L`azienda di Marco e Vannis Marchi in 15 anni ha

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L`azienda di Marco e Vannis Marchi in 15 anni ha
Ritratti d’impresa | Liu Jo
Voglio un
BRAND
internazionale
Pubblicità originale e spesso irriverente. Che non reclamizza abiti,
gioielli o accessori ma piuttosto un modo di essere
che piace dall’Europa all’Asia. Con Liu Jo
i fratelli Marchi hanno azzeccato il segreto del successo
di Arianna De Micheli
erché Kate Moss? «È un’icona.
Stravagante, ha sempre condizionato lo stile e le linee di
moda più importanti d’Europa. È
un vero talento». E Marlon Brando? «Rispetto alla donna, l’uomo
instaura con il prodotto un rapporto assai meno intenso. Solo
uno sguardo poco inflazionato
può solleticare l’immaginario maschile». E se il magnifico sguardo
appartiene a un giovane Brando,
quale uomo non vorrebbe indossare, almeno una volta nella vita, il
denim effetto used dell’intramontabile mito? «È il nostro modo di comunicare un periodo straordinario», chiosa
sornione Marchi. C’è da scommetterci: la
tanto a lungo corteggiata bad girl Kate e il
P
L’azienda di Marco e Vannis Marchi
in 15 anni ha saputo conquistare
uno spazio di primo piano nel panorama
del fashion italiano
Ritratti d’impresa | Liu Jo
risorto Marlon non tradiranno le aspettative di una campagna pubblicitaria 2011, curata per quanto riguarda Brando da Klein Russo,
e già promessa in sposa al successo. Non che Marco Marchi, cuore
e cervello di Liu Jo (oppure, in termini più formali, head of style e
vicepresidente) sia solito vendere la pelle dell’orso prima di averlo
ucciso. Ma che per il noto marchio d’abbigliamento carpigiano il
2010 si sia rivelato un anno più che soddisfacente lo testimonia il
fatturato di 230 milioni di euro, in crescita del 13 per cento rispetto a un quasi altrettanto positivo 2009, archiviato con 204 milioni
di euro e un utile netto di 24,6 milioni. Non occorre dunque essere
un mago dell’alta finanza per intuire che la scalata
di Liu Jo al monte Olimpo della moda sia tutto
fuorché conclusa.
Anzi, è solo all’inizio. «Ha il fiuto per
azzeccare sempre il trend giusto», scrivevano di Marchi su «Repubblica»
fatturato in costante crescita
nel 2007. Lui che armato di quel
«qualcosa di innato che stabilimilioni nel
sce la differenza tra imprendimilioni nel
tore e manager» e forte di poco
altro, ovvero un diploma di adel fatturato investito in marketing
graria e l’esperienza imprenditoriale gourmand trasmesdipendenti (di cui
in Italia)
sa dai genitori, è partito ancora imberbe dall’ultimo scalino.
punti vendita multimarca
«Partito dal basso. Mi piace quein
Paesi in Europa, Asia e Africa
sta espressione. La apprezzo perché è veritiera». È il 1985 quando
dei prodotti Liu Jo
il
un Marchi poco più che ventenne, e
con il solo supporto di un’impiegata e
venduto in Italia
di una responsabile di produzione, inizia la sua avventura nell’ambito dell’abbigliamento. In sessanta metri quadri sforna prodotti di maglieria destinati alle private label. Stella in
ascesa, il giovane carpigiano punta subito al top tanto da annoverare tra i propri clienti brand prestigiosi quali Zara e Mango. Nel
«Il legame
frattempo entra in gioco anche il fratello maggiore Vannis, che di
col territorio
Marco rappresenta la coscienza razionale. Non che il ruolo impronè un rapporto
tato alla sobrietà impedisca all’attuale presidente Liu Jo di correre
da tutelare»,
qualche rischio, ma sempre nei limiti non professionali della sfera
afferma
privata: numero uno anche di Depeche, azienda titolare del marMarco Marchi,
chio Aniye By disegnato dalla figlia Alessandra, pare infatti che
«e mi riferisco
Vannis sia un ottimo pilota di ultraleggero e duemila ore di volo
sia a Carpi
sulle spalle non sono un’inezia. «Una differenza d’età di quindici
sia all’Italia.
an
ni», puntualizza il «piccolo» di casa Marchi, che in termini di eAbituati
stro
creativo vanta pochi eguali, «comporta una visione di vita difa gestire il bello,
ferente.
