusi (b) non sono state riscontrate differenze 197 significative ad eccezione della data 16 maggio nella quale la posizione distale ha presentato un numero di fiori chiusi maggiore rispetto a quella basale. Figura 3.25: Andamento della fioritura in relazione alla posizione del ramo sulla chioma in Rosciola.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Ogni punto ottenuto è il risultato della media di 10 rami presi come campioni per ogni cultivar per le date comprese tra il 12/05/2014 e il 30/05/2014.* indica differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Commentando i grafici presentati in questo paragrafo è possibile evidenziare una maggiore presenza di fiori aperti nei rami della posizione basale della chioma per la maggior parte delle cultivar osservate. Coroncina ha mostrato valori simili in entrambe le posizioni mentre Rosciola ha presentato valori maggiori nella parte distale della chioma. Sulla scorta di queste informazioni sembra possibile affermare la presenza di un gradiente della fioritura tendenzialmente acropeto, che parte dalla posizione basale della chioma più prossima al suolo, per poi sviluppare verso la parte distale. 3.3.1.2 RAMO In figura (3.26; a-b) è possibile analizzare l‟andamento delle percentuali di fiori aperti e chiusi in base alla posizione dell‟infiorescenza sul ramo per tutte le cultivar. Nel grafico (a) è possibile notare come nella fase di inizio fioritura le infiorescenze della posizione medio-distale del ramo manifestino un maggior numero di fiori aperti (14 e 16 maggio). In data 19-21-23 maggio le differenze tra le porzioni del ramo sono scomparse per emergere nuovamente il 26 maggio, con un numero di fiori 198 aperti maggiore nelle porzioni medio-distali del ramo. Nel grafico (b) è possibile notare come inizialmente (14 maggio) la porzione basale presenti il maggio numero di fiori chiusi. Tuttavia già dal rilievo successivo le tre porzioni non manifestano più differenze significative fino ad arrivare al 21 e 23 maggio,quandosarà la porzione distale ha presentare il valore percentuale significativamente maggiore. Figura 3.26: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in tutte le cultivar.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). In Arbequina (figura 3.27; a-b) non sono state rilevate differenze significative circa l‟evoluzione della fioritura tranne che nelle date 14 e 16 maggio dove è stata la porzione distale a manifestare il numero maggiore di fiori aperti (a). Corrispondentemente, alle stesse date, nelle porzioni medio-basale si è avuto il numero maggiore di fiori chiusi (b). 199 Figura 3.27: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Arbequina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). In figura 3.28 (a) si può osservare che nella cultivar Ascolana dura la porzione distale manifesta un picco di fioritura posticipato rispetto alle altre porzioni del ramo, in data 26 maggio. Inoltre in questa data è possibile anche osservare una maggiore percentuale di fiori aperti statisticamente significativa proprio a favore della porzione distale. In figura 3.28 (b) invece, è possibile osservare delle differenze significative in data 21 e 23 maggio con un numero di fiori chiusi maggiore nella parte distale del ramo. Figura 3.28: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Ascolana dura.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). 200 Figura 3.29: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Carboncella.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nel grafico in figura 3.29 (a) si può osservare che in Carboncella la porzione distale del ramo ha evidenziato un maggior numero di fiori aperti in data 23 maggio (90,51%), mentre nella fase finale della fioritura (28 maggio) la porzione con più fiori aperti è stata quella basale (14,91%). Nel grafico (b) non si evidenziano differenze significative tranne cheil 23 maggio, in corrispondenza del picco di fioritura, con 32,44% di fiori chiusi nella parte basale del ramo. Figura 3.30: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Rosciola colli Esini.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nella cultivar Rosciola colli Esini (figura 3.30) non è stata riscontrata la presenza di infiorescenze nella porzione distale del ramo. Tuttavia in figura 3.30 (b), nella 201 porzione centrale del ramo si evidenzia un numero di fiori chiusi significativamente maggiore rispetto alla parte basale (23 e 28 maggio). Figura 3.31: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Coroncina.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nella figura 3.31 (a) è possibile notare, per la cultivar Coroncina, un numero percentuale di fiori aperti nella porzione distale pari a 6,62; 15,36 e 25,60 nelle date 14-16-19 maggio. Nelle date successive le porzioni medio-basale, a differenza di quella distale in cui i fiori aperti sono diminuiti rapidamente, hannomanifestato una percentuale di fiori aperti crescente che verosimilmente ha prolungato il periodo di fioritura. In figura 3.31 (b) la porzione basale ha manifestato un numero di fiori chiusi significativamente maggiore in tutto il periodo compreso tra il 14 maggio e il 21 maggio. Figura 3.32: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Lea.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). 202 Nel caso della cultivar Lea (figura 3.32; a-b) non sono state riscontrate differenze significative. Figura 3.33: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Maurino.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Come nel caso di Rosciola colli Esini, anche nel caso del Maurino (figura 3.33; a-b) non sono state riscontrate infiorescenze nella porzione distale del ramo; inoltre non si sono osservate differenze statisticamente significative tra le porzioni centrale e basale.Nella cultivar Nostrale di Rigali (figura 3.34 - a) nel periodo di inizio fioritura sono state osservate differenze significative per le date 12 -14 -16 maggio con percentuali rispettivamente del 18,45; 31,61 e 42,92. La porzione basale inoltre ha manifestato un picco di apertura dei fiori in data 21 maggio, posticipato di due giorni rispetto alle altre porzioni. Inoltre nelle date del 12-14-16 maggio la porzione basale ha manifestato un numero di fiori chiusi significativamente maggiore rispetto alla parte centrale. Questa situazione è stata osservata fino al 21 maggio. 