COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE

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COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE
COMUNEDI CASTELLO DEL MATESE
Piazza Municipio, n° 2 - C.A.P. 81016 - Cod.Fisc. 82000400612 - tel. 0823/784684 - fax 0823/784509
AREA TECNICA
PREG.MO SIGNOR SINDACO
PREG.MO SIGNOR SEGRETARIO COMUNALE
SEDE
RELAZIONE
al Consiglio Comunale di Castello Matese circa la definizione generale dell'esercizio degli
usi civici , dei livelli e delle terre date in concessione , e conseguenti determinazioni e/o
aggiornamenti dei canoni e delle relative eventuali affrancazioni
(Legge Fondamentale n. 1766/1927, R.D.L. 332/1928 , L.R. 11/1981 in materia di Beni Demaniali e d’Uso Civico)
Premesso
-
che questo Comune - a seguito dell’analisi e della verifica dell’Inventario Regionale nel quale sono
contenuti i dati relativi ai beni civici ed alle terre cosiddette “legittimate” (gravate da canoni di natura
enfiteutica) - ha constatato che nel proprio territorio comunale vi sono beni civici (in Demani
c.d. aperti) e terre cosiddette “legittimate” (o “allodializzate”) gravate da canoni (livelli) demaniali di
natura enfiteutica (in Demani c.d. chiusi);
-
che tali beni, dal 1927 ad oggi, sono stati individuati e regolamentati da Atti e Provvedimenti Giuridici
emanati dalle Autorità preposte in ottemperanza alla Legge n. 1766 del 16/06/1927 (cfr. all. 01) e del
relativo Regolamento di attuazione R.D. n.332 del 26/02/1928 (cfr. all. 02) , nonché conformemente
alle successive disposizioni di legge (nazionali e regionali) promulgate in materia di usi civici;
-
che, nel corso dei passati decenni, le terre gravate dal vincolo di “Uso Civico” potrebbero essere state
probabilmente oggetto di usurpazioni, occupazioni abusive nonché di compravendite tramite atti
notarili, che - in quanto sprovviste dell’autorizzazione preventiva del Commissario per la Liquidazione
degli Usi civici ex art. 12, comma 2, legge 1766/1927 - sono inidonee a produrre validi effetti giuridici
e dunque nulle; a tal proposito la giurisprudenza della Cassazione è prevalentemente orientata a
ritenere che "l'atto in violazione delle norme della Legge n.1766 del 1927 sugli usi civici sia nullo per
impossibilità dell'oggetto, ciò per l'incommerciabilità del terreno soggetto ad uso civico" , ed afferma
che un atto del genere sia nullo insanabilmente in tutti i casi, senza possibilità di sanatoria;
e, pertanto, si rende necessario provvedere, per quanto possibile, ad una ricognizione delle corrette
intestazioni catastali odierne rispetto a quelle originarie gravate da concessioni e/o livelli;
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che i terreni ancora civici, rientrando nella nozione di proprietà pubblica – come sottolineato dalla
Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Campania, infra delibera/parere n. 18/2006 (cfr.
all. 03) – sono inalienabili e non usucapibili, mentre gli usi civici ivi risultanti sono imprescrittibili;
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che questo Comune, probabilmente, ha anche costituito in passato diversi rapporti di natura
enfiteutica mediante la cessione di terre civiche (terreni demaniali) a lavoratori agricoli (enfiteuti o
livellari) con la imposizione di un canone (livello o censo) di natura enfiteutica ai sensi della Legge
01/09/1806, del Regio Decreto 08/06/1807, del Regio Decreto 03/12/1808, del Regio Decreto
10/03/1810, della Legge 12/12/1816, del Regio Decreto 03/07/1861, e successivamente della Legge
1766/1927, con la facoltà in ogni tempo di poterlo affrancare (cancellare) col pagamento del relativo
capitale di affrancazione;
-
che con la Legge Regionale n. 11 del 17.03.1981, avente ad oggetto "norme in materia di usi civici", è
stata introdotta una nuova disciplina inerente le terre gravate da usi civici e da livelli;
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-
che nella allodializzazione (ovvero privatizzazione) dei terreni ex civici ai sensi degli art.. 4 e 9 della
Legge 01/09/1806, dell'art. 4
del Regio Decreto 08/06/1807, dell'art. 32 del Regio Decreto
03/12/1808, dell'art. 18 del Regio Decreto 10/03/1810, degli artt. 182 e 193 della Legge 12/12/1816,
degli artt. 1 e 37 del Regio Decreto 03/07/1861, dell'art. 10 della Legge 1766/1927 e e dell'art. 26 del
R.D. 332/1928 , fu imposto un canone demaniale di natura enfiteutica che deve reputarsi perenne in
quanto il relativo capitale di affrancazione (riscatto) è vincolato dall'art. 24 della L. 1766/1927 alla
realizzazione di opere di pubblico interesse;
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che i canoni che vengono corrisposti in base all'art. 10 della L. 1766/1927 non sono frutto di libera
intesa pattizia (come, invece, nell'enfiteusi "privata" disciplinata dal Codice Civile) in quanto il canone
è rapportato unicamente al valore del terreno;
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che l'assenza di un rapporto enfiteutico riconducibile a quello disciplinato dal Codice Civile è palese,
atteso che trattasi di enfiteusi atipiche e di diritto pubblico;
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che il Regolamento per l'esercizio degli usi civici costituisce uno strumento normativo obbligatorio,
come dettato dagli artt. 43 e 44 del R.D. 332/1928 , e che lo stesso deve essere adeguato alla
predetta L.R. 11/1981 ;
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che per i terreni demaniali in possesso di questo Ente potrebbero essere presentate da parte dei
privati eventuali richieste di concessione in utenza temporanea, e che tale concessione dovrà nel caso
essere contemplata in via preventiva nel Regolamento degli usi civici;
Visto
-
il parere n.18 del 20.07.2006 della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Campania
(cfr. all. 03) , che sottolinea l'obbligatorietà per i Comuni di riscuotere i canoni di demaniali di natura
enfiteutica ex L. 1766/1927 , ribadendo che tali canoni e livelli "nell'Italia meridionale derivano dalla
allodiazione di antiche proprietà collettive che, come tali, godono della imprescrittibilità nonché della
inalienabilità e della inusucapibilità" ;
Preso atto
-
che detti canoni demaniali sono di "natura enfiteutica" e non "enfiteutici", e, conseguentemente
soggetti soltanto alla legge speciale n. 1766 del 16.06.1927 ed al Regio Decreto n. 332 del
26.02.1928, con esclusione espressa della applicabilità della disciplina codicistica;
-
che altresì il già citato parere n.18/2006 della Corte dei Conti chiarisce che non è applicabile ai
predetti usi civici la L. n.16 del 29.01.1974 (quest'ultima, ad ogni modo, abrogata dal D.L.
25/06/2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla Legge 06/08/2008, n. 133) , per cui gli enti
locali non possono ritenersi facultati a rinunciare (e quindi sono obbligati) alla riscossione di canoni,
censi, livelli o altro genere di cui siano titolari;
-
che in caso di usurpazione (occupazione senza titolo) è dovuto un canone di occupazione del
patrimonio indisponibile del Comune in quanto i terreni rimangono comunque demaniali, come tra
l'altro confermato dall'art. 46del R.D. 332/1928 (Regolamento di attuazione della L. 1766/1927) :
"Quando le rendite delle terre non bastino al pagamento delle imposte su di esse gravanti ed alle
spese necessarie per la loro amministrazione e sorveglianza, il comune e l'associazione agraria potrà,
per sopperirvi, imporre agli utenti un corrispettivo ..." ;
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che il punto 8 dell'art. 32 della Legge n. 724 del 23.12.1994 (finanziaria 1995) impone : "A decorrere
dal 1° gennaio 1995 i canoni annui per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dei comuni sono,
in deroga alle disposizioni di legge in vigore, determinati dai Comuni in rapporto alle caratteristiche dei
beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato, fatti salvi gli scopi sociali" ;
Ritenuto
-
che occorre avviare con premura e celerità la predisposizione delle liste di carico relative al recupero
dei canoni arretrati e futuri, dovuti da parte degli occupatori che conducono le terre (non di loro
proprietà) di natura civica (canoni enfiteutici di occupazione) e da parte dei livellari che posseggono i
terreni (di loro proprietà) ormai di natura allodiale (canoni demaniali di natura enfiteutica imposti ai
sensi dell’art. 10 della L. 1766/1927 ed altre), stante l’obbligatorietà per gli amministratori dei Comuni
a riscuotere i canoni - sia demaniali di natura enfiteutica che enfiteutici veri e propri - non sussistendo
la facoltà di rinunciare alla loro riscossione [vedasi ad esempio la Sentenza n. 1645 del 17.08.2010
della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio (cfr. all. 04) ], nonché implementare
le procedure necessarie per poter far fronte alle probabili istanze di affrancazione che gli aventi diritto
potrebbero decidere di inoltrare a questo Ente;
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-
che la compiuta attuazione di tali procedure di legge richiede una preventiva inventariazione delle
terre gravate da usi civici, da concessioni e/o da occupazioni di qualsiasi tipo, nonché una adeguata
assistenza tecnica e legale nello svolgimento delle procedure di richiesta dei canoni pregressi e/o di
affrancazione dei livelli;
Vista
la Delibera di Consiglio Comunale n. 2 del 23.01.2012 con la quale , tra l'altro, si è dato mandato
all'Area Tecnica Comunale, anche avvalendosi di specialisti nella materia demaniale, per :
- l'effettuazione del censimento delle terre civiche ed ex civiche ora sdemanializzate gravate da canone
di natura enfiteutica ricadenti nel territorio comunale;
- l'aggiornamento e l'emissione del ruolo per la riscossione dei canoni per gli anni arretrati e futuri;
- la predisposizione dei contratti di concessione ad utenza temporanea dei terreni demaniali in libero
possesso del Comune, nonché tutte le procedure per le relative affrancazioni e per la redazione di
apposito regolamento per l'esercizio degli usi civici, ai sensi della L. 1766/1927, del R.D. 332/1928 e
della Legge Regionale n.11 del 17.03.1981;
- l'ottemperanza a tutte le procedure amministrative previste e necessarie per il definitivo concretizzarsi
di quanto deliberato, ivi compreso l'affidamento per la riscossione di detti canoni annui, dovuti da
parte degli occupatori che conducono le terre di natura civica e da parte dei livellari che posseggono i
terreni ex civici ormai di natura allodiale;
Considerato
-
che è più che presumibile che nella generalità dei casi di cui al punto "3" di cui più avanti non sarà
possibile risalire né al contratto di concessione né all'ultimo canone certo corrisposto;
-
che nei casi di cui ai punti "1" e "2" di cui più avanti potrebbero ritrovarsi [quando possibile da atti, del
tipo di regi decreti e/o similari] dei riferimenti a canoni demaniali "irrisori ed addirittura simbolici ,
non corrispondenti con la effettiva realtà economica e che impedirebbero la instaurazione di equi
rapporti sociali" (definizioni estratte da varie sentenze di Corte Costituzionale nn. 406/1988 ,
143//1997 , 160/2008 e 318/2002, più avanti meglio riportate) ;
si ritiene necessario fornire al Consiglio Comunale gli elementi per deliberare in merito ai criteri di
recupero dei canoni pregressi, di aggiornamento e determinazione dei canoni stessi, nonché delle
eventuale corrispondenti affrancazioni, e pertanto si redige la relazione che segue, così articolata:
1.
2.
3.
Brevi cenni storici sugli argomenti "usi civici " - "livello" - "enfiteusi"
Sintesi della normativa fondamentale in materia di usi civici e le casistiche più ricorrenti.
Questione Q1 - Sulla questione di imprescrittibilità del canone e della non usucapibilità del bene
condotto .
4. Questione Q2 - Sulla questione della alienabilità di terre civiche
5. Questione Q3 - Sulla questione di legittimità dell'aggiornamento dei canoni .
6. Questione Q4 - Sulla metodologia di calcolo dei canoni enfiteutici
(Reddito Dominicale rivalutato
oppure Valori Agricoli Medi) e del corrispondente capitale di affranco (equivalente alla indennità di
esproprio)
7. Questione Q5 - Sulla metodologia di calcolo dei canoni demaniali di natura enfiteutica (autonomia di
scelta impositiva) e del corrispondente capitale di affranco (equivalente al valore del terreno)
8. Criteri per il recupero e aggiornamento/determinazione dei canoni , e di eventuali affrancazioni.
8. A. Recupero canoni pregressi .
8. B. Determinazione del giusto canone demaniale di natura enfiteutica
8. C. Determinazione del giusto canone enfiteutico
8. D. Determinazione della giusta affrancazione del canone demaniale di natura enfiteutica
8. E. Determinazione della giusta affrancazione del canone enfiteutico
8. F. Riepilogo sulla questione aggiornamento/determinazione dei canoni , e di eventuali
affrancazioni.
9. Avvertenze ed evidenziazioni.
10. Criterio per le modalità per l'affidamento del servizio tecnico.
11. Conclusioni.
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1. Brevi cenni storici sugli argomenti
"usi civici" - "livello" - "enfiteusi"
Il complesso delle questioni che si affronteranno riguardano, essenzialmente, due istituti giuridici diversi
tra loro ma allo stesso tempo intimamente intersecati e collegati:
- usi civici ;
- enfiteusi (il cui predecessore, ormai desueto, era il contratto di livello).
Anticipando, infatti, quanto appresso relazionato può già dirsi che per un Comune possono ritrovarsi, in
linea di massima ed esemplificando, due tipi di scenari :
- usi civici trasformatisi in proprietà private di singoli cittadini e residuati solo come oneri di canoni da
pagare, a seguito di legittimazioni ex lege 1766/1927 o a seguito di quotizzazioni ex legibus precedenti
di eversione della feudalità;
- concessioni di terreni per enfiteusi, con contratti equivalenti a livelli, per i quali la proprietà è del
Comune concedente che deve percepire dal privato cittadino conduttore un canone enfiteutico .
