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STORIA SOCIALE DELL’ARTE
Sociale: ci sono più modi per fare storia dell’arte, uno dei quali è sociale:
- attenzione al valore relativamente collettivo di un’opera d’arte che ci permette di recuperare
il significato dell’opera
- si esprime tramite 4 figure: il committente, l’artista, l’iconografo, il pubblico
- ha una funzione magari limitata (se si vuole esprimere qlcs di raffinato) ma mai individuale
- le opere sono create per essere comprese da molti
Come analizzare un’opera (Panofsky):
1) Valore referenziale, immediato – immagine: (guardare com’è) Æ semplice
2) Livello iconografico: dalla constatazione oggettiva a mirata (riconoscere i personaggi)
3) Livello iconologico: cosa si dice nell’opera Æ difficile
(es. la mano sulla pancia della Gioconda indica che era in cinta)
Questi livelli ci permettono di capire l’arte che è un grande strumento di propaganda (messaggi
mirati) e comunicativo perché condiziona ed è condizionato dalla politica (es. Napoleone si era fatto
fare una statua nudo che oggi è alla Pinacoteca di Brera – es. Padina come Venere genitrice)
Opera d’arte:
- 1° livello ostensivo: una persona indossa i vestiti
- 2° livello performativo: “dare vita”, dare azione all’opera (si indossano i vestiti e gli si da
vita) – storia del teatro con Body Art
Il Contemporaneo:
- Arte preistorica Æ arte mondiale universale (non esiste quella europea)
- Dal 5000 a.C. Æ inizia un periodo di differenziazione per tecniche, materiali, scopi
o Dal 1000 d.C: arte Europea
o Dal 1200 d.C: arte Italiana
o Dal 1300 d.C: arte Lombarda
- Dal 1800 l’arte diventa sempre più generale (es. il neoclassicismo è un fenomeno europeo)
- Oggi l’arte si è “mondializzata”: questo ha provocato la morte dell’arte perché le nuove arti
si sono mischiate, diventando difficili (es. Duchamp e il suo wc). Non c’è più
rappresentazione ma interpretazione della realtà. Stesso concetto di astrazione dell’arte
antica. Nevrosi dell’arte: mutevole in tempi brevi
Cosa è cambiato nell’ultimo secolo?
- Manipolazione
- Esplosione delle arti (mondializzazione) Æ nevrosi dell’arte
L’arte ha messo in discussione il presupposto realistico su cui si basava l’arte come
rappresentazione della realtà.
L’arte è sempre stata l’interpretazione della realtà (es. fotografia)
Per millenni le interpretazioni hanno tentato di sembrare fenomenologiche (arte che
rappresenterebbe il reale)
Criterio della bellezza: non esiste una qualità estetica assoluta – è variabile nel tempo – ma esiste
una qualità artistica assoluta.
Il criterio per fare paragoni di bellezza è indefinibile perché l’arte provoca un’emozione
Analogia: mettere il simile con il simile. Se non si rispetta si rompono i parametri.
Anomalia: il simile con il dissimile. Siamo stati preceduti dall’amore per il difforme
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LA PREISTORIA
Origine dell’uomo ci sono ipotesi diverse, si parla di monofiletismo (da un unico nucleo originario
sono derivati gruppi di uomini) e di polifiletismo (4 o 5 nuclei autonomi hanno dato origine alle
diverse razze). Dato che il problema è ancora irrisolto a causa della mancanza di scritti, si procede
per ipotesi e storia dell’arte della preistoria è difficile da ricostruire.
L’arte era omogenea in tutto il mondo, difficile da datare finché non compaiono differenziazioni.
Si può iniziare a parlare di arte da quando l’uomo ha iniziato a manipolare gli oggetti per ottenerne
un valore simbolico, un significato; prima si trattava di oggetti collezionati e musealizzati, non
lavorati (conchiglie vicine alla parete della roccia – merce di scambio, cose sacrali, crani con
buco.). Questo passaggio avviene molto tardi, quando ha inizio l’età della pietra (opere realizzate in
pietra) – dal 2.000.000 aC a 3500 aC
La datazione dei reperti risulta difficile poiché nella lunga fase dell’età della pietra si trovano
oggetti simili, di conseguenza si procede a “spanne”.
Nella preistoria c’erano 2 realtà principali, una indoeuropea e una mediterranea.
La mediterranea era caratterizzata dalla venerazione della madre Terra e quindi femminile, dea della
generazione e dei morti, il che portava di conseguenza a una organizzazione matriarcale.
Al contrario le civiltà indoeuropee veneravano il padre cielo, e tutto ciò che riguardava i fenomeni
celesti e atmosferici, il che portava ad una organizzazione patriarcale.
Statuette femminile (rilievi) – immagine che appartiene alle “veneri” – statuette a tutto tondo,
piccole. In alcuni casi si tratta di pietra scolpita, assenza di tratti sul viso, sottolineatura della donna
come genitrice e nutrizionista. E’ incinta, grossi seni, grosse anche, ha in mano un corno trasformato
in oggetto d’uso - il corno è simbolo di fecondità perché rimanda al toro (vigoroso) e
all’abbondanza (pieno di frutta, cibo), rimanda all’attributo maschile.
Significato: l’importanza del sopravvivere e quindi del generare e
nutrire.
Caso di adattamento semantico naturale
Sul frammento di osso di un bovide è stato raffigurato l’animale stesso. Il frammento,
l’oggetto più sacro del corpo (nella cultura primitiva, la resurrezione poteva avvenire
mediante la ricomposizione delle ossa nell’argilla, la parte più interna del corpo). Ritrae la bestia nell’atto di leccarsi la
pelle durante la muta; ripetuta osservazione dell’animale da parte dell’artista. L’asperità della superficie dell’osso è
stata trasformata in una forza. Molta bravura espressa in piccole dimensioni Æ rivoluzione mentale
Le credenze delle due civiltà condizionava la loro vita, le civiltà mediterranee erano sedentarie,
mentre quelle indoeuropee erano nomadi. Gli storici sono riusciti a risalire agli autori delle diverse
rappresentazioni, ad esempio la scultura che aveva come soggetto la donna era delle civiltà
mediterranee.
Successivamente l’arte si è affinata: sono state rinvenute ossa “scolpite”, su cui spesso venivano
rappresentati gli animali da cui venivano prese, Æ maggiore consapevolezza dell’opera realizzata.
Un ulteriore passo avanti è stato fatto con le modalità di rappresentazione: veniva fatta una scelta
degli elementi ritenuti significativi, come ad esempio la testa rappresentata in maniera più o meno
precisa, il corpo era realizzato a grande linee, mentre le zampe non venivano curate.
Un grosso problema sono invece le pitture murarie della preistoria, perché in molte grotte
rimangono solo pochi tratti, mentre sono poche quelle che si sono conservate (es. Lascaux e
Altamira).
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Grotte di Lascaux (la “Sistina” della preistoria): complesso di caverne della Francia Sud occidentale;
datato 13-15000 a.C. (fino a poco tempo fa erano ritenute ancora + antiche); contengono esempi di
arte parietale, dipinti del Paleolitico superiore(1500 incisioni e 600 pitture nei colori giallo, rosso,
marrone e nero); il tema più comunemente rappresentato è quello di grandi animali dell'epoca (fra i
quali l'uro, oggi estinto), resi con grande ricchezza di particolari, raffigurati con tecniche di
sovrapposizione o per dare l’idea del branco o per motivi di spazio. Date le dimensioni dei dipinti
devono esser state utilizzate delle impalcature per crearle.
presentano animali. Secondo alcune interpretazioni questi affreschi erano a scopo propiziatorio
(raffigurare un animale voleva dire “impadronirsene” esorcizzandone la paura, tesi rafforzata dalla
presenza di macchie rosse contro il male), mentre secondo altri i riti prima della caccia venivano fatti con animali
imbalsamati o la loro pelle, quindi gli affreschi venivano realizzati per inneggiare alle imprese dei cacciatori e per
placare gli spiriti degli animali uccisi.
Ad Altamura gli animali sono rappresentati in disordine, il che poteva
raffigurare il caos di una mandria in fuga. Sovrapposizione delle figure: il
luogo era considerato sacro
Nelle grotte vicino a Palermo sono presenti incisioni che raffigurano
probabilmente un rito: due schiavi venivano fatti ballare e saltare in mezzo a
un gruppo di guerrieri, le figure sono stilizzate, ma rendono bene il movimento, altro particolare
sono i capelli lunghi dei guerrieri, simbolo di forza e virilità, uso che è rimasto in voga per millenni.
Quasi sempre permane l’ossessione della sopravvivenza e della fame
Tra il 2500 e il 2000 a.C. l’uso dei metalli è sistematico, grazie alla possibilità di fonderli e
realizzare leghe di metalli diversi, e la possibilità quindi di creare opere di metallo (età dei metalli).
Mentre in Europa si elabora questa cultura, in oriente nascono i primi grandi imperi (Egizi,
Sumeri,…).
Il carro di Copenaghen è un’opera di modeste dimensioni che è costituita da un unico
asse, un cavallo, un grosso scudo (che stava a rappresentare il Sole) fatto i bronzo e
parzialmente dorato. Lo scudo era simbolo di fortuna e fecondità e il rito che lo
coinvolgeva prevedeva che il carro fosse fatto sfilare di villaggio in villaggio “trainato”
da un cavallo imbalsamato, per affermare il potere della vita sulla morte. L’arte con
questa rappresentazione ha fatto un ulteriore passo avanti, il carro vero rappresentava il
Sole, il cavallo simboleggiava la vita per la postura, e l’intera opera rappresenta
l’originale (2000 a.C.).
L’architettura nasce con esempi di grandi spazi ordinati: ad opere decorativofigurative si sommano uno spazio naturale arricchito dall’uomo e uno spazio
architettonico creato dall’uomo stesso. Carnac è caratterizzata da una serie di
menir che creano vialoni, che stanno a rappresentare le
tombe degli antenati deificati per assicurare prosperità ai
vivi e garantire la memoria dei morti.
Stonehenghe è costituito da 3 anelli di dolmen grossomodo circolari, anche se
questa precisione è stata data dai restauri (in origine gli anelli non erano così
precisi). È un luogo religioso, ma la caratteristica più importante sta nell’organizzazione dei lavori:
le cave sono a circa 40 Km di distanza, il che evidenzia la ricerca, il trasporto, l’enorme quantità di
energie umane necessarie e le capacità tecniche ben coordinate per la sua costruzione.
Tutto questo è la prova che le popolazioni che hanno creato Stonehenge erano coordinate dalla
prima organizzazione politica della “storia”, tale da riuscire nella costruzione di un’opera
simbolica (presuppone ingegneria gestionale, un committente, architetti…).
L’arte del Sahara presenta affreschi di animali ora scomparsi da quella zona,come la
giraffa, l’arte quindi ha registrato una situazione zoologica e climatica ora scomparsa.
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Mentre in Europa si fa strada l’architettura megalitica, in una zona compresa tra l’Elam, la capitale
ittita (Kussara) e l’Armenia si realizza una civiltà-stato, fondata su una struttura sociale di centri
articolati e complessi. E’ idealmente divisa dal canale di Suez in due parti:
- una relativamente stabile (egiziani) Æ gigantismo
- e una relativamente instabile (frammentazione politica, città-stato e piccoli imperi)
Egizi: è una civiltà con delle costanti:
- territorio reso fertile dal fiume, e delimitato dallo stesso, circondato dal deserto (ecosistema
in equilibrio precario)
- tendenza dialettica con centralizzazione del potere, ma con tendenza a formare piccoli
agglomerati semindipendenti,
- tendenza a divinizzare diverse specie animali che raffiguravano una divinità e culto dei
morti per imbalsamazione
- Grande organizzazione sociale: sovrano considerato una divinità, clero forte e classe
lavoratrice Æ Arte come strumento di controllo sociale.
Quando l’Egitto diventa unitario, il sovrano necessita di raffigurare il proprio
potere con monumenti come le piramidi, visibili da grandi distanze grazie al
fatto che il territorio è pianeggiante Æ architettura gigantisca e sequenziale.
Durante i 3 regni egiziani (antico, medio e nuovo regno), resta costante la
costruzione dei monumenti, le 3 grandi piramidi di Cheope, Chefren, e
Micerino con la sfinge che raffigura Chefren ne sono un esempio.
Dalla sfinge (la più antica immagine di Shekmet,
dea/leonessa, protettrice dei sepolcri) inoltre emerge il
carattere bisessuale dei faraoni che si consideravano sia
madre che padre per il loro legame con il fiume.
Per impressionare lo spettatore ha più importanza il colpo
d’occhio e non il dettaglio (come per il “viale dei babbuini” a
Melfi e il tempio di Amun a Tebe)
In Egitto sono state rinvenute sculture curate e colorate finemente, e plastici che raffiguravano
scene di vita quotidiana, risalenti probabilmente al medio impero.
Stessa cura era tenuta con i palazzi, ma non essendo sacri (come i templi) si sono peggio conservati.
Il nuovo impero è il culmine edilizio, durante questo periodo è stata realizzata la valle dei re (1250
a.C.). Ramsete II è uno dei più grandi costruttori del mondo antico (tempio di Amun-Ra) e
il faraone che più di ogni altro ha enfatizzato la reincarnazione divina.
Dopo di lui c’è stata una grande crisi da cui inizia l’involuzione artistica. Nel 1450 a.C.
l’Egitto diventa monoteista (Dio Sole), il faraone viene raffigurato con una faccia magra,
grande pancia, gambe storte, quindi le figure umane non vengono più idealizzate, ma si
sottolineano i difetti.
Questa rivoluzione artistica è guidata da Amenofi IV, che successivamente prende il nome di
Akenaton spostando la capitale ad Aketaton, attuale Amarna, e si ha un ulteriore trasformazione
dell’arte che diventa ancor più realistica, che porta alla rappresentazione dei soggetti più brutti di
quello che sono, abbandonando idee di monumentalità e grandiosità.