Mio fratello si occupa della gestione patrimoniale dell’ain fatto di stile
zienda
e
la sua presenza è fondamentale». E lo è sempre stata, sin
noi italiani
da
gli
esordi.
non siamo
Nel 1990 l’attività dei due fratelli aumenta di peso e guadagna
secondi
in
qualità.
Funziona alla grande e quindi esige, e si può permettea nessuno»
LIU JO
91
230
6%
500
4.000
28
70%
2005
2010
370
La storia | Sotto il segno del lifestyle
M
età degli anni Novanta. I fratelli Marco e Vannis
Marchi creano a Carpi la loro prima collezione:
settanta maglie stretch e felpe coloratissime in totale
sintonia con i gusti dell’epoca. La risposta del mercato
è strabiliante. Nel 1998 a Forte dei Marmi apre il primo
negozio monomarca, vera e propria casa del brand
dove il concetto di lifestyle Liu Jo trova la sua più
matura espressione. È il passo d’esordio di un processo di retailing da allora in continua evoluzione.
I due Marchi debuttano quindi nel mondo delle licenze.
Vede infatti la luce Liu Jo Baby, linea per bambine da
zero a cinque anni, seguita a ruota da Liu Jo Luxury,
collezione di gioielli di alta classe e da Liu Jo Casa,
linea in grado di traghettare l’inconfondibile stile della
maison carpigiana nel quotidiano vissuto casalingo.
Nascono inoltre Liu Jo Underwear (intimo donna) e
Beachwear (costumi da bagno).
Nel 2008 inizia un percorso di razionalizzazione delle
collezioni e di creazione di un lifestyle brand cosmopolita. La linea uomo entra nell’orbita del mondo jeans.
Nel febbraio dello stesso anno prende il via anche il
progetto di comunicazione integrata «Bottom-Up
Collection by Liu Jo», campagna televisiva innovativa
che lancia il jeans icona del brand sul mercato italiano.
Ma lo sguardo dell’azienda spazia ormai anche fuori
confine: tra il 2008 e il 2009 vengono istituite Liu jo Asia
Pacific e Liu Jo Retail Benelux. Nel gennaio 2010 è la
volta di Liu Jo Polska.
Ritratti d’impresa | Liu Jo
I numeri | Alla conquista del mondo
N
el giro di un lustro il fatturato di Liu Jo è passato
da 91 milioni di euro del 2005 a 230 milioni del
2010 con un incremento del 13 per cento rispetto al
2009 (anno archiviato con un fatturato pari a 204 milioni di euro e un utile netto di quasi 25 milioni).
L’azienda vanta un organico di 370 dipendenti solo in
Italia, 500 nel mondo. 4.000 punti vendita multimarca
supportano la presenza del brand tanto in Europa
Sui media
Liu Jo
ha il volto
di Kate Moss,
«un’icona,
un vero talento»
commenta
Marco Marchi,
head of style
dell’azienda
carpigiana.
Ma anche
di Marlon
Brando,
«perché solo
uno sguardo
poco inflazionato
può solleticare
l’immaginario
maschile»
76 OUTLOOK
re, spazi più ampi. I metri quadri diventano 900, le braccia si moltiplicano e le dipendenti (la presenza femminile è predominante) sono ora trentacinque. Marco Marchi però in questo abito non ancora cucito su misura si
sente stretto. «Compresi che dovevo impegnarmi in
qualcosa di diverso», dirà poi. «Iniziai quindi a prendere in considerazione il progetto di un marchio di qualità». Siamo a metà degli anni Novanta. La liberalizzazione degli scambi internazionali delle merci sta rivoluzionando lo scenario competitivo. L’abilità di una Liu
Jo non ancora battezzata tale, ma di fatto già in embrione, sta nel trasformare il cambiamento in opportunità: i fratelli Marchi optano per la creazione di un proprio brand total look che, pur ammiccando alle nuove
tendenze, riconosce la propria ragione d’essere in una
identità definita con certosina precisione. Nasce così
Liu Jo. Un nome moderno, incisivo e difficile da dimenticare anche perché frivolo al punto giusto. In apparenza «poco italiano», è invece tutto nostrano e svela del
pragmatico imprenditore il volto più romantico. «Un
nome che per me ha il valore di un talismano», confessa Marco Marchi. «Un meraviglioso ricordo legato alla
mia adolescenza: Liu era infatti il modo in cui chiamavo la mia fidanzata di allora e Jo, beh, Jo ero io».
