CINEMA E MISSIONE
Transcript
CINEMA E MISSIONE
CINEMA E MISSIONE Tema: INTERCULTURA Qui di seguito proponiamo una scheda di lettura di film e un elenco di titoli per approfondire alcune attuali tematiche di mondialità. SCHEDA DI LETTURA ANALISI TEMATICA Attraverso quali elementi il regista e lo sceneggiatore esprimono il punto di vista scelto per raccontare la storia? facendo attenzione all’uso dell’immagine, della fotografia, delle musiche, degli stili di recitazione e dei dialoghi si possono focalizzare le tematiche principali e le modalità attraverso le quali vengono espresse. i personaggi hanno un preciso linguaggio verbale e non verbale, compiono azioni e si relazionano agli altri con un proprio stile. Ci sono evoluzioni nella soggettività dei protagonisti e nelle loro relazioni con gli altri? Se sì, quali sono gli elementi della storia che fanno scattare il cambiamento? ANALISI PERSONALE E DI GRUPPO Come mi sono sentito guardando il film? Che emozioni ho provato? Cosa hanno provato gli altri attorno a me? Con chi mi sono identificato? Cosa avrei cambiato del film? Che finale gli avrei dato? Qual è la considerazione finale che ciascuno di noi vuole offrire al gruppo? Cosa possiamo ricavare dalla discussione di gruppo? LA ROSA BIANCA - SOPHIE SCHOLL Regia: Marc Rothemund Orig.: Germania (2005) Dur.: 117' Soggetto: Monaco, 1943. Un gruppo di studenti bavaresi ha costituito in città la Rosa Bianca, movimento di opposizione al nazismo. Fra loro ci sono Hans Scholl, sua sorella Sophie, Alex Schmorell e Willi Graf. Il 18 febbraio, subito dopo avere distribuito volantini di propaganda all'università, Hans e Sophie vengono arrestati dalla Gestapo. Sophie, interrogata dall'investigatore Mohr, dapprima nega il coinvolgimento suo e del fratello e sta per essere rilasciata. Ma in un ulteriore interrogatorio la polizia ottiene la confessione di Hans così anche Sophia ammette la propria colpevolezza. Si attribuisce assieme al fratello tutte le azioni del gruppo per proteggere gli altri amici, ma poco dopo viene arrestato anche il coetaneo Christoph Probst, sposato e con tre figli piccoli. Il processo è sommario, Hans e Sophie denunciano i crimini del nazismo e il giudice Freisler li condanna a morte tutti e tre. Il 22 febbraio vengono giustiziati alla ghigliottina. Anche altri componenti del gruppo subirono in seguito la stessa sorte, ma i volantini della Rosa Bianca furono salvati e disseminati dagli aerei alleati su tutta la Germania. Valutazione Pastorale: Nella non facile ma necessaria operazione di confronto con il duro passato del periodo nazista, la Germania riscopre nel cinema un significativo terreno per affrontare con più incisività quel passato e quegli anni bui. Se di recente ne "La caduta" si parlava degli ultimi giorni di Hitler asserragliato nel suo bunker, ecco che con questo "La rosa bianca" l'obiettivo si sposta dai fatti più noti (la Storia grande) a quelli meno conosciuti (la storia piccola) ma forse anche più importanti. La dolorosa parabola di Sophie Scholl rappresenta un episodio di opposizione alla dittatura hitleriana realmente accaduto e tuttavia quasi dimenticato. Riportarlo all'attenzione dello spettatore é dunque obiettivo primario del regista Marc Rothemund: giovane anch'egli, appena 36enne, nato quindi molto dopo i 'fatti' e spinto dalla voglia di conoscerli, di parlarne, di tenerli vivi per non perderne la memoria. Il racconto si svolge quasi tutto in 'interni', affidato specialmente al contraddittorio tra Sophie e il suo 'inquisitore' Mohr. L'impianto teatrale permette di far emergere meglio il confronto in gioco tra il Potere che diventa dominio e terrore da un lato e la Parola semplice e nuda nella sua pulizia dall'altro. La consapevolezza di Sophie e dei suoi amici di andare verso il martirio diventa così il risultato tragico di una cospirazione innocente nata nel nome della coscienza. Sophie è una credente capace di ascoltare la voce di Dio come Colui che sorregge e sostiene anche e sopratutto nei momenti in cui uno si sente abbandonato. Da quei giovani arriva un insegnamento forte: non abdicare mai ai propri slanci morali, far