Il ritratto di Nefertiti, moglie del sovrano, è un’eccezione poiché è il primo esempio di
iconizzazione, ossia il soggetto è carico di valori assoluti, attraverso tre stadi: il primo
riflette l’immagine quanto tale, il secondo è l’immagine con un plus valore simbolicopolitico, nel terzo l’immagine perde il suo significato.
In Egitto la presenza femminile è importante, il ritratto è eseguito su parametri ben
precisi di gusto, per esempio Nefertiti ha il collo lungo anche se in realtà non lo aveva,
per esaltare a sua bellezza.
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La pittura riveste un ruolo importante, le tombe sono affrescate con due tipi di scene: scene
religiose o scene di vita quotidiana con particolare cura alla rappresentazione del paesaggio e alla
natura, dall’analisi degli affreschi è emerso che già ai tempi degli Egizi esisteva l’upupa
(informazione zoologica). Dagli affreschi è emerso l’amore per l’abbondanza, che deriva dal
precario equilibrio naturale esistente tra deserto e fiume.
Nell’età di Akenaton si regredisce anche in campo pittorico, le rappresentazioni
sono grottesche per dare maggiore realismo (un esempio sono le figlie di
Akenaton raffigurate con la testa allungata, praticamente nude, indossavano solo
una collana, forse di più che nella realtà).
Intorno al 1200-1000 a.C., alla fine dell’età dei metalli si assiste alla distruzione dei grandi imperi
(Ittiti, Assiri,…) da cui si salva solo l’Egitto a fatica.
Mesopotamia: al contrario dell’Egitto è un mondo attaccato ai particolarismi Æ miniaturizzazioni
Le città sono autonome, riconoscevano un’autorità suprema (il sovrano è “vicario” di Dio, non è
un’entità suprema), ma comunque indipendenti politicamente, per questa
indipendenza le varie città arrivavano anche allo scontro.
L’arte delle popolazioni mesopotamiche privilegiava la miniatura e l’aspetto
prezioso dell’opera (l’arte monumentale arriverà l’era degli imperi moderni –
Assiri, Medi e Persiani): da Ur ci sono pervenuti i tesori
funebri (caprone del bosco, statuetta di legno rivestita d’oro) e
non, opere molto fini e preziose, come lo “stendardo di Ur”
dove su 3 livelli sono rappresentate scene di guerra e di pace
(arte come raffinatezza, e non arte come dominio).
Il palazzo reale di Etla dimostra la tendenza di questa civiltà, ad evitare gigantismo nelle
costruzioni, il palazzo presentava stanze piccole.
La città di Lagash viene governata da Gudea per 40 anni che arricchì i templi di
statuette in cuoio con incisioni cuneiformi; sorge il problema della traduzione
perché le opere erano destinate ad un ristretto gruppo di persone, di conseguenza le
iscrizioni sono importanti ai fini dell’interpretazione dell’opera.
La stele di Hammurapi, sovrano di Babilonia, è la prova più grossa che la scrittura
è parte integrante dell’opera.
Greci: 5 zone diverse caratterizzate da arti diverse
- Grecia continentale
- Grecia insulare (Delo per esempio)
- costa turca (città come Efeso)
- Magna Grecia (sud Italia)
- Grecia coloniale (Cipro,alcune città Spagnole)
Dal 2000 al 1000 si ha la civiltà cretese-Micenea, ritornata alla luce grazie a scavi
recenti. Il neolitico greco è un periodo molto lungo, nel 2000 a.C. nasce la civiltà
Cicladica durante la quale vennero realizzate le prime opere semi-astratte senza
particolari del volto e prive di elementi decorativi. Le Cicladi erano una “strana”
arte su cui pesava il dubbio che si trattasse di falsi d’antiquariato; sono statuette
che riconducono la figura al suo schema geometrico, manichini che compiono
delle azioni, come il Citaredo che suona l’arpa seduto su una sedia.
Circa nel 1800 a.C. nasce la civiltà Cretese caratterizzata da grandi palazzi su
tutta l’isola di Creta, senza mura perimetrali, indice della
grande sicurezza dell’isola: l’enorme palazzo di Cnosso,
famoso per il mito del Minotauro, nato dall’amplesso della
moglie del re con un toro.
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Il labirinto in realtà è la parte del palazzo in cui veniva riposta la divinità con l’aspetto di un toro.
I palazzi erano sviluppati anche in verticale (fino a 4 piani), dai loro affreschi emerge il gusto per la
linea curva, e un miscuglio di razze, visibile per il diverso colore della pelle (la civiltà aveva subito
l’influenza delle popolazioni vicine) Æ Tauromachia. Le sculture erano in basalto e oro, oggetti di
estrema finezza.
Lo sviluppo maggiore si ha nel 1800 a.C. ed è l’ultima arte in qui c’è equilibrio tra architettura e
natura, ma nel 1450 a.C. perde il primato preso dalla Grecia continentale (civiltà Micenea)
Micene diviene nuovo baricentro della civiltà. Questa civiltà è più militarizzata (presenza di mura a
difesa delle cittadelle e non più i grandi palazzi cretesi) si ha il divorzio dalla natura, prima le opere
erano realizzate adattandosi alla natura, mentre ora era il contrario, era la natura
che doveva adattarsi, essa veniva danneggiata per lasciare spazio alle
costruzioni. Società urbana e anti-naturale.
Da queste popolazioni ci sono pervenute maschere d’oro (famosa la maschera di
Agamennone) che erano poste sul volto dei morti: sono la prima realizzazione
precisa di rappresentazione di soggetti precisi, immortalità della persona
attraverso l’effigie, nasce così il concetto di centralità
dell’individuo, l’irriducibile unicità.
Dagli affreschi del santuario della cittadella di Tirinto emerge l’idealizzazione delle
donne (la processione delle Sacerdotesse), essendo rappresentate con il costume
delle regine, con seni prosperosi e semi scoperti (potere nutritivo, come simbolo
della terra feconda) e la vita molto stretta (negazione della fecondità), con i capelli
lunghissimi (le ragazze non si tagliavano mai i capelli), in mano recano una scatola
sacra, e occhi a mandorla (influenza egizia). Affresco realistico di figura simbolica.
La guerra di Troia (1230-1220 a.C.) riveste per questa civiltà un’importanza epica sia perché per la
prima volta le città stato si sono unite per essere più forti e sconfiggere l’avversario, sia per lo
sfinimento provocato dai combattimenti, che però facilitò l’invasione dei popoli del mare.
A partire dal IX secolo si incomincia a parlare di arte geometrica, le figure infatti vengono ora
realizzate in maniera stilizzata e geometrica, molto ravvicinate tra loro, realizzata su grandi vasi di
ceramica.
La corrente cambia con la formazione degli imperi Neomesopotamici, Assiri, Neobabilonesi, Medi
e Persiani (1200 a.C.), quando le popolazioni incominciarono a muoversi a causa di carestie dando
origine ad alcuni scontri.
Intorno al 1200 la Grecia è sotto il sovrano di Micene, arrivato al potere dopo la caduta di Troia.
Le migrazioni delle popolazioni avvenivano via mare, per questo si parla di invasione dei popoli del
mare, che provoca distruzione ovunque, in Grecia crolla la civiltà micenea dando inizio al periodo
del medioevo ellenico, vengono sbaragliati gli Ittiti come i Sumeri ed Assiri, in Palestina arrivano
Filistei (via mare) ed Ebrei (via terra), mentre l’Egitto è stretto d’assedio a Nord (popoli del mare),
a Sud (Etiopi), a ovest (Libici) e a est fuggono gli ebrei, a cui si aggiungono carestie e rivolte
servili.
L’Egitto esce da questa situazione grazie all’azione di Merneptah, ma l’Egitto è cambiato pur
mantenendo la propria identità. Il disfacimento degli Ittiti provoca la fuga in Italia di parte della
popolazione, saranno chiamati Etruschi, mentre i Celti entrano in Pianura Padana. Il Medio Oriente
fatica a trovare unità fino alla creazione dell’impero Assiro (900 a.C.) caratterizzato da
un’architettura maestosa, atta ad incutere timore, che, inoltre, rifletteva la mentalità violenta perché
avevano come soggetto immagini di guerra o di caccia con l’uso, però, di colori spesso non
realistici (ad esempio i leoni erano colorati di rosso e verde, ma di grande impatto). Nell’VII secolo
l’impero cade, ed è sostituito dall’impero Neobabilonese sotto Nabucodonosor: l’opera più
importante è la via per il tempio di Ishtar, di Babilonia, tappezzata di mattonelle raffiguranti
animali, che dimostra un’arte seriale, probabilmente per sottolineare l’ordine dell’impero.
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Dopo il suo crollo nasce l’impero Persiano, caratterizzato dal rispetto per le culture sottomesse,
grazie a questa politica crea un impero immenso, caratterizzato anch’esso da costruzioni immense.
La più grande utopia urbanistica persiana, che aveva ben 4 capitali, Persepoli, è una
cittò aperta per un solo mese all’anno in prossimità delle feste di primavera che
avvenivano nel palazzo. Ci sono foreste di cedri, d’oro e lapislazzuli. Alessandro
Magno la distruggerà per significare la morte politica dell’impero persiano.
Dall’VIII secolo, quando la civiltà greca si riprende, si parla di arte arcaica, tutta la Grecia ne è
interessata, con la realizzazione di grandi templi in cui si sviluppano gli ordini Dorico, Ionico e
Corinzio, una volta affrescati ma ora spogli, perché affrescati con colori naturali.
Dorico Æ classico, colonna direttamente su gradino, allargata al centro
Ionico Æ richiami orientali, colonna poggia su base di 2 elementi, capitello con volute
Corinzio Æ colonna allungata e capitello decorato con foglie d’acanto
I bassorilievi rinvenuti nei templi mostrano il tentativo di rappresentare gli oggetti in 3D
deformando i soggetti.
Il Kouros e la Kore sono esempi di come in poco tempo si è passati da una
raffigurazione rigida e geometrica, a raffigurazioni più credibili e realistici (650
a.C. circa). Sono statue donate ai templi dai ragazzi in segno di riconoscenza per un
avvenimento positivo; anche queste statue erano colorate. L’unico aspetto di decoro delle
statue era la folta e lunga chioma. Nel Kouros si ha un iperrealismo (sottolineatura
delle ginocchia), è il passaggio al realismo dell’arte greca, ma la scultura più
realistica, presenta comunque caratteristiche innaturali come la fissità della
rappresentazione (le braccia sono tese lungo i fianchi), la mancanza dei peli, tipica
dell’arte del periodo, il sottodimensionamento dei genitali (erano ritenuti una
caratteristica sgradevole per l’equilibrio delle proporzioni umane) e la geometrizzazione del volto
(la razionalità geometrica era considerata una caratteristica indispensabile).
Problema: l’arte è cogliere la presunta geometria della realtà (arte che coglie dietro l’apparente
disordine dei fenomeni la profonda geometria della realtà)? I greci applicavano spesso l’ordine
geometrico in tutte le opere, ad esempio questa mentalità si rifletteva nella pianta delle città, ma
questa idea portava alla negazione della natura (non è geometrica), accettata solo come fornitrice di
materiale per l’arte o come luogo di realizzazione di un’opera, nasce il concetto di natura aliena (la
natura sarà riscoperta nel 600 d.C.).
Il tempio di Zeus ad Olimpia è uno dei pochi punti in cui la Grecia si
riconosceva in una propria identità culturale che aveva la propria radice nei
grandi santuari. Sui frontoni del tempio è scolpito il mito della lotta fra Centauri e Lapiti,
battaglia scoppiata a causa del rapimento della moglie del re dei Lapiti da parte dei centauri,
massacrati poi dai Lapiti. Si ha una visione allegorica, i Centauri sono la componente violenta e selvaggia in una
sensualità bestiale che non concepisce l’amore, mentre i Lapiti sono quella razionale, vittoria della componente
razionale sulla bestiale. Il fatto che il tempio di Olimpia e la città stessa rivestisse un ruolo importante per la
civiltà greca emerge dal conteggio degli anni che avveniva in base alla prima olimpiade e procedeva di 4
anni in 4 anni, d’altra parte anche Delfi è molto importante in quanto è il centro religioso (per l’oracolo
Pizia), ma è anche economico, infatti la Macedonia riuscirà a controllare a pieno la Grecia solo dopo la
nomina a protettori del santuario di Delfi.
La mentalità greca prevedeva che la vita dovesse essere goduta intensamente, la
cultura stessa è un piacere da godere a fondo, ma sempre con moderazione, che
consente una stimolante variazione del piacere.
Questa civiltà aveva anche sviluppato uno straordinario settore di scultura in
metallo, ma molte opere sono andate perdute a cause del fatto che durante le
guerre le statue venivano fuse per ricavarne armi, ne sono un esempio la statua di
“Zeus-Poseidon” e la “Auriga di Delfi”, ma ben più famosi sono i Bronzi di
Riace, ritrovati nella zona del mare antistante la città calabrese a causa del
naufragio della nave che li stava trasportando in Italia, probabilmente a Roma (saccheggi?).
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Dopo la crisi delle guerre Persiane (490-480 a.C.), durante la quale la civiltà greca rischia di
scomparire più volte, il mondo greco trova una sua nuova identità a seguito degli scontri decisivi
(Maratona, Termopili e Salamina) e nasce così l’arte greca arcaica, che resta però di diffusione
limitata alla città di Atene (si diffonderà solo nei secoli successivi) e, in particolare, al ristretto
gruppo di personaggi dirigenti che faceva capo a Pericle. Nel 450- 430 a.C. Atene, sotto il comando
di Pericle, riesce in ciò che le altre civiltà non erano riuscite in millenni: la ricostruzione
dell’acropoli è il perno dell’arte di Pericle, in cui nasce il culto di Atena, identificazione della stessa
città. L’acropoli originaria era stata distrutta e solo sotto Pericle viene ricostruita, ma non senza
difficoltà: l’assemblea che doveva accordare la concessione ai lavori era scettica a causa degli alti
costi, per questo Pericle si accolla i costi, chiedendo solo di poter mettere il suo nome sul frontoni
del tempio. La ricostruzione conosce il suo culmine sotto la direzione di Ictino,
regista dei lavori e designato da Pericle. Cuore di tutta l’opera è il Partenone di
“Atena vergine” (se Atena è vergine anche la città lo è, il che significa che la
città non poteva essere violata da esercito nemico) caratterizzato da un grande
colonnato dorico al di sopra del quale è presente un fregio raffigurante la
centauromachia, sono presenti i frontoni sui sono raffigurati tutte le divinità
adorate, all’interno era presente una gigantesca statua in legno di Atena, tutta la
struttura era abbellita da sculture in marmo (ora al British Museum). L’intero Partenone è esaltato
dalla posizione su cui sorge, oltre a essere sul punto più alto della città, è anche sul punto più alto
dell’acropoli.