USI CIVICI
Per uso civico si intende un diritto di godimento che si concretizza, su beni immobili, in varie forme
(caccia, pascolo, legnatico, semina), spettanti ai membri di una collettività, su terreni di proprietà
comunale o anche di terzi, non scaturente da una legge formale ma radicato nella prassi collettiva.
Essi sono considerati fonte del diritto in diversi ordinamenti giuridici, come ad esempio in quello italiano.
Storia
Questa figura giuridica, nata in epoca alto medioevale, ha visto una sua organica regolazione ai primi del
Novecento, quando nacque l'esigenza di consentire ad alcuni soggetti privati di usufruire in piena
proprietà di beni che spesso (ma non sempre) erano demaniali (*) e che erano per l'appunto gravati da
tali oneri.
Discende da una tipologia di diritti tendenti a garantire la sopravvivenza o il benessere di una specifica
popolazione, sfruttando in modo produttivo aree circoscritte, in tempi in cui il feudatario, su mandato
dell'imperatore, re o papa possedeva non solo le terre, ma anche uomini, cose e animali.
L'uso civico nasce come diritto feudale, caratterizzato dall'utilizzo che una determinata collettività locale
può fare di determinate aree e si inquadra, quindi nell'ottica tipica di un'economia di sussistenza : con
l'uso civico di legnatico, ad esempio, i membri di una determinata comunità godevano del diritto di
raccogliere legna in un particolare bosco, considerato (impropriamente, ma non sempre o non del tutto)
come di proprietà collettiva. Con quello di pascolatico era previsto il pascolo delle greggi e delle mandrie.
In modo analogo funzionavano gli altri usi civici di fungatico (per la raccolta dei funghi) ed erbatico (che
permetteva agli allevatori di una determinata collettività di portare al pascolo i propri animali in una
determinata zona).
In Italia, proprio la particolare attitudine della fattispecie in esame al disordine indirizzò il legislatore nel
1927 a decretare che tutti gli usi civici esistenti in quel momento avrebbero dovuto essere rivendicati e
regolarizzati dando la possibilità ai soggetti di affrancarli e, quindi, di trasformare il possesso delle terre
di demanio civico o la proprietà gravata da uso civico in piena proprietà assoluta ed esclusiva, istituendo
un apposito magistrato detto Commissariato agli usi civici, con lo scopo principale, ma non solo, di
liquidare tali usi (qualora vertenti su terreni privati), nonché col potere di regolare amministrativamente
gli usi non liquidati (interessanti terre comunali, frazionali o di altri enti, ovvero su superfici acquee).
La titolarità dei diritti di uso civico spetta alla popolazione ma anche ai comuni e alle associazioni agrarie.
Disciplina normativa
Il corpus legislativo di riferimento è costituito, principalmente :
- dalle precedenti leggi di eversione della feudalità (Legge 01/09/1806, RD 08/06/1807, RD
03/12/1808, Legge 12/12/1816, RD 06/12/1852, RD 03/07/1861, Ministeriale 19/09/1861 ed altre) ,
da cui discesero i cosiddetti terreni "quotizzati" ;
- dalla successiva Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione RD
26/02/1928, n. 332 , da cui discesero i cosiddetti terreni "legittimati" ;
- da successive norme - sia nazionali che regionali - in materia di usi civici.
Il legislatore distinse i vari usi civici in due principali categorie: terre di proprietà collettiva (demanio
civico) e terre di proprietà privata ma su cui grava un diritto di uso civico in favore della collettività. I
proprietari di terre con gravame di uso civico possono togliere tale vincolo, risarcendo la comunità in
denaro (liquidazione) o in terra (scorporo). In quest'ultimo caso viene delimitata una porzione del fondo
che diventa di proprietà collettiva (demanio civico) dove la comunità esercita il diritto di uso civico.
Le terre di proprietà collettiva (demanio civico) convenientemente utilizzabili per l'agricoltura furono
spesso assegnate in quote enfiteutiche ai singoli membri della comunità titolare del diritto, in tal caso, il
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legislatore aveva previsto che, con particolari procedure, potessero alienare e riscattare (legittimare e/o
affrancare) le quote, divenendone pienamente proprietari.
nota (*) : beni demaniali
Il demanio (dal latino dominium dominio, attraverso il francese antico demaine) è, in senso generico, l'insieme di
tutti i beni inalienabili che appartengono a uno Stato.
In Italia, secondo quanto previsto dal Codice Civile art. 822 e seguenti, il demanio è costituito dai seguenti beni: il
lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in
materia (c.c. 2774, Cod. Nav. 28, 29, 692); le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno allo stesso modo parte del demanio pubblico, ma solamente se appartengono allo stato, le strade, le
autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi (Cod. Nav. 692 a); gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle
pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime
proprio del demanio pubblico.
Tali beni possono anche appartenere alle regioni, alle province o ai comuni, costituendo così il demanio regionale,
provinciale o comunale, ma sono ugualmente soggetti al regime del demanio dello Stato.
La principale caratteristica dei beni che fanno parte del demanio pubblico è la loro inalienabilità. Essi non possono
essere venduti (se non in forza di una specifica nuova legge) e non possono formare oggetto di diritti a favore di
terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti).
Sui beni demaniali si esercita l'uso pubblico, cioè la collettività ne può godere i benefici direttamente (come nel
caso delle spiagge o dei musei) o indirettamente (nel caso dei porti o degli aeroporti).
Gli altri beni di proprietà dello Stato e degli altri enti locali non rientranti nel demanio costituiscono il patrimonio
dell'ente che, a sua volta, si suddivide in patrimonio indisponibile e patrimonio disponibile.
Con l'avvento del federalismo fiscale e demaniale gli enti locali hanno la possibilità di gestire il patrimonio a loro
affidato. Grazie a questi nuovi poteri, per esempio, è possibile decidere di vendere immobili in disuso e terreni
abbandonati. Un modo questo per risollevare i bilanci in rosso e permettere "in teoria" una più accurata gestione
del territorio da parte dei privati rispetto al pubblico.
LIVELLO (contratto)
Il livello è un contratto agrario in uso nel Medioevo, che consisteva nella concessione di una terra dietro
il pagamento di un fitto. Il diritto, cosiddetto dominio utile, col tempo divenne alienabile. Il livello
(etimologicamente livello deriva da libellus, vale a dire il documento che incartava il contratto, nel quale
erano previsti e specificati gli obblighi gravanti sul livellario), o precario, figura appartenente al diritto
intermedio, traeva vita da una stipulazione in forza della quale un bene immobile, per lo più un fondo,
veniva concesso per un certo termine verso il corrispettivo di un canone livellario (anche detto censo).
Alla scadenza prevista il contratto era rinnovabile, in esito al versamento di un ulteriore canone livellario.
Erano concessi a livello molti beni della Chiesa che in questo modo, da un lato, aderiva alla richiesta di
concessione del temporaneo godimento (allo scopo di coltivazione, di abitazione) da parte dei singoli,
dall'altro, evitava di perdere la proprietà del bene.
Il livello veniva stipulato tra il proprietario (spesso un nobile, un monastero, una chiesa) e il livellario. Il
livello rimase in uso fino agli inizi dell'Ottocento. La forma di contratto vigente più rispondente alle
caratteristiche sopra richiamate è l'enfiteusi.
Il contratto agrario di livello venne istituito nel 368 d.C. dagli imperatori Valentiniano I e Flavio Giulio
Valente e fu utilizzato in tutto l'Impero Romano. Con questo istituto chi disponeva di terre poteva
concederle a livello dietro un canone livellario. Le condizioni alle quali un concessionario chiedeva a un
concedente di avere a livello delle terre venivano scritte in “duo libelli pari tenore conscripti” (da qui il
nome del contratto): due libretti di uguale contenuto. Ciascuno dei contraenti ne firmava uno che
rimaneva in mano all'altro.
Questo contratto di "livello", in Italia, è stato utilizzato moltissimo nel Medioevo da privati, enti pubblici
ed enti religiosi. La concessione poteva essere temporanea, per venti anni rinnovabili con la ricognizione
al diciannovesimo anno, o perpetua. La versatilità di questo contratto diede luogo a confusione con altri
tipi di contratto, specie con l'enfiteusi, tanto che in tempi moderni non si riusciva più a distinguerlo. Fu il
giurista Silvio Pivano che, agli inizi del Novecento, lo studiò e diede una definizione: “Precarie e livelli
erano infatti contratti che potevano intercedere fra persone della più varia condizione sociale, cadere su
beni di qualunque entità e natura, essere di qualunque durata, con canone di qualsivoglia valore e specie,
con o senza obbligo di miglioramento dei fondi, in una parola senza alcuna specifica determinazione
sostanziale. Per contro, nella grande varietà degli esempi, un elemento appariva costante e sicuro, quello
della forma con cui dovevano essere conclusi”. Generalmente in Italia, nella seconda metà del Novecento,
il contratto di livello venne dimenticato anche perché il Codice Civile non lo riporta più già dal tempo del
Codice Feliciano (1865). I contratti intercorsi tra privati, spesso anche con enti religiosi, furono
dimenticati e gli assegnatari livellari non pagarono più alcun canone.
Il livellario era gravato non soltanto dell'obbligazione di pagare il canone, bensì anche di migliorare il
bene. In questo senso il tenore del titolo poteva variamente atteggiarsi, prescrivendo l'obbligatorietà di
prestazioni anche di natura personale. Il livello si può dire confluito nella figura dell'enfiteusi, la cui
normativa venne dichiarata applicabile anche ai primi.
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Lo Stato provvide ad eliminare questo contratto, in capo a beni delle amministrazioni e le aziende
autonome dello stato, comprese l'amministrazione del fondo per il culto, l'amministrazione del fondo di
beneficenza e di religione nella città di Roma e l'amministrazione dei patrimoni riuniti ex economali, per
antieconomicità, nel 1974 con la Legge 29 gennaio 1974, n. 16 “Rinuncia ai diritti di credito inferiori a lire
mille”, con la quale, oltre “alla chiusura delle partite di credito” si provvide anche alla cancellazione
dell'annotazione in Catasto, dando comunicazione agli uffici interessati dell'avvenuta estinzione del
contratto e lasciando così gli ex livellari proprietari a tutti gli effetti dei terreni che erano stati concessi a
livello ai loro antenati.
Però, come confermato dalla Corte dei Conti con delibera/parere n.18/2006, tale legge 16/1974 non è
applicabile ai beni comunali.
Ad ogni modo, la Legge 16/1974 è stata successivamente abrogata dal D.L. 25/06/2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla Legge 06/08/2008, n. 133.
Quando, negli anni novanta del Novecento, i comuni fecero l'inventario dei loro beni, si ritrovarono ad
essere concedenti livellari e riscoprirono il diritto di esigere un censo dai terreni livellari. Perciò molti
comuni, deliberarono di ristabilire quel censo aggiornato, dando la possibilità ai livellari di richiederne
l'affrancazione secondo le norme dell'attuale Codice Civile, cioè quelle dell'enfiteusi.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 46 del 1959 (cfr. all. 05) aveva ribadito: “L'istituto (del livello)
è stato dal legislatore considerato nella sua autonomia e disciplinato con criteri autonomi, che in parte
coincidono ed in parte contrastano con la disciplina giuridica dell'enfiteusi e degli altri istituti similari”;
successivamente, in considerazione delle caratteristiche che ha assunto il diritto di “livello” nel
corso della sua evoluzione storica, la
giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha peraltro avuto modo di equipararlo ad un
diritto di enfiteusi e pertanto ad un diritto reale di godimento su fondo altrui.
[Cass. Civ. sez. III n. 64/1997 (cfr. all. 06) , con in questa anche citate Cass. 12.06.1961 n.1366 e Cass.
22.06.1963 n.1682) e Consiglio di Stato 10.09.2011 n.5233 (cfr. all. 07) , con in questa anche citate
Cass. Civ. 22.12.1939 n.3429, Cass. Civ. 08.01.1997 n.64 , Cass. Sez. Un. 22.05.1995 n.5600) ].
ENFITEUSI
L'enfiteusi è un diritto reale di godimento su una proprietà altrui.
Retaggio dell'epoca del feudalesimo. L'enfiteusi fu uno strumento amministrativo particolarmente
utilizzato dalla chiesa romana tra il VII-VIII secolo, per regolarizzare la cessione o la concessione del
fondo, nei confronti dell'aristocrazia bizantina e successivamente longobarda. Ciò faceva parte del piano
politico che la Chiesa di Roma attuò per assimilare le frange politiche e assicurare una stabilità politica in
Italia. Il contratto poteva avere un tempo di 29 anni. Ha trovato regolamentazione nel Codice Civile del
1942 agli articoli 957-977del libro terzo della proprietà, al fine di incentivare la produttività delle terre
grazie all'attività degli agricoltori.
Il diritto del concedente a riscuotere il canone non si estingue per usucapione per il preciso disposto
dell’art. 1164 del Codice Civile: si può usucapire solo il diritto dell'enfiteuta, mentre il dominio diretto è
imprescrittibile; ai sensi dell'art. 1164 del Codice Civile (e prima ancora l'art. 2116 del vecchio Codice
Civile abrogato), l'enfiteuta non può usucapire il diritto del concedente;
secondo svariate pronunce della Cassazione (4231/1976 - 323/1973 - 2904/1962 - 2100/1960 177/1946) , tutte concordi, "l’omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a
mutarne il titolo del possesso, neppure nel singolare caso sia stata attribuita dalle parti efficacia
ricognitiva".