risaltare alta la necessità di rispettare la dignità dell'uomo e i diritti di ciascun individuo, preservare sempre il valore della vita. Denuncia netta e film necessario che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti. TRAIN DE VIE Regia: Radu Mihaileanu Orig.:Romania/Francia(1998) Dur.:103' Soggetto: Una sera del 1941 Schlomo, chiamato da tutti il matto, irrompe allarmato in un piccolo villaggio ebreo della Romania: i nazisti, fa sapere, stanno deportando tutti gli abitanti ebrei dei paesi vicini e fra poco toccherà anche a loro. Durante il consiglio dei saggi, che subito si riunisce, Schlomo tira fuori una proposta un po' bizzarra che però alla fine viene accolta: per sfuggire ai tedeschi, tutti gli abitanti organizzeranno un falso treno di deportazione, ricoprendo tutti i ruoli necessari, gli ebrei fatti prigionieri, i macchinisti, e anche i nazisti in divisa, sia ufficiali che soldati. Così riusciranno a passare il confine, ad entrare in Ucraina, poi in Russia per arrivare infine in Palestina, a casa. Il folle progetto viene messo in atto, il treno parte tra speranza e paura. Gli inconvenienti non mancano, e non sono solo quelli che arrivano da fuori (i controlli alle stazioni) ma, inaspettatamente, anche dall'interno del gruppo: Mordechai, falso ufficiale nazista, comincia a dare ordini sul serio, e, all'opposto, il giovane Yossi abbraccia l'ideologia comunista, proclama che la religione è morta e instaura nei vagoni le cellule marxiste-leniniste. A un certo punto vengono fermati da un altro treno, che però risulta pieno di zingari che avevano escogitato lo stesso stratagemma. Procedono allora tutti insieme, fino all'arrivo sulla linea di confine con le bombe che sparano dalle parti opposte. Ormai possono considerarsi salvi. Come già all'inizio, appare in primo piano il viso del matto, che informa sui successivi destini di alcuni dei protagonisti, tutti viventi tra Russia, Palestina, America. Ma poi l'immagine si allarga e il viso di Schlomo, il matto, guarda da dietro un reticolo di filo spinato. Sullo sfondo, la lugubre sagoma di un campo di concentramento. Valutazione Pastorale: Va riferita una significativa dichiarazione del regista Mihaileanu: " Ho visto a Los Angeles il film di Spielberg 'La lista di Schindler' e ricordo che quella visione mi ha procurato un doppio effetto: una grande emozione da un lato, ma dall'altro la convinzione che non si poteva continuare a raccontare la Shoa solo sul versante della paura e dell'orrore. Si poteva e si doveva fare qualcos'altro". Così é nata l'idea del falso treno dei deportati, così ha preso forma il tono di questo racconto improntato ad un umorismo malinconico, a quello spirito ebraico caustico e sferzante che strappa la risata, parlando del male e della morte. Un treno come microcosmo di pregi e difetti, come allegoria della fuga, come luogo corale dove si incontrano i senza patria (ebrei e zingari), dove si fanno i conti con le ideologie, anche quelle che verranno di lì a poco, dove si aspetta una meta finale ma si è convinti che " la terra santa dovrebbe essere ovunque". Film notevole e profondo, nel quale l'inizio e la fine danno l'idea di ciò che poteva essere e non é stato. Se qualcuno ha preso quel treno e si é salvato, la maggioranza é rimasta dietro quei fili spinati. Film intenso e commovente che, dal punto di vista pastorale, va raccomandato per la complessità dei temi che propone e insieme per la semplicità espositiva che li sorregge. SOGNANDO BECKHAM Regia: Gurinder Chadha Orig.: Gran Bretagna/Germania/Stati Uniti (2002) Dur.: 112' Soggetto: A Londra la diciottenne Jess ha in camera da letto i manifesti del calciatore Beckham. Il calcio è la sua grande passione, e quando, notata al parco dalla coetanea Jolls, viene invitata ad aggregarsi ad una squadra femminile, lei accetta subito. Da quel momento però comincia un periodo difficile fatto di fughe, scuse, sotterfugi. Jess é figlia di indiani trapiantati a Londra i quali non vogliono saperne di pallone e la esortano a pensare all'università e a qualche fidanzato da scegliere tra i ragazzi indiani locali. Anche l'allenatore della