ASSFAM assistente familiare badante

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ASSFAM assistente familiare badante
ATI Associazione Temporanea di Impresa
Imparaora agenzia formativa ­ Liceo Linguistico Esedra
“ ASSFAM : Assistente familiare Badante”
POR OB.3 FSE Mis E1 Prov. di Pisa Matr. PI 20070210 cod. 14366
Progetto “ASSFAM assistente familiare badante”
RELAZIONE “ INDAGINE PRELIMINARE SUL TERRITORIO”
La problematica che si intende affrontare attraverso il progetto in esame è relativa alla crescente necessità di formare adeguatamente coloro che svolgono attività di assistenza alla famiglia, alla persona e alla casa ed in particolar modo quello che fa parte del Mondo del lavoro “Irregolare” e quindi “sommerso”. In particolare il dato che serve meglio a dare un’idea della dimensione numerica del processo di invecchiamento della popolazione italiana riguarda il numero degli anziani di oltre 65 anni. Essi saranno secondo le più aggiornate previsioni dell’ISTAT 13.002.085 nel 2015 (22,3% della popolazione totale) e 17.945.499 nel 2050 (34,4 % della popolazione totale) Questo quadro complessivo si articola in modo estremamente differenziato nel territorio italiano, con una forbice rilevante fra un Nord “più vecchio” ed un Sud “più giovane” (Piano Integrato Sociale Regionale anni 2002/04 ­ Toscana)
Tutto ciò a dimostrazione dell’importanza che oggi assume l’attività di assistenza all’anziano nell’ambito dei servizi richiesti dalle famiglie. Migliaia di anziani in Italia sono “accuditi” da persone che non sono loro familiari. Sono nella maggior parte donne straniere immigrate extracomunitarie. Vengono impiegate, alle dipendenze dei loro assistiti o dai familiari di questi, in lavoro di cura agli anziani e, in misura minore, ai bambini. Nel nostro caso intendiamo riferirci però ad attività lavorative ATI Associazione Temporanea di Impresa
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riconducibili all’ambito dell’assistenza domiciliare alla persona, per lo più anziana non autosufficiente
.Si occupano degli anziani, spesso convivendo con loro, anche se in molti casi li assistono anche nelle strutture di ricovero (case di riposo, RSA). Le chiamano Badanti parlandone come se fossero tutte donne straniere, anche se sappiamo bene che una quota di questo lavoro è svolta da uomini stranieri e da donne e uomini italiani.
Dal punto di vista normativo e contrattuale, le definizioni per questi lavoratori sono almeno due: “Assistenti Familiari” (la Legge 189/2002, che ha disposto la regolarizzazione dei lavoratori immigrati, le definisce così) e “Colf” (figura prevista dal Contratto del Commercio e Servizi). Il termine “Badante” riassume, spesso e impropriamente, questi due termini.
Il fenomeno riguarda, contemporaneamente, i servizi di cura alla persona e quindi il welfare, la famiglia e le sue trasformazioni, l’immigrazione e il mercato del lavoro. Per le dimensioni e le caratteristiche che ha assunto, si tratta di un fenomeno relativamente nuovo. L’aumento vertiginoso della popolazione anziana (in presenza di un calo demografico) e della quota di persone non autosufficienti ha prodotto una crescita della domanda di assistenza e di cura alla persona. Contemporaneamente, la trasformazione della composizione della famiglia e l’ingresso di donne nel mercato del lavoro, ha causato il venir meno del tradizionale ammortizzatore sociale: la Famiglia, che garantiva anche il lavoro di cura, essenzialmente grazie al lavoro domestico svolto dalle donne. Nel frattempo, e con tutta evidenza, il sistema di welfare non si è adeguato a queste trasformazioni. In particolare per gli anziani non autosufficienti, le strutture di ricovero si sono rivelate una risposta ATI Associazione Temporanea di Impresa
