DON CARLO

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DON CARLO
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
DON CARLO
Opera rappresentata in cinque o in quattro atti
Teatro Regio – Torino, Stagione 2012-2013:
rappresentazione in quattro atti
Musica: Giuseppe Verdi
Libretto: François-Joseph Méry e Camille Du Locle
Prima rappresentazione (in cinque atti):
Parigi, Théâtre Impérial de l’Opéra
11 marzo 1867
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
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Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento che potete trovare presso la Biblioteca del CRAL:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
525-529
- Giorgio Pestelli, Gli immortali, 2004, pag. 177
- Alain Duault, Verdi. La musica e il dramma, 1995, pagg. 90-92
- Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, 1994, pagg. 117-120
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 346-348
- Claudio Casini, Verdi, 1982, pagg. 256-277
- Gustavo Marchesi, Giuseppe Verdi, 1974, pagg. 353-370
- Gino Roncaglia, L’ascensione creatrice di Giuseppe Verdi, 1940,
pagg. 302-327
- A. D’Angeli, Giuseppe Verdi, 1924, pagg. 56-58
- Riccardo Muti, Verdi l’italiano. Ovvero, in musica, le
nostre radici, 2012 nuovo acquisto
- Alain Duault, Verdi. La musica e il dramma, 1995
- Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, 1994
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
VIII, 1988, pagg. 194-209
- Claudio Casini, Verdi, 1982
- Gustavo Marchesi, Giuseppe Verdi, 1974
- René Leibowitz, Conoscete Verdi? in Storia dell’opera,
1966, pagg. 199-233
- Carlo Graziani (a cura di) – Giuseppe Verdi.
Autobiografia dalle lettere, 1941
- Gino Roncaglia, L’ascensione creatrice di Giuseppe Verdi,
1940
- Annibale Alberti (raccolto e annotato da), Verdi intimo
(1861-1886), 1931
- A. D’Angeli, Giuseppe Verdi, 1924
SULLE FONTI DEL LIBRETTO:
- Friedrich Schiller, I masnadieri; Don Carlos; Maria Stuarda,
1993
NARRATIVA E DINTORNI:
- Leonetta Bentivoglio (interviste di ), Il mio Verdi. Dodici opere di Verdi raccontate dai più grandi interpreti del nostro tempo,
2000
- Marcello Conati, Verdi. Interviste e incontri, 2000
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NUOVI ACQUISTI
Riccardo Muti, Verdi l’italiano. Ovvero, in musica, le nostre radici.
Il maestro Riccardo Muti dedica a Verdi questo libro che è insieme un omaggio appassionato al compositore e un viaggio nelle
sue opere. Ed è anche un tentativo di fargli riconoscere nella storia della musica l'importanza che merita. Se infatti Mozart o
Wagner sono indiscutibilmente considerati giganti nei loro Paesi d'origine e nel mondo intero, da noi Verdi è spesso stato
presentato come il compositore dei motivetti facili e orecchiabili ed è stato in molti casi eseguito senza rispetto filologico, come
se le sue partiture potessero essere modificate e adattate a piacimento. Ma Verdi - argomenta Muti - è un genio assoluto, è il
patriarca della musica italiana e, se pure mette in scena le grandi passioni umane, lo fa sempre nella cornice di una
straordinaria raffinatezza e nobiltà delle espressioni. Nelle pagine di "Verdi, l'italiano" i lettori vengono quindi accompagnati a
scoprire il vero fascino di questo musicista, scandagliando il perfetto accordo tra parole e note che fa di ogni sua opera un
capolavoro di teatro.