squadra, Joe, intuisce le qualità di Jess e spinge perchè lei resti nel gruppo. Putroppo l'interruzione del matrimonio di Pinki, sorella di Jess, peggiora la situazione, che precipita del tutto, quando Jess inventa una bugia per andare in trasferta in Germania con le compagne. Qui si crea l'ulteriore equivoco di un flirt tra lei e Joe. Al ritorno, Jess decide di rinunciare, in coincidenza con la sua ammissione all'università. La sorella di sposa nel giorno della partita decisiva. E' il padre allora ad esortarla ad andare in campo almeno per il secondo tempo. Jess arriva, segna il gol della vittoria, torna al matrimonio. Un osservatore le ha visionate ed ora per lei e Jools è pronta una borsa di studio per la California. Il padre, ricordando il proprio passato, acconsente. Ecco Jess e Jools all'aeroporto con i rispettivi genitori. A salutare Jess c'è anche Joe. I due si vogliono bene ma capiscono di dover aspettare ancora un po'. Tempo dopo da Santa Clara arrivano le foto della nuova squadra di Jess e Jools. Valutazione Pastorale: Da un lato c'é il lento ma inevitabile processo che porta ad integrarsi nel tessuto della società in cui si è scelto di vivere; dall'altro resta forte la volontà di non cancellare il proprio patrimonio di usi, abitudini, tradizioni, e di volerlo rendere concreto sopratutto nei confronti dell'istituzione familiare: il matrimonio, i figli, i riti religiosi. Anche se non c'è niente di nuovo, il tema dell'incontro/scontro tra culture nelle grandi capitali dell'occidente è del tutto attuale, e quello dei rapporti tra inglesi e indiani (nato quando l'India era colonia inglese) vive di molte e sottili sfumature. In questa occasione, come in altre precedenti, l'approccio all'argomento è di tipo leggero. Siamo nell'ambito della commedia, e quindi le difficoltà si superano, i drammi si stemperano, il lieto fine é in agguato. Il tono é quello della favola, il che però non esclude che i molti aspetti della situazione (emancipazione della donna, libertà, piccole ipocrisie, diffidenze, riscatto) vengano tutti messi sul tappeto. L'andamento é brioso, i dialoghi divertenti, i sentimenti costruttivi e positivi. Ne esce una lezioncina di invito al rispetto e alla comprensione reciproca. Forse esempio di una commedia 'globalizzata'. Lo spettacolo comunque resta piacevole, e il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come accettabile, e certamente brillante. PER RIFLETTERE INSIEME: - Come concili le aspirazioni dei tuoi genitori e/o parenti su di te e quello che desideri tu? Gli dai un valore? Incidono sulle tue scelte? IL VENTO CHE ACCAREZZA L’ERBA Regia: Ken Loach Orig.: Irlanda/Gran Bretagna/Italia/Germania/Spagna (2006) Soggetto: Irlanda 1920. Rinunciando ad una brillante carriera come medico in Inghilterra, il giovane Damien sceglie di unirsi al fratello Teddy nella lotta contro l'egemonia britannica. Purtroppo, al momento di firmare il trattato con gli inglesi, la popolazione irlandese non trova intenti unitari. Emergono due fazioni, i pacifisti e gli oltranzisti, che finiscono per scontrarsi tra loro. Damien e Teddy ora sono su fronti opposti. E il fratello uccide il fratello. Valutazione Pastorale: Ken Loach o dell'impossibilità di cambiare. Dopo tanti anni, il regista inglese non può più certo proporsi come una novità. Come a dire che mutano gli scenari (geografici, storici, politici...) ma l'approccio resta quello: la ribellione degli oppressi vive di dilianianti conflitti morali perché vera e autentica e strumentalizzata dagli oppressori per mantenere tutto inalterato. Più che indagare i fatti storici, Loach vi cala sopra la propria ideologia, atteggiamento coerente mai negato e che tuttavia toglie respiro alla vicenda, riducendola a mero scontro di variabili già stabilite prima. Restano a mezz'aria dunque sia il tono anti-inglese troppo scontato e un po' verboso, sia la denuncia antimilitarista, abbastanza casuale e poco circostanziata. Domina, ed é il difetto maggiore, la freddezza del teorema da dimostrare, che toglie il respiro alla dolente umanità dei protagonisti e ne smorza il dolore, la rabbia, anche la voglia di idealità. L'analisi di Loach, ancora una volta, si ferma a metà, fin dove lo può portare il suo 'teorema' già scritto. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come discutibile, comunque problematico e adatto per dibattiti. PER RIFLETTERE INSIEME: - La libertà di pensiero credi abbia un valore assoluto oppure ci sono in ogni caso dei limiti da rispettare nell’espriemere le proprie idee? - Quando sei in gruppo tendi a far prevalere le tue ragioni oppure ascolti anche gli altri e sei pronto anche a rivedere le tue opinioni? LA GIUSTA DISTANZA Regia: Carlo Mazzacurati Orig.: Italia (2007) Dur.: 106' Soggetto: A Concadalbero, paesino alle foci del Po, la giovane Mara, arrivata con il temporaneo incarico di insegnante supplente in attesa di partire per il Brasile per un progetto di copperazione, avvia una relazione con Hassan, meccanico tunisino ben stimato nel luogo. Una sera Hassan, durante una festa, chiede a Mara di sposarlo. Lei non può che rifiutare, passa ancora la notte con lui prima di partire, ma il giorno dopo viene trovata morta in riva al fiume. Subito incriminato, Hassan si proclama innocente ma viene processato e condannato. In carcere si uccide. Giovanni, un ragazzo del paese che ha seguito i fatti intenzionato a diventare un bravo giornalista, indaga per conto proprio, capisce chi é il vero colpevole e lo fa arrestare. Poi parte per Milano per cominciare la vera carriera professionale. Valutazione Pastorale: Se Concadalbero é un nome inventato, tutta autentica é l'ambientazione in esterni, nella quale il padovano Mazzacurati mostra ancora una volta di sapersi muovere in modo misurato e pertinente. Il paesino diventa, com'è naturale, luogo ideale e simbolico di una "piccola provincia" radiografata tanto affettuosamente quanto rabbiosamente, senza sconti né indulgenze. Tutte al loro posto sono le figure cardine di una parte d'Italia nella quale il soddisfacimento dei bisogni primari avviene grazie ad indubbie capacità di iniziativa e di lavoro ma tuttavia a discapito del mantenimento di un equilibrio minimo di convivenza, di rispetto, di solidarietà. Ecco allora che sul meccanico tunisino, per quanto integrato, si scarica la colpa per un delitto che viene a turbare una quotidianità sopita che non gradisce rumori o turbative. Dopo oltre un'ora di racconto di taglio antropologico, Mazzacurati vira alla fine nel giallo, quasi esistenziale ma troppo affrettato. I due livelli narrativi non si intersecano al meglio, e resta nel finale un qualcosa di irrisolto. Ciò non toglie che il copione resti denso di umori, spunti, suggerimenti, e che possa essere considerato un nuovo capitolo di quel romanzo sul Nord Est che Mazzacurati sta componendo da anni, diviso tra affetto, critica, denuncia, soprattutto comprensione. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come accettabile e nell'insieme problematico. PER RIFLETTERE INSIEME: - Come credi sia oggi il quadro delle tensioni razziali che percorrono la nostra società? - Reputi non sia un problema per te, finchè non ti riguarda da vicino, perchè credi di vivere in un paese libero? L’UOMO CHE VERRA’ Regia: Giorgio Diritti Orig.: Italia (2009) Dur.: 117' Soggetto: Inverno 1943. Alle pendici del monte Sole, non lontano da Bologna, Martina, 8 anni, vive con la propria famiglia di contadini e ha smesso di parlare da quando tempo prima ha perso un fratellino di pochi giorni. Nel dicembre la mamma rimane nuovamente incinta. Nei mesi successivi la gravidanza va avanti bene, mentre la vita per la comunità diventa sempre più difficile. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1944, il piccolo viene alla luce. Quasi nello stesso momento le SS scatenano nella zona un rastrellamento di inaudita violenza. Martina riesce a prendere il neonato e a portarlo via, facendolo scampare alla terribile strage di Marzabotto. Valutazione Pastorale: Sulla ferocia delle SS, sul sacrificio di tanti civili inermi, sulle vittime della seconda guerra mondiale, il cinema italiano ha già scritto pagine importanti e giuste. Il merito quindi di questo secondo LM di Diritti é quello di riuscire a raccontare un episodio conosciuto come se fosse la prima volta. L'operazione é perciò opportuna e necessaria. Soprattutto per i più giovani, a rischio di "non conoscenza" dei fatti e quindi condotti a partecipare quasi in prima persona. La sensibilità storica del regista si fonde con quella antropologica e umana. Di quella civiltà contadina, dedita a seguire i ritmi della terra, si sentono i sapori e gli odori (secondo la lezione di Olmi); di quella vita modesta e intensa si avverte il forte orgoglio; di quell'andare incontro alla morte si percepisce l'affranto fremito di innocenza. Senza gridare né fare proclami, lo sguardo di Diritti si posa con tono visionario sul calvario dei protagonisti e ci chiede di essere con loro anche nella preghiera e nel riscatto. E nella speranza offerta dalla vita che nasce dopo l'orribile strage. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come raccomandabile e certo problematico. FA LA COSA GIUSTA Regia: Spike Lee Anno di uscita: 1990 Dur.: 113' Soggetto: nella pizzeria dell'italo-americano Sal (che, coadiuvato dai figli Vito e Pino, vende da anni pizze ai suoi numerosi clienti di colore, mentre il giovane Mookie, nero anche lui, fa il servizio delle consegne a domicilio, con qualche rapida sosta o dalla sorella, o presso la donna che gli ha dato un figlio) la giornata trascorre nel fannullonismo generale, mentre circolano e bevono birra i soliti tipi: un vecchio ubriacone; un predicatore farneticante che vende immagini di Martin L. King e di Malcolm X; il giovane Radio Raheem (con sempre in mano un grosso radioregistratore a tutto volume) e soprattutto un certo Buggin Out, altro giovane negro del posto e attaccabrighe patentato, che ce l'ha con Sal perché sui muri della pizzeria non ci sono ritratti che di artisti bianchi. In realtà Buggin Out la provocazione ce l'ha nel sangue e, quando sta per calare la notte, parte all'attacco della proprietà cui Sal ha dedicato una vita di lavoro, causandone l'inevitabile reazione. Così Sal distrugge con una mazza da baseball l'apparecchio di Radio Raheem (che sta assordando tutti), il che scatena la violenza di chi è entrato nel negozio o sta nei paraggi, finora in buonissimi rapporti con gli italo-americani. Accorsa la polizia, dal tumulto purtroppo Raheem ne esce cadavere, per colpa di un agente troppo energico e allora Mookie che, mentre il vecchio e saggio ubriacone pone al riparo Sal e i figli, guida l'assalto al negozio, che viene svaligiato, dato alle fiamme e praticamente distrutto. All'alba, neri, italiani, porioricani e coreani dovranno pur continuare a convivere, verso un domani in cui l'integrazione, la reciproca tolleranza e la non violenza sembrano ancora una sfida ed un obiettivo irraggiungibili. Valutazione Pastorale: il film rende interessante e vivida la cronaca di una giornata torrida, cominciata a Brooklin nel vano refrigerio dei ventilatori casalinghi e conclusasi nel fuoco e nel sangue, con una inaudita sproporzione tra cause ed effetti. Il piccolo nero Buggin Out non è che il detonatore, il simbolo e la espressione di mille rancori compressi e di una vocazione irrefrenabile al teppismo e alla violenza, che contagia e travolge anche i più moderati e che porta a conclusioni dolorose e gravissime (l'uccisione di un ragazzo ad opera di un agente). Nel mezzo stanno il bravo Sal, altra piccola gente arrivata in America da Portorico e Corea, in genere accettata e ben voluta, vittima anch'essa di odi ancestrali e di improvvise esplosioni. Vittima, in fondo, è pure Mookie, al quale l'ira fa perdere il lavoro presso gli italo-americani, quando impugna la rivolta. Il film è documento e cronaca di una situazione complessa e difficile, che conferisce ad una banale rissa di periferia i connotati e le ombre di un dramma umano e sociale, dal quale nessuno, assolutamente nessuno, esce vittorioso. È un lavoro interessante, originale e purtroppo del tutto verosimile. Ne è soggettista, regista ed interprete (per il ruolo di Mookie) Spike Lee. Di una certa ambiguità ideologica, ma esplicito e convincente nel riconoscere in tutti, bianchi e neri che siano, i rancori, i difetti, l'aggressività e le tensioni