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inadeguata – e troppo costosa ­, anche perché la grande maggioranza delle persone rifiuta l’istituzionalizzazione e preferisce, anche in condizioni di precarietà fisica, continuare a vivere nella propria casa e nel proprio ambiente di vita e di relazione sociale. Peraltro, una maggiore disponibilità di reddito, soprattutto in alcune aree del paese, ha permesso agli anziani e ai loro familiari di accedere ad un “mercato”, quello delle badanti, un tempo appannaggio solo delle famiglie più agiate. In Toscana il peso della popolazione in età superiore ai 65 anni è destinata ad aumentare di più di un punto percentuale rispetto al dato nazionale dal 20002 al 2005 con una dinamica di crescita che si moltiplica nel lungo periodo raggiungendo, secondo le previsioni ISTAT relative al 2050, la percentuale del 36,3% della popolazione. In termini assoluti dal 2000 al 2005 per i soli grandi anziani (80 anni ed oltre) è prevista una crescita di 38.695 persone, comportando evidenti implicazioni sulla spesa sanitaria (Piano Integrato Sociale Regionale – Toscana ­ anni 2002/04)
L’analisi relativa al contesto locale fornitaci dal secondo rapporto Censis su “La Situazione Sociale” della Toscana (2002) ci mostra un indice di invecchiamento per la Provincia di Pisa del 21,59% sull’intera popolazione ed una quota di anziani sul numero dei bambini del1’82,74%, confermando il significativo invecchiamento della regione Toscana rispetto ad altre regioni italiane. Gli indici di dipendenza, che indicano la quota percentuale degli anziani sulla popolazione in età lavorativa pari al 32,42% ci offrono il panorama dell’impatto sociale dell’invecchiamento riguardo al delinearsi di nuovi e crescenti bisogni di assistenza. ATI Associazione Temporanea di Impresa
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Ad oggi il modello di assistenza domiciliare, in Italia, viene ritenuto assolutamente il più funzionale in quanto permette di migliorare la qualità della vita riducendo la spesa sanitaria. Il nucleo familiare è posto al centro di numerosi interventi previsti dalle normative regionali e nazionali, il peso della responsabilità familiare e genitoriale è uno degli elementi che maggiormente condizionano le scelte a livello di politiche sociali: da quelle per i giovani, agli anziani, da quelle per la maternità e l’infanzia a quelle per la scuola e i servizi educativi. In particolare il Piano Integrato Sociale della regione Toscana per gli anni 2002­2004 promuove il Progetto Obiettivo Anziani favorendo l’inserimento e il recupero sociale delle persone anziane attraverso l’organizzazione di servizi ispirati ad una visione “positiva” della salute degli anziani, investendo in risorse e attenzioni per prevenire lo stato di non autosufficenza e permettere una vecchiaia serena nel proprio “ambiente di vita” Nell’ottica di realizzare un Progetto personalizzato per la persona anziana mediante servizi, interventi e prestazioni integrate con criteri di temporaneità e circolarità collegate al naturale contesto familiare, ambientale e sociale della persona , acquista un ruolo decisivo la centralità del servizio di assistenza domiciliare Tra gli altri obiettivi prioritari nel triennio individuati dal Piano Integrato troviamo:
* Lo sviluppo del Servizio di Assistenza Domiciliare al fine di garantire la copertura del 3% della popolazione > 65 anni Ma chi sono le persone che si occupano dell’assistenza domiciliare nella nostra provincia? Quasi prive di visibilità sociale, queste figure professionali hanno un ruolo importantissimo fra le pareti domestiche di molte case. Il fenomeno ad oggi è difficilmente quantificabile poiché ATI Associazione Temporanea di Impresa
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coinvolge prevalentemente donne italiane con titolo di studio debole, in svantaggio sociale e straniere definite “badanti”, spesso non regolarizzate rispetto al rapporto di lavoro, ma anche rispetto al permesso di soggiorno, e questo progetto vuole rispondere a queste esigenze. Attualmente la formula contrattuale privilegiata inizialmente era quella a ore, negli ultimi anni è invece aumentata la percentuale dei lavoratori conviventi ma si presuppone che la richiesta maggiore da parte delle famiglie riguarda proprio la lavoratrice a tempo pieno (24 ore su 24).