In questo periodo si ha una nuova trasformazione dell’arte, la geometria è ora messa al servizio di
una rappresentazione più reale, con Fidia (collaboratore di Ictino), scultore del frontone del
Partenone, si raggiunge il maggior punto di equilibrio tra geometria e realismo, le figure umane
sono più credibili, Fidia insiste molto sull’elemento panneggio, lasciando intuire le forme del corpo
umano pur sotto i vestiti, il tutto enfatizzato dal colore. La colorazione del frontone era solo parziale
per non coprire i riflessi dorati mostrati dal marmo pentenico utilizzato se colpito dal Sole (presenza
di quarzo). Il vero capolavoro di Ictino è la realizzazione dell’ingresso all’acropoli, i Propilei, che
non poteva essere realizzato in modo simmetrico per la conformazione del terreno, ma Ictino è
riuscito a reinventare lo spazio dando un’idea di continuità armoniosa, un’architettura evocativa,
sfruttando al massimo la parte destra realizzando una grossa base su cui svetta il tempietto di Atena
Nike, mentre a sinistra si allarga creando una struttura di colonne continua con la
realizzazione della pinacoteca. L’Eretteo è un santuario dedicato ai culti della
Terra, particolare riflesso dalla strana forma, risultato del rispetto dei alcuni
canoni del culto (Loggia delle Cariatidi, è presente un muro che oggi appare
spoglio, un tempo era ricoperto di iscrizioni e decorazioni in bronzo).
Questa Grecia delle polis ha degli avamposti in Francia (Marsiglia) e in Italia (Selinunte, Messina,
Reggio Calabria, Taranto)
La guerra del Peloponneso devasta il centro della Grecia occidentale, Atene esce
sconfitta per opera di Sparta (431-404 a.C.), questa è la fine dei più grandi artisti.
Dal 404 al 356 a.C. si assiste a un periodo “senza nome”, per comodità il postclassicismo, intermedio tra età classica ed Ellenistica, di cui si ricorda soprattutto
Prassitele. Di questo artista si ricorda l’“Hermes e Dioniso” di Olimpia realizzato
prima in bronzo successivamente in marmo. Il senso post-classico emerge dal
soggetto, Hermes sta giocando con Dioniso mostrandogli l’uva (il braccio in cui è
tenuta l’uva è mancante), ma l’intento principale dell’opera è contrapporre la
grandiosità di Hermes, uomo flessuoso, a Dioniso bambino, benché già dotato di una muscolatura
sviluppata Æ questa ambiguità è classica del mondo greco dell’epoca, in cui cambia l’ideale di
bellezza maschile che diventa più sottile, passando da uomo dominatore con fisico massiccio e
vigoroso, a soggetto che unisce caratteristiche virili a dolcezza, parametri che in quel periodo di
crisi profonda danno una sicurezza emotiva riflessa dal bambino (riferimento affettivo), che per la
prima volta viene rappresentato con sembianze più o meno infantili e quindi realistiche (in epoca
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classica i bambini non venivano mai rappresentati, o meglio i bambini erano rappresentati con
sembianze adulte). Si ha l’amore per le cose piccole, facilmente dominabili, rispetto alle cose grandi
che provocano un senso di inferiorità Æ passaggio dal criterio del bello eroico e grandioso a bello
dolce, tenero e affettivo.
La Nike di Samotracia raffigura la Nike, posta in origine su una finta prora di una nave in marmo, che è
colpita dal vento e che doveva essere di buon auspicio per i naviganti che dovevano prendere il mare: il
particolare nuovo che emerge da questa scultura e l’intento dello scultore di far intuire le forme del colpo
della dea, anche se coperte da vestiti.
Il cambiamento a cui è andata in contro l’arte influisce anche sulla letteratura, nasce infatti la
letteratura idilliaca che ha come soggetto una natura addomesticata, quindi sotto controllo.
Un’ulteriore novità del tempo è la rappresentazione di soggetti dall’aspetto estetico brutto, la sfida
estrema del brutto, fino ad ora scartata perché non rifletteva i canoni dell’arte classica.
Dalla metà del IV secolo la Macedonia con Filippo II e il figlio Alessandro Magno diventa la I
potenza greca, che porta con le conquiste militari, al contatto di civiltà fino ad allora
rimaste separate e quindi allo scambio di stili artistici nuovi, il che porta al
ribaltamento dell’identità della Grecia, basato sulle città stato e che fino ad allora era
rimasto un mondo a parte, fenomeno dell’internazionalizzazione. Cambia il Canone
di Policleto.
Al disfacimento dell’impero macedone dopo la morte di Alessandro (323 a.C.),
emerge il regno di Pergamo dove i diversi sovrani danno il via all’arte greca
ellenistica monumentale.
Dalle opere del periodo post-classico emerge il carattere patetico dei soggetti: il nemico sconfitto,
non più rappresentato con tratti bestiali, suscita un sentimento di pietà e compassione, diventa più
umano, passo importante perché precedentemente i non greci erano considerati inferiori (altare di
Pergamo: la dea Atena aiutata dalla madre Terra e incoronata da Nike, scaraventa il gigante Tizio
agli inferi). L’arte ellenistica diventa mondiale (IV secolo): in Egitto, ad esempio, i Tolomei
mostrano grande cura nell’arte che rivela parametri di realismo tipicamente greci a caratteristiche
dell’arte egizia, come il materiale usato (basalto).
L’arte greca viene esportata e trionfa anche a Roma (II secolo a.C.) in un modo così dirompente da
portare la civiltà romana a rinnegare il proprio passato e a crearsene uno fittizio su parametri greci.
Etruschi: IX secolo a.C.- gli Etruschi arrivano in Italia (Toscana e Lazio sett.), dando origine ad
una civiltà caratterizzata dalla presenza di piccole città stato indipendenti, unite solo dalla cultura e
dalla religione (santuario di Tarquinia). Le città erano governate dai Lucumoni (magistrati eletti), in
cui il ruolo della donna era importante, le donne ricoprono anche ruoli politici, anche di reggenza.
La civiltà dimostrerà grandi potenzialità di espansionismo, ma una fragilità militare che la porterà
alla sottomissione ai Romani.
Le opere etrusche che ci sono pervenute sono prevalentemente di tipo tombale a causa della
distruzione delle città da parte romana. Il grande scavo di Misa, odierna Marzabotto, ha permesso di
approfondire le conoscenze su questa civiltà, studio consentito anche dai progressi in campo
interpretativo della lingua etrusca, semplice da leggere perché utilizzavano una variante greca. Gli
etruschi, dal VII secolo a.C., hanno incominciato la loro espansione militare, ma ancora oggi è
difficile chiarire bene fin dove arrivassero i confini dei domini politici etruschi a causa del loro
fiorente commercio (si sono rinvenute tracce dell’arte etrusca, come vasi, in città, come Trento, che
non furono sottomesse da questa civiltà, ma che erano state interessate dal commercio).
L’espansionismo avvenne in tutte le direzioni per via del fiorente commercio: a ovest raggiunsero la
Corsica orientale (Alalie, attuale Aleria, è una colonia commerciale), a est arrivarono sino a Perugia dove si fermarono
per la presenza degli Umbri (le due civiltà hanno sentito una l’influenza dell’altra in campo artistico), a sud superarono
il Tevere scendendo sino in Campania (Napoli, Cuma, Salerno) bloccandosi di fronte ai Greci ed
ai Sanniti, mentre a Nord superarono Arno e gli Appennini, seguendo due direttrici, una
commerciale verso il Veneto e una di conquiste verso la Lombardia ed Emilia (Bologna è stata
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occupata dagli Etruschi) dove però furono bloccati dai Celti che procedevano verso sud (fecero razzie a Napoli, Salerno,
ma si stanziarono anche Senigallia –Marche-).
L’arte etrusca è la più raffinata d’Italia, influenzarono Greci, Celti, Sanniti (…), ma i più grossi
ritrovamenti sono stati di genere tombale, per esempio a Tarquinia e Cerveteri dove sono presenti
decorazioni con raffigurazioni in stucco e tufo aventi come soggetto arnesi di lavoro rappresentati
con molta precisione, inizialmente colorati. L’arte della terracotta è molto curata, in genere dipinta
e adoperata per i templi e sarcofagi (sarcofago degli sposi a Cerveteri
presenta due coniugi sul letto di pranzo a decorare il coperchio) e presenta
tratti e caratteristiche orientali come il sorriso arcaico, la barba a punta.
Questa civiltà presenta un culto dei morti molto vario che parte dalla
cremazione dei corpi fino alla mummificazione: dai reperti trovati emerge
una nuova caratteristica dell’arte etrusca, i soggetti raffigurati sulle urne cinerarie hanno un grande
realismo quasi bruciante, ma sono state rinvenute urne uguali tra loro, anche se appartenenti a
diverse famiglie, segno che il realismo non è tanto voluto per la fedeltà ai tratti fisici del defunto,
quanto più perché la produzione era seriale, quindi si preferiva raffigurare il soggetto
medio come standard.
Ma la maggiore rappresentazione artistica in terracotta è costituita dalle statue del
tempio di Vejo che raccontano la lotta epica tra Apollo ed Ercole per il possesso del
tripode usato da Pizia (oracolo di Delfi) per i suoi responsi, oltre al grado elevato di
realismo, le statue erano originariamente colorate con tinte vivaci. A differenza di
altre civiltà abbiamo anche testimonianze della pittura etrusca che era realizzata sul
tufo con colori naturali intensi, come soggetti erano scelte scene di banchetti
prevalentemente, inoltre in molti degli affreschi è presente l’influenza orientale
evidente per le decorazioni a contorno, con delfino, elemento decorativo tipico del mediterraneo
orientale per esempio di Creta, oltre ad alcuni tratti del volto orientali.
Un altro campo sviluppato era la lavorazione dei metalli: le ciste realizzate in metallo, di
vario uso (funebre, portagioie, ecc), presentano un corpo cilindrico inciso con varie
raffigurazioni, il coperchio era abbellito da piccole statuette di divinità, il tutto sostenuto
da piedini a forma di zampa di leone. La stessa cura veniva usata nella
lavorazione dei metalli preziosi per la realizzazione di gioielli di pregevole
fattura che presentano anch’essi temi orientali, come i leoncini per
decorazione.
Romani: di Roma si hanno poche notizie certe fino al II secolo a.C., a causa del fatto
che la cronologia varoniana utilizzata era errata. Secondo la tradizione nel 753-757 a.C. Roma è
stata fondata per il fenomeno dell’ecistia (fusione di più villaggi per fondare una città): il passo è
stato difficile a causa del fatto che si dovettero fendere due comunità ben distinte, una sul palatino,
costituita da contadini e pastori di ceppo latino che inizialmente ricoprirono un ruolo subordinato,
ma poi saranno i Patrizi, e una sull’Aventino, formata da commercianti e artigiani (probabilmente
per la vicinanza al Tevere era favorito il commercio) di ceppo etrusco inizialmente dominanti, ma
che pio saranno i plebei della civis romana.
Roma è quindi il compromesso tra le due civiltà che dipendono una dall’altra.
Inizialmente il sovrano era all’etrusca (mezzo magistrato e mezzo sacerdote).
Secondo la leggenda nel 509 a.C. il popolo romano caccia i re e instaura la
repubblica e per festeggiare l’avvenimento costruiscono il Tempio di Giove del
Campidoglio. In realtà non può essere avvenuto così, poiché il tempio è stato
fatto da Servio Tullio re etrusco, tornato a conquistare Roma dopo essere stato
cacciato, la leggenda probabilmente è il risultato di un’eccessiva proiezione all’indietro di
avvenimenti successivi. Il tempio è all’etrusca (grosso rettangolo con tre celle corrispondenti a tre
divinità) ed è la prima testimonianza dell’architettura romana.
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Le imagines erano molto diffuse presso le famiglie nobili romane poiché
ritraevano gli antenati della famiglia per avere una maggiore identificazione
della propria stirpe ma questa volontà ha portato a realizzazioni estremamente
fedeli alla realtà, spesso infatti per la realizzazione del volto si faceva lo
“stampo” al volto del defunto. C’è però un problema suscitato da Ranuccio
Bianchi Bandinelli, il quale sostiene che l’arte romana è di derivazione etrusca, ma quando però gli
aristocratici presero il potere si posero il problema di una propria identità artistica che li
contraddistinguesse, introducendo così l’arte greca ritenuta più erudita come modello (maggiore
rispetto per l’individuo, minore credenza negli dei), ma che successivamente si dimostrerà molto
pericolosa per la repubblica introducendo l’idea della figura dell’imperatore e stravolgendo le
origini, portando alla nascita del mito di Enea. Questa nuova realtà patrizia suscitò nel nucleo
plebeo (etrusco) la reazione opposta, la volontà, cioè, di attaccarsi ai caratteri della tradizione e del
passato che riemergeranno poi con il crollo dell’impero. Nel II secolo a.C. la rivalità tra i due nuclei
sfociò nello scontro tra Scipione l’Africano (rappresentante dei patrizi) e Catone il Censore
(rappresentante plebeo, pur non essendo di origini etrusche) che, grazie alla carica ricoperta, colpiva
duramente tutte le manifestazione di carattere ellenico. L’atteggiamento di Catone era dettato
dall’intuizione che la Grecia, la tradizione greca, avrebbe a lungo andare distrutto le origini romane.
