Termodinamica dei Buchi Neri

Transcript

Termodinamica dei Buchi Neri
Università degli Studi di Perugia
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea Triennale in Fisica
Tesi di Laurea
Termodinamica dei Buchi Neri
Candidato:
Lorenzo Pizzuti
Relatore:
Prof. Gianluca Grignani
Dicembre 2013
A mia madre, mio padre e mia sorella Maria Giulia per
avermi sorretto e guidato in questo percorso, con
pazienza e amore
A Chiara, per aver illuminato la mia vita con dolcezza,
riempendola d’affetto e di sorrisi
Ai miei nonni, per l’infinita saggezza e per un
immancabile sostegno
Indice
1 Introduzione al formalismo e nozioni di base
1.1 Geodetiche e parametrizzazione affine . . . . .
1.2 Vettori di Killing . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Ipersuperfici Nulle . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Orizzonti di Killing . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.1 Orizzonti non degeneri . . . . . . . . .
1.5 Congruenze geodetiche . . . . . . . . . . . . .
2 I Buchi Neri
2.1 La formazione di un buco nero . . .
2.2 Singolarità e completezza geodetica
2.3 Spaziotempo di Kruskal . . . . . .
2.4 Spaziotempo di Rindler . . . . . . .
2.5 Diagrammi di Carter Penrose . . .
2.6 L’orizzonte degli eventi . . . . . . .
2.7 Altre soluzioni e Teoremi rilevanti .
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3 Energia e Momento Angolare
3.1 Formulazione covariante dell’integrale
3.2 La definizione di Energia . . . . . . .
3.3 Integral di Komar . . . . . . . . . . .
3.4 Condizioni sull’energia . . . . . . . .
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di carica
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4 Meccanica dei Buchi Neri
4.1 Equazione di Raychaudhuri e conseguenze sulla congruenza di geodetiche nulle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Le leggi della Meccanica dei Buchi Neri . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 La Radiazione di Hawking . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4 La Termodinamica dei Buchi Neri . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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57
Capitolo 1
Introduzione al formalismo e
nozioni di base
In questa sezione definiremo alcuni concetti fondamentali di geometria differenziale, che verranno poi utilizzati nel corso della trattazione per descrivere la struttura
e le proprietà più importanti dei buchi neri.
L’imponente edifico della relatività generale, che costituisce l’impianto della nostra
analisi, poggia sulla nozione di Spaziotempo, ovvero una varietà differenziabile
quadridimensionale (M, g) sulla quale è presente una metrica g.
La metrica (o tensore metrico) è un tensore simmetrico di rango (0,2) che stabilisce
la ”fisionomia” dello spaziotempo, permettendo di definire quantità invarianti per
trasformazioni di coordinate quali l’elemento di distanza tra due punti e il prodotto
scalare di due 4-vettori.
Il campo gravitazionale viene visto come una modifica geometrica della varietà, cioè
un cambiamento nella metrica; la presenza di massa, o equivalentemente di energia, deforma uno spaziotempo piatto (spaziotempo di Minkowski) generando una
curvatura. Ciò implica che le leggi della meccanica valide in relatività ristretta vadano riadattate in questa nuova visione; la richiesta che esse abbiano la stessa forma
in tutti i sistemi di riferimento porta all’utilizzo di un formalismo matematico più
complesso, ma che consente di scrivere le equazioni in maniera compatta ed efficace.
1.1
Geodetiche e parametrizzazione affine
Consideriamo una particella di massa m che si muove su una curva timelike C tra
due punti A e B. L’azione per questa particella è data dall’integrale:
Z B
2
I = −mc
dτ
(1.1)
A
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
dove τ è il tempo proprio misurato in un sistema solidale con il corpo
r
√
p
dxµ dxν
gµν dλ
dτ = −ds2 = −dxµ dxν gµν = −
dλ dλ
2
(1.2)
con λ numero reale che parametrizza la curva C. Possiamo allora riscrivere l’integrale come
Z Br
dxµ dxν
2
gµν dλ
(1.3)
I = −mc
−
dλ dλ
A
δI
Se la curva è tale che δx(λ)
= 0 allora, per definizione, C è una geodetica. Da notare
d
che dλ identifica il vettore tangente alla curva.
Un modo equivalente per ottenere le geodetiche consiste nell’introdurre la funzione
e(λ) e considerare la nuova azione
Z
1 λB dxµ dxν
−1
2
gµν e (λ) − m e(λ) dλ
(1.4)
I(x, e) =
2 λA
dλ dλ
Si può dimostrare che valgono le relazioni:
r
δI
1
dτ
dxµ dxν
=0⇒e=
gµν =
−
δe
m
dλdλ
dλµ
µ
δI
D dx
de dx
=0⇒
= e−1
µ
δx
dλ dλ
dλ dλ
(1.5)
(1.6)
D
dove dλ
è la derivata covariante lungo la curva x(λ).
La libertà nella scelta di λ è equivalente alla libertà nel determinare e(λ). Allora,
d
in generale, ogni curva xµ (λ) con vettore tangente t = dλ
che soddisfa
D µ
t = f (x)tµ
dλ
(1.7)
dove f è una funzione arbitraria, per ogni campo vettoriale V su C, è una geodetica.
Ora, considerando la derivata covariante rispetto alla coordinata xν :
tν ∇ν V µ = tν ∂ν V µ + tν Γµνρ V ρ =
d µ dxν µ ρ
D µ
V +
Γνρ V =
V
dλ
dλ
dλ
(1.8)
(1.9)
Un campo vettoriale V per cui
D µ
V = f (x)V µ
dλ
(1.10)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
3
si dice trasportato parallelamente lungo la curva. Quindi una curva C è una geodetica se, dalla (1.7), il vettore tangente è trasportato parallelamente a se stesso
D µ
t = 0 si chiama parametro af f ine.
lungo C. Il parametro per il quale dλ
Un corpo che si muove sotto l’azione della forza gravitazionale percorre una traiettoria la cui equazione è data da
d2 xµ dxi dxj µ
Γ =0
+
dτ 2
dτ dτ ij
(1.11)
i
che è proprio l’equazione della geodetica per τ parametro affine e dx
vettore tandτ
gente alla curva, in questo caso identifica la quadrivelocità della particella.
Γµij sono i Simboli di Christoffel, o connessione af f ine, legati al tensore di Reimann, l’oggetto che identifica la presenza di una curvatura. Da notare che, in uno
spazio piatto (i.e. Γ = 0, sistema localmente inerziale), la (1.11) descrive la traiettoria di una particella libera.
Si possono identificare tre classi di geodetiche, a seconda della tipologia del vettore
ad esse tangente:
Timelike. Rappresentano la traiettoria di un corpo massivo in caduta libera in
presenza di un campo gravitazionale
Nulle. Descrivono il percorso seguito nello spaziotempo da una particella con massa a riposo nulla sotto l’azione della gravità
Spacelike. Identificano un insieme di eventi che appaiono simultanei ad un osservatore appropriato
1.2
Vettori di Killing
Consideriamo la trasformazione
xµ → xµ − αk µ ; e → e
si può far veder che l’azione diventa, al primo ordine:
Z
α λB
dxµ dxν
I(x, e) → I(x, e) −
dλe−1
(Lk g)µν + O(α2 )
2 λA
dλ dλ
(1.12)
(1.13)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
4
dove
(Lk g)µν = k λ gµν,λ + k λ,µ gλν + k λ,ν gµλ
(1.14)
è la derivata covariante della metrica fatta lungo il vettore k. Se ora prendo l’operatore L(∇), cioè l’oggetto che ottengo sostituendo la derivata normale con la
derivata covariante, questo è un tensore. Allora la quantità L(∇) − L(∂) è ancora
di natura tensoriale. In un sistema di riferimento localmente inerziale ∇ ≡ ∂ e
dunque L(∇) − L(∂) = 0 ⇒ L(∇) = L(∂).
Tale equivalenza deve però persistere in qualsiasi sistema di riferimento, e dunque
posso sostituire liberamente ∇ alla derivata ordinaria
λ
λ
(Lk g)µν = k λ gµν;λ + k;µ
gλν + k;ν
gµλ
(1.15)
Se consideriamo che la metrica debba essere compatibile con la connessione, ovvero
che sia invariante per trasporto parallelo, il primo termine è nullo. Dunque:
(Lk g)µν = kν;µ + kµ;ν = ∇(µ kν)
(1.16)
L’azione è invariante, al primo ordine, se (Lk g) = 0. Un campo vettoriale k che
soddisfa questa proprietà si chiama campo vettoriale di Killing.
Questi vettori sono associati a simmetrie dell’azione, e quindi a quantità conserν
vate. Ad esempio la ’carica’ Q = k µ pµ , dove pµ = e−1 dx
g = mdxν dτ gµν è il
dλ µν
quadrimpulso associato alla particella, è tale che dQ
= 0. Si dimostra con le equadλ
zioni di Eulero-Lagrange.
In meccanica quantistica ad ogni osservabile si associa un corrispondente operatore.
Se consideriamo pµ → −i∂µ la carica diventa Q = −ik µ ∂µ .Si possono allora vedere
le componenti di k come componenti di un operatore differenziale k ≡ k µ ∂µ nella
base {∂µ }. Conviene identifcare l’operatore con il campo vettoriale di Killing. Per
tai vettori è possibile scegliere sempre un sistema di coordinate locali per le quali
∂
∂
risulta k = ∂ξ
, dove ξ è una delle coordinate. In questo sistema Lk gµν = ∂τ
gµν ,
quindi k è vettore di Killing se gµν è indipendente da ξ. Ad esempio nella metrica di Schwarzschild, che vedremo in dettaglio nel capitolo successivo, la metrica è
∂
indipendente dal tempo, cioè ∂t gµν = 0, e allora k = ∂t
è un campo vettoriale di
Killing. La quantità conservata in questo caso è data da
mk µ
dxν
dt
gµν = mg00
= −m
dτ
dτ
dove è l’energia per unità di massa
(1.17)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
1.3
5
Ipersuperfici Nulle
Sia S(x) una funzione regolare dello spaziotempo nelle coordinate xµ ; consideriamo
la famiglia di ipersuperfici, ovvero sottovarietà definite imponendo un vincolo sulle
coordinate, per S = costante. Si può far vedere che il vettore normale a tali
ipersuperfici è dato da
l = f (x)g µν ∂ν S∂µ
(1.18)
dove f è un’arbitraria funzione non nulla.
Se l2 = 0 per una certo elemento N della famiglia, allora N è un’ipersuperficie
nulla
Un vettore tangente t in N è tale che tµ lµ = 0. Ma, per definizione, lµ lµ = 0;
questo implica che l sia tangente alla superficie per qualche curva x(λ).
P roposizione
le curve xµ (λ) sono geodetiche
Dimostrazione Supponiamo N un membro della famiglia generica S = costante.
Allora:
lρ ∇ρ lµ = (lρ ∂ρ f )g µν ∂ν S + f g µν lρ ∇ρ ∂ν S
Ora, considerando che g µν ∂ν S =
lµ
f
(1.19)
possiamo riscrivere il primo termine come
lρ ∂ρ (lnf )lµ
(1.20)
e dunque, sfruttando inoltre la simmetria dei simboli di Christoffel nella derivata
covariante:
lρ ∇ρ lµ = lρ ∂ρ (lnf )lµ + f g µν lρ ∇ν ∂ρ S =
(1.21)
= lρ ∂ρ (lnf )lµ + f lρ ∇µ (f −1 lρ ) =
d
lnf lµ + lρ ∇µ lρ − ∂ µ (lnf )l2 =
dλ
d
1
=
lnf lµ + l2,µ − ∂ µ (lnf )l2
dλ
2
(1.22)
=
(1.23)
(1.24)
Ovviamente l2 |N = 0, ma questo non implica che 12 l2,µ |N = 0 a meno che l’intera
famiglia sia nulla. Tuttavia, dal momento che l2 è costante su N , tµ ∂µ l2 = 0 per
ogni vettore t tangente a N . Quindi
∂µ l2 |N ∝ lµ
(1.25)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
6
che implica, dalla (1.24)
l ρ ∇ρ l µ ∝ l µ
(1.26)
cioè xµ (λ) è una geodetica con vettore tangente l. La funzione f può essere scelta
in modo che λ sia un parametro affine.
Def inizione
le geodetiche nulle xµ (λ) con parametro affine λ per le quali i vettori tangenti sono
normali all’ipersuperficie N sono i generatori di N
1.4
Orizzonti di Killing
Un’ipersuperficie nulla N è un orizzonte di Killing per il vettore di Killing ξ se tale
vettore è normale alla superficie.
Sia l vettore normale a N tale che lν ∇ν lµ = 0. Il campo ξ deve essere tale che
ξ = f l su N per una qualche funzione f . Allora ne segue che
ξ ν ∇ν ξ µ = f lν ∇ν f lµ = f 2 lν ∇ν lµ + f lν ∂ν (f )lµ = ξ ν ∂ν (ln|f |)ξ µ
(1.27)
Definiamo κ = ξ ν ∂ν (ln|f |) la gravità superficiale dell’orizzonte. Si può dimostrare
che vale la relazione
1
(1.28)
κ2 = − (∇µ ξ ν )(∇µ ξν )|N
2
per ricavarla si usa il teorema di Frobenius, secondo cui ξ[µ ∇ν ξρ] |N = 0 se ξ è un
vettore normale a N , e l’equazione che definisce i vettori di Killing.
