Considerazioni in margine ad un corso di formazione sull
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Considerazioni in margine ad un corso di formazione sull
ACP - Rivista di Studi Rogersiani Considerazioni in margine ad un corso di formazione sull'AIDS per operatori sanitari L'importanza detta figura dello psicologo Domenico Giullo Se, come diffusamente viene sostenuto, occorre realizzare una migliore qualità della vita, sembra evidente che questo fine debba ancor di più essere perseguito da coloro che sanno di poter disporre di essa soltanto per un breve periodo. Intendiamo riferirci ai malati di AIDS e di neoplasia. La consapevolezza di una fine imminente è certamente un vissuto di profonda drammaticità e di angoscia: fornire a questi malati il sostegno psicologico che possa aiutarli a ridare senso al presente e a tollerare i sentimenti di paura, dolore e perdita, è quanto mai importante. Già da antiche consuetudini il condannato a morte viene confortato dall'assistenza di un religioso per mitigare la brutalità dell'evento, accogliere i sentimenti di disperazione e tentare di renderli meno intollerabili attraverso la condivisione. Nei secoli scorso è stata descritta anche l'importanza della vicinanza rassicurante del sacerdote al momento del distacco dalla vita e di un tempo di possibile elaborazione di quanto sta per accadere (Jomain, 1986). Considerato che si è in condizioni di prevedere con anticipo l'evoluzione in exitus di una malattia, appare dunque quanto mai conveniente offrire un sostegno psicologico adeguato. L'osservazione della "reale situazione" in cui si trovano i 1 ACP - Rivista di Studi Rogersiani degenti (specialmente in fase terminale) ha fatto rilevare quali siano le manifestazioni più frequenti che questi ammalati presentano sul piano comportamentale, quali reazioni all'evento da cui sono colpiti. Di fatto queste persone, in preda all'angoscia, alla solitudine, alla paura e alla disperazione, non vengono opportunamente sostenute con comprensione, in modo da rendere meno drammatica la situazione. E' stato rilevato che spesso questi infermi non hanno nessuno con cui parlare: le ore ed i giorni scorrono solitari e come immobili, con il solo conforto del la televisione, abbandonati ad una spenta sopravvivenza. Si è sostenuto che un ammalato deve avere intorno a sé il massimo possibile di "comfort" (Guzzanti, 1993). Da qui la necessità di una vera e propria "holding" e di un accoglimento sia sul piano umano che su quello medico, perché ciò può promuovere sentimenti di affidamento e di fiducia ed al tempo stesso stimolare un'utile e vitale collaborazione alla cura. Riteniamo che per un programma di sostegno psicologico rivolto agli infermi, si renda necessaria anzitutto una precisa informazione al personale medico e paramedico di quanto possa essere tentato ed ottenuto. Ciò affinché dalla sensibilizzazione di tutti gli operatori derivi una precoce proposta al paziente di sostegno psicologico, che può risultare tanto più utile quanto più iniziale è la patologia. E' quindi molto importante che il personale medico e paramedico riceva una specifica formazione che congiunga l'ottica psicologia con quella organica, apprenda un linguaggio comune "di reparto", acquisisca una condivisa modalità di approccio al paziente. Inoltre un'adeguata formazione presenta vantaggi per gli stessi operatori, in quanto li aiuta a riconoscere i sentimenti angosciosi provocati dal contatto con pazienti così gravi, a tollerare meglio l'intenso carico emotivo che ne deriva, a ridurre i meccanismi di difesa e quindi diminuire il livello di stress e prevenire situazioni di burn-out (Cherniss, 1980). E' spesso evidente come tutto il personale ospedaliere di un reparto presenti chiari segni di intolleranza e di stress sia a causa di problematiche inerenti al compito, che per il frequente contatto con gli ammalati e con i loro parenti. Queste osservazioni derivano da esperienze effettuate da consulenti presso strutture pubbliche (Tramontana, 1993). Va tenuta presente la realtà in cui di fatto vivono i degenti e quanto importante e degna di ogni attenzione sia l'assistenza gli infermi terminali. L'impegno, considerato gravoso ed usurante, richiede adeguata formazione e sostegno agli operatori, perché non abbia a verificarsi, come già detto, la nota sindrome del burn-out. E' proprio nell'ottica di migliorare l'assistenza, ad ogni livello, che il Ministero della Sanità ha istituito nel 1990 specifici corsi di formazione e di aggiornamento per medici ed operatori sanitari impegnati negli Istituti di cura dell'AIDS. La proposta per una migliore formazione di tutto il personale è quella di inserire e fare precedere tali corsi da mirati "gruppi di incontro" per gli operatori sanitari onde realizzare un approfondimento conoscitivo della psicologia e delle sue tecniche applicative. 2 ACP - Rivista di Studi Rogersiani Si rileva che i I sostegno psicologico è ancor oggi poco riconosciuto o rifiutato per personali resistenze e/o per una percezione minacciosa al potere di curare avvertito come capacità esclusiva del medico. Si perviene a tale deduzione per la sperimentata emarginazione degli psicologi dai programmi terapeutici. Un recente inserimento del servizio di assistenza psicologica ai malati di AIDS promosso dall'ANLAIDS-Campania in ospedale (con la costituzione, fra l'altro di gruppi per il personale medico ed infermieristico) sembra avere incontrato notevoli difficoltà, forse perché non preceduto da una opportuna premessa informativa delle finalità e delle modalità del sostegno psicologico. Una migliore informazione, infatti, avrebbe probabilmente determinato una diversa disponibilità. Con seguente m ente si sarebbe potuta produrre l'auspicata modifica del comportamento verso la malattia e verso gli infermi da parte di tutti gli operatori. E' infatti assolutamente necessario che chi si trova a dover assistere gli ammalati di AIDS, lo faccia con la consapevolezza necessaria, potendo usufruire di un valido contributo formativo e di supporto. Non risulta, viceversa, che vi sia stata un'appropriata preparazione per gli operatori sanitari; pertanto, con l'offerta di un sostegno tecnico mirato, si concretizzerebbe un valido contributo compensatorio per la comprensione e l'accettazione della nuova situazione epidemiologica. Va anche considerato il fatto che per effetto degli interventi terapeutici sempre migliori le degenze ospedaliere risultano più lunghe. E' già prevista (legge 5.6.1990 nD135) la costruzione e ristrutturazione dei reparti di ricovero per le malattie infettive nonché l'istituzione ed il potenziamento di vari laboratori. Ci sia augura quindi che questi interventi siano affiancati da un adeguato supporto psicologico. Bibliografia Cherniss, C. (1980), Staff burn-out, trad. it. La sindrome del burn-out, CST, Torino 1983. Cazzanti, E. (1993), Centralità del malato per migliorare la qualità, II Medico d'Italia, 182. Jomain, C. (1986), Vivere l'ultimo istante, Ed. Paoline, Milano. Tramontana, B. (1993), Considerazioni sul lavoro svolto in un reparto di AIDS, Relazione ANLAIDS (Sez. Campania). 3