Il mensile della grande musica

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Il mensile della grande musica
307
Amadeus
ANNO XXVII - NUMERO 6 (307) GIUGNO 2015 EURO 11,00 MENSILE POSTE ITALIANE SPED. IN A. P - D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004, ART. 1, C. 1, LO/ MI
Čajkovskij / Muti / Fondazioni liriche-1 / Il Duca di Urbino / Benedetti Michelangeli
ANNO XXVII-GIUGNO 2015
Il mensile della grande musica
CD1
Ossessione Čajkovskij
I Cameristi del Maggio
Musicale Fiorentino
CD2 download
Rare Russian Songs
per soprano e pianoforte
Bakanova&Mascolo
Grandi interviste
Riccardo Muti
docet
Inchiesta esclusiva
Geografia politica
delle fondazioni liriche
Storia&Storie
Amadeus
I Cameristi
del Maggio Musicale Fiorentino
Nello studiolo
del Duca di Urbino
numero 307 giugno 2015
EDIZIONI
€ 11,00
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interpretazione del Rigoletto di Enrico Caruso.
• Contiene
le trame di 28 opere
• 127 pagine
• 60 immagini
• Formato cm 17 x 23
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Premio di minoranza
A
l Maggio Musicale Fiorentino c'è un'orchestra tra le più importanti d'Italia (i suoi Cameristi sono
i protagonisti del cd di questo numero di Amadeus, li sentirete), c'è un Festival di valore storico
alla sua 78ma edizione, c'è uno dei massimi direttori d'orchestra internazionali (Zubin Mehta),
c'è un teatro d'opera nuovo di zecca, eppure c'è anche una minoranza di lavoratori (tecnici e personale di
palcoscenico) che può bloccare la decisione della maggioranza, un teatro che si ferma, e l’intera città che
fa «una figuraccia internazionale», come ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella all’inaugurazione
del "Maggio 2015". Dovevate vedere le facce dei turisti nella nuova Opera mezza vuota, mentre il
sovrintendente Francesco Bianchi annunciava che lo spettacolo sarebbe stato incompleto a causa del
«comportamento irresponsabile della Cgil, che pretende qualcosa al di fuori di tutto quello che possiamo
concedere». Fidelio diretto da Mehta con orchestra e coro regolarmente al loro posto ma senza regìa, ne
luci, né proiezioni. I cantanti in costume, la scena fissa. Né in forma di concerto, né in forma scenica.
Un ibrido. Apertura dimezzata, la seconda volta in tre anni (era già successo al Don Carlo) di una storia
importantissima. Le motivazioni di uno sciopero possono essere tante, in una realtà complessa, come quella
delle fondazioni liriche a cui, da questo numero, dedichiamo un'inchiesta in due puntate. Ma ciò che è
Inaugurazione incompleta per il Maggio
Musicale Fiorentino. Un danno d'immagine
che una grande istituzione non merita. Perché?
In questo numero, l’orgoglio degli indiani: la difesa di una civiltà, le guerre contro i “visi pallidi”, tutti i capi e i guerrieri che scrissero l’epopea
delle tribù nordamericane. E inoltre: Pompei vista dagli artisti dell’800, la battaglia di Salamina, la storia dei diamanti, i figli dei dittatori
del ‘900. IN PIÙ SPECIALE SULL’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA: la cronaca e i fatti di quei mesi fatali del 1915.
accaduto al Maggio, ahimé, è del tutto inedito e nulla ha a che vedere con questioni artistiche. Sul Corriere
della Sera abbiamo sintetizzato così: si sciopera perché si è riassunti. I teatri indebitati, per la Legge Bray,
devono presentare un piano industriale per accedere al fondo speciale dello Stato. Altrimenti, se un teatro
va sotto, chiude. A Firenze si raggiunge l’accordo per 42 esuberi di tecnici e amministrativi (in origine 50,
ma 8 vanno in prepensionamento). L’accordo viene controfirmato da tutti: ministero, Fondazione, sindacati.
I 42 passano alla Ales, la spa del ministero che li ricolloca agli Uffizi, o in una biblioteca o archivio.