Un’altra relazione importante è data dal
Lemma dei vettori di Killing
∇ρ ∇ν ξ ν = Rνρµσ ξ σ
(1.29)
P roposizione
κ è costante su orbite di ξ
Dimostrazione
sia t vettore tangente a N . Allora
1
tρ ∇ρ (κ2 ) = tρ ∂ρ (κ2 ) = − tρ ∇ρ (∇µ ξ ν )2 =
2
= −(∇µ ξ ν )tρ ∇ρ ∇µ ξν |N = −(∇µ ξ ν )tρ Rνµρ σ ξσ
(1.30)
(1.31)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
7
Ma ξ è anche tangente a N , quindi posso scegliere t ≡ ξ
ξ · ∂κ2 = −(∇µ ξ ν )Rνµρσ ξ ρ ξ σ
(1.32)
Ma sappiamo che Rνµρσ = −Rνµσρ . Possiamo dunque riscrivere la (1.32) come
ξ · ∂κ2 = +(∇µ ξ ν )Rνµσρ ξ ρ ξ σ
(1.33)
Sommando (1.32) con (1.33) otteniamo banalmente la condizione ξ · ∂κ2 = 0 che
implica κ costante.
1.4.1
Orizzonti non degeneri
Un orizzonte di Killing non degenere è tale per cui κ 6= 0. Possiamo dimostrare
che se κ 6= 0 su un orbita del vettore ξ in N , allora quest’orbita coincide soltanto
con una parte del generatore nullo di N
Prendiamo un sistema di coordinate tale che ξ = ∂α (dove α è una delle coordinate)
e supponiamo α = α(λ) su un’orbita di ξ con parametro affine λ. Allora:
ξ|orbit =
dλ d
= fl
dα dλ
(1.34)
Consideriamo adesso ∂α (ln|f |) = κ dove κ è costante su orbite di ξ in N . Per tali
orbite vale f = f0 eκα per un’arbitraria costante f0 . Senza perdere in generalità
possiamo porre f0 = ±κ e quindi
f=
dλ
= ±κeκα ⇒ λ = ±eκα + cost
dα
(1.35)
dove la costante è ininfluente. α può variare liberamente nell’intervallo [+∞, −∞],
coprendo in ogni caso solo una parte del generatore, a seconda del segno che scegliamo per λ.
Quando α → −∞, λ → 0; il punto di biforcazione λ = 0 è un punto fissato dell’orbita, e si può mostrare essere in realtà una 2sfera, chiamata 2sfera di biforcazione.
P roposizione Se N è un orizzonte di Killing biforcato con 2sfera di biforcazione B, allora κ2 costante su N
Dimostrazione
κ2 è costante per ogni orbita di ξ. IL suo valore può essere calcolato quindi al
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
8
punto limite dell’orbita su B. Quindi κ2 è costante su tutto N se risulta costante
su tutto B. Ma noi sappiamo che
ξ · ∂κ2 = −(∇µ ξ ν )tρ Rνµρ σ ξσ = 0
(1.36)
anche in B dato che ξσ |N = 0.
Se N è un orizzonte di Killing per il campo ξ con gravità superficiale κ, N è anche
orizzonte del vettore cξ con gravità c2 ξ per una qualche costante c. Questo implica
che la gravità superficiale sia una funzione che dipende dalla normalizzazione del
vettore di Killing perpendicolare a N . Tuttavia non esiste una normalizzazione
naturale per ξ su N , visto che ξ 2 = 0; allora, se lo spaziotempo è asintoticamente
piatto si normalizza all’infinito spaziale.
Ad esempio, nel già citato spaziotempo di Schwarzschild, per il vettore timelike k
si sceglie k 2 = −1 se r → ∞.
Si possono definire anche orizzonti degeneri, tali per cui κ = 0, anche se non sono
fisicamente significativi. In questo caso non è presente una 2sfera di biforcazione.
1.5
Congruenze geodetiche
Def inizione. Una congruenza è una famiglia di curve tali che per ogni punto della
varietà passa esattamente una e una sola curva.
Se le curve sono geodetiche si ha una congruenza geodetica. L’equazione di questa famiglia può essere scritta come xµ = xµ (y α , λ) dove y α etichetta la geodetica
µ
d
= dx
∂ è il vettore tangente
(α = 0, 1, 2) e λ è un parametro affine, cioè t = dλ
dλ µ
ν
µ
tale che t ∇ν t = 0.
µ
dx
Consideriamo ora il set ηα = dydα = dy
α ∂µ ; possiamo identificarlo come una base per
i ”vettori spostamento” attraverso la congruenza (quei vettori che mi permettono
di passare da una geodetica ad un’altra)
Notare che t e ηα commutano. Questo si può vedere immediatamente, scegliendo
il sistema di coordinate nel quale
t=
∂
∂
; ηα = α
∂λ
∂y
(1.37)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
9
E quindi si ha:
tν ∂ν ηαµ ∂µ = ηαν ∂ν tµ ∂µ
(1.38)
⇒ tν ∂ν ηαµ − ηαν ∂ν tµ = 0
(1.39)
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geodetiche vicine
t ppppppppppp
pp p p
pppppppppppppppppppppppppppppppp
η
λ costante
Possiamo osservare che, aggiungendo tν Γµσν ηασ −ηαν Γµσν tσ questo non altera il risultato
per simmetria della connessione. Dunque:
tν (∂ν ηαµ + Γµσν ηασ ) − ηαν (∂ν tµ + Γµσν tσ ) = tν ∇µ ηαµ − ηαν ∇ν tµ
(1.40)
tν ∇µ ηαµ = B µν ηαν
(1.41)
e perciò
dove B µν = ∇ν tµ misura la variazione di ηα nel trasporto parallelo lungo la geodetica.
Dunque una geodetica vicina ad una data è specificata dal vettore η, ma non in
modo univoco. Infatti η 0 = η + αt, dove α è un parametro costante, identifica la
stessa geodetica
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t
geodetica
di riferimento
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pppppppppp
ppppp p
p
p
p
pppp pp
p
p
ppp
ppppp
ppppp
p
p
p
pp p
p
ppppp
p
ppppp
pp p pppp pppppp
p
ppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppppp ppppp
ppppppppppp
η
η + at
geodetica
vicina
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
10
L’ambiguità si elimina scegliendo η · t = 0 per geodetiche di tipo timelike. Se però
le curve sono nulle, questa condizione non risolve il problema. Infatti
η 0 · t = (η + αt) · t = η · t + αt · t = η · t
(1.42)
ovvero il prodotto scalare è invariante per traslazioni di αt. Il problema risiede nel
fatto che lo spazio tridimensionale dei vettori ortogonali a t, nel caso di congruenza
geodetica nulla include t stesso; η identifica quindi solo una sottofamiglia bidimensionale di geodetiche, e non tutta la congruenza. Questo impone la definizione di
un nuovo vettore spostamento, n, che non sia ortogonale a t; conviene scegliere
questo vettore in modo che n2 = 0 e n · t = −1. La consistenza con tale vincolo
richiede che n2 e n · t siano indipendenti dal parametro affine λ; ciò è ovviamente
verificato nel caso in cui n non cambi per trasoporto parallelo lungo la curva, cioè
se
tν ∇ν nµ = 0
(1.43)
Avendo stabilito la forma del vettore di spostamento, possiamo ora definire univocamente il sottoset bidimensionale della congruenza nulla, identificato da η, imponendo n · η = 0.
η generano allora un sottospazio T⊥ dello spazio tangente ortogonale a t e n.
Possiamo definire il proiettore P di T⊥ come
P µν = δ µν + tµ nν + nµ tν
(1.44)
P roposizione
Se P η = η, allora tν ∇ν η µ = B̂ µν η ν , dove B̂ µν = P µλ B λσ P σν .
Questo significa che se η appartiene inizialmente al sottospazio, rimarrà in T⊥ per
trasporto parallelo lungo le geodetiche della congruenza.
Dimostrazione
tρ ∇ρ η µ = tρ ∇ρ (P µν η ν )
(1.45)
Per definzione di proiettore. Ora possiamo vedere facilmente dalla (1.44) che la
derivata covariante di P è zero, dato che esso contiene i vettori t e n trasportati parallelamente a loro stessi. Quindi possiamo commutare le due operazioni
ottenendo
P µν tρ ∇ρ η ν = P µν B νρ η ρ = P µν B νρ P ρσ η σ = B̂ µσ η σ
(1.46)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
11
B̂ è effettivamente una matrice 2 × 2 che può essere scomposta nel seguente modo:
1
B̂ µν = θP µν + σ µν + ω µν
2
(1.47)
θ = B̂ µµ
Espansione. Traccia della matrice.
σµν = B̂(µν) − 21 θPµν B̂ ρρ
Def ormazione (shear). Differenza tra parte simmetrica e traccia.
ωµν = B̂[µν]
T wist. Parte antisimmetrica.
Si può dimostrare che se ω = 0, allora i vettori tangenti t sono normali ad una
famiglia di ipesuperfici nulle (e viceversa). La famiglia è parametrizzata dallo spostamento lungo la direzione identificata da n.
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ppppppppp
p p pp
p ppppp
pppp pp pppppppppp
ppp p p p p
n pp p
famiglia di
ipersuperfici nulle
t
Per concludere questo capitolo vogliamo dare un’interpretazione alle quantità θ e
σ, che ci sarà poi utile in seguito per descrivere la meccanica dei buchi neri.
Se consideriamo due vettori linearmente indipendenti η (1) , η (2) in T⊥ , ortogonali a
t e n, questi determinano l’elemento di superficie del sottospazio. La deformazione
σ identifica il cambiamento nella f orma dell’elemento di area al variare di λ.
Il modulo di questo elemento è dato da
a = µνρσ tµ nν ηρ(1) ησ(2)
(1.48)
Prendiamo adesso la derivata di a lungo λ; si può far vedere che vale la seguente
relazione:
da
= θa
dθ
(1.49)
Capitolo 1. Introduzione al formalismo e nozioni di base
12
Questo vuol dire che l’espansione θ misura la velocità d’incremento del modulo di a
lungo la geodetica rispetto al parametro affine. Se θ < 0, geodetiche vicine saranno
convergenti, mentre per θ > 0 saranno divergenti.
Capitolo 2
I Buchi Neri
Nel 1793 un docente di Cambrige, John Michell pubblicò un saggio nelle ”Philosophical Transactions of the Royal Society of London” all’interno del quale, basandosi
sulla legge di gravitazione di Newton, formulò il concetto di stella nera. L’idea
era quella di considerare un corpo con massa e densità tali da intrappolare i raggi
luminosi a causa della sua enorme attrazione gravitazionale.
All’epoca si pensava infatti che la luce fosse composta da particelle di materia
(modello corpuscolare), e che quindi risentisse della gravità alla stregua di qualsiasi altro oggetto nel cosmo; Michell calcolò che una stella di raggio pari a quello del
Sole, ma con massa 500 volte maggiore, avrebbe avuto una velocità di fuga pari al
valore allora conosciuto di c. Qualche decina di anni dopo il francese Pierre-Simon
de Laplace giunse agli stessi risultati, operando in maniera indipendente da Michell, anche se abbandonò l’idea abbastanza in fretta ritenendo che fosse assurda.
Verso la fin del secolo diversi esperimenti misero in crisi il modello corpuscolare; si
veniva sempre più affermando la convinzione che la luce dovesse avere una natura
ondulatoria, in quest’ottica non si riusciva più a capire come la gravità newtoniana
potesse incidere sui raggi luminosi. L’ipotesi della stella nera venne quindi abbandonata.
Nel 1915 però la pubblicazione della relatività generale da parte di Albert Einstein
rivoluzionò la visione classica della gravitazione, ponendo l’attenzione sull’aspetto
geometrico del campo. La deformazione che una massa induce nello spaziotempo
modifica le traiettorie dei corpi presenti su di esso, poiché causa un cambiamento
nella metrica, e quindi nella forma della varietà. Anche i fotoni si muovono seguendo un percorso dato dalla (1.11), dove è coinvolta la curvatura dello spaziotempo
tramite i simbolo di Christoffel, e quindi vegono deviati dalla presenza della gravità.
Potrebbe allora esistere una regione nel continuum in cui la curvatura diventi intensa a tal punto da confinare il percorso della luce all’interno della regione stessa;
Capitolo 2. I Buchi Neri
14
ciò che appare alla vista di un osservatore esterno è una zona completamente nera,
dalla quale niente può emergere, circondata da un immenso campo gravitazionale.
Questa è, in sintesi, la definzione data da John Wheeler nel 1969 di buco nero.
Capire però come sia fatto un tale oggetto, come possa formarsi e come possa
evolvere nel tempo resta un punto essenziale da discutere, oltre al fatto che non
sarebbe concepibile alcuna osservazione diretta (nessun segnale può pervenirci da
un buco nero). Verrebbe allora da pensare che questa regione ideale rimanga solo
un costrutto teorico, un concetto privo del minimo significato fisico.
Tuttavia diverse indagini e misurazioni astronomiche hanno messo in evidenza alcuni spazi di cielo in cui si potrebbero celare buchi neri. Moti insoliti, stelle che
sembrano descrivere orbite in un sistema binario con una compagna invisibile, emissioni di radiazione, soprattutto nella banda X, sono forti segnali che individuano
la presenza di un’entità molto compatta e dotata di una grande forza di gravità,
un potenziale buco nero.
2.1
La formazione di un buco nero
Uno dei possibili meccanismi che potrebbe geneare un buco nero è il collasso stellare.
Consideriamo una stella di grande massa che si trovi nello stadio finale della sua
evoluzione. Fino a che le reazioni nucleari riescono a controbilanciare l’attrazione
gravitazionale, l’astro è stabile, quando però il combustibile si esaurisce inizia un
processo di raffreddamento e compressione. Nel 1928 uno studiente indiano, Subrahmanyan Chandrasekhar, calcolò quale doveva essere la massa di una stella per
poter resistere al collasso gravitazionale una volta terminate le reazioni nucleari
al suo interno. L’idea era questa: quando le particelle di materia (essenzialmente
fermioni) vengono a trovarsi molto vicine a causa della contrazione, per il principio
di esclusione di Pauli si genera una forza repulsiva che contrasta la gravità. Tuttavia, secondo la stima di Chandrasekhar, se la massa della stella fredda superasse
1.5 masse solari l’attrazione gravitazionale vincerebbe sulla repulsione e il collasso
potrebbe procedere indefinitamente.
