LaSesia Vercelli - Ascensore rotto: prigionieri in casa

Transcript

LaSesia Vercelli - Ascensore rotto: prigionieri in casa
LA SESIA
7
Venerdì 8 aprile 2016
Vercelli
LA SESIA Segui gli aggiornamenti su www.lasesia.vercelli.it
In via Martiri del Kiwu (alloggi Atc) un guasto sta diventando un dramma per gli anziani residenti
Ascensore rotto: prigionieri in casa
D
al 22 gennaio, nello stabile Atc al civico 4 di via
Martiri
del
Kiwu,
l’ascensore è guasto. E da allora sono iniziati i disagi per i
residenti che lo utilizzavano
quotidianamente, abitando ai
piani più alti del condominio.
Disagi che ad oggi perdurano,
visto che nonostante la serie
infinite di segnalazioni all’Agenzia territoriale per la casa, specificatamente alla direzione di Novara, non c’è stato
alcun intervento risolutivo.
Al 4° piano vive una signora
portatrice di defibrillatore. Proprio perché affetta da malattia
cardiaca, avrebbe bisogno di
camminare, di fare movimento
quotidiano, ben diverso però
dal scendere e
salire i 77 scalini che la separano
dal
piano terreno.
La donna esce
di casa solo in
occasioni delle visite specialistiche a
cui si deve
sottoporre. Al
resto, spesa,
commissioni,
conferimento
dei rifiuti, devono provvedere i figli,
uno dei quali
vive a Milano.
«Mia madre è prigioniera in
casa - racconta il figlio Roberto
-. Oltre al problema cardiaco,
è affetta anche da una patologia renale e l’impossibilità di
utilizzare l’ascensore per così
tanto tempo, da un problema
temporaneo è diventato un
dramma. Non potendo praticamente più muoversi dalla
sua abitazione, è anche abbattuta moralmente. Vive in
quell’alloggio da 50 anni e ha
sempre pagato l’affitto regolarmente. Non solo. Per ogni
intervento di manutenzione,
Luci spente nell’ascensore rotto
dal 22 gennaio
nella palazzina
Atc di via Martiri
del Kiwu 4. Sotto
l’edificio in cui si
è verificato il
guasto; dalla sede di Novara
dell’Agenzia rispondono: Conosciamo il problema ma non ci sono soldi
dalla tapparella rotta
al guasto della porta,
ha sempre provveduto alla riparazione,
senza chiedere nulla
ad Atc, o agli enti che
precedentemente
hanno gestito la palazzina, prima Gescal
e poi Iacp. Ci siamo
rivolti agli uffici di
Novara dell’Agenzia
un’infinità di volte,
mia sorella è andata
anche di persona. Ci
è stato risposto che
sono a conoscenza
del problema, che è stato fatto
rapporto a riguardo, ma si devono attendere gli stanziamenti della Regione, per poter dare
il via all’intervento di riparazione. In pratica mancano i
soldi». Intanto figlio si è rivolto
anche al Sunia, il sindacato
inquilini e intende muoversi
su tutti i fronti possibili per
arrivare alla soluzione nel più
breve tempo possibile. «Nello
stabile - prosegue Roberto vivono altri anziani. Nelle scorse settimane, mi sono trovato
ad aiutare un’inquilina costretta a muoversi con il deambulatore. Le è saltato il contatore, piangeva per le scale,
perché era senza luce in casa
e non era in grado di raggiungere la cantina per riavviarlo.
L’ho aiutata. Così però non si
può andare avanti».
Maria Carla Grazioli
DDL CIRINNA’, PRECISAZIONE
Nell’intervista a Nicola Dessì, pubblicata il 5 aprile, a
pagina 6, è stato erroneamente scritto che tra i doveri
nelle unioni civili vi è l’obbligo di fedeltà analogamente al
matrimonio quando in caso di passaggio del Ddl così
com’è è stato approvato al Senato non è previsto. Ci scusiamo con l’interessato e con i lettori.
IL MERAVIGLIOSO MONDO
DI LUIGINO
Referendum, tu
ci vai a votare?
Caro diario,
sono molto preoccupato: da quando
hanno litigato, l’altra sera a cena, i miei
genitori non si salutano più neanche. Eppure non hanno bisticciato perché mio
papà è andato a calcetto senza avvisare o
perché mia mamma ha comprato l’ennesima (inutile) gonna. Hanno litigato per
una roba di politica: una roba che capita
domenica prossima, un referendum. In
pratica: si deve votare sì per dire no e no
per dire sì. Che pasticcio! Ma non è tanto
per quello che hanno litigato.
Mio papa ha chiesto: «Tu ci vai a votare?». Mia mamma: «No, perché io sono
d’accordo con quanto dice il Matteo di Firenze: “Il referendum non parla di nuove
trivelle ma di tirar fuori il gas e petrolio
che c’è. Se decidiamo di dire basta andiamo fuori a comprare dagli arabi e dai russi? Io sono per usare quello che c’è. Spero
che questo referendum, che potrebbe
bloccare 11mila posti di lavoro, fallisca”».
Mio padre l’ha guardata come manco gli
avesse rubato l’ultima fetta di pizza: rigorosamente margherita, niente intrugli
strani sopra tipo bagna càuda. «Ma stai
scherzando?». «No, ha ragione». A quel
punto mio papà ha iniziato ad urlare: «E’
lo stesso che dice che è uno spreco di 300
milioni, vero? Lo stesso che avrebbe potuto
mandarlo insieme al voto per i Comuni,
risparmiando quindi questa montagna di
soldi, ma aveva paura che raggiungesse il
quorum? Ah, capisco...». A quel punto ho
provato a chiedere: «Papà, cos’è il quorum?». «Il numero di elettori necessario
affinché una votazione sia valida». Io gli
ho detto: «Quindi augurandosi che fallisca,
dice che non bisogna arrivare a quel nu-
mero...
Quindi la
gente deve
stare a casa, ho capito bene?».
Pensando di calmarlo, ho commesso un
errore, perché si è agitato ancora di più.
«Sì, fa intendere proprio quello. Anzi, uno
del suo partito, è andato oltre. Tale Bellanova, vice ministero dello Sviluppo, ha
detto: “La cosa più saggia da fare il 17
aprile è non andare a votare”. Ma ci rendiamo conto?». Mia mamma ha cercato di
dirgli di non urlare, perché dei suoi discorsi politici frega niente a nessuno, ma
lui non l’ha ascoltata. «Io a votare ci vado.
Per farci votare qualcuno ha lottato, ha
rischiato la vita. Ed ora che facciamo?
Non ci andiamo perché qualcuno ci invita,
più o meno fra le righe, a non farlo... E
perché ci invita a farlo? Perché ha paura
del voto? E’ impensabile avere paura di
un voto democratico nel 2016! Ma d’altronde in questo Paese, ormai, siamo andati oltre il peggio. E la gente si indigna
solo su Facebook, dopodiché spegne il pc
e pensa a cosa ordinare all’aperitivo». Poi
sbattendo la porta, ha detto: «Io ci vado a
votare, perché andare a votare è sempre
una grande vittoria per la Democrazia».
Caro diario, non so come andrà a finire
questa storia, se i miei genitori, cioè, torneranno o meno a parlarsi. Quello che so
e che, come mi ha insegnato il mio nonno,
si deve sempre dire la propria idea. E per
farlo in politica c’è il voto. E io le mie idee,
quando sarò grande, le vorrò sempre
esprimere: altro che starmene a casa!
ma.g.