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Olio o burro?
Se ponete questa domanda a medici o nutrizionisti
probabilmente il 90% di loro vi risponderà, senza
esitare, che l'olio di oliva è migliore perché
protegge le arterie e mantiene il cuore in salute.
Il rimanente 10% non si limiterà ad una risposta
superficiale ma vi spiegherà che entrambi devono essere presenti in un
alimentazione equilibrata.
In questo articolo cercheremo di rivalutare il burro sotto il profilo nutrizionale,
attribuendogli i giusti pregi e difetti. La stessa cosa faremo con l'olio di oliva,
cercando di ridimensionare l'entusiasmo per questo alimento.
Nel nostro Paese il 2005 ha fatto registrare una netta diminuzione del
consumo di margarina (meno 7,4%), burro (meno 3,7%) e olio di semi (meno
3,5%).
In misura minore è diminuito anche il consumo di olio di oliva (meno 0,6%).
La margarina, fortunatamente, sta lentamente sparendo dalle tavole degli
Italiani, anche se spesso ritorna nascosta sottoforma di dolci o di altri
preparati industriali.
I numerosi attestati scientifici che attribuiscono all'olio extravergine di oliva
un ruolo di primo piano nella prevenzione delle malattie cardiovascolari
hanno sicuramente contribuito ad incentivarne il consumo e, nonostante una
flessione del mercato di grassi e oli che continua ormai da un decennio, la
sua popolarità è in costante crescita.
La stessa cosa non si può dire per il consumo di burro che, vista la netta
presa di posizione contro i grassi saturi a cui abbiamo assistito negli ultimi
anni, sta progressivamente calando.
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Ci sono voluti all'incirca vent'anni per ridimensionare le qualità della pasta, di
cui l'Italia, guarda a caso, è tra i principali produttori al mondo. Speriamo non
ne occorrano altrettanti per capire che un'eccessiva valorizzazione dell'olio di
oliva non può che dare le medesime conseguenze negative.
Purtroppo dietro ad ogni grande alimento esiste un grande interesse
commerciale. E' naturale che i produttori di olio di oliva si affannino a
sfornare nuovi studi che ne testimonino le benefiche proprietà. Non a caso le
poche ricerche che ridimensionano il ruolo dell'olio di oliva nella nostra
alimentazione arrivano proprio dagli Stati Uniti dove il suo consumo è ancora
limitato.
Attenzione a non ripetere gli errori della dieta mediterranea
L'informazione "soft" che passa attraverso i fogli di giornale o tra programmi
televisivi distrattamente seguiti in molti casi si rivela non solo inutile, ma
addirittura dannosa. E' successo in passato con la pasta e probabilmente
accadrà di nuovo con l'olio di oliva.
Purtroppo non tutte le persone hanno il tempo, il grado di istruzione o i mezzi
economi per crearsi una sana cultura alimentare.
Pensiamo per esempio ad una famiglia che deve fare i conti con
disoccupazione, affitti alle stelle ed esigenze dei figli; difficilmente al
supermercato impiegherà tempo e denaro nello selezionare i prodotti di
migliore qualità. Difficilmente capirà cosa sono gli acidi grassi monoinsaturi, i
fenoli o i tocoferoli, capirà soltanto che l'olio di oliva è utile per la salute del
cuore.
L'inevitabile risultato è che tale famiglia abbonderà con il consumo di olio di
oliva che come sappiamo è molto energetico. Il surplus calorico li farà
inevitabilmente ingrassare e sarà proprio l'eccessivo accumulo di adipe ad
aumentare l'incidenza delle malattie cardiovascolari nella famiglia. Inoltre
l'elevato costo del prodotto li porterà ad acquistare oli più economici, spesso
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di qualità scadente, che hanno perso durante la raffinazione molte delle virtù
per le quali vengono consigliati.
Burro o olio di oliva?
Cento grammi di olio di oliva apportano 899 Kcal; Il burro ha invece un
contenuto calorico inferiore del 16%, pari a circa 758 Kcal/100 g. Utilizzando
20 grammi di burro anziché 20 di olio di oliva si risparmiano quindi 24 kcal.
Il burro ha anche il vantaggio di essere facilmente dosabile, mentre si tende
spesso ad esagerare con le quantità di olio di oliva.
E' quindi del tutto infondata la convinzione secondo la quale l'olio è un
alimento più leggero e meno calorico del burro. Caso mai è vero il contrario.
Anche l'olio di oliva contiene grassi saturi così come il burro contiene una
piccola percentuale di acidi grassi insaturi. Nello specifico il contenuto di
acidi grassi a lunga catena del burro è tre volte superiore.
Cento grammi di burro contengono all'incirca 250 mg di colesterolo che è
invece assente nell'olio di oliva.
Considerando che l'assunzione quotidiana di colesterolo non dovrebbe
superare i 300 mg/die, l'aggiunta di piccole quantità di burro agli alimenti è
pienamente compatibile con le regole di un'alimentazione salutistica.
D'altronde anche i formaggi sono ricchi di colesterolo e abolire il burro per
poi consumare in abbondanza altri latticini o carni grasse non avrebbe alcun
senso. Si ricorda inoltre che le malattie cardiovascolari si combattono non
solo controllando l'assunzione di colesterolo ma soprattutto mantenendo il
proprio peso corporeo nella norma, praticando regolare attività fisica ed
assumendo le giuste quantità di acidi grassi polinsaturi.