Per capire cosa accade in questa situazione alla regione di spaziotempo in cui avviene la contrazione, facciamo l’ipotesi semplificata di un collasso a simmetria sferica
di una ”palla di polvere”, ovvero richiediamo che la pressione esercitata dalla stella
sia nulla.
Capitolo 2. I Buchi Neri
15
Mettiamoci ora nella zona esterna al corpo celeste. Supponiamo che tale spazio
sia vuoto, ovvero che T µν = 0, dove T prende il nome di tensore energia impulso e
descrive il contenuto di materia ed energia della zona che stiamo considerando. Volendo ricavare la metrica dello spaziotempo in queste condizioni dobbiamo ricorrere
alle equazioni di campo di Einstein:
8πG
1
Rµν − gµν R = 4 Tµν
2
c
(2.1)
Che legano Tµν alla curvatura espressa tramite il tensore di Ricci Rµν e la sua
traccia R, anche detta scalare di curvatura. gµν sono le componenti del tensore
metrico, ed è proprio quello che vogliamo determinare risolvendo l’equazione.
Per fare ciò utilizziamo un altro risultato noto come Teorema di Birkhoff, il quale
afferma che ogni soluzione a simmetria sferica deve essere indipendente dal tempo;
quindi la modifica delle dimensioni della stella non altera la struttura geometrica
dello spaziotempo (all’esterno), che resta definita dalla nostra metrica.
Si giunge cosı̀ alla soluzione di Schwarzschild
−1
2GM
2GM
2 2
2
dr2 + r2 dΩ2
(2.2)
c dt + 1 −
ds = − 1 −
2
2
rc
rc
che descrive una regione della varietà al di fuori di un corpo sferico non rotante di
massa M e raggio R. Questo tipo di spaziotempo è asintoticamente piatto, ovvero
per r → ∞ la metrica si riduce a quella di Minkowski.
Per continuità la metrica dovrà essere la stessa fino alla superficie della stella,
quando cioè r = R. Se l’astro è in fase di collasso avremo R = R(t) e quindi
dr = dR
dt
dt
"
−1 #
2GM
2GM
c2 − 1 −
Ṙ2 dt2 + R2 dΩ2
(2.3)
ds2 = − 1 −
Rc2
Rc2
Le condizioni di simmetria e di pressione nulla implicano che i punti sulla superficie
della stella collassante si muovano lungo geodetiche radiali timelike, ovvero dΩ2 = 0
e ds2 = −c2 dτ 2 . Riscriviamo allora la (2.3) come
"
−1 # 2
dt
2GM
2GM
1
2
2
1−
c
−
1
−
Ṙ
(2.4)
1= 2
c
Rc2
Rc2
dτ
Definizione(1) Uno spaziotempo asintoticamente piatto è stazionario se e solo se
esiste un vettore di Killing k che sia timelike all’infinito. Una metrica stazionaria
si dice inoltre statica se k è normale ad una famiglia di ipersuperfici.
Capitolo 2. I Buchi Neri
16
Definizione(2)Uno spaziotempo asintoticamente piatto è assisimmetrico se esiste un campo vettoriale di Killing m che sia spacelike all’infinito e per il quale
tutte le orbite siano chiuse.
Abbiamo visto nel capitolo 1 che per questo tipo di metrica ∂t è un vettore di
Killing, al quale si associa l’energia per unità di massa come quantità conservata.
Dunque:
2GM dt
dt
= 1−
(2.5)
= −g00
dτ
Rc2
dτ
dove è cosante sulla geodetica. Possiamo inserire nella (2.4) ottenendo
"
−1 # −2
1
2GM
2GM
2GM
2
2
2
1= 2
1−
c − 1−
Ṙ 1 −
⇒
c
Rc2
Rc2
Rc2
2 −1
c2
2GM
2GM
2GM
2
1−
− 1−
c =− 1−
Ṙ2 ⇒
2
Rc2
Rc2
Rc2
2 2GM
2GM
c2
2
2
−1+
Ṙ = 2 1 −
Rc2
Rc2
(2.6)
(2.7)
(2.8)
Ṙ2 ..................
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•
2M
•
R
Rmax =
2M
1−
2GM
Ṙ = 0 quando R = Rmax = (1−
2 )c2 , possiamo dunque considerare che il collasso
inizi con velocità nulla. R poi diminuisce fino a raggiungere il valore 2GM
asinc2
toticamente per t → ∞; quindi un osservatore esterno vede la stella contratta al
massimo per R = 2GM
.
c2
Infatti, facendo un’analisi qualitativa dell’equazione differenziale (poniamoci in
unità c = G = 1):
Z R0
Z t0
dR
q
lim
=∞≡
dt = t0
(2.9)
R0 →2M R
2M
2M
0
max
− cost(1 − R )
R
Capitolo 2. I Buchi Neri
17
prende il nome di orizzonte degli eventi e rappresenta il
La superficie R = 2GM
c2
limite oltre il quale nessun segnale può più pervenire dalla regione al suo interno.
Vedremo meglio questo aspetto tra breve.
Se ora però studiamo il collasso dal punto di vista di un osservatore sulla superficie della stella, la variabile temporale rilevante è il tempo prorpio τ lungo la
geodetica radiale
−1
d
dt
d
1
2GM d
=
=
1−
(2.10)
dt
dτ
dτ
Rc2
dτ
Riscriviamo allora la (2.8) come
dR
dτ
2
=c
2
2GM
− 1 + 2
Rc2
2
2
= c (1 − )
Rmax
−1
R
(2.11)
dR 2
dτ
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0
Rmax
2M
La superficie della stella collassa da R = Rmax attraverso R =
proprio finito, raggiungendo lo zero in
τ=
πGM
(1 − )3/2
2GM
c2
R
in un tempo
(2.12)
Prendiamo ora una particella massless (i.e. un fotone) che si muova lungo la geodetica radiale, che in questo caso sarà di tipo nullo: ds2 = 0. Nella trattazione
seguente, per brevità, utilizzeremo il sistema di misura naturale in cui c = G = 1,
ma questo non modificherà in alcun modo le considerazioni rilevanti alla nostra
analisi.
1
dr
2M
2
2
dt =
=± 1−
(2.13)
2 dr ⇒
dt
r
1 − 2M
r
Capitolo 2. I Buchi Neri
18
possiamo integrare questa equazione differenziale ottenendo t = ±r∗ + cost, dove
r
r∗ = r + 2M ln
−1
(2.14)
2M
è la coordinata radiale di Regge-Wheeler. Se 2M < r < ∞, allora −∞ < r∗ < ∞.
Ora d(t ± r∗ ) = 0 su una geodetica radiale nulla. Possiamo allora definire la
coordinata radiale nulla entrante v = t + r∗ , con −∞ < v < ∞, e riscrivere la
soluzione di Schwarzschild nelle Coordinate entranti di Eddington-Finkelstein
2M
2
dv 2 + 2dvdr + r2 dΩ2
(2.15)
ds = − 1 −
r
Questa metrica è inizialmente definita per r > 2M , in quanto l’argomento del
logaritmo in (2.14) si azzera ad r = 2M e r∗ diverge. Tuttavia la forma ottenuta
in (2.15) può essere prolungata senza problemi per ogni r > 0: la presenza del
termine misto 2dvdr assicura che la soluzione resti definita anche per r = 2M ; non
c’è nulla che impedisca alla stella di collassare oltre l’orizzonte degli eventi.
Vediamo una schematizzazione di questo processo nel diagramma di Finkelstein,
che proietta t∗ = v − r in funzione di r
t∗ =. v − r
r = 2M
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singolarità
cono di luce
r=0
pppppppppp
pppppppp p p
geodetiche radiali
pppppppp
p p p p pp p
nulle uscenti a r = 2M
ppppp
ppppp
p p ppp
pppp
p ppp
p ppp
superficie della stella
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
p pp
increasing v
p pp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
ppp
stella in
ppp
linee con v costante
ppp
collasso
ppp
pp
r
Il cono di luce, che rappresenta l’insieme degli eventi collegati causalmente con
un punto p dello spaziotempo, viene distorto per r → 2M da r > 2M , fino a che
Capitolo 2. I Buchi Neri
19
le traiettorie dei raggi di luce diventino parallele all’asse t∗ sull’orizzonte. Nessuna
linea universo non-spacelike può raggiungere r > 2M da r ≤ 2M .
Questo fatto può essere dimostrato in maniera formale considerando la metrica per
una particella timelike o nulla (ds2 ≤ 0) nella regione r ≤ 2M :
2M
2
2
2
(2.16)
− 1 + r dΩ ≤ 0
2drdv = − −ds +
r
quindi per ogni curva non spacelike drdv ≤ 0; ma dv = d(t + r∗ ) > 0 per linee
universo dirette al futuro. Ciò implica che dr ≤ 0 con uguaglianza quando r = 2M ,
dΩ2 = 0.
Nessun segnale può dunque fuggire all’infinto una volta che la stella ha oltrepassato
r = 2M . Il collasso ha generato un buco nero.
Per un osservatore esterno la superficie non raggiungerà mai l’orizzonte degli eventi, ma il redshift aumenta vertiginosamente se r → 2M ; la stella diventerà sempre
più rossa fino a scomparire dalla vista.
∂
r = 2GM
è un’ipersuperficie nulla nella metrica EF con vettore tangente l = f ∂v
.
c2
Se lo spaziotempo è statico (come in questo caso) l’orizzonte degli eventi è anche
orizzonte di Killing per il vettore ∂t .
L’orizzonte funziona come una membrana permeabile in un solo senso, ovvero permette a tutto di entrare ma a niente di uscire. Sembra paradossale perché esso è
una conseguenza di una soluzione delle equazioni di campo, ed esse sono reversibili per inversione temporale. Definiamo allora la coordinata radiale nulla uscente
come u = t − r∗ , −∞ < u < ∞ e riscriviamo la metrica di Schwarzschild nelle
coordinate EF uscenti:
2M
2
ds = − 1 −
du2 − 2dudr + r2 dΩ2
(2.17)
r
Di nuovo possiamo prolungare analiticamente la soluzione posta in questi termini
per ogni r > 0. In questo caso però, la situazione nella regione r ≤ 2M è molto
diversa dalla precedente. Infatti:
2M
2
2drdu = −ds +
− 1 du2 + r2 dΩ2 ≥ 0
(2.18)
r
se ds2 ≤ 0. Cioè drdu ≥ 0 su linee universo timelike o nulle. Ma du > 0 per
curve dirette al futuro e quindi dr ≥ 0. In una situazione del genere, una stella con
superficie minore di r < 2M deve espandersi ed esplodere attraverso l’orizzonte
degli eventi.
Capitolo 2. I Buchi Neri
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u+r
r=0
singolarità
pp
pp p
pp
pp p
pp
pp p
pp
pp pp
pp
pp p
pp
pp p
p
p pp
ppp pp
pp
p pp
pppp ppp
p
p p pp
ppp p
p
p
p
p pppp
pppp ppp
p
p
p
p
p
p
p
ppppppp
pp ppppppp
20
increasing u
linee con u costante
r
superficie della stella
r = 2M
L’oggetto che abbiamo ottenuto si definisce buco bianco, ed è l’inverso temporale di
un buco nero. In relatività generale entrambe queste soluzioni sono permesse, ma
i buchi bianchi richiedono delle condizioni iniziali particolari nell’intorno di r = 0
che li rendono molto improbabili nella realtà.
2.2
Singolarità e completezza geodetica
Il punto r = 0 nella soluzione di Schwarzschild rappresenta il risultato del collasso,
ovvero il centro dove tutta la materia della stella si accumulerebbe in seguito alla
contrazione, una regione in cui la densità e l’attrazione gravitazionale tendono a
infinito. Si definisce singolarità, ed è un punto dello spaziotempo in cui la metrica o
la sua inversa divergono. In certi casi la singolarità potrebbe derivare da una scelta
errata delle coordinate e può essere eliminata con un semplice cambio di sistema
di riferimento. Se però nessuna trasformazione risolve il problema, allora abbiamo
una vera e propria singolarità dello spaziotempo. Se essa emerge dalla divergenza
degli scalari costruiti a partire dal tensore di curvatura, allora è sicuramente irremovibile. Tuttavia esistono singolarità che non derivano dalla curvatura, come
quella che si forma alla sommità di un cono ottenuto arrotolando un foglio. Tutti
gli scalari rimangono finiti man mano che ci si approssima alla singolarità. Il punto
Capitolo 2. I Buchi Neri
21
in sé e per sé avrebbe curvatura infinita, ma non ci sono carte che lo coprono. Si
rende necessaria l’introduzione di una condizione più forte che va sotto il nome di
completezza geodetica
”Uno spaziotempo è non singolare se e solo se tutte le geodetiche possono essere estese ad ogni valore del loro parametro affine”
Non discuteremo oltre questo aspetto, ma è d’obbligo soffermarci un istante sul
concetto di singolarità nuda.
Alcune soluzioni dell’equazione di campo, come il buco bianco, prevedono l’esistenza di divergenze dello spaziotempo che siano collegabili da curve timelike con
l’infinito, detto in altre parole sarebbe possibile raggiungere la singolarità e sfuggirle
per ”raccontarlo”. Un altro caso significativo è quello della metrica di Schwarzschild per un oggetto di massa M < 0, ragionevole al livello teorico, ma abbastanza
irreale dal punto di vista fisico. Quello che sembra emergere dallo studio del nostro
universo è il fatto che le singolarità siano ”nascoste” o nel nostro futuro, cioè racchiuse da un orizzonte degli eventi che impedisce un qualsiasi tipo di osservazione,
o nel nostro passato, come il Big Bang, e quindi in ogni caso inaccessibili. Tale
idea ha indotto Roger Penrose a formulare la sua congettura di censura cosmica:
se l’universo è asintoticamente piatto e governato dalla condizione di energia dominante1 (cioè si impone che la materia e l’energia siano definite positive) non possono
esistere singolarità nude derivanti da collasso gravitazionale per uno spaziotempo
inizialmente non singolare.