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Dice del «Don Carlos» Eugenio Montale:
“Don Carlos non è, né poteva essere, un’opera tutta eguale, senza difetti, senza parti stanche o convenzionali; ma è anche una
delle vette del genio poetico verdiano.[…] Per quali vie Verdi sia giunto a tanto potrà forse spiegarsi in parte per la vitalità del
dramma schilleriano […] e per l'ampiezza della trama - la più ampia da lui affrontata -, ma anche e soprattutto in virtù di una
intuizione personale miracolosa. Chi legga il libretto poco avvertirà della generosa ansia illuministica del marchese di Posa; ma
chi ascolti la musica si accorgerà che Verdi ha fatto di lui un eroe, non un baritono. In confronto, meno sorprendono le figure di
Filippo II e dell’Inquisitore perché Verdi ci ha abituati da tempo a personaggi più grandi del vero; e tuttavia mai gli era accaduto
di porre a confronto due giganti di quelle proporzioni. E come negare la profonda tempestività stilistica della principessa Eboli,
la profonda curvatura e arricciatura del suo canto? Eboli canta come canterebbe la cornice di una specchiera secentesca se
l'opera di un orafo potesse aver voce. Eboli […] è una figura nuova della galleria verdiana com'è nuova l'amletica indecisione del
personaggio Don Carlos, il meno eroico dei tenori.” (1)
Don Carlos schilleriano e Don Carlos storico
“Schiller prende come punto di partenza il tendenzioso e pseudo-storico Don Carlos, Nouvelle historique di César Vischard SaintRéal che fu pubblicato per la prima volta nel 1672. Poiché la stessa opera aveva già ispirato numerose tragedie,[…] non c'è
nulla di sorprendente in ciò, se non il fatto che Schiller stava per occupare una cattedra di storia all'Università di Jena e avrebbe
perciò dovuto sapere che il racconto di Saint-Réal non è suffragato da fatti storicamente noti. Don Carlos, unico figlio legittimo
di Filippo II re di Spagna, era un giovane violento e incapace di controllarsi che fin dalla prima giovinezza sviluppò un odio
immotivato per il padre, il quale a sua volta lo dichiarò ben presto inadatto a succedergli al trono. I tentativi da lui compiuti di
ottenere appoggi all'estero in favore dei suoi diritti ne causarono gli arresti domiciliari, e lunghi digiuni alternati ad eccessi nel
mangiare e a copiose bevute di acqua ghiacciata lo condussero a morte all'età di ventitré anni. L'eroe di Saint-Réal, invece,
muore perché il Re ha scoperto la sua passione segreta per la matrigna Elisabetta di Valois, con la quale era stato in precedenza
fidanzato. […] Ma Schiller non era mai stato troppo scrupoloso nel sacrificare i fatti della storia sull'altare del dramma poetico,
e inoltre la storia di Don Carlos nella versione di Saint- Réal ha il carattere di un mito archetipo, un po' come quella di Marie
Duplessis nelle mani di Dumas figlio. I freudiani potrebbero vedervi la classica situazione edipica.” (2)
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(1) Eugenio Montale, Il secondo mestiere. Arte, musica, società (a cura di Giorgio Zampa), Arnoldo Mondadori Editore, 1996
(2) Julian Budden, Le opere di Verdi, EDT, 1988
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Cantanti litigiosi
“Dopo aver consegnato alla direzione dell'Opéra i primi quattro atti [del Don Carlos], Verdi si recò per poche settimane nella
stazione termale di Cauterets, sui Pirenei […]. Durante la sua assenza, all'Opera si stava recitando una delle solite commedie.
Belval, il basso scritturato per la parte del Grande Inquisitore [nel Don Carlos], fu deluso nel vedere che il suo ruolo era meno
importante di quello di Obin (Filippo II) e accusò Perrin [direttore dell’Opéra, ndr] di aver violato il contratto, che prevedeva
una parte principale. Perrin replicò causticamente che, se Verdi aveva deciso di scrivere un'opera con due bassi principali, ciò
non aveva nulla a che fare con il contratto di Belval. Questa risposta non soddisfece però il cantante, che non soltanto si rifiutò
di presentarsi alle prove, ma intentò anche causa alla direzione. Il tribunale decise di invitare il compositore Ambroise Thomas
ad esaminare lo spartito e a dire se quello del Grande Inquisitore poteva essere considerato un ruolo principale. Verdi si infuriò
quando queste cose gli vennero riferite e scrisse a Escudier [Léon Escudier, editore francese di Verdi, ndr] che lo spartito del
Don Carlos era ancora di sua proprietà e che lo avrebbe ritirato a chiunque fosse stato concesso di esaminarlo senza il suo
permesso. Date queste circostanze, Thomas prudentemente si ritirò. Il tribunale si rivolse allora al critico e compositore Ernest
Reyer, ma anche lui declinò l'invito. Infine, un certo Duprez accettò l'incarico, che rimase tuttavia lettera morta perché Verdi
continuò a rifiutare il consenso all' esame della sua musica. Belval nel frattempo era stato sostituito da David, a cui era stato
assegnato in origine il ruolo del Monaco/Carlo V.” (1)
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(1) Julian Budden, Le opere di Verdi, EDT, 1988
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La prima all’Opéra di Parigi
“«Ieri sera Don Carlos», scrisse Verdi […] «Non fu un successo!! Non so cosa sarà in seguito, e non mi sorprenderei se le cose
cangiassero. Stassera parto per Genova». […] Un fiume di lettere e di telegrammi da Parigi lo rassicurarono e gli incassi del
botteghino rimasero soddisfacentemente alti. […] I resoconti di alcune delle recite successive […] parlano di pesanti tagli,
dell'inadeguatezza della voce di Morère [Jean Morère nel ruolo di Don Carlos, ndr] e dell'esecuzione noiosa e svogliata da parte
di Mme Sass [Marie-Constance Sass nel ruolo di Elisabeth de Valois, ndr]. […]
Dopo il 1869 il Don Carlos scomparve dall'affiche dell'Opéra fino ai tempi moderni. L'accoglienza da parte della critica era stata
mista. Théophile Gautier nel "Moniteur" aveva dato la sua approvazione; Ernest Reyer del ‘Journal des débats’ era entusiasta.
