Termodinamica dei Buchi Neri
Transcript
Termodinamica dei Buchi Neri
Università degli Studi di Perugia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica Tesi di Laurea Termodinamica dei Buchi Neri Candidato: Lorenzo Pizzuti Relatore: Prof. Gianluca Grignani Dicembre 2013 A mia madre, mio padre e mia sorella Maria Giulia per avermi sorretto e guidato in questo percorso, con pazienza e amore A Chiara, per aver illuminato la mia vita con dolcezza, riempendola d’affetto e di sorrisi Ai miei nonni, per l’infinita saggezza e per un immancabile sostegno Indice 1 Introduzione al formalismo e nozioni di base 1.1 Geodetiche e parametrizzazione affine . . . . . 1.2 Vettori di Killing . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Ipersuperfici Nulle . . . . . . . . . . . . . . . 1.4 Orizzonti di Killing . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.1 Orizzonti non degeneri . . . . . . . . . 1.5 Congruenze geodetiche . . . . . . . . . . . . . 2 I Buchi Neri 2.1 La formazione di un buco nero . . . 2.2 Singolarità e completezza geodetica 2.3 Spaziotempo di Kruskal . . . . . . 2.4 Spaziotempo di Rindler . . . . . . . 2.5 Diagrammi di Carter Penrose . . . 2.6 L’orizzonte degli eventi . . . . . . . 2.7 Altre soluzioni e Teoremi rilevanti . . . . . . . . 3 Energia e Momento Angolare 3.1 Formulazione covariante dell’integrale 3.2 La definizione di Energia . . . . . . . 3.3 Integral di Komar . . . . . . . . . . . 3.4 Condizioni sull’energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di carica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 3 5 6 7 8 . . . . . . . 13 14 20 21 23 25 30 31 . . . . 33 33 34 36 37 4 Meccanica dei Buchi Neri 4.1 Equazione di Raychaudhuri e conseguenze sulla congruenza di geodetiche nulle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Le leggi della Meccanica dei Buchi Neri . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 La Radiazione di Hawking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4 La Termodinamica dei Buchi Neri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . i 39 39 41 52 57 Capitolo 1 Introduzione al formalismo e nozioni di base In questa sezione definiremo alcuni concetti fondamentali di geometria differenziale, che verranno poi utilizzati nel corso della trattazione per descrivere la struttura e le proprietà più importanti dei buchi neri. L’imponente edifico della relatività generale, che costituisce l’impianto della nostra analisi, poggia sulla nozione di Spaziotempo, ovvero una varietà differenziabile quadridimensionale (M, g) sulla quale è presente una metrica g. La metrica (o tensore metrico) è un tensore simmetrico di rango (0,2) che stabilisce la ”fisionomia” dello spaziotempo, permettendo di definire quantità invarianti per trasformazioni di coordinate quali l’elemento di distanza tra due punti e il prodotto scalare di due 4-vettori. Il campo gravitazionale viene visto come una modifica geometrica della varietà, cioè un cambiamento nella metrica; la presenza di massa, o equivalentemente di energia, deforma uno spaziotempo piatto (spaziotempo di Minkowski) generando una curvatura. Ciò implica che le leggi della meccanica valide in relatività ristretta vadano riadattate in questa nuova visione; la richiesta che esse abbiano la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento porta all’utilizzo di un formalismo matematico più complesso, ma che consente di scrivere le equazioni in maniera compatta ed efficace. 1.1 Geodetiche e parametrizzazione affine Consideriamo una particella di massa m che si muove su una curva timelike C tra due punti A e B. L’azione per questa particella è data dall’integrale: Z B 2 I = −mc dτ (1.1) A Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base dove τ è il tempo proprio misurato in un sistema solidale con il corpo r √ p dxµ dxν gµν dλ dτ = −ds2 = −dxµ dxν gµν = − dλ dλ 2 (1.2) con λ numero reale che parametrizza la curva C. Possiamo allora riscrivere l’integrale come Z Br dxµ dxν 2 gµν dλ (1.3) I = −mc − dλ dλ A δI Se la curva è tale che δx(λ) = 0 allora, per definizione, C è una geodetica. Da notare d che dλ identifica il vettore tangente alla curva. Un modo equivalente per ottenere le geodetiche consiste nell’introdurre la funzione e(λ) e considerare la nuova azione Z 1 λB dxµ dxν −1 2 gµν e (λ) − m e(λ) dλ (1.4) I(x, e) = 2 λA dλ dλ Si può dimostrare che valgono le relazioni: r δI 1 dτ dxµ dxν =0⇒e= gµν = − δe m dλdλ dλµ µ δI D dx de dx =0⇒ = e−1 µ δx dλ dλ dλ dλ (1.5) (1.6) D dove dλ è la derivata covariante lungo la curva x(λ). La libertà nella scelta di λ è equivalente alla libertà nel determinare e(λ). Allora, d in generale, ogni curva xµ (λ) con vettore tangente t = dλ che soddisfa D µ t = f (x)tµ dλ (1.7) dove f è una funzione arbitraria, per ogni campo vettoriale V su C, è una geodetica. Ora, considerando la derivata covariante rispetto alla coordinata xν : tν ∇ν V µ = tν ∂ν V µ + tν Γµνρ V ρ = d µ dxν µ ρ D µ V + Γνρ V = V dλ dλ dλ (1.8) (1.9) Un campo vettoriale V per cui D µ V = f (x)V µ dλ (1.10) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 3 si dice trasportato parallelamente lungo la curva. Quindi una curva C è una geodetica se, dalla (1.7), il vettore tangente è trasportato parallelamente a se stesso D µ t = 0 si chiama parametro af f ine. lungo C. Il parametro per il quale dλ Un corpo che si muove sotto l’azione della forza gravitazionale percorre una traiettoria la cui equazione è data da d2 xµ dxi dxj µ Γ =0 + dτ 2 dτ dτ ij (1.11) i che è proprio l’equazione della geodetica per τ parametro affine e dx vettore tandτ gente alla curva, in questo caso identifica la quadrivelocità della particella. Γµij sono i Simboli di Christoffel, o connessione af f ine, legati al tensore di Reimann, l’oggetto che identifica la presenza di una curvatura. Da notare che, in uno spazio piatto (i.e. Γ = 0, sistema localmente inerziale), la (1.11) descrive la traiettoria di una particella libera. Si possono identificare tre classi di geodetiche, a seconda della tipologia del vettore ad esse tangente: Timelike. Rappresentano la traiettoria di un corpo massivo in caduta libera in presenza di un campo gravitazionale Nulle. Descrivono il percorso seguito nello spaziotempo da una particella con massa a riposo nulla sotto l’azione della gravità Spacelike. Identificano un insieme di eventi che appaiono simultanei ad un osservatore appropriato 1.2 Vettori di Killing Consideriamo la trasformazione xµ → xµ − αk µ ; e → e si può far veder che l’azione diventa, al primo ordine: Z α λB dxµ dxν I(x, e) → I(x, e) − dλe−1 (Lk g)µν + O(α2 ) 2 λA dλ dλ (1.12) (1.13) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 4 dove (Lk g)µν = k λ gµν,λ + k λ,µ gλν + k λ,ν gµλ (1.14) è la derivata covariante della metrica fatta lungo il vettore k. Se ora prendo l’operatore L(∇), cioè l’oggetto che ottengo sostituendo la derivata normale con la derivata covariante, questo è un tensore. Allora la quantità L(∇) − L(∂) è ancora di natura tensoriale. In un sistema di riferimento localmente inerziale ∇ ≡ ∂ e dunque L(∇) − L(∂) = 0 ⇒ L(∇) = L(∂). Tale equivalenza deve però persistere in qualsiasi sistema di riferimento, e dunque posso sostituire liberamente ∇ alla derivata ordinaria λ λ (Lk g)µν = k λ gµν;λ + k;µ gλν + k;ν gµλ (1.15) Se consideriamo che la metrica debba essere compatibile con la connessione, ovvero che sia invariante per trasporto parallelo, il primo termine è nullo. Dunque: (Lk g)µν = kν;µ + kµ;ν = ∇(µ kν) (1.16) L’azione è invariante, al primo ordine, se (Lk g) = 0. Un campo vettoriale k che soddisfa questa proprietà si chiama campo vettoriale di Killing. Questi vettori sono associati a simmetrie dell’azione, e quindi a quantità conserν vate. Ad esempio la ’carica’ Q = k µ pµ , dove pµ = e−1 dx g = mdxν dτ gµν è il dλ µν quadrimpulso associato alla particella, è tale che dQ = 0. Si dimostra con le equadλ zioni di Eulero-Lagrange. In meccanica quantistica ad ogni osservabile si associa un corrispondente operatore. Se consideriamo pµ → −i∂µ la carica diventa Q = −ik µ ∂µ .Si possono allora vedere le componenti di k come componenti di un operatore differenziale k ≡ k µ ∂µ nella base {∂µ }. Conviene identifcare l’operatore con il campo vettoriale di Killing. Per tai vettori è possibile scegliere sempre un sistema di coordinate locali per le quali ∂ ∂ risulta k = ∂ξ , dove ξ è una delle coordinate. In questo sistema Lk gµν = ∂τ gµν , quindi k è vettore di Killing se gµν è indipendente da ξ. Ad esempio nella metrica di Schwarzschild, che vedremo in dettaglio nel capitolo successivo, la metrica è ∂ indipendente dal tempo, cioè ∂t gµν = 0, e allora k = ∂t è un campo vettoriale di Killing. La quantità conservata in questo caso è data da mk µ dxν dt gµν = mg00 = −m dτ dτ dove è l’energia per unità di massa (1.17) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 1.3 5 Ipersuperfici Nulle Sia S(x) una funzione regolare dello spaziotempo nelle coordinate xµ ; consideriamo la famiglia di ipersuperfici, ovvero sottovarietà definite imponendo un vincolo sulle coordinate, per S = costante. Si può far vedere che il vettore normale a tali ipersuperfici è dato da l = f (x)g µν ∂ν S∂µ (1.18) dove f è un’arbitraria funzione non nulla. Se l2 = 0 per una certo elemento N della famiglia, allora N è un’ipersuperficie nulla Un vettore tangente t in N è tale che tµ lµ = 0. Ma, per definizione, lµ lµ = 0; questo implica che l sia tangente alla superficie per qualche curva x(λ). P roposizione le curve xµ (λ) sono geodetiche Dimostrazione Supponiamo N un membro della famiglia generica S = costante. Allora: lρ ∇ρ lµ = (lρ ∂ρ f )g µν ∂ν S + f g µν lρ ∇ρ ∂ν S Ora, considerando che g µν ∂ν S = lµ f (1.19) possiamo riscrivere il primo termine come lρ ∂ρ (lnf )lµ (1.20) e dunque, sfruttando inoltre la simmetria dei simboli di Christoffel nella derivata covariante: lρ ∇ρ lµ = lρ ∂ρ (lnf )lµ + f g µν lρ ∇ν ∂ρ S = (1.21) = lρ ∂ρ (lnf )lµ + f lρ ∇µ (f −1 lρ ) = d lnf lµ + lρ ∇µ lρ − ∂ µ (lnf )l2 = dλ d 1 = lnf lµ + l2,µ − ∂ µ (lnf )l2 dλ 2 (1.22) = (1.23) (1.24) Ovviamente l2 |N = 0, ma questo non implica che 12 l2,µ |N = 0 a meno che l’intera famiglia sia nulla. Tuttavia, dal momento che l2 è costante su N , tµ ∂µ l2 = 0 per ogni vettore t tangente a N . Quindi ∂µ l2 |N ∝ lµ (1.25) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 6 che implica, dalla (1.24) l ρ ∇ρ l µ ∝ l µ (1.26) cioè xµ (λ) è una geodetica con vettore tangente l. La funzione f può essere scelta in modo che λ sia un parametro affine. Def inizione le geodetiche nulle xµ (λ) con parametro affine λ per le quali i vettori tangenti sono normali all’ipersuperficie N sono i generatori di N 1.4 Orizzonti di Killing Un’ipersuperficie nulla N è un orizzonte di Killing per il vettore di Killing ξ se tale vettore è normale alla superficie. Sia l vettore normale a N tale che lν ∇ν lµ = 0. Il campo ξ deve essere tale che ξ = f l su N per una qualche funzione f . Allora ne segue che ξ ν ∇ν ξ µ = f lν ∇ν f lµ = f 2 lν ∇ν lµ + f lν ∂ν (f )lµ = ξ ν ∂ν (ln|f |)ξ µ (1.27) Definiamo κ = ξ ν ∂ν (ln|f |) la gravità superficiale dell’orizzonte. Si può dimostrare che vale la relazione 1 (1.28) κ2 = − (∇µ ξ ν )(∇µ ξν )|N 2 per ricavarla si usa il teorema di Frobenius, secondo cui ξ[µ ∇ν ξρ] |N = 0 se ξ è un vettore normale a N , e l’equazione che definisce i vettori di Killing. Un’altra relazione importante è data dal Lemma dei vettori di Killing ∇ρ ∇ν ξ ν = Rνρµσ ξ σ (1.29) P roposizione κ è costante su orbite di ξ Dimostrazione sia t vettore tangente a N . Allora 1 tρ ∇ρ (κ2 ) = tρ ∂ρ (κ2 ) = − tρ ∇ρ (∇µ ξ ν )2 = 2 = −(∇µ ξ ν )tρ ∇ρ ∇µ ξν |N = −(∇µ ξ ν )tρ Rνµρ σ ξσ (1.30) (1.31) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 7 Ma ξ è anche tangente a N , quindi posso scegliere t ≡ ξ ξ · ∂κ2 = −(∇µ ξ ν )Rνµρσ ξ ρ ξ σ (1.32) Ma sappiamo che Rνµρσ = −Rνµσρ . Possiamo dunque riscrivere la (1.32) come ξ · ∂κ2 = +(∇µ ξ ν )Rνµσρ ξ ρ ξ σ (1.33) Sommando (1.32) con (1.33) otteniamo banalmente la condizione ξ · ∂κ2 = 0 che implica κ costante. 1.4.1 Orizzonti non degeneri Un orizzonte di Killing non degenere è tale per cui κ 6= 0. Possiamo dimostrare che se κ 6= 0 su un orbita del vettore ξ in N , allora quest’orbita coincide soltanto con una parte del generatore nullo di N Prendiamo un sistema di coordinate tale che ξ = ∂α (dove α è una delle coordinate) e supponiamo α = α(λ) su un’orbita di ξ con parametro affine λ. Allora: ξ|orbit = dλ d = fl dα dλ (1.34) Consideriamo adesso ∂α (ln|f |) = κ dove κ è costante su orbite di ξ in N . Per tali orbite vale f = f0 eκα per un’arbitraria costante f0 . Senza perdere in generalità possiamo porre f0 = ±κ e quindi f= dλ = ±κeκα ⇒ λ = ±eκα + cost dα (1.35) dove la costante è ininfluente. α può variare liberamente nell’intervallo [+∞, −∞], coprendo in ogni caso solo una parte del generatore, a seconda del segno che scegliamo per λ. Quando α → −∞, λ → 0; il punto di biforcazione λ = 0 è un punto fissato dell’orbita, e si può mostrare essere in realtà una 2sfera, chiamata 2sfera di biforcazione. P roposizione Se N è un orizzonte di Killing biforcato con 2sfera di biforcazione B, allora κ2 costante su N Dimostrazione κ2 è costante per ogni orbita di ξ. IL suo valore può essere calcolato quindi al Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 8 punto limite dell’orbita su B. Quindi κ2 è costante su tutto N se risulta costante su tutto B. Ma noi sappiamo che ξ · ∂κ2 = −(∇µ ξ ν )tρ Rνµρ σ ξσ = 0 (1.36) anche in B dato che ξσ |N = 0. Se N è un orizzonte di Killing per il campo ξ con gravità superficiale κ, N è anche orizzonte del vettore cξ con gravità c2 ξ per una qualche costante c. Questo implica che la gravità superficiale sia una funzione che dipende dalla normalizzazione del vettore di Killing perpendicolare a N . Tuttavia non esiste una normalizzazione naturale per ξ su N , visto che ξ 2 = 0; allora, se lo spaziotempo è asintoticamente piatto si normalizza all’infinito spaziale. Ad esempio, nel già citato spaziotempo di Schwarzschild, per il vettore timelike k si sceglie k 2 = −1 se r → ∞. Si possono definire anche orizzonti degeneri, tali per cui κ = 0, anche se non sono fisicamente significativi. In questo caso non è presente una 2sfera di biforcazione. 