L’ultima indagine Eurispes (2002) sul lavoro domestico afferma che il milione e mezzo di cosiddetti collaboratori familiari presenti sul territorio nazionale sono ritenuti non più un lusso ma una vera e propria necessità per famiglie, anziani e single L’Eurispes fotografa la situazione di tutti i lavoratori italiani e stranieri che sono occupati in ambito domestico. Secondo la ricerca dell’Istituto emerge come dei 12.213 collaboratori che lavorano 36­45 ore la settimana, il 59,1% sia costituito da stranieri, che rappresentano anche il 57,9% dei 5.232 collaboratori che lavorano più di 45 ore settimanali. La ricerca, inoltre, mette in evidenza che l’incidenza straniera risulta inferiore nel caso di una mole di lavoro settimanale al di sotto delle 36 ore. La convivenza con i datori di lavoro, infatti, permette agli immigrati irregolari di esporsi di meno, benché alcuni dei gruppi etnici più numerosi, in Italia da più tempo, si siano organizzati con appartamenti in comune
Attualmente coloro che svolgono la professione di collaboratore domestico in Italia, regolarmente iscritti, sono 227.249, dei quali l’87,1% è costituito da donne. Evidentemente la professione è rimasta appannaggio delle donne, specialmente tra i collaboratori italiani. Benché gli ATI Associazione Temporanea di Impresa
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extracomunitari di sesso maschile accettino in misura nettamente superiore rispetto agli uomini italiani di svolgere mansioni da collaboratore familiare – anche per la mancanza di altri lavori – in realtà anche tra gli stranieri in questa occupazione prevalgono le donne Gli extracomunitari costituiscono l’86,6% dei 29.204 uomini iscritti, e quindi gli italiani si riducono a 3.909 unità distribuite su tutto il territorio nazionale. Su 27.210.721 di uomini italiani residenti in Italia a fine 1999, soltanto 1,4 ogni 10.000 svolge la professione di collaboratore familiare.
I collaboratori domestici immigrati sono tendenzialmente più giovani di quelli italiani: il 9,1% degli immigrati ha un’età compresa tra 21 e 25 anni e il 58,1% tra 26 e 40 anni, mentre il 56,2% dei collaboratori italiani ha un’età che oscilla tra i 41 ed i 60 anni. La maggior parte dei collaboratori domestici immigrati presenti regolarmente in Italia provengono dall’Asia Orientale. Dei 48.871 che arrivano da quell’area, quasi il 75% è costituito da filippini, ben 36.606 persone che svolgono questo tipo di lavoro. A prescindere dall’Estremo Oriente, le altre zone del mondo che forniscono una quota consistente di collaboratori domestici sono l’Africa (17,4%), l’Europa dell’Est (16,6%) e l’America del Sud (16%). La maggioranza assoluta degli uomini (65,3%) arriva dall’Asia Orientale, a conferma di un’immigrazione per lavoro domestico che si discosta da quella di altre aree del mondo. Paesi come lo Sri Lanka, l’India, il Bangladesh ed il Pakistan vedono prevalere l’immigrazione degli uomini (tra i registrati come collaboratori domestici) rispetto a quella delle donne. In questo caso i colf superano le colf con percentuali che vanno dal 51,6% dell’India al 90% del Bangladesh. Probabilmente, convinzioni religiose o culturali favoriscono una maggiore disponibilità ad assolvere compiti tradizionalmente riservati ATI Associazione Temporanea di Impresa
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al sesso femminile da parte degli uomini di alcuni Paesi piuttosto che di altri. Non va tuttavia dimenticata la possibilità di un orientamento all’emigrazione, in certi Paesi, quasi esclusivamente maschile
La ricerca Eurispes mette inoltre in rilievo che la distribuzione geografica dei collaboratori domestici extracomunitari vede la maggioranza di loro concentrati nelle regioni della Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna al Nord, nella Toscana e nel Lazio al Centro in particolare in Toscana il 9,5% di extracomunitari sono impiegati in questo settore. Nella provincia di Pisa si è assistito nell’ultimo decennio ad un incremento notevole della presenza di cittadini immigrati e di questi il tasso di presenza femminile sulla popolazione straniera al 2000 era del 47,8%
Poniamo ad esempio i dati forniti dalla provincia di Lucca, territorio attiiguo a quello pisano, ma che presenta lo stesso tipo di problematica, la regolarizzazione dei cittadini extracomunitari offerta dalla legge 189/2002 (la Bossi­ Fini) ha attivato una prima sanatoria per i/le badanti e i/le colf favorendo l’emersione del lavoro sommerso Alla data dell’11 2003 novembre la Questura di Lucca ci indica che sono state presentate nella nostra provincia 2973 domande di regolarizzazione, di cui 1553 come colf­
assistenti alla persona e 1420 come lavoratori subordinati. Territorialmente le domande sono così suddivise: Piana di Lucca e Garfagnana: colf e assistenti 852, lav. subordinati 913 – Versilia: colf e assistenti 701, lav. subordinati 507
Questi dati ci confermano una costante rispetto al lavoro degli immigrati: questi lavoratori/trici passando da una prima fase di inserimento nel mercato del lavoro irregolare ad un lavoro regolare manifestano la volontà che il loro trasferimento, da temporaneo che era, possa diventare ATI Associazione Temporanea di Impresa
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permanente. Nasce così l’esigenza di formare e rendere competenti tali figure attraverso l’acquisizione di capacità adeguate alla funzione da svolgere nell’intento di superare atteggiamenti e comportamenti spontanei dettati esclusivamente o dai buoni sentimenti o da un’esperienza maturata sul campo, nell’ambito della famiglia di provenienza.