203 Figura 3.34: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Nostrale di Rigali.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Figura 3.35: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Piantone di Falerone.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). In figura 3.35 si riporta l‟andamento della schiusura dei fiori in Piantone di Falerone. Anche in questo caso non è stata rinvenuta la presenza di infiorescenze nella parte distale del ramo. In (a) si mostra come la porzione centrale abbia raggiunto il picco di massima fioritura, sebbene non sono state evidenziate differenze significative con la porzione basale. In (b) nelle date 21 e 23 maggio la parte basale presentava un numero di fiori chiusi maggiore. 204 Figura 3.36: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Piantone di Mogliano.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Nella cultivar Piantone di Mogliano (figura 3.36-a) in data 19 maggio la porzione distale del ramo ha mostrato un picco di fiori aperti significativamente maggiore dei valori delle porzioni medio-basale. Nelle altre date non sono state individuate ulteriori differenze significative. Tuttavia il valore massimo di fiori schiusi si è avuto il 21 maggio nella porzione basale del ramo, con un valore di 55,50%. Nel grafico in figura 3.36-b, laporzione distale ha mantenuto un numero di fiori chiusi inferiore rispetto alle porzioni medio-basale, tuttavia le differenze sono risultate statisticamente significative solo per la data 19 maggio. In figura 3.37 è riportato l‟andamento della fioritura nelle diverse porzioni del ramo per la cultivar Rosciola. Anche per questa cultivar non si sono osservate infiorescenze nella parte distale del ramo, inoltre nelle restanti porzioni non sono state individuate differenze significative. 205 Figura 3.37: Andamento della fioritura in relazione alla posizione delle infiorescenze lungo il ramo in Rosciola.a = percentuale di fiori aperti; b = percentuale di fiori chiusi. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni data, secondo il test di Tukey (p=0,05). Dai grafici descritti in questo paragrafo è possibile notare che il processo di fioritura, espresso come percentuale di fiori aperti lungo l‟asse del ramo misto, sembra iniziare dalle porzioni centrale e distale(figura 3.26). All‟approssimarsi della piena fioritura le differenze tra le tre porzioni tendono a ridursi sebbene la porzione distale tende ad evidenziare una più alta presenza di fiori aperti. Infine èla porzione basale che sembra manifestare per tutta la durata della fioritura, una percentuale di fiori aperti tendenzialmente più bassa.Questo comportamento in generale permette di ipotizzare un‟evoluzione del processo di fioritura che inizia a partire dalle infiorescenze poste nella parte centrale del ramo per poi coinvolgere in misura maggiore anche quelle nella porzione distale. Le infiorescenze poste nella parte basale sembrano rivestire una minore importanza, per il minor contributo in termini di fiori aperti, offerto all‟intero processo. Tuttavia prendendo in considerazione le singole cultivar è possibile distinguere diversi comportamenti: in Coroncina, Piantone di Mogliano e Carboncella il processo di fioritura si avvia a partire dalla porzione distale del ramo; invece in Maurino, Rosciola colli Esini, Piantone di Falerone e Rosciola, la porzione distale del ramo non ha mostrato la presenza di fiori. Osservando questi grafici in relazione a quanto riportato in figura 3.5 a-b., è possibile notare che nella porzione basale a fronte di una maggior percentuale di infiorescenze e bottoni fiorali differenziati, tendenzialmente corrisponde una minor presenza di fiori aperti. Nelle porzioni centrale e distale invece corrisponde un maggior numero di fiori schiusi, benché il numero di bottoni sia inferiore. Quindi sembra possibile poter affermare in base ai dati disponibili, che pur essendo presenti nella parte basale del ramo misto un 206 numero maggiore di infiorescenze e di bottoni fiorali,la posizione dell‟infiorescenza sul ramo influenzi il processo di fioritura. Infatti sembra che la schiusura dei fiori nelle infiorescenze poste nella porzione centrale e distale sia favorita, rispetto alla schiusura dei fiori nella porzione basale. 3.3.2 FENOLOGIA Fenogramma . inizio fioritura piena fioritura fine fioritura Ascolana dura Rosciola Colli Esini Rosciola Piantone di Falerone Nostrale di Rigali Lea Maurino Coroncina Carboncella Piantone di Mogliano Arbequina 1/5 6/5 11/5 16/5 21/5 26/5 31/5 5/6 10/6 Epoca Figura 3.38:Fenogramma; epoche di fioritura per ogni cultivar. Costruite con l’utilizzo delle fasi 61, 65 e 68 della scala fenologica BBCH. Ogni barra corrisponde alla durata in giorni. Sono state determinate le diverse epoche di fioritura per ogni cultivar per la stagione 2014, in riferimento alla scala fenologica BBCH, utilizzando le fasi corrispondenti alla piena fioritura (dalla fase 61 alla fase 68). Dall‟osservazione dalla figura 3.38,si può notare chetrale cultivar studiate esiste una potenziale sovrapposizione dei periodi di fioritura ai fini dell‟impollinazione incrociata. Le cultivar Ascolana dura, Rosciola Colli Esini, Piantone di Falerone e Lea raggiungono contemporaneamente la fase 61, ovvero l‟inizio della piena fioritura (10 % di fiori aperti per infiorescenza), in data 23/05/2014. I periodi delle cultivar Ascolana dura e Rosciola Colli Esini e Lea si sovrappongono dato che entrambe 207 hanno una durata di tre giorni, mentre il Piantone di Falerone mostra una lunghezza del periodo di fine fioritura maggiore (5 giorni). L‟epoca di fioritura di Lea si sovrappone a quella diCarboncella per tre giorni, e a quella della Coroncina per due. Coroncina e Carboncella, insieme a Piantone di Mogliano e Arbequina hanno iniziato la fase di piena fioritura il 21/05/2014. Un altro gruppo di cultivar che mostrano sovrapposizione dell‟epoca di fioritura è rappresentato da Maurino, Nostrale di Rigali e Rosciola, nonostante manifestino in seguito, una durata diversa. Infatti, Maurino raggiunge la fase fenologica 61 (inizio fioritura) il 16/05/2014, Nostrale di Rigali il 19/05/2014 e Rosciola il 21/05/2014. Inoltre, la cultivar che presenta una durata maggiore della piena fioritura è Carboncella con un intervallo di 7 giorni. 