Il consumo di burro è superiore nei Paesi nord europei e nell'Italia
settentrionale. Al sud si preferisce invece utilizzare l'olio di oliva senza però
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ottenere significativi vantaggi sulla durata media della vita o sull'incidenza
delle malattie cardiovascolari.
Questo dato conferma che il considerare l'olio di oliva come un alimento in
grado di proteggerci da solo da tali malattie sia, senza dubbio,
eccessivamente ottimistico.
Tra i vari oli, quello extravergine di oliva può per certi aspetti essere
considerato il migliore ma occorre assumerlo con moderazione e comunque
alternarlo ad altri tipi di condimenti (burro, olio di semi ecc.).
Ricordiamo infatti che per funzionare al meglio il nostro corpo necessita
anche di colesterolo e dei preziosi acidi grassi polinsaturi scarsamente
presenti nell'olio di oliva (9%).
Se da un lato il burro è ricco di vitamina A e sali minerali, dall'altro l'olio di
oliva è ricco di tocoferoli, steroli vegetali e di altre sostanze con azione
antiossidante.
Tanto più l'olio di oliva è di qualità, cioè extravergine di prima spremitura,
tanto maggiore è la sicurezza che sia privo di residui chimici, o che
comunque ne contenga in quantità limitate. La tecnica di produzione del
burro lo rende invece un alimento salutare, almeno per quanto riguarda il
contenuto di residui chimici di lavorazione. Le caratteristiche organolettiche
(sapore, aroma ecc.) sono invece influenzate dalle tecniche di produzione e
sono quindi migliori in un burro artigianale.
Il burro ha un punto di fumo molto basso per cui è bene non utilizzarlo per le
fritture, per le quali l'olio di oliva è sicuramente più indicato. Tale
caratteristica dona tuttavia al burro un ottima digeribilità, soprattutto se
consumato crudo.
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Il burro viene spesso utilizzato per aumentare l'appetibilità dei cibi,
mascherando la qualità scadente degli ingredienti. Per questo motivo viene
eccessivamente impiegato in mense, bar e ristoranti elevando il contenuto
calorico del piatto. Negli esercizi più economici si tende anche ad utilizzare
olio di oliva di qualità scadente o a sostituirlo con oli più saporiti, meno
costosi e, purtroppo, più pericolosi per la nostra salute.
Il burro è una discreta fonte di vitamine liposolubili, soprattutto vitamina A e
sali minerali.
In cucina e soprattutto in campo industriale il burro viene utilizzato per le sue
proprietà aggreganti e a tal proposito non può essere sostituito dall'olio di
oliva che renderebbe l'alimento untuoso e poco compatto.
Spesso e volentieri il burro viene a sua volta sostituito dalla margarina che,
come ampiamente spiegato nell'articolo "Burro o margarina" è un alimento
da evitare il più possibile perché ricco di acidi grassi idrogenati.
Dunque il burro non deve assolutamente scomparire dalle nostre tavole,
basta semplicemente fare attenzione a non usarne troppo.
Moderare ma non demonizzare dunque, cercando sempre di crearsi una
cultura alimentare quanto più ampia possibile. Solo in questo modo ci si
riesce a proteggere da alimenti, spesso scadenti, valorizzati da pubblicità
fuorvianti.
E' il caso, per esempio, del burro con ridotto contenuto di colesterolo. In
questo prodotto una quota di grassi animali viene sostiuita con grassi di
origine vegetale che in molti casi sono ottenuti tramite processi chimici che li
rendono molto più dannosi del burro tradizionale.
l burro contiene circa il 12-15% di acidi grassi a catena breve e media.
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BURRIFICAZIONE
La panna (emulsione di grasso in acqua) viene sottoposta a burrificazione,
cioè ad un insieme di operazioni che la trasformano in burro (emulsione di
acqua in grasso). Come accennato, la crema dev'essere innanzitutto
pastorizzata a 90-95°C per 15-20 secondi; per creme di qualità scadente si
utilizzano temperature superiori (105-110° C). Si tratta in ogni caso di valori
nettamente superiori rispetto a quelli utilizzati per pastorizzare il latte (65-85
gradi), necessari innanzitutto per la maggiore densità della crema, che
ostacola il raggiungimento dell'equilibrio termico in tutte le sue parti, in
secondo luogo per l'abbondante frazione lipidica, che agisce da isolante
termico proteggendo i microrganismi dal calore, e infine perché la panna ha
una carica microbica superiore rispetto al latte.
Molto importanti risultano anche i preventivi processi di standardizzazione necessari per adeguare il titolo in lipidi della panna - di neutralizzazione - in
cui l'acidità viene corretta per evitare problemi durante la pastorizzazione - e
di deodorizzazione.
Dopo aver eseguito tutti questi trattamenti, la panna viene raffreddata
rapidamente; in breve tempo si passa dai 90-95°C, raggiunti durante la
pastorizzazione, ad una temperatura di 6-7°C, alla quale la panna viene
lasciata per circa due ore; questo passaggio è chiamato cristallizzazione,
perché la repentina diminuzione della temperatura provoca la solidificazione
dei trigliceridi. Questo passaggio deve avvenire il più velocemente possibile,
perché solo in questo modo si formano cristalli abbondanti e soprattutto di
piccole dimensioni; se invece il processo di raffreddamento è lento si
formano pochi cristalli di elevate dimensioni (con diminuzione della
spalmabilità del burro).
