Il figlicidio paterno - Cooperativa-Tre
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Il figlicidio paterno - Cooperativa-Tre
Il figlicidio paterno - di Vittorio Volterra Da Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, di Vittorio Volterra Il Figlicidio Paterno In Italia Dal 1977 Al 2007 Da Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, di Vittorio Volterra Veniamo ora alla ricerca che ho condotto analizzando 31 anni di figlicidi paterni (dal 1977 al 2007) commessi in Italia e riportati dagli organi di stampa, pur essendo consapevole delle imprecisioni possibili e delle eventuali manchevolezze, ma ben conscia dell’impossibilità di reperire in altro modo tali dati. I dati raccolti sono mostrati nelle...... . Nella ....... è rappresentato l’andamento del fenomeno nei 31 anni presi in considerazione, con lo scopo di vedere se effettivamente come si pensa il figlicidio sia un fenomeno in aumento. La prima cosa evidente è che negli anni Settanta e primi anni Ottanta il figlicidio era ancora più frequente di oggi e quindi anche in quegli anni le notizie erano riportate dai giornali quotidiani, come ho potuto appurare durante la mia ricerca. Dobbiamo allora pensare che sia stata la televisione, che a differenza della carta stampata arriva in tutte le case, a dare tanta enfasi al fenomeno, così da farci credere che sia caratteristico dei nostri giorni. In seguito vedremo che nel tempo sono rimaste anche altre costanti oltre alle cifre, e cioè la modalità con cui l’omicidio è commesso, le motivazioni, l’età degli autori e delle vittime. Ciò che invece in passato era più frequente è il numero di casi di “bizzarri” incidenti domestici che vedono coinvolti i bambini, molti dei quali sono veramente al limite tra l’incidente e l’omicidio colposo, perché sappiamo che si può provocare la morte di un figlio non solo con un comportamento attivo, come per esempio con 20 coltellate, ma anche con la negligenza, con un comportamento mancato, anche se di certo suscita meno scalpore rispetto alla furia omicida. Nella ricerca ho preso in considerazione oltre agli omicidi anche i tentati omicidi, in quanto ritengo importante il comportamento e l’intenzione dell’autore piuttosto che l’esito finale del suo gesto. Nella..... è rappresentata la distribuzione geografica del figlicidio. La maggior parte dei casi si verifica al Nord, così come accade per le madri. Segue il Sud e come al solito il Centro fa da fanalino di coda con il minor numero di omicidi. Il Sud è comunque l’unica area in cui il numero dei figlicidi commessi dai padri è maggiore rispetto al numero di quelli commessi dalle madri, cosa che fa pensare a una tenuta maggiore dell’immagine della “buona madre” al Sud o forse a più forti conflitti di ruolo per i padri meridionali. Ho cercato di vedere la distribuzione del figlicidio nelle varie regioni d’Italia: prima fra tutte per numero di casi è la Lombardia con ben 86 casi a Milano. Questo dato potrebbe però essere così elevato perché per la ricerca ho utilizzato giornali, in particolare il Corriere della Sera, dove molti casi erano riportati nella cronaca locale. Ciò potrebbe spingerci a pensare che il numero dei figlicidi totali potrebbe essere decisamente maggiore rispetto a quello trovato. Seguono poi le regioni Sicilia, Piemonte, Campania, Veneto ecc. Nella..... possiamo notare che non ci sono padri minorenni nel campione. La fascia d’età maggiormente rappresentata è quella dai 41 ai 50 anni (26%) e, a differenza dell’età delle madri figlicide, il numero dei casi dei padri aumenta con l’aumentare della loro età. Dal grafico si nota inoltre che si può commettere un figlicidio anche in età avanzata, ci sono infatti 16 casi di autori di età superiore ai 70 anni. Per quanto riguarda lo stato civile dell’autore, nella maggior parte dei casi si tratta di uomini coniugati; è però probabile che in alcuni casi, soprattutto quelli in cui la motivazione è la vendetta trasversale, le coppie fossero ancora legalmente sposate ma in procinto di separarsi. La nazionalità dell’omicida è nella grande maggioranza dei casi italiana (97% dei casi). Il numero totale delle vittime è 348 con 203 vittime di sesso maschile (58%) e 145 di sesso femminile (42%). Nella........ è rappresentata l’età delle vittime. Raramente i padri uccidono i figli subito dopo la nascita (1 caso su 299) o comunque nelle prime settimane di vita, reato questo quasi esclusivo della madre. I padri sembrano uccidere soprattutto bambini più grandi o giovani adulti. Sono presenti anche 8 casi in cui la vittima aveva un’età superiore ai 40 anni. Ciò è in linea con l’età dell’autore analizzata in precedenza e con il movente. I padri infatti uccidono principalmente per conflittualità (per motivi di studio, lavorativi, per l’esasperazione a causa di un problema di droga o di violenza del figlio, oppure per eccesso di mezzi educativi); vi sono poi casi scatenati da motivi economici. La seconda motivazione che sembra guidare la mano paterna è la presenza di una patologia psichiatrica (26,8%), dato che sembra contrastare con la maggior parte degli studi stranieri. La patologia più frequente è la depressione che spesso porta l’uomo alla commissione di una strage familiare che termina con il suicidio dell’autore. Colpisce poi l’alta percentuale (19,4%) di figlicidi commessi per vendetta nei