Anche se nella maggioranza delle casi questa professionalità di “badante” è ricoperta prevalentemente da donne straniere, nella nostra provincia esistono numerose residenti che svolgono funzioni di assistenza alla persona in situazioni spesso più precarie dal punto di vista contrattuale di quelle delle colleghe immigrate. Anche da questa fascia di utenza è pertanto fortemente sentita l’esigenza di acquisire una formazione che permetta loro di avere una professionalità più strutturata per il mercato del lavoro e contemporaneamente, di potersi collocare in una posizione contrattuale più sicura e riconosciuta dai contratti di lavoro nazionali
Dall’analisi effettuata si può evincere come il Progetto di formazione per Assistente Familiare qui proposto, possa fornire risposte adeguate alle richieste espresse dal mercato del lavoro locale. In particolare sul versante dell’Offerta di lavoro risponde:
1) a un bisogno di qualificazione e di formazione sovente per uscire dal sommerso e da una situazione spesso di solitudine e di isolamento professionale;
2) alla possibilità di inserirsi in futuro in forme di organizzazione del lavoro più complesse e dinamiche come ad es. aggregandosi in cooperative ATI Associazione Temporanea di Impresa
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di servizi
3) al desiderio di rimanere sul territorio acquisendo una professionalità in grado di dare sicurezza e continuità al loro progetto di vita personale
sul versante della Domanda risponde a una richiesta di: 1) professionalità più adeguate ai bisogni e a alla cultura delle famiglie locali
2) professionalità qualificate a disposizione dei servizi sociali che hanno in carico gli assistiti
3) professionalità sempre più specialistiche per l’aumento e la diversificazione delle patologie dei soggetti bisognosi di cura e di assistenza
4) aggiornamento della manodopera già occupata nei confronti della quale i datori di lavoro spesso non possono intervenire in itinere o per la mancanza di persone della famiglia (la persona da assistere spesso vive da sola) o per mancanza di tempo degli stessi familiari solitamente impegnati in lavori esterni alla casa.
Con tale progetto quindi si propone di formare 15 lavoratrici extracomunitarie o appartenenti ad una fascia di disagio occupazionale qualificandole come “addette ai servizi di assistenza domiciliare”. Per facilitare il target si pensa di rivolgersi sia a coloro che sono già occupate presso le famiglie del territorio, sia a coloro che sono in cerca di lavoro nonché alle disoccupate che desiderano inserirsi nel settore. L'obiettivo formativo prioritario e quello di scavalcare le classiche difficoltà nel rapporto tra le “badanti” e le famiglie dovute ad incomprensioni nella ATI Associazione Temporanea di Impresa
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comunicazione, all’appartenenza a culture diverse, ad usi, costumi e credenze difformi anche nella gestione delle persone assistite fornendo alle allieve le competenze qualificanti di tipo assistenziale, psicologico, ed operative tali da garantire la fiducia e il consolidamento del rapporto sia con l'assistito che con la famiglia basato su solide competenze Obiettivo primario dell’intervento è quello di qualificare, secondo il profilo indicato dalla Regione Toscana una figura professionale in grado di assistere nelle attività della vita quotidiana una persona anziana o disabile fisica presso il domicilio del soggetto, svolgere varie attività legate all’igiene della persona e della casa, affrontare le situazioni di bisogno attivando i servizi socio sanitari presenti sul territori e operare in un clima positivo con i familiari o le persone responsabili del soggetto accudito. Oltre alle extracomunitarie così come prescritto in fase di richiesta a bando, il progetto si deve rivolge anche a donne in disagio sociale che vogliono formarsi nel settore dell’assistenza, e fra queste presumibilmente si troveranno le maggiori richieste di adesione al corso. Il progetto intende offrire contenuti ed attività che possano sviluppare competenze e capacità volte alla tutela igienico/sanitaria dell’assistito, alla cura dell’ambiente, all’acquisizione di abilità sociali e relazionali per gestire rapporti significativi e positivi con l’anziano e la famiglia affinché non si perda di vista la complessità sistemica entro cui egli è inserito, alla conoscenza delle tematiche relative alla sicurezza e prevenzione degli incidenti domestici e alla consapevolezza da parte dell’operatore dei propri diritti in materia di contrattualistica e di legislazione sociale.