Di ciò si ritrovano numerose conferme giurisprudenziali, ad esempio una recente T.A.R. Sicilia Catania
Sez. II, Sent. 03.08.2012, n. 1988 (cfr. all. 08) , con in questa anche citate Cass. 4231/1976 - 323/1973
- 2904/1962 - 2100/1960 - 177/1946) .
L’esercizio del potere di ricognizione di cui all'art. 969 si applica solo per le enfiteusi a tempo (casi
singolari), e non riguarda quindi le enfiteusi perpetue: ai sensi dell’art. 958 del Codice Civile le enfiteusi
sono perpetue quando non viene stabilita la durata; le enfiteusi in cui non viene fissato un termine sono a
tutti gli effetti perpetue; come tali, non va esercitato nessun potere di ricognizione in quanto, ai sensi
dell’art. 1164 del Codice Civile, se non muta il titolo del possesso dell’enfiteuta, tale enfiteuta non può
usucapire la proprietà e quindi il canone non è prescritto; la ricognizione è un diritto riconosciuto al
concedente (e non un dovere) per impedire all'ex enfiteuta (ma solo per le enfiteusi a tempo, dopo la loro
scadenza) di usucapire il terreno. "Trattasi, quindi, di una mera facoltà e non di un obbligo, nel senso che
il concedente, se non vuole esercitarla, non perde, per ciò solo, il suo diritto sulla cosa" (Cass.
2904/1962) .
In pratica, la corretta applicazione dell'art. 1164 del C.C. (chi ha il possesso corrispondente all'esercizio di
un diritto reale su cosa altrui non può usucapire la proprietà della cosa stessa, se il Titolo del suo
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possesso non è mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il
diritto del proprietario. Il tempo necessario per l'usucapione decorre dalla data in cui il Titolo del possesso
è stato mutato) prevede che, chi volesse usucapire il diritto del concedente, dovrebbe innanzitutto fare
opposizione contro il diritto del proprietario e solo dopo 20 anni può usucapire, dinanzi ad un giudice, la
piena proprietà.
L'enfiteusi è, fra i diritti reali su cosa altrui, quello di più esteso contenuto, al punto di essere stato
considerato nei secoli precedenti come una forma di "piccola proprietà" e secondo la dottrina dominante è
il proprietario ad avere un diritto subordinato a quello dell'enfiteuta, (tant'è che tuttora si ritiene che il
cosiddetto "dominio utile" spetti all'enfiteuta, a differenza del caso di usufrutto, in cui il dominio utile
spetta al nudo proprietario).
Il livellario o enfiteuta è colui al quale spetta il godimento di un bene che però non gli appartiene, infatti
la concessione di un qualunque bene non scaturisce in un'acquisizione automatica della proprietà. La
proprietà resta sempre in capo al concedente, detto anche direttario fino a quando il livellario non chiede
l'affrancazione del canone e diventa in questo caso, proprietario del bene.
L'enfiteusi è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, ha durata non inferiore a venti anni. Non è
però suscettibile di subenfiteusi. Ha per oggetto tradizionalmente fondi rustici, ma dalla legislazione
speciale è stata estesa anche ai fondi urbani.
Sulle visure catastali è possibile trovare, nell'intestazione, la dicitura "Comune Concedente" e ditta
"livellario" o "enfiteuta"; tale dicitura può nascondere almeno quattro casi:
1- un terreno allodiale ex civico e gravato da un canone (demaniale) di natura enfiteutica;
2- un terreno civico oggetto di quotizzazione ai sensi della Legge 1766/1927, concesso a titolo di
enfiteusi;
3- un terreno non civico rientrante nel patrimonio disponibile dell'ente e dato in enfiteusi ai sensi del
Codice Civile.
4- terreno civico arbitrariamente occupato (usurpo) rientrante nel patrimonio indisponibile del Comune
(ai sensi della Legge speciale 1766/1927);
Il livellario o enfiteuta è colui al quale spetta il godimento di un bene che però non gli appartiene, infatti
la concessione di un qualunque bene non scaturisce in un'acquisizione automatica della proprietà. La
proprietà resta sempre in capo al concedente, detto anche direttario fino a quando il livellario non chiede
l'affrancazione e diventa in questo caso, proprietario del bene (art. 971 C.C.).
L'enfiteusi è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, ha durata non inferiore a venti anni (art. 958
C.C.). Non è però suscettibile di subenfiteusi (art. 968 C.C.). Ha per oggetto tradizionalmente fondi
rustici, ma dalla legislazione speciale è stata estesa anche ai fondi urbani.
L'enfiteusi si estende anche ai fabbricati edificati su terreni gravati da canone enfiteutico, ossia tutto ciò
che è costruito su terreno gravato da canone enfiteutico diviene gravato dal canone anch'esso per
accessione.
Sul fondo l'enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta ad un proprietario (art. 959 c. c.), ma
con due obblighi specifici:
1. di migliorare il fondo;
2. di corrispondere al nudo proprietario ("concedente") un canone periodico (una somma di danaro
ovvero una quantità fissa di prodotti naturali), per la cui determinazione l'autonomia delle parti è
vincolata dai criteri previsti dalle leggi speciali in materia.
A questo proposito, la determinazione del canone si distingue in base alla tipologia di enfiteusi:
1. enfiteusi su fondo agricolo: la normativa prevede che la misura del canone non può essere
sproporzionata rispetto al valore di mercato del bene su cui grava il livello, ma che questo sia
periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere
adeguata, con una ragionevole approssimazione la corrispondenza all'effettiva realtà economica.
(Corte Costituzionale sent. 406 del 7 aprile 1988 (cfr. all. 13) e sent. 143 del 23 maggio 1997 (cfr. all.
14) . Proprio in relazione a queste sentenze è stato dichiarato illegittimo il metodo di calcolo che
prendeva il reddito dominicale come valore di riferimento, proprio perché obsoleto e non più
rispondente agli attuali parametri di mercato (e quindi potrebbe ben utilizzarsi, ad esempio, il Valore
Agricolo Medio).
2. enfiteusi su fondo edificabile: il valore del canone di dette aree non può essere determinato sulla
base delle enfiteusi rustiche onde evitare operazioni speculative, ma ad esso si deve pervenire
applicando al valore dell'area considerata edificabile un equo saggio di rendimento [Consiglio di Stato
parere n. 661/1998, Ministero delle Finanze nota del 26 ottobre 2000 (es. valore I.C.I.)].
3. enfiteusi su fondo edificato: i fabbricati costruiti su terreni gravati da livello non possono essere
considerati migliorie (Avvocatura dello Stato nota n.8475 del 19.12.1991, l'attività di miglioria che è
richiesta all'enfiteuta, deve ritenersi intrinsecamente connessa alla natura del fondo stesso; mentre
esula completamente da ciò ogni attività di trasformazione edilizia (Consiglio di Stato parere n.
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661/1998). Il fabbricato pertanto risulta acquisito per accessione dal concedente in quanto proprietario
dell'area.
L'affrancazione è l'acquisto della proprietà da parte dell'enfiteuta mediante il pagamento di una somma
pari a quindici volte il canone annuo (art. 971 C.C.). Il diritto di affrancazione è un diritto potestativo
dell'enfiteuta: il concedente non può rifiutarsi di prestare il proprio consenso. È infatti vero anche
l'inverso, ossia che il concedente non può obbligare il livellario ad affrancare se quest'ultimo intende
pagare il canone annuo.
Il diritto di enfiteusi è suscettibile di comunione ("coenfiteusi"), ma non può costituirsi su una quota del
fondo indiviso, giacché l'obbligo di migliorare il fondo presuppone la piena materiale disponibilità di
questo da parte dell'enfiteuta.
Al concedente spetta il diritto di domandare al giudice la devoluzione del fondo, ossia l'estinzione del
diritto di enfiteusi:
1. se l'enfiteuta non adempia l'obbligo di migliorare il fondo;
2. se non paga due annualità di canone.
Fra domanda di devoluzione ed affrancazione prevale la seconda (art. 973 C.C.).
Una causa di estinzione dell'enfiteusi è il perimento totale del fondo (art. 963 C.C.).
2. Sintesi della normativa fondamentale in materia di usi civici e le casistiche più ricorrenti.
Con la Legge 16 giugno 1927, n. 1766 "Legge di riordinamento degli usi civici nel Regno", che ancora
oggi costituisce la normativa fondamentale in materia di usi civici, si tentò di unificare istituti e
procedimenti in materia di usi civici, ispirandosi sostanzialmente alla realtà meridionale ed alla
legislazione in essa vigente, determinando soluzioni non sempre adeguate alle diverse realtà presenti
nelle altre regioni italiane.
Gli istituti fondamentali della L. 1766/27, in sintesi, sono i seguenti :
- accertamento dell'esistenza, natura ed estensione dei diritti di uso civico (viene eseguito tramite
l'operato di periti demaniali che effettuano le dovute ricerche storiche, giuridiche e catastali);
- liquidazione degli usi civici su terre private, di norma tramite scorporo (il compenso per la liquidazione
consiste in una parte del fondo gravato da usi civici da assegnarsi al Comune per l'esercizio dei diritti
da parte della collettività);
- scioglimento delle promiscuità (diritti esercitati da più collettività sugli stessi beni); legittimazioni di
occupazioni arbitrarie di terre di uso civico in presenza del verificarsi delle condizioni previste dalla
legge (migliorie, possesso decennale, non interruzione del demanio);
- reintegra al demanio civico delle terre occupate nei casi in cui non avvenga la legittimazione;
- assegnazione delle terre di uso civico alle due categorie previste dalla legge :
a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o pascolo permanente;
b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria;
- divieto di alienazione o mutamento di destinazione dei terreni di cui alla categoria a) senza
l'autorizzazione del Ministero dell'Agricoltura (ora Regione);
- quotizzazione dei terreni assegnati alla categoria b);
tali terre sono destinate ad essere ripartite in quote, secondo un piano tecnico di sistemazione, tra le
famiglie di coltivatori diretti del Comune o della frazione, con preferenza per quelle meno abbienti,
dietro pagamento di un canone; è possibile l'affrancazione del canone che determina la privatizzazione
della terra.
All'attuazione delle disposizioni della legge 1766/27 è previsto che provvedano i cosiddetti Commissari
Regionali per la liquidazione degli usi civici mediante l'esercizio delle relative funzioni amministrative e
giurisdizionali. Essi vengono scelti tra i magistrati ordinari (ora sono nominati dal Consiglio Superiore
della Magistratura).
Le funzioni amministrative dei Commissari sono state in seguito trasferite alle Regioni, tramite il D.P.R.
15 gennaio 1972, n. 11 e il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
Le funzioni giurisdizionali dei Commissari riguardano sostanzialmente tutte le controversie che possano
nascere circa l'esistenza, la natura ed estensione dei diritti di uso civico, e le contestazioni che attengono
alla natura civica o meno dei terreni (così detta qualitas soli) .
Le decisioni del Commissario possono essere appellate avanti la Corte di Appello di Roma.
Avverso la decisione della Corte di Appello è ammesso il ricorso in Cassazione.
Con R.D. 26 febbraio 1928, n. 332 è stato approvato il Regolamento di attuazione della L. 1766/27 con il
quale sono stati definiti nel dettaglio gli istituti previsti dalla legge sul riordinamento degli usi civici ed i
relativi procedimenti.
Stante il quadro normativo sopra descritto, e considerato il lungo tempo trascorso senza una attenta
gestione della materia, si ritiene che nell'ambito del territorio comunale potrebbero ritrovarsi, più
ricorrentemente, le seguenti casistiche :
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"1" Terreni "Legittimati" ai sensi degli art. 9 e 10 della L. 1766/1927 .
In tali casi, con atti/decreti ad opera di pubblici uffici, veniva imposto un gravame sul terreno, di
proprietà privata, con un canone annuo redimibile (cancellabile) con la procedura dell'affrancazione.
Tale canone ha natura pubblicistica (come confermato dalla Corte dei Conti con delibera/parere n.
18/2006) ed è perpetuo: la demanialità fu trasferita dal bene civico al canone di natura enfiteutica il
cui capitale di affrancazione è imprescrittibile in quanto destinato alla collettività per opere che
vadano a compensare la perdita del valore dell'area demaniale civica perduta.
Si tratterebbe in tali casi di terreni soggetti a "canoni demaniali (di natura enfiteutica)" ,
significando che la proprietà del bene si è già trasferita al cittadino (livellario) e che la eventuale
"affrancazione" farebbe venir meno il solo dovere di corrispondere il canone (al concedente, cioè al
Comune); tali canoni derivano da allodiazione di antiche proprietà collettive.
"2" Terreni oggetto di "Quotizzazione" , già tenuti in uso civico (ex legibus : Legge 01/09/1806, art.
32 RD 03/12/1808, art. 182 Legge 12/12/1816, art. 1 RD 03/07/1861) e poi suddivisi in "quote" tra
i residenti ed assegnate in proprietà (con gravame di canone annuo redimibile) ai sensi della L.
1766/1927 .
In tali casi, ai sensi delle sopra indicate leggi di eversione della feudalità , la proprietà di piccoli
appezzamenti di terreno venne assegnata a privati cittadini al momento dell’ordinanza di
quotizzazione, e contemporaneamente venne imposto un canone di natura enfiteutica, alla pari del
canone imposto nelle ordinanze di legittimazione.
Si tratterebbe anche in tali casi di terreni soggetti a "canoni demaniali (di natura enfiteutica)" ,
significando che la proprietà del bene si è già trasferita al cittadino (livellario) e che la eventuale
"affrancazione" farebbe venir meno il solo dovere di corrispondere il canone (al concedente, cioè al
Comune); tali canoni derivano da allodiazione di antiche proprietà collettive.
"3" Altri terreni soggetti a canoni, diversi dai precedenti e non riscontrabili in atti di cui ai punti
precedenti.