Terminato il processo di cristallizzazione, la crema si presenta ancora come
un'emulsione del tipo olio in acqua, poiché l'inversione di fase non è ancora
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avvenuta; se di tipo dolce è inoltre priva di aroma, che le viene conferito solo
dalla successiva inoculazione di colture batteriche selezionate (batteri
acidificanti: Streptococcus lactis e cremoris; batteri aromatizzanti: S.
diacetalactis e Betacoccus citrovorus). Questa fase è superflua per i burri
prodotti a partire da crema acida, che al contrario di quella ottenuta per
centrifugazione (panna dolce) possiede già le caratteristiche organolettiche
tipiche del burro (il principale composto che conferisce al prodotto il tipico
aroma è il diacetile, a cui si associano sostanze come l'acetilmetilcarbinolo, il
2-3 butandiolo e l'acetoino).
Nella successiva fase di maturazione ai batteri viene lasciato tutto il tempo
necessario per operare le suddette trasformazioni; questa fase avviene in
serbatoi di acciaio chiusi (tank), contenenti al loro interno una pala, che
mantiene la massa in movimento, e rivestiti da una camicia nella quale
circola acqua; in questo modo è possibile mantenere la temperatura della
crema relativamente costante (16-21° C) per 10 ore o poco meno.
Quando la crema raggiunge valori di acidità prossimi a pH 5, il processo di
maturazione viene interrotto facendo passare acqua fredda nella camicia dei
tank. E' necessario arrivare a valori di pH leggermente acidi per consentire la
denaturazione della membrana lipoproteica (che avvolge i globuli di grasso)
e favorire i successivi passaggi.
A maturazione completata si procede con la zangolatura, che consiste nello
sbattimento veloce della crema di latte (circa 60 giri/min) in apposite
macchine chiamate zangole; ciò determina la collisione tra i globuli di grasso
e la coalescenza del materiale lipidico in essi contenuto, la cui fuoriuscita è
agevolata dalla denaturazione della membrana che li avvolge (grazie al pH
acido acquistato nella precedente fase di maturazione, all'azione meccanica
di sbattitura e alla bassa temperatura a cui viene condotta la zangolatura). I
trigliceridi fuoriusciti dai globuli si addensano in un ammasso solido che
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avvolge anche globuli integri (coalescenza) dando luogo a grumi di burro
delle dimensioni di un chicco di riso o di mais che si separano dal latticello.
L'intera operazione, condotta a 8-13° C, richiede circa 30 minuti. Durante
questa fase si ha l'inversione dell'emulsione, in quanto si formano globuli di
grasso (piccoli ammassi lipidici di dimensioni simili a chicchi di riso o di mais,
che nel loro insieme prendono il nome di burro grezzo) dai quali viene
espulso il latticello. Quest'ultimo è allontanato tramite frequenti lavaggi con
acqua fredda; tale operazione è importante - tra l'altro - per aumentare la
conservabilità del burro, in quanto il latticello è un ottimo terreno di coltura
per i batteri.
Al termine di questa fase il prodotto si presenta come una massa non
compatta, formata da tanti piccoli granellini; deve quindi essere impastato,
formato in pani ed avviato al confezionamento.
Quello appena illustrato è il processo tradizionale per la preparazione del
burro ed è un metodo discontinuo. Oltre ad esso, esiste una tecnica di
produzione alternativa, detta NIZO; i passaggi sono i medesimi, ma cambia il
momento in cui viene effettuata l'inoculazione delle colture batteriche;
mentre nel processo tradizionale viene eseguita prima della zangolatura, in
quello NIZO viene fatta dopo la conversione in burro grezzo della crema
dolce. I prodotti ottenuti con i due metodi hanno le medesime caratteristiche
nutrizionali ed organolettiche; però, mentre nel primo caso otteniamo un
latticello acido, nel secondo otteniamo un latticello dolce, quindi privo di
aromi; il processo NIZO consente anche un miglior controllo della
fermentazione.
La scelta di un processo rispetto all'altro dipende dagli usi a cui destinare il
latticello; è chiaro che quando la panna è ottenuta dal siero di latte, quindi da
un prodotto "di scarto" proveniente dalla fabbricazione del formaggio, il
latticello sarà ormai privo di sostanze nutritizie; se invece si parte dal latte si
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ottiene un siero più ricco in sostanze nutritizie, come sali minerali e proteine,
quindi adatto alla produzione di altri derivati del latte. Si potrà quindi
utilizzare la burrificazione tradizionale o il processo NIZO in relazione al tipo
di derivato che si vuole ottenere (a seconda del prodotto può essere utile
avere un siero più o meno aromatico).
Oltre alla burrificazione discontinua esiste anche una burrificazione di tipo
continuo, che viene effettuata per produrre burro su larga scala. I processi e
le fasi sono sempre gli stessi, con l'unica differenza che tutti i passaggi
avvengono all'interno dello stesso impianto.