L’arte romana del I sec. d.C. – 1
Nel 27 a.C., Augusto fonda l’Impero romano su consegna del Senato e – fino al 56 d.C. – l’Impero
sarà la più grande realtà politica del mondo occidentale. Con esso nacque una nuova arte, l’arte
imperiale, che presenta aspetti differenti: in senso stretto era quella per l’Imperatore e per la sua
famiglia, tramite la quale l’Imperatore stesso si faceva conoscere anche dalle province più lontane,
attraverso l’invio di opere che lo raffiguravano, e in senso esteso era quella che cambiava da zona
a zona (denominata, così, arte italica), poiché l’arte imperiale veniva fusa alle arti locali nell’intento
di non presentarsi alle popolazioni sottomesse come tiranni, ma come dominatori tolleranti (si tratta
di arte romana con forti influssi dei caratteri locali).
Fino ad Augusto, l’arte presenta caratteri filo-greci derivanti dall’estensione dei possedimenti di un Impero
che aveva come baricentro il Mediterraneo. Nell’ambiente artistico romano emergono due personalità di
spicco come Mecenate e Agrippa.
L’arte augustea è caratterizzata dall’amore per il meta-teatro dell’Imperatore, riflesso
nelle opere che ritraggono Augusto: l’opera sembra, infatti, “recitare” all’interno di una
scena più grande, con particolari simbolici ricercati, come il fatto che le statue augustee
erano sempre a piedi nudi, che stava a significare che il soggetto era prossimo alla
divinizzazione. Spesso, nelle opere d’età augustea veniva sottolineato come con l’intervento di
Augusto fosse tornata a Roma la pace, dopo le dispute tra Patrizi e Plebei.
Sotto Nerone l’arte raggiunge, forse, l’apice dal punto di vista del lusso: Nerone – infatti – si fa
costruire la “Domus Aurea” sul colle Oppio con un lusso esagerato. Molte opere erano di materiale
prezioso, ma è più importante il fatto che l’influenza orientale portò anche a Roma il tema del
brutto.
Per esempio è facile trovare servizi da tavola con particolari macabri, come gli
scheletri danzanti del servizio del “Bosco reale”, per il gusto del contrasto e dell’orrido.
La visione dell’arte romana ai giorni nostri è concentrata soprattutto su Pompei ed Ercolano a
causa del fatto che tutto ciò che è stato ritrovato nelle città campane si è straordinariamente conservato
grazie all’opera lavica del Vesuvio.
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Ad Ercolano – ad esempio – sono presenti affreschi (non si tratta di “affreschi” veri e
propri, perché realizzati con tecniche, come la cera, che non sono caratteristiche
dell’affresco) con raffigurazioni molto precise, realizzate con colori vivaci.
La “Villa dei Misteri” di Pompei è completamente decorata da affreschi che riportano
scene del culto praticato nell’abitazione (si tratta di culti orientali), il tutto a sfondo rosso.
Nel 69-70 d.C. termina la dinastia augustea e subentrano i Flavii (dal 70 al 96 d.C.), che si
rendono partecipi di interventi pesanti nelle zone dell’Oppio, atti a cancellare il passaggio di
Nerone: la “Domus Aurea” – abitazione di Nerone – viene trasformata in edificio termale (le “Terme
di Tito”). La caratteristica principale che contraddistingue questa dinastia non fu tanto la
cancellazione dell’opera neroniana, quanto la realizzazione d’opere di carattere ludico (ad
eccezione dei fora, degli archi di trionfo e degli acquedotti), per ottenere il consenso della
popolazione.
Il “Colosseo” – che trae il proprio nome dall’eliminazione della colossale statua
di Nerone – è la massima espressione di questa volontà, come lo sono le
terme, le palestre e i teatri.
I fora, che presentano luoghi sacri come i templi e luoghi profani all’interno dello stesso
forum, sono uno dei più importanti interventi urbanistici della dinastia flavia: il più antico era quello
che Cesare, che aveva come principale soggetto il tempio della Venere – genitrice e madre di
Roma e della gens Iulia –; successivamente, venne realizzato quello di Augusto, con il tempio di
Marte vendicatore (poiché aveva ucciso tutti i cesaricidi); il terzo ad essere costruito fu quello di
Vespasiano, il “Foro della Pace” (poiché sotto di lui l’Impero ha riconquistato pace e unità); quarto
quello di Nerva, un forum transitorio tra quello di Vespasiano e di Augusto; e ultimo, il più
grandioso, quello di Traiano.
L’impresa di Traiano è stata possibile grazie alla conquista della Dacia con tutte le sue
ricchezze (la campagna militare è raccontata nella Colonna traiana), poi investite – in
parte – nel foro.
A Traiano succede Adriano (117-135 d.C.), che ritenne inadeguata l’arte ellenistica di Traiano. Dal
98 al 100 d.C., sotto Traiano, si elabora a Roma lo stile ellenico, ma la prospettiva artistica viene
cambiata – successivamente – da Adriano, che fu l’unico Imperatore a girare l’Impero (favorito dal
momento di pace) ordinando la costruzione di grandi opere come il Vallo Adriano, nell’attuale
Inghilterra, per contrastare gli Scozzesi.
La visione artistica di Adriano si rispecchia nella grandiosa “Villa Adriana”, fatta
costruire a Tivoli, con un’architettura asimmetrica, apparentemente caotica, immersa
nella natura, mescolando tradizioni diverse, caratterizzando ogni zona della villa con
evocazioni a luoghi da lui visitati.
Recupera il pittoresco, il suggestivo, l’affascinante, il meraviglioso, diverso dal grandioso di Traiano, e
riscoprendo il dialogo con la natura. Il ruolo più importante della villa era rappresentato dall’acqua, con
effetti suggestivi come cascate e laghetti, importante a Roma in epoche successive con la costruzione di
grandi fontane (soprattutto in epoca barocca). L’intera villa è stata progettata da Adriano in persona, che
riprese l’eredità artistica di Nerone.
Adriano fa ricostruire parte della città dei divertimenti di Agrippa, semidistrutta da un
incendio, e in particolare ricostruisce l’intero “Pantheon” con un’architettura “implosa”,
cioè un’architettura che dall’esterno non lascia presagire l’effetto presente all’interno,
dove l’intera cupola a cassettoni era ricoperta di bronzo dorato per rifrangere la luce che
entrava dal soffitto, creando un’atmosfera quasi divina (il bronzo è stato prelevato per la
costruzione di San Pietro).
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Adriano fa costruire anche la sua tomba, all’esterno delle mura di Roma: l’attuale Castel
Sant’Angelo.
Dopo Adriano, che segnò per Roma il momento di maggior prestigio, l’impero entrò in crisi, dal 160
d.C., che portò al crollo dell’Impero con alcune costanti come le pestilenze, la differenza sempre
maggiore tra ricchi e poveri, le pressioni continue dei barbari sui confini e il problema dei Cristiani.
Questo periodo di crisi viene riflesso nell’arte: si nota il fenomeno dell’horror vacui; nella scultura si
ha una quantità impressionante di particolari, probabilmente per “paura del vuoto” e per la ricerca
di una sicurezza.
C’è una grande tradizione nella scultura in metallo, ma purtroppo molte opere sono
andate perdute: la Statua di Marco Aurelio, destinata inizialmente per il foro costruito
dallo stesso Aurelio, con Antonino Pio, nella zona di Palazzo Chigi, venne poi spostata
davanti a San Giovanni in Laterano, quindi in Campidoglio; era una statua dorata che
rappresentava Marco Aurelio a cavallo, nell’atto di compiere il gesto della beneficentia,
a simboleggiare la generosità dell’Imperatore con il popolo.
Alla fine del III sec. d.C. – dopo un periodo difficile – Diocleziano (283 d.C.), che si accorge delle
difficoltà nel gestire l’Impero in maniera unitaria, lo divide in due (Oriente e Occidente), poi ancora
in due: le due province più esposte erano affidate ai Cesari, successori designati dell’Imperatore
(quella in Oriente aveva sede a Sirmio, quella d’Occidente a Treviri) scelti direttamente dai due
Augusti, mentre gli Imperatori controllavano la parte orientale (con capitale a Nicomedia,
amministrata da Diocleziano) e la parte occidentale (controllata da Massimiano, con capitale a
Mediolanum, nel 286-402 d.C.).
Con Diocleziano si ritorna all’uso dell’iconografia imperiale per far conoscere le figure
dirigenti a tutte le popolazioni dell’Impero, creando statue che ritraevano i due Imperatori
(o, Augusti) e i due Cesari, realizzate in porfido rosso, colore scelto dagli Imperatori e che
solo loro potevano utilizzare.
Si diffonde, inoltre, il lusso con l’introduzione di marmi policromi, uso artistico di
provenienza orientale: ad esempio, la villa siciliana di Piazza Armelina, probabilmente
di proprietà di Massimiano.
Diocleziano, come promesso, abdica dopo vent’anni di regno, ritirandosi a Spalato e costruendo
una dimora così vasta che oggi coincide con la stessa città di Split.
L’arte paleo-cristiana e la Milano imperiale – 2
L’arte cristiana – nel 313 d.C. – diventa “imperiale” grazie alla “Donatio Costantini”.
Incominciano ad essere realizzati i primi luoghi di culto. L’impero, prima di allora, si era reso partecipe di
persecuzioni cristiane senza un vero motivo, infatti i Cristiani erano stati accusati da Nerone di aver
appiccato il grande incendio di Roma, provocato invece da avversari politici. Dopo Nerone, le persecuzioni
si fanno sempre più brutali e frequenti, poiché la religione cristiana veniva vista come qualcosa di barbaro,
a causa del fatto che si credeva che i Cristiani mangiassero i bambini durante la professione del culto (nel
terzo secolo si hanno le persecuzioni maggiori).
Costantino, a cui i contemporanei diedero il titolo di Grande, fu il primo imperatore cristiano.Egli aveva
appreso a conoscere e a rispettare la nuova religione dal padre Costanzo Cloro, e soprattutto dalla madre
Elena fervente cristiana (Santa Elena imperatrice).
Ma, nonostante e sue convinzioni religiose, ricevette il battesimo poco prima di morire. Costantino,
continuando la politica di Diocleziano, rese ancor più assoluto il potere imperiale, accentrando nelle sue
mani gli affari più importanti e tenendo nel suo saldo pugno il comando dell'esercito.
Egli mantenne la divisione dell'impero in quattro parti (corrispondenti alle quattro parti della tetrarchia di
Diocleziano), ma diede a tale divisione carattere semplicemente amministrativo, e, perciò, le chiamò
prefetture mettendo a capo di ciascuna di esse un prefetto del pretorio, rivestito soltanto di poteri civili. Tali
parti furono l'Italia, la Gallia, l'Illirico, l'Oriente.
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Mantenne inoltre la suddivisione in diocesi (12) e in province (117). Ogni provincia fu suddivisa in regioni,
che corrispondevano ai territori delle varie città.
Ma il fatto più notevole del suo governo fu il trasferimento della capitale da Roma a Bisanzio (che i posteri
chiamarono Costantinopoli), poiché la nuova città, per la sua posizione, sembrava più adatta per la difesa
del confine danubiano e orientale, da cui provenivano le più gravi minacce alla sicurezza dell'impero (330).
Costantino favori in ogni modo il cristianesimo, non solo emanando il famoso Editto di Milano (313), col
quale concedeva ai Cristiani la piena libertà di culto), ma difendendo la nuova religione contro le eresie che
ne minacciavano l'unità. La più famosa tra esse fu allora l'arianesimo, fondato da Ario, prete di Alessandria
d'Egitto, che sosteneva che Cristo era figlio di Dio, ma non partecipe della divinità del Padre.
Costantino, accordatosi col papa, convocò il concilio di Nicea (325), primo concilio ecumenico (o universale),
in cui, per opera soprattutto di Atanasio, vescovo d'Alessandria, fu condannata l'eresia di Ario e fu fissato il
Credo (o Simbolo) della religione cristiana.
La religione cristiana era nata con Gesù, che aveva creato una comunità palestinese, con un carattere
fortemente missionario, che successivamente diffuse il culto in molte città dell’Impero, incontrando difficoltà
per la diffusione nelle campagne a causa dell’alto grado di superstizione. La comunità cristiana era
interclassista (sia ricchi che poveri, ad esempio a Roma la prima rappresentante fu la cugina – Domitilla –
dell’Imperatore).
Con l’arrivo a Roma del Cristianesimo, nasce un’arte con caratteri differenti tra l’area
occidentale (arte come raffigurazione realistica che accetta l’immaginario figurativo
“pagano” per raffigurare Dio, sia per un significato simbolico, sia per proteggersi
dalle persecuzioni: le opere – infatti – dovevano essere interpretate per capire che il
soggetto era Dio) e l’area orientale (arte con istanza simbolica forte, che porta a
rappresentazioni non molto realistiche per l’intoccabilità di Dio).
Un romano – non cristiano – che vedeva i primi affreschi con raffigurazioni “pagane”
non riconosceva il significato simbolico; è, questo, il fenomeno della recapitulatio:
ogni episodio della vita, della storia, del mito, rimanda ad altro – in primis al Cristo –
poiché tutto è immagine di Cristo e, di conseguenza, si potevano prendere simboli pagani come il
Pastore, che potessero ricondursi a Dio, ma questo creò il problema di quale fosse
l’atteggiamento da tenere con il mondo pagano; da un lato si aveva una visione ottimistica,
derivante dalla credenza della creazione, quindi in ogni essere umano c’è la “fiammella” divina,
dunque anche la cultura classica poteva introdurre al Cristianesimo, ma dall’altro si aveva una
visione pessimistica; poiché il mondo era considerato il regno di Satana, il Cristiano deve fuggire
dal mondo e la cultura classica è malvagia, indi il Cristianesimo gli si doveva
contrapporre.
Gli affreschi che riportano alcuni episodi del Vangelo sono di pregevole fattura, ma
sono realizzati con particolari inconsueti: Cristo poteva essere realizzato con
capelli corti e barba rasata, con indosso una toga, come un perfetto romano
(sostanzialmente, gli episodi del Vangelo sono stati modificati, ma in maniera
meno radicale che in passato, pur essendo tutti i particolari riconducibili alla vita
romana).