2.3
Spaziotempo di Kruskal
Riprendendo le coordinate u, v che definiscono le metriche EF, possiamo osservare
che nella regione r > 2M sono valide tutte e due. Possiamo dunque riscrivere la
soluzione in funzione di entrambe come
2M
2
dudv + r2 dΩ2
(2.19)
ds = − 1 −
r
1
tratteremo in seguito la definizione di energia e le condizioni su di essa
Capitolo 2. I Buchi Neri
22
Introduciamo le nuove coordinate U , V , definite per r > 2M secondo le relazioni
u
U = −e− 4M < 0
V =e
v
4M
(2.20)
>0
(2.21)
in termini delle quali si ottiene la metrica di Kruskal-Szekeres (V, U, θ, φ)
ds2 = −
32M 3 − r
e 2M dU dV + r2 dΩ2
r
(2.22)
r
r∗
con r(U, V ) ottenibile dal prodotto U V = −e 2M = − r−2M
e 2M . Anche in questo
2M
caso possiamo prolungare analiticamente la soluzione per valori di U > 0 e V < 0;
notare che l’orizzonte degli eventi corrisponde a U V = 0, cioè V = 0 o U = 0,
mentre la singolarità r = 0 corrisponde a U V = 1.
Linee con U e V costanti sono geodetiche radiali nulle rispettivamente uscenti o
entranti. Posso disegnarle a 45◦ in un diagramma di questo tipo:
singularity
r=0
U
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V
r < 2M
II
IV
r = 2M
I
r > 2M
U <0
V >0
III
singularity
r=0
Abbiamo 4 regioni a seconda del segno che assumono U e V ; la zona I e la zona
II, coperte anche dalle coordinate entranti EF, descrivono un buco nero e sono le
uniche rilevanti nel collasso gravitazionale. Le regioni III e IV rappresentano invece
un buco bianco e sono esprimibili anche nelle coordinate uscenti EF.
Consideriamo in questa metrica un buco nero ideale che sia eterno, ovvero simmetrico nel passato e nel futuro; in questo caso non c’è ragione di escludere una parte
dello spaziotempo e tutte e quattro le zone sono rilevanti. Si può dimostrare che
Capitolo 2. I Buchi Neri
23
le regioni I e IV sono collegate tra loro da un ponte che abbia come punto centrale
una 2sfera di raggio r = M/2 e come bordi delle 2sfere di raggio r = 2M . Tale
connessione è nota come ponte di Einstein- Rosen.
Il vettore di Killing k = ∂t genera nella varietà di Kruskal la trasformazione di
traslazione temporale t → t + c, che è un’isometria per questo spaziotempo. k può
essere espresso in funzione delle coordinate U, V come
∂
∂
c4
V
−U
(2.23)
k=
4GM
∂V
∂U
Nel capitolo precedente avevamo definito la gravità superficiale κ tramite la (1.27);
sull’orizzonte degli eventi identificato da U V = 0, che è orizzonte di Killing per il
vettore k, possiamo notare che
|κ| =
c4
4M G
(2.24)
Questa relazione ci sarà utile in seguito.
2.4
Spaziotempo di Rindler
Ritorniamo alla metrica di Schwarzschild espressa nella (2.2) e poniamoci in unità
naturali:
−1
2M
2M
2
2
ds = − 1 −
dt + 1 −
dr2 + r2 dΩ2
(2.25)
r
r
effettuiamo ora la sostituzione r − 2M =
r − 2M =
x2
.
8M
x2
1
⇒ dr =
xdx
8M
4M
(2.26)
A questo punto:
1−
2M
r − 2M
x2 /8M
x2 /16M
=
=
=
r
r
2M + x2 /8M
1 + x2 /16M
Nel nostro sistema di misura κ =
1−
1
4M
(2.27)
e dunque
2M
(κx)2
=
r
1 + (κx)2
(2.28)
Capitolo 2. I Buchi Neri
24
Vogliamo analizzare il comportamento della metrica per r → 2M , che equviale a
dire x → 0. Questo implica, dalla (2.28)
1−
2M
→ (κx)2
r
(2.29)
Ma anche, osservando (2.26), dr = (κx)dx2 ⇒ dr2 = (κx)2 dx2 . Abbiamo allora,
vicino l’orizzonte degli eventi, la metrica
ds2 ≈ −(κx)2 dt2 + dx2 +
1
dΩ2
4κ
(2.30)
costituita da una 2sfera di raggio κ1 e da una metrica bidimensionale che prende il
nome di spaziotempo di Rindler ds2 = (κx)2 dt2 + dx2 .
Questa scrittura può essere a sua volta modificata e trasformata in
ds2 = −dT 2 + dX 2 che non è nient’altro che lo spazio di Minkowski (bidimensionale) in coordinate particolari. La superficie x = 0 corrisponde all’orizzonte degli
eventi r = 2M nelle coordinate usuali.
L’introduzione della metrica di Rindler ci permette ora di dare un’interpretazione
fisica alla gravità superficiale κ.
Proposizione
L’accelerazione prorpia di una particella che si muove nello spazio di Rindler su
x = a−1 con a costante (cioè su orbite del vettore di Killing k) è a sua volta costante
e uguale ad a
Dimostrazione. Una particella che si muove su un’orbita timelike xµ (τ ) di un
µ
f ) ha quadrivelocità data da
campo di Killing ξ (dove ξ µ = dx
dτ
ξµ
uµ = p
(−ξ 2 )
(2.31)
La quadriaccelerazione è dunque
D µ
u = u · ∇uµ =
dτ
ξ · ∇ξ µ (ξ · ∂ξ 2 )ξ µ
+
(−ξ)2
2ξ 2
aµ =
(2.32)
(2.33)
Ma per il campo vettoriale di Killing parallelo alla curva
ξ µ ∂µ ξ 2 = 2ξ µ ξ ν ∇µ ξν = 0
(2.34)
quindi
aµ =
ξ · ∇ξ µ
(−ξ)2
(2.35)
Capitolo 2. I Buchi Neri
25
Nello spaziotempo di Rindler con ξ = k si può dimostrare che vale
1 ∂
1 ∂
+ 0
0
0
U ∂V
V ∂U 0
dove U 0 = −xe−κt , V 0 = xeκt . A questo punto avremo
1/2
1
1
µ ν
1/2
=
|a| = (a a gµν ) = − 0 0
UV
x
aµ ∂µ =
(2.36)
(2.37)
Quindi, per x = a−1 abbiamo |a| = a, cioè le orbite di k nello spaziotempo di Rindler sono linee universo con accelerazione propria costante. L’accelerazione cresce
senza limite per x → 0, pertanto x = 0 è chiamato orizzonte accelerato.
Nonostante il modulo della quadriaccelerazione di una linea x = cost diverga se ci
si avvicina all’orizzonte, misurando tale quantità da un altra curva x = cost, essa
rimarrà finita. Dal momento che su x = a−1 vale dτ 2 = (κx)2 dt2 , l’accelerazione
misurata da un osservatore con tempo proprio t è
dτ
1
a = κx = κ
(2.38)
dt
x
che ha un limite finito per x → 0.
Nella metrica di Schwarzschild dt ≡ dτ se r → ∞, cioè un osservatore con
tempo proprio t si trova all’infinito spaziale. La gravità superficiale è dunque
l’accelerazione di una particella vicino all’orizzonte misurata da infinito.
2.5
Diagrammi di Carter Penrose
Penrose ha definito un buco nero come la ”regione dello spaziotempo dalla quale
nessun segnale può raggiungere l’infinito. L’idea è corretta, ma non molto soddisfacente dal momento che ”infinito” non è parte dello spaziotempo; possiamo però
effettuare una trasformazione tale che tutti i punti che si trovano a ∞ nella metrica
originale vengano portati ad un valore finito del parametro affine.
La trasformazione dovrà lasciare inalterata la struttura causale dello spaziotempo.
Sarà del tipo:
˜ 2 = Λ(~r, t)ds2 ;
ds2 → ds
Λ 6= 0
(2.39)
I punti per i quali Λ(~r, t) tenderà a zero saranno proprio gli infiniti spaziali e
temporali che vogliamo includere nella nostra rappresentazione. Prendiamo il caso
semplice dello spaziotempo di Minkowski:
ds2 = −dt2 + dr2 + r2 dΩ2
(2.40)
Capitolo 2. I Buchi Neri
26
In primo luogo effettuiamo il cambio di coordinate

u = t − r
v = t + r
(2.41)
che portano la metrica a
ds2 = −dudv +
e adesso la seconda trasformazione

u = tanU − π < U <
2
v = tanV − π < V <
2
(u − v)2 2
dΩ
4
π
2
π
2
(2.42)
(2.43)
con V ≥ U se r ≥ 0
In queste coordinate possiamo scrivere lo spaziotempo di Minkowski come
ds2 = (2cosU cosV )−2 [−4dU dV + sen2 (V − U )dΩ2 ]
(2.44)
se scegliamo Λ = (2cosU cosV ) abbiamo la nuova metrica conforme
˜ 2 = −4dU dV + sen2 (V − U )dΩ2
ds
(2.45)
Per aggiungere i punti all’infinito basterà ora considerare i valori di U, V per i quali
Λ = 0, in questo caso ± π2 . Considerando U > V possiamo determinare le seguenti
zone:

U = − π
2
infinito spaziale i0
(2.46)
V = π
2

U = ± π
2
infinito temporale passato e futuro i±
(2.47)
V = ± π
2

U = − π
2
infinito nullo passato I −
(2.48)
π
|V | =
6 2

|U | =
6 π2
infinito nullo futuro I +
(2.49)
V = − π
2
Lo spaziotempo di Minkowski è conformemente racchiuso nel nuovo spaziotempo
˜ 2 con bordo a Λ = 0.
con metrica ds
Capitolo 2. I Buchi Neri
27
Introduciamo le nuove coordinate spaziali e temporali τ = V + U , χ = V − U e
otteniamo

ds
˜ 2 = −dτ 2 + dχ2 + sen2 χdΩ2
(2.50)
Λ = cosτ + cosχ
χ è una variabile angolare con modulo 2π. Se non abbiamo ulteriori restrizioni
˜ 2 è quella dell’Universo Statico
sull’intervallo di valori di τ e χ allora la metrica ds
di Einstein di topologia R × S 3 .
Le regioni χ = cost, con χ 6= 0, π sono 2-sfere di raggio |senχ|, mentre χ = 0, π
sono i poli di una 3-sfera.
Se rappresentiamo ogni 2-sfera come un punto, l’U.S.E. può essere disegnato come
un cilindro. Per ottenere lo spazio di Minkowski dobbiamo confinare le variabili ad
una regione triangolare −π ≤ τ ≤ π, 0 ≤ χ ≤ π
τ
π
0
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χ+τ =π ⇔
Ṽ = π/2,
I+
π
χ
−π
χ−τ =π ⇔
Ũ = −π/2,
I−
Appiattiamo il cilindro per ottenere il diagramma di Carter-Penrose dello spaziotempo di Minkowski
Capitolo 2. I Buchi Neri
28
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geodetiche timelike
i+
Ṽ
Ũ
p
pppppppp
p
pp pp
ppppp
p
p ppp
pppp p
p
ppp p
pppp
I+
i0
ppppp
p ppp
ppppp
p
ppppp
p
I
r=0
ipersuperficie
t = costante
−
geodetiche
radiali nulle
i−
Ogni punto rappresenta una 2-sfera, eccetto r = 0, i0 , i± . I raggi di luce viaggiano
a 45◦ da I − a I + . Geodetiche timelike partono da i− e terminano in i+
Diagramma di Penrose per lo spaziotempo di Kruskal
La metrica conforme in questo caso è data da
r
2M
2
˜
dU dV + ∗ sen2 (V − U )dΩ2
ds = −4 1 −
r
r
Dalla quale si più ricavare il diagramma CP:
(2.51)
Capitolo 2. I Buchi Neri
29
r costante < 2M
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i+
I+
II
IV
r = 2M
I
i0
III
I−
r costante > 2M
i−
singolarità per
r=0
Quello di Kruskal è un esempio di spaziotempo asintoticamente piatto, cioè diventa
di Minkowski se r → ∞. Quindi i punti i0 e I ± si aggiungono analogamente al
caso precedente. Nell’intorno di r = 2M introduciamo coordinate KS per passare
attraverso l’orizzonte degli eventi.
Tutte le ipersuperfici r = cost si incontrano a i+ , inclusa r = 0 che è singolare;
questo implica che anche i+ sia singolare. La stessa cosa vale per i− , e dunque
questi punti non possono essere aggiunti.
Possiamo cambiare Λ in modo che r = 0 sia rappresentato da una linea retta.
Nel caso di un stella in collasso solo la parte di diagramma rappresentante l’esterno dell’astro è rilevante; i dettagli dell’interno dipendono dalla struttura fisica
della stella. Per un collasso a simmetria sferica senza pressione tutti i punti della
superficie raggiungono la singolarità r = 0 simultaneamente.
Capitolo 2. I Buchi Neri
30
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singolarità a r = 0
r=0
2.6
ppp
ppp
ppp
ppp
p pp
ppp
ppp
p
pp
ppppp
pp
pp p
p
pp
ppp p
pp
pp
pp p
pp
pp
pp p
p
pp
i−
i
I
r = 2M
i
I
superficie della stella
L’orizzonte degli eventi
In questa sezione approfondiremo meglio il concetto di orizzonte degli eventi, e
vedremo alcune sue importanti caratteristiche che ci saranno poi utili nello studio
della meccanica dei buci neri.
