Come raccontiamo la violenza

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Come raccontiamo la violenza
L’altra faccia della violenza
Il contributo della
riflessione sul maschile …
Stefano Ciccone
Maschileplurale
Il discorso pubblico sulla
violenza maschile contro le donne
La violenza come
emergenza
…e le sue implicazioni
Due donne uccise alla metropolitana di roma.
Due stranieri violentano una donna incinta…
Vicenza, prostituta incinta violentata e
picchiata. Arrestati due paracadutisti Usa
Cronaca
I due parà, in servizio alla caserma "Del Din" di Vicenza, sono
accusati anche di percosse nei confronti della ragazza romena al
sesto mese di gravidanza. Uno dei due militari era già stato
accusato di una precedente violenza sessuale ai danni di una
minorenne vicentina
di RQuotidiano | 24 luglio 2014
Relazione: due fotografie opposte
1) Tipologia
più diffusa: 100/162 (61,7%)
partner o ex
Tipologia meno notiziata: 40/100 (40%)
2) Tipologia meno diffusa: 7/162 (4,3%) sconosciuto
Tipologia più notiziata: 5/7 (70%)
• Rapporto donne uccise da sconosciuti/entro
relazioni intime:1/12
• Ma gruppo 1: 4 servizi in media (160:40)
• Gruppo 2: 16,6 servizi in media (83:5)
. allarme
. delega
. rimozione
. patologizzazione
Come raccontiamo la
violenza
–Cosa diciamo parlando di
violenza
Lo Jus corrigendi del marito come capo
famiglia esercitato sui figli e la moglie.
"la semplice percossa non può costituire la materialità del
reato, perché la vis modica è mezzo di correzione lecito.”
Una nuova lettura dell'art. 571 c.p. dalla nuova concezione della
famiglia che emerge dalla Costituzione, nonché dalla riforma
operata nel 1975.
Abbandonando il modello di famiglia patriarcale organizzato
gerarchicamente nel codice Rocco, si è arrivati a bandire
l'applicazione dell'art. 571 c.p. nei confronti della moglie.
La Cassazione ha stabilito che non è consentito nei
confronti della moglie neppure l'uso della vis modica.
Questa impostazione è riflessa anche con la scomparsa, dal
nuovo ordinamento familiare, del richiamo alla potestà maritale
presente nell'art. 144 del vecchio testo del codice civile.
Lo scambio ineguale tra i sessi
QuickTime™ e un
decompressore
sono necessari per visualizzare quest'immagine.
Affrontare i modelli di genere nella
comunicazione: un’esagerazione?
 La predica politicamente corretta
 Le buone maniere
 Nuove regole pedanti
 Un attacco ai giornalisti (o agli uomini)
...o ...
Rendere visibile l’invisibile,
Svelare le regole naturalizzate
Acquisire consapevolezza sulla potenza
del linguaggio
Operatori e operatrici
di fronte al fenomeno
della violenza.
•Competenze professionali
•Empatia- collusività
•Ruolo rispecchiamento
La separazione di soggetto (umano) e ambiente( non
umano) così come quella tra soggetto e oggetto (anche nel
caso siano entrambi umani) appaiono come la struttura
fittizia che da origine al dominio sul mondo e sugli altri.
Una conoscenza che separa il soggetto conoscente
dall’oggetto è una modalità di relazione con l’altro/a e col
mondo propria di una costruzione antropologica maschile.
Le polarità dicotomiche che plasmano il nostro modo di
stare al mondo e di pensarlo: maschile/femminile
attivo/passivo pubblico/privato razionale/emotivo mente/
corpo biologico/culturale.
Queste scissioni parlano di un soggetto che attraverso
queste opera un dominio sull’altra e sull’altro, sulla natura,
ma anche che paga questo dominio con una scissione dalla
propria corporeità, con un’alienazione.
Il dominio sul corpo è nel medesimo tempo alienazione
dal corpo.