Risulta subito evidente la difficoltà nel reclutamento di allieve extracomunitarie che al momento siano già impegnate nell'attività di ATI Associazione Temporanea di Impresa
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badante ma che non risultano regolarizzate, quindi in virtù di tale status di irregolari, non possono emergere e partecipare al corso in quanto semplicemente non in possesso di Regolari Permessi di Soggiorno. Questa condizione è emersa inizialmente ancor prima della fase di progettazione del percorso formativo facendo una semplice giro di domande presso centri di ascolto e associazioni di volontariato presenti sul territorio. Questo ha dato un maggiore impulso all'indagine, sviluppando nuovi canali relazionali e conoscenze, non tradizionalmente impiegati nei casi di valutazione di necessità formative sul territorio. Tra queste, la conferma e la spinta alla realizzazione del corso è stata data dai vertici dell'Associazione Scientifica Promed Galileo, con i quali dopo una serie di incontri si è rafforzata la necessità della realizzazione del percorso formativo individuando eventualmente il target delle partecipanti non tanto nelle donne extracomunitarie già residenti sul territorio, ma bensì extracomunitarie formate con specifici percorsi formativi nei loro paesi di residenza utilizzando una piattaforma software tale da permettere la formazione a distanza e la valutazione della qualità della formazione erogata ed acquisita. L'iniziativa alquanto innovativa, non ha riscontrato la possibilità di una immedita esecuzione e quindi ai fini di una indagine conoscitiva sul territorio non poteva portare a risultati tangibili, e immediati sulla realizzazione del corso di formazione.
Un altro contributo positivo è stato fornito dal Comune di Cascina, nella figura del funzionario responsabile del settore assistenza sociale sul territorio. La disponibilità dell'ufficio in accordo con l'assessorato ai Servizi Sociali ha garantito una la disponibilità alla massima informazione e pubblicizzazione nella fase di reclutamento delle eventuali iscritte al ATI Associazione Temporanea di Impresa
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corso. Questo fatto si inserisce anche con la volontà dell' amministrazione comunale di istituire un Albo delle Badanti gestito direttamente dal Comune di Cascina, con lo scopo di agevolare l'incontro tra domanda e offerta sul territorio, visto che si tratta di profili professionali del tutto particolari attualmente “deboli” per quanto riguarda la pubblicizzazione dell'offerta (solo su conoscenze di parenti o amici) e “deboli” per quanto riguara la domanda (non esistono canali ufficiali di reclutamento), e quindi nella maggior parte dei casi confluiscono nel canale del lavoro “nero”.
La spinta conclusiva oltre a quella ulteriormente confermata dagli eventuali sostenitori del progetto, ovvero associazioni di volontariato, cooperative sociali, Onlus che si sono rese disponibili ad ospitare le allieve per il periodo di stage tirocinio obbligatorio presso le loro strutture ( Comune di cascina, Paim Cooperativa Sociale, Dinse une Man, Piccola casa divina provvidenza) e venuta da parte della Società della Salute della USL 5 di Pisa. Con una serie di colloqui con i responsabili dello sportello Informativo per Cittadini Stranieri si è ulteriormente concretizzata la possibilità di realizzare il percorso formativo. Da parte della SDS è stato preso l'impegno di coinvolgere pubblicizzare e invogliare le donne straniere a partecipare al corso di formazione acquisire una qualifica professionale, e perché no fare da apripista alla realizzazione di eventuali cooperative di fornitura di servizi di assistenza domiciliare agli anziani e ai non autosufficienti del territorio pisano. 15 marzo 2007
Giovanni Covato