che portano ad un finale luttuoso su motivi futili, quali la mancanza di un ritratto in nero o una radio al massimo volume. PER RIFLETTERE INSIEME: - Come credi sia oggi il quadro delle tensioni razziali che percorrono la nostra società? - Reputi non sia un problema per te, finchè non ti riguarda da vicino, perchè credi di vivere in un paese libero? IL CONCERTO Regia: Radu Mihaileanu Orig.: Francia/Romania/Belgio/Italia (2009) Dur.: 120' Soggetto: In Unione Sovietica nel 1980 Andrei Filipov, direttore d'orchestra del Bolshoi, cade in disgrazia come nemico del popolo. Nel 2009 nello stesso teatro fa le pulizie e, quando intercetta un fax in cui l'orchestra è invitata a Parigi per esibirsi al Théatre du Chatelet, intravede la possibilità di una rivincita. Raduna impresario e orchestrali di trenta anni prima e mette su un piano che permette al gruppo di arrivare a Parigi e spacciarsi per l'orchestra del Bolshoi. In più Andrei ha anche l'obiettivo di incontrare Anne Marie Jacquet, violinista di fama, che non sa di essere figlia di due membri della vecchia orchestra, arrestati e morti in Siberia. Nella capitale francese le difficoltà sono innumerevoli, subentra un certo scoramento, il gruppo non fa in tempo a fare nemmeno una prova. Tuttavia quando arriva il giorno stabilito, i musicisti sono tutti presenti, Andrei dirige da par suo, e il successo è grande. Valutazione Pastorale: Il regista, rumeno, si é fatto conoscere con "Train de vie"; la cornice é sia quella della vecchia Unione Sovietica (presa fortemente di mira) sia quella della 'nuova' Russia (ugualmente nel mirino per i volgari arricchiti e la dilagante criminalità); e poi c'è Parigi, luogo di cultura, arte, divertimento. Lungo questi scenari, Mihaileanu si muove con toni liberi e scanzonati, saltando dall'ironico al grottesco, dall'amaro al poetico, Scavalcate tranquillamente le gabbie del realismo (sostituirsi al vero Bolshoi e riprendere a suonare dopo trenta anni è così facile ?), il copione svaria dalla favola al simbolico, accarezzando le scansioni dell'emozione e del riscatto. Per il rumeno un'altra prova convincente per un film che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come consigliabile e nell'insieme brillante. SUL LAGO TAHOE REGIA:Fernando Eimbkec DURATA:85’ Juan ha sedici anni ed è appena andato a sbattere contro un palo con l'auto di famiglia. A casa la mamma si è chiusa in bagno e il fratellino non sa che fare. Mentre il ragazzo peregrina da un'autofficina all'altra cercando chi possa aiutarlo a far ripartire l'auto conosciamo esponenti di un' umanità talvolta rassegnata talaltra con sogni impossibili. Veniamo contemporaneamente messia a conoscenza del motivo della sofferenza del ragazzo: è morto suo padre. Spinto da una domanda personale (come mai quando da ragazzo aveva perso il padre pochi giorni dopo si era procurato un incidente in auto?) è il ritratto di un adolescente privo totalmente di appigli che lo aiutino a venire fuori non tanto dalla panne dell'auto quanto da quella che la vita gli ha posto dinanzi. I personaggi che incontra (il meccanico con cane da difesa, la ragazzina madre che sogna di diventare la front woman di un gruppo punk, il ragazzo appassionato di arti marziali) sono dramatis personae di una via crucis interiore al termine della quale cercare una ricomposizione con l'esistenza e col quotidiano. KINSHASA SYMPONY REGIA: Claus Wischmann, Martin Baer Il volto meno conosciuto della Repubblica Democratica del Congo, il volto della musica, della creatività che mostra l’energia vibrante della sua gente. In una società caotica e disordinata, sporca e confusionaria, sembra strano veder funzionare uno dei sistemi di cooperazione più complessi mai inventati dall’uomo: un’orchestra sinfonica. Le prove ed i concerti portano a mostrare i protagonisti in compagnia di oltre duecento altri "Kinois" nel caos di Kinshasa. Affascinanti, magnifici, stimolanti le situazioni di coraggio e determinazione con cui la società civile congolese si prefigge di liberarsi da un circolo vizioso di oppressione coloniale, la tirannia, la povertà che da decenni continua a dominare.