3.3.2.1 CHIOMA In questo paragrafo è riportata è riportato l‟andamento delle diverse fenofasi, confrontando le date in cui ognuna di esse si è manifestata nelle due posizioni dei rami sulla chioma. In figura 3.39 a, è possibile osservare l‟andamento delle fenofasi per tutte le cultivar analizzate. Tra le due posizioni non sono stati evidenziati scostamenti temporali significativi, se non nella fase 55. Considerando singolarmente le cultivar è possibile osservare dei comportamenti diversificati. In Rosciola (figura 3.39 b) non è stata riscontrata la presenza di differenze significative, sebbene la fenofase 60 si sia manifestata con un leggero ritardo nella posizione basale rispetto a quella distale. 208 Figura 3.39: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= tutte le cultivar; b= Rosciola. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). Nella cultivar Arbequina (figura 3.40 a), durante le prime tre fenofasi sono state riscontrate delle differenze significative, con i rami della posizione distale che hanno manifestato un ritardo rispetto a quelli della posizione basale rispettivamente pari a 0,85; 2,05 e 1,60 giorni. Successivamente nella fase di inizio caduta petali (68), si è riscontrata una ulteriore differenza significativa, con un epoca della posizione distale ancora posticipata rispetto a quella basale. In Ascolana dura (figura 3.40 b), sono state evidenziate due differenze significative per le fasi di schiusura dei fiori (55) e inizio fioritura (61), con un posticipo dei rami in posizione distale pari a 0,76 e 2,84 giorni. Non sono state rilevate infiorescenze per la fase 60, corrispondente al primo fiore aperto nella posizione distale. Figura 3.40: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= Arbequina; b= Ascolana dura. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). In figura 3.41 a, è riportata l‟evoluzione della fenologia fiorale in Carboncella, in cui non sono state osservate differenze statisticamente significative; in figura 3.41 b, è descritto invece il comportamento della cultivar Rosciola colli Esini, in cui per la fase di inizio fioritura è stata osservata un posticipazione di 1,73 giorni nei rami distali. 209 Figura 3.41: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= Carboncella; b= Rosciola colli Esini. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). In Coroncina (figura 3.42 a), è stata osservata una evoluzione della fenologia fiorale diversisificata tra le due posizioni. Per le fasi 55, 60 e 61 il divario tra i rami delle due posizioni è stato di 0,85; 2,52 e 1,30 giorni. Inoltre una ulteriore differenza significativa è stata osservata nella fase 68 con un ritardo dei rami distali di 1,68 giorni. In figura 3.42 b, è descritta l‟evoluzione fenologica per Lea. Per le fasi di inizio (61) e piena fioritura (65), anche in questa cultivar le infiorescenze dei rami in posizione distale hanno evidenziato un ritardo significativo rispetto a quelle basali. Figura 3.42: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= Coroncina; b= Lea. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). 210 In figura 3.43 a-b, sono descritte le cultivar Maurino e Nostrale di Rigali. In entrambi i casi gli andamenti fenologici dei rami nelle due posizioni non hanno manifestato divergenze significative. Figura 3.43: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= Maurino; b= Nostrale di Rigali. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). Descrivendo le cultivar Piantone di Falerone (figura 3.44 a) e Piantone di Mogliano (figura 3.44 b), nella fase di piena fioritura per entrambe è stato osservato uno scostamento tra le due posizioni, con un ritardo dei rami distali rispettivamente di 1,62 e 0,93 giorni. Inoltre Piantone di Falerone è l‟unica cultivar che ha manifestato una differenzasignificativa nella fase di fine fioritura (69). Figura 3.44: Evoluzione fenologica della fioritura sul ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione sulla chioma.a= Piantone di Falerone; b= Piantone di Mogliano. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. * indica differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). 211 Discutendo i risultati presentati in questo paragrafo, in generale (figura 3.23 a) è possibile notare che non sono state riscontrate differenze significative circa l‟evoluzione della fenologia della fioritura tra i rami delle due posizioni a confronto. Tuttavia prendendo singolarmente in esame le cultivar è stato possibile individuare dei casi (Arbequina e Coroncina) in cui nella posizione distale della chioma tutte le fasi iniziali del processo di fioritura (55-60-61)si sono manifestate con un ritardo significativo rispetto alla posizione basale. Nelle altre cultivar non sono state evidenziate differenze significative; tuttavia in alcune cultivar (Rosciola colli Esini, Ascolana dura, Lea) l‟inizio della fioritura (61) è avvenuto con un leggero ritardo nella posizione distale della chioma. In Piantone di Falerone e di Mogliano è stata invece la piena fioritura (65) a manifestarsi in posticipo nelle infiorescenze dei rami distali.Sembra quindi possibile ipotizzare una tendenza, almeno per alcune cultivar e nelle attuali condizioni sperimentali, che manifesta un gradiente ascendente nell‟evoluzione fenologica della fioritura a livello dell‟intera chioma. Infatti completata la distensione delle infiorescenze, i rami della posizione basale tenderebbero ad avviare il processo di fioritura con qualche giorno di anticipo rispetto a quelli della parte di chioma sovrastante. Tuttavia nella maggior parte delle cultivar osservate tali differenze sembrano ridotte a singole fasi, evidenziando uno sviluppo omogeneo dell‟intero processo di fioritura. 