Il ministro Franceschini introduce una modifica: anziché un diretto trasferimento, il dipendente del Maggio
viene licenziato e contestualmente riassunto. Nel passaggio perde l’anzianità, che i sindacati quantificano
in 250 euro lordi. Ma come compensazione, il teatro propone 4 mensilità senza lavorare, oltre al Tfr tutto
e subito, mentre il ministero dice che il gap può essere colmato anche con gli straordinari e che, alla luce
delle due misure, da parte di teatro e dicastero, il gap diventa di circa 60 euro lordi al mese per i dipendenti
più anziani. Come ricorda il direttore generale del Mibac Nastasi, «gli esuberi passano da una Fondazione
privata a una società pubblica il cui azionista è il ministero del Tesoro. Di cosa parliamo?». Quaranta
tra macchinisti e personale di palcoscenico hanno scioperato per il passaggio da un contratto a tempo
indeterminato a un altro contratto a tempo indeterminato, dove si guadagna un grammo in meno, ma
più blindato. In treno, sulla rivista dell’Eurostar un articolo intitolato Firenze città dell’opera riporta una
considerazione di Giuseppe Verdi: «Il teatro è fatto per portarci il pubblico, quante più persone possibili.
La sala piena, non altro: ecco l’unica prova di un successo vero!».
Valerio Cappelli
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Amadeus 7
La foto del mese
mancano (ultimo duetto Zenobia-Arsace ad esempio). Ma lo
spettacolo di Mario Martone, con le scene semplicissime, fatte
di siparietti multifunzionali, di metastorici di Ursula
Grandangolo
Nel campo profughi di Yarmouk, alla periferia sud di
Damasco, assediato dalle milizie governative per il pericolo
dell'insediamento dei jihadisti, centinaia di persone sono morte
per mancanza di cibo e medicinali. Qui Ayham al Ahmad, 27
anni, ha continuato ostinatamente a suonare il pianoforte per
strada perché lui e i suoi concittadini non fossero costretti
ad ascoltare solo il suono della guerra (così come a Sarajevo
si esibiva fra le macerie il violoncellista Vedran Smailović, e
a Bagdad il direttore e violoncellista Karim Wafsi, dopo un
attentato). A fine aprile di quest'anno, i combattenti dello Stato
Islamico hanno occupato il campo di Yarmouk e bruciato il
pianoforte di Ayham. Ma lui non si arrende, e continua a suonare
fra le macerie, questa volta sui tetti, una pianola elettronica.
foto huffingtonpost.it
SOMMARIO
Vivere bene insieme
7Agorà di Valerio Cappelli
8Grandangolo
15 Il lettore
16Quattro/quarti 20
28
di Michele dall’Ongaro, Giovanni Gavazzeni, Giordano Montecchi, Giorgio Pestelli
IL DISCO
Pëtr Il'ič Čajkovskij di Fausto Malcovati
I Cameristi del Maggio Musicale Fiorentino
di Nicoletta Sguben
IL DOWNLOAD
Elena Bakanova e Raffaele Mascolo
di Claudia Abbiati
33 IN SCENA
Anteprima
La critica
Arturo Benedetti Michelangeli
di Valerio Cappelli
di Carlo Piccardi
76Antica di Massimo Rolando Zegna
77Musicaoggi di Paolo Petazzi
78All’opera di Emilio Sala
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BER L I N B RU S S E L S H A MB UR G HANNOVER M I LAN
TEATRO C . FELICE
GENOVA
71
TEATRO COMUNALE
TEATRO ALLA SCALA
MILANO
Inchiesta Fondazioni lirico-sinfoniche - 1 VERONA
66
ARENA
TEATRO LA FENICE
BOLOGNA
62 Anne Teresa De Keersmaeker
di Valentina Bonelli
TEATRO REGIO
TORINO
58 Storia & Storie: Federico da Montefeltro
di Massimo Rolando Zegna
TEATRO VERDI
VENEZIA
52 Riccardo Muti di Gregorio Moppi
Riccardo Muti: dopo un lungo silenzio il grande direttore
d'orchestra torna a parlare. Di etica, cultura, mestiere e studio
TRIESTE
51Appunti
52
79Danza di Valentina Bonelli
80Jazz di Franco Fayenz
66
Inchiesta esclusiva: viaggio in due puntate nelle 14 fondazioni
lirico-sinfoniche salpate con la riforma verso un nuovo mondo