In tali casi potrebbe trattarsi di terreni dati in concessione dal Comune a privati affinché li
migliorassero traendone i mezzi di sostentamento per le loro famiglie.
Si tratterebbe in tali casi di terreni che, oggi ovvero già all'impianto catastale, potrebbero comparire
con l'intestazione catastale riferita ad uno o più soggetti quali titolari di livello ed al Comune quale
concedente, per i quali potrebbe risultare impossibile risalire al periodo in cui il rapporto venne
istituito.
Tali tipi di terreni non sono di tipo allodiale, e cioè la proprietà è ancora in capo al Comune
concedente, ed in generale non risultano gravati da uso civico, ed in tal caso il rapporto di livello (e
cioè la tipologia di concessione) sarebbe assimilato/equiparato dalla dottrina giuridica e
giurisprudenziale, a quello dell'enfiteusi di cui al codice civile (art. 957 e succ.) .
Si tratterebbe in tali casi di terreni soggetti a "canoni enfiteutici" , significando che tali terreni non
sono di tipo allodiale (la proprietà è ancora in capo al concedente, e cioè al Comune).
"4" Eventuali terreni cosiddetti "usurpati" e cioè arbitrariamente e/o illegittimamente occupati, di
fatto, da privati cittadini, senza cioè alcuna forma di legittimazione e/o quotizzazione.
La legge prevede la possibilità per gli occupatori abusivi di terre civiche di legittimare la loro
posizione per il tramite di una procedura amministrativa di sanatoria (artt. 9 e 10 della Legge
1766/1927), la quale ha l'effetto di trasformare in allodio (proprietà privata) il terreno d'uso civico
illecitamente detenuto; tale procedura dovrà essere istruita e valutata dal Commissario agli usi civici
(oggi la Regione Campania), che valuterà la richiesta di legittimazione che per essere ottenuta dovrà
contenere unitamente le seguenti condizioni :
a) che l’occupatore vi abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie;
b) che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni;
c) che l’occupazione duri almeno da dieci anni.
Tali tre condizioni sono necessarie ma non sufficienti , significando che il Commissario (la Regione
Campania) pur ricorrendo tali tre presupposti ben può negare la richiesta di legittimazione, ove alla
concessione di questa ostino ragioni di interesse pubblico, rimesse alla sua valutazione discrezionale
(Consiglio Stato sez.IV, 1 aprile 1980 n. 327, Cafara c. Commissario liquidazione usi civici Napoli e
altro - Foro amm. 1980, I, 653 - Cons. Stato 1980, I, 425).
Si tratterebbe in tali casi di terreni per i quali il Commissario Regionale per gli Usi Civici potrebbe
accogliere (o meno) la richiesta di legittimazione "forzata" che verrebbe innescata dalla procedura
ricognitiva (a seguito delle attività tecnico/legali/amministrative che verrebbero poste in essere a
seguito di uno specifico incarico di ricognizione a conferirsi) e determinare - ex novo - un canone
annuo (redimibile, e cioè cancellabile con una affrancazione) .
Oltre le sopra evidenziate quattro casistiche potrebbero presentarsi eventuali diversi (meno probabili)
altri casi, di cui ci si dovrà eventualmente occupare, successivamente, di volta in volta con specifiche
integrazioni alla presente relazione e con relative conseguenti decisioni e/o provvedimenti amministrativi.
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Difatti, sarà necessario svolgere una consistente attività tecnico/legale (preferibilmente sotto forma di un
incarico da remunerare a percentuale, data la indeterminatezza preventiva dell'entità dell'incarico e/o del
servizio da affidare) che dovrà inevitabilmente, come primo passo, acquisire le maggiori informazioni
possibili da un indagine catastale "a tappeto" di tutto il territorio comunale, sulle cui visure catastali sarà
possibile ritrovare, nelle intestazioni, le diciture "Comune Concedente" e ditta "livellario" o "enfiteuta" ,
che potrebbero nascondere almeno i quattro casi di cui sopra :
- casistica "1" : un terreno allodiale ex civico e gravato da un canone (demaniale) di natura enfiteutica;
- casistica "2" : un terreno civico oggetto di quotizzazione ai sensi della Legge 1766/1927 concesso a
titolo di enfiteusi;
- casistica "3" : un terreno non civico rientrante nel patrimonio disponibile dell'ente e dato in enfiteusi ai
sensi del Codice Civile;
- casistica "4" : terreno civico arbitrariamente occupato (usurpo) rientrante nel patrimonio indisponibile
del Comune (ai sensi della Legge speciale 1766/1927);
Quindi, riguardo le casistiche di tipo "1" e tipo "2", le indagini dovranno avere inizio dai Decreti del Regio
Commissario per la liquidazione degli usi civici in Napoli di "legittimazione del 13.11.1936" (cfr. all. 9-1) e
di "assegnazione a categorie del 30.12.1937" (cfr. all. 9-2) e successivi, e dovranno continuare con la
ricostruzione storica dell'evoluzione delle particelle catastali interessate;
poi, con una ricerca catastale "a tappeto" su tutto il territorio comunale, dovranno ricercarsi tutte le
intestazioni del tipo "Comune Concedente", "livellario" , "enfiteuta" per le casistiche di tipo "2" , nonché
tutte le intestazioni in cui il Comune di Castello Matese risulta , a vario titolo, proprietario e/o concedente
per le per le casistiche di tipo "3".
Le casistiche del caso "4", infine, potrebbero appalesarsi nel caso in cui si ritrovassero intestazioni con
proprietà comunali o demaniali , con contemporanei conduttori senza alcun riferimento al titolo
abilitativo, ovvero in casi di successivi riscontri mediante sopralluoghi fisici.
3. Questione Q1
Sulla questione di imprescrittibilità del canone e della non usucapibilità del bene condotto .
Il diritto del concedente a riscuotere il canone non si estingue per usucapione per il preciso disposto
dell’art. 1164 del Codice Civile (interversione del possesso): si può usucapire solo il diritto dell'enfiteuta,
mentre il dominio diretto è imprescrittibile; ai sensi dell'art. 1164 del Codice Civile (e prima ancora l'art.
2116 del vecchio Codice Civile abrogato), l'enfiteuta non può usucapire il diritto del concedente;
come già detto, secondo svariate pronunce della Cassazione (4231/76 - 323/73 - 2904/62 - 2100/60 177/46) , tutte concordi, "l’omesso pagamento del canone, per qualsiasi tempo protratto, non giova a
mutarne il titolo del possesso, neppure nel singolare caso sia stata attribuita dalle parti efficacia
ricognitiva".
Di ciò si ritrovano numerose conferme giurisprudenziali, ad esempio una recente T.A.R. Sicilia Catania
Sez. II, Sent. 03.08.2012, n. 1988 (cfr. all. 08) , con in questa anche citate Cass. 4231/76 - 323/73 2904/62 - 2100/60 - 177/46).
Della imprescrittibilità ed inusucapibilità del canone ne è costante giurisprudenza, tra cui le già citate:
- parere n.18 del 20.07.2006 della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Campania (cfr.
all. 03) ;
- sentenza n. 1645 del 17.08.2010 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio (cfr.
all. 04) .
L’esercizio del potere di ricognizione di cui all'art. 969 del C.C. si applica solo per le enfiteusi a tempo
(casi singolari), e non riguarda quindi le enfiteusi perpetue: ai sensi dell’art. 958 del Codice Civile le
enfiteusi sono perpetue quando non viene stabilita la durata.
Le enfiteusi in cui non viene fissato un termine sono a tutti gli effetti perpetue e come tali, non va
esercitato nessun potere di ricognizione in quanto, ai sensi dell’art. 1164 del Codice Civile, se non muta il
titolo del possesso dell’enfiteuta, tale enfiteuta non può usucapire la proprietà e quindi il canone non è
prescritto; la ricognizione è un diritto riconosciuto al concedente (e non un dovere) per impedire all'ex
enfiteuta (ma solo per le enfiteusi a tempo, dopo la loro scadenza) di usucapire il terreno. "Trattasi,
quindi, di una mera facoltà e non di un obbligo, nel senso che il concedente, se non vuole esercitarla, non
perde, per ciò solo, il suo diritto sulla cosa" [Cassazione n. 2904 del 10/10/1962 , già citata e riportata
infra T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, Sent. 03.08.2012, n. 1988 (cfr. all. 08) ] .
Peraltro, la giurisprudenza conferma che ai fini dell’usucapione del domino diretto (rectius, piena
proprietà) da parte dell’enfiteuta non sono sufficienti a determinare l’interversione del possesso di un
fondo il mancato pagamento del canone né il comportamento dell’enfiteuta che, alla scadenza del
rapporto, sia rimasto nel godimento dell’immobile [Cass. 2861/2008 (cfr. all. 10) e Cass. 5466/1986
(cfr. all. 11) ].
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4. Questione Q2
Sulla questione della
alienabilità di terre civiche
La alienazione è un procedimento attraverso il quale il Comune vende un terreno o un bene di uso civico,
previo ottenimento da parte dell’autorità superiore (Regione) dell’autorizzazione alla sdemanializzazione
ed all’alienazione stessa (ai sensi dell’art. 12 della Legge 1766/1927).
Tale procedimento cancella la caratteristica dell’inalienabilità e dell’imprescrittibilità del diritto di uso
civico in quanto lo sottrae dal patrimonio collettivo indisponibile del Comune. Il terreno alienato è privo di
canone.
Le terre demaniali di uso civico sono inalienabili, imprescrittibili, indisponibili . Solo in via del tutto
eccezionale ed in casi tassativamente indicati dalla legge, e sempre che le terre non servano per gli usi
della popolazione è consentito la loro alienazione previa autorizzazione da parte della Regione; in tal
caso, però, può essere autorizzata solo la vendita a condizione della immediata realizzazione del
corrispettivo, il cui vantaggio sostituisce quello che perde la popolazione con la mancata utilizzazione
diretta del bene alienato e deve essere immediatamente disponibile ed impiegato nell’acquisto di titoli del
debito pubblico.
L'atto previsto all'art. 12, secondo comma, della legge 16 giugno 1927 n. 1766, sul riordinamento degli
usi civici, non ha natura di autorizzazione - nel senso di controllo preventivo volto a consentire all'ente
interessato di compiere un atto che rientri nei suoi poteri - in quanto è diretto ad attribuire, all'ente che
ne ha la gestione, il potere di disporre dei beni di uso civico, a seguito di un processo di
sdemanializzazione che fa perdere loro l'originario carattere, rendendoli alienabili. All'autorità che procede
alla sdemanializzazione va, perciò, riconosciuto il potere di provvedere in via di autotutela nei confronti
del relativo atto, ove accerti la sussistenza di vizi che lo inficiano [Consiglio di Stato, Sez.. IV,
17.10.1985, n. 444 (cfr. all. 12) ] .
5. Questione Q3
Sulla questione di legittimità dell'aggiornamento dei canoni .
Per le prime tre casistiche "1", "2" e "3" di cui sopra occorre, quindi, individuare un criterio di calcolo per
l'aggiornamento dei canoni che tenga conto degli ineludibili diritti del Comune, alla luce dei principi edotti
dalle sentenze della Corte Costituzionale nn. 406/1988 (cfr. all. 13) , 143/1997 (cfr. all. 14) , 318/2002 (cfr.
all. 15) e 160/2008 (cfr. all. 16) in materia di aggiornamento del canone enfiteutico, tenuto conto che il
rapporto di livello è stato equiparato costantemente dalla giurisprudenza a quello dell'enfiteusi
[Cass.
Civ. sez. III n. 64/1997 (cfr. all. 06) , con in questa anche citate Cass. 12.06.1961 n.1366 e Cass.
22.06.1963 n.1682) e Consiglio di Stato 10.09.2011 n.5233 (cfr. all. 07) , con in questa anche citate
Cass. Civ. 22.12.1939 n.3429, Cass. Civ. 08.01.1997 n.64, Cass. Sez. Un. 22.05.1995 n.5600) ] , per cui
sono da richiamarsi le norme dettate in tal materia dal codice civile.
Va rilevato che a conferma della correttezza circa la dovuta rivalutazione dei canoni (indifferentemente
"demaniali di natura enfiteutica" ovvero solo "enfiteutici") si sono succedute varie sentenze della Corte
Costituzionale con le quali è stata dichiarata la illegittimità costituzionale di alcuni articoli della normativa
in materia di enfiteusi nella parte in cui non si prevede l'aggiornamento periodico dei canoni al fine di
garantire una maggiore corrispondenza dei capitali di affranco alla realtà economica , e precisamente:
con la n. 406/1988 ,
è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 giugno 1974, n. 270 ("Norme in
materia di enfiteusi") nella parte in cui non prevede che il valore di riferimento da esso prescelto per la
determinazione del canone enfiteutico sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di
maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la
effettiva realtà economica ;
con la n. 143/1997 ,
è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607, primo e
quarto comma ("Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue"), nella parte in cui, per le
enfiteusi fondiarie costituite anteriormente al 28 ottobre 1941, non prevede che il valore di riferimento per la
determinazione del capitale per l'affrancazione delle stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione
di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne adeguata, con una ragionevole approssimazione, la
corrispondenza con la effettiva realtà economica ;
con la n. 160/2008 ,
è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 della legge 18 dicembre 1970, n. 1138
("Nuove norme in materia di enfiteusi"), nella parte in cui, per le enfiteusi urbane costituite anteriormente al 28
ottobre 1941, non prevedono che il valore di riferimento per la determinazione del capitale per l'affrancazione delle
stesse sia periodicamente aggiornato mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenerne
adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con la effettiva realtà economica ;
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e va rilevato altresì che la stessa Corte Costituzionale , chiarendo che nei contratti agrari il meccanismo di
determinazione del canone di equo affitto di cui agli artt. 9 e 62 della legge n. 203 del 1982, basato sul reddito
dominicale risultante dal catasto terreni del 1939, rivalutato in base a meri coefficienti di moltiplicazione, risulta privo,
ormai, di qualsiasi razionale giustificazione, sia perché esistono dati catastali più recenti ed attendibili ai quali fare
eventualmente riferimento sia perché in ogni caso, a distanza di oltre un settantennio dal suo impianto, quel catasto
ha perso qualsiasi idoneità a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli , ragion per cui tale
meccanismo di determinazione del canone violerebbe poi la garanzia costituzionale del diritto di proprietà, in quanto
condurrebbero alla determinazione di canoni di affitto irrisori ed addirittura simbolici, impedendo altresì, in tal modo,
l'instaurazione di equi rapporti sociali , con sentenza n. 318/2002 ,ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
degli articoli 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 ("Norme sui contratti agrari") ;
Inoltre, con la legge n.724 del 23.12.1994 (finanziaria1995) all'art.8, punto 32, è testualmente sancito :
"A decorrere dal 1° gennaio 1995 i canoni annui per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dei
comuni sono, in deroga alle disposizioni di legge in vigore, determinati dai Comuni in rapporto alle
caratteristiche dei beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato, fatti salvi gli scopi
sociali" ;
e, si badi bene, i canoni (come diritto di riscossione) sono riferibili sia a quelli "demaniali di natura
enfiteutica" (riferiti a terreni di proprietà privata e non comunale, e cioè casistiche "1" e "2") e sia a
quelli "enfiteutici" (riferiti a terreni di proprietà comunale e non privata, e cioè casistiche "3") , in quanto
indipendenti dalla proprietà.