Sotto Costantino le cose cambiano, probabilmente a causa della larga diffusione del Cristianesimo,
ed esso viene approvato con l’editto emanato dall’Imperatore: Costantino lavora soprattutto su
Roma, trasformandola con l’edificazione di luoghi di culto eretti sulle tombe dei martiri come San
Pietro in Vaticano e di San Paolo verso Ostia.
La Basilica di San Pietro – oggi – è diversa da quella
originale, poiché quella di Costantino è andata distrutta. Le
basiliche cristiane erano diverse da quelle romane: avevano
un’abside anziché due (la seconda abside era riservata
all’Imperatore, che ora viene eliminato), l’ingresso era sul lato
corto per introdurre al cammino sacro e terminava all’altare,
l’interno era a navate e presentava solitamente le cappelle riservate alla venerazione della Vergine
Maria.
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Venne eretta la Basilica di San Giovanni Laterano a sud-est di Roma, che è la cattedrale del Papa,
il quale è – per prima cosa – il Vescovo di Roma.
Costantino fa costruire anche la tomba per la figlia Costanza, sviluppata – in seguito – a tomba di
famiglia (il “Mausoleo dei Costantinidi”), oggi noto come Chiesa di Santa Costanza, che sorge di
fianco alle catacombe di Sant’Agnese.
La chiesa di Santa Costanza presenta un’aula centrale circolare, decorata anticamente da mosaici
diffusisi a Roma dopo Costantino, divisa dal deambulatorio con una serie di colonnine doppie,
unite da sottili architravi.
Un esempio di mosaico può essere quello della Chiesa di Santa
Prudenziana – del 340 d.C. – che raffigura gli Apostoli, guidati dai Santi
Pietro e Paolo, e incoronati da Santa Prassede e Santa Prudenziana , con
Cristo al centro (seduto sul trono) sovrastato dalla croce gemmata, al fianco
della quale sono presenti le quattro raffigurazioni degli Evangelisti dalla testa
d’angelo (Matteo), dalla testa di Toro (Luca), dalla testa di leone (Marco) e
d’aquila (Giovanni), secondo la visione tetramorfa di Ezechiele; dietro Cristo è presente la Gerusalemme
celeste: Giovanni, infatti, ha descritto il Paradiso come la Gerusalemme terrestre, prefigurazione di quella
celeste.
Nel mosaico sono presenti gradi differenti di simbologia: si parte dal grado zero, secondo il quale le
rappresentazioni hanno fattezze realistiche, che rispettano le sembianze umane in quanto tali,
nonostante abbiano caratteri simbolici come la regalità del Cristo (sul trono) e le corone poste sopra
Pietro e Paolo, che stanno ad indicare il martirio; il secondo grado è quello utilizzato per la
rappresentazione degli Evangelisti, realistica nella misura delle singole parti (le ali, come la testa di toro,
sono immagini reali). La croce gemmata può essere studiata a parte, in quanto è simbolo di Cristo stesso
a livello divino, secondo il criterio dell’inversione doppia: è presente sia il Cristo “reale” (quello che siede
sul trono), sia quello simbolico (la regalità divina del Cristo); un altro carattere simbolico è la
Gerusalemme, che rappresenta anch’essa Cristo, ma che ha – in passato – sollevato la questione del
Sacro, poiché il Dio cristiano è considerato onnipresente, quindi l’edificazione di un tempio a Dio è sia
devoto, che blasfemo. Si considera che Dio sia nel tempio, ma se è lì, non può essere da un’altra parte:
per questo Cristo appare come persona, croce e città.
Dall’esame del mosaico emerge un’evoluzione dell’arte cristiana, che ha adattato – con il passare
degli anni – l’arte classica orientale alle proprie esigenze di culto, andando alla ricerca di una
maggiore fedeltà alla cultura ebraica, rappresentando Cristo con barba e capelli lunghi. Il mosaico
è un compromesso tra realismo, allegoria e simbolo.
Durante il periodo in cui Milano è stata capitale dell’Impero (286-313 d.C.), sono stati eretti
monumenti atti a dare alla città un aspetto d’imponenza e monumentalità degna di una capitale
imperiale, nonché a trasformarla in città cristiana.
La Basilica di San Lorenzo Maggiore – poi ricostruita nel ‘500 –, che era la
cappella del Palazzo imperiale, presentava un portico preceduto dalle sedici
colonnine di San Lorenzo, il nartece, e l’edificio con una pianta a croce greca
ansata (smussata): è parzialmente inscritta in un quadrato – per dare un’idea di
perfezione – e ha tre cappelle (di San Sisto, Sant’Ippolito e Sant’Aquilino), di
cui l’ultima è la più grande, poiché venivano seppelliti gli Imperatori.
In questo periodo si diffondono le Capselle, scatolette per le reliquie dei martiri, decorate da
episodi del Nuovo Testamento con immagini del mondo antico pagano “riciclato” nell’idea cristiana,
d’argento massiccio.
TEODOSIO (379-395).
Teodosio, a cui i contemporanei diedero il titolo di Grande, fu l'ultimo imperatore degno di Roma.
Egli, fervente cattolico, subì fortemente l'influenza di S. Ambrogio, vescovo di Milano.
Nel 380 pubblicò, insieme all'imperatore Graziano (che governava allora l'Occidente) l'editto di Tessalonica,
con cui si dichiarava che "sola religione dell'impero era quella che il divino apostolo Pietro aveva trasmessa
ai Romani"
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Nel 390, avendo agito con troppa crudeltà contro gli abitanti di Tessalonica. che si erano ribellati, S.
Ambrogio lo escluse per ben otto mesi dalla comunione dei fedeli, obbligandolo a fare pubblica penitenza.
Teodosio vinse anche i Visigoti (o Goti occidentali), che avevano varcato il Danubio, invadendo la penisola
balcanica; ma, non potendo allontanarli, permise ad essi di stabilirsi nella Tracia e nel a Macedonia in qualità
di alleati dell'Impero (379).
Teodosio, morendo, divise l'Impero tra i suoi due figli, Arcadio, che ebbe
l'Oriente, e Onorio, che ebbe l'Occidente; ma poiché i due nuovi sovrani erano
ancora molto giovani, pose il primo sotto la tutela del prefetto del pretorio Fufino,
gallo di origine; e il secondo sotto il generale Stilicone, vandalo di origine, ma
fedele agli ideali romani.
Questa volta la spartizione si trasformò in una vera e definitiva divisione
dell'impero: ma mentre l'impero d'Occidente, travolto dalle invasioni barbariche,
si avviò a una precipitosa rovina, l'impero d'Oriente sopravvisse per più di mille
anni.
AMBROGIO
Ambrogio, amico di Teodosio, fa a Milano ciò che Costantino fa a Roma: Cristianizzazione della città. Alla
fine del IV sec. diventa Vescovo di Milano il governatore dello Stato, Ambrogio, che sarà il modello dei
successivi vescovi cristiani: egli indirizza i suoi interventi alla trasformazione della città pagana in cristiana;
Milano acquisisce il suo attuale schema circolare (centrico), dal centro del quale si ripartono le vie verso la
campagna e le altre città dell’Impero.
L’unico edifico cristiano già presente prima di Ambrogio è la Basilica di S. Lorenzo. (basilica palatina,
dell’imperatore che ci andava per le funzioni religiose. Non è databile precisamente, sicuramente dopo il 313
ma prima del 380 perché Ambrogio la descrive.
Al centro della città è presente il Duomo, dove vengono organizzate due Cattedrali – Santa Tecla, la
cattedrale ordinaria, e Santa Maria Maggiore, utilizzata solo per la settimana santa, perché doveva dare
l’idea dell’immissione in una nuova realtà: è la chiesa pasquale, così la Pasqua è l’immissione in una realtà
illuminata dalla luce del Risorto – con annessi due Battisteri – San Giovanni alle Fonti, riservato ai battesimi
maschili, e Santo Stefano alle Fonti, riservato ai battesimi femminili: la divisione era necessaria a causa del
fatto che le prime comunità cristiane erano composte solo da neofiti adulti, che venivano battezzati essendo
immersi completamente nell’acqua. (battesimo per immersione, oggi per aspersione)
I battisteri erano di pianta ottagonale, secondo l’architettura romana per la quale l’ottagono era funebre
(simboleggia la morte della “vecchia vita”), inoltre l’ottagono simboleggia la resurrezione di Cristo – l’ottavo
giorno è quello della resurrezione, da cui gli otto lati. I battisteri e le cattedrali sono stati più o, meno
eliminati per la costruzione del nuovo Duomo. Ambrogio costruisce il palazzo vescovile, distrutto per
l’attuale palazzo.
La piazza del Duomo diventa il centro di Milano per volere di Ambrogio (prima, il centro era la
piazza del Santo Sepolcro), che lavora sulle grandi vie che conducevano alle città più importanti
dell’Impero, sulle quali costruì basiliche dedicate non a un Santo, ma ad una categoria di Santi, a
seconda della città verso cui andava la strada: verso nord – Treviri, capitale dell’Augusto
d’Occidente (ossia, la Germania) – costruì la Basilica delle Vergini (l’attuale San Simpliciano
perché venne ultimata dal vescovo Simpliciano), con tratti simili alla basilica di Treviri, perché in
Germania, a Colonia, vennero uccise 11.000 vergini, compagne di Sant’Orsola; sulla direttiva a
est, verso la Palestina, sorgeva la Basilica dei Profeti (che è stata rasa al suolo); a sud-est, verso
Roma, venne edificata la Basilica degli Apostoli (l’attuale San Nazaro); verso sud, verso Pavia,
la Basilica Palatina di San Lorenzo (già presente): Ambrogio le affianca la Basilica di Santa
Porziana (l’attuale Sant’Eustorgio o San Vittore); verso vercelli fa la Basilica dei Martiri, sul posto
dove furono trovate le ossa dei santi Gervaso e Protaso, eretta vicina al cimitero cristiano di Porta
Vercellina, dentro la quale si fece seppellire lo stesso Ambrogio, tra San Protaso e San Gervaso,
poi divenuti patroni della basilica. Tutta l’operazione mostra come Ambrogio ragionasse da
Imperatore, in grande. Teodosio e Ambrogio muopiono a 2 anni di distanza, 395 e 397
Il sacco di Roma
Nel 410 d.C. Roma viene saccheggiata dai Visigoti guidati da Alarico, fatto devastante dal punto
di vista simbolico, visto che Roma era il cuore dell’Impero, ma al tempo stesso evidenzia le
difficoltà che i vari imperatori provarono negli anni, per difendere la città: per questo, Onorio, ma
anche il generale Silicone, scelse come capitale Ravenna, che era una città più sicura
militarmente, dal momento che aveva il porto ed era circondata da paludi e le popolazioni
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barbariche preferivano spostarsi e combattere sulla “terra ferma” (solo i Vandali creeranno una
flotta – coste nord africa).
Per 4 secoli Ravenna sarà il baricentro dell’arte romana, una grande capitale artistica.
Durante il saccheggio, oltre ai beni materiali, vennero fatti prigionieri illustri, come Galla Placidia
(sorellastra dell’Imperatore), che però s’innamorò di Ataulfo, fratello del capo dei Visigoti ed erede al trono.
Ataulfo, sposando Galla Placidia, diventa Re dei Visigoti – per la morte di Alarico – ma ben più importante
era il fatto che l’Imperatore romano non aveva figli, quindi il figlio – chiamato Teodosio – nato dall’unione
di Ataulfo e Galla Placidia sarebbe stato l’erede al trono romano, come del regno dei Visigoti (Spagna,
Francia – Acquitania, la francia latina che darà origine ai trovatori) ; il bambino, dopo poco, muore. Alla
morte di Ataulfo, a seguito di una congiura, Galla Placidia torna a Roma, dove sposa Costanzo per volere
di Onorio, dall’unione dei quali nasce Valentiniano III.
Ci è pervenuto un ritratto che raffigura – presumibilmente – “Galla Placidia con i suoi
due figli, Valentiniano e Onoria”, ma ciò non è sicuro a causa dell’incerta datazione, il
che evidenzia il fatto che il mito di Galla Placidia ebbe lunga durata, quindi anche
raffigurazioni che potevano non riguardarla potevano essere ricondotte a lei.
Alla morte di Onorio valentiniano diventa imperatore ma è ancora piccolo, per cui Galla
Placidia assume il potere e diventa una grande imperatrice dell’impero
romano/germanico. Compie una grande operazione edilizia, architettonica a Ravenna.
Si trasferisce a Roma dove c’è il papa Leone Magno, il primo papa con peso politico nell’impero. Galla
fonda a Roma la chiesa di S. Nazaro e Gelso e vi seppellisce il primo figlio Teodosio.
Prevede la venuta degli Unni, che arrivano nel 451 un anno dopo la sua morte, e manda a contrastarli il
generale Ezio. Visigoti e Romani contro gli Unni, prima vincono e Attila, a capo degli Unni perde la battaglia
dei campi catalitici. Galla capisce che l’impero sta crollando e fa una politica difensiva alleandosi con la
Chiesa.
Ravenna e i regni romano-barbarici – 3
Il mausoleo di Galla Placidia a Ravenna è una chiesa votiva (ex voto):
presenta una pianta a croce greca, ha un impianto antico dall’arcata cieca,
classico elemento dell’architettura romana; il mattone a vista era un effetto voluto
per fare risaltare di più l’interno, interamente rivestito di mosaici blu/oro che gli
conferiscono una dignità irreale, uno splendore straordinario.
Raffigurazione di santi, del divino\, allegoria, simbolo: nell’arcata/lunetta superiore
abbiamo due Santi martiri, una fontanella con due colombe e una finestra (che non è più
quella originale, che era di alabastro sottile, comunque opaca); dimensione simbolica,
realistica e allegorica– ove il colore bianco identifica il martirio
Allegoria: La fonte è Cristo, “fons vitae”, adorato dai due martiri (le colombe) qui immagini
realistiche, che vi si dissetano alla fonte di acqua viva (cristo), poi ripresi sopra. La finestra
rappresenta Dio= luce divina. Ponte tra oriente e occidente
Il blu è un colore simbolico – che equivale all’oro bizantino – e rappresenta una dimensione che
prescinde da quella spazio-temporale
Questa cultura occidentale, molto legata all’Oriente per le vie marittime, trova una grande sintesi
nel ‘400.