3.3.2.2 RAMO In questo paragrafo viene presa in esame l‟evoluzione fenologica della fioritura lungo l‟asse del ramo misto, ripartito nelle porzioni basale, centrale e distale. In figura 3.45 a, è rappresentata l‟evoluzione fenologica del ramo per tutte le cultivar osservate. È possibile evidenziare delle differenze significative per tutte le fasi fenologiche tranne che per la caduta dei petali (fase 68). In particolare la porzione distale del ramo ha manifestato un‟epoca di schiusura dei bottoni fiorali (0,53 giorni dal centrale e 0,54 giorni dal basale), di piena fioritura (1,18 giorni dal centrale e 1,03 giorni dal basale) e di fine fioritura (0,61 giorni dal centrale e 0,70 giorni dal 212 basale) posticipate, rispetto alle porzioni centrale e basale. A causa della difficoltà di distinguere il momento preciso in cui si è verificata la fase 60 è stata determinata una data giuliana leggermente avanzata (138,59) rispetto a quella in cui si è verificata la fase successiva (137,79). Questo inconveniente è stato incontrato anche in altri casi, analizzando singolarmente le diverse cultivar in prova. Nella figura 3.45 b, è riportata l‟evoluzione fenologica per la cultivar Rosciola. È possibile notare l‟assenza di infiorescenze nel tratto distale del ramo. Inoltre nelle porzioni restanti non sono state rilevate differenze significative, tranne per la fase 68 (caduta petali) che nella porzione centrale si è verificata 1,37 giorni dopo rispetto alla basale. Figura 3.45: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= tutte le cultivar; b= Rosciola. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05). Nella cultivar Arbequina (figura 3.46 a) la porzione distale ha raggiunto la schiusura dei bottoni fiorali 1,22 giorni prima della basale e 1,48 giorni dalla centrale. Anche l‟inizio della fioritura (61) è avvenuto a partire dalla porzione distale con 1,64 e 1,57 giorni di anticipo rispetto alle parti centrale e basale. Nella porzione distale di Ascolana dura invece, tutte le fenofasisi sono verificatetendenzialmente dopo rispetto al resto del ramo, raggiungendo differenze significative nella fase di piena e di fine fioritura. 213 Figura 3.46: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Arbequina; b= Ascolana dura. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05). In figura 3.47 a, si può osservare il comportamento di Carboncella. Le uniche differenze significative si sono rinvenute alla schiusura dei bottoni (55) e al primo fiore aperto (60). Tuttavia anche in questo caso non è stato possibile individuare con precisione la fase 60, con il risultato che la data relativa alla porzione basale risulta posticipata rispetto alla fase 61 per la stessa porzione. In figura 3.47 b, è rappresentata Rosciola colli Esini. Anche in questa cultivar non è stata rinvenuta la presenza di infiorescenze nella parte distale del ramo. Inoltre nella fase di piena fioritura (65), è stata riscontrata un differenza significativa con la porzione centrale leggermente indietro (1,09 giorni) rispetto alla basale. Figura 3.47: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Carboncella; b= Rosciola colli Esini. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. 214 Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). In Coroncina (figura 3.48 a) sono state osservate tre differenze significative. Le fasi in cui si sono verificate sono state:schiusura dei bottoni (55), inizio fioritura (61) e caduta petali (68). In quest‟ultimo caso la porzione distale del ramo ha manifestato un‟anticipo di 2,54 giorni dalla centrale e 3,09 giorni dalla basale. Lea (figura 3.48 b) non ha riportato differenze significative. Inoltre per questa cultivar non sono state osservate infiorescenze nella fase fenologica di inizio fioritura nella porzione distale. Figura 3.48: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Coroncina; b= Lea. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-KruskalWallis, (p=0,05). Anche in Maurino (figura 3.49 a) non sono state osservate differenze significative. In figura 3.49 b, viene descritta l‟evoluzione fenologica della Nostrale di Rigali, dove nelle fasi di inizio (61) e piena fioritura (65) si osserva una ritardo delle infiorescenze presenti nella porzione basale del ramo. 215 Figura 3.49: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Maurino; b= Nostrale di Rigali. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di WilcoxonKruskal-Wallis, (p=0,05). In figura 3.50 a è descritta l‟evoluzione fenologica del Piantone di Falerone. In quetsa cultivar si nota l‟assenza di infiorescenze nella porzione distale del ramo, inoltre non sono state osservate differenze statisticamente significative tra le porzioni centrale e basale. Nellacultivar Piantone di Mogliano (3.50 b), nelle fasi di primo fiore aperto (60), inizio (61) e piena fioritura (65) sono state verificate differenze significative tra le porzioni. Non sono state osservate infiorescenze nella fase fenologica di primo fiore aperto nella porzione distale del ramo. Inoltre le fasi inizio fioritura e piena fioritura sono risultate con 1,79 e 0,93 giorni di anticipo rispetto alla porzione centrale e 1,56 e 1,3 giorni di anticipo rispetto a quella basale. Figura 3.50: Evoluzione fenologica della fioritura lungo il ramo, secondo le fasi della scala BBCH, in relazione alla posizione dell’infiorescenza.a= Piantone