1.5 Congruenze geodetiche Def inizione. Una congruenza è una famiglia di curve tali che per ogni punto della varietà passa esattamente una e una sola curva. Se le curve sono geodetiche si ha una congruenza geodetica. L’equazione di questa famiglia può essere scritta come xµ = xµ (y α , λ) dove y α etichetta la geodetica µ d = dx ∂ è il vettore tangente (α = 0, 1, 2) e λ è un parametro affine, cioè t = dλ dλ µ ν µ tale che t ∇ν t = 0. µ dx Consideriamo ora il set ηα = dydα = dy α ∂µ ; possiamo identificarlo come una base per i ”vettori spostamento” attraverso la congruenza (quei vettori che mi permettono di passare da una geodetica ad un’altra) Notare che t e ηα commutano. Questo si può vedere immediatamente, scegliendo il sistema di coordinate nel quale t= ∂ ∂ ; ηα = α ∂λ ∂y (1.37) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 9 E quindi si ha: tν ∂ν ηαµ ∂µ = ηαν ∂ν tµ ∂µ (1.38) ⇒ tν ∂ν ηαµ − ηαν ∂ν tµ = 0 (1.39) ... . . . . . . . . . . . . . .. . . . . ..... .. .. . ... . . . . . . . . .. .......... ... .. ............... ... . ... ... . . . . . . .. .. ... ... ................... . . . . . . . . . . . ... ... ... ... ... ... . . . . . .. .. ... ... ... ... .. ..... .. ... .... . . . . .. .. .. .............................. ............... . . . . .. .............................. .. . ................................................................ .. ............ ............................. .. .. ........................................................ . . . .. .. . . ..... . .. .. .. . . . . .. . .. .. . . . .. ... ... .. .. ... ... .. ... .. .......... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. ............................. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .............................. ............... ................................................................................................................ .. ... ... ... .. .. . . ... ... .. .. .. .. . .. ... geodetiche vicine t ppppppppppp pp p p pppppppppppppppppppppppppppppppp η λ costante Possiamo osservare che, aggiungendo tν Γµσν ηασ −ηαν Γµσν tσ questo non altera il risultato per simmetria della connessione. Dunque: tν (∂ν ηαµ + Γµσν ηασ ) − ηαν (∂ν tµ + Γµσν tσ ) = tν ∇µ ηαµ − ηαν ∇ν tµ (1.40) tν ∇µ ηαµ = B µν ηαν (1.41) e perciò dove B µν = ∇ν tµ misura la variazione di ηα nel trasporto parallelo lungo la geodetica. Dunque una geodetica vicina ad una data è specificata dal vettore η, ma non in modo univoco. Infatti η 0 = η + αt, dove α è un parametro costante, identifica la stessa geodetica ... ... ... .. . ... ... ... .. . ... ... ... .. . .. .. .. .. .. ... . .. .. .. .. ... .. ... ... .... .. ... ... .... .. .. . . . . . . . . . . .. ... .. .. ..... .... .............. .. . .. .. ... ... .... .. ... ... .... .. .. .. ... t geodetica di riferimento .. ... ... .. . ... ... ... .. . ... ... .. .. ... .. .. . .. ... .............. .... ... ..... ... .. . . .. .. . . . . . . . . . . . . . . . ... .. .. .. .. .... .. ... ... ..... . ... ... .... . ....... .. ..... .. . .. ... ... ... .. . . . ... ..... ................ .. ... ... .. ... ... .... .. ... .. .. pppppppppp ppppp p p p p pppp pp p p ppp ppppp ppppp p p p pp p p ppppp p ppppp pp p pppp pppppp p ppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppp ppppp ppppppppppp η η + at geodetica vicina Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 10 L’ambiguità si elimina scegliendo η · t = 0 per geodetiche di tipo timelike. Se però le curve sono nulle, questa condizione non risolve il problema. Infatti η 0 · t = (η + αt) · t = η · t + αt · t = η · t (1.42) ovvero il prodotto scalare è invariante per traslazioni di αt. Il problema risiede nel fatto che lo spazio tridimensionale dei vettori ortogonali a t, nel caso di congruenza geodetica nulla include t stesso; η identifica quindi solo una sottofamiglia bidimensionale di geodetiche, e non tutta la congruenza. Questo impone la definizione di un nuovo vettore spostamento, n, che non sia ortogonale a t; conviene scegliere questo vettore in modo che n2 = 0 e n · t = −1. La consistenza con tale vincolo richiede che n2 e n · t siano indipendenti dal parametro affine λ; ciò è ovviamente verificato nel caso in cui n non cambi per trasoporto parallelo lungo la curva, cioè se tν ∇ν nµ = 0 (1.43) Avendo stabilito la forma del vettore di spostamento, possiamo ora definire univocamente il sottoset bidimensionale della congruenza nulla, identificato da η, imponendo n · η = 0. η generano allora un sottospazio T⊥ dello spazio tangente ortogonale a t e n. Possiamo definire il proiettore P di T⊥ come P µν = δ µν + tµ nν + nµ tν (1.44) P roposizione Se P η = η, allora tν ∇ν η µ = B̂ µν η ν , dove B̂ µν = P µλ B λσ P σν . Questo significa che se η appartiene inizialmente al sottospazio, rimarrà in T⊥ per trasporto parallelo lungo le geodetiche della congruenza. Dimostrazione tρ ∇ρ η µ = tρ ∇ρ (P µν η ν ) (1.45) Per definzione di proiettore. Ora possiamo vedere facilmente dalla (1.44) che la derivata covariante di P è zero, dato che esso contiene i vettori t e n trasportati parallelamente a loro stessi. Quindi possiamo commutare le due operazioni ottenendo P µν tρ ∇ρ η ν = P µν B νρ η ρ = P µν B νρ P ρσ η σ = B̂ µσ η σ (1.46) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 11 B̂ è effettivamente una matrice 2 × 2 che può essere scomposta nel seguente modo: 1 B̂ µν = θP µν + σ µν + ω µν 2 (1.47) θ = B̂ µµ Espansione. Traccia della matrice. σµν = B̂(µν) − 21 θPµν B̂ ρρ Def ormazione (shear). Differenza tra parte simmetrica e traccia. ωµν = B̂[µν] T wist. Parte antisimmetrica. Si può dimostrare che se ω = 0, allora i vettori tangenti t sono normali ad una famiglia di ipesuperfici nulle (e viceversa). La famiglia è parametrizzata dallo spostamento lungo la direzione identificata da n. . ... ... . . . . . . . . . . . .. ... .... .... ... . . .... ... . ... . . . ... .. . . . . . . . . . .. . . . . . . ...................... . . . . .. ................. .. . . . . .. .. . . . . . . . .. ... ... ... ... .. .. .... ... ... . . . . . . . . . .. .......... .. .... ... ... ........... . . . . . .... ... ... ..... ... ... ..... ... .... ..... . . . . . . . . . .... .... ... ..... .... ... .... ...... ... ..... ...... ... ..... ...... . . . . . . . . . . . . . .... .... ..... ...... .... ..... ...... .... ..... ...... ..... ...... ...... .... ...... . . . . . . ...... . . . . ..... ...... .... ...... ..... ...... ...... ...... ..... ...... . . . . . . . . . . . ... ...... ...... ...... ...... ...... . . . . . . ...... ppppppppp p p pp p ppppp pppp pp pppppppppp ppp p p p p n pp p famiglia di ipersuperfici nulle t Per concludere questo capitolo vogliamo dare un’interpretazione alle quantità θ e σ, che ci sarà poi utile in seguito per descrivere la meccanica dei buchi neri. Se consideriamo due vettori linearmente indipendenti η (1) , η (2) in T⊥ , ortogonali a t e n, questi determinano l’elemento di superficie del sottospazio. La deformazione σ identifica il cambiamento nella f orma dell’elemento di area al variare di λ. Il modulo di questo elemento è dato da a = µνρσ tµ nν ηρ(1) ησ(2) (1.48) Prendiamo adesso la derivata di a lungo λ; si può far vedere che vale la seguente relazione: da = θa dθ (1.49) Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base 12 Questo vuol dire che l’espansione θ misura la velocità d’incremento del modulo di a lungo la geodetica rispetto al parametro affine. Se θ < 0, geodetiche vicine saranno convergenti, mentre per θ > 0 saranno divergenti. Capitolo 2 I Buchi Neri Nel 1793 un docente di Cambrige, John Michell pubblicò un saggio nelle ”Philosophical Transactions of the Royal Society of London” all’interno del quale, basandosi sulla legge di gravitazione di Newton, formulò il concetto di stella nera. L’idea era quella di considerare un corpo con massa e densità tali da intrappolare i raggi luminosi a causa della sua enorme attrazione gravitazionale. All’epoca si pensava infatti che la luce fosse composta da particelle di materia (modello corpuscolare), e che quindi risentisse della gravità alla stregua di qualsiasi altro oggetto nel cosmo; Michell calcolò che una stella di raggio pari a quello del Sole, ma con massa 500 volte maggiore, avrebbe avuto una velocità di fuga pari al valore allora conosciuto di c. Qualche decina di anni dopo il francese Pierre-Simon de Laplace giunse agli stessi risultati, operando in maniera indipendente da Michell, anche se abbandonò l’idea abbastanza in fretta ritenendo che fosse assurda. Verso la fin del secolo diversi esperimenti misero in crisi il modello corpuscolare; si veniva sempre più affermando la convinzione che la luce dovesse avere una natura ondulatoria, in quest’ottica non si riusciva più a capire come la gravità newtoniana potesse incidere sui raggi luminosi. L’ipotesi della stella nera venne quindi abbandonata. Nel 1915 però la pubblicazione della relatività generale da parte di Albert Einstein rivoluzionò la visione classica della gravitazione, ponendo l’attenzione sull’aspetto geometrico del campo. La deformazione che una massa induce nello spaziotempo modifica le traiettorie dei corpi presenti su di esso, poiché causa un cambiamento nella metrica, e quindi nella forma della varietà. Anche i fotoni si muovono seguendo un percorso dato dalla (1.11), dove è coinvolta la curvatura dello spaziotempo tramite i simbolo di Christoffel, e quindi vegono deviati dalla presenza della gravità. Potrebbe allora esistere una regione nel continuum in cui la curvatura diventi intensa a tal punto da confinare il percorso della luce all’interno della regione stessa; Capitolo 2. I Buchi Neri 14 ciò che appare alla vista di un osservatore esterno è una zona completamente nera, dalla quale niente può emergere, circondata da un immenso campo gravitazionale. Questa è, in sintesi, la definzione data da John Wheeler nel 1969 di buco nero. Capire però come sia fatto un tale oggetto, come possa formarsi e come possa evolvere nel tempo resta un punto essenziale da discutere, oltre al fatto che non sarebbe concepibile alcuna osservazione diretta (nessun segnale può pervenirci da un buco nero). Verrebbe allora da pensare che questa regione ideale rimanga solo un costrutto teorico, un concetto privo del minimo significato fisico. Tuttavia diverse indagini e misurazioni astronomiche hanno messo in evidenza alcuni spazi di cielo in cui si potrebbero celare buchi neri. Moti insoliti, stelle che sembrano descrivere orbite in un sistema binario con una compagna invisibile, emissioni di radiazione, soprattutto nella banda X, sono forti segnali che individuano la presenza di un’entità molto compatta e dotata di una grande forza di gravità, un potenziale buco nero. 2.1 La formazione di un buco nero Uno dei possibili meccanismi che potrebbe geneare un buco nero è il collasso stellare. Consideriamo una stella di grande massa che si trovi nello stadio finale della sua evoluzione. Fino a che le reazioni nucleari riescono a controbilanciare l’attrazione gravitazionale, l’astro è stabile, quando però il combustibile si esaurisce inizia un processo di raffreddamento e compressione. Nel 1928 uno studiente indiano, Subrahmanyan Chandrasekhar, calcolò quale doveva essere la massa di una stella per poter resistere al collasso gravitazionale una volta terminate le reazioni nucleari al suo interno. L’idea era questa: quando le particelle di materia (essenzialmente fermioni) vengono a trovarsi molto vicine a causa della contrazione, per il principio di esclusione di Pauli si genera una forza repulsiva che contrasta la gravità. Tuttavia, secondo la stima di Chandrasekhar, se la massa della stella fredda superasse 1.5 masse solari l’attrazione gravitazionale vincerebbe sulla repulsione e il collasso potrebbe procedere indefinitamente. Per capire cosa accade in questa situazione alla regione di spaziotempo in cui avviene la contrazione, facciamo l’ipotesi semplificata di un collasso a simmetria sferica di una ”palla di polvere”, ovvero richiediamo che la pressione esercitata dalla stella sia nulla. Capitolo 2. I Buchi Neri 15 Mettiamoci ora nella zona esterna al corpo celeste. Supponiamo che tale spazio sia vuoto, ovvero che T µν = 0, dove T prende il nome di tensore energia impulso e descrive il contenuto di materia ed energia della zona che stiamo considerando. Volendo ricavare la metrica dello spaziotempo in queste condizioni dobbiamo ricorrere alle equazioni di campo di Einstein: 8πG 1 Rµν − gµν R = 4 Tµν 2 c (2.1) Che legano Tµν alla curvatura espressa tramite il tensore di Ricci Rµν e la sua traccia R, anche detta scalare di curvatura. gµν sono le componenti del tensore metrico, ed è proprio quello che vogliamo determinare risolvendo l’equazione. Per fare ciò utilizziamo un altro risultato noto come Teorema di Birkhoff, il quale afferma che ogni soluzione a simmetria sferica deve essere indipendente dal tempo; quindi la modifica delle dimensioni della stella non altera la struttura geometrica dello spaziotempo (all’esterno), che resta definita dalla nostra metrica. Si giunge cosı̀ alla soluzione di Schwarzschild −1 2GM 2GM 2 2 2 dr2 + r2 dΩ2 (2.2) c dt + 1 − ds = − 1 − 2 2 rc rc che descrive una regione della varietà al di fuori di un corpo sferico non rotante di massa M e raggio R. Questo tipo di spaziotempo è asintoticamente piatto, ovvero per r → ∞ la metrica si riduce a quella di Minkowski. Per continuità la metrica dovrà essere la stessa fino alla superficie della stella, quando cioè r = R. Se l’astro è in fase di collasso avremo R = R(t) e quindi dr = dR dt dt " −1 # 2GM 2GM c2 − 1 − Ṙ2 dt2 + R2 dΩ2 (2.3) ds2 = − 1 − Rc2 Rc2 Le condizioni di simmetria e di pressione nulla implicano che i punti sulla superficie della stella collassante si muovano lungo geodetiche radiali timelike, ovvero dΩ2 = 0 e ds2 = −c2 dτ 2 . Riscriviamo allora la (2.3) come " −1 # 2 dt 2GM 2GM 1 2 2 1− c − 1 − Ṙ (2.4) 1= 2 c Rc2 Rc2 dτ Definizione(1) Uno spaziotempo asintoticamente piatto è stazionario se e solo se esiste un vettore di Killing k che sia timelike all’infinito. Una metrica stazionaria si dice inoltre statica se k è normale ad una famiglia di ipersuperfici. Capitolo 2. I Buchi Neri 16 Definizione(2)Uno spaziotempo asintoticamente piatto è assisimmetrico se esiste un campo vettoriale di Killing m che sia spacelike all’infinito e per il quale tutte le orbite siano chiuse. Abbiamo visto nel capitolo 1 che per questo tipo di metrica ∂t è un vettore di Killing, al quale si associa l’energia per unità di massa come quantità conservata. Dunque: 2GM dt dt = 1− (2.5) = −g00 dτ Rc2 dτ dove è cosante sulla geodetica. Possiamo inserire nella (2.4) ottenendo " −1 # −2 1 2GM 2GM 2GM 2 2 2 1= 2 1− c − 1− Ṙ 1 − ⇒ c Rc2 Rc2 Rc2 2 −1 c2 2GM 2GM 2GM 2 1− − 1− c =− 1− Ṙ2 ⇒ 2 Rc2 Rc2 Rc2 2 2GM 2GM c2 2 2 −1+ Ṙ = 2 1 − Rc2 Rc2 (2.6) (2.7) (2.8) Ṙ2 .................. .. ... .. ... ... ... .. ... ... ... ... ... ... ... ............................. ... ... ...... ...... ... ... ...... ...... ... ..... ..... ... ... ..... .... . . ... . ..... ... .. . . ... .... . ... .. ..... . ... . . ... ..... . . ... . ..... ... .. ..... ... ... . . .... . ... ... . .... .. ... ..... . ... . .. ... ..... . . ... . ..... .... ... . . ... . ..... .... .... . ...... . .... ... . . .. ........