confronti del coniuge, la cosiddetta sindrome di Medea, per decenni osservata nelle madri figlicide per il «bisogno di vendicarsi sul bambino del padre infedele». Tale movente sembra oggi essere più frequente nei padri, “desiderosi” di punire il coniuge o ex coniuge utilizzando il bambino come arma per infliggere sofferenza. Nella è rappresentata la modalità lesiva: se le modalità più“immediate” e meno violente, come soffocamento e annegamento, sono prerogativa delle madri, i padri utilizzano soprattutto l’arma da fuoco e l’arma da punta e taglio, quindi modalità più violente. Nei casi in cui i padri utilizzano l’avvelenamento, lo fanno con il gas, mai con i farmaci che sono invece caratteristica esclusiva delle madri. Si potrebbe parlare di weapons effect o effetto armi. Secondo le più 1 Il figlicidio paterno - di Vittorio Volterra Da Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, di Vittorio Volterra accreditate ricerche nell’ambito, sembra che il possesso di un’arma da fuoco possa avere un ruolo precipitante, facilitando il passaggio all’atto anche negli omicidi familiari. L’uso dell’arma da fuoco sembra favorire anche la commissione delle stragi familiari, o family mass murder, rare nel figlicidio materno più frequenti in quello paterno. Sappiamo che in questi fatti di cronaca spesso le vittime non sono solo i bambini; la mostra dunque quali possono essere gli altri reati: in primis l’uxoricidio così come il tentato uxoricidio. La mostra l’epilogo dei figlicidi paterni: la confessione è presente nel 27,1% dei casi, l’arresto nel 18,7% e solo il 2% del campione nega di aver commesso il fatto. Il suicidio si verifica nel 23,1% dei casi e il tentato suicidio nel 10,4%. Secondo uno studio condotto in Canada dal 1993 al 2002, un genitore che uccide il proprio figlio molto piccolo si suicida solo nel 4% dei casi, mentre la percentuale sale al 60% nei casi di bambini più grandi (12-17 anni). Sicuramente il suicidio non è caratteristico dei casi di neonaticidio, di bambino non desiderato e di maltrattamento. Forse è segno della presenza di una psicopatologia in atto, in particolare si riscontra frequentemente la depressione nei casi di figlicidio-suicidio. La probabilità del suicidio aumenta nei casi in cui sono coinvolte più vittime e con vittime più grandi. riportano che la probabilità di figlicidio-suicidio aumenta quando l’età della vittima aumenta: 13% quando il bambino ha un’età compresa tra 1 e 4 anni, mentre 50% quando ha dai 4 ai 15 anni. Tali dati trovano conferma anche nel campione della mia ricerca di padri figlicidi. Nella mia ricerca italiana ho indagato nelle storie personali degli autori la presenza di quegli eventi di vita stressanti che potrebbero avere avuto un ruolo fondamentale o comunque scatenante nella commissione del reato. La presenza di specifici life stressor eventè stato riportato dai padri figlicidi nel 45% dei casi e includono: difficoltà finanziarie, conflittualità con il coniuge, paura o non accettazione della separazione, malattia dell’autore o in famiglia, lutto e perdita del lavoro. Alcuni padri figlicidi parlano di liti rispetto all’infedeltà della compagna e l’essere in procinto di separarsi al momento del fatto sembra essere il più importante fattore precipitante. La separazione sembra avere un grosso peso in questi casi, sono uomini disorientati dall’abbandono che quasi sempre porta anche alla perdita dei figli (nel 94% dei casi di separazione l’affido è dato alla madre); sono uomini che reagiscono al dolore con la violenza contro sé o contro gli altri. Del resto sappiamo che la sensazione dell’inevitabilità della separazione causa paura, dalla quale derivano tutte le emozioni e i sentimenti negativi per l’essere umano. Secondo l’Eurispes (Istituto di studi politici economici e sociali) e l’Associazione Ex (Centro assistenza genitori separati), in dieci anni (1994-2004) si sono verificati 691 delitti, 976 vittime di suicidi e omicidi-suicidi per separazione e figli contesi con ben 158 minori ammazzati. 239 casi si sono verificati al Nord, 261 al Centro e infine 191 casi al Sud. L’autore è di sesso maschile nel 76% dei casi e femminile nel 24%. Nel 98,3% si tratta di padri disperati per la perdita dei figli, infatti solo 1,7% dei delitti familiari coinvolge coppie senza figli. Solo nel 2004 la coppia in crisi ha provocato 53 delitti con 83 morti e il suicidio anche quest’anno rimane prerogativa dell’uomo con il 92,6%. CONCLUSIONI In accordo con la letteratura straniera possiamo affermare che i padri uccidono i figli in egual misura rispetto alle madri, anche se se ne parla di meno oppure lo si fa utilizzando il termine “strage familiare”. Le principali caratteristiche del figlicidio paterno rispetto a quello perpetrato dalla madre sono: una maggiore violenza (arma da fuoco, arma da punta e taglio e gravi traumi alla testa), uccisione di bambini più grandi, spesso di giovani adulti, maggior numero di vittime di sesso maschile, più casi in cui sono coinvolte più vittime (bambini ma anche coniuge e/o altre persone), più casi di maltrattamento fatale e di rivendicazione nei confronti del coniuge. Per concludere vorrei sottolineare che maltrattamento, abuso e figlicidio non sono fenomeni che appartengono solo alla nostra società, sono sempre esistiti. Oggi semplicemente li vediamo ed enfatizziamo più di ieri. 2