SOMMARIO
82 Fuoritema di Riccardo Santangelo
83 Fondazione Amadeus
84Education di Carlo Delfrati e Pietro Dossena
86
Note di viaggio di Franco Soda
88
Note d’arte di Flaminio Gualdoni
90Mecenati di Edoardo Tomaselli
92
A tavola con Falstaff di Ambrogio Maestri
95
LIBRI
97
Lo scaffale di Paola Molfino
98
Hi Tech di Andrea Milanesi
102 News in studio di Giuseppe Scuri
105 DISCHI
117 Imperdibili di Francesco Ermini Polacci
119Calendario
126Addii di Nicoletta Lucatelli
130 La conversazione di Alessandro Cannavò
71
Arturo Benedetti Michelangeli: a vent'anni dalla scomparsa,
un ricordo del mitico pianista che sotto le eccentricità
celava il rigore di un artigiano della musica
CD 1
PËTR IL'IČ ČAJKOVSKIJ
Souvenir de Florence op. 70
Serenata per archi op. 48
I Cameristi del Maggio
Musicale Fiorentino
Domenico Pierini, direttore
guida all’ascolto
di Alessandro De Bei
CD 2 download
GLINKA, SKRJABIN, IPPOLITOV-IVANOV, ČAJKOVSKIJ
Rare Russian Songs
Ellena Bakanova, soprano
Raffaele Mascolo, pianoforte
codice FS307LP15
Amadeus
Periodico di cultura musicale edito da Paragon Edizioni
Anno XXVI numero 6 (307) giugno 2015
Direttore responsabile Gaetano Santangelo
In copertina, I Cameristi del Maggio Musicale Fiorentino
(Foto di Manuel Scarparo)
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BROKERAGE
IL LETTORE
REFLEX
Viaggio di note
L
a storia della musica è fatta di
viaggi e a viaggiare intorno al
mondo a ritmi talvolta forsennati sono i
musicisti. L’esponente più noto di questa
vita nomade è senza dubbio Mozart
che, fin da bambino, ha trascorso buona
parte della sua vita viaggiando. E non
erano certo viaggi comodi quelli che si
affrontavano nel Settecento. Massimo
Mila ci racconta nella sua Breve storia
della musica (Einaudi) che quella dei
compositori italiani più o meno coevi di
Mozart fu una vera e propria diaspora.
Infatti se giriamo le capitali d’Europa ci
capiterà con impressionante frequenza
di imbatterci nelle lapidi poste a ricordo
della permanenza in quei luoghi di
musicisti italiani (per non parlare
di quello che si trova negli archivi
musicali): Locatelli ad Amsterdam,
Esposito a Dublino, Boccherini e
Domenico Scarlatti a Madrid, Salieri
a Vienna, Paisiello a San Pietroburgo,
Zipoli a Córdoba in Argentina…
Anche il pubblico viaggia seguendo
le orme dei propri beniamini e diventa
suo malgrado un migrante. È stata
molto attiva l’Associazione “Abbadiani
itineranti”, che seguiva infaticabilmente
il grande Claudio Abbado nelle sue
peregrinazioni nelle capitali europee e
non solo, senza perdere un concerto o
una rappresentazione lirica: da Vienna
a Berlino, da Lucerna a Londra, da
Parigi a Tokyo, da Venezia a Roma…
Fino nelle lontane Americhe. In
Venezuela ha lasciato segni profondi
del suo passaggio. Sembra quindi
inevitabile che chi si occupa di musica
debba essere informato anche su come
e dove può trovare l’oggetto dei suoi
desideri e dove può godere, con le
meritate vacanze, quei momenti di
gioia ineffabile che solo la musica sa
donare. È meglio seguire il festival
di Valle d’Itria o quello di Aix-enProvence, il Festival de la Roque
d’Anthéron o l’Amiata Piano Festival,
il Festival di Glyndebourne o quello
di Edimburgo? Geografia e musica
si sposano in un mix inestricabile e
le nostre Note di viaggio potrebbero
benissimo diventare Viaggio di note.
Gaetano Santangelo
Bravi tutti, da Sgambati
a dall'Ongaro
15 aprile 2015
Caro Direttore,
desidero complimentarmi vivamente
per il numero di Amadeus contenente il cd di musiche di Sgambati. Era da
qualche tempo che non acquistavo
la rivista, e l’ho ritrovata in una forma
smagliante, in una veste grafica elegantissima e con un’offerta di contributi oltremodo varia e accattivante.