Contemporaneo del Battistero di Neone, il Battistero degli Ariani (committente
Teodorico), che corrispondeva alla Basilica dei Santi: ci sono i dodici apostoli e
l’etimasia (il trono vuoto) del Cristo, come simbolo della divinità irraffigurabile, propria
della cultura greca o, ebraica. Secondo l’uso classico, il fiume Giordano viene
raffigurato come un vecchio (nel “Battesimo di Cristo”): lo Spirito Santo è una colomba
e si rifà storicamente alla visione di Giovanni Battista. La veste bianca degli apostoli, ancora, è
l’Apocalisse: nella sua visione, a Giovanni viene risposto che si tratti di martiri che avevano lavato
col sangue le proprie vesti.
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Sottolineatura dei genitali di cristo che ne sottolineano l’umanità: è vero, reale, uomo e non divino. Veridicità
dell’incarnazione. Intorno ci sono gli apostoli (realismo), alternati a Palme (allegoria). C’è un trono vuoto,
etimasia, rappresenta il trono di dio che nella logica ebraica non si può rappresentare perché significherebbe
possederlo. La croce è piccola, d’oro con pietre preziose, ed è l’astrazione della vera croce che indica la
passione. (es nella chiesa di s. Giuseppe a Varese)
Il Battistero degli Ortodossi presenta la medesima raffigurazione, ma è più ricco:
troviamo ancora il tamburo che è andato perso nell’altro esempio (450 d.C.).
È un intreccio tra classico e cristiano: Ravenna è un “laboratorio” ove Oriente e
Occidente si toccano. Venezia, successivamente, prenderà il posto di Ravenna come
“ponte” per l’Oriente: entrambe sono caratterizzate dall’uso del mosaico.
Roma combatte la battaglia contro gli Unni: i Romani vincono con Ezio (generale di Galla Placidia)
che si allea coi Visigoti, un popolo germanico, barbarico. I popoli germanici, in quel momento, nel
nord dell’Europa diventavano stanziali: dopo Galla Placidia e Valeriano III l’Impero comincia a
decadere.
Odoacre (434 – 493) Ostrogoti
Nel 476 con Romolo Augusto, ultimo imperatore, finisce l’impero romano d’occidente. Quello d’oriente
seguiterà fino al 1453. Odoacre depone Romolo Augusto e invia all’Imperatore d’Oriente le insegne imperiali
di Roma, che diviene un regno romano-barbarico.
Oggi la storiografia ha rivalutato Odoacre riconoscendogli una grande capacità politica: è l’Imperatore di un
regno fatto di Germani con una oligarchia guerriera e un’aristocrazia latina tenuta in grande
considerazione. Il problema fu che Odoacre non era il re degli Eruli, ma regnava anche sugli Sciiti: non
avendo dietro di sé un popolo, fu sconfitto dagli Ostrogoti, che fondarono il primo regno indipendente a
tutti gli effetti.
Nel 451 Unni: Onoria manda un anello ad Attila che viene per reclamarla come sposa; battaglia dei campi
catalaunici e sconfitta degli Unni che tornano in Italia e distruggono Acquileia nel 455. Acquileia era una
grande città commerciale, sede di un’intera regione, detta città vergine perché inespugnabile.
Evento di importanza simbolica quanto il sacco di Roma, distruzione di una città italiana.
Il papa Leone I affronta Attila e lo rimanda a casa. Italia difesa dal papa.
Teodorico (454) passerà tutta la propria vita cercando di comprendere il mondo romano, ma sarà costretto a
uccidere Boezio e i congiurati che tramano con l’Impero d’Oriente. Dopo di lui, la guerra tra Greci e Goti
insanguinerà l’Italia per vent’anni, ad esclusione di Totila, e i Goti saranno sterminati o, integrati nei regni
italici: fu così che il regno bizantino si trasferì a Ravenna.
Originari della Svezia, i Goti fondano in Italia un regno che si estende fino alla Bosnia: Teodorico governò
anche sugli Alani e sui Britanni, ma non poteva controllare un regno così vasto, essendo numericamente in
netta minoranza; fu così che nel sud la presenza dei Goti rimase limitata a poche guarnigioni. Non abbiamo
dati certi, ma si parla di circa 10 milioni di abitanti – in Italia – che si ridurranno dopo la guerra a 5/6 milioni.
L’arte ostrogota è limitata a poche città, di cui Ravenna è capitale (insieme a Milano e Verona).
Sepolto a Ravenna, il Mausoleo di Teodorico (oggi deturpato da un “poggiolo” per i
turisti) è rimasto sfigurato al suo interno – ricoperto di mosaici, mentre la tomba è in
porfido rosso –, fatto di marmi di cave d’Istria, ricca di cave di marmo (vicino Croazia).
Grandi cave, trasporto a Ravenna … per la sua costruzione venne ideata
appositamente una nave da trasporto. Si tratta di un edificio in pietra (al contrario del
legno, comunemente utilizzato) con cupola monolitica, un solo pezzo, architettura germanica che
esprime potenza, la pietra è maestosa anche senza decorazioni, ma all’interno di gusto romano.
(mosaici). Fuori vi erano dei pali con conficcate le teste dei nemici.
Dal VI secolo dc vi sono i regni romano/barbarici;
ostrogoti in italia, visigoti in francia e spagna, Franchi in Francia e germania, vandali nelel coste nord
africane. I vandali sono gli unici con capacità marittime, gli altri sono terranei e guerrieri.
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Questi anni sono legati all’imperatore Giustiniano, imperatore romano d’oriente a
Costantinopoli(Bisanzio) fonda i nuovi edifici di Costantinopoli, come di Ravenna – autore del
“Corpus iuris civilis”, che inaugura una straordinaria campagna edilizia, oltre a codificare il diritto
latino (benché parli il greco).
Nel VI secolo guida l’invasione bizantina e che farà lotta contro i persiani a est e lotta per la
riconquista dell’occidente a ovest. Ci riuscirà per alcuni anni.
Grandi campagne militari e grande codificazione giuridica: base dei diritti moderni è il CIC Corpus
Iuris Civiles. Tutto il sapere giuridico antico viene codificato. Diritto latino codificato.
Nel 529 vengono chiuse le scuole filosofiche classiche: fine simbolica del mondo antico.
Giustiniano è un grande conquistatore, grande legislatore e grande committente/promotore d’arte.
La Instambul di Giustiniano ci lascia la Cappella imperiale (cappella palatina/
basilica della Divina Sapienza, Santa Sofia dal greco “Madìa Sophìa”), era la
cappella del palazzo imperiale, costruita tra il Palazzo imperiale (che diverrà il Gran
serraglio, nel 1500) e Sant’Irene (la Divina Pace): l’Imperatore, ispirato da Dio, crea
la divina pace; è la chiesa dell’Impero, un edificio a pianta centrale, sovrastato da
una grande cupola.
E’ su 2 livelli: sud: navata, nord: cappella imperiale. Vi avvenivano tutti i riti importanti,
era la cappella dell’imperatore. Ha tantissime finestre per la luce, tanto che non si spiega come
possa stare in piedi: la cupola è costruita con tecnica geniale (leggerezza costruttiva): i 4
pennacchi sono untiti da un fregio sottile che scarica il peso della cupola sull’intera struttura
muraria della basilica= abilità della costruzione. (i pennacchi di solito erano separati)
Sono andati distrutti i mosaici: la chiesa cristiana è innamorata della cupola. Nel 1853 diventerà
moschea con l’impero ottomano
Giustiniano rifonda la cattedrale della pace imperiale (Costantinopoli) come Augusto con l’Ara
Pacis.
Costantinopoli diventa la città del lusso: materiali raffinati, commercio di avorio da africa e India,
granito porfido rosso dall’Egitto. Enorme diffusione commerciale di materiale bizantino.
L’architettura cristiana ama il tema rotondo: come s. sepolcro di Gerusalemme:
Quando Sant’Elena aveva costruito la Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dovette trovare una
soluzione per includere sia il sepolcro che la collina del Golgota: si deve a questo la creazione della
cappella sospesa, sovrastata dalla cappella della croce e seguita da una rotonda per l’adorazione del
sepolcro, secondo uno schema tripartito che non notiamo più a causa delle ricostruzioni dei crociati. Ha
una basilica dedicata al culto, una parte con il foro per la vera croce, una parte con la tomba di cristo.
Edificio a pianta centrale con enorme cupola. anastasis: la Basilica della Resurrezione, la Cappella
palatina che uniscono l’anastasis di Gerusalemme alla pianta centrale del pantheon delle
basiliche romane. Pianta centrale con cupola. (come la cappella palatina di Costantinopoli, di
Acquisgrana, s. Lorenzo, S. Sofia di Benevento, S. Vitale…)
Con San Vitale a Ravenna, lo schema ribadisce il connubio tra pianta centrale e cupola
È una liturgia incentrata sul Cristo: il sovrano, mediatore tra cielo e terra, è considerato come il
tredecapostolos (ovvero il tredicesimo apostolo) e rappresentato con un “volo” dal cielo al trono.
Questo mito si accompagna ai grandi Patriarchi della Chiesa che diventano “cappellani” di un
Imperatore che supera lo stesso Papa nelle gerarchie ecclesiastiche.
Si travaserà successivamente in Russia con la teoria della traslatio imperii: la sorella dell’ultimo
imperatore bizantino sposerà il Duca di Moscova (lo Zar); Costantinopoli – “nea Roma” – si sposterà a
Mosca (che diventerà, quindi, la Terza Roma) secondo un’idea piramidale del mondo, che comporrà
l’assioma cielo/Cremino, quindi Mosca/Russia.
Persino Stalin, quando l’URSS viene invasa dai nazisti, parlerà via radio alla nazione dell’“eterno destino” di Mosca,
Santa Madre, vista come Terza Roma così come per lo Zar con Napoleone. Lo spostamento della capitale a San
Pietroburgo è una bestemmia per i tradizionalisti ortodossi, così Lenin la riporterà a Mosca.
Il mosaico più noto è nella Basilica di San Vitale (gemella di quella di
Costantinopoli) è un mosaico importante perchè raffigura al completo la corte
imperiale: i mosaici del presbiterio raffigurano Giustiniano con l’aureola; al suo
fianco, Massimiano – Arcivescovo di Ravenna – con una veste dorata e il
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turibolo. Realismo bruciante: serio, spettinato e trasandato. Ritratto realistico, come quello di s.
Ambrogio nella basilica a Milano, rappresentato in un mosaico ingobbito e con la barba incolta.
Evangeliario d’oro con pietre preziose. Giustiniano indossa la porpora imperiale, la fibula che è
simbolo dell’autorità imperiale. Nel mosaico c’è la figura di un ex eretico che donò il terreno
dove sorge la basilica. Altri due personaggi con una fascia porpora = amici dell’imperatore.
Belisario e Narsete= due generali che guidano la conquista dell’italia agli ostrogoti. Due guardie
del corpo fedelissimis che indossano vesti preziose.
Fondo oro= paradiso.
La moglie di giustiniano Teodora (che fu una prostituta) è imperatrice ed è raffigurata sulla parete
di fronte. Ma il presbiterio è solo una parte di un ciclo eucaristico ormai perduto. Giustiniano ha un
piatto d’oro che è simbolo della donazione imperiale per la costruzione della chiesa.
San Vitale, pianta centrale con deambulatorio, 3 absidi con mosaici. Trionfo
dell’eucarestia, due sovrani. Una cappella per la bollitura del sangue (deve essere
caldo perché esce dal corpo) quindi si scalda il vino e vi si spezzetta il pane
eucaristico, imboccando i fedeli con un cucchiaio d’argento. (si imboccano i
bambini= figli della chiesa) oltre al grande presbiterio, aveva mosaici su tutta la
superficie interna e una loggia imperiale, staccata dal suolo, ove le autorità
assistevano alla funzione. La chiesa, a pianta poligonale, non ha una pianta
assiale (i quattro campanili rappresentano gli evangelisti): la motivazione, più che architettonica, è
di tipo simbolico, il nartece è reclinato rispetto all'asse della basilica per simboleggiare il capo
reclinato di Gesù. È una gigantesca immagine del Cristo morto e risorto.
Abside con ciclo eucaristico, mosaico di Giustiniano.
4 basi dei campanili: cappellette dedicate ai santi evangelisti. L’atrio era destinato ai catecumeni
(non battezzati) che assistono alla funzione dall’atrio.
Sant’Apollinare in Classe si trovava nei pressi del porto militare:
Ravenna è la città della manifattura di lusso di cui Bisanzio resterà
capitale per secoli. Mattoni a vista; paleocristiana con mosaici rimasti
solo sul presbiterio.
Trono episcopale fatto costruire da Massimiano, grande capolavoro di
intaglio di avorio. Ina lto c’è il monogramma di Massimiano.
L’avorio utilizzato nel particolare della Cattedra di Massimiano viene
dall’Egitto bizantino; le cifre d’importazione erano folli, occorrevano
almeno dieci chili d’oro per una simile lastra d’avorio.
L’altro genere di lusso è il tessuto egiziano dei Copti, che adoperavano antiche
tecniche figurative faraoniche, sebbene con temi romani, quindi l’oro.
Questa situazione ha un arresto nel 565 d.C. con la morte di Giustiniano e nel 566/567 con una
grande invasione barbarica che riduce il dominio bizantino: è l’era dei Longobardi (significa lunga
barba), che fino al 774 creeranno un forte Stato che sarà anche una grande fucina artistica (fino
alla morte di Desiderio, con l’arrivo di Carlo Magno e la nascita del Sacro Romano Impero).
I longobardi conquisteranno solo parte dell’italia. Origini scandinave, parenti stretti dei Goti.
Arrivano attraverso Polonia e Ungheria fino in Friuli, il primo ducato longobardo sarà a Cividale
del Friuli. All’inizio l’invasione è sanguinosa, la città più colpita è Padova, rasa al suolo risorta in
seguito. Non sono molti numerosi, ma sono molto forti, più al nord che al sud. Si tratta di
popolazioni per metà pagane e per metà ariane. Si parla di Cristiani eretici, seguaci di Ario, che
negano l’essenza divina del Cristo, inteso come un profeta di Israele.