Assumiamo di avere uno spaziotempo M asintoticamente piatto. Definiamo J − (U )
il passato causale di un insieme di punti U ⊂ M e J¯− (U ) la chiusura topologica di
J − , cioè l’insieme che includa i punti limite. Il bordo j − sarà dato da
j − (U ) = J¯− (U ) − J − (U )
(2.52)
L’orizzonte degli eventi f uturo H+ di M è definito come il bordo per il passato
causale di I +
i
pp p
pppp pp p
p ppp
pp pp
pppp pp p
p ppp
pp pp
pppp pp p
ppp
p ppp
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endpoint passato
delle geodetiche nulle
che generano H
I
H+
i
I
continuazione delle
geodetiche nulle radiali da i+
i−
Capitolo 2. I Buchi Neri
31
Proprietà
(1) i0 e I − appartengono a J − (I + ), quindi non sono parte di H+
(2) H+ è un’ipersuperficie nulla
(3) non esistono punti di H+ separati da curve timelike
(4) Le geodetiche nulle che generano H+ possono avere punti terminali nel passato,
nel senso che la continuazione ulteriore della geodetica nel passato non appartiene
più a H+
(5)Teorema di Penrose. I generatori di H+ non hanno punti terminali nel futuro, perché, se li avessero, una continuazione della geodetica (nel futuro) potrebbe
lasciare H+ . Questo implica che geodetiche nulle possono entrare in H+ ma non
uscire. Tale fatto sarà fondamentale per comprendere e dimostrare il teorema dell’area (4.40)
Per garantire la reversibilità temporale si introduce l’orizzonte degli eventi passato,
dal quale le geodetiche nulle possono uscire ma non entrare:
H− = j + (I − )
(2.53)
ovvero il bordo del futuro causale di I −
2.7
Altre soluzioni e Teoremi rilevanti
Per concludere il capitolo vogliamo fare un accenno alle altre metriche che descrivono lo spaziotempo intorno ad un buco nero, in base alle grandezze che lo
caratterizzano. Se un buco nero possiede carica elettrica (o eventualmente una
carica magnetica) si ottiene la Soluzione di Reissner-Nordstrom:
−1
Q2
2M
Q2
2M
2
2
+ 2 dt + 1 −
+ 2
dr2 + r2 dΩ2
(2.54)
ds = − 1 −
r
r
r
r
Se il buco nero ruota anche attorno ad un asse di simmetria, lo spaziotempo è assisimmetrico e la metrica che descrive la varietà diventa quella data dalla Soluzione
di Kerr-Newman:
(r2 + a2 − ∆)
(∆ − a2 sin2 θ) 2
dt − 2a sin2 θ
dtdφ+
(2.55)
ds2 = −
Σ
Σ
(r2 + a2 )2 − ∆a2 sin2 θ 2
Σ
sin θdφ2 + dr2 + Σdθ2
(2.56)
Σ
∆
dove
Σ = r2 + a2 cos2 θ
(2.57)
∆ = r2 − 2M r + a2 + e2
(2.58)
Capitolo 2. I Buchi Neri
32
p
J
, con J che rappresenta il momento angolare totale; e = Q2 + P 2 ,
mentre a = M
dove Q e P sono la carica elettrica e magnetica. A questo punto si può enunciare
un teorema, detto Teorema dell’assenza di peli, il quale afferma che le uniche grandezze fisiche che caratterizzano in maniera univoca un buco nero sono la massa M ,
il momento angolare J e la carica Q.
Due buchi neri con uguali valori di tali osservabili sono di fatto indistinguibili.
Questa importante proprietà si dimostra a partire da due risulati che ora esporremo, a titolo di completezza:
Teorema di Israel Se (M, g) è uno spaziotempo statico, asintoticamente piatto
e vuoto, non singolare al di fuori e su un orizzonte degli eventi, allora (M, g) è
descritto dalla metrica di Schwarzschild
Teorema di Carter − Robinson Se (M, g) è uno spaziotempo asintoticamente piatto e vuoto, stazionario e assisimmetrico, non singolare al di fuori e su un
orizzonte degli eventi, allora la metrica è determinata solamente da due parametri,
che sono la massa M e il momento angolare J
Questi enunciati, assieme al teorema di Birkhoff già descritto all’inizio del capitolo,
vanno sotto il nome di teoremi di unicità
Capitolo 3
Energia e Momento Angolare
Definizione(1). Una superficie di Cauchy parziale, Σ, per uno spaziotempo M è
una ipersuperficie che non è intersecata da curve causali più di una volta.
Definizione(2) Una curva causale si dice past-inextendable se non ha punti terminali nel passato.
Definizione(3) Il dominio futuro di dipendenza, D+ (Σ), per Σ, è il set di punti p∈M per i quali ogni curva causale past-inextendable attraverso p intercetta
Σ.
3.1
Formulazione covariante dell’integrale di carica
Nello spazio tridimensionale usuale dove è presente una densità di carica ρ(~x, t), la
carica totale nel volume V può essere scritta come
Z
Z
~ ·E
~ per equazione di Maxwell
ρdV =
dV ∇
(3.1)
Q=
V
V
Usando ora il teorema di Gauss per l’integrale di volume:
I
~ ·E
~ (∂V =superficie di V)
dS
(3.2)
∂V
Ora
p
~ = ∂i E i = p1 ∂i g (3) E i
~ ·E
∇
g (3)
dove g (3) è il determinante della metrica tridimensionale, dV = d3 x
Z
Z
I
p
3
i
(3)
~ ·E
~ =
dV ∇
d x∂i ( g E ) =
dSi E i
V
V
(3.3)
p
g (3) . Quindi:
(3.4)
∂V
Se vogliamo passare ad una formulazione generale covariante, dobbiamo sostituire
al campo elettrico il tensore F µν e cambiare la divergenza con una quadridivergenza
Capitolo 3. Energia e Momento Angolare
34
covariante ∇µ .
Si può dimostrare che la relazione (3.3) si estende in maniera semplice come
√
1
∇µ F µν = √ ∂µ ( −gF µν )
−g
(3.5)
con −g determinante della metrica quadridimensionale. Per vederlo esplicitamente
consideriamo un campo vettoriale Aµ e facciamone la quadridivergenza
1
∇µ Aµ = ∂µ Aµ + Γµαµ Aα = ∂µ Aµ + (g µσ ∂α gµσ )Aα =
√2
√
1
∂
g
1
(
−g)( −g) α
α
µ
α
µ
√
∂µ A +
A = ∂µ A + ∂α √
A =
2 g
2 ( −g)( −g)
√
√
√
1
1
µ
α
√
−g∂µ A + √ ∂α ( −g)( −g)A =
−g
2 −g
√
√
√
√
1
2 −g
1
µ
α
√
−g∂µ A + √ ∂α ( −g)A = √ ∂µ ( −gAµ )
−g
2 −g
−g
(3.6)
(3.7)
(3.8)
(3.9)
Il volume è rimpiazzato da un’arbitraria ipersuperficie spacelike Σ che sia una superficie di Cauchy parziale, con contorno ∂Σ. L’elemento di Volume sarà un covettore
non-spazio dSµ ; al posto della densità ρ utilizziamo la densità di quadricorrente
J µ . La carica quindi potrà essere espressa nel seguente modo:
Z
dSµ J µ
(3.10)
Q=
Σ
Se Σ, almeno localmente, è la superficie t = costante, dSµ = (dV, ~0), J 0 = ρ;
riotteniamo l’espressione precedente. Utilizzando ora le equazioni di Maxwell in
forma covariante ∇ν F µν = J µ e il teorema di Gauss otteniamo
Z
I
1
µν
Q=
dSµ ∇ν F =
dSµν F µν
(3.11)
2 ∂Σ
Σ
dove dSµν è l’elemento di area su ∂Σ.
Quando Σ è t = costante le uniche componenti non nulle di Sµν sono dS0i =
−dSi0 ≡ dS i , dunque
I
Q=
dSi F 0i ma F 0i = −F i0 = E i
(3.12)
∂Σ
3.2
La definizione di Energia
Non è possibile definire l’energia nello stesso modo con il quale abbiamo espresso la
carica, poiché essa è associata ad un tensore simmetrico conservato T µν e non ad un
Capitolo 3. Energia e Momento Angolare
35
vettore come la densità di corrente. Questo non è del tutto insolito se consideriamo
che un’energia localmente conservata esiste solo in uno spaziotempo che ammette
un campo vettoriale di Killing timelike.
Possiamo allora definire l’energia totale in uno spaziotempo asintoticamente piatto
come integrale esteso a tutta la superficie spaziale, poiché all’infinito ∂t è un vettore
di Killing (ovviamente timelike).
gµν → ηµν se r → ∞
(3.13)
Assumiamo che, in coordinate cartesiane, la metrica possa essere scritta come
gµν = ηµν + hµν dove h << 1 (limite di campo debole).
In queste condizioni l’equazione di Einstein posta nella forma:
1
8πG
(3.14)
Rµν = 4 Tµν − T gµν
c
2
diventa l’equazione di Pauli Fierz
µν
η ∂µ ∂ν hµν
16πG
1
+ ∂µ ∂ν h − 2∂(µ hν) = − 4
Tµν − T ηµν
c
2
(3.15)
dove hµ = ∂ν hνµ .
Scegliamo ora unità per le quali c = 1 e moltiplichiamo a destra e sinistra per η µν .
Si ottiene la traccia dell’equazione precedente:
2h − ∂µ hµ = 8πGT
(3.16)
Consideriamo una sorgente statica debole in cui non ci sia pressione. In questo
caso il tensore energia-impulso assume la forma
Tµν

ρ
0

=
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0

0
0


0
ρ̇ = 0; 4Gπρ << 1
(3.17)
0
La condizione di staticità impone che ∂x∂ 0 hµν = ḣ = 0. Le componenti (00) delle
equazioni (3.15) e (3.16) saranno dunque:
∇2 h00 = −8πGT00
(3.18)
−∇2 h00 + ∇2 hjj − ∂i ∂j hij ≡ −∇2 h00 + ∂i (∂i hjj − ∂j hij ) = −8πGT00 (3.19)
Capitolo 3. Energia e Momento Angolare
36
Possiamo ora sommare (3.19) con (3.19) e ottenere
−∂i (∂i hjj − ∂j hij ) = 16πGT00 ⇒
1
T00 =
∂i (∂j hij − ∂i hjj )
16πG
(3.20)
(3.21)
A questo punto
Z
E=
3
d xT00
t=cost
1
=
16πG
I
dSi (∂j hij − ∂i hjj )
(3.22)
∞
Nell’ultimo passaggio si è applicato il teorema di Gauss (dSi ≡ dS 0i ). Notare che
l’integrale dipende soltanto dal campo asintotico. Possiamo cambiare le srgenti
interne senza modificare il valore di E; la formula ha validità generale.
Esiste anche un’altra espressione possibile per l’energia che utilizza i vettori di
Killing. Sottrendo (3.19) con (3.19):
−2∇2 h00 ≡ 2∂i ∂i h00 = ∂i (∂j hij − ∂i hjj )
(3.23)
pertanto
1
E=−
8πG
I
dSi ∂i h00
(3.24)
∞
Ma g ij Γ00j = − 12 ∂i h00 , e dunque:
I
I
1
1
ij 0
E=
dSi g Γ0j =
dS0i ∇i k 0
4πG ∞
4πG ∞
(3.25)
Dove il risultato finale è stato ottenuto considerando che
g i j∇i k 0 = ∇i k 0 = g ij (∂j k 0 + Γ00j k 0 ) = g i jΓ00j k 0 = g ij Γ00j
(3.26)
per k = ∂t . Ma k è asintoticamente vettore di Killing, quindi ∇µ k ν + ∇ν k µ = 0.
Riscriviamo allora l’espressione dell’energia come:
I
1
dSµν ∇µ k ν
(3.27)
E=−
8πG ∞
3.3
Integral di Komar
Sia V un volume dello spaziotempo su una ipersuperficie Σ con contorno ∂V . Ad
ogni vettore di Killing ξ possiamo associare l’integrale di Komar
I
c
Qξ (V ) =
dSµν ∇µ ξ ν
(3.28)
16πG ∂V
Capitolo 3. Energia e Momento Angolare
per qualche costante c. Applicando la legge di Gauss:
Z
2c
Qξ (V ) =
dSµ ∇ν ∇µ ξ ν
16πG V
37
(3.29)
Ricordiamo il lemma dei vettori di Killing:
∇ν ∇µ ξ ν = Rµν ξ ν ⇒ ∇ν ∇µ ξ ν = Rµν ξ ν
(3.30)
Dunque
c
8πG
R
dSµ Rµν ξ ν = (usando le equazioni di Einstein)
(3.31)
R
R
c V dSµ T µν ξ ν − 21 T gµν ξ ν = V dSµ J µ (ξ)
(3.32)
dove si è introdotta la ”densità di corrente” J µ (ξ) = c T µν ξ ν − 21 T ξ ν .
Si può dimostrare che questo oggetto è conservato , cioè che ∇µ J µ (ξ) = 0. Pertanto
l’integrale di volume ad esso associato è una quantità costante nel tempo.
Qξ (V ) =
V
Utilizzando gli integrali di Komar possiamo ritrovare il risultato per l’energia (3.27),
con la costante c = −2 e ξ = k vettore di Killing legato alle traslazioni temporali.
∂
Se invece consideriamo uno spaziotempo assisimmetrico dove ξ = m = ∂φ
, ponendo
c = 1 otteniamo la definizione di momento angolare sul volume V
I
1
J(V ) =
dSµν ∇µ mν
(3.33)
16πG ∂V
Per calcolare il momento angolare totale è sufficiente estendere l’integrale su una
2sfera all’infinito spaziale.