Cittadinanza femminile e corporeità
•
Nel dibattito sulla Legge Merlin nel 1950 alla camera, il deputato liberale Bellavista afferma[1]:
Io sono personalmente contrario, come lo fui
alla Costituente, all’accesso della donna in
magistratura. Andrà bene tutti i giorni del
mese, meno… quei tali altri. Domandate agli
psichiatri. Quei tali giorni della donna
dovrebbero essere causa di astensione dalla
funzione di giudice, oppure la donna, nel
giudicare, darà sfogo alla libido aggressiva
che in lei, in quel determinato periodo
scatena
.
[1] In Bellassai 2006 pag.78
Corpo e responsabilità femminile
Statuto della città di Bracciano, del 1552:[1]
Poiché la donna è sempre variabile e instabile e
poco pensa alle cose passate e tanto meno
penserà a quelle future, e siccome quale animale
imperfetto non pensa perfettamente al vero bene,
perciò i suoi delitti e le sue malefatte non si
interpretino e si puniscano con quella severità
come si interpretano e si puniscono i delitti
dell’uomo, re di tutti gli altri animali, perciò le
pene che in questo Statuto vengono comminate
all’uomo siano per lei ridotte della metà, eccetto
quelle pene che in questo Statuto vengono rivolte
alle donne
•
[1] In Gea Copponi Donne a Cerveteri, Cerveteri, Edizioni grafiche Manfredi, 2006
…è colpa della pubblicità…
…ma ora anche i corpi maschili sono sempre
più esposti…
Un’asimmetria di soggettività tra
i sessi…
Corpi nudi o
Corpi muti?
• Corpo e soggettività
Desiderio, disciplinamento e soggettività
Comunemente la gioventù femminile corre il rischio di essere troppo affettiva, poco
spirituale e fisica. L’uomo corre invece comunemente il rischio di essere troppo
fisico, poco spirituale e affettivo. […] la donna dovrà vigilare per perfezionare, in
alto e in basso, la sua concezione dell’amore; dovrà per giunta, aiutare l’uomo a
superarsi […] Una terza caratteristica dell’anima maschile sta nell’importanza
che l’uomo dà agli elementi sessuali dell’amore. E’ un aspetto che meno seduce
l’animo femminile, specialmente in principio…
L’uomo per natura è così fatto che vi è in lui una specie di esuberanza fisica, per la
quale è portato a desiderare e realizzare i suoi compiti sociali di costruttore. Sul
piano coniugale la stessa vitalità lo spinge a dare una grande importanza ai
rapporti sessuali e a imprimere loro un ritmo che appare di una frequenza
eccessiva alle inclinazioni della sposa. Essa si accontenterebbe non di rado e
volentieri di sole tenerezze: gli atteggiamenti di lei a niente altro tenderebbero
[…] e rimane sgradevolmente sorpresa quando il marito va al di là dei desideri di
lei e, superando rapidamente il piano più disinteressato del sentimento, si
orienta verso la sessualità […] Essa non capisce bene l’interesse primordiale
che egli dà alla parte dei sensi dell’amore. Per fortuna, una migliore formazione
morale della gioventù maschile, una migliore preparazione degli uomini alla loro
parte di mariti, nei nostri tempi, vanno moltiplicando il numero dei fidanzati e
degli sposi che riescono a dominare con coraggio la foga istintiva del loro
temperamento e a comportarsi con la debita delicatezza nell’intimità
matrimoniale. Tuttavia anche in costoro, si capisce che questo contegno non è
naturale e spontaneo ma il risultato di una padronanza ottenuta dalla volontà,
che d’altronde è sempre un po’ fragile e può, all’occasione e di sorpresa,
accusare uno smarrimento […] [va comunque] aumentando il numero dei
fidanzati e dei giovani mariti che riescono a sottomettere i loro sensi.
da un manuale cattolico degli anni ‘50 P. Dufoyer, Per te giovane fidanzata e sposa, Ed Paoline 1966
Vis grata puellae e desiderio
femminile
Ars amandi di Ovidio
[Ella] non vuol altro che resistendo,
essere vinta insieme. […] Tu la chiami
violenza? Ma se è questo che vuol la
donna! Ciò che piace a loro è dar per
forza ciò che vogliono dare. Colei che
assali in impeto d'amore, chiunque ella
sia, ne gode, e la violenza è per lei come
un dono; [poiché] il pudore vieta alla
fanciulla di agir per prima.