Infine, sulla questione circa l'aggiornamento dei canoni si è espresso anche il competente Settore della
Regione Campania , con nota prot. 2012 del 17/10/2012 (cfr. all. 17) asserendo che " .... omissis ...... dalle
considerazioni di diritto di cui alla suddetta decisione del Consiglio di Stato (Sez. quinta, n. 8940/09 reg. dec. del
20/10/2009, depositata il 29/12/2009) e della natura stessa dell'istituto della "legittimazione" non appare illogico
desumere una sfera di attribuzioni in capo all'Ente locale (Comune) nell'applicazione del principio di adeguamento del
canone nei limiti della ragionevolezza sancito dalla Corte Costituzionale con le richiamate pronunce (n. 406/1988 e
143/1997) " .
6. Questione Q4
Sulla metodologia di calcolo dei canoni enfiteutici (Reddito Dominicale rivalutato oppure Valori
Agricoli Medi) e del corrispondente capitale di affranco (equivalente alla indennità di esproprio)
In merito al calcolo dei canoni enfiteutici [il terreno è di proprietà del concedente, nella nostra fattispecie
del Comune] , con norme che fanno espresso riferimento ai redditi dominicali [Legge 607/1966 (Norme
in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue) , Legge 1138/1970 (Nuove norme in materia di
enfiteusi) , e altre norme] , alla luce di quanto detto e della giurisprudenza in merito [Cassazione Civ.
13595/2000 (cfr. all. 18) ; Corte Costituzionale sentenze 145/1973 (cfr. all. 19), 406/1988 (cfr. all. 13),
74/1996 (cfr. all. 20), 143/1997 (cfr. all. 14), 318/2002 (cfr. all. 15), 160/2008 (cfr. all. 16) e ordinanza
600/1988 (cfr. all. 21)], appare evidente come non sia possibile utilizzare il reddito dominicale non
rivalutato (cioè non si può utilizzare quello presente sulle attuali visure catastali e riferito al lontano
1979) , perché appare oggi del tutto consolidato il concetto che ci debba essere corrispondenza tra "il
canone" e la "effettiva realtà economica";
in pratica, l'utilizzazione - sic et simpliciter - del reddito dominicale esporrebbe a concreti rischi di danni
erariali per gli Enti che dovessero adottarlo senza una giusta rivalutazione.
In questo senso, peraltro, va inteso quanto affermato dalla Cassazione : "il capitale di affrancazione,
qualora rimanesse ancorato ai dati catastali del 1939, considerati inadeguati anche ai fini fiscali, verrebbe
determinato in un ammontare talmente esiguo da trasformare l'affrancazione in una sostanziale ablazione
della proprietà senza un serio ristoro per il concedente" [cfr. infra Cassazione Civ. 13595/2000 (cfr. all.
18) ].
In ogni caso, affinché ci sia corrispondenza tra "il canone" e la "effettiva realtà economica", il reddito
dominicale rivalutato non deve essere minore dell'indennità di esproprio, come dettato dalla Agenzia del
Territorio (Direzione Centrale Osservatorio Mercato Immobiliare e Servizi Estimativi) con la propria
Circolare prot. 29104 dell'11/05/2011 (cfr. all. 22) , per i canoni enfiteutici, censi e livelli gravanti sui
terreni soggetti ad enfiteusi di cui al Codice Civile;
secondo l'autorevole direttiva dell'Agenzia del Territorio, per la determinazione della indennità di
esproprio vanno utilizzati i Valori Agricoli Medi (cosiddetti VAM) che le Regioni aggiornano annualmente
per il calcolo delle indennità di esproprio;
posto che ai sensi delle leggi n.607/1966 e n.1138/1970 il capitale di affranco dei fondi enfiteutici è pari a
15 volte il canone periodico annuo, tale Circolare testualmente recita :
" ... omissis ..... Da quanto enunciato consegue, in linea di principio, che ogniqualvolta il reddito dominicale rivalutato
risulti inferiore a tale soglia, il canone andrà di fatto rapportato a tale diversa misura pari alla quindicesima parte
dell'indennità di esproprio; con conseguente aggiornamento anche del capitale di affranco che, in tal caso, sarà pari
per l'appunto all'indennità di esproprio" , ed ancora :
Pagina 12
"... omissis ... Per quanto detto può quindi concludersi che, anche con riferimento alle enfiteusi rurali antecedenti al
1941 [nota (1)] , il capitale di affranco ed i canoni enfiteutici andranno determinati facendo ricorso al criterio
dell'indennità di esproprio [e cioè al VAM , n.d.r. ] e non , piuttosto , a quello del reddito dominicale rivalutato [nota (2])] non
più rispondente all'effettiva realtà economica" .
Resterebbe, evidentemente, da precisare quanto può valere la "giusta indennità di esproprio" .
Allo scopo possono usarsi i valori agricoli medi (VAM) dei terreni, che sono stime di riferimento, espressi
in Euro per ettaro, utilizzati per la determinazione delle indennità di espropriazione delle aree agricole
non edificabili. Le Regioni, per le finalità derivanti dall'applicazione della normativa in materia di
espropriazione per pubblica utilità, pubblicano annualmente il valore agricolo medio dei terreni liberi da
vincoli di contratti agrari, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati.
I VAM introdotti con la Legge 865/1971 hanno costituito per lungo tempo il punto di riferimento
normativo attraverso cui determinare l’indennità di esproprio per le aree non edificabili assimilando a
queste ultime anche le aree a destinazione agricola. I VAM avevano ed hanno il difetto di non tenere
conto delle caratteristiche peculiari (intrinseche ed estrinseche) di uno specifico bene accomunando tutti
nell'ambito di una regione agraria che comprende diversi Comuni che presentano il più delle volte
condizioni assai diverse tra Comuni e nell'ambito dello stesso Comune. In numerosi casi è intervenuta la
Suprema Corte di Cassazione e/o la Corte Costituzionale per dettare norme di indirizzo giurisprudenziali e
di legittimità costituzionale
La Sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 10.06.2011 (cfr. all. 23) ha abrogato i comma n. 2 e 3
dell’art. 40 del DPR 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di espropriazione per pubblica utilità) relativamente all'applicazione dei VAM, ma i VAM non sono
“andati in disuso” e continuano ad avere una loro applicazione.
La detta sentenza C.C. n.181/2011 ha, di fatto, introdotto il principio secondo cui l’indennizzo va valutato
non solamente secondo parametri astratti e applicati “sic et simpliciter” , bensì caso per caso tenendo
conto delle caratteristiche peculiari del bene e della sua potenziale utilizzazione economica.
La sentenza afferma che «ancorché non possa escludersi che valore di mercato e valore agricolo medio
(VAM) di tali categorie di immobili siano talvolta, in concreto, coincidenti, non v’è dubbio che assai spesso
il primo valore risulti (anche notevolmente) superiore al secondo, in quanto l’appetibilità di un terreno sul
mercato non dipende solo dalla sua edificabilità, ma da molteplici altri fattori, primi fra tutti la sua
posizione e le concrete possibilità di suo sfruttamento per fini diversi dalla coltivazione» .
In definitiva al fine di determinare l’indennità di esproprio i relativi parametri non possono essere
dipendenti esclusivamente dalla natura edificatoria del bene. Con questo, tuttavia, non si vuole negare
che le aree edificabili e quelle agricole o non edificabili abbiano carattere disomogeneo ma si intende
semplicemente affermare che, anche per le aree agricole e per quelle non edificabili è sempre necessario
che l’indennità espropriativa sia in rapporto ragionevole con il loro valore intrinseco.
Pertanto, tanto per fare ad esempio, potrà assumere addirittura una rilevanza specifica, nella
determinazione del calcolo indennitario, anche la “amenità” di un’area nel caso in cui oggetto di esproprio
sia un sito panoramico, seppur urbanisticamente tipizzato come agricolo ed inedificabile.
Riepilogando, il canone enfiteutico annuo potrebbe essere utilmente assunto pari a 1/15 del VAM ,
salvo eventuali maggiori approfondimenti circa la valutazione del valore dell'immobile in particolari casi
specifici .
Nota (1) : ed ovviamente anche per quelle successive, per quanto esposto precedentemente nella stessa Circolare, ai sensi della sentenza della
Corte Costituzionale n.145/1973 ;
Nota (2) : la Circolare si riferisce alla rivalutazione di cui all'art. 3, comma 50, della Legge 23/12/1996, n. 662 che prevede una rivalutazione del
reddito dominicale dei terreni pari all'80% (che rappresenta l'ultimo coefficiente di rivalutazione dei redditi dominicali, questi ultimi non soggetti a
revisione da molti anni) e che è ritenuto inadeguato dalla Agenzia del Territorio in quanto si è rivelato che operando in tal senso si perviene
comunque alla determinazione di somme non adeguatamente corrispondenti alla realtà economica.
7. Questione Q5
Sulla metodologia di calcolo dei canoni demaniali di natura enfiteutica (autonomia di scelta
impositiva) e del corrispondente capitale di affranco (equivalente al valore del terreno)
In merito al calcolo dei canoni demaniali di natura enfiteutica [la proprietà del bene si è già trasferita al
cittadino (livellario) e la eventuale "affrancazione" farebbe venir meno il solo dovere di corrispondere il
canone al concedente, cioè al Comune] valgono le stesse considerazioni sopra esposte ai sensi delle
varie sentenze della Corte Costituzionale con le quali è stata dichiarata la illegittimità costituzionale di
alcuni articoli della normativa in materia di enfiteusi nella parte in cui non si prevede l'aggiornamento
periodico dei canoni al fine di garantire una maggiore corrispondenza dei capitali di affranco alla realtà
economica ;
in tal caso, però, non si rientra nelle fattispecie trattate della interpretazione della Agenzia del Territorio
(in quanto la Circolare citata prot. 29104 dell'11/05/2011 si riferisce a casi di canoni enfiteutici, e non di
canoni demaniali di natura enfiteutica) , e diventa quindi necessario il ricorso alla discrezionalità ed
Pagina 13
autonomia di scelte di posizioni amministrative dell'Ente locale riconosciuta "non illogica" (e dunque
possibile) dalla succitata autorevole nota del Settore della Regione Campania , prot. 2012 del
17/10/2012 (risposta a richiesta di parere) , e ciò in considerazione, da una parte, dei vari vuoti
normativi in materia e, dall'altra parte, degli indirizzi di incostituzionalità in caso di assenza di
aggiornamenti periodici dei canoni.
Tale discrezionalità ed autonomia di scelte è, peraltro, avvalorata anche dall'attuale sistema impositivo
degli Enti locali che è stato ricondotto ad organicità dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (cosiddetto TUEL) ,
e più precisamente dagli art.. 3 e 149 che disciplinano l'autonomia dei Comuni e delle Province ed i
principi generali in materia di finanza propria e derivata, nonché dalla L. Cost. 18 ottobre 2001 n. 3 , art.
5 , che ha costituzionalizzato tali principi del TUEL.
La "logicità" di aggiornamento dei canoni demaniali di natura enfiteutica appare molto ben suffragata
anche da quanto dettato con l'art.8, punto 32, della legge n.724 del 23.12.1994 (finanziaria1995) : "A
decorrere dal 1° gennaio 1995 i canoni annui per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dei
comuni sono, in deroga alle disposizioni di legge in vigore, determinati dai Comuni in rapporto alle
caratteristiche dei beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato, fatti salvi gli scopi
sociali" , dove, si badi bene, i canoni (come diritto di riscossione) sono riferibili sia a quelli "demaniali di
natura enfiteutica" (riferiti a terreni di proprietà privata e non comunale, e cioè casistiche "1" e "2") e sia
a quelli "enfiteutici" (riferiti a terreni di proprietà comunale e non privata, e cioè casistiche "3") , in
quanto indipendenti dalla proprietà.