3.4
Condizioni sull’energia
Tµν soddisfa la condizione di energia dominante se per tutti i campi vettoriali v
timelike diretti al futuro, il vettore
j(v) = −v µ Tµ ν ∂ν
(3.34)
è zero o non spacelike, diretto al futuro; cioè −(v · j) ≥ 0 con uguaglianza se j = 0.
Quindi
−v µ jµ = +v µ v ν Tµν ≥ 0
(3.35)
per ogni v timelike. Possiamo però estendere questa definizione nella condizione
debole sull’energia:
Capitolo 3. Energia e Momento Angolare
38
v µ v ν Tµν ≥ 0 per ogni campo v non-spacelike.
In pratica si impone che il tensore energia-impulso sia definito positivo, ovvero si
esclude la possibilità di avere masse < 0.
In realtà esiste anche un altro vincolo noto come condizione sull’energia forte, il
quale asserisce che
1
µ ν
(3.36)
v v Tµν − gµν T ≥ 0 ∀ v non-spacelike
2
Tale relazione in realtà non deriva dalla condizione dominante, e non ha una grande
rilevanza fisica. Viene però introdotta per la dimostrazione di alcuni teoremi sulle
singolarità.
Capitolo 4
Meccanica dei Buchi Neri
Andremo ora a ricavare le 4 le leggi che regolano la meccanica dei buchi neri, con
particolare attenzione alle conseguenze fisiche, mostrando come queste possano
essere messe in relazione con i principi classici della Termodinamica. Introdurremo
la Radiazione di Hawking e ci concentreremo sul fenomeno dell’evaporazione di
un buco nero, giungendo infine alla generalizzazione della seconda legge (teorema
dell’area).
4.1
Equazione di Raychaudhuri e conseguenze sulla
congruenza di geodetiche nulle
Nello studio della congruenza geodetica nulla, abbiamo visto la definizione del
proiettore nel sottospazio T⊥ dello spazio tangente, generato dai vettori η µ ortogonali a t e n. Da questa si è potuto scrivere la matrice B̂ µν , secondo la (1.47),
in termini di 3 grandezze, θ, σµν e ωµν , rispettivamente espansione, deformazione
e twist. Possiamo ora stabilire un altro legame tra questi parametri introducendo
l’equazione di Raychaudhuri:
dθ
1 2
µ
µ
ν
= t ∇µ B ν P µ = −
θ − σ µν σµν − ω µν ωµν − Rµν tµ tν
(4.1)
dλ
2
che esprime la variazione di θ lungo il parametro affine in dipendenza delle componenti algebriche di B̂ µν e del tensore di Ricci.
Tale equazione può essere utile per ricavare alcuni risultati importanti sulla struttura delle ipersuperfici nulle, legati alle proprietà del moto, che troveranno la loro
applicazione in seguito.
P roposizione
l’espansione θ delle geodetiche nulle generatrici di una ipersuperficie N obbedisce
alla disuguaglianza
1 2
dθ
≤−
θ
(4.2)
dλ
2
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
40
assumendo che valga la condizione di energia debole, ovvero Tµν tµ tν ≥ 0
Dimostrazione
É facile vedere che σ µν σµν ≥ 0 in quanto la metrica nello spazio T⊥ è definita positiva. Invece ω = 0 poiché, essendo su un’ipersuperficie nulla, i vettori t sono anche
normali a tale ipersuperficie, pertanto vale il teorema enunciato in precedenza.
L’equazione di Raychaudhuri si trasforma nel modo seguente:
dθ
1
1
≤ − θ2 − Rµν tµ tν = − θ2 − 8πGTµν tµ tν
dλ
2
2
(4.3)
Sfruttando ora l’ipotesi di energia debole, osserviamo che il termine −8πGTµν tµ tν
è certamente negativo o nullo, quindi
1
dθ
≤ − θ2
dλ
2
(4.4)
Corollario
se θ = θ0 < 0 in un qualche punto p∈γ dove γ è un generatore dell’ipersuperficie
nulla N , allora θ → ∞ lungo γ entro una lunghezza affine finita pari a |θ20 |
Dimostrazione
Sia λ parametro affine della curva γ tale che λ = 0 in p. Allora:
dθ
1
d −1 1
≤ − θ2 ⇔
θ
>
dλ
2
dλ
2
(4.5)
banalmente, invertendo la disequazione differenziale. Dunque
1
θ−1 > λ + cost
2
(4.6)
Ora, poiché θ(λ = 0) = θ0 , la costante non potrà eccedere il valore di θ0−1 . Pertanto:
1
θ0
θ−1 ≥ λ + θ0−1 ⇒ θ ≤
2
1 + 21 λθ0
Se θ0 < 0, nel limite per λ →
θ→∞
2
|θ0 |
(4.7)
il denominatore tende a zero. Questo implica
Al di là dei dettagli del calcolo è possibile interpretare questo risultato in senso
fisico osservando quanto segue: se si hanno geodetiche nulle convergenti in una
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
41
certa regione dello spaziotempo, (cioè un’espansione θ < 0) la natura attrattiva
della gravitazione, espressa nella condizione debole sull’energia, implica che tali
geodetiche dovranno continuare a convergere.
P roposizione(2)
se N è un orizzonte di Killing,allora B̂µν = 0 e
lungo i generatori dell’orizzonte.
dθ
dλ
= 0, cioè l’espansione è costante
Dimostrazione
Sia ξ il vettore di Killing tale che ξ = f l, (lν ∇ν lµ = 0) sull’ipersuperficie N per
una qualche funzione f non nulla. Poiché ω = 0, possiamo porre B̂µν = B̂(µν) , cioè
il tensore può essere espresso in termini della sola parte simmetrica. Dunque:
B̂µν = Pµ λ Bλρ P ρν = Pµ λ ∇(ρ lλ) P ρν = Pµ λ ∂(ρ f −1 ξλ) P ρν
(4.8)
considerando che ∇(ρ ξλ) = 0. Ora, scrivendo esplicitamente la somma simmetrizzata:
Pµ λ ∂ρ f −1 ξλ P ρν + Pµ λ ∂λ f −1 ξρ P ρν = 0
(4.9)
questo perché ξ è ortogonale a T , quindi quando il proiettore agisce sul vettore di
Killing, in ciascuno dei due pezzi della somma, dà come risultato 0.
dθ
=0
In particolare θ = 0 ovunque in N , dunque dλ
Da ciò segue il Corollario:
Per un orizzonte di Killing N del campo vettoriale ξ vale
Rµν ξ µ ξ ν |N = 0
4.2
(4.10)
Le leggi della Meccanica dei Buchi Neri
Si è visto nel capitolo 2 come il quadrato della gravità superficiale κ2 fosse costante
su un orizzonte di Killing biforcato. La dimostrazione però non può essere effettuata se consideriamo solo una parte dell’orizzonte, escludendo quindi la 2-sfera
di biforcazione. Questo è il caso di un collasso gravitazionale, nel quale si pone
l’attenzione sull’orizzonte degli eventi futuro H+ (che abbiamo visto essere un orizzonte di Killing). Si può generalizzare il risultato introducendo la
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
42
Legge Zero
Se Tµν obbedisce alla condizione di energia dominante allora κ è costante sull’orizzonte degli eventi futuro
Dimostrazione
Sia ξ il vettore di Killing normale ad H+ . Allora, dal momento che Rµν ξ µ ξ ν |N = 0
e ξ 2 = 0 su H+ , possiamo utilizzare le equazioni di Einstein e scrivere
− Tµν ξ µ ξ ν |H+ ≡ Jµ ξ µ |H+ = 0
(4.11)
ovvero che il vettore J = (−T µν ξ ν )∂µ è tangente a H+ . Ne segue che J può essere
espanso in una base di vettori di H+ :
J = aξ + b1 η (1) + b2 η (2)
(4.12)
su H+ . Ma dal momento che ξ · η (i) = 0, J può essere o spacelike, essendo somma
di due vettori spacelike, o nullo (quando b1 = b2 = 0).
D’altra parte, per la condizione di energia dominante, il vettore J deve risultare o
timelike o nullo. Mettendo insieme i due vincoli, abbiamo necessariamente J nullo
e possiamo esprimerlo come un multiplo del vettore di Killing: J = aξ. Dunque:
1
a
(ξσ Jρ − ξρ Jσ )|H+ = (ξσ ξρ − ξρ ξσ )|H+ = 0 = ξ[σ Jρ] |H+
2
2
(4.13)
Sostituendo l’espressione di Jρ ottieniamo
0 = ξ[σ Tρ]λ ξλ |H+ = ξ[σ Rρ]λ ξλ |H+
(4.14)
Dove nell’ultimo pezzo si sono sfruttate le equazioni di campo di Einstein.
Si può mostrare che, applicando il lemma dei vettori di Killing e la definizione di
gravità superficiale:
0 = ξ[σ Rρ]λ ξλ |H+ = ξ[σ ∂ρ] κ|H+
(4.15)
Questo implica che anche∂ρ κ ∝ ξρ , quindi, per ogni vettore t tangente alla superficie, vale la relazione tρ ∂ρ κ = 0 ⇒ κ è costante su H+
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
43
Legge di Smarr
Sia Σ un’ipersuperficie spacelike nella spazio stazionario esterno ad un buco nero
con un bordo interno, H, sull’orizzonte futuro e un altro bordo su i0
Figura 4.1: H è una 2-sfera che può essere considerata come il ”bordo” del
buco nero
Prendiamo l’integrale di Komar per il momento angolare calcolato su ∂Σ. Questo
può essere visto come somma di due contributi, cioè di un integrale sul bordo i0 e
di un integrale su H. Sfruttando il teorema di Gauss sul primo pezzo otteniamo:
Z
I
1
1
µ ν
J=
dSµ ∇ν ∇ m +
dSµν ∇µ mν
(4.16)
8πG Σ
16πG H
Dove mµ rappresenta il vettore di Killing spacelike all’infinito associato alle simmetrie per rotazioni. Tale vettore, in un sistema di coordinate opportuno, può
∂
identificarsi con ∂φ
.
Ora possiamo utilizzare il lemma dei vettori di Killing e le equazioni di campo di
Einstein:
Z
I
Z
1
1
1
µ
ν
µ ν
J=
dSµ R ν m +
dSµν ∇ m =
dSµ (T µν mν − T mµ ) + JH
8πG Σ
16πG H
2
Σ
(4.17)
Supponiamo che il buco nero sia isolato, cioè che l’unico contributo al tensore
energia-impulso venga dal campo elettromagnetico. Dunque Tµν = Tµν (F ) dove Fµν
è il tensore di stress per il campo e.m. Dal momento che g µν Tµν (F ) = T (F ) = 0,
l’integrale (4.17) diventa:
Z
J=
dSµ T µν (F )mν + JH
(4.18)
Σ
Applichiamo adesso la legge di Gauss all’integrale sull’energia totale, definita dalla (3.27), tenendo conto che essa coincide con la massa contenuta nello spaziotempo, misurata all’infinito spaziale. Facendo le stesse considerazioni del calcolo
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
44
precedente:
Z
Z
1
1
µ ν
M =−
dSµ R ν k −
dSµν ∇µ k ν
(4.19)
4πG Σ
8πG H
dove questa volta k µ è il vettore di Killing associato alle traslazioni temporali,
timelike all’infinito. Ora possiamo tenere conto che, sull’orizzonte degli eventi per
un buco nero rotante con velocità angolare ΩH = 2M [M 2 +J√M 4 −J 2 ] , il vettore di
Killing normale alla superficie è dato da ξ = k + ΩH m. Dunque si ha:
I
Z
1
µ ν
µ
dSµ (−2T ν k + T k ) −
dSµν (∇µ ξ ν − ΩH ∇µ mν )
(4.20)
M=
8πG
Σ
H
dal momento che ΩH è costante su H.Facendo ancora l’ipotesi di uno spazio esterno
privo di materia, Tµν (F ) → T (F ) = 0, possiamo scrivere:
I
Z
1
µ
ν
dSµν ∇µ ξ ν
(4.21)
M = −2 dSµ T ν (F )k + 2ΩH JH −
8πG H
Σ
Se ora assumiamo che il buco nero non possieda carica elettrica i.e. Tµν (F ) = 0, la
relazione diventa
I
1
M = 2ΩH JH −
dSµν ∇µ ξ ν
(4.22)
8πG H
Lemma
dSµν = (ξµ nν − ξν nµ )dA su H dove n è tale che ξ · n = −1
Dimostrazione Sappiamo che n e ξ sono normali ad H. Possiamo porci in un
sistema opportuno di coordinate e verificare ”a mano” la validità della relazione.
Figura 4.2
In coordinate tali che:
1
nµ = √ (1, −1, 0, 0)
2
1
ξµ = √ (1, 1, 0, 0)
2
(4.23)
(4.24)
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
45
possiamo calcolare il modulo dell’elemento di area come dA = |dS01 |
Infatti:
1
dS01 = (ξ0 n1 − ξ1 n0 )dA = (−1 − 1)dA = −dA
2
(4.25)
c.v.d.