I processi più utilizzati nei Paesi UE produttori di burro si basano sul metodo
FRITZ, che segue gli stessi princìpi della burrificazione discontinua. Il burro
ottenuto con il metodo Fritz, dal punto di vista chimico ed organolettico, è
indistinguibile da quello di zangola, ma la resa è leggermente inferiore e
minore risulta anche la percentuale di grasso globulare
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Composizione chimica e valore nutritivo del burro
Il burro si presenta, a temperature inferiori ai 23 °C, come una massa
plastica, di consistenza solida e colore giallino; odore e sapore, gradevoli,
ricordano quelli della crema, anche se più forti, perché ovviamente il burro è
più concentrato.
Il burro fonde tra i 28 ed i 33 °C; la sua composizione chimica è la seguente:
acqua 15-18%
grasso 80-84% (per legge, minimo 80 nei salati, minimo 82 nei non salati)
SNF (solidi non grassi) 1-2% di cui:
proteine: 0,4-0,8%
lattosio: 0,5-1%
sali minerali: 0,1-0,2%
Oltre ai trigliceridi, la frazione grassa comprende anche fosfolipidi (1-1,5%) e
una porzione insaponificabile: steroli, fondamentalmente colesterolo (0,10,2%), vitamine liposolubili e squalene. La composizione della frazione
lipidica (in trigliceridi, acidi grassi e steroli...) è identica a quella del latte. Tra
le sostanze presenti in tracce, molto importanti per i caratteri organolettici, si
ricordano il diacetile, l'acetilmetilcarbinolo, le aldeidi, i chetoni ed i lattoni.
Se consumato crudo, il burro è altamente digeribile, mentre fritto - pratica
assolutamente sconsigliabile per il suo basso punto di fumo - oltre a risultare
di difficile digestione, si degrada arricchendosi di sostanze tossiche.
Dal punto di vista nutrizionale il burro è un ottimo alimento, perché ottenuto
solamente con mezzi fisici, proprio come l'olio extravergine di oliva, e
facilmente digeribile, perché ricco di acidi grassi a corta catena. D'altra parte
occorre consumarlo con una certa moderazione, poiché, essendo di
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derivazione animale, è ricco di acidi grassi saturi, tra cui il "pericoloso"
palmitico, e colesterolo; è inoltre un alimento molto calorico, anche se in tal
senso è più leggero dell'olio di oliva o di semi (30% in meno di calorie). Per
approfondire: burro o margarina? Olio o burro?
Le attuali disposizioni di legge consentono di aggiungere, durante la
lavorazione, additivi antimicrobici (acido ascorbico e sorbati, dose max 500
mg/kg), antiossidanti (ascorbile-palmitato, dose max 0,3%), tocoferoli (dose
max 0,03%) e gallati di ottile e dodecile (dose max 0,01%). E' concessa
inoltre l'addizione di coloranti naturali, quali zafferano e annatto, e sale (i
burri salati hanno un contenuto massimo di NaCl pari al 2%, che va a
discapito della materia grassa; sono molto utilizzati nei Paesi nordici).
Il burro, al pari dell'olio di oliva vergine, è un condimento ottenuto
esclusivamente attraverso operazioni meccaniche e come tale esente da
trattamenti di rettifica e idrogenazione.
Classificazione
La disposizione di legge prevede che il burro contenga almeno l'80% di
grasso. Consente inoltre la produzione di:
burro leggero a ridotto tenore di grasso (o burro "3/4") con il 60-62% di lipidi;
burro leggero a basso tenore di grasso (o burro "metà") con il 39-41% di
lipidi.
Possiamo anche trovare denominazioni del tipo "burro tradizionale", ottenuto
semplicemente dalla crema del latte e non dal siero, "burro concentrato", in
cui la fase lipidica è superiore rispetto al burro comune (fino al 99,8%) e lo
rende
adatto
all'impiego
nelle
industrie
pasticciere,
e
"burri
decolesterolizzati", ai quali vengono aggiunte ciclodestrine durante il
processo di produzione (queste sostanze di origine bioteconologica
inglobano il colesterolo formando un complesso che viene poi allontanato
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per centrifugazione) con lo scopo di ridurre il contenuto in colesterolo fino al
65%.
Burro o margarina?
Quale dei due grassi è meglio utilizzare in cucina?
La regola generale è ormai nota a molti: un eccesso di grassi saturi
(contenuti nel burro) e acidi grassi trans o idrogenati (contenuti nella
margarina) aumenta il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari ed
alcune forme tumorali.
Tuttavia spesso ci si chiede quale tra queste due
tipologie di grassi sia potenzialmente più nociva.
Dunque, in cucina è meglio utilizzare il burro o la
margarina?
Limitarli entrambi sarebbe, ovviamente, la risposta più spontanea; tuttavia
volendo approfondire la cosa dal punto di vista biochimico giungiamo alla
conclusione che tra i due è preferibile utilizzare il burro.
La margarina è infatti un grasso che non esiste in natura ma deriva da un
mix di oli vegetali e grassi animali lavorati tramite processi industriali.
Primo punto a sfavore della margarina: i grassi utilizzati per realizzarla
sono spesso di qualità scadente e con valore alimentare molto basso.
Poiché gli oli vegetali sono liquidi in natura, vengono resi solidi mediante il
processo di idrogenazione.
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Secondo punto a sfavore della margarina: il processo di idrogenazione
inattiva alcune sostanze positive per l'organismo; non solo, queste
modificazioni biochimiche vengono riconosciute come estranee dal nostro
organismo che tende ad accumulare questi grassi sottoforma di lipoproteine
a bassa densità, il famoso LDL o colesterolo cattivo.