Versi 990-994 Può darsi si rifiuti, e allora i baci / prendili a
forza. Se reagirà, / se per la prima volta ti dirà / che sei
sfacciato, credi, non vuol altro / che resistendo, essere
vinta insieme.
La comunicazione verso gli
uomini
A cosa ci appelliamo contro la
violenza?
Video
http://www.youtube.com/watch?v=EGD
LF8AGxCk
La violenza come disordine
–Natura e cultura
–Pulsione e autocontrollo
–Legge del Padre come ordine
di riferimento
–Limite e divieto
l’intervento del padre sulla scena dell’amore materno
come un intervento di rottura destinato a produrre una
sospensione del cannibalismo reciproco di bambino e
madre, a spezzare la continuità dei loro corpi e a
invocare un orizzonte vitale al di là del loro reciproco
abbandono.[…]
se il primo tempo dell’Edipo è il tempo
dell’indifferenziazione incestuosa, il secondo tempo è il
tempo dell’apparizione traumatica della parola del padre.
Questa parola è traumatica in senso benefico perché
risveglia la coppia bambino-madre dal sonno incestuoso.
[…] la parola del padre interviene pronunciando due
moniti distinti. Il primo indirizzato alla madre: non puoi
divorare il tuo frutto! Il secondo indirizzato al figlio: non
puoi ritornare da dove sei venuto!»
Recalcati pag 69
Donne e uomini nel
cambiamento
• Violenza maschile e
cambiamento
–L’ambiguità del concetto di
“crisi”
• Come raccontiamo il
cambiamento?
Uomini minacciati dal cambiamento?
Un reduce si aggira per il mondo. Vorrebbe tornare a casa ma non sa
più dove si trovi. Vorrebbe amare una donna, ma teme di non sapere
più come si fa.
Non si sa da cosa sia reduce il maschio, da dove gli venga, cosa sia
quell’aria insicura e al tempo stesso potenzialmente aggressiva. Molti
pensano che rimpianga il potere di cui godeva nella società
patriarcale dell’ottocento, dalla cui perdita non si è ancora ripreso.
Altri sostengono che sia stato il conflitto con le donne a ridurlo così,
moralmente provato e con lo sguardo spento.
E, in effetti, a partire dal femminismo per arrivare alla signora Bobbit,
che tagliò il pene al marito nell’anno di grazia 1994, si è acceso per il
maschio un focolaio di guerriglia, che lo tiene perpetuamente sotto
tiro, da quando azzarda un complimento non richiesto, a quando si
addormenta accanto alla moglie. Probabilmente a dargli quell’aspetto
poco felice contribuisce anche il fatto che questo maschio-reduce non
ha avuto un padre, un istruttore, un iniziatore, che gli abbia insegnato
come si diventa “uomini”.
C. Risè 1995
Fine……
• Stefano Ciccone
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Disciplinamento virile per gli uomini
e i popoli
…il progresso sociale di un popolo, la sua capacità nel
dirigere e gestire la storia, dipendesse dal grado di
controllo e di repressione che l’uomo sapeva attuare nei
confronti del proprio corpo.
L’uomo domina il suo istinto, lo sa far tacere, se ne libera, e
può quindi interessarsi a ogni problema astratto del
pensiero, a tutta la vita che freme attorno a lui[...]
un uomo vive combatte teme spera per delle idee oltre che
per delle persone: la donna invece generalmente non vive
e non combatte che per delle persone”.
Sighele Eva moderna 1910 (citato in Catia Papa)
Contro la grande madre
Il nostro nemico è un'antica forza, presente da sempre nella storia dell'umanità,
e spesso raffigurata nel simbolo della Grande Madre.
L'aspetto negativo della Grande Madre rappresenta una forza psichica tesa alla
conservazione come strumento di potere personale, che mantiene attraverso
la creazione di nuovi bisogni, soddisfatti per garantirsi il consenso dei sudditi.