Nella fattispecie di cui trattasi, allora, un ragionevole criterio di valutazione dei canoni demaniali [che, di
fatto, equivale ad un aggiornamento di quelli irrisori, oggi, rinvenibili dagli atti (regi decreti e/o similari)
di legittimazioni e/o quotizzazioni] , potrebbe essere quello di capitalizzare la rendita generabile da un
bene immobile con un tasso di capitalizzazione di mercato (ad esempio, oggi, il 5%) , in modo che tale
capitalizzazione corrisponda al valore del terreno;
valore che, per analogia e congruenza con una valutazione di pubblica valenza e interesse , può utilmente
essere rappresentato dal VAM , per il quale valgono, evidentemente, tutte le sopraesposte considerazioni
(per cui devono essere sempre fatti salvi eventuali maggiori approfondimenti circa la valutazione del
valore dell'immobile in particolari casi specifici) .
Pertanto, considerando congruo un tasso di capitalizzazione del 5% (corrispondente ad un divisore 20,
risultando il 5% pari allo 0,05 che deriva da 1/20) , ne consegue che il canone annuo è assumibile come
la ventesima parte del valore dell'immobile assimilando quest'ultimo pari al VAM ;
in altre parole, ed in buona sostanza, il canone equivarrebbe alla rendita del 5% annua di un bene
immobile avente valore pari al VAM .
Riepilogando, il canone demaniale (di natura enfiteutica) annuo potrebbe utilmente essere assunto pari
al 5% (e cioè 1/20) del VAM , salvo eventuali maggiori approfondimenti circa la valutazione del valore
dell'immobile in particolari casi specifici .
8. Criteri per il recupero e aggiornamento/determinazione dei canoni , e di eventuali
affrancazioni.
Tanto sin qui esposto, si propone al Consiglio Comunale di prendere atto, ovvero di adeguare e/o
modificare, i seguenti criteri :
A. Recupero canoni pregressi ;
B. Determinazione del giusto canone demaniale di natura enfiteutica ;
C. Determinazione del giusto canone enfiteutico ;
D. Determinazione della giusta affrancazione del canone demaniale di natura enfiteutica ;
E. Determinazione della giusta affrancazione del canone enfiteutico ;
che di seguito si espongono uno per volta.
8. A. Recupero canoni pregressi .
I canoni di cui trattasi possono essere indifferentemente sia "canoni demaniali di natura enfiteutica" , di
cui alle casistiche "1" e "2" di cui sopra , e sia "canoni enfiteutici" di cui alle casistiche "3" di cui sopra.
Intendendosi qui richiamate le considerazioni sulla "questione Q1" di imprescrittibilità del canone e della
non usucapibilità del bene condotto , deve tenersi presente che, in generale, valgono le disposizioni sulla
prescrizione (del libro Sesto, della Tutela dei diritti, del Codice Civile) che stabiliscono, sia per l'art. 2947
che per l'art. 2948 entrambi riconducibili al caso de quo, in cinque anni il termine della prescrizione
(salvo diversi maggiori approfondimenti circa l'applicabilità del termine ordinario di dieci anni, da valutarsi
mediante un parere legale Pro Veritate).
Pagina 14
Pertanto, nel caso in cui non risulterebbe possibile reperire informazioni sulla data e sulla entità della
corresponsione dell'ultimo canone da parte del conduttore, sarà possibile richiedere il pagamento del
canone di anno corrente e procedere al recupero dei canoni pregressi per gli ultimi cinque anni, e quindi
per complessivi n° 6 (sei) canoni.
---------------------------------------------------------Estratto dal Codice Civile
Libro Sesto della Tutela dei diritti - Titolo V della prescrizione e della decadenza (Artt. 2934÷2669)
Capo I Della prescrizione - Sezione IV Del termine della prescrizione.
Art. 2946 - Prescrizione ordinaria.
Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.
Art. 2947 - Prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato (1).
Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni.
In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all'azione
civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al
risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato [c.p.c. 150 ss.] o
dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile [c.p. 648, 650].
Nota (1): Nella nozione di illecito civile si comprende ogni comportamento doloso e colposo che cagioni un danno ingiusto ad una
persona e, secondo l'orientamento prevalente, anche ogni comportamento che leda la cd. libertà negoziale, ossia l'interesse di
ciascun individuo a non essere coinvolto in trattative inutili, nella stipulazione di un contratto invalido o inefficace, o a condizioni
diverse da quelle altrimenti volute (cd. interesse negativo): la violazione di tale interesse determina la cd. responsabilità
precontrattuale [v. 1337-1338]
Art. 2948 - Prescrizione di cinque anni.
Si prescrivono in cinque anni :
1) le annualità delle rendite perpetue [1861] o vitalizie [1872] ;
1bis) il capitale nominale dei titoli del debito pubblico emessi al portatore ;
2) le annualità delle pensioni alimentari ;
3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni [1639] ;
4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi ;
5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.
Libro Quarto delle Obbligazioni - Titolo III dei singoli contratti (Artt. 1470÷1986)
Capo XVIII Della rendita perpetua
Art. 1861 - Nozione.
Col contratto di rendita perpetua una parte conferisce all'altra il diritto di esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di
una certa quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della cessione di un capitale.
La rendita perpetua può essere costituita anche quale onere dell'alienazione gratuita di un immobile o della cessione gratuita di un capitale
Art. 1871 - Rendite dello Stato.
Le disposizioni di questo capo [Capo XVIII] non si applicano alle rendite emesse dallo Stato.
Capo XIX Della rendita vitalizia.
Art. 1872 - Nozione.
La rendita vitalizia può essere costituita a titolo oneroso, mediante alienazione di un bene mobile o immobile o mediante cessione di capitale. La
rendita vitalizia può essere costituita anche per donazione o per testamento, e in questo caso si osservano le norme stabilite dalla legge per tali
atti.
Capo VI Della locazione - Sezione III Dell'affitto
Art. 1639
Il fitto può consistere anche in una quota ovvero in una quantità fissa o variabile dei frutti del fondo locato.
Pagina 15
8. B. Determinazione del giusto canone demaniale di natura enfiteutica
Ci si riferisce alla casistiche "1" e "2" di cui sopra.
Intendendosi qui richiamate le considerazioni sulla "questione Q3" di legittimità dell'aggiornamento dei
canoni, nonché quelle sulla "questione Q5" circa la metodologia di calcolo dei canoni demaniali di natura
enfiteutica (autonomia di scelta impositiva) , si ritiene di poter proporre la determinazione del giusto
canone demaniale secondo i passaggi che seguono :
b1. per garantire la più ragionevole equità di trattamento tra i cittadini interessati, possono differenziarsi
i canoni in base alle 17 (diciassette) "qualità catastali" dei terreni per le quali viene individuato il
corrispondente valore agricolo medio (VAM) espresso in euro/ettaro , facendo riferimento alle più
recenti tabelle pubblicate sul BURC n°18 del 02.04.2013 della Regione Campania per l'anno 2013 ,
riferite alla regione agraria n° 1 della provincia di Caserta , in cui ricade l Comune di Castello
Matese;
b2. si determina il canone base considerando congruo un tasso di capitalizzazione del 5%
(corrispondente ad un divisore 20, risultando il 5% pari allo 0,05 che deriva da 1/20) , ne consegue
che il canone annuo è assumibile come la ventesima parte del VAM (assumendo quest'ultimo come
valore del terreno, salvo eventuali maggiori approfondimenti circa la valutazione del valore
dell'immobile in particolari casi specifici);
b3. al canone effettivo, ivi compresi i canoni pregressi non pagati, potrebbero essere applicate ove
possibile le seguenti riduzioni e/o agevolazioni (cumulabili tra loro) :
b3.1 riduzione del 20% se i cittadini interessati si dedicano alla coltivazione del fondo e/o ad attività
di allevamento, del tipo coltivatori diretti (CD) , imprenditori agricoli (IA) , imprenditori agricoli
a titolo professionale (IAP) , ed iscritti come tali alla previdenza agricola ;
b3.2 nessun interesse e/o spese, e riduzione del 15% se pagamento in 30 gg oppure del 10% se
entro 90 gg;
b3.3 nessun interesse e/o spese se pagamento entro 6 mesi.
Il quadro sotto riportato esplicita il criterio suddetto, in cui sono desumibili i canoni annui per ettaro [la
cui media sulle 17 colture varrebbe 946,29 euro/(anno x ettaro) ] ;
nello stesso quadro si riporta anche il valore dei n° 6 anni da recuperare (1 in corso + 5 arretrati) e delle
eventuali riduzioni cumulabili [la A+B oppure la A+C] :
COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE
proposta di determinazione dei CANONI DEMANIALI di natura enfiteutica
divisore
tipologie di colture
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Seminativo
Seminativo irriguo
Seminativo arborato
Seminativo arborato irriguo
Prato
Pascolo
Pascolo arborato
Pascolo cespugliato
Orto irriguo
Vigneto
Frutteto
Frutteto irriguo
Oliveto
Bosco alto fusto
Bosco alto ceduo
Incolto produttivo
Incolto sterile
medie
eventuali riduzioni cumulabili
VAM - 2013 (*)
20
valori fondiari medi
unitari riferiti ad
unità di superficie
ed a tipi di coltura
canone base,
pari al 5%
( 1 / 20 )
del VAM
n° 6 anni di
canoni
( 1 in corso +
5 arretrati )
se cittadini
dedicati alla
agricoltura
euro / ettaro
per 1 ettaro
per 1 ettaro
20%
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
1.000,10
1.371,35
1.200,05
1.520,20
657,40
343,25
371,80
252,10
1.915,05
1.773,20
1.773,20
1.914,55
850,75
457,45
263,10
229,05
194,40
18.925,88
946,29
file: DETCAN-CAST
tipo A
6.000,60
8.228,10
7.200,30
9.121,20
3.944,40
2.059,50
2.230,80
1.512,60
11.490,30
10.639,20
10.639,20
11.487,30
5.104,50
2.744,70
1.578,60
1.374,30
1.166,40
1.200,12
1.645,62
1.440,06
1.824,24
788,88
411,90
446,16
302,52
2.298,06
2.127,84
2.127,84
2.297,46
1.020,90
548,94
315,72
274,86
233,28
tipo B
liquidazione
dei canoni
arretrati e del
canone in
corso ,
entro 30 gg
tipo C
liquidazione
dei canoni
arretrati e del
canone in
corso ,
entro 90 gg
15%
10%
900,09
1.234,22
1.080,05
1.368,18
591,66
308,93
334,62
226,89
1.723,55
1.595,88
1.595,88
1.723,10
765,68
411,71
236,79
206,15
174,96
n° 6 anni di canoni
in caso di
nessuna
riduzione
con riduzioni
A+B cumulabili
per 1 ettaro
600,06
822,81
720,03
912,12
394,44
205,95
223,08
151,26
1.149,03
1.063,92
1.063,92
1.148,73
510,45
274,47
157,86
137,43
116,64
6.000,60
8.228,10
7.200,30
9.121,20
3.944,40
2.059,50
2.230,80
1.512,60
11.490,30
10.639,20
10.639,20
11.487,30
5.104,50
2.744,70
1.578,60
1.374,30
1.166,40
3.900,39
5.348,27
4.680,20
5.928,78
2.563,86
1.338,68
1.450,02
983,19
7.468,70
6.915,48
6.915,48
7.466,75
3.317,93
1.784,06
1.026,09
893,30
758,16
medie su tutte le colture
medie su solamente "pascolo" e "bosco"
5.677,76
2.025,24
3.690,55
1.316,41
Nota (*) : valori pubblicati sul BURC n°18 del 02.04.2013 e relativi all'anno 2013
Con un tal tipo di criteri se si considera l'estensione di 161,9613 ettari (desunti dai prospetti in calce
all'allegato 09-2) dei terreni interessati da "legittimazioni" ai sensi degli art. 9 e 10 della L.
1766/1927 (casistiche di tipo "1") con il decreto di legittimazione del 1937, considerando la media dei
valori di "pascolo" e "bosco" (che dovrebbero essere le colture prevalenti nei decreti di legittimazione
predetti) , si potrebbe prevedere in linea di larga massima un intervallo di introiti tra :
- un minimo di circa 213.000,00 euro (161,9613 Ha x 1.316,41 €/Ha = € 213.206,83 ) , nel caso in
cui tutti gli interessati potessero/volessero avvalersi delle due maggiori riduzioni cumulabili;
- un massimo di circa 328.000,00 euro (161,9613 Ha x 2.052,24 €/Ha = € 328.010,50 ) , nel caso
in cui tutti gli interessati non potessero/volessero avvalersi di alcuna riduzione.
Pagina 16
Evidentemente, poi, pur fissando i valori dei canoni demaniali, stante la attuale indeterminatezza della
estensione complessiva dei terreni interessati da "quotizzazioni" precedenti alla L. 1766/1927
(casistiche di tipo "2") non è possibile avanzare alcuna previsione, neppure di larga massima, degli
introiti derivanti in tali casi.
8. C. Determinazione del giusto canone enfiteutico
Ci si riferisce alla casistica "3" di cui sopra.
Intendendosi anche qui richiamate le considerazioni sulla "questione Q3" di legittimità
dell'aggiornamento dei canoni, nonché quelle sulla "questione Q4" circa la metodologia di calcolo dei
canoni enfiteutici
(Reddito Dominicale rivalutato oppure Valori Agricoli Medi) , si ritiene di poter
proporre la determinazione del giusto canone enfiteutico secondo i passaggi che seguono :
c1. per garantire la più ragionevole equità di trattamento tra i cittadini interessati, possono differenziarsi
i canoni in base alle 17 (diciassette) "qualità catastali" dei terreni per le quali viene individuato il
corrispondente valore agricolo medio (VAM) espresso in euro/ettaro , facendo riferimento alle più
recenti tabelle pubblicate sul BURC n°18 del 02.04.2013 della Regione Campania per l'anno 2013 ,
riferite alla regione agraria n° 1 della provincia di Caserta , in cui ricade l Comune di Castello
Matese;
c2. si determina il canone base come la quindicesima parte del VAM (assumendo quest'ultimo come
valore del terreno, salvo eventuali maggiori approfondimenti circa la valutazione del valore
dell'immobile in particolari casi specifici) ;
c3. al canone effettivo, ivi compresi i canoni pregressi non pagati, potrebbero essere applicate ove
possibile le seguenti riduzioni e/o agevolazioni (cumulabili tra loro) :
c3.1 riduzione del 20% se i cittadini interessati si dedicano alla coltivazione del fondo e/o ad attività
di allevamento, del tipo coltivatori diretti (CD) , imprenditori agricoli (IA) , imprenditori agricoli
a titolo professionale (IAP) , ed iscritti come tali alla previdenza agricola ;
c3.2 nessun interesse e/o spese, e riduzione del 15% se pagamento in 30 gg oppure del 10% se
entro 90 gg;
c3.3 nessun interesse e/o spese se pagamento entro 6 mesi.