L’ascolto della Seconda sinfonia di
Sgambati mi ha particolarmente interessato per la qualità della scrittura
orchestrale del compositore romano,
per la fantasia e la capacità evocativa
dei suoi temi. Complimenti al M° Attardi per il lavoro certosino di trascrizione delle parti, che comunque valeva
assolutamente la pena intraprendere.
Peccato che Sgambati abbia interrotto la sua attività di sinfonista proprio
nel momento in cui acquisì completa
padronanza dei mezzi espressivi del
linguaggio sinfonico, dove mostra di
sapersi muovere con assoluta originalità, e non, come ripetuto alla noia,
come semplice epigono della scuola
germanica. Grazie di questa preziosa
occasione di approfondimento. Un
cordiale saluto e un augurio di buon
proseguimento!
Massimiliano Génot
7 aprile 2015
Questa è una dichiarazione di affetto e
profonda gratitudine verso il M° Michele dall’Ongaro, che da anni ormai seguo
nelle puntuali e attente presentazioni
della programmazione di Rai5 e che da
poco è stato nominato presidente
dell’Accademia di Santa Cecilia. So che
le male lingue possono interpretare
questo mio gesto come la solita lisciata
e ruffianeria verso chi ha assunto una
carica così importante e delicata ma
vivaddio, che si tengano la loro accidia.
Se, una volta tanto, si può essere felici
e orgogliosi per una nomina né clientelare né partitica, guadagnata sul campo, sull’onda di una profonda onestà
intellettuale e alta professionalità è
bene ribadirlo, altrimenti si rischia di
inaridire i nostri sentimenti per paura di
essere fraintesi. Il Maestro ha sempre
avuto come punto di riferimento il sem-
plice appassionato di musica ma anche lo spettatore più preparato omologati in modo creativo e non banale;
al centro delle sue presentazioni più
difficili e impegnative. Ogni volta ho
assistito al tentativo di rinnovare i sentieri della musica con idee mai fossilizzate o scontate, con esemplificazioni
al pianoforte, con intuizioni mai peregrine e scontate. E mai venivano negate collaborazioni, interventi e esplicazioni che sono la misura di una
civiltà musicale e culturale che non è
scomparsa, ma che ha solo bisogno di
momenti topici per rivivere ed esprimersi. Ogni tanto, il Maestro, in procinto di qualche presentazione, si metteva in corridoi semibui per non
disturbare: ma puntuale qualche “imbecille” di turno, qualche sciagurato
addetto ai lavori, lo redarguiva perchè
stava disturbando. Ma lui, dal profondo
del suo civile sorriso, cercava di far
capire all’ignorante di turno che tutto
si stava facendo, per colmare l’abisso
di arretratezza culturale che impera in
Italia meno che disturbare. Ora non so
se potrà continuare a presentare Rai5;
quello che so è che è stato bello averlo incontrato nei meandri dell’etere,
per la sua e nostra felicità di spettatori.
Grazie!
Stefano Scarsella
Cosa aggiungere alle parole dei nostri
lettori riguardo alla musica di Giovanni
Sgambati, e al lavoro di ricerca fatto
da Attardi, e all’impegno di Michele
dall’Ongaro nelle sue attività di attento
divulgatore di musica d’arte? Il primo
ha lasciato tanta bella musica ancora
tutta da scoprire, il secondo, oltre a
essere un apprezzato compositore, è
stato chiamato alla ribalta di una delle
più importanti istituzioni musicali italiane.
Si tratta dell’Accademia Nazionale di
Santa Cecilia che è stata condotta con
perizia per molti anni da Bruno Cagli,
che ha ricoperto la carica di presidentesovrintendente e che ha deciso di non
attendere la fine del mandato lasciando
l’incarico con un anno d’anticipo. Il suo
posto è stato affidato al più giovane
dall’Ongaro, noto ai nostri lettori perché
rappresenta uno dei “Quattro/Quarti”
della nostra rubrica che tanto successo sta riscuotendo e perché conduce
con garbo e competenza Petruška,
prestigiosa trasmissione in onda su
Rai 5 (da non perdere, per chi ama la
grande musica).
Gaetano
Santangelo
Lettere al Direttore
[email protected]
facebook.com/Amadeus.Rivista
twitter.com/AmadeusOnlineIT
Amadeus 15
C
Jeu de cartes
Cronaca minima
C'è musica su Marte
Repert(or)i
PAROLE
IN CONFUSIONE
CASELLA
SEGRETO
UN VITELLO
D’ORO?