La società dei consumi è l'attuale, perfetta, ovunque
presente, rappresentazione della Grande Madre. Essa
soddisfa subito il bisogno, espressione di una psiche
infantile, per uccidere sul nascere il desiderio,
espressione di una psiche adulta, che metterebbe a
rischio il suo potere. La società Grande Madre di tutti i
consumi, anche i più cretini, contrasta il Fallo, che, come
dice il poeta Ezra Pound “tende verso l'alto”, [sic!] e produce
con la sua forza nuove forme di vita.
La società Grande Madre di tutti i consumi svilisce il maschile, portatore di
ricerca, capace di mettersi a rischio, portatore di ideali transpersonali e
spirituali, in grado di affrontare con coraggio la morte.
Queste caratteristiche del maschile che intaccano la sua visione materialista
tesa a trasformare tutti gli uomini in suoi schiavi.
Operatori e operatrici di fronte al
fenomeno della violenza
• Competenze professionali
• Empatia- collusività
• Ruolo
Silenzio del corpo e soggettività
maschile
[…] diversa è la psicologia maschile. Il destino dell’uomo è fisiologicamente
invidiabile. Il suo equilibrio lo mette a un discreto riparo da disagi e da noie.
Vive “in quell’assoluto silenzio fisiologico che si chiama la salute”(Soubiran).
Chi ne beneficia, ignora, per anni, di avere un fegato, uno stomaco, degli
intestini. Per giunta, la sessualità maschile, a differenza di quella femminile,
rende cosciente della sua esistenza l’adolescente e il giovanotto solo
attraverso sensazioni spontaneamente piacevoli. Dal punto di vista sociale ,
ad eccezione di grossi guai – importanti, d’accordo ma non continui come il
servizio militare e quello in guerra – l’uomo, in apparenza, non trae che
benefici dall’essere uomo.
La sua fisiologia non gli impedisce mai di attuare i suoi progetti; tutti i posti nella
società religiosa, politica, economica, sociale, gli sono teoricamente
accessibili[..] Sul piano strettamente fisico dell’amore, l’uomo ha tutti i
vantaggi: ne prova i piaceri senza portarne il peso.[…] Ma l’uomo, sul piano
spirituale, paga codesta condizione di favore con forte riscatto. Egli è molto
più inclinato della donna all’egoismo, alle sensualità, al materialismo. [...]
potrà anche desiderarla solo carnalmente, senza amore e senza
tenerezza.[1]
[1] P. Dufoyer pag 46 e 47
Precarietà della virilità
Peter Brown[1] e la precarietà costitutiva del maschile.
Come assicurava Galeno, il famoso medico del II secolo
d.c., per imponderabili motivi naturali l’uomo rischiava di
perdere il proprio calore, regredendo così fino a una
primitiva condizione indifferenziata, sino ad effeminarsi. Il
corpo maschile non era garantito una volta per sempre,
ma risultava anzi sottoposto ad una paurosa instabilità,
ad una debolezza a cui era necessario contrapporre un
continuo “sforzo di virilità [...]e questo sforzo altro non era
che il mito dell’autocontrollo, del dominio sulla naturalità.
•
[1] P. Brown Il corpo e la Società Einaudi 1992 in Catia Papa
Dalla precarietà alla costruzione
sociale della virilità
L’obbligo di differenziazione – anche attraverso pratiche violente e
dolorose – presume quindi una perenne incertezza maschile circa la
propria virilità, un’angoscia che richiede di essere continuamente
scongiurata. In sostanza il maschile si troverebbe ad essere
pericolosamente esposto al rischio di non essere maschio che vale
come rischio di non essere affatto […] tuttavia è importante ricordare
che questo schema angoscia-crisi-riscatto non si riferisce al piano
ontologico, la crisi della presenza nasce come incapacità di
mantenersi presente alla storia, di ricomprenderla, di padroneggiarla
secondo forme di coerenza culturale[…] Durante l’ottocento l’entrata
in crisi dell’intero ordine socio-culturale investe questo soggetto
universale neutro. Negli ultimi decenni del secolo, il soggetto
maschile, sorretto dalla filosofia classica e dalla teologia cristiana è
ormai decentrato dalla trasformazione industriale, smascherato dal
processo di secolarizzazione
C. Papa
In conseguenza del suo gesto criminale, Marc Lépine venne dipinto come il simbolo del
maschilista pazzo e violento. Questo episodio venne strumentalizzato per dare sfogo alla
propaganda femminista e diffondere odio di genere, dipingendo tutti gli uomini come violenti
e tutte le donne come vittime.