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ ..... ... ..... .. ..... ..... ..... .... ..... ..... ..... ..... ... 2........... .. • 2M • R Rmax = 2M 1− 2GM Ṙ = 0 quando R = Rmax = (1− 2 )c2 , possiamo dunque considerare che il collasso inizi con velocità nulla. R poi diminuisce fino a raggiungere il valore 2GM asinc2 toticamente per t → ∞; quindi un osservatore esterno vede la stella contratta al massimo per R = 2GM . c2 Infatti, facendo un’analisi qualitativa dell’equazione differenziale (poniamoci in unità c = G = 1): Z R0 Z t0 dR q lim =∞≡ dt = t0 (2.9) R0 →2M R 2M 2M 0 max − cost(1 − R ) R Capitolo 2. I Buchi Neri 17 prende il nome di orizzonte degli eventi e rappresenta il La superficie R = 2GM c2 limite oltre il quale nessun segnale può più pervenire dalla regione al suo interno. Vedremo meglio questo aspetto tra breve. Se ora però studiamo il collasso dal punto di vista di un osservatore sulla superficie della stella, la variabile temporale rilevante è il tempo prorpio τ lungo la geodetica radiale −1 d dt d 1 2GM d = = 1− (2.10) dt dτ dτ Rc2 dτ Riscriviamo allora la (2.8) come dR dτ 2 =c 2 2GM − 1 + 2 Rc2 2 2 = c (1 − ) Rmax −1 R (2.11) dR 2 dτ ....... ......... ... ... ... .... ... .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .... ... ..... ... ..... ..... ... ..... ... ...... ...... ... ...... ... ....... ...... ... ... ... ............... ........ ... ......... .. ... . ........ ......... ... ......... ... ... ......... . ......... ... ... .......... ... .......... .......... ... .... ......... ......... ... . . . . . ....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... ........... ... ........... ... ........... ........... ........... ........... ........... ....... 0 Rmax 2M La superficie della stella collassa da R = Rmax attraverso R = proprio finito, raggiungendo lo zero in τ= πGM (1 − )3/2 2GM c2 R in un tempo (2.12) Prendiamo ora una particella massless (i.e. un fotone) che si muova lungo la geodetica radiale, che in questo caso sarà di tipo nullo: ds2 = 0. Nella trattazione seguente, per brevità, utilizzeremo il sistema di misura naturale in cui c = G = 1, ma questo non modificherà in alcun modo le considerazioni rilevanti alla nostra analisi. 1 dr 2M 2 2 dt = =± 1− (2.13) 2 dr ⇒ dt r 1 − 2M r Capitolo 2. I Buchi Neri 18 possiamo integrare questa equazione differenziale ottenendo t = ±r∗ + cost, dove r r∗ = r + 2M ln −1 (2.14) 2M è la coordinata radiale di Regge-Wheeler. Se 2M < r < ∞, allora −∞ < r∗ < ∞. Ora d(t ± r∗ ) = 0 su una geodetica radiale nulla. Possiamo allora definire la coordinata radiale nulla entrante v = t + r∗ , con −∞ < v < ∞, e riscrivere la soluzione di Schwarzschild nelle Coordinate entranti di Eddington-Finkelstein 2M 2 dv 2 + 2dvdr + r2 dΩ2 (2.15) ds = − 1 − r Questa metrica è inizialmente definita per r > 2M , in quanto l’argomento del logaritmo in (2.14) si azzera ad r = 2M e r∗ diverge. Tuttavia la forma ottenuta in (2.15) può essere prolungata senza problemi per ogni r > 0: la presenza del termine misto 2dvdr assicura che la soluzione resti definita anche per r = 2M ; non c’è nulla che impedisca alla stella di collassare oltre l’orizzonte degli eventi. Vediamo una schematizzazione di questo processo nel diagramma di Finkelstein, che proietta t∗ = v − r in funzione di r t∗ =. v − r r = 2M . ...... ........ ......... .......... . .... ... ...... ... ............. . .. ............ ........... ........... .... ......... .. .. . . . . . ............. ............. . . . ...................................... . . . ...... ......... .... ....... .. .... ... ... ................. . .... ....... . .... . . . ...... . . . . ...... .......... .................................................. .... ............ .... ... .... ... . . .... ... ... .... . . ....................................... .... . . ..... . . . ............. . . .... .. . . . . . . ..... . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... ....... ............ . ... ..... . . ........ . . ... . . . . .. .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ............ . ....... . . ..... .... . . ...... .... .. ... ... .... ... ... ............................................. .. ....................... ..... ..... .. ............... ... .... .. .... . . .. . ... .. ... .. .... .. . .... ..... . .. .... ... ... . ... ..... .... .. . . .. ....... ..... .... .......... .. ... .. .. ... . . .. ... ... .. . ... .. ... .. .. . .... .. ... ... .. ... .. .. . ... .. .. ... ................................ .. ..... ... .......... ..... .. ... . ................... .. . . . ... .. ... .. .. ... .. .. . ... .. .. .. . ... . .. .. ... .. .. ... ... . . ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................. .. .. .. ... .. .. .. ... .. . .. ... .. .. .. . ... . . .. ... . . . .. ......... .. . . . . .. . . .. ... .. .... ... .... .. ... .. . . .. .. .. ... .. ........ ... . ..... .. .. .. .. .. .. .. . .. .. .. ...... ... .. .. ... .. .. ... .. .. . . . . ... .. .. . .. .... ... .. .. .. .. ... .. .. .. .. ... .. ... .. .. .. . . ... .. .. .. .. ... .. ... . .. .. . ... . ... . .. .. . . ... ... .. .............. .. ... . . .. .. .. ... . .. . . ... . . .. .. . ... .. . . . .. .. .... . ... .. . . . .. .. ... .. . . . . .. ... .. ... . . . .. . ... .. ... . .. .. . . . . .. .. .. ... ... .. . .. ... . .. .. .. ... ... .. .. .. .. ... .. .. .. . ... .. .. .. .. .... .... . . singolarità cono di luce r=0 pppppppppp pppppppp p p geodetiche radiali pppppppp p p p p pp p nulle uscenti a r = 2M ppppp ppppp p p ppp pppp p ppp p ppp superficie della stella ppp ppp ppp ppp ppp ppp p pp increasing v p pp ppp ppp ppp ppp ppp ppp ppp ppp ppp ppp stella in ppp linee con v costante ppp collasso ppp pp r Il cono di luce, che rappresenta l’insieme degli eventi collegati causalmente con un punto p dello spaziotempo, viene distorto per r → 2M da r > 2M , fino a che Capitolo 2. I Buchi Neri 19 le traiettorie dei raggi di luce diventino parallele all’asse t∗ sull’orizzonte. Nessuna linea universo non-spacelike può raggiungere r > 2M da r ≤ 2M . Questo fatto può essere dimostrato in maniera formale considerando la metrica per una particella timelike o nulla (ds2 ≤ 0) nella regione r ≤ 2M : 2M 2 2 2 (2.16) − 1 + r dΩ ≤ 0 2drdv = − −ds + r quindi per ogni curva non spacelike drdv ≤ 0; ma dv = d(t + r∗ ) > 0 per linee universo dirette al futuro. Ciò implica che dr ≤ 0 con uguaglianza quando r = 2M , dΩ2 = 0. Nessun segnale può dunque fuggire all’infinto una volta che la stella ha oltrepassato r = 2M . Il collasso ha generato un buco nero. Per un osservatore esterno la superficie non raggiungerà mai l’orizzonte degli eventi, ma il redshift aumenta vertiginosamente se r → 2M ; la stella diventerà sempre più rossa fino a scomparire dalla vista. ∂ r = 2GM è un’ipersuperficie nulla nella metrica EF con vettore tangente l = f ∂v . c2 Se lo spaziotempo è statico (come in questo caso) l’orizzonte degli eventi è anche orizzonte di Killing per il vettore ∂t . L’orizzonte funziona come una membrana permeabile in un solo senso, ovvero permette a tutto di entrare ma a niente di uscire. Sembra paradossale perché esso è una conseguenza di una soluzione delle equazioni di campo, ed esse sono reversibili per inversione temporale. Definiamo allora la coordinata radiale nulla uscente come u = t − r∗ , −∞ < u < ∞ e riscriviamo la metrica di Schwarzschild nelle coordinate EF uscenti: 2M 2 ds = − 1 − du2 − 2dudr + r2 dΩ2 (2.17) r Di nuovo possiamo prolungare analiticamente la soluzione posta in questi termini per ogni r > 0. In questo caso però, la situazione nella regione r ≤ 2M è molto diversa dalla precedente. Infatti: 2M 2 2drdu = −ds + − 1 du2 + r2 dΩ2 ≥ 0 (2.18) r se ds2 ≤ 0. Cioè drdu ≥ 0 su linee universo timelike o nulle. Ma du > 0 per curve dirette al futuro e quindi dr ≥ 0. In una situazione del genere, una stella con superficie minore di r < 2M deve espandersi ed esplodere attraverso l’orizzonte degli eventi. Capitolo 2. I Buchi Neri . ...... .. . .. .. ......... ....... .. . .. .. ....... ....... .. .. .. . . . . . . ... .... . . . ..... . ... .. ... ... ... .. . .. ... .... .. ... .... .. .. ... . . ... . .. . .. .. .. ... .. .. .. .. . ... .. .. .. .. ... .... .. .. .. .. . ... . . . . . .. . ... ... .. .. .. ... ... ... .. . ... . ... .. .. .. . . ... . . . . .. .. ... .. .. .. ...... ... ... .. .. .. ... ... .. .. .. . .. . . . ... . .. . . . . . ... .... .. .. .. ... .. ........ .. .. ... .. ..... .. ....... ..... .. .. .. .. . . . ...... . . .. . . .. .. . . . . . . . . . ... .. .. .. ... . ... ... . . . . . . ..... . . . . . . ... . . ... .... ... .. .. ....... .. .. .. . .... ... .... .. .. .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... . . .... . . .. . ... .. ... .. .. .. . ... ... . .. .. ... . . . ... ... .. ... .. .. . ... .. ... . .. ... .... .. .... ..... . . ... . .. . . . ... . . . . . ... .. . .. . ..... .. ... ... .. ... .. ... ... .. . ... . . ... ... .. . .. ... . . .... .. .... . .... ................ . ... . . . . . .. . ... . . . . . .. . . . . . . . ... . . . . . . .. . . . . . . . ..... .... . . .............. .... . . . . .... . . .. . . ... . ... .... .. .. ..... .. . ..... .... .... . . ... . . ... . ..... .... ... .... . . . ... .... ... . ... . u+r r=0 singolarità pp pp p pp pp p pp pp p pp pp pp pp pp p pp pp p p p pp ppp pp pp p pp pppp ppp p p p pp ppp p p p p p pppp pppp ppp p p p p p p p ppppppp pp ppppppp 20 increasing u linee con u costante r superficie della stella r = 2M L’oggetto che abbiamo ottenuto si definisce buco bianco, ed è l’inverso temporale di un buco nero. In relatività generale entrambe queste soluzioni sono permesse, ma i buchi bianchi richiedono delle condizioni iniziali particolari nell’intorno di r = 0 che li rendono molto improbabili nella realtà. 2.2 Singolarità e completezza geodetica Il punto r = 0 nella soluzione di Schwarzschild rappresenta il risultato del collasso, ovvero il centro dove tutta la materia della stella si accumulerebbe in seguito alla contrazione, una regione in cui la densità e l’attrazione gravitazionale tendono a infinito. Si definisce singolarità, ed è un punto dello spaziotempo in cui la metrica o la sua inversa divergono. In certi casi la singolarità potrebbe derivare da una scelta errata delle coordinate e può essere eliminata con un semplice cambio di sistema di riferimento. Se però nessuna trasformazione risolve il problema, allora abbiamo una vera e propria singolarità dello spaziotempo. Se essa emerge dalla divergenza degli scalari costruiti a partire dal tensore di curvatura, allora è sicuramente irremovibile. Tuttavia esistono singolarità che non derivano dalla curvatura, come quella che si forma alla sommità di un cono ottenuto arrotolando un foglio. Tutti gli scalari rimangono finiti man mano che ci si approssima alla singolarità. Il punto Capitolo 2. I Buchi Neri 21 in sé e per sé avrebbe curvatura infinita, ma non ci sono carte che lo coprono. Si rende necessaria l’introduzione di una condizione più forte che va sotto il nome di completezza geodetica ”Uno spaziotempo è non singolare se e solo se tutte le geodetiche possono essere estese ad ogni valore del loro parametro affine” Non discuteremo oltre questo aspetto, ma è d’obbligo soffermarci un istante sul concetto di singolarità nuda. Alcune soluzioni dell’equazione di campo, come il buco bianco, prevedono l’esistenza di divergenze dello spaziotempo che siano collegabili da curve timelike con l’infinito, detto in altre parole sarebbe possibile raggiungere la singolarità e sfuggirle per ”raccontarlo”. Un altro caso significativo è quello della metrica di Schwarzschild per un oggetto di massa M < 0, ragionevole al livello teorico, ma abbastanza irreale dal punto di vista fisico. Quello che sembra emergere dallo studio del nostro universo è il fatto che le singolarità siano ”nascoste” o nel nostro futuro, cioè racchiuse da un orizzonte degli eventi che impedisce un qualsiasi tipo di osservazione, o nel nostro passato, come il Big Bang, e quindi in ogni caso inaccessibili. Tale idea ha indotto Roger Penrose a formulare la sua congettura di censura cosmica: se l’universo è asintoticamente piatto e governato dalla condizione di energia dominante1 (cioè si impone che la materia e l’energia siano definite positive) non possono esistere singolarità nude derivanti da collasso gravitazionale per uno spaziotempo inizialmente non singolare. 2.3 Spaziotempo di Kruskal Riprendendo le coordinate u, v che definiscono le metriche EF, possiamo osservare che nella regione r > 2M sono valide tutte e due. Possiamo dunque riscrivere la soluzione in funzione di entrambe come 2M 2 dudv + r2 dΩ2 (2.19) ds = − 1 − r 1 tratteremo in seguito la definizione di energia e le condizioni su di essa Capitolo 2. I Buchi Neri 22 Introduciamo le nuove coordinate U , V , definite per r > 2M secondo le relazioni u U = −e− 4M < 0 V =e v 4M (2.20) >0 (2.21) in termini delle quali si ottiene la metrica di Kruskal-Szekeres (V, U, θ, φ) ds2 = − 32M 3 − r e 2M dU dV + r2 dΩ2 r (2.22) r r∗ con r(U, V ) ottenibile dal prodotto U V = −e 2M = − r−2M e 2M . Anche in questo 2M caso possiamo prolungare analiticamente la soluzione per valori di U > 0 e V < 0; notare che l’orizzonte degli eventi corrisponde a U V = 0, cioè V = 0 o U = 0, mentre la singolarità r = 0 corrisponde a U V = 1. Linee con U e V costanti sono geodetiche radiali nulle rispettivamente uscenti o entranti. Posso disegnarle a 45◦ in un diagramma di questo tipo: singularity r=0 U .............. ......... ..... ..... .... . ... . .. .......... ....... ..... ....... . . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ....... .. ....... ... ....... ............ .. ......... . .. .. . . . . . . . . . .. ........ .. .......... ......... . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. . ......... ....... ... ..... .......... . ........... . .. .. .. . . . . .. .. ........... ..... ..... ............ . . . .. .. .. .. . ............. ..... ..... ......... .... ................ . . . . . . . . . ..... ..... .. . . . . . . . . . . . ....................................................................... .. .... ... ..... ..... ..... .. ..... ..... ... ..... ..... .... ... ..... .. ..... ..... ... . ... ..... . . ..... ...... . . . . . . ........... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .. ..... .... ..... ... ... ..... .................... ................... .... ..... ....... ..... .. ................ ..... . ..... . . . ................. ..... . ..... ..... .. ..... . . ..... . . ..... ..... ... ..... ..... . . . ..... . . .... ..... ... ..... ..... . ..... ..... .. ..... ..... ..... ..... . . . . . . . ..... . ..... ..... ..... ..... ... ..... ......... ......... .. . . . . . . . .... .... ... ..... ......... . ..... ..... ... ..... ..... ..... ..... . . . . . ..... ... .... . . . . . ..... . ... . . . . . . ..... ... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... .......... . ... . ............ . . . . . . . . ... . . ..... ........... . ......... ..... . . ..... . . ... . . ..... .... . . . . . ..... ... ... . . . . . . . ..... . ... . . . . . . ... ..... ... . . . . . . . ..... ... . ... . . . . . ..... . .... . . . . . ..... .. ... . . . . . . ..... ... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... ... ............. .. ... ... ............................. ... . . . . . . . . . . ..... ... . . . . . . . ... ........ .. .. .. .. .. .. .. .. .................. ..... .. . . . . . . . . . . . . . . . . ... . ..... ... . . . . . ..... ..... ......... . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. . ........ ..... ....... . .. .. . . . . . . . . . .. ......... ..... ....... . . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .............. ..... ........... . ..... ....... .......................... V r < 2M II IV r = 2M I r > 2M U <0 V >0 III singularity r=0 Abbiamo 4 regioni a seconda del segno che assumono U e V ; la zona I e la zona II, coperte anche dalle coordinate entranti EF, descrivono un buco nero e sono le uniche rilevanti nel collasso gravitazionale. Le regioni III e IV rappresentano invece un buco bianco e sono esprimibili anche nelle coordinate uscenti EF. Consideriamo in questa metrica un buco nero ideale che sia eterno, ovvero simmetrico nel passato e nel futuro; in questo caso non c’è ragione di escludere una parte dello spaziotempo e tutte e quattro le zone sono rilevanti. Si può dimostrare che Capitolo 2. I Buchi Neri 23 le regioni I e IV sono collegate tra loro da un ponte che abbia come punto centrale una 2sfera di raggio r = M/2 e come bordi delle 2sfere di raggio r = 2M . Tale connessione è nota come ponte di Einstein- Rosen. Il vettore di Killing k = ∂t genera nella varietà di Kruskal la trasformazione di traslazione temporale t → t + c, che è un’isometria per questo spaziotempo. k può essere espresso in funzione delle coordinate U, V come ∂ ∂ c4 V −U (2.23) k= 4GM ∂V ∂U Nel capitolo precedente avevamo definito la gravità superficiale κ tramite la (1.27); sull’orizzonte degli eventi identificato da U V = 0, che è orizzonte di Killing per il vettore k, possiamo notare che |κ| = c4 4M G (2.24) Questa relazione ci sarà utile in seguito. 2.4 Spaziotempo di Rindler Ritorniamo alla metrica di Schwarzschild espressa nella (2.2) e poniamoci in unità naturali: −1 2M 2M 2 2 ds = − 1 − dt + 1 − dr2 + r2 dΩ2 (2.25) r r effettuiamo ora la sostituzione r − 2M = r − 2M = x2 . 8M x2 1 ⇒ dr = xdx 8M 4M (2.26) A questo punto: 1− 2M r − 2M x2 /8M x2 /16M = = = r r 2M + x2 /8M 1 + x2 /16M Nel nostro sistema di misura κ = 1− 1 4M (2.27) e dunque 2M (κx)2 = r 1 + (κx)2 (2.28) Capitolo 2. I Buchi Neri 24 Vogliamo analizzare il comportamento della metrica per r → 2M , che equviale a dire x → 0. Questo implica, dalla (2.28) 1− 2M → (κx)2 r (2.29) Ma anche, osservando (2.26), dr = (κx)dx2 ⇒ dr2 = (κx)2 dx2 . Abbiamo allora, vicino l’orizzonte degli eventi, la metrica ds2 ≈ −(κx)2 dt2 + dx2 + 1 dΩ2 4κ (2.30) costituita da una 2sfera di raggio κ1 e da una metrica bidimensionale che prende il nome di spaziotempo di Rindler ds2 = (κx)2 dt2 + dx2 . Questa scrittura può essere a sua volta modificata e trasformata in ds2 = −dT 2 + dX 2 che non è nient’altro che lo spazio di Minkowski (bidimensionale) in coordinate particolari. La superficie x = 0 corrisponde all’orizzonte degli eventi r = 2M nelle coordinate usuali. L’introduzione della metrica di Rindler ci permette ora di dare un’interpretazione fisica alla gravità superficiale κ. Proposizione L’accelerazione prorpia di una particella che si muove nello spazio di Rindler su x = a−1 con a costante (cioè su orbite del vettore di Killing k) è a sua volta costante e uguale ad a Dimostrazione. Una particella che si muove su un’orbita timelike xµ (τ ) di un µ f ) ha quadrivelocità data da campo di Killing ξ (dove ξ µ = dx dτ ξµ uµ = p (−ξ 2 ) (2.31) La quadriaccelerazione è dunque D µ u = u · ∇uµ = dτ ξ · ∇ξ µ (ξ · ∂ξ 2 )ξ µ + (−ξ)2 2ξ 2 aµ = (2.32) (2.33) Ma per il campo vettoriale di Killing parallelo alla curva ξ µ ∂µ ξ 2 = 2ξ µ ξ ν ∇µ ξν = 0 (2.34) quindi aµ = ξ · ∇ξ µ (−ξ)2 (2.35) Capitolo 2. I Buchi Neri 25 Nello spaziotempo di Rindler con ξ = k si può dimostrare che vale 1 ∂ 1 ∂ + 0 0 0 U ∂V V ∂U 0 dove U 0 = −xe−κt , V 0 = xeκt . A questo punto avremo 1/2 1 1 µ ν 1/2 = |a| = (a a gµν ) = − 0 0 UV x aµ ∂µ = (2.36) (2.37) Quindi, per x = a−1 abbiamo |a| = a, cioè le orbite di k nello spaziotempo di Rindler sono linee universo con accelerazione propria costante. L’accelerazione cresce senza limite per x → 0, pertanto x = 0 è chiamato orizzonte accelerato. Nonostante il modulo della quadriaccelerazione di una linea x = cost diverga se ci si avvicina all’orizzonte, misurando tale quantità da un altra curva x = cost, essa rimarrà finita. Dal momento che su x = a−1 vale dτ 2 = (κx)2 dt2 , l’accelerazione misurata da un osservatore con tempo proprio t è dτ 1 a = κx = κ (2.38) dt x che ha un limite finito per x → 0. Nella metrica di Schwarzschild dt ≡ dτ se r → ∞, cioè un osservatore con tempo proprio t si trova all’infinito spaziale. La gravità superficiale è dunque l’accelerazione di una particella vicino all’orizzonte misurata da infinito. 2.5 Diagrammi di Carter Penrose Penrose ha definito un buco nero come la ”regione dello spaziotempo dalla quale nessun segnale può raggiungere l’infinito. L’idea è corretta, ma non molto soddisfacente dal momento che ”infinito” non è parte dello spaziotempo; possiamo però effettuare una trasformazione tale che tutti i punti che si trovano a ∞ nella metrica originale vengano portati ad un valore finito del parametro affine. La trasformazione dovrà lasciare inalterata la struttura causale dello spaziotempo. Sarà del tipo: ˜ 2 = Λ(~r, t)ds2 ; ds2 → ds Λ 6= 0 (2.39) I punti per i quali Λ(~r, t) tenderà a zero saranno proprio gli infiniti spaziali e temporali che vogliamo includere nella nostra rappresentazione. Prendiamo il caso semplice dello spaziotempo di Minkowski: ds2 = −dt2 + dr2 + r2 dΩ2 (2.40) Capitolo 2. I Buchi Neri 26 In primo luogo effettuiamo il cambio di coordinate u = t − r v = t + r (2.41) che portano la metrica a ds2 = −dudv + e adesso la seconda trasformazione u = tanU − π < U < 2 v = tanV − π < V < 2 (u − v)2 2 dΩ 4 π 2 π 2 (2.42) (2.43) con V ≥ U se r ≥ 0 In queste coordinate possiamo scrivere lo spaziotempo di Minkowski come ds2 = (2cosU cosV )−2 [−4dU dV + sen2 (V − U )dΩ2 ] (2.44) se scegliamo Λ = (2cosU cosV ) abbiamo la nuova metrica conforme ˜ 2 = −4dU dV + sen2 (V − U )dΩ2 ds (2.45) Per aggiungere i punti all’infinito basterà ora considerare i valori di U, V per i quali Λ = 0, in questo caso ± π2 . Considerando U > V possiamo determinare le seguenti zone: U = − π 2 infinito spaziale i0 (2.46) V = π 2 U = ± π 2 infinito temporale passato e futuro i± (2.47) V = ± π 2 U = − π 2 infinito nullo passato I − (2.48) π |V | = 6 2 |U | = 6 π2 infinito nullo futuro I + (2.49) V = − π 2 Lo spaziotempo di Minkowski è conformemente racchiuso nel nuovo spaziotempo ˜ 2 con bordo a Λ = 0. con metrica ds Capitolo 2. I Buchi Neri 27 Introduciamo le nuove coordinate spaziali e temporali τ = V + U , χ = V − U e otteniamo ds ˜ 2 = −dτ 2 + dχ2 + sen2 χdΩ2 (2.50) Λ = cosτ + cosχ χ è una variabile angolare con modulo 2π. Se non abbiamo ulteriori restrizioni ˜ 2 è quella dell’Universo Statico sull’intervallo di valori di τ e χ allora la metrica ds di Einstein di topologia R × S 3 . Le regioni χ = cost, con χ 6= 0, π sono 2-sfere di raggio |senχ|, mentre χ = 0, π sono i poli di una 3-sfera. Se rappresentiamo ogni 2-sfera come un punto, l’U.S.E. può essere disegnato come un cilindro. Per ottenere lo spazio di Minkowski dobbiamo confinare le variabili ad una regione triangolare −π ≤ τ ≤ π, 0 ≤ χ ≤ π τ π 0 .. . ....... ... .......... ... . . . . .... . ...... . . . . . .... . .. ..... . .. ... . ... ....... .. ... ... .. .. . . .. . ... . .. .... ... .. . .. ... ... .. .. .. ............ ... ... .. . . . . . . . . ... ... ... .. . . . ... ... .. . .. . . . . ... .... ...... ...... ...... ..... ..... ..... . . . . . ... ... . ... ..... . . ..... .... . . . . . . ... ... . ... ... . .... . . . . . . ... ........ . .. . . .. .. . . ..... .... . . . . . .......... . . . . . . ....... . . . .. . . . . . . .......... . . ....... .. .. .. ... .......... .. .. ...... .. .. .. .. ........ .... ... .. ............ ... .. ............... .. .. .......... ... ... .. . ....................... ...... ... ............................ ... ... .... . . ............................ .. . . ... ... . .. .. .. ... . . . . . ... ... . . . . . . . . . ... ... ... . . .. . . . . ... ..... . .. . .. . ... . . ... . . .. . . . . . . ... ... .. . . . . . ... ... ... . .... . . ... ... .. .......... .. . . . ....... ... ..... . . . . . . . ... .. . ... ... ... .. ... . . . . . ... .. . .. . ... . .... . . ... ... ........ .. . χ+τ =π ⇔ Ṽ = π/2, I+ π χ −π χ−τ =π ⇔ Ũ = −π/2, I− Appiattiamo il cilindro per ottenere il diagramma di Carter-Penrose dello spaziotempo di Minkowski Capitolo 2. I Buchi Neri 28 ..... . . .. . . . ... .. .. ...... . .. ................ ... ..... .. .. .... ..... ......... . . . . . . . . ..... ..... .. ... ..... ...... ... ... .... ... ... . ............. ... . .. ......... .. ..... ... ....... .... . . ..... .......... ... ..... . . .... ... . ..... .... ... ..... ... ..... ..... .... ........ ... ..... ......... . . . . . ... . . ..... .. ..... ..... .. ... ..... .. . .. ..... .. .. ..... .. . ..... .. ..... .. ... ..... .. ..... ....... . .. ..... ..... ..... ......... ... . . ..... .. ... . ..... . ..... .. .. ..... .. ..... .. . . .. ...... ..... .. ... . .. .. ......... ..... . .. ..... .. ......... ....... ..................................................................................................................................................... . .... ... ... ..... . . . . . . . . ..... .... .. .... . .. . . . . .... .. ... ..... .. ... .. ..... ..... .. . .. ..... . . . .. ... . . . ..... . . . . . . . . . . . .. . ...... . .. .. ... ... . . . . .... .. .. ................ ......... .. .. . . .. . .. .... . . ... . .. .. . . . . ... . .. . . ... . . ... . . .. . ... . . ... . . . . . . . . . . . . . ..... .... . .. ................ ... ..... ... ... ..... ..... ... ... ..... . .. . . . . .... .... .... ..... .. ....... ... .... ........ ... ... ....... ........... ....... ..... geodetiche timelike i+ Ṽ Ũ p pppppppp p pp pp ppppp p p ppp pppp p p ppp p pppp I+ i0 ppppp p ppp ppppp p ppppp p I r=0 ipersuperficie t = costante − geodetiche radiali nulle i− Ogni punto rappresenta una 2-sfera, eccetto r = 0, i0 , i± . I raggi di luce viaggiano a 45◦ da I − a I + . Geodetiche timelike partono da i− e terminano in i+ Diagramma di Penrose per lo spaziotempo di Kruskal La metrica conforme in questo caso è data da r 2M 2 ˜ dU dV + ∗ sen2 (V − U )dΩ2 ds = −4 1 − r r Dalla quale si più ricavare il diagramma CP: (2.51) Capitolo 2. I Buchi Neri 29 r costante < 2M .. .. .. .. . .. .. . ......... ......... ......... .......... . . . . ....... ....... ....... . . . . . . . . .......... . ..... ..... ..... ..... ..... ..... . ..... ....... ........ ....... ........ ....... ............................ ... ... ... . ... ... ... ............... ....... ............................... ..... ........................... .. . . . ..... . ......... ............ ......... ......... .... ......... ..... ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . .......... ..... ... ..... ...... ... .... .... ..... ......... . ... ... ...... ..... ..... ..... .......... ..... .. ......................... ..... ... ..... ..... ....................................... ....... ..... ... ..... ..... ..... ..... ..... . ......... ... . . . . ..... . . . . . ..... . ... ... ... ..... . . . . . . . . . . ..... ..... . ... ... ... . . . . . . . . ..... . . . . .. ..... .................... . ... . . . ..... . . . . . . . . . . . ..... . .. ..... .. . ... . .... . . . . . . . . . . . ..... ..... .. . ... ... . . . ..... . . . . . . . . . . . . ..... .. . ..... ... ... . . . . . . . . . . . . ..... ..... .. . ... ... . . . . ..... . . . . . . . . ..... .. ... ... . ..... . . . . . . . . . . . . ..... ..... .. ... ... . . . . . . . . ..... . . . . . ..... .. ... . .... ..... . . . . . . . . . . ..... .... . ..... .. .... . . . . . . . . . . .. ..... . . ........ . . . . ..... . ..... . . . ... ....... . . ..... . ..... . . . . . . ..... . ..... ... ... . . . . . . . . . . . . . ..... ..... .... .... .. ..... ..... .. ..... ..... .. ..... ..... . .. ..... ..... ..... ..... . .. ..... ..... ..... ..... . .. ..... ..... ..... .. . . . . . . . . . . . . . . ..... . ..... . . .... ..... ..... .. ... ...... ..... ..... ..... .... ..... ... ........... ..... ..... ..... . ..... ..... ... .... ......... ..... . ......... . . . . . . . . . . . . . . ..... ..... .. .... .... ..... ..... ... . ..... ... ..... ..... ..... . ... ..... ..... .. ..... ..... . ..... ..... .. ..... ..... .. . .. ......... ..... . ..... . . . . . . .. . . . ..... ..... ... . ... .. ...... ..... ..... . ..... . .. . . . . ..... ............ . ..... ........ . . .......... ....... ....... ....... ....... ....... ....... ........ ................. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .............. .... .... .... ......... .... .... .... .... .... .... .... .... .... ......... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ........ . . . .. . .. . . .. . .. . . . . .... ...... . . . . . . . . . . . . . .. . i+ I+ II IV r = 2M I i0 III I− r costante > 2M i− singolarità per r=0 Quello di Kruskal è un esempio di spaziotempo asintoticamente piatto, cioè diventa di Minkowski se r → ∞. Quindi i punti i0 e I ± si aggiungono analogamente al caso precedente. Nell’intorno di r = 2M introduciamo coordinate KS per passare attraverso l’orizzonte degli eventi. Tutte le ipersuperfici r = cost si incontrano a i+ , inclusa r = 0 che è singolare; questo implica che anche i+ sia singolare. La stessa cosa vale per i− , e dunque questi punti non possono essere aggiunti. Possiamo cambiare Λ in modo che r = 0 sia rappresentato da una linea retta. Nel caso di un stella in collasso solo la parte di diagramma rappresentante l’esterno dell’astro è rilevante; i dettagli dell’interno dipendono dalla struttura fisica della stella. Per un collasso a simmetria sferica senza pressione tutti i punti della superficie raggiungono la singolarità r = 0 simultaneamente. Capitolo 2. I Buchi Neri 30 . . . . . . .. . . . . .. .. .. .. . ...... . . .... .... .... .. .... + ...... ......... ........ ......... ........ .............. ........ ............ ..... ..... ..... .... ..... .. ..... .. ... .. ..... . ..... ................. ......... + . . . ..... ..... .. .... . . ...... . . . . .. . . ...... . . . . ... . . ..... .... ....... . . . . . . . . . . . ..... . ..... .... ... ..... .. . . . ..... ..... ... ... ..... ... ... . .... . ... ..... 0 . . .... . .. ... . . . . . ... ... . . . . ... ... .... . . . . . . .... .. .... ..... ..... ... .. ..... .... .. ..... . . . ... . .. ...... ... .. ......... ..... . − ..... ... ... ... .... .. .. .. ......... .. . . ... . ........ . . . . . . . . . ..... .. ...... ... . .. ............... ..... . .. .. ..... ... .. . ..... .. .. ..... . .. . . . ... .. . .. . . . . . .. . . . . . ... ..... . .. ..... ... .. ..... . . . . .. ... ... . . . ... . . .. .... ... ......... .. ...... ... .... ........ . . . . . ... ......... singolarità a r = 0 r=0 2.6 ppp ppp ppp ppp p pp ppp ppp p pp ppppp pp pp p p pp ppp p pp pp pp p pp pp pp p p pp i− i I r = 2M i I superficie della stella L’orizzonte degli eventi In questa sezione approfondiremo meglio il concetto di orizzonte degli eventi, e vedremo alcune sue importanti caratteristiche che ci saranno poi utili nello studio della meccanica dei buci neri. Assumiamo di avere uno spaziotempo M asintoticamente piatto. Definiamo J − (U ) il passato causale di un insieme di punti U ⊂ M e J¯− (U ) la chiusura topologica di J − , cioè l’insieme che includa i punti limite. Il bordo j − sarà dato da j − (U ) = J¯− (U ) − J − (U ) (2.52) L’orizzonte degli eventi f uturo H+ di M è definito come il bordo per il passato causale di I + i pp p pppp pp p p ppp pp pp pppp pp p p ppp pp pp pppp pp p ppp p ppp .... .... + .... .... ...... ......... ......... ......... ......... ......... ......... ........ ....... ..... .... .... .. ..... ... ..... .. ... ..... . ... .............. ..... + ... . .... ... .... . ... . . . . ......... ... ... . . . ...... ... ... . . ..... . . . . . . .. . . . . . . ..... .. ..... .. ... . . . . . ..... . ... ..... ... ... ..... .. .. .... . .. ..... 0 . . . .... . ... .. . . . . . . .. . . . . . . . ....... .. . . . . . . . . ............... . ... .. . . . . . . . . .. .. ..... .. ... ..... .... .. .. ..... . ..... ..... .... ... ..... ..... . .. . . . .. . .. ..... ..... ... − ..... .... .... . ..... ..... ... ..... ..... . ....... ..... . + .... . . .. ................ . . .......... . . . . . .. ... ..... .. ... .. .......... ... .. .... . ..... ... .. ..... .. . . . . . . ... .. ... . . ... . . ... . .. .... . .. . . . . . . ... . . . . . .. . . .. . ... ....... ... ..... ......... . ..... . .... ............. ....... ......... endpoint passato delle geodetiche nulle che generano H I H+ i I continuazione delle geodetiche nulle radiali da i+ i− Capitolo 2. I Buchi Neri 31 Proprietà (1) i0 e I − appartengono a J − (I + ), quindi non sono parte di H+ (2) H+ è un’ipersuperficie nulla (3) non esistono punti di H+ separati da curve timelike (4) Le geodetiche nulle che generano H+ possono avere punti terminali nel passato, nel senso che la continuazione ulteriore della geodetica nel passato non appartiene più a H+ (5)Teorema di Penrose. I generatori di H+ non hanno punti terminali nel futuro, perché, se li avessero, una continuazione della geodetica (nel futuro) potrebbe lasciare H+ . Questo implica che geodetiche nulle possono entrare in H+ ma non uscire. Tale fatto sarà fondamentale per comprendere e dimostrare il teorema dell’area (4.40) Per garantire la reversibilità temporale si introduce l’orizzonte degli eventi passato, dal quale le geodetiche nulle possono uscire ma non entrare: H− = j + (I − ) (2.53) ovvero il bordo del futuro causale di I − 2.7 Altre soluzioni e Teoremi rilevanti Per concludere il capitolo vogliamo fare un accenno alle altre metriche che descrivono lo spaziotempo intorno ad un buco nero, in base alle grandezze che lo caratterizzano. Se un buco nero possiede carica elettrica (o eventualmente una carica magnetica) si ottiene la Soluzione di Reissner-Nordstrom: −1 Q2 2M Q2 2M 2 2 + 2 dt + 1 − + 2 dr2 + r2 dΩ2 (2.54) ds = − 1 − r r r r Se il buco nero ruota anche attorno ad un asse di simmetria, lo spaziotempo è assisimmetrico e la metrica che descrive la varietà diventa quella data dalla Soluzione di Kerr-Newman: (r2 + a2 − ∆) (∆ − a2 sin2 θ) 2 dt − 2a sin2 θ dtdφ+ (2.55) ds2 = − Σ Σ (r2 + a2 )2 − ∆a2 sin2 θ 2 Σ sin θdφ2 + dr2 + Σdθ2 (2.56) Σ ∆ dove Σ = r2 + a2 cos2 θ (2.57) ∆ = r2 − 2M r + a2 + e2 (2.58) Capitolo 2. I Buchi Neri 32 p J , con J che rappresenta il momento angolare totale; e = Q2 + P 2 , mentre a = M dove Q e P sono la carica elettrica e magnetica. A questo punto si può enunciare un teorema, detto Teorema dell’assenza di peli, il quale afferma che le uniche grandezze fisiche che caratterizzano in maniera univoca un buco nero sono la massa M , il momento angolare J e la carica Q. Due buchi neri con uguali valori di tali osservabili sono di fatto indistinguibili. Questa importante proprietà si dimostra a partire da due risulati che ora esporremo, a titolo di completezza: Teorema di Israel Se (M, g) è uno spaziotempo statico, asintoticamente piatto e vuoto, non singolare al di fuori e su un orizzonte degli eventi, allora (M, g) è descritto dalla metrica di Schwarzschild Teorema di Carter − Robinson Se (M, g) è uno spaziotempo asintoticamente piatto e vuoto, stazionario e assisimmetrico, non singolare al di fuori e su un orizzonte degli eventi, allora la metrica è determinata solamente da due parametri, che sono la massa M e il momento angolare J Questi enunciati, assieme al teorema di Birkhoff già descritto all’inizio del capitolo, vanno sotto il nome di teoremi di unicità Capitolo 3 Energia e Momento Angolare Definizione(1). Una superficie di Cauchy parziale, Σ, per uno spaziotempo M è una ipersuperficie che non è intersecata da curve causali più di una volta. Definizione(2) Una curva causale si dice past-inextendable se non ha punti terminali nel passato. Definizione(3) Il dominio futuro di dipendenza, D+ (Σ), per Σ, è il set di punti p∈M per i quali ogni curva causale past-inextendable attraverso p intercetta Σ. 3.1 Formulazione covariante dell’integrale di carica Nello spazio tridimensionale usuale dove è presente una densità di carica ρ(~x, t), la carica totale nel volume V può essere scritta come Z Z ~ ·E ~ per equazione di Maxwell ρdV = dV ∇ (3.1) Q= V V Usando ora il teorema di Gauss per l’integrale di volume: I ~ ·E ~ (∂V =superficie di V) dS (3.2) ∂V Ora p ~ = ∂i E i = p1 ∂i g (3) E i ~ ·E ∇ g (3) dove g (3) è il determinante della metrica tridimensionale, dV = d3 x Z Z I p 3 i (3) ~ ·E ~ = dV ∇ d x∂i ( g E ) = dSi E i V V (3.3) p g (3) . Quindi: (3.4) ∂V Se vogliamo passare ad una formulazione generale covariante, dobbiamo sostituire al campo elettrico il tensore F µν e cambiare la divergenza con una quadridivergenza Capitolo 3. Energia e Momento Angolare 34 covariante ∇µ . Si può dimostrare che la relazione (3.3) si estende in maniera semplice come √ 1 ∇µ F µν = √ ∂µ ( −gF µν ) −g (3.5) con −g determinante della metrica quadridimensionale. Per vederlo esplicitamente consideriamo un campo vettoriale Aµ e facciamone la quadridivergenza 1 ∇µ Aµ = ∂µ Aµ + Γµαµ Aα = ∂µ Aµ + (g µσ ∂α gµσ )Aα = √2 √ 1 ∂ g 1 ( −g)( −g) α α µ α µ √ ∂µ A + A = ∂µ A + ∂α √ A = 2 g 2 ( −g)( −g) √ √ √ 1 1 µ α √ −g∂µ A + √ ∂α ( −g)( −g)A = −g 2 −g √ √ √ √ 1 2 −g 1 µ α √ −g∂µ A + √ ∂α ( −g)A = √ ∂µ ( −gAµ ) −g 2 −g −g (3.6) (3.7) (3.8) (3.9) Il volume è rimpiazzato da un’arbitraria ipersuperficie spacelike Σ che sia una superficie di Cauchy parziale, con contorno ∂Σ. L’elemento di Volume sarà un covettore non-spazio dSµ ; al posto della densità ρ utilizziamo la densità di quadricorrente J µ . La carica quindi potrà essere espressa nel seguente modo: Z dSµ J µ (3.10) Q= Σ Se Σ, almeno localmente, è la superficie t = costante, dSµ = (dV, ~0), J 0 = ρ; riotteniamo l’espressione precedente. Utilizzando ora le equazioni di Maxwell in forma covariante ∇ν F µν = J µ e il teorema di Gauss otteniamo Z I 1 µν Q= dSµ ∇ν F = dSµν F µν (3.11) 2 ∂Σ Σ dove dSµν è l’elemento di area su ∂Σ. Quando Σ è t = costante le uniche componenti non nulle di Sµν sono dS0i = −dSi0 ≡ dS i , dunque I Q= dSi F 0i ma F 0i = −F i0 = E i (3.12) ∂Σ 3.2 La definizione di Energia Non è possibile definire l’energia nello stesso modo con il quale abbiamo espresso la carica, poiché essa è associata ad un tensore simmetrico conservato T µν e non ad un Capitolo 3. Energia e Momento Angolare 35 vettore come la densità di corrente. Questo non è del tutto insolito se consideriamo che un’energia localmente conservata esiste solo in uno spaziotempo che ammette un campo vettoriale di Killing timelike. Possiamo allora definire l’energia totale in uno spaziotempo asintoticamente piatto come integrale esteso a tutta la superficie spaziale, poiché all’infinito ∂t è un vettore di Killing (ovviamente timelike). gµν → ηµν se r → ∞ (3.13) Assumiamo che, in coordinate cartesiane, la metrica possa essere scritta come gµν = ηµν + hµν dove h << 1 (limite di campo debole). In queste condizioni l’equazione di Einstein posta nella forma: 1 8πG (3.14) Rµν = 4 Tµν − T gµν c 2 diventa l’equazione di Pauli Fierz µν η ∂µ ∂ν hµν 16πG 1 + ∂µ ∂ν h − 2∂(µ hν) = − 4 Tµν − T ηµν c 2 (3.15) dove hµ = ∂ν hνµ . Scegliamo ora unità per le quali c = 1 e moltiplichiamo a destra e sinistra per η µν . Si ottiene la traccia dell’equazione precedente: 2h − ∂µ hµ = 8πGT (3.16) Consideriamo una sorgente statica debole in cui non ci sia pressione. In questo caso il tensore energia-impulso assume la forma Tµν ρ 0 = 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 ρ̇ = 0; 4Gπρ << 1 (3.17) 0 La condizione di staticità impone che ∂x∂ 0 hµν = ḣ = 0. Le componenti (00) delle equazioni (3.15) e (3.16) saranno dunque: ∇2 h00 = −8πGT00 (3.18) −∇2 h00 + ∇2 hjj − ∂i ∂j hij ≡ −∇2 h00 + ∂i (∂i hjj − ∂j hij ) = −8πGT00 (3.19) Capitolo 3. Energia e Momento Angolare 36 Possiamo ora sommare (3.19) con (3.19) e ottenere −∂i (∂i hjj − ∂j hij ) = 16πGT00 ⇒ 1 T00 = ∂i (∂j hij − ∂i hjj ) 16πG (3.20) (3.21) A questo punto Z E= 3 d xT00 t=cost 1 = 16πG I dSi (∂j hij − ∂i hjj ) (3.22) ∞ Nell’ultimo passaggio si è applicato il teorema di Gauss (dSi ≡ dS 0i ). Notare che l’integrale dipende soltanto dal campo asintotico. Possiamo cambiare le srgenti interne senza modificare il valore di E; la formula ha validità generale. Esiste anche un’altra espressione possibile per l’energia che utilizza i vettori di Killing. Sottrendo (3.19) con (3.19): −2∇2 h00 ≡ 2∂i ∂i h00 = ∂i (∂j hij − ∂i hjj ) (3.23) pertanto 1 E=− 8πG I dSi ∂i h00 (3.24) ∞ Ma g ij Γ00j = − 12 ∂i h00 , e dunque: I I 1 1 ij 0 E= dSi g Γ0j = dS0i ∇i k 0 4πG ∞ 4πG ∞ (3.25) Dove il risultato finale è stato ottenuto considerando che g i j∇i k 0 = ∇i k 0 = g ij (∂j k 0 + Γ00j k 0 ) = g i jΓ00j k 0 = g ij Γ00j (3.26) per k = ∂t . Ma k è asintoticamente vettore di Killing, quindi ∇µ k ν + ∇ν k µ = 0. Riscriviamo allora l’espressione dell’energia come: I 1 dSµν ∇µ k ν (3.27) E=− 8πG ∞ 3.3 Integral di Komar Sia V un volume dello spaziotempo su una ipersuperficie Σ con contorno ∂V . Ad ogni vettore di Killing ξ possiamo associare l’integrale di Komar I c Qξ (V ) = dSµν ∇µ ξ ν (3.28) 16πG ∂V Capitolo 3. Energia e Momento Angolare per qualche costante c. Applicando la legge di Gauss: Z 2c Qξ (V ) = dSµ ∇ν ∇µ ξ ν 16πG V 37 (3.29) Ricordiamo il lemma dei vettori di Killing: ∇ν ∇µ ξ ν = Rµν ξ ν ⇒ ∇ν ∇µ ξ ν = Rµν ξ ν (3.30) Dunque c 8πG R dSµ Rµν ξ ν = (usando le equazioni di Einstein) (3.31) R R c V dSµ T µν ξ ν − 21 T gµν ξ ν = V dSµ J µ (ξ) (3.32) dove si è introdotta la ”densità di corrente” J µ (ξ) = c T µν ξ ν − 21 T ξ ν . Si può dimostrare che questo oggetto è conservato , cioè che ∇µ J µ (ξ) = 0. Pertanto l’integrale di volume ad esso associato è una quantità costante nel tempo. Qξ (V ) = V Utilizzando gli integrali di Komar possiamo ritrovare il risultato per l’energia (3.27), con la costante c = −2 e ξ = k vettore di Killing legato alle traslazioni temporali. ∂ Se invece consideriamo uno spaziotempo assisimmetrico dove ξ = m = ∂φ , ponendo c = 1 otteniamo la definizione di momento angolare sul volume V I 1 J(V ) = dSµν ∇µ mν (3.33) 16πG ∂V Per calcolare il momento angolare totale è sufficiente estendere l’integrale su una 2sfera all’infinito spaziale. 