Quindi:
1
−
8πG
I
1
dSµν ∇ ξ = −
8πG
H
µ ν
I
dA(ξµ nν − ξν nµ )∇µ ξ ν =
(4.26)
H
(4.27)
1
=−
8πG
I
dA(ξµ nν ∇µ ξ ν − ξν nµ ∇µ ξ ν ) =
H I
1
dAξν nµ (∇µ ξ ν − ∇ν ξ µ )
=−
8πG H
(4.28)
(4.29)
Possiamo ora sfruttare la definizione dei vettori di Killing che pone
(∇µ ξ ν − ∇ν ξ µ ) = 2∇µ ξ ν , e la definizione di gravità superficiale ξµ ∇µ ξ ν = κξ ν
Dunque:
I
I
1
κ
µ ν
−
dAξµ ∇ ξ nν = −
dAξ ν nν
(4.30)
4πG H
4πG H
che, utilizzando la condizione ξ · n = −1 porta a
I
κ
κ
dA =
A
4πG H
4πG
(4.31)
dove A rappresenta ”l’area” dell’orizzonte degli eventi H. Questa superficie può
essere definita anche tramite l’integrale
Z
A=
dΩ2 r2 = 4πRs 2
(4.32)
r=Rs
Dove Rs rappresenta il raggio di Schwarzschild. Quindi abbiamo ottenuto la relazione, per un buco nero privo di carica
M=
κ
A + 2ΩH J
4πG
(4.33)
nota come F ormula di Smarr.
Nel caso in cui la carica Q 6= 0, l’espressione può essere generalizzata a
M=
κ
A + 2ΩH J + ΦH Q
4πG
Nella quale compare il potenziale elettrostatico ΦH sull’orizzonte.
(4.34)
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
46
Prima Legge
Se un buco nero di massa M , carica Q e momento angolare J, con orizzonte degli
eventi futuro avente gravità superficiale pari a κ, potenziale elettrico superficiale
ΦH , è perturbato in modo tale da essere portato ad una nuova soluzione con caratteristiche M + δM , Q + δQ, J + δJ, allora la variazione di massa può essere
espressa mediante la legge
dM =
κ
dA + ΩH dJ + ΦH dQ
8πG
(4.35)
Dimostrazione Proveremo il caso sempilce in cui Q = 0.
I teoremi di uncità ci dicono che M = M (J, A). Se ci poniamo in notazione
G = c = 1, area e momento angolare hanno entrambi le dimensioni di M 2 , quindi
la funzione M (J, A) dovrà essere omogenea, di grado 21 . Applicando il teorema di
Eulero per funzioni omogenee
A
∂M
∂M
1
κ
+J
= M=
A + ΩH J
∂A
∂J
2
8π
dove nell’ultimo passaggio si è utilizzata la formula di Smarr.
Questo porta a scrivere
∂M
κ
∂M
A
−
+J
− ΩH = 0
∂A
8π
∂J
(4.36)
(4.37)
Ma A e J sono parametri liberi, quindi
κ
∂M
=
∂A
8π
∂M
= ΩH
∂J
(4.38)
(4.39)
Seconda Legge
Se Tµν soddisfa alla condizione di energia debole e assumiamo vera l’ipotesi di
censura cosmica, allora l’area dell’orizzonte degli eventi futuro di uno spazio asintoticamente piatto è una funzione non decrescente nel tempo i.e.
δA ≥ 0
(4.40)
Nel caso di due buchi neri in fase di collisione, l’area dell’orizzonte degli eventi
finale sarà maggiore della somma delle aree degli orizzonti di partenza
A3 > A2 + A1
(4.41)
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
47
Siano Σ(λ) e Σ(λ0 ) tali che Σ(λ0 )∈D+ (Σ(λ)) se λ0 > λ.
Possiamo scegliere λ come parametro affine su una geodetica nulla generantrice di
H+ . L’area dell’orizzonte A(λ) sarà l’intersezione tra Σ(λ) e H+ . La seconda legge
afferma che A(λ0 ) > A(λ) se λ0 > λ.
Dimostrazione Per dimostrare che A(λ) non può decrescere con l’aumento di λ è
sufficiente mostrare che ogni elemento di area a di H ha questa proprietà. Ricordθ
= θa vediamo che la seconda legge è verificata se θ > 0 in ogni punto
dando che dλ
di H+ .
Per vedere che ciò funziona supponiamo per assurdo che θ < 0. Questo implica che
le geodetiche devono convergere ad un fuoco; cioè geodetiche vicine ad una data,
γ, passanti attraverso un punto p, devono intersecare γ a distanza finita da p. Il
punto q per il quale ciò avviene è chiamato punto coniugato di p in γ.
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q
γ
conjugate
point
p
Punti oltre q non sono più separati da p con curve nulle, sono separati da curve timelike. Per vedere esplicitamente questo fatto consideriamo l’evoluzione
temporale di una 2-superficie piatta raffigurata in uno spaziotempo cilindrico:
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
t
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γ
48
punti su γ dopo q
possono essere raggiunti da curve timelike
che partono da p
q
γ
punto coniugato a p su γ
(sul lato opposto del cilindro)
γ
p
spazio
L’esistenza di q nel futuro di una geodetica nulla che genera H+ implica che tale
generatore abbia un punto terminale al finito, e questo è in contraddizione con il
teorema di Penrose; quindi θ ≥ 0 in ogni punto di H+ .
Volendo immaginare in maniera fantasiosa la dimostrazione della seconda legge,
potremmo pensare al confine dell’orizzonte (H+ ) come formato dalle traiettorie
nello spaziotempo di raggi di luce che non riescono per pochissimo a sfuggire all’attrazione gravitazionale, rimanendo cosı̀ sospesi esattamente al margine del buco
nero. Queste traiettorie non possono avvicinarsi l’una all’altra, altrimenti i raggi finirebbero per ”scontrarsi”, precipitando verso la singolarità. Ma se tali raggi
venissero inghiottiti dal buco nero non potrebbero mai essere stati al suo confine
(la traiettoria non sarebbe più nulla ma timelike). Questo fa concludere che i fasci
luminosi devono o viaggare paralleli o allontanarsi nel tempo.
La condizione θ = 0 si realizza soltanto se si ha uno spaziotempo stazionario.
Vediamo ora come esempio la formazione di un buco nero per collasso a simmetria
sferica senza pressione, illustrato nel seguente diagramma di Finkelstein:
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
t
.
.......
..........
....
...
.
...
....
...
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49
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ppp
pppppp
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pp
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pp
p
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p
A (λ2 ) ≈ 16πM 2
+ pppppppppp
p
p
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p
pppp
p
H ppp pppppppppppppppp
p
p
p
p
p
p
p
p
p
ppppppppppppppppppppppppppp pppppppppp ppppppppppppppp
ppp
ppp
ppp
Σ (λ2 λ1 )
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p
p
p
p
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ppp
p
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ppppppp
p
p
p
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p
p
p
p
p
p
p
ppp pppp
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pp p
pp
p pp p
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p ppppp ppppp ppppp ppppp ppppp pppp p pppp
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A (λ1 ) 6= 0
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p
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p pp
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Σ (λ1 )
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tutti i generatori nulli di H+
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p p p pp
...
p ppp
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Star
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ppppppppp
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p
p
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p
A (λ0 ) = 0
.
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ppp p p p p p p p
p p p p p p pp
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Σ (λ0 )
A = 0 su Σ(λ0 ). L’orizzonte degli eventi inizia poi la sua formazione, avremo
A 6= 0 su Σ(λ1 ) e questo valore aumenta fino al termine del collasso, quando
2
= 16πG2 Mc3 utilizzando la formula di Smarr per un buco nero di
A = 4πG M
κ
Schwarzschild (in notazione G = c = 1, A = 16πM 2 ).
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
50
Conseguenze della seconda legge
(1) Limite all’efficienza di conversione massa/energia nella collisione di due buchi
neri.
Consideriamo il diagramma per due buchi neri di massa M1 e M2 che si uniscono
formando un buco nero di massa M3
............................................................
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................
.........
...........
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..................
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.. .................
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+
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.......
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.......
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......
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.
.
........
...
..........
..............................................
......................................
M3
H
+
H+
nuovi generatori entrano
nell’orizzonte H
in questo punto
M1
onde
gravitazionali
M2
L’energia radiata nel processo, in unità G = c = 1, è data da
Erad = M1 + M2 − M3
(4.42)
Conseguentemente l’efficienza, definita come il rapporto tra energia radiata ed
energia a disposizione, si può esprimere come:
η=
M3
M1 + M2 − M3
=1−
M1 + M2
M1 + M2
(4.43)
Supponiamo che i buchi neri di partenza siano stazionari; dalla formula di Smarr:
A1 = 16πM1 2
(4.44)
A2 = 16πM2 2
(4.45)
Ora, applicando la seconda legge:
A3 = 16πM3 2 ≥ 16π(M1 2 + M2 2 )
p
M3 ≥ M1 2 + M2 2
Se sostituiamo questo risultato nell’espressione dell’efficienza otteniamo
p
M1 2 + M2 2
1
η ≤1−
≤1− √
M1 + M2
2
(4.46)
(4.47)
(4.48)
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
51
L’energia radiata potrebbe essere utilizzata per compiere lavoro. In pratica la seconda legge limita l’utilizzo di energia che può essere estratta da un buco nero come
la seconda legge della termodinamica limita l’efficienza di una macchina termica.
Chiariremo in seguito questo primo parallelismo.
(2) I buchi neri non si possono biforcare.
Consideriamo il processo inverso al precedente, ovvero un buco nero di massa M3
che si divide in due buchi neri di massa M1 > 0 e M2 > 0. Il teorema dell’area ci
dice che:
p
(4.49)
M3 ≤ M1 2 + M2 2 ≤ M1 + M2
Ma la conservazione dell’energia richiede M3 ≥ M1 + M2 con M3 −M1 −M2 energia
radiata nel processo. Siamo giunti ad un assurdo.
Terza Legge
Non è possibile, mediante alcun processo fisico, ridurre la gravità superficiale κ di
un buco nero a zero attraverso un numero f inito di operazioni.
Questa legge non ha una vera e propria dimostrazione matematica. Risulta più
una congettura, come l’ipotesi di censura cosmica. Si può tuttavia intuire se ci
riferiamo alla soluzione di Kerr per un buco nero rotante. Si può dimostrare che
esiste una relazione esplicita che lega la gravità superficiale alla massa e al momento
angolare:
p
M 4 − JH4
i
h
κ=
(4.50)
p
4
2
4
2M M + M − JH
Supponendo di voler ridurre κ tentiamo di aumentare il momento angolare inserendo particelle all’interno del buco nero. Si osserva che la diminuzione della gravità
superficiale diventa sempre più piccola man mano che la massa e il momento anJH
golare tendono al rapporto critico M
2 = 1 per il quale κ → 0.
JH
Processi di accrescimento tali che M 2 → 1 richiedono un tempo infinito e un’infinita
divisibilità della materia.
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
4.3
52
La Radiazione di Hawking
Prima di addentrarci nel confronto tra meccanica dei buchi neri e leggi classiche
della termodinamica, è d’obbligo introdurre un processo predetto da S. Hawking
nel 1974 che prende il nome di Radiazione di Hawking.
Il fisico britannico, utilizzando la teoria quantistica dei campi, ha calcolato la possibilità per un buco nero di ”emettere” un flusso di radiazione con spettro di corpo
nero, legato ad una temperatura inversamente proporzionale alla massa. Sebbene
questo conto richieda concetti di fisica più avanzati, possiamo comunque descriverlo
in maniera qualitativa e dedurne le conseguenze fisiche. Innanzitutto ricaviamo la
Temperatura di Hawking
Vogliamo studiare il comportamento di un campo quantistico in prossimità dell’orizzonte degli eventi.
Definiamo un tempo immaginario τ = −it ed estendiamo il suo dominio dai valori
immaginari puri a valori reali. Nello spaziotempo stazionario intorno ad un buco
nero statico questo porta alla continuazione della metrica di Schwarzschild nella
M etrica di Schwarzschild Euclidea:
2M
dr2
2
+ r2 dΩ2
dsE = 1 −
(4.51)
dτ 2 +
r
1 − 2M
r
che è singolare per r = 2M . Passiamo allora alla Metrica Euclidea di Rindler
x2
ponendo il solito cambio di variabile r − 2M = 8M
e facendo il limite per r → 2M
si ha:
ds2E ≈ (κx2 )dτ 2 + dx2 +
1
dΩ2
4κ2
(4.52)
dove (κx2 )dτ 2 + dx2 è la metrica di Rindler Euclidea. Questo pezzo può essere
riscritto come dx2 + x2 d(κτ )2 , che rappresenta una metrica piatta in coordinate
polari piane, a patto di operare la scelta τ ∼ τ + 2π
.
κ
In parole povere, la periodizzazione di τ rende la singolarità r = 2M solo di coordinate (come r = 0 nelle polari). Questo fatto pone delle conseguenze sui tipi di
campo (cioè funzioni dello spaziotempo) che dobbiamo considerare; avremo bisogno di quantità Φ(~x, τ ) periodiche in τ .
Il prossimo passo richiede il passaggio a quella che viene definita formulazione di
Feymann della meccanica quantistica nell’introduzione degli Integrali F unzionali
Euclidei.
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
53
L’integrazione funzionale è un insieme di risultati matematici e fisici in cui il dominio di un integrale non è più una regione di spazio, ma uno spazio di funzioni. Per
un determinato processo fisico, tutte le ampiezze di probabilità, date dall’evoluzioS
ne temporale del sistema, sono pesate tramite la funzione e ~ dove S rappresenta
l’azione, nel nostro caso l’azione euclidea
Z
dq
(4.53)
SE = dt −ip + H
dt
L’integrale funzionale considera tutte le possibili evoluzioni del sistema dallo stato
iniziale a quello finale. Si può dimostrare che se il campo Φ è periodico di periodo
~β, l’integrale funzionale si scrive come
Z = tr e−βH
(4.54)
che rappresenta la funzione di partizione di un sistema quantomeccanico di hamiltoniana H e temperatura T data dalla relazione β = (KB T )−1 .