I longobardi sono ariani in gran parte, e in parte pagani, ma anche cattolici.
L’unico popolo che si convertirà dal paganesimo al cristianesimo “cattolico” saranno i Franchi.
Organizzazione gerarchica: monarchia di “primi inter pares” su base elettiva
- il re (Alboino) capo dell’esercito, eletto da un’assemblea degli uomini in armi
- una gerarchia di duchi e una guerriera (gli Arimanni, liberi guerrieri che non possono
essere ridotti in schiavitù).
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Il re deve fare i conti con i Duchi delle famiglie importanti che vogliono l’autonomia. I ducati sono
più grandi al nord (più popolato) e più piccoli al sud. I duchi del sud, meno controllati, sono quindi
più autonomi. Pavia è la capitale dei Longobardi.
Conquistando l’Italia, la suddividono in ducati di diversa estensione: la Longobardia sarà la terra in
cui risiederanno in larga parte, in quanto anch’essi al sud avranno una presenza meno
consistente. La loro capitale, Pavia, è una capitale “fissa”, dotata di una burocrazia stabile. Come
gran parte dei Germani, i Longobardi sono un popolo legato alla terra, per questo pessimi
navigatori.
I porti delle coste adriatiche (quindi Ravenna, capitale della “Romania”, intesa come dominio romano)
come quelli della Calabria e della Liguria, in un primo momento non vengono assoggettati.
Il Papa esercita per conto di Bisanzio un predominio su Roma e il Lazio, la Sardegna viene
riconquistata dai popoli autoctoni pre-romani, così come sugli Appennini e la Corsica. Troviamo,
quindi, tre “Italie”: longobarda, bizantina, regioni autonome.
Dal VII sec. Ci sarà una conversione al cattolicesimo e la creazione della dinastia (il re diventa
ereditario) re Aginulfo e la moglie Teodolinda sono i più famosi: Basilica di Castelseprio e Tesoro
del Duomo di Monza.
Prescindendo dalle descrizioni dei cronisti dell’epoca ci rimane molto poco dell’arte longobarda.
La Lamina d’Alboino è la prima testimonianza longobarda:
si tratta della parte frontale di un elmo da parata in oro che
raffigura il sovrano sul trono, circondato da guerrieri e da due
vittorie alate di chiaro gusto romano, testimonianza del fatto
che anche i Longobardi si
accultureranno con Roma.
La Corona ferrea del tesoro della chiesa di San Giovanni Battista a
Monza non è che un trofeo di guerra: viene utilizzata dai sovrani
longobardi, ma anche da Carlo Magno e da tutti i regnanti d’Italia.
All’inizio del VII sec. d.C., Antani (terzo re dei Longobardi) si sposò con
una principessa bavarese per controllare il Brennero: si tratta di Teodolinda, che è cristiana e vassallo dei
Franchi. Alla morte del re, i duchi chiedono a Teodolinda di scegliersi un marito, così Agilulfo viene
incoronato re dei Longobardi. Questo passaggio avviene secondo un’idea dinastica per la quale la regina
trattiene il seme del re. Grande importanza della donna nei popoli germanici, nel mondo mediterraneo era
solo madre. Da questa nuova unione nasce Adaloaldo che è subito battezzato con rito cattolico e
associato al trono, così Teodolinda procede alla conversione del popolo longobardo al cattolicesimo (ad
esclusione di Agilulfo, che morirà ariano).
Per sancire questo passaggio, Teodolinda fonda la chiesa del regno a Monza, cui dona uno
spettacolare tesoro, così da farne il più grande museo d’arte alto-medievale. Il duomo
custodisce anche la corona di s. Giovanni Battista. Il papa stesso, Gregorio Magno regala
a Teodolinda molti tesori come l’evangeliario, componente germanica: le pietre preziose,
ma con anche cammei di età romana di divinità e imperatori. (Con Adaloaldo la Monarchia
diventa ELETTIVA)
La Croce di Agilulfo è una croce votiva di quelle che venivano appese nelle chiese: in
oro e pietre preziose, ha una sola decorazione geometrica ed è priva di immagini.
La Chioccia e pulcini la chioccia rappresenta la chiesa, i
pulcini i cristiani.
La Corona di Teodolinda (anch’essa votiva) presenta 4+4
cammei romani, che verranno successivamente ri-utilizzati
su tavolette (piastrelle) a simboleggiare il trionfo cristiano sul
paganesimo e, al contempo, la continuità del mondo classico
e romano.
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La basilica di Santa Maria Foris Portas di Castelseprio – unico esempio rimasto – sancisce la
presenza ariana dei Longobardi: Castelseprio è un sito che sarà distrutto dai Visconti, che
proibiranno l’edificazione in loco dal 1200. Era retta da un Castaldo del re.
Castelseprio: capitale del ducato del Seprio. Castelseprio era una cittadella fortificata, attorno c’era
la città con case di pietra su rialzi in legno. Ai piedi della collina c’è il monastero di S. MAria di
Torba, era una ex torre di vedetta romana. In età carolingia Castelseprio diventa capitale (contea)
del Seprio. La Castelseprio di oggi si trova a 3 km da quella vecchia che venne rasa al suolo.
Santa Maria foris Portas ha una struttura a 3 absidi, struttura trifora (3 cori) preceduta da un atrio.
E’ in pietra con parti di rinforzo in mattoni.(mattoni:tipici romani)
Affreschi: ciclo in 3 fasce di qualità eccezionale, comprende una serie di immagini dei vangeli
apocrifi: annunciazione con la nutrice/balia di Maria che esiste solo nel protovangelo di Giacomo
III-IV secolo, vangelo Siriano (papa Clemente dettò i canoni dei vangeli che erano i 4 - Marco, Matteo,
Luca, Giovanni - tutti gli altri sono apocrifi, cioè non sono parola di Dio, parlano di cose inedite, non
raccontate dai vangeli classici, sulla vita di Gesù. Parlano dell’infanzia e della passione di Gesù. Anche S.
Marco a Venezia ha rappresentazioni di vangeli apocrifi). Natività con enorme Madonna sdraiata, più
grande del normale (tipico orientale) e le due nutrici che lavano Gesù.
C’è un tondo con cristo trionfante. Etimasia: trono vuoto con la croce e la corona e due arcangeli.
Si pensa ci siano stati artisti greci scappati in occidente a lavorarci - Legame col mondo bizantino –
cristianesimo orientale.
Gravi crisi iconoclastiche: VIII-IX secolo. Le icone vengono bandite, non sono semplici immagini
ma sacramentali (bizantini) Si pensa ci siano artisti bizantini. I motivi bizantini si trovano a
Castelseprio ma forse non per presenza diretta ma mediata da miniature bizantine. Liutprando fa
arrivare a Pavia 40 casse di manoscritti bizantini, è il padre della scuola moderna: il Capitolare di
Corte Olona è il primo piano scolastico.
La datazione di Castelseprio è ambigua, abbiamo due ipotesi:
1) intorno al 740 (liutprando)
2) intorno al 760 (desiderio, tardo longobardo)
3) Introno all’820 (arte carolingia con il figlio di Carlo Magno)
Quindi o fine impero longobardo o inizio impero carolingio. Nel frattempo è stata scoperta Cividale
(750) ma si credeva dell’840.
Annunciazione
natività
Due ducati importanti: Ducato di Spoleto (perugia) e Ducato di Benevento (campania), con
edifici molto singolari.
Spoleto: Basilica del Salvatore (come Brescia) chiesa sepolcrale dei duchi di Spoleto, fuori dalla
città. Le colonne e parte del fregio sono prese dalla città e riutilizzate (riciclo). Gusto classicista,
legato al potere (chiesa dei duchi).
Rimando alla cappella palatina di Benevento, ammessa al palazzo dei duchi, è molto piccola, a
pianta centrale su colonne con deambulatorio (come s. Costanza di Roma) con dedica alla Divina
Sapienza (come Costantinopoli = rapporti orientali)
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San Salvatore - Spoleto
Santa Sofia di Benevento/divina sapienza
Da Teodolinda in poi il regno longobardo ha un brusco cambiamento di stile. Teodolinda non
riesce a fare una dinastia, si tornerà alle elezioni. VII e VIII secolo i longobardi vivono in Italia in
pace. Re Rotari crea il CODICE CODEX LEGUM LONGOBARDORUM (codice di Rotari) uno dei
più interessanti documenti giuridici del medioevo. Comprende i tipi di reati per cui c’è la pena di morete
(2) contro i 32 di Giustiniano. Con la legge di Rotari non ci saranno più giustizie familiari private e non più
pene corporali ma multe. Una pagina è dedicata agli architetti, i magistri cum machinis (ponteggi, carrucole,
strumenti vari) antenati dei maestri Com’acini o maestri dei laghi. (maestri= architetti, scultori…)
All’inizio dell’VIII sec. Liutprando re longobardo, conquista Ravenna =conquista del simbolo del
dominio bizantino in Italia. Cercherà di conquistare anche Roma ma non riesce perché il papa
chiama in aiuto i Franchi che si erano convertiti al cattolicesimo.
Due teorie:
1) il papa per garantire la propria autonomia aveva bisogno di uno spazio territoriale: motivazione
giuridica dell’esistenza dello stato del vaticano= il papa è capo giuridico e religioso. Lo stato
della chiesa medievale è il Lazio.
2) Il papa, essendo patriarca d’occidente ne è anche l’alto signore. I sovrani degli altri regni
facevano omaggi feudali al papa. Papa= padrone di anime e corpi. Lascia i corpi ai sovrani ma
è lui che decide e può deporre l’imperatore. Verso il 750 (età longobarda) nasce la “donazione
di Costantino”, falso documento secondo cui Costantino dona al papa l’intero occidente
ritirandosi a oriente dopo essere guarito dalla peste. Ma è di tarda età longobarda, quando era
pericoloso chiedere aiuto ai Franchi che poi avrebbero potuto prendere il potere (cosa che in
effetti succederà con Carlo Magno).
Uno dei successori di Liutprando, Astolfo, prima di essere re era duca del Friuli (cividale). A
Cividale Astolfo torna spesso (il re stava a Pavia) e ricostruisce la cappella Palatina ammessa al
palazzo del duca, decorata con affreschi e bellissimi stucchi che raffigurano santi e figure
ornamentali. Gli stucchi del 750 sono opera di stuccatori musulmani di origine siriana. Lo stucco è
fatto a stampone, con stampi riutilizzabili. Gli stucchi di Cividale sono identici a quelli di alcuni
grandi palazzi siriani, poiché era periodo di guerre nei paesi islamici, è possibile che alcuni artisti
scappino in Italia e da qui realizzeranno varie opere: scambio di artisti. Riescono a esprimere
concetti cattolici anche se sono musulmani. (un esempio è Castelseprio)
Desiderio: ultimo re longobardo, era duca di Brescia (diventa il nuovo fulcro dell’arte) dove fa
costruire una basilica dedicata al Salvatore che non è un culto longobardo ma tipicamente greco.
Santi/guerrieri come San Vittore sono longobardi. Desiderio voleva fondare una dinastia, ma il
figlio Adelchi non ha le capacità. La Basilica del Salvatore è la basilica
del re, contiene sculture come ”il pavone” (il Rilievo del pavone fonde
l’immagine romana del pavone con la chiesa) Arte figurativa ma con
tanti ornamenti a intreccio (stile longobardo/germanico).
Desiderio fa sposare la figlia Ermengarda, detta Desiderata, con il re
dei franchi, Carlo Magno. Desiderio tenta ancora di invadere Roma, il
papa chiede aiuto ai franchi, Carlo Magno ripudia la moglie che esilia
nella basilica del Salvatore.
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771-774: Fine del dominio longobardo e inizio del dominio carolingio. Carlo Magno conquista
la pianura padana e Pavia. Desiderio è fatto prigioniero, rapato a zero come un monaco, e Carlo
Magno diventa Re dei Franchi e Longobardi (774).
Carlo Magno e il Sacro Romano Impero – 4
Nel 774 d.C., Carlo Magno sconfigge i Longobardi per realizzare il progetto d’unificazione
dell’Europa, ma non conquista tutta l’Italia, infatti il Lazio resta sotto il Papa, mentre i Ducati di
Benevento e Spoleto sono solo formalmente conquistati, ma di fatto restano autonomi. Carlo
amplia i suoi domini creando un forte Stato europeo con al centro la Germania, e la notte di Natale
dell’800 d.C. viene incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero, da papa Leone III (gesto
simbolico: è il papa ad incoronarlo, quindi il papa è superiore all’imperatore, delega di autorità) un
impero latino-germanico, realizzando così il sogno di fusione delle due realtà voluto da Teodosio.
L’Impero dura un secolo, organizzazione territoriale in contee, vengono instaurati legami tra popoli diversi,
creando due reti: una di residenze reali, usate dall’Imperatore durante i suoi viaggi nell’Impero, e una di
grandi monasteri.
Altre grandi realtà territoriali contemporanee:
- impero romano d’Oriente, con l’imperatrice Irene che voleva sposare Carlo per unire i due imperi. La
penisola balcanica e anatolia , il resto dell’impero era convertito all’islam. Nel VII secolo maometto
unifica la penisola arabica e crea il mondo islamico.
- Spagna
- Popoli delle isole britanniche (sagra di re Artù -Angli e Sassoni dal IX sec. Dominio dei Vichinghi)
- Popoli della scandinavia – clima freddo terra arida – commercio via nave e rapine
Carlo Magno fa come capitale Aquisgrana (aquae granni – la città più a ovest della
Germania, verso il Belgio) – dove Carlo trascorse gli ultimi anni – grande palazzo
con grande cortile ove venne realizzata la “Statua equestre” di Carlo Magno (a noi è
pervenuto soltanto un modellino), di fronte alla quale venne edificata la Cappella
Palatina.