Liu Jo: nick name o piuttosto segmento di memoria
la cui essenza si traduce in creatività, tecnica, tradizione. E se la continua ricerca apre le porte a quell’innovazione che per Marchi equivale allo «stare al passo con i
tempi», la tradizione rimane pur sempre quella di un
luogo, economicamente parlando un distretto. È infatti
dal 1950 che la maglieria carpigiana contribuisce a dettare i parametri della moda in tutta Europa. E sebbene
oggi il distretto abbia smarrito scettro e corona e cammini a due velocità (arrancano i contoterzisti, galoppa
chi si è strutturato attorno a un marchio) per l’head of
style Liu Jo il legame con la propria terra d’origine mantiene una valenza sacra. «Tutelare il rapporto con il territorio è indispensabile. E mi riferisco sia a Carpi sia
all’Italia. Abituati a gestire il bello, in fatto di stile noi
italiani non siamo secondi a nessuno» . Motivo per cui il
Belpaese rimane per la maison nata in terra dei Pio un
punto di riferimento insostituibile: il 70 per cento dei
prodotti firmati Liu Jo vengono infatti venduti in patria. Lungi però dal restare ancorata a un anacronisti-
quanto in Africa e in Asia per un totale di 28 Paesi. In
Italia i negozi (corner e boutique monomarca) superano le 130 unità mentre nel resto del mondo gli store
indipendenti sono 1.500. A oggi Liu Jo investe circa il 6
per cento del fatturato in operazioni di marketing
(punta al 9 per cento) e vende in patria il 70 per cento
della propria produzione, ma l’export è in costante
crescita.
Comunicazione: è questa la parolina magica, l’«apriti sesamo» che se ben pronunciato spalanca le porte del
successo. Infatti, se per Liu Jo la tradizione è un valore,
è altrettanto vero che mettere in discussione i meccanismi tradizionali è conditio sine qua non per essere competitivi. «Bisogna saper cambiare le regole del gioco»,
conferma Marchi. «Abbiamo scelto di usare i media
televisivi quando ancora le operazioni pubblicitarie erano prerogativa dei soli prodotti di profumeria e del
food. Da quel momento in poi i risultati sono stati sorprendenti». Perché la pubblicità paga. Stare al passo con i tempi significa
quindi sapere creare capi di abIN CONTINUA
bigliamento e accessori in linea
EVOLUZIONE
con le aspettative di una clienil mercato delle licenze:
co «localismo», con oltre quattela sempre più esigente ed
Liu Jo Luxury, collezione di gioielli
tromila punti vendita e 180
essere capaci di una comuLiu Jo Casa, linea biancheria
negozi monomarca presenti
nicazione d’immagine cotanto in Europa quanto in Astruita ad hoc sul target di
Liu Jo Underwear, intimo donna
sia (e grazie a numerose socieriferimento, anche se questo
Liu Jo Beachwear,
tà satellite come la Liu Jo Ari
chiede somme non certo irricostumi da mare
sian Pacific e la Liu Jo Retail Besorie: quest’anno è stato «sacrinelux nate entrambe tra il 2008
ficato alla causa» il 6 per cento
e il 2009 ) l’azienda dei fratelli
del fatturato e le future previMarchi ribadisce la propria vocazione internasioni parlano di investimenti pubblicitari che
zionale. «Con il passare del tempo il nostro baricentro arriveranno al 9 per cento. «Il messaggio funziona se è
si è spostato verso l’estero. E sull’estero punteremo mol- il risultato di una somma algebrica delle menti. Deve
to anche quest’anno. La campagna pubblicitaria televi- essere ammiccante, è evidente, ma pur sempre struttusiva coinvolgerà il continente asiatico e ben sei Paesi rato su un prodotto adeguato».