Il quadro sotto riportato esplicita il criterio suddetto, in cui sono desumibili i canoni annui per ettaro [la
cui media sulle 17 colture varrebbe 1.261,73 euro/(anno x ettaro) ] ;
nello stesso quadro si riporta anche il valore dei n° 6 anni da recuperare (1 in corso + 5 arretrati) e delle
eventuali riduzioni cumulabili [la A+B oppure la A+C] .
COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE
proposta di determinazione dei CANONI ENFITEUTICI
divisore
tipologie di colture
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Seminativo
Seminativo irriguo
Seminativo arborato
Seminativo arborato irriguo
Prato
Pascolo
Pascolo arborato
Pascolo cespugliato
Orto irriguo
Vigneto
Frutteto
Frutteto irriguo
Oliveto
Bosco alto fusto
Bosco alto ceduo
Incolto produttivo
Incolto sterile
medie
VAM - 2013 (*)
15
valori fondiari medi
unitari riferiti ad
unità di superficie
ed a tipi di coltura
canone base,
pari a
euro / ettaro
tipo A
( 1 / 15 )
del VAM
n° 6 anni di
canoni
( 1 in corso +
5 arretrati )
se cittadini
dedicati alla
agricoltura
per 1 ettaro
per 1 ettaro
20%
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
1.333,47
1.828,47
1.600,07
2.026,93
876,53
457,67
495,73
336,13
2.553,40
2.364,27
2.364,27
2.552,73
1.134,33
609,93
350,80
305,40
259,20
18.925,88
1.261,73
file: DETCAN-CAST
eventuali riduzioni cumulabili
8.000,80
10.970,80
9.600,40
12.161,60
5.259,20
2.746,00
2.974,40
2.016,80
15.320,40
14.185,60
14.185,60
15.316,40
6.806,00
3.659,60
2.104,80
1.832,40
1.555,20
1.600,16
2.194,16
1.920,08
2.432,32
1.051,84
549,20
594,88
403,36
3.064,08
2.837,12
2.837,12
3.063,28
1.361,20
731,92
420,96
366,48
311,04
tipo B
liquidazione
dei canoni
arretrati e del
canone in
corso ,
entro 30 gg
tipo C
liquidazione
dei canoni
arretrati e del
canone in
corso ,
entro 90 gg
15%
10%
1.200,12
1.645,62
1.440,06
1.824,24
788,88
411,90
446,16
302,52
2.298,06
2.127,84
2.127,84
2.297,46
1.020,90
548,94
315,72
274,86
233,28
n° 6 anni di canoni
in caso di
nessuna
riduzione
con riduzioni
A+B cumulabili
per 1 ettaro
800,08
1.097,08
960,04
1.216,16
525,92
274,60
297,44
201,68
1.532,04
1.418,56
1.418,56
1.531,64
680,60
365,96
210,48
183,24
155,52
8.000,80
10.970,80
9.600,40
12.161,60
5.259,20
2.746,00
2.974,40
2.016,80
15.320,40
14.185,60
14.185,60
15.316,40
6.806,00
3.659,60
2.104,80
1.832,40
1.555,20
5.200,52
7.131,02
6.240,26
7.905,04
3.418,48
1.784,90
1.933,36
1.310,92
9.958,26
9.220,64
9.220,64
9.955,66
4.423,90
2.378,74
1.368,12
1.191,06
1.010,88
medie
7.570,35
massimo
4.920,73
minimo
Nota (*) : valori pubblicati sul BURC n°18 del 02.04.2013 e relativi all'anno 2013
Evidentemente, pur fissando i valori dei canoni enfiteutici, stante la attuale indeterminatezza della
estensione complessiva dei terreni interessati dati in concessione (casistiche di tipo "3") non è
possibile avanzare alcuna previsione, neppure di larga massima, degli introiti derivanti in tali casi.
Pagina 17
8. D. Determinazione della giusta affrancazione del canone demaniale di natura enfiteutica
Ci si riferisce alle casistiche "1" e "2" di cui sopra ed è correlato al punto B precedente.
Nel caso in cui i cittadini interessati scegliessero di richiedere l'affrancazione del canone (è una libera
scelta esclusiva dell'interessato), intendendosi qui richiamate le considerazioni sulla "questione Q5" circa
la metodologia di calcolo dei canoni demaniali di natura enfiteutica (autonomia di scelta impositiva) e del
corrispondente capitale di affranco (equivalente al valore del terreno) , nonché i criteri proposti al
precedente punto B per la determinazione del canone demaniale, si ritiene di poter proporre la
determinazione del giusto capitale di affranco pari a venti volte il canone demaniale (ottenendo in
tal modo in valore del terreno, assunto pari al VAM, e che, nel calcolo del canone, era stato considerato
come quello che forniva una rendita annua del 5% come tasso capitalizzazione).
Nel caso di affrancazione potrebbero anche prevedersi riduzioni e/o agevolazioni (cumulabili tra loro) :
d.1
riduzione del 20% se i cittadini interessati si dedicano alla coltivazione del fondo e/o ad attività
di allevamento, del tipo coltivatori diretti (CD) , imprenditori agricoli (IA) , imprenditori agricoli
a titolo professionale (IAP) , ed iscritti come tali alla previdenza agricola ;
d.2
nessun interesse e/o spese, e riduzione del 15% se pagamento in 60 gg oppure del 10% se
entro 120 gg;
d.3
nessun interesse e/o spese se pagamento entro 6 mesi.
Il quadro sotto riportato esplicita il criterio suddetto, in cui sono desumibili i canoni annui per ettaro [la
cui media sulle 17 colture varrebbe 946,29 euro/(anno x ettaro) ] ;
nello stesso quadro si riportano anche i valori per le eventuali affrancazioni , pari a 20 volte il canone e
delle eventuali riduzioni cumulabili [la A+B oppure la A+C] :
COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE
proposta di determinazione delle AFFRANCAZIONI di canoni demaniali di natura enfiteutica
divisore
tipologie di colture
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Seminativo
Seminativo irriguo
Seminativo arborato
Seminativo arborato irriguo
Prato
Pascolo
Pascolo arborato
Pascolo cespugliato
Orto irriguo
Vigneto
Frutteto
Frutteto irriguo
Oliveto
Bosco alto fusto
Bosco alto ceduo
Incolto produttivo
Incolto sterile
medie
moltiplicatore
VAM - 2013 (*)
20
20
tipo A
tipo B
tipo C
valori fondiari medi
unitari riferiti ad
unità di superficie
ed a tipi di coltura
canone base,
pari al 5%
( 1 / 20 )
del VAM
capitale di
affrancazione
pari a 20 volte
il canone
se cittadini
dedicati alla
agricoltura
liquidazione
della
affrancazione,
entro 60 gg
liquidazione
della
affrancazione,
entro 120 gg
euro / ettaro
per 1 ettaro
per 1 ettaro
20%
15%
10%
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
1.000,10
1.371,35
1.200,05
1.520,20
657,40
343,25
371,80
252,10
1.915,05
1.773,20
1.773,20
1.914,55
850,75
457,45
263,10
229,05
194,40
18.925,88
946,29
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
file: DETCAN-CAST
eventuali riduzioni cumulabili
4.000,40
5.485,40
4.800,20
6.080,80
2.629,60
1.373,00
1.487,20
1.008,40
7.660,20
7.092,80
7.092,80
7.658,20
3.403,00
1.829,80
1.052,40
916,20
777,60
3.000,30
4.114,05
3.600,15
4.560,60
1.972,20
1.029,75
1.115,40
756,30
5.745,15
5.319,60
5.319,60
5.743,65
2.552,25
1.372,35
789,30
687,15
583,20
affrancazione
in caso di
nessuna
riduzione
con riduzioni
A+B cumulabili
per 1 ettaro
2.000,20
2.742,70
2.400,10
3.040,40
1.314,80
686,50
743,60
504,20
3.830,10
3.546,40
3.546,40
3.829,10
1.701,50
914,90
526,20
458,10
388,80
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
13.001,30
17.827,55
15.600,65
19.762,60
8.546,20
4.462,25
4.833,40
3.277,30
24.895,65
23.051,60
23.051,60
24.889,15
11.059,75
5.946,85
3.420,30
2.977,65
2.527,20
medie su tutte le colture
medie su solamente "pascolo" e "bosco"
18.925,88
6.750,80
12.301,82
4.388,02
Nota (*) : valori pubblicati sul BURC n°18 del 02.04.2013 e relativi all'anno 2013
Con un tal tipo di criteri se si considera l'estensione di 161,9613 ettari (desunti dai prospetti in calce
all'allegato 09-2) dei terreni interessati da "legittimazioni" ai sensi degli art. 9 e 10 della L.
1766/1927 (casistiche di tipo "1") con il decreto di legittimazione del 1937, considerando la media dei
valori di "pascolo" e "bosco" (che dovrebbero essere le colture prevalenti nei decreti di legittimazione
predetti) , si potrebbe prevedere in linea di larga massima un intervallo di introiti tra :
- un minimo di circa 710.000,00 euro (161,9613 Ha x 4.388,02 €/Ha = € 710.689,42 ) , nel caso in
cui tutti gli interessati potessero/volessero avvalersi delle due maggiori riduzioni cumulabili;
- un massimo di circa 1.090.000,00 euro (161,9613 Ha x 6.750,80 €/Ha = € 1.093.368,34 ) , nel
caso in cui tutti gli interessati non potessero/volessero avvalersi di alcuna riduzione.
Evidentemente, poi, pur fissando i valori dei canoni demaniali, stante la attuale indeterminatezza della
estensione complessiva dei terreni interessati da "quotizzazioni" precedenti alla L. 1766/1927
(casistiche di tipo "2") non è possibile avanzare alcuna previsione, neppure di larga massima, degli
introiti derivanti in tali casi.
Pagina 18
8. E. Determinazione della giusta affrancazione del canone enfiteutico
Ci si riferisce alla casistica "3" di cui sopra ed è correlato al punto C precedente.
Nel caso in cui i cittadini interessati scegliessero di richiedere l'affrancazione del canone (è una libera
scelta esclusiva dell'interessato), intendendosi qui richiamate le considerazioni sulla "questione Q4" circa
la metodologia di calcolo dei canoni enfiteutici (Reddito Dominicale rivalutato oppure Valori Agri
coli Medi) e del corrispondente capitale di affranco (equivalente alla indennità di esproprio) , nonché i
criteri proposti al precedente punto C per la determinazione del canone enfiteutico, posto che ai sensi
delle leggi n.607/1966 e n.1138/1970 il capitale di affranco dei fondi enfiteutici è pari a 15 volte il canone
periodico annuo, si ritiene di poter proporre la determinazione del giusto capitale di affranco pari a
quindici volte il canone enfiteutico (ottenendo in tal modo in valore del terreno, assunto pari al VAM,
e che, nel calcolo del canone, era stato diviso per 15).
Nel caso di affrancazione potrebbero anche prevedersi riduzioni e/o agevolazioni (cumulabili tra loro) :
e.1
riduzione del 20% se i cittadini interessati si dedicano alla coltivazione del fondo e/o ad attività
di allevamento, del tipo coltivatori diretti (CD) , imprenditori agricoli (IA) , imprenditori agricoli
a titolo professionale (IAP) , ed iscritti come tali alla previdenza agricola ;
e.2
nessun interesse e/o spese, e riduzione del 15% se pagamento in 60 gg oppure del 10% se
entro 120 gg;
e.3
nessun interesse e/o spese se pagamento entro 6 mesi.