di Falerone; b= Piantone di Mogliano. Ogni punto corrisponde al valore medio di infiorescenze che ha raggiunto ciascuna 216 fenofase. Lettere diverse indicano differenze significative tra le medie per ogni fase, secondo il test di Wilcoxon-Kruskal-Wallis, (p=0,05). Commentando i grafici riportati in questo paragrafo sembra possibile affermare l‟esistenza di una scalaritànel processo di fioritura che coinvolge in particolare le porzioni distale e basale del ramo. Partendo dalla (figura 3.45 a), la schiusura dei bottoni fiorali si manifesta prima nelle porzioni centrale e basale del germoglio. Le fasi successive di apertura del primo fiore e di inizio fioritura procedono dalle porzioni centrale e distale. Infine sono nuovamente le porzioni basale e centrale ad evidenziare un anticipo nell‟espressione della fase di piena e di fine fioritura. Sembra quindi che il processo di fioritura presenti un gradiente che parte dalla porzione basale del ramo verso quella distale; inoltre sembra ripetersi per due volte nell‟arco dell‟intero processo di fioritura: la prima volta si verifica dalla fase di schiusura dei bottoni fino all‟inizio dellafioritura mentre la seconda volta dalla piena fioritura fino alla fine dell‟intero processo. Tuttavia considerando singolarmente le cultivar è possibile riscontrare dei comportamenti diversi: in Arbequina, Coroncina e Piantone di Mogliano è sempre la porzione distale del ramo ad anticipare le altre, fin dalle prime fasi della fioritura, evidenziando quindi un gradiente verso il basso dell‟intero processo. D‟altro lato altre cultivar (Lea, Maurino, Piantone di Falerone) non mostrano affatto differenze significative tra le porzioni del ramo, per tutta la durata della fioritura. 217 3.4 ALLEGAGIONE In questa parte sarà brevemente descritta l‟allegagione, in relazione alla posizione del ramo sulla chioma, tra le diverse cultivar e sul ramo. 3.4.1 CHIOMA 3.4.1.1 EFFETTO DELLA POSIZIONE Sono stati valutati i frutti allegati lungo i germogli per ogni cultivar presente nel campo sperimentale. Tabella 3.2: Numero di frutti allegati; confronto tra varietà per ciascuna posizione all’interno della chioma. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie (± err. std) secondo il test Tukey (p=0.05). cultivar Posizione sulla chioma basale distale Arbequina 1,3 ±0,1 b 1,8 ±0,2 a Ascolana dura 1,2 ±0,1 b 1,3 ±0,2 a Carboncella 1,6 ±0,1 b 1,5 ±0,1 a Esini 1,4 ±0,1 b 1,7 ±0,5 a Coroncina 1,2 ±0,1 b 1,5 ±0,1 a Lea 1,1 ±0,1 b 1,0 ±0 a Maurino 1,2 ±0,1 b 1,8 ±0,2 a Nostrale di rigali 1,6 ±0,2 b 1,5 ±0,2 a 1,5 ±0,1 b 1,2 ±0,1 a 3,1 ±0,7 a 1,8 ±0,1 a Rosciola colli Piantone di Falerone Piantone di Mogliano 218 Rosciola 1,1 ±0,05 b Da i risultati della tabella 3.2 è emerso che sia la posizione basale sulla chioma che quella distale, presentano delle differenze statisticamente significative tra le cultivar. Quella che mostra un più alto numero di frutti nella posizione basale, è il Piantone di Mogliano con un valore pari a 1,1±0,3. D‟altra parteAscolana dura è la cultivar che riporta i valori più bassi rispetto alle altre varietà (0,2±0,1) e mantiene lo stesso posizionamento anche nel confronto tra i rami della posizione distale (0,1±0,1), dove Carboncella e Arbequina registrano un numero elevato di frutti allegati, rispettivamente pari a 0,7 (±0,1) e 0,7 (±0,2). Infine nella parte distale Rosciola, non presenta alcun frutto allegato.Dalla figura 3.51 si può notare che dal confronto delle posizioni basale e distale sulla chioma, il numero dei frutti allegati presenta delle differenze significative solo per le cultivar Lea e Rosciola. Piantone di Mogliano registra un numero elevato di frutti allegati nella parte basale (1,1), mentre nella porzione distale presenta un valore medio di 1,3 frutti. Lea invece presenta un numero basso di frutti allegati pari a 0,06 nella porzione distale, mentre Ascolana dura riporta valori bassi, rispettivamente di 0,2 e 0,1 frutti, in entrambe le posizioni considerate. 219 * * Figura 3.51: Numero di frutti allegati; confronto tra le due porzioni (basale e distale) all’interno di ciascuna cultivar. Il simbolo * indica differenze significative tra le medie secondo il test t di Student (p=0.05). 3.4.2 RAMO È stata valutata l‟allegagione espressa in termini percentuali lungo l‟asse del germoglio per ogni cultivar. Dalla figura 3.52si può osservare comeper la gran parte delle cultivar le differenze non siano risultate significative. Solo Piantone di Mogliano ha mostrato valori di allegagione significativamente superiori con il 9,5% di frutti allegati, mentre le varietà Ascolana dura, Lea e Rosciola statisticamente simili, sono quelle che hanno registrato i valori di allegagione più bassi, pari circa ad 1%. 220 a b b ab b bc c bc c bc c Figura 3.52: Percentuale di allegagione; distribuzione dei frutti allegati lungo il ramo. Confronto tra cultivar. Lettere differenti indicano differenze significative tra le medie secondo il test t di Student (p=0.05). 221 CONCLUSIONI L‟infiorescenza dell‟olivo è un racemo formato da un asse principale sul quale sono inseriti ortogonalmente da 1 a 4assi secondari. Sugli assi secondari si inseriscono altri assi di terzo ordine su cui sono collocati i fiori (Fiorino et al., 2011). Le caratteristiche dei fiori, come la struttura, la dimensione, il numero e la distribuzione nella mignola, sono determinate geneticamente. Infatti, il numero dei fiori varia da 10-12 a 30 e appare diverso per ogni cultivar.All‟interno dell‟infiorescenza, i fiori possono essere di tre tipi: ermafroditi (perfetti), staminiferi (fiori a funzione maschile) e pistilliferi (fiori a funzione femminile). Sembra che la formazione delle mignole all‟interno della pianta sia scalare, senza seguire ordini precisi (Fiorino et al., 2011). All‟interno dello stesso albero, le caratteristiche delle infiorescenze e dei fiori possono presentare delle variazioni, infatti quelle presenti nella porzione distale