europei. Inoltre, con l’obiettivo di sviluppare la distriE che il messaggio per l’azienda carpigiana sia una
buzione monomarca in Polonia, nel 2010 abbiamo co- priorità da cui è impossibile prescindere, lo dimostra
stituito la Liu Jo Polska. I dati raccolti sino a oggi sono anche la cura con cui viene concepito ciò che dell’abito
molto incoraggianti. Per molti aspetti la Polonia asso- trendy è il contenitore per eccellenza: il negozio. Ovmiglia all’Italia e sono convinto che dal punto di vista vero, a detta dello stesso Marchi, «l’anima di Liu Jo».
commerciale ci regalerà notevoli soddisfazioni». Merito «L’ambiente in cui trovano spazio le collezioni deve racanche di una comunicazione martellante che ha tenuto contare lo stile del marchio e la sua italianità combinando glamour e raffinatezza» celebra l’elegante sito
banco sugli schermi polacchi per cinque settimane.
Due i fratelli
Marchi
due le anime
di Liu Jo:
«Una differenza
di età
di quindici anni
comporta
visioni di vita
differenti»,
puntualizza
Marco Marchi,
responsabile
indiscusso
della parte
creativa
dell’azienda.
«Mio fratello
si occupa
della gestione
patrimoniale
e la sua presenza
è fondamentale»
Nella pagina
accanto, Kate Moss,
testimonial di Liu Jo.
Sopra, un’immagine
della sede
carpigiana
dei fratelli Marchi
OUTLOOK 77
Ritratti d’impresa
Internet (ennesima strategia di marketing)
firmato Liu Jo. «Una struttura di merchandising modulare ed efficace», una dichiarazione d’intenti battezzata «retail concept»
che rimanda a espressioni sofisticate quali
«sobria linearità e dinamismo grafico» e si
concretizza in superfici lucide e pietre naturali. 220 metri quadrati, tre piani e quattro vetrine: misure generose quelle del flaship store Liu Jo inaugurato nel settembre
2005 (e oggi completamente rinnovato) in
una Milano meta irrinunciabile per chiunque ambisca a un ruolo da protagonista nel
prêt-à-porter. Un’esperienza felice ripetuta
con altrettanta soddisfazione nell’agosto
2008 a Parigi in Rue Saint-Honorè con il
primo frutto europeo del progetto di retailing del marchio carpigiano.
Ma è possibile che all’outsider del tessile
nostrano riesca tutto così facile? «Liu Jo è
nata in un periodo di epidemia. Abbiamo
fatto incetta di vaccini e questo ci ha permesso di vincere le avversità. Momenti difficili? Qualcuno. Per esempio durante il turn
over delle risorse umane. Gestire dieci, dodici persone nuove che entrano in azienda
ogni mese non è affatto semplice. Oggi però
siamo sereni». Non senza motivo. Liu Jo
vanta infatti oltre trecentocinquanta dipendenti in Italia, cinquecento nel mondo.
Giovani, dinamici, volenterosi. Ma soprattutto liberi dal timore di agire al di fuori
degli schemi. «Io sono il più vecchio», sussurra Marchi mentre si prepara a confessare un unico grattacapo. Chi mai può riuscire a tenere sulle spine l’enfant prodige dello
stile made in Italy se non un gruppo di
splendide atlete che nulla hanno da invidiare alle agguerrite truppe di modelle? Sono proprio loro, le ragazze della pallavolo di
A1 sponsorizzate da Liu Jo. E che però
stentano a tenere il passo delle aspettative,
navigando nella parte bassa della classifica. È risaputo: lo sport regala gioie nella
stessa misura in cui dispensa dolori. «Un
settore quello sportivo cui dobbiamo molto», riconosce Marco Marchi, «tanto che l’umiltà è il primo presupposto su cui abbiamo fondato il nostro percorso. Ammetto di
vivere questo momento delicato con una
certa apprensione. Non ci sono abituato».
spedizioni internazionali via mare, via aerea e terrestri
trasporti nazionali
quotazioni e consulenza import-export
logistica e gestione magazzini in outsourcing
consulenze e operazioni doganali
gestione magazzini doganali e deposito IVA
Trasporti e spedizioni internazionali per tutte le destinazioni,
import/export via mare, aereo e terrestre, contenitori completi (FCL) e groupage (LCL),
ivi compresa merce convenzionale in stiva, general cargo.
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