Il quadro sotto riportato esplicita il criterio suddetto, in cui sono desumibili i canoni annui per ettaro [la
cui media sulle 17 colture varrebbe 1.261,73 euro/(anno x ettaro) ] ;
nello stesso quadro si riportano anche i valori per le eventuali affrancazioni , pari a 15 volte il canone e
delle eventuali riduzioni cumulabili [la A+B oppure la A+C] :
COMUNE DI CASTELLO DEL MATESE
proposta di determinazione delle AFFRANCAZIONI di canoni enfiteutici
divisore
tipologie di colture
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Seminativo
Seminativo irriguo
Seminativo arborato
Seminativo arborato irriguo
Prato
Pascolo
Pascolo arborato
Pascolo cespugliato
Orto irriguo
Vigneto
Frutteto
Frutteto irriguo
Oliveto
Bosco alto fusto
Bosco alto ceduo
Incolto produttivo
Incolto sterile
medie
moltiplicatore
file: DETCAN-CAST
eventuali riduzioni cumulabili
VAM - 2013 (*)
15
15
tipo A
tipo B
tipo C
valori fondiari medi
unitari riferiti ad
unità di superficie
ed a tipi di coltura
canone base,
pari a
( 1 / 15 )
del VAM
capitale di
affrancazione
pari a 15 volte
il canone
se cittadini
dedicati alla
agricoltura
liquidazione
della
affrancazione,
entro 60 gg
liquidazione
della
affrancazione,
entro 120 gg
euro / ettaro
per 1 ettaro
per 1 ettaro
20%
15%
10%
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
1.333,47
1.828,47
1.600,07
2.026,93
876,53
457,67
495,73
336,13
2.553,40
2.364,27
2.364,27
2.552,73
1.134,33
609,93
350,80
305,40
259,20
18.925,88
1.261,73
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
4.000,40
5.485,40
4.800,20
6.080,80
2.629,60
1.373,00
1.487,20
1.008,40
7.660,20
7.092,80
7.092,80
7.658,20
3.403,00
1.829,80
1.052,40
916,20
777,60
3.000,30
4.114,05
3.600,15
4.560,60
1.972,20
1.029,75
1.115,40
756,30
5.745,15
5.319,60
5.319,60
5.743,65
2.552,25
1.372,35
789,30
687,15
583,20
affrancazione
in caso di
nessuna
riduzione
con riduzioni
A+B cumulabili
per 1 ettaro
2.000,20
2.742,70
2.400,10
3.040,40
1.314,80
686,50
743,60
504,20
3.830,10
3.546,40
3.546,40
3.829,10
1.701,50
914,90
526,20
458,10
388,80
20.002,00
27.427,00
24.001,00
30.404,00
13.148,00
6.865,00
7.436,00
5.042,00
38.301,00
35.464,00
35.464,00
38.291,00
17.015,00
9.149,00
5.262,00
4.581,00
3.888,00
13.001,30
17.827,55
15.600,65
19.762,60
8.546,20
4.462,25
4.833,40
3.277,30
24.895,65
23.051,60
23.051,60
24.889,15
11.059,75
5.946,85
3.420,30
2.977,65
2.527,20
medie
18.925,88
massimo
12.301,82
minimo
Nota (*) : valori pubblicati sul BURC n°18 del 02.04.2013 e relativi all'anno 2013
Evidentemente, pur fissando i valori dei canoni enfiteutici, stante la attuale indeterminatezza della
estensione complessiva dei terreni interessati dati in concessione (casistiche di tipo "3") non è
possibile avanzare alcuna previsione, neppure di larga massima, degli introiti derivanti in tali casi.
Pagina 19
8. F. Riepilogo sulla questione aggiornamento/determinazione dei canoni , e di eventuali
affrancazioni.
Ricapitolando circa i criteri di determinazioni dei canoni e delle relative affrancazioni, da quanto sin qui
esposto possono formularsi, in linea di larga massima, delle possibili previsioni di introiti finanziari per il
Comune :
per il recupero di n° 6 canoni (1 in corso + 5 arretrati) :
demaniali di terreni "legittimati" (casistiche "1") :
da minimo € 213.000 a massimo € 328.000 ;
demaniali di terreni "quotizzati" (casistiche "2") :
indeterminabili
enfiteutici di terreni in concessione (casistiche "3"):
indeterminabili ;
per le eventuali affrancazioni di terreni :
"legittimati" (casistiche "1") , per n° 20 canoni :
"quotizzati" (casistiche "2") , per n° 20 canoni :
in concessione (casistiche "3") , per n° 15 canoni :
da minimo € 710.000 a massimo € 1.090.000 ;
indeterminabili
indeterminabili ;
ed, evidentemente potrebbero presentarsi tutte le varie combinazioni rispetto al totale del numero di
cittadini che potrebbero scegliere di continuare a pagare i canoni annui (senza affrancare) e tra il numero
dei cittadini che potrebbero preferire estinguere l'onere del canone e cioè di affrancare; ne consegue che,
di fatto, l'unica previsione oggi possibile è quella del "minimo" introito di € 213.000,00 corrispondente
al caso in cui non volesse affrancare nessun interessato (ipotizzando, però, di ritrovarsi con un valore
"medio" del valore dei VAM tra le 5 tipologie di colture di "pascolo" o "bosco") ed applicando a tutti le
riduzioni cumulabili.
9. Avvertenze ed evidenziazioni .
Tutte le posizioni per le quali catastalmente comparirà il diritto di livello o equivalente andranno
sottoposte ad attente indagini, al fine di accertare le effettive tipologie dei rapporti e delle consistenze in
essere, ricondotte alla attualità. Per tali tipi di indagini dovranno essere coinvolti anche gli uffici comunali
che dovranno, per quanto possibile, fornire la loro collaborazione.
Definito il tipo di rapporto, su eventuale richiesta del soggetto avente titolo potrà procedersi
all'affrancazione mediante apposito contratto da stipularsi nelle forme degli atti pubblici (Notaio o
Segretario Comunale) previa soddisfazione dell'obbligo di corresponsione dei canoni riferiti alla annualità
in corso e degli anni precedenti non ancora prescritti (cinque anni, ai sensi dell'art. 2948 del c.c.) nonché,
ovviamente, cella corresponsione del capitale di affranco.
Nel caso di terreni dati in concessione (casistica "3") si procederà all'affrancazione previo accertamento,
mediante apposito atto deliberativo, dell'assenza di inderogabili motivi di interesse pubblico ostativi alla
stessa e previo inserimento dei terreni interessati nel piano delle alienazioni degli immobili comunali
(piano allegato al bilancio di previsione, come disposto dall'art. 58 del DL 112/2008 convertito con
modificazioni in Legge 113/2008).
L'atto propedeutico all'affrancazione è la determina dirigenziale, così come chiarito dalla Circolare della
Agenzia del Territorio n.2/2004 del 26.02.2004 (cfr. all. 24).
Il criterio precedentemente illustrato per la determinazione e/o aggiornamento dei canoni, e
conseguentemente,
delle
affrancazioni,
prevede
la
possibilità
di
alcune
incisive
scelte
politico/amministrative di competenza del Consiglio Comunale , da prevedersi all’interno di apposito
Regolamento da emanarsi in uno o a valle di Deliberazione del medesimo organo ;
difatti, pur partendo dai VAM, si possono poi valutare l'introduzione o meno di forme agevolatrici di
riduzioni, cumulabili o meno tra loro, di cui si è dato esempio nelle tabelle dei punti da 8.B a 8.E
precedenti :
- riduzione del 20% se i cittadini interessati si dedicano alla coltivazione del fondo e/o ad attività di
allevamento, del tipo coltivatori diretti (CD) , imprenditori agricoli (IA) , imprenditori agricoli a
titolo professionale (IAP) , ed iscritti come tali alla previdenza agricola ;
- nessun interesse e/o spese, e riduzione del 15% se pagamento in 30/60 gg o del 10% se entro
90/120 gg;
- nessun interesse e/o spese se pagamento entro 6 mesi;
e che potrebbero essere modificate e/o integrate con altre agevolazioni e/o riduzioni che lo stesso
Consiglio Comunale è nella piena facoltà ed autonomia di fare.
Inoltre, anche in riferimento al già citato punto 8 dell'art. 32 della Legge n. 724 del 23.12.1994
(finanziaria 1995) impone : "A decorrere dal 1° gennaio 1995 i canoni annui per i beni appartenenti al
patrimonio indisponibile dei comuni sono, in deroga alle disposizioni di legge in vigore, determinati dai
Pagina 20
comuni in rapporto alle caratteristiche dei beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato,
fatti salvi gli scopi sociali" ,
lo stesso Consiglio Comunale potrebbe conferire facoltà alla Giunta Comunale di applicare ulteriori
agevolazioni e/o riduzioni in casi di particolare interesse sociale da valutarsi caso per caso.
10. Criterio per le modalità per l'affidamento del servizio tecnico.
La sopra evidenziata inevitabile indeterminatezza circa le previsioni di introito finanziario per le casse
comunali (cfr. punto 8.F) renderebbe inadeguato, a parere dello scrivente, un incarico professionale di
tipo tradizionale per tutte le attività di cui si è avuto mandato con la la Delibera di Consiglio Comunale n.
2 del 23/01/2012 per :
- l'effettuazione del censimento delle terre civiche ed ex civiche ora sdemanializzate gravate da canone
di natura enfiteutica ricadenti nel territorio comunale;
- l'aggiornamento e l'emissione del ruolo per la riscossione dei canoni per gli anni arretrati e futuri;
- la predisposizione dei contratti di concessione ad utenza temporanea dei terreni demaniali in libero
possesso del Comune, nonché tutte le procedure per le relative affrancazioni e per la redazione di
apposito regolamento per l'esercizio degli usi civici, ai sensi della L. 1766/1927, del R.D. 332/1928 e
della Legge Regionale n.11 del 17.03.1981;
- l'ottemperanza a tutte le procedure amministrative previste e necessarie per il definitivo concretizzarsi
di quanto deliberato, ivi compreso l'affidamento per la riscossione di detti canoni annui, dovuti da
parte degli occupatori che conducono le terre di natura civica e da parte dei livellari che posseggono i
terreni ex civici ormai di natura allodiale.
Stante, allora, la complicata materia relativa alla gestione degli usi civici e dei rapporti con i cittadini
concessionari, dovuta sia ai vuoti normativi che nel tempo si sono determinati e sia alla
interdisciplinarietà degli aspetti tecnici con gli aspetti di carattere generale della proprietà nel diritto civile
e amministrativo , e considerata inoltre :
- la inadeguatezza dimensionale e di competenze specifiche degli Uffici Comunali;
- la sopra rilevata inevitabile indeterminatezza preventiva dell'entità dell'incarico e/o del servizio da
affidare;
si ritiene di evidenziare che sarebbe opportuno fare ricorso ad una struttura multidisciplinare di
professionisti esterni (tecnici quali ingegneri, periti agrari, periti demaniali, ed avvocati civilisti e
amministrativisti) preferibilmente sotto forma di un incarico da remunerare a percentuale, data la
impossibile indeterminatezza preventiva dell'entità dell'incarico e/o del servizio da affidare.
I servizi professionali che dovrebbero essere affidati, senza pretesa di esaustività in questa fase di
redazione della presente relazione, sarebbero :
- censimento delle terre civiche e dei livelli,
- costituzione dello stato generale delle ditte enfiteutiche e degli eventuali arbitrari occupatori,
- aggiornamento e sistemazione del demanio civico,
- assistenza e consulenza alla formazione della lista di carico (ruolo di riscossione) e suo aggiornamento
per gli anni non prescritti e seguenti,
- assistenza e consulenza per la eventuale affrancazione dei livelli da parte dell’Ufficio,
- attività tecnico-amministrative per la eventuale regolarizzazione di arbitrarie occupazioni non
legittimate che dovessero ritrovarsi da parte di ditte (persone) sui terreni gravati da usi civici, e
relative predisposizioni di bozze di contratti di eventuale concessione ad utenza temporanea dei
terreni civici,
- redazione proposta di aggiornamento e modifica del Regolamento Comunale per gli usi civici ;
- ogni altra attività professionale tecnica , amministrativa e legale connessa alla definizione dello stato
generale degli usi civici, dei livelli e degli eventuali arbitrari occupatori sul territorio comunale ;
il tutto in riferimento ai riferimenti normativi costituiti da : Legge Fondamentale n. 1766/1927, R.D.L.
332/1928 , L.R. 11/1981 in materia di Beni Demaniali e d’Uso Civico, e altre normative correlate.
Pagina 21
11. Conclusioni.
In ragione di tutto quanto sopra esposto, argomentato ed evidenziato, ed in osservanza di quanto
disposto con la citata Deliberazione Consiliare n. 2 del 23/01/2012, si rimette la presente Relazione al
Consiglio Comunale affinché possa prenderne atto soprattutto per quanto attiene il criterio di
aggiornamento e determinazione dei canoni e delle relative eventuali affrancazioni, eventualmente da
normarsi attraverso apposito Regolamento Comunale.
Castello Matese, data 31 ottobre 2013
Il Responsabile dell'Area Tecnica
geom. Pietro MONTONE
------------------------------------------Riferimenti normativi e giurisprudenziali :
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9-1.
9-2.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
Legge n. 1766 del 16/06/1927
Regolamento di attuazione R.D. n. 332 del 26/02/1928
Delibera/parere della Corte dei Conti - Sezione Campania - n. 18 del 20/07/2006
Sentenza n. 1645 del 17.08.2010 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio
Sentenza Corte Costituzionale n. 46 del 15/07/1959
Sentenza Cassazione Civile - sez. III - n. 64 del 08/01/1997
Sentenza Consiglio di Stato n. 5233 del 10/09/2011
Sentenza T.A.R. Sicilia Catania - sez. II - n. 1988 del 03/08/2012
Decreto Regio Commissario per la liquidazione degli usi civici in Napoli del 13/11/1936
Decreto Regio Commissario per la liquidazione degli usi civici in Napoli del 30/12/1937
Sentenza Cassazione Civile - sez. II - n. 2861 del 07/02/2008
Sentenza Cassazione Civile - sez. II - n. 5466 del 08/09/1986
Sentenza Consiglio di Stato - sez. IV - n.444 del 17/10/1985
Sentenza Corte Costituzionale n. 407 del 07/04/1988
Sentenza Corte Costituzionale n. 143 del 23/05/1997
Sentenza Corte Costituzionale n. 318/2002
Sentenza Corte Costituzionale n. 160 del 20/05/2008
Parere Settore Regione Campania , n. 2012 del 17/10/2012
Sentenza Cassazione Civile - sez. II - n. 13595 del 12/10/2000
Sentenza Corte Costituzionale n. 145 del 18/07/1973
Sentenza Corte Costituzionale n. 74 del 15/03/1996
Ordinanza Corte Costituzionale n. 600 del 31/05/1988
Circolare Agenzia del Territorio (Direzione Centrale Osservatorio Mercato Immobiliare e Servizi Estimativi) n. 29104 del 11/05/2011
Sentenza Corte Costituzionale n. 181 del 10/06/2011
Circolare Agenzia del Territorio n. 2/2004 del 26/02/2004
file: REL-CAST
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