del germoglio sono generalmente più corte, inoltre nell‟estremità prossimale oltre ad essere corte sviluppano anche meno fiori (Lavee et al., 1996). La classificazione dei vari stadi della fioritura, a livello internazionale, avviene sulla base della scala fenologica BBCH, (Rojo&Pèrez-Badia, 2014), che individua diverse fasi: inizio fioritura, in cui dal 10% al 50% dei fiori sono aperti (BBCH phase 61); piena fioritura, in cui almeno il 50% dei fiori è aperto (BBCH phase 65);caduta dei primi petali (BBCH phase 68);fine fioritura con caduta di tutti i petali e degli ovari non fecondati (BBCH phase 69). I fattori geografici come l‟altitudine e la localizzazione topografica possono comportare cambiamenti significativi nelle condizioni climatiche (Tang e Fang, 2006) che determinano lo sviluppo fenologico (Ziello et al., 2009; Davi et al., 2011). L‟epoca può variare nello stesso ambiente tra le diverse cultivar anche di 3-4 settimane e questo processo viene identificato come scalarità di fioritura. La conoscenza della fenologia della fioritura, a livello della singola pianta, e dell‟influenza della topografia e dell‟esposizione della chioma sull‟inizio e sulla durata delle diverse fenofasi può risultare particolarmente utile all‟ottimizzazione e alla selezione di diverse pratiche colturali, come la potatura, l‟irrigazione e la fertilizzazione (Chmielewski, 2003; Garcìa-Mozo, 2011).La vitalità e la dimensione delle infiorescenze e la fioritura possono essere influenzati dall‟entità dei livelli di fruttificazione dell‟albero nella stagione precedente e dalla localizzazione del 222 germoglio(Laveeet al.,1996; Rallo et al., 1999); sembra plausibile pensare che l‟effetto dei frutti in accrescimento, sulla riduzione del livello di differenziazione nell‟anno successivo, sia dovuto a segnali regolatori, prodotti dagli embrioni in fase di sviluppo. Un altro fattore determinate sulla qualità della fioritura è il patrimonio genetico di una cultivar, (Moreno-Alias et al., 2013). Il processo di fioritura, la sua durata e l‟epoca di inizio fioritura, che caratterizza le diverse cultivar, dipendono anche da fattori ambientali. Cosi come per le specie tipiche delle zone temperate, anche nel caso dell‟olivo la temperatura sembra essere il fattore esogeno maggiormente influente sull‟epoca di fioritura (Alcalà e Barranco 1992; Osborne et al., 2000; Schwartz 2003; Galànet al., 2005). Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che anche altri fattori, come ad esempio la superficie fogliare (Wesley et al., 1964; Sayedet al., 1972) e il fotoperiodo, sono in grado di esercitare un effetto sull‟epoca di fioritura, sebbene con un‟efficacia minore rispetto alla temperatura (De Melo-Abreuet al., 2004; Galànet al., 2005). Anche le pratiche colturali possono influenzare il tasso di fioritura, in particolare quando riescono a migliorare la sintesi e la ripartizione degli assimilati nella pianta (Proietti, 2003).L‟impollinazione e la successiva fase di fecondazione rappresentano la seconda parte del ciclo biologico.L‟olivo è una specie anemofila dato che l‟impollinazione avviene mediante il trasporto del vento. Il polline riesce a raggiungere distanze notevoli grazie alla forza del vento ed è stato ritrovato anche ad oltre 7 km dalla pianta (Lavee et al., 1996; Martins et al., 2006).Questa specie è considerata tendenzialmente allogama, in quanto, per la formazione del frutto, preferisce o necessita di un„impollinazione incrociata tra le cultivar.Il polline si libera con 1-2 giorni di ritardo rispetto alla schiusura del fiore, e, quando è maturo, le due antere si aprono longitudinalmente liberandolo nell‟ambiente. Questo avviene nelle ore più calde e più secche della giornata; al contrario, nelle ore umide o in ambienti poco ventilati, il polline rimane agglutinato, cadendo in piccoli ammassi sulle foglie sottostanti fino al suolo.Esso raggiunge lo stigma dell‟ovario e, se viene riconosciuto, dà avvio ad un processo che porta alle fecondazione e quindi alla formazione di un nuovo individuo (Angelini, 2009). L‟autoimpollinazione nell‟olivo è determinata da caratteristiche genetiche che possono essere espresse o meno, anche in base alle condizioni climatiche e di crescita. Infatti, alcune varietà, autosterili se 223 allevate in determinati ambienti, si sono dimostrate autofertili in altre zone (Laveeet al, 1996). L‟allegagione viene definita come il passaggio dal fiore al frutto ed inizia con la formazione dello zigote. La sua entità viene espressa come percentuale di frutti formati rispetto al numero totale dei fiori fecondati (Fiorino et al., 2011).Le percentuali di allegagione oscillano tra l‟1 e il 10% in funzione dell‟andamento stagionale e delle cultivar. Di questa percentuale, soltanto l‟1-2% arriva a completa maturazione. Al momento dell‟allegagione, si assiste anche alla caduta dei fiori imperfetti e non fecondati, a cui segue quella dei giovani frutti meno competitivi, il tutto accade nell‟arco di 1-2 settimane (Fiorino et al., 2011). Molti studi mostrano che il tasso di allegagione aumenta proporzionalmente alla riduzione artificiale del numero di fiori, assicurando un numero di frutti simile alle piante non diradate (Suarez et al., 1984; Rallo and Fernandez-Escobàr, 1985; Lavee et al., 1996; 1999). Rugini e Pannelli (1993), hanno dimostrato come il tasso di allegagione incrementi quando la crescita del germoglio viene rallentata, sia chimicamente che meccanicamente, supportando l‟ipotesi che l‟allegagione soggiaccia a meccanismi di tipo competitivo. Il principale fattore di controllo in grado di incidere sull‟allegagione è di tipo genetico ed è dovuto alle differenze tra le cultivar a frutto piccolo e quelle a frutto grande. Questo lavoro di sperimentazione si pone come obiettivo di analizzare la scalarità di fioritura tra 11 cultivar allevate nelle condizioni dell‟alta densità e di individuare le cultivar idonee per essere usate in combinazione negli