Terzo punto a sfavore della margarina: recenti studi hanno dimostrato che
la margarina, a differenza del burro, non solo aumenta il cosiddetto
colesterolo cattivo, ma diminuisce al contempo quello buono, con effetti
altamente deleteri sulla nostra salute.
Dovendo scegliere tra burro e margarina è quindi meglio preferire il primo,
facendo attenzione alla sua qualità e provenienza e, naturalmente, senza
esagerare con le quantità. Dal punto di vista energetico entrambi gli alimenti
hanno lo stesso potere calorico. La margarina 100% origine vegetale è priva
di colesterolo e spesso questa caratteristica viene ben pubblicizzata sulla
confezione, quasi come si trattasse di un alimento salutare.
Occorre infine ricordare che la margarina si trova in un sacco di alimenti
preconfezionati quali pastine, biscotti e simili, si consiglia pertanto di limitare
anche l'assunzione di questi cibi e di leggere attentamente le etichette
nutrizionali al momento dell'acquisto.
Olio di oliva
L'olio di oliva è un alimento tipico dell'area mediterranea, un prodotto
antichissimo e di pregio, soggetto, per via del suo alto valore economico, a
tantissimi tipi di sofisticazioni. L'Italia, insieme alla Spagna, è uno dei più
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grandi produttori di olio di oliva al mondo, ma nonostante ciò, a causa di
un'elevata richiesta interna, è costretta ad importarlo. Meglio così, dal
momento che stiamo parlando di un ottimo prodotto alimentare.
Secondo la legge italiana, l'olio di oliva è il:
"prodotto ottenuto dalla spremitura dei frutti di Olea europea (Fam.
Oleaceae)"
Approfondimenti iniziali: caratteristiche botaniche dell'olivo e nutrizionali
dell'oliva
Proprietà nutrizionali dell'olio di oliva
L'olio di oliva, alimento principe della dieta mediterranea, è il condimento da
preferire in assoluto sia crudo, sia per cucinare. Il suo elevato punto di fumo
(210 °C per l'olio extravergine di oliva) ne fa uno dei condimenti più adatti
per le fritture. L'olio di oliva ha tuttavia un altissimo valore energetico (899
Kcal per 100 grammi) e per tal motivo, nonostante le sue benefiche
proprietà, è bene non abusarne. In particolare, specie in caso di obesità e
sovrappeso, si consiglia di dosarlo con un cucchiaio o con un cucchiaino,
rispettando le dosi previste dal programma alimentare.
L'olio di oliva è particolarmente ricco di grassi monoinsaturi ed in particolare
di acido oleico. Grazie a questa sua particolare composizione in acidi grassi,
è uno dei condimenti migliori per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo
cattivo (LDL) nel sangue.
L'acido oleico, infatti, riduce i livelli di colesterolo-LDL senza intaccare la
percentuale di colesterolo-HDL. Questo acido grasso, pur non essendo
essenziale, è quindi molto importante per il nostro benessere. L'acido oleico
si trova in numerosi condimenti di origine vegetale ed in particolar modo
nell'olio di oliva che, anche per questo motivo, rappresenta uno dei migliori
condimenti da utilizzare in cucina.
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CONTENUTO DI ACIDI GRASSI PER 100 GRAMMI DI ALIMENTO
SATURI
MONOINSATURI
POLINSATURI
[g]
[g]
[g]
14,46
72,95
7,52
Olio di semi di arachide 19,39
52,52
27,87
Olio di semi di girasole 11,24
33,37
50,22
Olio di semi di mais
14,96
30,66
50,43
Burro
48,78
23,72
2,7
Olio extravergine di
oliva
Classificazione degli oli di oliva
Olio extravergine di
oliva
Olio di oliva vergine
Olio di oliva vergine
lampante
acidità non superiore allo 0,8%
acidità non superiore allo al 2%
acidità superiore al 2%
ottenuto dalla miscela di olio di oliva raffinato e olio di
Olio di oliva
oliva vergine, diverso dal lampante, con acidità non
superiore al 2%
ottenuto dalla miscela di olio di sansa di oliva
Olio di sansa di oliva raffinato e olio di oliva vergine, diverso dal lampante,
con acidità non superiore all'1%
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Usi
L'olio di oliva è prevalentemente usato come alimento, ma anche in terapia
per le proprietà lassative e colecistocinetiche, come epatoprotettore, contro
l'ulcera gastrica e come emolliente locale. Il decotto di foglie e corteccia
viene utilizzato per combattere reumatismi, febbre, gotta, ipertensione
arteriosa, emorroidi e per disinfettare piaghe e ferite.
Vedi anche: oleocantale, le proprietà antidolorifiche dell'olio di oliva.
In farmacia entra a far parte di linimenti, pomate e unguenti.
In campo cosmetico, l'olio di oliva serve per fare saponi, dove si utilizza
l'ultimo prodotto della torchiatura. Gli esteri contenuti nell'olio di oliva trattati
con soda caustica o carbonati, saponificano scindendosi in glicerina e sali
alcalini degli acidi grassi, cioè saponi. Il puro sapone di Marsiglia dovrebbe
infatti essere un sapone di soda.
I noccioli delle olive sono un ottimo combustibile, economico e soprattutto
ecologico, dato che la quantità di CO2 emessa durante la combustione è la
stessa
rilasciata
durante
la
decomposizione
naturale.