C'erano […] altri che [invece] ritenevano che il compositore del Rigoletto avesse imboccato una strada sbagliata. […]. C'era però
almeno un musicista eminente che non aveva dubbi su questa partitura. «Direte a quest'ultimo [Verdi]», scriveva Rossini a Tito
Ricordi, «che se ritorna a Parigi si faccia pagar molto, essendo egli il solo in grado di comporre un Grand-opéra (che gli altri
colleghi mel perdonino)» .” (1)
Il Don Carlos “trovò, probabilmente per colpa dei reazionari devoti al clericalismo ostinato dell’imperatrice Eugenia,
un’accoglienza piuttosto fredda e direi quasi ostile. […]
Il Don Carlo era una professione di liberalismo, in quegli anni che precedevano il 1870 : la figura del Grande Inquisitore, cieco
nonagenario, che rappresentava una potenza superiore al re stesso e che diceva : «tutto tacer dovrà – cioè la natura e l’amore
paterno – per esaltar la fe’» : l’amara dichiarazione di Filippo : «dunque il trono piegar dovrà sempre all’altare!» : lo spettacolo
del rogo innalzato per i Fiamminghi, ansiosi di libertà, al quale intervengono il re e la regina : tutto questo doveva sembrare una
protesta contro gli scrupoli che impedivano all’Italia di conquistare Roma e riuscire ostico a chi era stato il sostegno del potere
temporale.” (2)
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(1) Julian Budden, Le opere di Verdi, EDT, 1988
(2) A. D’Angeli, Giuseppe Verdi, Formiggini, 1924
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Il trionfo del Don Carlos a Londra
“Quando in giugno Don Carlos trionfa a Londra sotto la direzione di Costa […] egli [Verdi] prende l'Escudier [Léon Escudier,
editore francese di Verdi, ndr] per il bavero e lo strapazza: «Dunque è un successo quello di Londra? E se è così, cosa diranno
quelli dell'Opéra vedendo che si monta uno spartito a Londra in 40 giorni, quando per loro sono necessari quattro mesi?!...