3.4 Condizioni sull’energia Tµν soddisfa la condizione di energia dominante se per tutti i campi vettoriali v timelike diretti al futuro, il vettore j(v) = −v µ Tµ ν ∂ν (3.34) è zero o non spacelike, diretto al futuro; cioè −(v · j) ≥ 0 con uguaglianza se j = 0. Quindi −v µ jµ = +v µ v ν Tµν ≥ 0 (3.35) per ogni v timelike. Possiamo però estendere questa definizione nella condizione debole sull’energia: Capitolo 3. Energia e Momento Angolare 38 v µ v ν Tµν ≥ 0 per ogni campo v non-spacelike. In pratica si impone che il tensore energia-impulso sia definito positivo, ovvero si esclude la possibilità di avere masse < 0. In realtà esiste anche un altro vincolo noto come condizione sull’energia forte, il quale asserisce che 1 µ ν (3.36) v v Tµν − gµν T ≥ 0 ∀ v non-spacelike 2 Tale relazione in realtà non deriva dalla condizione dominante, e non ha una grande rilevanza fisica. Viene però introdotta per la dimostrazione di alcuni teoremi sulle singolarità. Capitolo 4 Meccanica dei Buchi Neri Andremo ora a ricavare le 4 le leggi che regolano la meccanica dei buchi neri, con particolare attenzione alle conseguenze fisiche, mostrando come queste possano essere messe in relazione con i principi classici della Termodinamica. Introdurremo la Radiazione di Hawking e ci concentreremo sul fenomeno dell’evaporazione di un buco nero, giungendo infine alla generalizzazione della seconda legge (teorema dell’area). 4.1 Equazione di Raychaudhuri e conseguenze sulla congruenza di geodetiche nulle Nello studio della congruenza geodetica nulla, abbiamo visto la definizione del proiettore nel sottospazio T⊥ dello spazio tangente, generato dai vettori η µ ortogonali a t e n. Da questa si è potuto scrivere la matrice B̂ µν , secondo la (1.47), in termini di 3 grandezze, θ, σµν e ωµν , rispettivamente espansione, deformazione e twist. Possiamo ora stabilire un altro legame tra questi parametri introducendo l’equazione di Raychaudhuri: dθ 1 2 µ µ ν = t ∇µ B ν P µ = − θ − σ µν σµν − ω µν ωµν − Rµν tµ tν (4.1) dλ 2 che esprime la variazione di θ lungo il parametro affine in dipendenza delle componenti algebriche di B̂ µν e del tensore di Ricci. Tale equazione può essere utile per ricavare alcuni risultati importanti sulla struttura delle ipersuperfici nulle, legati alle proprietà del moto, che troveranno la loro applicazione in seguito. P roposizione l’espansione θ delle geodetiche nulle generatrici di una ipersuperficie N obbedisce alla disuguaglianza 1 2 dθ ≤− θ (4.2) dλ 2 Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 40 assumendo che valga la condizione di energia debole, ovvero Tµν tµ tν ≥ 0 Dimostrazione É facile vedere che σ µν σµν ≥ 0 in quanto la metrica nello spazio T⊥ è definita positiva. Invece ω = 0 poiché, essendo su un’ipersuperficie nulla, i vettori t sono anche normali a tale ipersuperficie, pertanto vale il teorema enunciato in precedenza. L’equazione di Raychaudhuri si trasforma nel modo seguente: dθ 1 1 ≤ − θ2 − Rµν tµ tν = − θ2 − 8πGTµν tµ tν dλ 2 2 (4.3) Sfruttando ora l’ipotesi di energia debole, osserviamo che il termine −8πGTµν tµ tν è certamente negativo o nullo, quindi 1 dθ ≤ − θ2 dλ 2 (4.4) Corollario se θ = θ0 < 0 in un qualche punto p∈γ dove γ è un generatore dell’ipersuperficie nulla N , allora θ → ∞ lungo γ entro una lunghezza affine finita pari a |θ20 | Dimostrazione Sia λ parametro affine della curva γ tale che λ = 0 in p. Allora: dθ 1 d −1 1 ≤ − θ2 ⇔ θ > dλ 2 dλ 2 (4.5) banalmente, invertendo la disequazione differenziale. Dunque 1 θ−1 > λ + cost 2 (4.6) Ora, poiché θ(λ = 0) = θ0 , la costante non potrà eccedere il valore di θ0−1 . Pertanto: 1 θ0 θ−1 ≥ λ + θ0−1 ⇒ θ ≤ 2 1 + 21 λθ0 Se θ0 < 0, nel limite per λ → θ→∞ 2 |θ0 | (4.7) il denominatore tende a zero. Questo implica Al di là dei dettagli del calcolo è possibile interpretare questo risultato in senso fisico osservando quanto segue: se si hanno geodetiche nulle convergenti in una Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 41 certa regione dello spaziotempo, (cioè un’espansione θ < 0) la natura attrattiva della gravitazione, espressa nella condizione debole sull’energia, implica che tali geodetiche dovranno continuare a convergere. P roposizione(2) se N è un orizzonte di Killing,allora B̂µν = 0 e lungo i generatori dell’orizzonte. dθ dλ = 0, cioè l’espansione è costante Dimostrazione Sia ξ il vettore di Killing tale che ξ = f l, (lν ∇ν lµ = 0) sull’ipersuperficie N per una qualche funzione f non nulla. Poiché ω = 0, possiamo porre B̂µν = B̂(µν) , cioè il tensore può essere espresso in termini della sola parte simmetrica. Dunque: B̂µν = Pµ λ Bλρ P ρν = Pµ λ ∇(ρ lλ) P ρν = Pµ λ ∂(ρ f −1 ξλ) P ρν (4.8) considerando che ∇(ρ ξλ) = 0. Ora, scrivendo esplicitamente la somma simmetrizzata: Pµ λ ∂ρ f −1 ξλ P ρν + Pµ λ ∂λ f −1 ξρ P ρν = 0 (4.9) questo perché ξ è ortogonale a T , quindi quando il proiettore agisce sul vettore di Killing, in ciascuno dei due pezzi della somma, dà come risultato 0. dθ =0 In particolare θ = 0 ovunque in N , dunque dλ Da ciò segue il Corollario: Per un orizzonte di Killing N del campo vettoriale ξ vale Rµν ξ µ ξ ν |N = 0 4.2 (4.10) Le leggi della Meccanica dei Buchi Neri Si è visto nel capitolo 2 come il quadrato della gravità superficiale κ2 fosse costante su un orizzonte di Killing biforcato. La dimostrazione però non può essere effettuata se consideriamo solo una parte dell’orizzonte, escludendo quindi la 2-sfera di biforcazione. Questo è il caso di un collasso gravitazionale, nel quale si pone l’attenzione sull’orizzonte degli eventi futuro H+ (che abbiamo visto essere un orizzonte di Killing). Si può generalizzare il risultato introducendo la Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 42 Legge Zero Se Tµν obbedisce alla condizione di energia dominante allora κ è costante sull’orizzonte degli eventi futuro Dimostrazione Sia ξ il vettore di Killing normale ad H+ . Allora, dal momento che Rµν ξ µ ξ ν |N = 0 e ξ 2 = 0 su H+ , possiamo utilizzare le equazioni di Einstein e scrivere − Tµν ξ µ ξ ν |H+ ≡ Jµ ξ µ |H+ = 0 (4.11) ovvero che il vettore J = (−T µν ξ ν )∂µ è tangente a H+ . Ne segue che J può essere espanso in una base di vettori di H+ : J = aξ + b1 η (1) + b2 η (2) (4.12) su H+ . Ma dal momento che ξ · η (i) = 0, J può essere o spacelike, essendo somma di due vettori spacelike, o nullo (quando b1 = b2 = 0). D’altra parte, per la condizione di energia dominante, il vettore J deve risultare o timelike o nullo. Mettendo insieme i due vincoli, abbiamo necessariamente J nullo e possiamo esprimerlo come un multiplo del vettore di Killing: J = aξ. Dunque: 1 a (ξσ Jρ − ξρ Jσ )|H+ = (ξσ ξρ − ξρ ξσ )|H+ = 0 = ξ[σ Jρ] |H+ 2 2 (4.13) Sostituendo l’espressione di Jρ ottieniamo 0 = ξ[σ Tρ]λ ξλ |H+ = ξ[σ Rρ]λ ξλ |H+ (4.14) Dove nell’ultimo pezzo si sono sfruttate le equazioni di campo di Einstein. Si può mostrare che, applicando il lemma dei vettori di Killing e la definizione di gravità superficiale: 0 = ξ[σ Rρ]λ ξλ |H+ = ξ[σ ∂ρ] κ|H+ (4.15) Questo implica che anche∂ρ κ ∝ ξρ , quindi, per ogni vettore t tangente alla superficie, vale la relazione tρ ∂ρ κ = 0 ⇒ κ è costante su H+ Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 43 Legge di Smarr Sia Σ un’ipersuperficie spacelike nella spazio stazionario esterno ad un buco nero con un bordo interno, H, sull’orizzonte futuro e un altro bordo su i0 Figura 4.1: H è una 2-sfera che può essere considerata come il ”bordo” del buco nero Prendiamo l’integrale di Komar per il momento angolare calcolato su ∂Σ. Questo può essere visto come somma di due contributi, cioè di un integrale sul bordo i0 e di un integrale su H. Sfruttando il teorema di Gauss sul primo pezzo otteniamo: Z I 1 1 µ ν J= dSµ ∇ν ∇ m + dSµν ∇µ mν (4.16) 8πG Σ 16πG H Dove mµ rappresenta il vettore di Killing spacelike all’infinito associato alle simmetrie per rotazioni. Tale vettore, in un sistema di coordinate opportuno, può ∂ identificarsi con ∂φ . Ora possiamo utilizzare il lemma dei vettori di Killing e le equazioni di campo di Einstein: Z I Z 1 1 1 µ ν µ ν J= dSµ R ν m + dSµν ∇ m = dSµ (T µν mν − T mµ ) + JH 8πG Σ 16πG H 2 Σ (4.17) Supponiamo che il buco nero sia isolato, cioè che l’unico contributo al tensore energia-impulso venga dal campo elettromagnetico. Dunque Tµν = Tµν (F ) dove Fµν è il tensore di stress per il campo e.m. Dal momento che g µν Tµν (F ) = T (F ) = 0, l’integrale (4.17) diventa: Z J= dSµ T µν (F )mν + JH (4.18) Σ Applichiamo adesso la legge di Gauss all’integrale sull’energia totale, definita dalla (3.27), tenendo conto che essa coincide con la massa contenuta nello spaziotempo, misurata all’infinito spaziale. Facendo le stesse considerazioni del calcolo Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 44 precedente: Z Z 1 1 µ ν M =− dSµ R ν k − dSµν ∇µ k ν (4.19) 4πG Σ 8πG H dove questa volta k µ è il vettore di Killing associato alle traslazioni temporali, timelike all’infinito. Ora possiamo tenere conto che, sull’orizzonte degli eventi per un buco nero rotante con velocità angolare ΩH = 2M [M 2 +J√M 4 −J 2 ] , il vettore di Killing normale alla superficie è dato da ξ = k + ΩH m. Dunque si ha: I Z 1 µ ν µ dSµ (−2T ν k + T k ) − dSµν (∇µ ξ ν − ΩH ∇µ mν ) (4.20) M= 8πG Σ H dal momento che ΩH è costante su H.Facendo ancora l’ipotesi di uno spazio esterno privo di materia, Tµν (F ) → T (F ) = 0, possiamo scrivere: I Z 1 µ ν dSµν ∇µ ξ ν (4.21) M = −2 dSµ T ν (F )k + 2ΩH JH − 8πG H Σ Se ora assumiamo che il buco nero non possieda carica elettrica i.e. Tµν (F ) = 0, la relazione diventa I 1 M = 2ΩH JH − dSµν ∇µ ξ ν (4.22) 8πG H Lemma dSµν = (ξµ nν − ξν nµ )dA su H dove n è tale che ξ · n = −1 Dimostrazione Sappiamo che n e ξ sono normali ad H. Possiamo porci in un sistema opportuno di coordinate e verificare ”a mano” la validità della relazione. Figura 4.2 In coordinate tali che: 1 nµ = √ (1, −1, 0, 0) 2 1 ξµ = √ (1, 1, 0, 0) 2 (4.23) (4.24) Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 45 possiamo calcolare il modulo dell’elemento di area come dA = |dS01 | Infatti: 1 dS01 = (ξ0 n1 − ξ1 n0 )dA = (−1 − 1)dA = −dA 2 (4.25) c.v.d. Quindi: 1 − 8πG I 1 dSµν ∇ ξ = − 8πG H µ ν I dA(ξµ nν − ξν nµ )∇µ ξ ν = (4.26) H (4.27) 1 =− 8πG I dA(ξµ nν ∇µ ξ ν − ξν nµ ∇µ ξ ν ) = H I 1 dAξν nµ (∇µ ξ ν − ∇ν ξ µ ) =− 8πG H (4.28) (4.29) Possiamo ora sfruttare la definizione dei vettori di Killing che pone (∇µ ξ ν − ∇ν ξ µ ) = 2∇µ ξ ν , e la definizione di gravità superficiale ξµ ∇µ ξ ν = κξ ν Dunque: I I 1 κ µ ν − dAξµ ∇ ξ nν = − dAξ ν nν (4.30) 4πG H 4πG H che, utilizzando la condizione ξ · n = −1 porta a I κ κ dA = A 4πG H 4πG (4.31) dove A rappresenta ”l’area” dell’orizzonte degli eventi H. Questa superficie può essere definita anche tramite l’integrale Z A= dΩ2 r2 = 4πRs 2 (4.32) r=Rs Dove Rs rappresenta il raggio di Schwarzschild. Quindi abbiamo ottenuto la relazione, per un buco nero privo di carica M= κ A + 2ΩH J 4πG (4.33) nota come F ormula di Smarr. Nel caso in cui la carica Q 6= 0, l’espressione può essere generalizzata a M= κ A + 2ΩH J + ΦH Q 4πG Nella quale compare il potenziale elettrostatico ΦH sull’orizzonte. (4.34) Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 46 Prima Legge Se un buco nero di massa M , carica Q e momento angolare J, con orizzonte degli eventi futuro avente gravità superficiale pari a κ, potenziale elettrico superficiale ΦH , è perturbato in modo tale da essere portato ad una nuova soluzione con caratteristiche M + δM , Q + δQ, J + δJ, allora la variazione di massa può essere espressa mediante la legge dM = κ dA + ΩH dJ + ΦH dQ 8πG (4.35) Dimostrazione Proveremo il caso sempilce in cui Q = 0. I teoremi di uncità ci dicono che M = M (J, A). Se ci poniamo in notazione G = c = 1, area e momento angolare hanno entrambi le dimensioni di M 2 , quindi la funzione M (J, A) dovrà essere omogenea, di grado 21 . Applicando il teorema di Eulero per funzioni omogenee A ∂M ∂M 1 κ +J = M= A + ΩH J ∂A ∂J 2 8π dove nell’ultimo passaggio si è utilizzata la formula di Smarr. Questo porta a scrivere ∂M κ ∂M A − +J − ΩH = 0 ∂A 8π ∂J (4.36) (4.37) Ma A e J sono parametri liberi, quindi κ ∂M = ∂A 8π ∂M = ΩH ∂J (4.38) (4.39) Seconda Legge Se Tµν soddisfa alla condizione di energia debole e assumiamo vera l’ipotesi di censura cosmica, allora l’area dell’orizzonte degli eventi futuro di uno spazio asintoticamente piatto è una funzione non decrescente nel tempo i.e. δA ≥ 0 (4.40) Nel caso di due buchi neri in fase di collisione, l’area dell’orizzonte degli eventi finale sarà maggiore della somma delle aree degli orizzonti di partenza A3 > A2 + A1 (4.41) Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 47 Siano Σ(λ) e Σ(λ0 ) tali che Σ(λ0 )∈D+ (Σ(λ)) se λ0 > λ. Possiamo scegliere λ come parametro affine su una geodetica nulla generantrice di H+ . L’area dell’orizzonte A(λ) sarà l’intersezione tra Σ(λ) e H+ . La seconda legge afferma che A(λ0 ) > A(λ) se λ0 > λ. Dimostrazione Per dimostrare che A(λ) non può decrescere con l’aumento di λ è sufficiente mostrare che ogni elemento di area a di H ha questa proprietà. Ricordθ = θa vediamo che la seconda legge è verificata se θ > 0 in ogni punto dando che dλ di H+ . Per vedere che ciò funziona supponiamo per assurdo che θ < 0. Questo implica che le geodetiche devono convergere ad un fuoco; cioè geodetiche vicine ad una data, γ, passanti attraverso un punto p, devono intersecare γ a distanza finita da p. Il punto q per il quale ciò avviene è chiamato punto coniugato di p in γ. .. . ... ...... . ..... .. ......... . .. ... ..... . ..... ........... .......... . . .... ................ . ....... ... ....... ........ .... ....... .... . . . . . . ... .. . . . ... ... . . . .... .... ... .... . .... ... .... ... . . . . ... .. .... ... ... .. ... ..... ........ . . ... .. ... ... ...... .... . . . .. .... ....... .......... . . . . . .. .. ..... .... ... ... q γ conjugate point p Punti oltre q non sono più separati da p con curve nulle, sono separati da curve timelike. Per vedere esplicitamente questo fatto consideriamo l’evoluzione temporale di una 2-superficie piatta raffigurata in uno spaziotempo cilindrico: Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri t ....... ......... ... .... .. .. ..... .. .... .. ... ... .... . ... .. ... ...... ... ... ...... ... .. ...... ...... ...... ... . . . . ... . . . . ...... ... ... . . . . ... . . . ...... ...... ................ ... . . . . . ... . . . ..... .... . .... .... .. . . . . . . . . . ... .... . . ..... .... . .... ... .... . ... ........ . . ..... .... .... ... .... . . . . ......... . . . . ... . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ............. . . . ... .......... .. ... ... ..... ..... .... ... ... ..... ... .... . . . ... ... ..... ... ..... ... . ........ ..... .... ...... ... ..... ..... . .... ... ... .... .... ... . ... ... ..... . . ... . ... . . ... ... . . . . ... . . .. ... .. ... . ... . .... ... ... .... ... . ..... ... ... . . ..... ... ... . ..... . . ... . ... . ... ..... . ... . ... ... . .. ... .... ... ........ ........ .......... . . . ... ... ... ...... ... ... .... ..... . . . . ... ...... ... ..... . . . . . . ... . . ...... . ... . ... . . . . . . ... ... ... ... ... ... ... ... ..... ... .. ... ... . ... ... .. ..... .. ... ... .... ... .. . . . . . . . . ... .. .. .. ..... .. . . . ... . .... .... .. .... .... ... ..... .. ... . . ..... . ... .. ... ... . . . . . .. . ... .. ... .. .. . . . . ... . .... ... ... .... ... . .. ... .... . . ... .... ... .. . . . . ... ... ... .... .. ... ... . ... . .... ... ... ... ... ... ... ... ... . .. ... ...... ..... ... ..... .. ... ..... ... ..... ... ... ... ... .... ... ... .... . . ... ... ..... . ... . ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .... ... . ... ... . ... .... . ... ... . .... ... . . ... .... ... ... ... . . ..... . ... .. ........ ..... ..... ... . ... . .... . . . . . . . ... . . ..... ..... .... ... ......... ..... ..... . . . . . . ..... ... . ... ..... ...... .. ..... .... . . . . . . . .. . . ... . . .... ..... ... .. ... . . . ..... . ... ..... ... . ..... ..... ... ... ..... . . . . . ........... . . ..... ..... ... ... . . ........ . . . . . . . . . . . ...... . . ... ........ ...... .... ...... ........ ......... ..... ...... .. ......... ........... ...... .......... ............. ...... ... .......... ................ .................... ............................................................................... γ 48 punti su γ dopo q possono essere raggiunti da curve timelike che partono da p q γ punto coniugato a p su γ (sul lato opposto del cilindro) γ p spazio L’esistenza di q nel futuro di una geodetica nulla che genera H+ implica che tale generatore abbia un punto terminale al finito, e questo è in contraddizione con il teorema di Penrose; quindi θ ≥ 0 in ogni punto di H+ . Volendo immaginare in maniera fantasiosa la dimostrazione della seconda legge, potremmo pensare al confine dell’orizzonte (H+ ) come formato dalle traiettorie nello spaziotempo di raggi di luce che non riescono per pochissimo a sfuggire all’attrazione gravitazionale, rimanendo cosı̀ sospesi esattamente al margine del buco nero. Queste traiettorie non possono avvicinarsi l’una all’altra, altrimenti i raggi finirebbero per ”scontrarsi”, precipitando verso la singolarità. Ma se tali raggi venissero inghiottiti dal buco nero non potrebbero mai essere stati al suo confine (la traiettoria non sarebbe più nulla ma timelike). Questo fa concludere che i fasci luminosi devono o viaggare paralleli o allontanarsi nel tempo. La condizione θ = 0 si realizza soltanto se si ha uno spaziotempo stazionario. Vediamo ora come esempio la formazione di un buco nero per collasso a simmetria sferica senza pressione, illustrato nel seguente diagramma di Finkelstein: Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri t . ....... .......... .... ... . ... .... ... ... ... .. 49 ppp ppp pppppp ppp ppp ppp ppp ppp ppppppp ppp ppp p p p p p p p p p p p p ppp p p p p ppp ppppp pppp pp ppppp pp ppppp ppp pp ppppp ppppp p pp p pp p A (λ2 ) ≈ 16πM 2 + pppppppppp p p ppppp ppp H+ p pppp p H ppp pppppppppppppppp p p p p p p p p p ppppppppppppppppppppppppppp pppppppppp ppppppppppppppp ppp ppp ppp Σ (λ2 λ1 ) pp p p p p p pppp ppp p p ppp ppp ppppppp p p p ppp p p p p p p p ppp pppp ..........................................................................................p.p.... ..... ..... ..... .p.p.p..p ppp..... ........ .....ppp.p.p..p.p ..... ..... ..... ......p.............................................................................................................. ..... . ppp p p p pp p pp p pp p ..... p ... p p p p .... p . .. p p p . . p p p p .. p p .. p . p . p p . p . . . p p p pp pp .... ... .... p ppppp ppppp ppppp ppppp ppppp pppp p pppp ... ..... ... ..... pp p pp ppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppp pp ppppppp A (λ1 ) 6= 0 .. p .... . . . p . . ppppppp p pp ppp p ..... pp ... p p . p p p .... p p . . p . p p . . p pppppppp ppppppp ppp ..... p ... Σ (λ1 ) .p...p..... .... ppp ... .... ....... pp ... ..... . . . . . endpoint passato per ...........................................................................................................................................p...........................................................................................................................................p.p................................................................... .... .... p.p.. ....... ....... ....... ....... ....... ....... .......... ....... ....... ....... pppp .... . . . p . . . . . . ... .. p tutti i generatori nulli di H+ p ... ... . . . .. ... . . . . . . . . . .pp.p . . . . . . . . . . ... pp ... p .. .. p . . p . ppp ... p ... ... ... ppp .. pp ... .. p p p p p . .. p p p p p p p p p p p p . . p p p pp ppppp ppppp pp ... ... p ppppp p pp ppp p p ... ... .. pppp p ppppp ... pp p p ppp ppp .. . ... . . p p p p pp ... p ppp ... Star pp pppp ... ... ppppppppp .. .. p p .. .. p A (λ0 ) = 0 . . p p . . p p . p p pp p p p p p ... ... ppp p p p p p p p p p p p p p pp p ... ... p p p . p p .. . p p p . p . ppppppppp p p p p p p .. .. .. p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p p ppppppppp .. ... ... ...................................................................................... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .......... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ............................................................................................................ .... ..... ... .... ... .... . . .. . . .. .... . . . . . . ... ... .... ... ..... .. ..... .. .... . . . . . ... ... .... ... ..... .... .. .... .. . . . . . . ........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................ . ... ... ... ... ... ... .. .. . . .. ... .. ... ... ...................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... Σ (λ0 ) A = 0 su Σ(λ0 ). L’orizzonte degli eventi inizia poi la sua formazione, avremo A 6= 0 su Σ(λ1 ) e questo valore aumenta fino al termine del collasso, quando 2 = 16πG2 Mc3 utilizzando la formula di Smarr per un buco nero di A = 4πG M κ Schwarzschild (in notazione G = c = 1, A = 16πM 2 ). Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 50 Conseguenze della seconda legge (1) Limite all’efficienza di conversione massa/energia nella collisione di due buchi neri. Consideriamo il diagramma per due buchi neri di massa M1 e M2 che si uniscono formando un buco nero di massa M3 ............................................................ ........... ................ ......... ........... . .................. ........... .. ................. ........... ... . . . . . ...................... . . . . . . . . . . ... . ............................... ... .. .. .. ... .. .. ... .. .. .. .. ... .. .......... .. .. ...... .. ............ ... .. .................... ..... .... . .. . . . . . . . . . ... .. ....... ..... ....... . . . . . . ...... .. . .......... + . . .. . . . . . . . . . . . . ...... . .. .. . ....... ..... .. ... .. .. ..... . .. ... ... ................ .. ... ... ... .. ...... .. ..... ................ ... . . . . . ... .. . . . . ...... ... .. ............. ... ........... ... ...... .... ... .... .... .... ... .......... . . . . . . . .... . . ....... .. ..... . . . .... . . . . . . . . ..... ... .... ... . . . . . . . . . ..... ... .. .... . . . . ... . . . ..... .. ... ... . . . . . . . .... ... ... . ... . . . . . .... ... . ... . . . . . ... . ... .. ... ... . . . ... ... .. .. . . ... ... .. .. . . . ... ... .. .. . ... . ... . . . . ... . . . ... ... ... ... . . . ... . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. ... ..... . ..... . .... . ... . . . . . . ..... ..... . . . . ... ... . . . . . .. . ... ..... ....... ....... ......... . ...... . . . ....... . . . . . ...... . . . ........ ... .......... .............................................. ...................................... M3 H + H+ nuovi generatori entrano nell’orizzonte H in questo punto M1 onde gravitazionali M2 L’energia radiata nel processo, in unità G = c = 1, è data da Erad = M1 + M2 − M3 (4.42) Conseguentemente l’efficienza, definita come il rapporto tra energia radiata ed energia a disposizione, si può esprimere come: η= M3 M1 + M2 − M3 =1− M1 + M2 M1 + M2 (4.43) Supponiamo che i buchi neri di partenza siano stazionari; dalla formula di Smarr: A1 = 16πM1 2 (4.44) A2 = 16πM2 2 (4.45) Ora, applicando la seconda legge: A3 = 16πM3 2 ≥ 16π(M1 2 + M2 2 ) p M3 ≥ M1 2 + M2 2 Se sostituiamo questo risultato nell’espressione dell’efficienza otteniamo p M1 2 + M2 2 1 η ≤1− ≤1− √ M1 + M2 2 (4.46) (4.47) (4.48) Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 51 L’energia radiata potrebbe essere utilizzata per compiere lavoro. In pratica la seconda legge limita l’utilizzo di energia che può essere estratta da un buco nero come la seconda legge della termodinamica limita l’efficienza di una macchina termica. Chiariremo in seguito questo primo parallelismo. (2) I buchi neri non si possono biforcare. Consideriamo il processo inverso al precedente, ovvero un buco nero di massa M3 che si divide in due buchi neri di massa M1 > 0 e M2 > 0. Il teorema dell’area ci dice che: p (4.49) M3 ≤ M1 2 + M2 2 ≤ M1 + M2 Ma la conservazione dell’energia richiede M3 ≥ M1 + M2 con M3 −M1 −M2 energia radiata nel processo. Siamo giunti ad un assurdo. Terza Legge Non è possibile, mediante alcun processo fisico, ridurre la gravità superficiale κ di un buco nero a zero attraverso un numero f inito di operazioni. Questa legge non ha una vera e propria dimostrazione matematica. Risulta più una congettura, come l’ipotesi di censura cosmica. Si può tuttavia intuire se ci riferiamo alla soluzione di Kerr per un buco nero rotante. Si può dimostrare che esiste una relazione esplicita che lega la gravità superficiale alla massa e al momento angolare: p M 4 − JH4 i h κ= (4.50) p 4 2 4 2M M + M − JH Supponendo di voler ridurre κ tentiamo di aumentare il momento angolare inserendo particelle all’interno del buco nero. Si osserva che la diminuzione della gravità superficiale diventa sempre più piccola man mano che la massa e il momento anJH golare tendono al rapporto critico M 2 = 1 per il quale κ → 0. JH Processi di accrescimento tali che M 2 → 1 richiedono un tempo infinito e un’infinita divisibilità della materia. Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 4.3 52 La Radiazione di Hawking Prima di addentrarci nel confronto tra meccanica dei buchi neri e leggi classiche della termodinamica, è d’obbligo introdurre un processo predetto da S. Hawking nel 1974 che prende il nome di Radiazione di Hawking. Il fisico britannico, utilizzando la teoria quantistica dei campi, ha calcolato la possibilità per un buco nero di ”emettere” un flusso di radiazione con spettro di corpo nero, legato ad una temperatura inversamente proporzionale alla massa. Sebbene questo conto richieda concetti di fisica più avanzati, possiamo comunque descriverlo in maniera qualitativa e dedurne le conseguenze fisiche. Innanzitutto ricaviamo la Temperatura di Hawking Vogliamo studiare il comportamento di un campo quantistico in prossimità dell’orizzonte degli eventi. Definiamo un tempo immaginario τ = −it ed estendiamo il suo dominio dai valori immaginari puri a valori reali. Nello spaziotempo stazionario intorno ad un buco nero statico questo porta alla continuazione della metrica di Schwarzschild nella M etrica di Schwarzschild Euclidea: 2M dr2 2 + r2 dΩ2 dsE = 1 − (4.51) dτ 2 + r 1 − 2M r che è singolare per r = 2M . Passiamo allora alla Metrica Euclidea di Rindler x2 ponendo il solito cambio di variabile r − 2M = 8M e facendo il limite per r → 2M si ha: ds2E ≈ (κx2 )dτ 2 + dx2 + 1 dΩ2 4κ2 (4.52) dove (κx2 )dτ 2 + dx2 è la metrica di Rindler Euclidea. Questo pezzo può essere riscritto come dx2 + x2 d(κτ )2 , che rappresenta una metrica piatta in coordinate polari piane, a patto di operare la scelta τ ∼ τ + 2π . κ In parole povere, la periodizzazione di τ rende la singolarità r = 2M solo di coordinate (come r = 0 nelle polari). Questo fatto pone delle conseguenze sui tipi di campo (cioè funzioni dello spaziotempo) che dobbiamo considerare; avremo bisogno di quantità Φ(~x, τ ) periodiche in τ . Il prossimo passo richiede il passaggio a quella che viene definita formulazione di Feymann della meccanica quantistica nell’introduzione degli Integrali F unzionali Euclidei. Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 53 L’integrazione funzionale è un insieme di risultati matematici e fisici in cui il dominio di un integrale non è più una regione di spazio, ma uno spazio di funzioni. Per un determinato processo fisico, tutte le ampiezze di probabilità, date dall’evoluzioS ne temporale del sistema, sono pesate tramite la funzione e ~ dove S rappresenta l’azione, nel nostro caso l’azione euclidea Z dq (4.53) SE = dt −ip + H dt L’integrale funzionale considera tutte le possibili evoluzioni del sistema dallo stato iniziale a quello finale. Si può dimostrare che se il campo Φ è periodico di periodo ~β, l’integrale funzionale si scrive come Z = tr e−βH (4.54) che rappresenta la funzione di partizione di un sistema quantomeccanico di hamiltoniana H e temperatura T data dalla relazione β = (KB T )−1 . Al di là dei dettagli del calcolo, ciò che emerge da questo discorso è l’aver ricavato una temperatura semplicemente imponendo una periodizzazione della coordinata temporale, al fine di evitare l’occorrenza di una singolarità. Avendo dunque posto possiamo dire: il periodo pari a 2π κ ~β = ~(KB T )−1 = 2π κ (4.55) Un campo quantistico può allora essere in equilibrio termico con un buco nero solo alla temperatura di Hawking definita come TH = κ~ 2πKB c (4.56) Dove si è introdotto il fattore c posto in origine pari a 1. Ricordando che nello c4 si ha spaziotempo di Schwarzschild la gravità superificiale ha espressione κ = 4M G TH = c3 ~ 8M GπKB (4.57) Questa grandezza può essere vista come la temperatura del buco nero se consideriamo questo un oggetto ”che irradia”. A breve potremo capire il senso di tale affermazione. Da notare intanto la dipendenza di TH dall’inverso della massa, da ∂T < 0; l’equilibrio alla temperatura di Hawking è instabile, cui consegue C −1 = ∂M ovvero appena il buco nero assorbe radiazione o materia, aumentando la sua massa, la temperatura diminuisce (cioè il calore specifico di un buco nero è negativo). Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 54 Legge di Tolman La temperatura locale T di un sistema statico immerso in un campo gravitazionale e in equilibrio termico soddisfa: 1 (−k 2 ) 2 T = T0 (4.58) ∂ dove T0 è costante e k è il vettore di Killing timelike ∂t . Se k 2 → −1 asintoticamente, possiamo identificare T0 come la temperatura misurata ”da infinito”. Nella metrica di Schwarzschild: T0 ≡ TH = κ~ 2πKB c (4.59) Poniamoci ora vicino a r = 2M nelle coordinate di Rindler, dove si può dimostrare ∂ che x = 0 è orizzonte di Killing per k = ∂t e che (−k 2 ) = κx. In questo caso, assumendo ~ = KB = 1, abbiamo: 1 (−k 2 ) 2 T ≡ (κx)T = κ 2π (4.60) −1 Quindi T = x2π è la temperatura misurata da un osservatore che si trovi su orbite di k vicino all’orizzonte. Ma x = a−1 , costante, per tale osservatore, dove a è il modulo della quadriaccelerazione. Dunque T = a 2π (4.61) è la temperatura locale del sistema. Nel caso dello spaziotempo di Rindler T → 0 quando x → ∞, questo implica che la temperatura di Hawking, cioè la temperatura misurata all’infinito spaziale, sia nulla. Ciò non è cosı̀ strano se consideriamo che la metrica di Rindler non è altro che la metrica di Minkowski in coordinate inusuali; non c’è nulla in questo spazio che irradi. Se invece consideriamo uno spaziotempo contenente al suo interno un buco nero Tlocale → TH 6= 0 all’infinito. Ciò lascia presagire che un buco nero deve emettere radiazione prorpio alla temperatura di Hawking. Ma come può un oggetto che per definizione non permette neanche alla luce di sfuggire al suo campo gravitazionale, irradiare con uno spettro di corpo nero? La risposta viene, ancora una volta, dalla teoria quantistica dei campi, ma non è necessario ricorrere al formalismo matematico, in quanto il processo di generazione di particelle può essere compreso con un ragionamento intuitivo. Il flusso di radiazione ’emesso’ in realtà non proviene dall0 interno del buco nero, ma dalla Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 55 zona immediatamente al di fuori dell’orizzonte degli eventi. Qui la presenza di fluttuazioni quantistiche del vuoto permette la produzione continua in coppie di h particelle e antiparticelle che si annichilano dopo un intervallo di tempo ∆t ∼ ∆E stabilito dal principio di indeterminazione Energia-Tempo (∆t∆E ≥ h). In questa finestra brevissima il principio di conservazione dell’energia può essere violato. Le particelle create in questo modo sono dette virtuali. La struttura dello spaziotempo in prossimità dell’orizzonte degli eventi modifica però questo processo, in modo che alcune delle particelle vengano attirate all’interno del buco nero, mentre altre possano sfuggirgli. Questo fa sı̀ che la particella ’liberata’ acquisti in modo permanente l’energia presa in prestito attraverso il principio di indeterminazione, diventa cioè reale; la conservazione dell’energia torna a valere, trascorso l’intervallo ∆t, e quindi la compagna caduta oltre l’orizzonte si ritroverà con E < 0. In tal modo la massa del buco nero subirà una leggerissima diminuzione, con conseguente aumento della temperatura. Cosı̀ ad un osservatore esterno sembrerà che il buco nero abbia appena irradiato una parte della sua energia. Cerchiamo ora di vedere a grandi linee il conto effettuato da Hawking per ricavare lo spettro della radiazione emessa. In primo luogo consideriamo un risultato della QFT, nel quale si mostra come la quantizzazione di un campo scalare in un universo non stazionario porta alla creazione di un flusso di particelle in numero medio < Ni >. In un buco nero però, se si aspetta un tempo sufficientemente lungo dopo il collasso gravitazionale, è possibile considerare l’universo stazionario e quindi il fenomeno di emissione sarebbe un evento transiente, determinato dalle condizioni del collasso. Tuttavia, l’infinita dilatazione temporale all’orizzonte degli eventi implica che le particelle create nella fase di collasso possano concedersi un tempo arbitrariamente lungo per uscire. Questo suggerisce la possibilità di avere un flusso di particelle anche nella fase in cui lo spaziotempo si è stabilizzato, dovuto all’esistenza dell’orizzonte ed indipendente dai dettagli di formazione del buco nero. Tale flusso è di natura termica e prende il nome di Radiazione di Hawking. Il calcolo del numero medio di particelle osservate può essere effettuato considerando un campo di radiazione (non massivo) Φ nello spaziotempo di Schwarzschild e conduce al risultato < Ni >= 1 ω 2π κi e −1 (4.62) Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 56 se sfruttiamo ora l’equazione (4.56) , sostituendola nella (4.62) otteniamo proprio la distribuzione di Planck per una radiazione a frequenza ωi , emessa a temperatura TH . Quindi la temperatura di Hawking è proprio il valore alla quale il buco nero irradia la sua energia. Si può ora ricavare la legge di Stephan-Boltzman, che ci dice qual’è la potenza media irraggiata dall’orizzonte degli eventi (compare un segno ”-” in quanto l’emissione determina una diminuzione dell’energia del buco nero) dE ' −σATH4 dt W π 2 KB4 σ= = 5.67 × 10−8 2 4 3 60~c mK con A area dell’orizzonte e σ costante di Stephan. Ora, dal momento che 2 ~c3 MG 2 ; K T ∼ E = Mc ; A ' B H c2 GM (4.63) (4.64) (4.65) abbiamo: dM c4 ~ ∼ 2 2 dt GM (4.66) Supponendo che dM << M , possiamo integrare l’equazione trovando una stima dt della vita media di un buco nero τ∼ G2 3 M c4 ~ (4.67) Questo risutato è sorprendente. Un buco nero irradia la sua energia perdendo massa e incrementando la sua temperatura. Se il processo prosegue indefinitamente, l’oggetto può evaporare, si pensa attraverso una violenta emissione di raggi gamma. Volendo fare una stima per questo tempo τ , consideriamo un buco nero di massa pari a quella solare. L’energia emessa dall’orizzonte per unità di tempo vale P ∼ 9 × 10−29 W , una quantità infinitesima se paragonata, ad esempio, alla potenza irradiata dal Sole. Il tempo di evaporazione vale approssimativamente τ ∼ 1067 anni, un periodo estremamente più lungo dell’età dell’universo. Se invece la massa del buco nero fosse 1012 Kg, la vita media si accorcerebbe notevolmente, all’incirca tre miliardi di anni. Tutta questa costruzione appare però in netta contraddizione con le leggi della meccanica prima enunciate, in particolar modo con la seconda. Infatti, assumendo Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 57 che la massa sia proporzionale all’area dell’orizzonte degli eventi, una diminuzione della prima comporterebbe inevitabilmente una riduzione della superficie. Sarà allora necessario generalizzare la seconda legge, tenendo conto del fenomeno di emissione. 4.4 La Termodinamica dei Buchi Neri In questa ultima sezione riassumiamo le 4 leggi approfondendone il significato e la loro relazione con le grandezze della Termodinamica. (0) Se Tµν obbedisce alla condizione di energia dominante allora κ è costante sull’orizzonte degli eventi futuro. Il principio zero della termodinamica asserisce che un corpo in equilibrio termico abbia temperatura uniforme. Questo fatto suggerisce un’analogia tra T e la gravità superficiale κ, che può essere esplicitata considerando la relazione (4.56), a patto di identificare a temperatura di Hawking con la temperatura effettiva del buco nero. (1) In unità c = G = 1: dM = κ dA + ΩH dJ + ΦH dQ 8π Concentriamoci sul coefficiente temperatura di Hawking come κ . 8π (4.68) Questo può essere riscritto in funzione della κ TH = 8π 4~ (4.69) dM = TH dSBH + ΩH dJ + ΦH dQ (4.70) Sostiuendo abbiamo A Il termine SBH = 4~ identifica l’Entropia del buco nero, proporzionale all’area dell’orizzonte degli eventi. Immettendo le costanti c, G, KB otteniamo SBH = K4lB2A , p q G~ 2 dove lp = è la lunghezza di Planck. c3 L’equazione (4.70) scritta in questi termini ricorda, nella struttura, il primo principio della termodinamica dU = T dS − P dV , dove dU è la variazione di energia interna e P dV rappresenta il lavoro di espansione compiuto sul sistema. Potremmo allora considerare il termine ΩH dJ + ΦH dQ come il lavoro compiuto da un qualche agente esterno che aumenta momento angolare e carica, cosı̀ da ottenere Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 58 un parallelismo diretto tra prima legge e primo principio. Bisogna però tenere conto di un problema intrinseco in questa associazione. Considerando le prime due leggi cosı̀ come sono state ottenute, nella definizione classica di buco nero, il collegamento tra entropia, temperatura e area sarebbe solo fittizio. Infatti un buco nero non ha spettro di emissione, e pertanto la sua temperatura reale deve coincidere con lo zero assoluto. Conseguentemente sarebbe possibile aggiungere entropia e materia al sistema senza modificarlo in alcun modo. In questa accezione, un buco nero sembra trascendere i principi fondamentali della fisica, tra cui la conservazione dell’Energia e del numero barionico. L’introduzione della radiazione di Hawking (e quindi la possibilità di irraggiare energia ad una data temperatura) permettono di risolvere questi paradossi, attribuendo una validità fisica alla connessione tra grandezze termodinamiche e struttura dei buchi neri. Il prezzo da pagare è l’apparente contraddizione tra seconda legge e fenomeno di evaporazione, contrasto che verrà ora chiarito grazie alla relazione appena stabilita tra Area ed Entropia. (2) δA ≥ 0 (4.71) Nel caso di due buchi neri in fase di collisione, l’area dell’orizzonte degli eventi finale sarà maggiore della somma delle aree degli orizzonti di partenza A3 > A2 + A1 (4.72) Avevamo visto prima come l’efficienza dell’energia radiata durante il processo di collisione fosse limitata da questa legge cosı̀ come il secondo principio della termodinamica limita l’efficienza di un motore termico. Ora è chiaro che, associando SBH = A 4~ (4.73) la seconda legge si può scrivere equivalentemente δSBH ≥ 0, formulazione del ben noto principio della termodinamica nel caso in cui il sistema sia isolato termicamente. Consideriamo ora il processo di evaporazione tramite radiazione di Hawking. Come già osservato l’area dell’orizzonte degli eventi, ora espressa in termini di entropia, decresce se viene irraggiata energia; tuttavia la radiazione emessa è termica, cioè Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri 59 trasporta l’energia persa dal buco nero ad una data temperatura (TH ) e quindi causa un aumento nell’entropia dello spaziotempo esterno all’orizzonte. Questo suggerisce di considerare non solo SBH , ma anche Sest , ovvero la funzione S = SBH + Sest (4.74) che permette di enunciare la: Seconda legge della termodinamica generalizzata S = SBH + Sest è sempre una funzione non decrescente nel tempo, per qualsiasi processo fisico Questo principio fu per primo intuito dal fisico israeliano Beckenstein (senza conoscere la forma precisa di SBH ); egli si basò sulla considerazione che l’entropia nello spazio esterno decresce necessariamente se la materia viene inglobata dal buco nero. Come spiegato prima, questo fatto violerebbe il secondo principio della termodinamica se non si assegnasse un’entropia propria del buco nero. (3) Non è possibile, mediante alcun processo fisico, ridurre la gravità superficiale κ di un buco nero a zero attraverso un numero finito di operazioni. Se κ è associato alla temperatura del buco nero, allora la terza legge implica che non è possibile raggiungere lo zero assoluto con un numero finito di operazioni. Cioè TH → 0 ⇔ t → ∞ (4.75) Questo è proprio l’enunciato del terzo principio della termodinamica, dove le ”operazioni” non sono altro che le trasformazioni termodinamiche compiute sul sistema. Possiamo dunque ritenere conclusa la trattazione delle proprietà meccaniche e termodinamiche dei buchi neri. Molti aspetti necessitano uno studio più approfondito e tecnico, ma già una visione generale, come quella che è stata sviluppata in siffatta tesi, ha permesso di cogliere il punto di vista fisico e l’importanza che rivestono i buchi neri nella comprensione delle leggi e dei meccanismi che regolano il nostro Universo. Bibliografia [1] S.Weinberg: Gravitation and cosmology: principles and applications of the general theory of relativity, edizione John Wiley & Sons, 1-248; [2] P.K. Townsend: Black Holes-Lecture notes gr-qc/9707012v1, University of Cambridge,4 Luglio 1997, 1-137; [3] T.Ortı́n: Gravity and strings, edizione Cambridge University Press, 187-212; [4] S.W.Hawking e G.F.R.Ellis: The large scale structure of space-time, edizione Cambridge University Press, 117-124, 256-289,308-323; [5] J.D.Bekenstein, Phys. Rev. D9 (1973), 2333-2346; [6] J.D.Bekenstein, Phys. Rev. D7 (1974), 3292-3300; [7] S.W.Hawking, A Brief History of Time, edizione Bantam Books, Aprile 1988, 120-131; [8] L.Smarr, Phys. Rev. 30 (1973) 71-73; [9] J.M.Bardeem, S.W.Hawking, B.Carter, Phys. Rev. 31 (1973)161-170 [10] L.D.Landau, E.M. Lifshitz, The Classical Theory of Fields, Volume 2, edizione Butterworth Heinemann, Giugno 1947, 316-330,356-362;