Al di là dei dettagli del calcolo, ciò che emerge da questo discorso è l’aver ricavato
una temperatura semplicemente imponendo una periodizzazione della coordinata
temporale, al fine di evitare l’occorrenza di una singolarità. Avendo dunque posto
possiamo dire:
il periodo pari a 2π
κ
~β = ~(KB T )−1 =
2π
κ
(4.55)
Un campo quantistico può allora essere in equilibrio termico con un buco nero solo
alla temperatura di Hawking definita come
TH =
κ~
2πKB c
(4.56)
Dove si è introdotto il fattore c posto in origine pari a 1. Ricordando che nello
c4
si ha
spaziotempo di Schwarzschild la gravità superificiale ha espressione κ = 4M
G
TH =
c3 ~
8M GπKB
(4.57)
Questa grandezza può essere vista come la temperatura del buco nero se consideriamo questo un oggetto ”che irradia”. A breve potremo capire il senso di tale
affermazione. Da notare intanto la dipendenza di TH dall’inverso della massa, da
∂T
< 0; l’equilibrio alla temperatura di Hawking è instabile,
cui consegue C −1 = ∂M
ovvero appena il buco nero assorbe radiazione o materia, aumentando la sua massa,
la temperatura diminuisce (cioè il calore specifico di un buco nero è negativo).
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
54
Legge di Tolman
La temperatura locale T di un sistema statico immerso in un campo gravitazionale
e in equilibrio termico soddisfa:
1
(−k 2 ) 2 T = T0
(4.58)
∂
dove T0 è costante e k è il vettore di Killing timelike ∂t
. Se k 2 → −1 asintoticamente, possiamo identificare T0 come la temperatura misurata ”da infinito”.
Nella metrica di Schwarzschild:
T0 ≡ TH =
κ~
2πKB c
(4.59)
Poniamoci ora vicino a r = 2M nelle coordinate di Rindler, dove si può dimostrare
∂
che x = 0 è orizzonte di Killing per k = ∂t
e che (−k 2 ) = κx. In questo caso,
assumendo ~ = KB = 1, abbiamo:
1
(−k 2 ) 2 T ≡ (κx)T =
κ
2π
(4.60)
−1
Quindi T = x2π è la temperatura misurata da un osservatore che si trovi su orbite
di k vicino all’orizzonte. Ma x = a−1 , costante, per tale osservatore, dove a è il
modulo della quadriaccelerazione. Dunque
T =
a
2π
(4.61)
è la temperatura locale del sistema.
Nel caso dello spaziotempo di Rindler T → 0 quando x → ∞, questo implica che
la temperatura di Hawking, cioè la temperatura misurata all’infinito spaziale, sia
nulla. Ciò non è cosı̀ strano se consideriamo che la metrica di Rindler non è altro
che la metrica di Minkowski in coordinate inusuali; non c’è nulla in questo spazio
che irradi. Se invece consideriamo uno spaziotempo contenente al suo interno un
buco nero Tlocale → TH 6= 0 all’infinito. Ciò lascia presagire che un buco nero
deve emettere radiazione prorpio alla temperatura di Hawking. Ma come può un
oggetto che per definizione non permette neanche alla luce di sfuggire al suo campo
gravitazionale, irradiare con uno spettro di corpo nero?
La risposta viene, ancora una volta, dalla teoria quantistica dei campi, ma non
è necessario ricorrere al formalismo matematico, in quanto il processo di generazione di particelle può essere compreso con un ragionamento intuitivo. Il flusso
di radiazione ’emesso’ in realtà non proviene dall0 interno del buco nero, ma dalla
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
55
zona immediatamente al di fuori dell’orizzonte degli eventi. Qui la presenza di
fluttuazioni quantistiche del vuoto permette la produzione continua in coppie di
h
particelle e antiparticelle che si annichilano dopo un intervallo di tempo ∆t ∼ ∆E
stabilito dal principio di indeterminazione Energia-Tempo (∆t∆E ≥ h). In questa
finestra brevissima il principio di conservazione dell’energia può essere violato. Le
particelle create in questo modo sono dette virtuali.
La struttura dello spaziotempo in prossimità dell’orizzonte degli eventi modifica
però questo processo, in modo che alcune delle particelle vengano attirate all’interno del buco nero, mentre altre possano sfuggirgli. Questo fa sı̀ che la particella
’liberata’ acquisti in modo permanente l’energia presa in prestito attraverso il principio di indeterminazione, diventa cioè reale; la conservazione dell’energia torna a
valere, trascorso l’intervallo ∆t, e quindi la compagna caduta oltre l’orizzonte si
ritroverà con E < 0. In tal modo la massa del buco nero subirà una leggerissima
diminuzione, con conseguente aumento della temperatura. Cosı̀ ad un osservatore
esterno sembrerà che il buco nero abbia appena irradiato una parte della sua energia.
Cerchiamo ora di vedere a grandi linee il conto effettuato da Hawking per ricavare lo spettro della radiazione emessa. In primo luogo consideriamo un risultato
della QFT, nel quale si mostra come la quantizzazione di un campo scalare in un
universo non stazionario porta alla creazione di un flusso di particelle in numero
medio < Ni >. In un buco nero però, se si aspetta un tempo sufficientemente
lungo dopo il collasso gravitazionale, è possibile considerare l’universo stazionario
e quindi il fenomeno di emissione sarebbe un evento transiente, determinato dalle
condizioni del collasso.
Tuttavia, l’infinita dilatazione temporale all’orizzonte degli eventi implica che le
particelle create nella fase di collasso possano concedersi un tempo arbitrariamente
lungo per uscire. Questo suggerisce la possibilità di avere un flusso di particelle
anche nella fase in cui lo spaziotempo si è stabilizzato, dovuto all’esistenza dell’orizzonte ed indipendente dai dettagli di formazione del buco nero. Tale flusso è di
natura termica e prende il nome di Radiazione di Hawking.
Il calcolo del numero medio di particelle osservate può essere effettuato considerando un campo di radiazione (non massivo) Φ nello spaziotempo di Schwarzschild e
conduce al risultato
< Ni >=
1
ω
2π κi
e
−1
(4.62)
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
56
se sfruttiamo ora l’equazione (4.56) , sostituendola nella (4.62) otteniamo proprio
la distribuzione di Planck per una radiazione a frequenza ωi , emessa a temperatura
TH . Quindi la temperatura di Hawking è proprio il valore alla quale il buco nero
irradia la sua energia.
Si può ora ricavare la legge di Stephan-Boltzman, che ci dice qual’è la potenza
media irraggiata dall’orizzonte degli eventi (compare un segno ”-” in quanto l’emissione determina una diminuzione dell’energia del buco nero)
dE
' −σATH4
dt
W
π 2 KB4
σ=
= 5.67 × 10−8 2 4
3
60~c
mK
con A area dell’orizzonte e σ costante di Stephan. Ora, dal momento che
2
~c3
MG
2
;
K
T
∼
E = Mc ; A '
B
H
c2
GM
(4.63)
(4.64)
(4.65)
abbiamo:
dM
c4 ~
∼ 2 2
dt
GM
(4.66)
Supponendo che dM
<< M , possiamo integrare l’equazione trovando una stima
dt
della vita media di un buco nero
τ∼
G2 3
M
c4 ~
(4.67)
Questo risutato è sorprendente. Un buco nero irradia la sua energia perdendo
massa e incrementando la sua temperatura. Se il processo prosegue indefinitamente,
l’oggetto può evaporare, si pensa attraverso una violenta emissione di raggi gamma.
Volendo fare una stima per questo tempo τ , consideriamo un buco nero di massa
pari a quella solare. L’energia emessa dall’orizzonte per unità di tempo vale P ∼
9 × 10−29 W , una quantità infinitesima se paragonata, ad esempio, alla potenza
irradiata dal Sole.
Il tempo di evaporazione vale approssimativamente τ ∼ 1067 anni, un periodo
estremamente più lungo dell’età dell’universo. Se invece la massa del buco nero
fosse 1012 Kg, la vita media si accorcerebbe notevolmente, all’incirca tre miliardi di
anni.
Tutta questa costruzione appare però in netta contraddizione con le leggi della
meccanica prima enunciate, in particolar modo con la seconda. Infatti, assumendo
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
57
che la massa sia proporzionale all’area dell’orizzonte degli eventi, una diminuzione
della prima comporterebbe inevitabilmente una riduzione della superficie. Sarà
allora necessario generalizzare la seconda legge, tenendo conto del fenomeno di
emissione.
4.4
La Termodinamica dei Buchi Neri
In questa ultima sezione riassumiamo le 4 leggi approfondendone il significato e la
loro relazione con le grandezze della Termodinamica.
(0) Se Tµν obbedisce alla condizione di energia dominante allora κ è costante sull’orizzonte degli eventi futuro.
Il principio zero della termodinamica asserisce che un corpo in equilibrio termico
abbia temperatura uniforme. Questo fatto suggerisce un’analogia tra T e la gravità
superficiale κ, che può essere esplicitata considerando la relazione (4.56), a patto
di identificare a temperatura di Hawking con la temperatura effettiva del buco nero.
(1) In unità c = G = 1:
dM =
κ
dA + ΩH dJ + ΦH dQ
8π
Concentriamoci sul coefficiente
temperatura di Hawking come
κ
.
8π
(4.68)
Questo può essere riscritto in funzione della
κ
TH
=
8π
4~
(4.69)
dM = TH dSBH + ΩH dJ + ΦH dQ
(4.70)
Sostiuendo abbiamo
A
Il termine SBH = 4~
identifica l’Entropia del buco nero, proporzionale all’area dell’orizzonte degli eventi. Immettendo le costanti c, G, KB otteniamo SBH = K4lB2A ,
p
q
G~
2
dove lp =
è la lunghezza di Planck.
c3
L’equazione (4.70) scritta in questi termini ricorda, nella struttura, il primo principio della termodinamica dU = T dS − P dV , dove dU è la variazione di energia
interna e P dV rappresenta il lavoro di espansione compiuto sul sistema.
Potremmo allora considerare il termine ΩH dJ + ΦH dQ come il lavoro compiuto da
un qualche agente esterno che aumenta momento angolare e carica, cosı̀ da ottenere
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
58
un parallelismo diretto tra prima legge e primo principio.
Bisogna però tenere conto di un problema intrinseco in questa associazione. Considerando le prime due leggi cosı̀ come sono state ottenute, nella definizione classica
di buco nero, il collegamento tra entropia, temperatura e area sarebbe solo fittizio.
Infatti un buco nero non ha spettro di emissione, e pertanto la sua temperatura
reale deve coincidere con lo zero assoluto. Conseguentemente sarebbe possibile aggiungere entropia e materia al sistema senza modificarlo in alcun modo. In questa
accezione, un buco nero sembra trascendere i principi fondamentali della fisica,
tra cui la conservazione dell’Energia e del numero barionico. L’introduzione della
radiazione di Hawking (e quindi la possibilità di irraggiare energia ad una data
temperatura) permettono di risolvere questi paradossi, attribuendo una validità
fisica alla connessione tra grandezze termodinamiche e struttura dei buchi neri.
Il prezzo da pagare è l’apparente contraddizione tra seconda legge e fenomeno di
evaporazione, contrasto che verrà ora chiarito grazie alla relazione appena stabilita
tra Area ed Entropia.
(2)
δA ≥ 0
(4.71)
Nel caso di due buchi neri in fase di collisione, l’area dell’orizzonte degli eventi
finale sarà maggiore della somma delle aree degli orizzonti di partenza
A3 > A2 + A1
(4.72)
Avevamo visto prima come l’efficienza dell’energia radiata durante il processo
di collisione fosse limitata da questa legge cosı̀ come il secondo principio della termodinamica limita l’efficienza di un motore termico. Ora è chiaro che,
associando
SBH =
A
4~
(4.73)
la seconda legge si può scrivere equivalentemente δSBH ≥ 0, formulazione del ben
noto principio della termodinamica nel caso in cui il sistema sia isolato termicamente.
Consideriamo ora il processo di evaporazione tramite radiazione di Hawking. Come
già osservato l’area dell’orizzonte degli eventi, ora espressa in termini di entropia,
decresce se viene irraggiata energia; tuttavia la radiazione emessa è termica, cioè
Capitolo 4. Meccanica dei Buchi Neri
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trasporta l’energia persa dal buco nero ad una data temperatura (TH ) e quindi
causa un aumento nell’entropia dello spaziotempo esterno all’orizzonte. Questo
suggerisce di considerare non solo SBH , ma anche Sest , ovvero la funzione
S = SBH + Sest
(4.74)
che permette di enunciare la:
Seconda legge della termodinamica generalizzata
S = SBH + Sest è sempre una funzione non decrescente nel tempo, per qualsiasi
processo fisico
Questo principio fu per primo intuito dal fisico israeliano Beckenstein (senza conoscere la forma precisa di SBH ); egli si basò sulla considerazione che l’entropia
nello spazio esterno decresce necessariamente se la materia viene inglobata dal buco nero. Come spiegato prima, questo fatto violerebbe il secondo principio della
termodinamica se non si assegnasse un’entropia propria del buco nero.
(3) Non è possibile, mediante alcun processo fisico, ridurre la gravità superficiale κ
di un buco nero a zero attraverso un numero finito di operazioni.
Se κ è associato alla temperatura del buco nero, allora la terza legge implica che
non è possibile raggiungere lo zero assoluto con un numero finito di operazioni.
Cioè
TH → 0 ⇔ t → ∞
(4.75)
Questo è proprio l’enunciato del terzo principio della termodinamica, dove le ”operazioni” non sono altro che le trasformazioni termodinamiche compiute sul sistema.
Possiamo dunque ritenere conclusa la trattazione delle proprietà meccaniche e termodinamiche dei buchi neri. Molti aspetti necessitano uno studio più approfondito
e tecnico, ma già una visione generale, come quella che è stata sviluppata in siffatta
tesi, ha permesso di cogliere il punto di vista fisico e l’importanza che rivestono i
buchi neri nella comprensione delle leggi e dei meccanismi che regolano il nostro
Universo.
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