[…]. Due cose mancheranno sempre all'Opéra: il ritmo e l'entusiasmo ... Ma la colpa è un po' di voi altri Francesi, che mettete
dei ceppi ai piedi degli artisti col vostro bon goût ... comme il faut, ecc., ecc.... Lasciate alle arti libertà completa, e tollerate
difetti nelle cose d'ispirazione. Se spaventate l'uomo di genio con la critica compassata e meschina, egli non s'abbandonerà mai,
e gli toglierete il naturale e l'entusiasmo».” (1)
Prime rappresentazioni in Italia
“La prima italiana avvenne […] a Bologna il 27 ottobre [1867], con il testo francese tradotto da Achille de Lauzières. Questa
volta, sotto la direzione del grande Mariani, l'esito è entusiastico. «Tutti dicono che l'esecuzione è meravigliosa e che vi sono
degli effetti potentissimi. Non posso a meno di fare delle riflessioni: qui è ancora un mese che si prova e si ottengono grandi
effetti; all'Opéra si prova otto mesi e si finisce ad ottenere un'esecuzione senza sangue e agghiacciata.» Poi da Bologna l'opera
passa a Torino e infine, il 26 marzo del '68, arriva a Milano al Teatro alla Scala.” (2)
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(1) Gustavo Marchesi, Giuseppe Verdi, UTET, 1974
(2) Mario Messinis, Don Carlo, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume secondo, Mondadori, 1971
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La ‘prima’ del Don Carlo a Torino
Nel dicembre del 1867 “gli spettatori accorsi in massa al Regio per la 'prima' cittadina della nuova opera verdiana se ne
torneranno a casa piuttosto provati dal lungo tour de force […]. Giulio Bissaldi, appendicista musicale della «Gazzetta
Piemontese», rimarcò infatti che «il diletto non fu uguale all'aspettazione; quest'opera venne dal pubblico poco gustata tanto
per il suo genere, quanto per la sua lunghezza. La nostra indole italiana si rifiuta a resistere cinque ore di spettacolo, tanto più
se questo, per darvi il diletto che gli domandate, vi obbliga ad una grave e continuata attenzione». […]
I torinesi non erano comunque rimasti insensibili alle bellezze di Don Carlo. Lo spettacolo «ottenne un ben meritato successo»,
che alla seconda recita si delineò «ancor più completo e più clamoroso della prima», per farsi indiscutibile a fine marzo, allorché
l'ultima rappresentazione «fu una continuata dimostrazione agli artisti principali ed al complesso generale di questo spartito
che fece gli onori della stagione, e lascia memorie incancellabili»”. (1)
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(1) Valeria Pregliasco, «Un capolavoro dal principio alla fine». La prima edizione di «Don Carlo» a Torino in Giuseppe Verdi, Don Carlo,
Torino: Teatro Regio, stampa 2006
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Le suggestioni della musica nel Don Carlo
“Per affrontare le relazioni interpersonali più complesse e il problema del rapporto tra potere laico e potere ecclesiastico, non
basta più la bellezza di una melodia. Verdi si rende conto di aver bisogno di più dialoghi, così come di elaborare messaggi
musicali da comunicare al pubblico in modo sempre più profondo, per farli recepire dagli ascoltatori anche a livello inconscio.
[…]
Quanto al duetto tra i bassi, immaginiamo un Capo di Stato e un Capo del Vaticano che si parlano, che non si piacciono, che si
misurano a vicenda, che tramano le loro mute strategie. Verdi ottiene un grandioso effetto drammatico con un tema basso
sottostante nell'orchestra. I personaggi possono parlare ‘normalmente’, cortesemente, freddamente. Ma intanto l'orchestra ci
descrive la forte repulsione che in realtà provano l'uno per l'altro. Senza quella terrificante musica scura e bassa, i cantanti
dovrebbero enfatizzare i loro gesti. Qui invece è l'orchestra a condurre la descrizione della tensione psicologica fra i personaggi.
E questa sensazione scorre lungo tutta l'opera.” (1)
Don Carlo in cinque o quattro atti?
“Oggi l'opera si rappresenta in due versioni. La prima in cinque atti, la seconda in quattro. Nella versione a cinque, che sarebbe
la più completa e renderebbe l'argomento più comodo per lo spettatore - anche se allungherebbe l'opera di almeno venti
minuti - si comincia con una scena a Fontainebleau” (2): “è inverno, il popolo è affamato, stremato dalla guerra, ma per Carlos
ed Elisabetta è il momento del primo incontro, e la nostalgia di quell'unico momento felice li perseguiterà per tutta l'opera. È un
atto indispensabile non soltanto per capire gli antefatti della vicenda ma per penetrare nei segreti dell'animo dei personaggi,
ma Verdi dovette sopprimerlo per abbreviare l'opera, quando andò in scena alla Scala - ovviamente tradotta, e col titolo
italianizzato in Don Carlo - nel 1884, per poi tornare alla versione in cinque atti a Modena nel 1886 (ma queste non sono che le
principali edizioni di un'opera su cui Verdi tornò numerosissime volte durante quasi vent'anni).” (3)
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(1) Dall’intervista al direttore d’orchestra coreano Myung-Whun Chung in Leonetta Bentivoglio (Interviste di), Il mio Verdi. Dodici opere di
Verdi raccontate dai più grandi interpreti del nostro tempo, Edizioni Socrates, 2000
(2) Gustavo Marchesi, Giuseppe Verdi, UTET, 1974
(3) Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, Giunti Lisciani Editore, 1994
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TRAMA
1/2
(versione in cinque atti)
L'azione si svolge in Francia e in Spagna nel 1560.