Questo rituale dell’odio con il tempo ha disgustato la gente normale, tanto che il professor
Charles Rackoff lo paragona a quelli del Ku Klux Klan: «lo scopo è usare quelle morti per
promuovere l’agenda del femminismo estremo»… Marc Lépine non odiava le donne in
generale. Il suo odio criminale era orientato solo contro le femministe. ..A 7 anni la madre di
Marc decise di divorziare da un padre dipinto come violento e dal quale il piccolo Marc, in
forza di quelle accuse, fu costretto a perdere i contatti come capita a tanti bambini in epoca
di femminismo.
A 14 anni Marc odiava così tanto il «padre assente» che scelse di prendere il cognome della
madre, considerata una femminista. È possibile che il piccolo Marc abbia subito quella
devastante forma di violenza contro i bambini chiamata alienazione genitoriale (PAS) che
può sfociare in devianze psicopatiche in età adulta. [...]
A 25 anni venne rifiutato dal Politecnico, sebbene avesse ottenuto 100% nell’ultimo esame
sostenuto, lamentandosi che al suo posto fossero state prese donne. … chiese alle restanti
nove (tutte donne) se capivano il perché e spiegò loro «sto combattendo il femminismo »
prima di ucciderle. … «Notate che oggi mi suicido non per motivi economici ma politici.
Perché ho deciso di mandare le femministe, che hanno sempre rovinato la mia vita, al
Creatore. [...] Oggi tante persone riconoscono che il femminismo è una malvagia ideologia
dell’odio . Il gesto criminale di Marc Lépine ha un messaggio di pace desiderato da tanti
uomini, papà e bambini vittime di calunnie femministe: Dice a quelle migliaia di donne e
femministe che hanno rubato la casa del partner, la loro macchina, i loro risparmi, dice a
quelle che hanno fatto false accuse e rapito i figli agli ex mariti, e li hanno portati al
suicidio: SMETTETE DI ESSERE MOSTRI».
Una radice antropologica
Attraversando la letteratura antropologica capita qua e là di incontrare quello che […] si presenta come
irrilevante, piccolo, marginale problema […] Si tratta del problema del padre nelle culture arcaiche
[...]o ignoranza della paternità […] L’ignoranza in questione è la non consapevolezza del contributo
biologico maschile alla procreazione, diffusamente accertata nelle culture arcaiche […]
Se ci si pone dal punto di vista dei primitivi, intesi come soggetti, che vanno costruendo il sociale e
organizzando la realtà (ovviamente sulla base della loro conoscenza della realtà), e non dunque
come oggetto di ricerca da parte dell’antropologo, quell’ignoranza, sistematicamente ignorata o
considerata fatto irrilevante, significa che metà del genere umano vive il suo essere nel mondo
come biologicamente non necessario […] Ciò che esiste nella cultura delle origini (ed è nostra
convinzione che ciò abbia costituito un “problema”) è la condizione esistenziale di quella metà del
genere umano che si percepisce esclusa da quella dimensione procreativa che invece per noi le è
connaturata[…][è]il problema della condizione maschile “prima che” si scoprisse la proprietà
fecondativa dello sperma [...]
In questa eterna vicenda dei corpi, il corpo degli uomini non può contenere altri corpi, non si moltiplica,
uno non ha la possibilità di divenire due. Gli uomini restano chiusi, finiti in se stessi. Ogni uomo
nasce da un corpo di donna, cresce e muore. Non appare esserci continuazione.
Si deve uscire dal biologico perché nelle sole relazioni biologiche del sistema genetico procreativo il
maschio resta escluso, isolato e non necessario, di qui, appunto la necessità di costruire relazioni
“artificiali” di tipo nuovo che lo includano “necessariamente” […] Questo imponente, universale
sforzo di organizzazione collettiva per risolvere il comune problema l’hanno fatto gli uomini,
alleandosi tra loro. Il potere che ne è derivato si è costituito nelle loro mani.