I
noccioli
rappresentano quindi un'importante risorsa energetica per i Paesi produttrici
ed esportatori di olio di oliva. A Madrid lo sfruttamento di questa fonte
energetica è già iniziato e fornisce tuttora calore ed acqua calda a diverse
abitazioni.
PREPARAZIONE DELL'OLIO DI OLIVA: metodo classico
La raccolta delle olive si effettua quando esse sono mature, ponendo delle
reti sotto la chioma e battendo o raccogliendo a mano o con rastrelli le olive
(ABBACCHIATURA).
Poi le olive vengono raccolte in sacchi di juta (di circa 1 quintale) e portate al
frantoio, dove sono messe in vasche di lavaggio e poi passate alla
FRANGITURA.
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Questa si esegue in grandi vasche circolari in cui si mettono le olive e su cui
si fanno passare le MACINE, due o tre grosse ruote in granito, che,
schiacciando
i
frutti,
danno
dopo
circa
un'ora
una
polpa
fitta.
A questo punto la polpa va rimescolata, poi spalmata su ciambelle circolari,
che vengono intercalate a dischi metallici, tutti inseriti su un cilindro centrale.
Questo apparato viene sottoposto a PRESSATURA meccanica che produce
la caduta di gocciole di olio insieme ad acqua. L'ultimo passaggio prevede la
SEPARAZIONE dell'acqua dall'olio, che risulta bello verde o chiaro (a
seconda della qualità delle olive, del territorio di crescita, e della quantità di
foglie eventualmente presenti: non è detto che un olio più è verde più è
buono). Alternativamente si può usare una macchina a ciclo continuo
(centrifugazione), che dà rese maggiori, ma olio con caratteristiche
organolettiche inferiori.
Per approfondire le tecniche di estrazione dell'olio di oliva vedi gli articoli
dedicati:
RACCOLTA DELLE OLIVE
TECNICHE DI ESTRAZIONE DELL'OLIO DI OLIVA
per pressione
per centrifugazione
per percolamento mediante filtrazione selettiva
CONSERVAZIONE
L'olio di oliva dev'essere conservato in bottiglie di vetro scuro o latta, al
riparo dalla luce e fonti di calore. Se il contenitore è integro e ben sigillato
l'olio di oliva in esso contenuto si mantiene inalterato per circa 18 mesi. Una
volta aperto è bene consumarlo entro l'anno. Un olio di oliva genuino e di
elevata qualità, se tenuto in ambiente freddo, diventa piuttosto denso ma non
per questo meno appetibile. Se l'olio di oliva si presenta torbido e denso a
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causa della mancata filtrazione, i tempi di conservazione del prodotto si
abbassano e l'olio può andare più facilmente incontro ad irrancidimento.
Quando si acquista un olio di oliva è importante valutare attentamente il
prezzo del prodotto in quanto i parametri tradizionali di genuinità e pregio
(colore verde e opacità) possono essere riprodotti artificialmente evitando la
filtrazione e tingendo l'olio con clorofilla.
Per valutare la pregiatezza di un olio di oliva ci si può basare sul valore di
acidità, tanto più basso quanto migliore è la qualità del prodotto. D'altra parte
non occorre fidarsi di scritte promozionali che sponsorizzano la bassa acidità
dell'olio di oliva senza specificare chiaramente il suo reale valore. Il
consumatore può infine contare sui rigorosi controlli che in teoria sono stati
effettuati sugli oli di oliva biologici e su quelli con certificazione IGP, DOP e
STG.
Oli di semi
Gli oli di semi sono oli ottenuti da frutti o da semi di piante ed alberi diversi
dall'ulivo. Questi prodotti vengono utilizzati prima di tutto in campo
alimentare, ma trovano applicazioni anche in quello cosmetico (olio di germe
di grano, di avocado...), nell'industria chimica (in modo particolare in quella
delle vernici), ed in quella farmaceutica (ad esempio come veicolo per alcuni
farmaci, nella preparazione delle flebo per nutrizione parenterale ecc.)
Oltre all'ulivo, numerose altre specie vegetali hanno semi (70%) o frutti
(30%) con un contenuto in olio tale da renderne conveniente l'estrazione.
Vediamo le principali;
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PIANTA
PARTE
UTILIZZATA
PRODOTTI
Girasole
Seme intero
Olio alimentare, margarina
Arachide
Seme intero
Olio alimentare, margarina
Cartamo
Seme intero
Olio alimentare, margarina
Soia
Seme intero
Colza
Seme intero
Olio alimentare, margarina
Cocco
Frutto
Margarina, prodotti da forno, cosmetici
Palma
Frutto (polpa)
Margarina, prodotti da forno, cosmetici
Mais
Germe
Olio alimentare, margarina
Frumento
Germe
Prodotti dietetici, cosmetici
Vinaccioli
Seme
Olio alimentare, margarina
Olio alimentare, margarina, prodotti da
forno
A causa della produzione estensiva delle colture erbacee e della maggiore
produttività e resa, gli oli di semi sono meno costosi dell'olio di oliva e,
seppur con caratteristiche organolettiche inferiori, sono adatti al consumo
crudo. In genere non sono adatti per la frittura, poiché l'elevata temperatura li
decompone velocemente; esistono tuttavia eccezioni, come l'olio di arachidi
e quello di variatà selezionate con maggior contenuto in acido oleico.