LA FIABA
DI IOLANTA
Michele dall'Ongaro
Giovanni Gavazzeni
Giordano Montecchi
Giorgio Pestelli
ara Amadeus, scusa se questa volta approfitto
della tua ospitalità per proporti una cosa un po’
diversa dal solito. Vorrei infatti chiedere il tuo
aiuto per capire se riusciamo, con l’aiuto dei lettori, a
decidere come usare certe parole della musica in modo
che generino meno confusione. Per esempio: quante
volte, perfino tra addetti ai lavori, utilizziamo il termine
“spartito” per definire una “partitura”? Lo si sente dire
spesso in giro. Eppure con il primo termine si dovrebbe
indicare esclusivamente una riduzione per canto e
pianoforte (lo spartito di Aida, di Che gelida manina o di
Nel blu dipinto di blu) mentre la partitura è la versione
completa e integrale del testo musicale (quindi la partitura
di Aida o della Quinta di Beethoven ma anche quella di
An die Musik visto che è un Lied, e quindi è originale per
canto e pianoforte e non una riduzione). Ma della stessa
Quinta di Beethoven, anche se trascritta per pianoforte
a quattro mani, leggiamo pur sempre la partitura e non
uno spartito. Su leggio, invece, il musicista in orchestra
ha la “parte”, ovvero solo il testo musicale che deve
suonare. Anche il nome di certi strumenti viene stravolto
qua e là. Per esempio il corno spesso viene chiamato,
soprattutto dai jazzisti, “corno francese”, per il vezzo
di italianizzare la sua definizione inglese, come pure
il nobile pianoforte viene ridotto al rango di semplice
“piano” (che danni ha provocato la traduzione italiana del
film… Lezioni di piano). Si sfiora il ridicolo poi quando
nella traduzione italiana di alcuni testi teorici le “terzine”
diventano “triplette” e le “tonalità” mutano in “chiavi”
(più grave poiché da noi le chiavi musicali sono ben
altro). Quest’ultimo svarione lo si incontra sovente anche
nel doppiaggio italiano di film in inglese dove appaiono
musicisti. Ma la televisione e il cinema, in tal senso,
sono una tale fucina di sorprese da scoraggiare la più
fervente vocazione tassonomica.
16 Amadeus
4/4
4/4
[email protected]
L’
immagine più corrente di Alfredo Casella è
quella che ascrive il compositore torinese alla
poetica neoclassica, riflesso di un presunto
eclettismo senza timbro personale.
Al neoclassicimo, invece, Casella giunse come
naturale approdo del suo inquieto itinerario artistico,
salutare ritorno all’ordine e manifestazione di
ottimismo vitale. E a quello non si fermò. Accanto ai
momenti più tersi e luminosi del Casella “neoclassico”
c’è un lato segreto che sfocia negli incantatori notturni
e nelle sospese berceuses.
«È come se si aprisse un doppio fondo. Scatole cinesi:
una dentro l’altra, magari decorate a disegni festosi e
variopinti; eppure l’ultima figura che ti resta fra le
mani è una figura funebre, e l’odore è di cose morte»,
come ha scritto un suo fedele esecutore.
È per questo che l’ascolto della sua sconosciuta
Seconda sinfonia, in un prestigioso dvd pubblicato
dalla Filarmonica della Scala, è così suggestivo,
rivelatore di atmosfere che manifestano
l’assimilazione di Gustav Mahler, di cui Alfredo
Casella fu sodale e primo divulgatore in Italia. Germi
espressivi che non abbandoneranno Casella nemmeno
nelle fasi seguenti, come quella a cui appartiene il bel
Concerto per violoncello (solista Enrico Dindo).
Gianandrea Noseda, cui va il plauso per aver riportato
alla luce la Sinfonia, ha annunciato per l’anno venturo
un Festival Casella (non solo musicale) a Torino.
Omaggio quanto mai benemerito e dovuto al
musicista, al didatta, al revisore, all’organizzatore
musicale che portò all’avanguardia storica italica
l’aria di Parigi e di Vienna.