impianti. La scalarità e le diverse fasi fenologiche saranno valutate anche in posizioni diverse della chioma e del germoglio all‟interno della stessa pianta, per verificare la presenza di un gradiente di fioritura sia a livello di chioma che di singolo ramo.La sperimentazione è stata effettuata nell‟oliveto ad alta densità, sito nell‟azienda didattico-sperimentale “P.Rosati” ad Agugliano (AN), su 1 cultivar spagnola, Arequina e su 10 cultivar autoctone marchigiane; Ascolana dura, Piantone di Mogliano, Piantone di Falerone, Rosicola, Rosciola Colli Esini, Maurino, Coroncina, Carboncella, Lea e Nostrale di Rigali. Sono stati effettuati rilievi durante tutto il periodo di fioritura al fine di valutare l‟andamento della fioritura nel tempo. Al fine di descrivere la scalarità di fioritura tra cultivar, è stato determinato il numero di infiorescenze nelle due porzione delle pianta, basale e distale. L‟Ascolana dura, da come si osserva dalla tabella 3.1 presenta un numero elevato di infiorescenze nella 224 parte basale (41,2 ± 2,9), mentre la cultivar Arbequina registra un alto numero di infiorescenze nella parte distale (32,2 ± 1,8). Questo è dovuto al fatto che l‟Arbequina al momento dell‟impianto aveva 8 mesi di età e pertanto non hanno terminato la loro crescita a livello di architettura e i germogli presenti nella parte distale, essendo soggetti all‟azione diretta della luce, presentano maggiori fiori aperti. Nonostante l‟elevata produzione di fiori, dai risultati, è emerso che Lea e Ascolana dura hanno elevate percentuali di fiori sterili (figura 3.6) a causa del loro patrimonio genetico, di conseguenza è stato riscontrato che in entrambe le cultivar la percentuale di allegagione è bassa (1,5%). Da quanto emerso dalla figura 3.16, la maggior percentuale di frutti allegati sono stati registrati per la cultivar Piantone di Mogliano, e dalla tabella 3.2 si può confermare che la suddetta varietà, sia nella porzione basale che in quella distale, registra un numero elevato di frutti allegati, rispettivamente con valori pari a (1,1±0,3) e (1,3±0,1). La distribuzione dei rami anticipati e delle infiorescenze evidenzia che i rami anticipati tendono a sviluppare in misura maggiore nelle porzioni centrale e distale del ramo misto, mentre le infiorescenze tendono ad essere più numerose nella parte centro-basale. Dall‟analisi è emerso che la curva della percentuale di fiori chiusi segue un decremento lento fino al rilievo effettuato il 23 maggio, in cui si ha il picco massimo i fiori aperti (30%). A questa data corrisponde il periodo di piena fioritura, (figura 3.7). I risultati ottenuti dal presente lavoro, mostrano che l‟andamento della fioritura varia a seconda delle cultivar, infatti è stato riscontrato che nelle varietà come Ascolana dura, Rosciola Colli Esini, Lea e Carboncella l‟inizio della fioritura si protrae alla data 21 maggio. D‟altro lato in figura 3.11 si osserva che le cultivar Maurino e Nostrali di Rigali al rilievo del 12 maggio, si trovavano già all‟inizio della fioritura. Il grafico in figura 3.14 evidenzia una maggiore presenza di fiori aperti nei rami della posizione basale della chioma. Sembra possibile affermare la presenza di un gradiente della fioritura tendenzialmente acropeto, che parte dalla posizione basale della chioma più prossima al suolo, per poi sviluppare verso la parte distale. Il processo di fioritura, espresso come percentuale di fiori aperti lungo l‟asse del ramo misto, sembra iniziare dalle porzioni centrale e distale (figura 3.26). All‟approssimarsi della piena fioritura le differenze tra le tre porzioni tendono a ridursi sebbene la porzione distale tende ad evidenziare una più alta presenza di fiori aperti. Infine è la porzione basale che 225 sembra manifestare per tutta la durata della fioritura, una percentuale di fiori aperti tendenzialmente più bassa. Questo comportamento in generale permette di ipotizzare un‟evoluzione del processo di fioritura che inizia a partire dalle infiorescenze poste nella parte centrale del ramo per poi coinvolgere in misura maggiore anche quelle nella porzione distale. Le infiorescenze poste nella parte basale sembrano rivestire una minore importanza, per il minor contributo in termini di fiori aperti, offerto all‟intero processo. Tuttavia prendendo in considerazione le singole cultivar è possibile distinguere diversi comportamenti. Rapportando queste considerazioni a quanto riportato in figura 3.5 a-b., è possibile notare che nella porzione basale a fronte di una maggior percentuale di infiorescenze e bottoni fiorali differenziati, tendenzialmente corrisponde una minor presenza di fiori aperti. Nelle porzioni centrale e distale invece corrisponde un maggior numero di fiori schiusi, benché il numero di bottoni sia inferiore. Quindi sembra possibile poter affermare in base ai dati disponibili, che pur essendo presenti nella parte basale del ramo misto un numero maggiore di infiorescenze e di bottoni fiorali, la posizione dell‟infiorescenza sul ramo influenzi il processo di fioritura. Infatti sembra che la schiusura dei fiori nelle infiorescenze poste nella porzione centrale e distale sia favorita, rispetto alla schiusura dei fiori nella porzione basale, lasciando ipotizzare un possibile vantaggio di posizione. Con la determinazione delle fasi fenologiche, sulla base delle scala BBCH, si è potuto costruire un fenogramma per la stagione 2014. Dalla figura 3.38 si può osservare la sovrapposizione delle fasi di fioritura delle cultivar. Dalle 11 cultivar analizzate nel presente tesi, si possono riconoscere tre gruppi di compatibilità utili per eventuali combinazioni di incroci al fine di incrementare l‟impollinazione nell‟oliveto. Non sono state riscontrate differenze significative circa l‟evoluzione della fenologia della fioritura tra i rami delle due posizioni a confronto. Tuttavia prendendo singolarmente in esame le cultivar è stato possibile individuare dei casi in cui nella