ESTRAZIONE DELL'OLIO DAI SEMI
Le fasi iniziali del processo produttivo sono preparative, dal momento che
tutti questi alimenti derivano dal terreno e possono quindi essere contaminati
da terriccio e foglie; di conseguenza è necessario eseguire un lavaggio ed
una setacciatura preliminare. Una volta ottenuto il seme pulito si effettua una
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sgusciatura e/o una decorticazione e/o una depellicolazione, in base al tipo
di seme che stiamo considerando. L'arachide, per esempio, dev'essere
sgusciata e depellicolata.
A questo punto si esegue una macinazione e/o una laminazione. Per semi
ad elevato contenuto lipidico si esegue una macinazione, in modo da ridurre
il seme in frammenti, che devono comunque essere abbastanza spessi;
infatti se i semi sono ridotti a farina, tendono poi ad impastarsi quando
vengono sottoposti a pressatura per ottenere l'olio. La laminazione, invece,
viene operata soprattutto sui semi a minor contenuto lipidico, che vengono
ridotti in scagliette molto simili per facilitare l'entrata del solvente e la
successiva estrazione.
Segue la fase di riscaldamento / condizionamento. In genere questi semi
macinati o laminati vengono trattati con vapore umido, che li rende più
morbidi facilitando l'estrazione dell'olio ed aumentandone la rese.
A questo punto il processo si divide.
Se abbiamo un seme ad elevato contenuto lipidico si esegue una pressatura
iniziale, con delle presse continue simili a quelle viste per l'olio di oliva. Da
questo processo si ottiene un olio grezzo che dev'essere rettificato; tutti gli
oli di semi devono essere rettificati, in quanto la semplice estrazione porta
a difetti del prodotto: o perché ha dei colori troppo marcati (l'olio di palma è
marrone), o perché presenta dei sapori o degli adori sgradevoli, o ancora per
l'elevata acidità.
Il pannello che rimane da questa pressatura, cioè il materiale solido, viene
frantumato e sottoposto ad un'estrazione con solvente, in quanto contiene
ancora una minima percentuale di olio non estraibile per semplice
pressatura. Lo stesso dicasi per i semi che hanno una bassa concentrazione
lipidica o che sono molto piccoli, come quelli di cotone, per i quali è
impossibile operare la pressatura. Similmente a quanto avviene per le sanse,
in questi casi si passa quindi direttamente all'estrazione con solvente. Il
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solvente più utilizzato è l'esano, attraverso un processo simile a quello visto
per le sanse. L'esano scioglie la componente lipidica, ed il prodotto ottenuto
viene sottoposto a distillazione in modo da separare il solvente e riutilizzarlo
per l'estrazione dell'olio di semi. Il prodotto ottenuto è ovviamente un olio
grezzo che dovrà poi essere rettificato.
Anche l'estrazione con solvente può essere fatta in impianti continui o
discontinui.
In quelli discontinui si utilizza la macerazione del materiale in esano, in quelli
continui il passaggio controcorrente dei semi e dell'esano.
I sistemi di rettifica o raffinazione consistono in una serie di operazioni
necessarie a rendere commestibile un olio. Soprattutto gli oli di semi sono
infatti sovente caratterizzati da odori e da colori che possono risultare
alquanto sgradevoli.
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Per il singolo tipo di olio non è detto che vengano effettuati tutti i sistemi di
rettifica, poiché questi vengono ovviamente selezionati in relazione ai difetti
che presenta; se per esempio un olio è privo di tonalità sgradevoli, si salta il
passaggio della decolorazione.
La
rettifica
o
raffinazione
è
l'insieme
dei
trattamenti con i quali si rende commerciabile un
olio che non ha i requisiti legali o le caratteristiche
organolettiche adeguate.
A differenza dell'olio di oliva, gli oli di semi non
sono però mai commestibili dopo l'estrazione e lo
diventano solo con il trattamento di rettifica o
raffinazione.
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L'olio di soia, ad esempio, non necessita di decolorazione, che è invece
importante per correggere il colore marrone dell'olio di palma.
§ DEMUCILLAGINAZIONE: serve ad eliminare le sostanze in sospensione
nell'olio, che con il tempo possono portare alla formazione di precipitati
(mucillagini, fosfolipidi, resine, zuccheri, sostanze proteiche). Agli occhi del
consumatore il corpo di fondo in un olio di oliva è spesso considerato come
sinonimo di genuinità; tutto ciò, però, non vale normalmente per l'olio di
semi. L'industria deve quindi andare incontro alle esigenze ed alle
aspettative del consumatore, evitando che l'olio di semi formi il precipitato. Si
esegue quindi una demucillaginazione.
Le sostanze che precipitano possono essere idrosolubili o apolari. Le
componenti idrosolubili possono essere allontanate mediante aggiunta di
acqua e successiva centrifugazione, mentre le non idrosolubili vengono
allontanate mediante aggiunta di acido fosforico o citrico a 60 - 80 °C per 5 30', seguita da una centrifugazione.
§ NEUTRALIZZAZIONE: serve ad allontanare gli acidi grassi liberi,
riducendo l'acidità dell'olio di semi. Si tratta probabilmente del processo più
importante tra tutti i sistemi di rettifica e serve proprio per abbassare l'acidità
dovuta alla presenza di acidi grassi liberi. Generalmente vengono utilizzati
tre sistemi: la neutralizzazione con alcali, la disacidificazione con solvente e
la neutralizzazione per distillazione.