E
stetica e democrazia – due parole che odorano
tristemente d’antan – sembrano proprio
incompatibili. Ma non per il conflitto fra “Arte” e
“Popular”. La faccenda è più complessa. La pericolosa
stringa “bello-buono-vero” che per secoli ha aleggiato nel
pensiero occidentale, oggi si è ormai decisamente
assestata in “bello-ricco-vero”. Principio che vale per una
borsa firmata, per l’adipe in eccesso, così come per un
“Evento” culturale o dello spettacolo: mostra, opera o
concerto. L’Evento, con la Maiuscola: è questo il nostro
nuovo vitello d’oro. L’Evento si vende, e quindi esiste, in
quanto sfarzoso e abbagliante. Per un Evento, teatranti e
governanti sono disposti a follie, oggi come ieri. Ma
“ieri” c’erano i faraoni e gli schiavi, gli imperatori e la
plebe, i principi e i sudditi. “Oggi” invece ci sono il
suffragio universale, i diritti umani, l’ecologia, eccetera.
Per questo l’Evento, pianificato e reclamizzato su scala
globale come imperdibile e costossimo, ha un che di
insopportabilmente retrivo e falso. Retrivo: perché
l’Evento presuppone la coltivazione in vitro di una
moltitudine prostrata in adorazione (versione mediatica
della plebe del Circo Massimo), di cui solo pochissimi
potranno permettersi il privilegio di assistere di persona
all’Evento suddetto. Ma anche falso: perché il suo valore
intrinseco è del tutto irrilevante rispetto all’apparenza,
al packaging. Patacche indorate o vecchie glorie al
capolinea: da sempre è questa la merce dello show
business. Ripenso alla Callas o a Pavarotti, la cui fama
planetaria toccò l’apice quando ormai erano vocalmente
in disarmo, l’ombra di ciò che erano stati quando, però,
quasi nessuno li conosceva. Un mondo nel quale invece
di drogarsi di eventi e di star system, le persone fossero
in grado di scegliere, curiosare, scoprire, innamorarsi
autonomamente? Un sogno. Su Marte però, mi dicono
che è diverso. Speriamo d’arrivarci prima o poi.
I
olanta, l’ultima opera teatrale di Čajkovskij (1892),
più che fuori repertorio sembrerebbe un’opera “fuori
dal cesto”, tanto è assente ogni parentela con una
carrriera teatrale costellata di dubbi, ritirate morali,
passioni infernali, attrazioni obblique. Poteva davvero
l’autore di Eugenio Oneghin, di Mazeppa, della Donna di
picche, immedesimarsi in una fiaba di buoni sentimenti,
di amore corrisposto che si conclude in un lieto fine che è
anche un inno alla vita? Il quesito torna a proporsi con la
recente registrazione a cura di Deutsche Grammophon,
con una superba Anna Netrebko: c’è quasi da pensare che
nel suo distacco moderno dalla materia l’autore qui si sia
spinto fino al cinismo nell’immergere l’ascoltatore in un
tiepido bagno di bontà. Eppure: il dubbio che ci sia anche
qualcos’altro, oltre al lavoro ben fatto, alla cura suprema
della partitura orchestrale, alla sagace alternanza di
recitativi, arie e ariosi, s’insinua a un ascolto che non si
fermi alla prevedibilità della vicenda; nel cruciale duetto
delle rose, quello in cui Iolanta sbaglia i colori perchè è
cieca dalla nascita senza saperlo, lo stupore dell’ignoto fa
inclinare il comune duetto lirico verso una delicatezza
sensitiva e ammalata, dalle tinte preraffaellite; poi c’è
Ibn-Hakia, il medico mauritano deus ex machina della
guarigione attraverso la consapevolezza e la forza di
volontà: nel suo arioso, in cui spiega l’unione di carnale e
spirituale in ogni creatura, con quel fa diesis persistente, e
l’esotismo della terzina ripetuta, sembra farsi strada
nell’interiorità di una psiche gravida di misteri. Fra
ricordi di Glinka (aria di Robert) e altri dello stesso
Čajkovskij, non mancano pungenti curiosità: nelle scene
femminili dell’esordio, ad esempio, con Iolanta e le
amiche nel giardino, la musica degli archi, con il suo finto
’700, mostra una scoperta affinità con il sestetto iniziale
di Capriccio di Strauss. Distacco, certo: ma anche
scoperta di strati nuovi della sensibilità moderna.
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