Atto primo
L'infante di Spagna, don Carlo, incontra Elisabetta di Valois, a Fontainebleau, e subito se ne innamora. La giovane corrisponde al
sentimento, ma la notizia che il re di Francia ha concesso la mano di Elisabetta al padre di Carlo, il re di Spagna Filippo II, stronca
l'amore dei due giovani.
Atto secondo
Nel chiostro del convento di San Giusto, i frati pregano sulla tomba di Carlo V. Qui don Carlo confida il suo dolore all'amico
Rodrigo che lo invita a lasciare la Spagna per le Fiandre dove si attende da lui un gesto di pacificazione. Carlo affida a Rodrigo un
ultimo messaggio per Elisabetta, ormai sposa del re di Spagna: vuol vederla ancora una volta prima di lasciare il paese. Nel
corso dell'incontro egli cerca di riconquistarla, ma la giovane, per quanto turbata, è fedele al suo giuramento. Non appena Carlo
è scomparso, giunge il re Filippo. Trovando la regina sola, senza la consueta dama di compagnia, ne fa colpa alla contessa
d'Aremberg, rispedendola in Francia. Poi, solo con Rodrigo, manifesta con un rapido accenno la sua gelosia per un possibile
amore tra Elisabetta e il figlio.
Atto terzo.
Nei giardini della regina a Madrid, durante una festa.
Don Carlo ha un convegno con una dama, che gli si presenta velata. Egli crede si tratti di Elisabetta e le conferma il suo amore;
ma è, invece, la principessa di Eboli, innamorata di lui, la quale, compresi i veri sentimenti dell'infante, decide di vendicarsi.
Rodrigo cerca invano di calmarla. Sulla piazza della Madonna d'Atocha, viene condotto al rogo un gruppo di eretici. Alcuni
deputati fiamminghi, guidati da don Carlo, interrompono il corteo reale per chiedere al re la fine delle persecuzioni in Fiandra. Il
re li definisce ribelli, don Carlo gli si avventa contro spada alla mano, ma Rodrigo lo ferma. Per questo atto, Filippo II nomina
Rodrigo duca.
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TRAMA
2/2
Atto quarto.
Nel suo studio, Filippo medita sulle difficoltà e le delusioni della vita di monarca, quando sopraggiunge il Grande Inquisitore;
egli chiede di condannare come eretici Carlo e Rodrigo, del quale ultimo teme un'aperta ribellione. Ed ecco giungere, in ansia,
Elisabetta; ella denuncia la scomparsa di un suo scrigno. Il cofanetto è sul tavolo di Filippo, sottratto dalla principessa di Eboli
alla sua proprietaria, per vendicarsi della regina. In esso è contenuto un ritratto dell'infante, e ora il re è sicuro del tradimento.
Invano la regina nega l'adulterio. Accorre, pentita, la principessa di Eboli, confessa le sue colpe e decide di ritirarsi in convento.
Intanto, nella prigione dove don Carlo è detenuto, Rodrigo gli annuncia che non sarà condannato: per salvarlo, si è
autoaccusato, usando i documenti che l'infante gli aveva un tempo affidato. Carlo non crede all'amico, ma un improvviso colpo
d'archibugio sparato da un sicario colpisce alle spalle Rodrigo e lo uccide. Mentre il re va a liberare il figlio, il popolo inneggia a
don Carlo.
Atto quinto.
Elisabetta'è nel chiostro del convento di San Giusto. Prega sulla tomba di Carlo V perché protegga don Carlo. E questi arriva,
per darle un estremo addio: si recherà in Fiandra per affermarvi gli ideali di libertà. Ma irrompono Filippo II e il Grande
Inquisitore che credono i due amanti colpevoli. Carlo sta per essere arrestato, quando la tomba di Carlo V si spalanca e l'anima
del grande imperatore si impossessa del discendente, e lo salva, trascinandolo con sé.
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da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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