Neutralizzazione con alcali: è il sistema maggiormente utilizzato e quello
meno drastico; non può essere tuttavia utilizzato per oli con acidità superiore
al 10%. Aggiungendo NaOH a 60 - 80 °C, gli acidi grassi liberi reagiscono
con la soda, formando sali o saponi che si solubilizzano nella fase acquosa.
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Mediante separazioni di fase e successivi lavaggi con acqua a 90°C questi
saponi vengono totalmente allontanati ed indirizzati all'industria cosmetica.
Disacidificazione con solvente: si basa sulla diversa solubilità tra trigliceridi
ed acidi grassi liberi. L'olio viene trattato con una miscela di solventi a base
di esano ed isopropanolo, i trigliceridi si sciolgono in esano, mentre gli acidi
grassi liberi hanno maggiore affinità per l'isopropanolo. Successivamente, si
esegue una separazione di fase e poi dall'olio l'esano viene allontanato per
distillazione.
Neutralizzazione per distillazione: processo di distillazione a caldo sotto
vuoto spinto. E' usato per gli oli che necessitano anche di deodorazione. Si
tratta di un metodo poco utilizzato, perché ha lo svantaggio di essere
particolarmente costoso, specie quando un olio non ha bisogno di essere
deodorato.
§ DECOLORAZIONE: serve ad allontanare pigmenti, prodotti di ossidazione,
tracce di sapone e composti solforati. Può essere effettuata con metodi
chimici, utilizzando degli agenti ossidanti (KMnO4, K2Cr2O7, aria ozonizzata,
raggi UV) o con metodi fisici (bentonite, terre decoloranti, carboni attivi).
§ DEODORAZIONE: allontanamento delle sostanze volatili che conferiscono
odore sgradevole (acidi grassi liberi, intermedi dell'ossidazione dei grassi,
idrocarburi insaturi, proteine), mediante distillazione in corrente di vapore
sotto vuoto spinto a temperatura elevata (200°C). Può essere fatto insieme
alla neutralizzazione.
§ DEMARGARINAZIONE o WINTERIZZAZIONE: serve ad allontanare i
trigliceridi ad alto punto di fusione che, esposti alle basse temperature,
condensano e precipitano. L'olio viene lentamente raffreddato sino alla
temperatura "limite di demargarinazione", mantenuto in tali condizioni per
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circa 12 - 24 h e successivamente filtrato. Questo consente al prodotto di
rimanere stabile anche se sottoposto ad elevati sbalzi di temperatura.
Questo materiale solido, dato dai trigliceridi ad alto punto di fusione che
vengono raccolti, viene poi miscelato agli altri ingredienti per la preparazione
delle margarine.
PRINCIPALI OLI DI SEMI
La composizione di un olio di semi varia in funzione di numerosi fattori. Oltre
alla specie botanica considerata, le differenze dipendono dalla varietà, dal
tipo di coltivazione e dall'andamento climatico stagionale. La composizione
degli acidi grassi può quindi subire delle leggere variazioni in seguito a questi
fattori. Inoltre, il profilo accidico può essere modificato mediante piccole
modifiche genetiche; tuttavia non possiamo modificare la frazione sterolica,
che rimane per questo il principale indice di riconoscimento di un olio.
OLIO DI ARACHIDE (Arachis hypogea)
Contiene gli acidi oleico (35-72 %) e linoleico (13-45 %); caratteristiche le
presenze dell'ac. Arachico (1 - 2,5 %) e del lignocerico (1 - 2,5 %),
praticamente assenti negli altri oli. Acido oleico e b-sitosterolo sono presenti
in quantità simili a quelle dell'olio d'oliva.
L'olio di arachide è molto simile all'olio di oliva dal punto di vista della
composizione in acidi grassi ed è per questo il più utilizzato per farne dei
tagli; ciò che cambia, e che permette il ricnoscimento della frode, è sempre
la frazione fitosterolica.
OLIO DI GIRASOLE (Helianthus annuus, fam. Composite)
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E' caratterizzato da elevate percentuali di acidi grassi insaturi e da modesti
contenuti di saturi: oleico (14 - 65 %), linoleico (20 - 75 %), palmitico (3 - 10
%) e stearico (2 - 6 %). La frazione sterolica è caratterizzata dalla presenza
di D7-stigmasterolo (15 %), tipico dell'olio di girasole, oltre a b-sitosterolo e
campesterolo.
Il pannello che residua dall'estrazione ha un contenuto proteico del 38-40% e
rappresenta quindi un valido integratore proteico per bovini ed ovini.
OLIO DI MAIS (Zea mais, fam. Graminaceae)
Il germe viene allontanato dal seme tramite un procedimento di
degerminazione, quindi sottoposto ad estrazione. L'olio è composto
prevalentemente da acido linoleico (34 - 62 %), oleico (19 - 50 %) e palmitico
(8 - 19 %). Tra gli steroli abbondano sitosterolo (66 %) campesterolo (23 %)
stigmasterolo
(6
%)
e
D5-avenasterolo.
Contiene circa lo 0,1% di tocoferoli, quantitativo rilevante ma che diminuisce
notevolmente in seguito ai trattamenti di rettifica.
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