posizione distale della chioma tutte le fasi iniziali del processo di fioritura (55-60-61) si sono manifestate con un ritardo significativo rispetto alla posizione basale, lasciando ipotizzare una tendenza, almeno per alcune cultivar e nelle attuali condizioni sperimentali, che manifesta un gradiente ascendente nell‟evoluzione fenologica della fioritura a livello dell‟intera chioma. Completata la distensione delle infiorescenze, i rami della posizione basale tenderebbero ad avviare 226 il processo di fioritura con qualche giorno di anticipo rispetto a quelli della parte di chioma sovrastante. Tuttavia nella maggior parte delle cultivar osservate tali differenze sembrano ridotte a singole fasi, evidenziando uno sviluppo omogeneo dell‟intero processo di fioritura. L‟evoluzione fenologica del processo di fioritura coinvolge in particolare le porzioni distale e basale del ramo. Partendo dalla (figura 3.45 a), la schiusura dei bottoni fiorali si manifesta prima nelle porzioni centrale e basale del germoglio. Le fasi successive di apertura del primo fiore e di inizio fioritura procedono dalle porzioni centrale e distale. Infine sono nuovamente le porzioni basale e centrale ad evidenziare un anticipo nell‟espressione della fase di piena e di fine fioritura. In conclusione sembra possibile evidenziare chele zone più fertili del ramo misto di olivo sono quelle centrali e basali; tuttaviale infiorescenze nelle posizioni centrale e distale sembrano occupare una posizione di vantaggio nella sequenzialità delle fasi che compongono il processo di fioritura. Ciò potrebbe essere dovuto alla maggior influenza esercitata dall‟azione diretta della luce, in quanto tali infiorescenze occupano una posizione più esterna rispetto al centro della chioma. Considerando invece la direzionalità del processo di fioritura a livello della chioma sembra che siano i rami nella posizione basale a manifestare per primi l‟avvio della fioritura. Ciò potrebbe essere in qualche modo legato all‟età del ramo misto oppure al momento della sua formazione nel corso della stagione precedente. 227 RINGRAZIAMENTI Desidero rivolgere un pensiero particolare a tutti coloro che hanno reso possibile questa entusiasmante esperienza. Vorrei cominciare con il prof. Davide Neri che ha scommesso sulla mia persona da subito, concretizzando la possibilità di questo percorso di dottorato. Devo ringraziarlo anche per avermi sempre spronato a dare il massimo durante le varie circostanze e naturalmente per avermi reso partecipe di numerose altre attività al di fuori di questo lavoro di tesi che hanno contribuito e non poco alla mia personale crescita professionale e umana. Inoltre vorrei esprimergli il mio più sincero riconoscimento per le preziose conoscenze tecniche e scientifiche e per la passione verso il mondo dell‟arboricoltura che in tante occasioni ha sempre condiviso e divulgato sia con me che con tutti i ragazzi del gruppo di lavoro. Ovviamente non posso dimenticare tutti i componenti del gruppo Neri partendo da Enrico che mi ha sempre accompagnato con immensa pazienza in tante fasi di realizzazione e impostazione delle prove, nonché alla raccolta dei dati in campo, fornendomi inoltre preziosi consigli e aiutandomi a trovare soluzioni valide in situazioni con “l‟acqua alla gola”. Per gli stessi motivi desidero poi ringraziare Francesca che si è inoltre accollata il fardello di revisionare tutta la tesi, Serena per avermi “impostato” dal punto di vista del rigore scientifico e per avermi insegnato a “masticare” un po‟ di statistica, Giorgio per la fondamentale assistenza tecnica e l‟instancabile disponibilità, Tonino per avermi coinvolto in altre prove e per aver innescato la mia curiosità nei confronti dell‟alta densità dell‟olivo, Solomon per avermi insegnato a maneggiare “con cura” strumentazioni molto costose. Non potrei dimenticare poi la folta schiera di tesisti e tirocinanti che si sono avvicendati in questo periodo, che in alcuni casi hanno contribuito in maniera sostanziale alla realizzazione di questo lavoro e con i quali si è creato anche uno schietto rapporto di reciproca stima e amicizia. Inoltre un altro grazie è per Lucinao, Giuseppe, Rino, Cristina e ovviamente per tutto il personale dell‟azienda agraria con cui ho avuto modo di collaborare nella realizzazione e nella gestione delle prove impostate. Un altro ricordo va a tutte le persone che pur non partecipando in prima persona al lavoro di questa tesi, con la loro amichevole presenza hanno contribuito a creare quell‟atmosfera di positività, necessaria per lavorare serenamente anche e soprattutto 228 nei momenti più difficoltosi. Mi riferisco a Michele, Francesco, i ragazzi di Hort, i ragazzi dei gruppi Mezzetti e Silvestroni. Un grazie particolare poi è per mio papà e mia mamma che sono sempre stati partecipi del mio lavoro, incoraggiandomi sempre e non facendomi mai mancare un riferimento sicuro nei momenti più duri. Un altro grazie particolare va a Valery, la mia fidanzata, che mi ha costantemente seguito sempre in maniera discreta come nel suo stile, interessandosi e sacrificandosi per me, dimostrando con i fatti di dare ragione del nome che ha. Un altro pensiero speciale va inoltre a Renzo e Lina che accordandomi una smisurata fiducia hanno fatto davvero tanto per me. Infine un altro grazie è per tutti coloro che per ovvi motivi non posso più elencare qui ma che in un modo o nell‟altro, anche apparentemente insignificante, sono stati coinvolti in questa mia esperienza. Grazie. 229 BIBLIOGRAFIA Acebedo M.M., Cañete M.L., Cuevas J., (2000). Processes affecting fruit distribution and its quality in the canopy of olive trees. Adv. Hortic. Sci. 14:169–175. Alcalá A.R. e Barranco D., (1992). Prediction of Flowering Time in Olive for the Cordoba Olive Collection. HortScience. 27(11):1205-1207. Alfei B., Pannelli G., (2002). Guida alla razionale coltivazione dell‟olivo. 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