-
Su modello di San Vitale, che Carlo fa studiare dai suoi architetti
come anche il mausoleo di Teodorico, a pianta centrale, in pietra, la Cappella
Palatina di Aquisgrana presenta la loggia per la famiglia imperiale e due
elementi caratteristici:
- il trono sulla tribuna: (paragone con Mausoleo di Teodorico)
esso è realizzato in maniera povera, è in semplici lastre di
marmo, tenuto insieme da graspi di metallo, non presenta
decorazioni (probabilmente per un significato simbolico) per
sottolineare che la figura dell’Imperatore era così importante da non richiedere
ornamenti.
un grande lampadario posto al centro con un importante significato simbolico:
riprende il lampadario della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme che ha una punta
sulla terra che indica il centro del mondo nella cartografia medievale; voleva quindi significare
il nuovo centro del mondo Æ è la nuova Gerusalemme che poi sarà ripetuta a Roma nel
Pantheon, a Milano, a Costantinopoli. (tema della nuova Gerusalemme). La cappella è
simbolo dell’impero. E’ un impero cristiano (sacro) e cosmico. Carlo si ritiene imperatore
dell’universo. Aquisgrana è simbolicamente centro dell’universo Gerusalemme era il centro del
mondo, città scelta da 3 grandi monoteismi religiosi: cristianesimo, islam, ebraismo
Nella cripta sottostante sarà sepolto Carlo Magno, che sarà venerato negli anni successivi dai
vari Imperatori a lui succeduti. La cappella era adornata da molti mosaici, ma quelli presenti ora
sono solo restauri del 1800, mentre gli originali sono andati perduti.
Abbiamo 3 europe: europa della pietra- europa del mattone – europa del legno. Ad aquisgrana le
case erano in legno. Carlo Magno sceglie una struttura romana con materiali germanici (pietra).
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In Italia Carlo Magno fa una serie di donazioni al Duomo di Monza (tesoro del
duomo di Monza) coem il “Reliquiario del dente di San Giovanni Battista”, detto
anche borsa. : il presenta una faccia con un rilievo sulla crocifissione, l’altra – secondo
l’uso germanico – è tempestata di pietre preziose, un compromesso carolingio tra
mondo latino e mondo germanico. La città di Pavia perse importanza con il ritorno di Milano a
capitale (dal 402 d.C. aveva perso il titolo), sotto l’Arcivescovo della città. Milano diventa centro
dell’oreficeria e della lavorazione dell’avorio, facendo donazioni anche al tesoro del Duomo di Monza
La civiltà carolingia è la civiltà dei grandi monasteri, cattedrali e costruzioni sacre.
Accanto ai monasteri c’erano solitamente le sedi vescovili con gli
scriptoria, il più importante dei quali era quello di Liegi, in cui
nacque la scuola di miniatura molto importante, che rimette in
discussione i parametri classici: nelle opere, solitamente dipinti,
emergeva un’arte nervosa, dalla pennellata veloce. Liegi aveva
Ebbone come vescovo che era un miniatore che forse ha
realizzato tutte le miniature della scuola di Liegi
San Matteo, miniatura dell’Evangeliario
di Ebbone, Epernay, Bibliothèque
Municipale, ca. 820
Sullo sfondo c’è la Roma imperiale,
tecnica molto veloce fatta a piccoli colpi
I grandi monasteri vennero realizzati per volere del monaco Columba, (ex principe irlandese) che
fondò sull’isola delle Ebridi il monastero di Iona – il monastero del Re – da cui inviò due monaci,
Gallo e Colombano, a ri-evangelizzare l’Europa (missionari): Gallo edificò in Svizzera il
monastero di San Gallo, Colombano edificò in Italia il monastero di Bobbio (Piacenza, Emilia)
isola di cultura in italia, da cui partirono molti monaci in tutta la Penisola.
Nell’820 l’imperatore Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, chiede una
piantina di tutti i monasteri ma solo quella di S. Gallo si è salvata. Da’ l’idea
di come era organizzato un monastero, ci sono delle scritte che spiegano a
cos servivano i vari locali.
La pergamena di S. Gallo recante la Pianta originale (820 d.C.), che
presenta una grande basilica con due absidi, un grande chiostro e molti
edifici di dipendenze agricole e artigianali, in cima un grande cimitero, era
un edificio di più di un chilometro quadrato. Grande centro di cultura della
miniatura. Vi vivevano migliaia di persone, era una città monastica.
La rete dei monasteri era molto importante (sono molti e molto grandi),
sono popolati da due tipi di monaci: benedettini e Celtici
I monaci Benedettini, fondati da San Benedetto da Norcia inizio VI sec, che avevano carattere di
vita comune, un organismo politico interno che rispecchia quello della Chiesa di Roma (l’Abate era
eletto capo del monastero), sorgono al di fuori delle città, sono auto-sufficienti come città vere e
proprie (alcuni contavano anche 5000 inquilini).
Benedetto da Norcia è un padre del monachesimo occidentale. Fonda monasteri diversi da quelli orientali. Il
monachesimo nasce infatti in oriente ed è di tipo eremitico: ci si ritira per sfuggire dal mondo. Il
monachesimo trapiantato in occidente dà forma a monaci vaganti, senza caratteristiche proprie. Benedetto
propone il monastero stabile. I monaci promettono di stare tutta la vita nel monastero in cui prendono i voti.
Tante attività: agricoltura, cultura, grandi biblioteche benedettine.
I monasteri devo sorger ein luoghi isolati, fuori dalle tentazioni delle città.
Dal VI al XIII sec. Il monachesimo benedettino è il monachesimo occidentale. Ci sono però anche monaci
eremiti, di gusto orientale (10%) agostiniani, carmelitani.
Il motto che regolava la vita dei monaci era “Ora et laborat”, infatti parte della giornata era dedicata alla
preghiera, mentre l’altra parte era dedicata all’agricoltura e all’opera di trascrizione di opere antiche, attività
molto curata.
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Il monachesimo Celtico è diverso, le regole sono simili ma il capo (abate) di solito è anche
vescovo. In Irlanda diocesi e monasteri tendono a coincidere. Quindi si ha una serie di abati
(vescovi). I monasteri sono grandi centri urbani.
(Nel X secolo ci sarà la riforma benedettina di cluny)
Arte Carolingia Italia francia germania
In Italia carlo è il re dei longobardi. I re non sono re di una terra ma di un popolo. Non è il re d’Italia
o della Lombardia ma dei Longobardi. Concetto tipico germanico.
Anche quando diventa re del sacro romani impero è comunque re dei romani. Carlo Rex
Longobardorum. Fa una variante: la capitale a Pavia, la chiesa del regno a Monza, ma fa
diventare importante Milano che in quel periodo era semidistrutta e con pochissimi abitanti.
Milano rinasce. Il re era ereditario. Il re dei longobardi sta diventando re d’italia.
Nell’814 muore Carlo Magno e il figlio – Ludovico Pio – passerà la vita a
combatterne gli oppositori, ma decora anche monasteri (Castelseprio risale a
quest’epoca). La cappella di Cividale, città erede di Aquileia – distrutta da Attila
– è costruita su pianta quadrata, con decorazioni in stucco, il cui autore è
probabilmente siriano.
Nel 662 d.C. inizia l’era musulmana, con la fuga di Maometto dalla Mecca a Medina, quando
l’Islam inizia – come realtà religiosa e politica – con un’operazione espansionistica che portò al
dimezzamento dell’Impero bizantino alla Turchia e alla penisola balcanica. Nasce l’arte araba, che
arriva in Italia a partire dall’828 d.C. con la conquista della Sicilia, ove gli Arabi crearono un
Impero caratterizzato dalla tolleranza verso le popolazioni sottomesse.
In Siria era fiorita una meravigliosa scuola di stucchi, una serie di artisti fugge a causa di una crisi
e alcuni si recano proprio a Cividale, realizzando le decorazioni della cappella della città (820-830
d.C.).
Tra le opere carolingie più importanti c’è la ricostruzione della Basilica dei Martiri
dove era sepolto Sant’Ambrogio, anche se di questa rimane ben poco a causa di
ristrutturazioni successive: la zona del presbiterio presenta l’Altare (la
consacrazione è dell’835 d.C.), un capolavoro d’oreficeria – oro e argento,
impreziositi da pietre preziose – realizzato da Vuolvinio; in esso erano contenute
le reliquie su cui sono state realizzate, nella parte superiore, raffigurazioni degli
Arcangeli;
Capolavoro di scultura ottoniana è il Ciborio della Basilica di Sant’Ambrogio, regalato nel 973
d.C.: in pietra e mattoni rivestito di lastre di stucco, presenta quattro colonne di porfido (colore
dell’imperatore) prese dal palazzo imperiale, reggono una cupoletta di mattoni, all’esterno è
coperto da lastre rivestite di stucco dipinte: quattro facce raffiguranti Cristo in trono con San Pietro
e San Paolo (verso la navata), Sant’Ambrogio, Protaso e Gervaso, mentre le de facce più brevi
presentano ancora Sant’Ambrogio venerato da Ottone I e II (quella di sinistra, verso il battistero
maschile) e Maria, venerata da Adelaide – moglie di Ottone I – e Teofano (quella a destra, verso il
battistero femminile). Si può celebrare la messa rivolti in due direzioni.
Facciate dell’altare
Facciata verso il popolo: 12 storie di Cristo, Cristo Re,
croce con i 4 evangelisti, storie a schema standard.
I due lati brevi: trionfo della croce tra angeli e santi
Facciata posteriore: 12 storie di Ambrogio= perfetto imitatore di Cristo.
Ante centrali per aprire e vedere i cadaveri. Sopra ci sono i due arcangeli.
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Sotto due episodi importanti: S. Ambrogio che incorona due persone: una
è il committente, forse l’imperatore Ludovico il Pio o l’arcivescovo di
Milano Angilberto II lontano cugino dell’Imperatore, precettore di Lotario,
Re d’Italia (il Re d’Italia era designato successore al trono imperiale).
L’altra persona che incorona è l’autore dell’opera: Vuolvinio maestro
realizzatore, una latinizzazione del nome tedesco Wolf. Importante
perché:
- è il primo autoritratto d’artista del medioevo
- l’opera è firmata.
- Finora tutte le opere erano anonime, tranne nel II sec. Apollodoro
che fece la colonna e il foro traiano. Qui c’è una doppia firma:
autoritratto e firma. L’artista è incoronato da S. Ambrogio, personaggio importante. Questo
dimostra che gli artisti erano importanti.
Sicuramente Vuolvinio ha realizzato la lastra posteriore che è firmata, ma le altre facce potrebbero
essere di altri, forse anche in secondo momento.
Nell’835 l’arcivescovo Angilberto consacra l’altare, ma non si sa se tutto o solo la parte di
Vuolvinio.
L’altare è importante per la qualità della tecnica orafa elevata. Smalti con testine di angeli.. Perché
Vuolvinio gioca un equilibrio prezioso tra figure con potenza espressiva e figure solenni= realismo
bruciante. E’ l’unico altare così prezioso rimasto.
Altare prezioso= arte del lusso, materiali costosissimi che solo un sovrano o un potente
arcivescovo poteva permettersi. L’altare è del 835, il ciborio del 972.
Dall’835 al 972:
dopo la morte di carlo Magno nell’814, l’impero attraversa molti problemi. Nessuno degli imperatori,
nemmeno il figlio Ludovico il Pio, hanno la forza di carlo. Ci sono lotte per la successione molto
sanguinose, nessun successore regna per molto tempo. C’è la pirateria, a nord i vichinghi, a sud i
saraceni, ci sono grandi carestie, pestilenze, stato di disordine. Nel giro di pochi anni l’impero si sfascia.
Nel 887 circa l’ultimo re carolingio Carlo III il grosso viene deposto da un’assemblea di duchi e conti e
l’impero si sgretola in regni minori.
Fine della dinastia Carolingia.
Politicamente occorre organizzazione dell’impero e guerra di successione.
L’europa nasce con queste vicende. Valentiniano, Teodosio , Ataulfo, volevano un’unione pacifica tra
impero latino e impero germanico. Con carlo Magno si realizza i lloro sogno.
Nel corso delle guerre di successione emergono l’area francese e l’area tedesca. L’imperatore Lotario,
nipote di Carlo Magno, crea uno stato artificiale (paesi bassi, renania, Aquisgrana, Lorena, Borgogna,
parte della Svizzera, provenza, Italia.. dal mare del nord giù fino a Benevento. Questo territorio artificiale
viene chiamato LOTARINGIA. (valle del Reno + l’Italia.) Dura 20 anni ma queste terre mantengono due
caratteristiche: 1) saranno il cuore dell’Europa, infatti tutte le capitali europee sono all’interno della
Lotaringia. 2) queste terre non verranno mai completamente assorbite dalla Francia e dalla Germanica,
Rimangono belgio, Svizzera, Olanda, e l’arte fiamminga sarà l’arte della Lotaringia nel XV secolo.
Nell’870 d.C. viene realizzata la “Situla di Gotofredo”, un secchiello liturgico in avorio
con bassorilievi raffiguranti la Madonna, realizzati con elementi decorativi geometrici,
di matrice germanica.
Dopo Carlo il Grosso c’è un imperatore di origine italiana, Berengario I che farà un regalo al
duomo di Monza: la croce di Berengario, che il re metteva sul cuore il giorno
dell’incoronazione per sottolineare che era l’erede.
Il periodo tra l’888 e il 960 ca. è il più difficile per l’Europa, flagellata da pestilenze, carestie,
predoni (a nord, i Vichinghi, a sud gli Arabi e a est gli Ungari), dispute per il potere tra sovrani,
che portarono alla spaccatura dell’Impero in tre grandi blocchi – Germania, Italia e Francia.
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ARTE OTTONIANA
Dal 960 al 1020 si afferma la dinastia degli Ottoni, che ri-unificano Germania e
Italia, Formano il Sacro Romano Impero di nazione Germanica Si hanno
raffigurazioni dell’Imperatore, Ottone III, circondato a destra dai guerrieri
germanici e a sinistra dai dotti.
Per sottolineare la continuità con l’impero di carlo Magno le capitali sono sempre
Aquisgrana e Pavia.
Nel 973 d.C. Ottone I fa sposare suo figlio, Ottone II, con la nipote – Teofano – dell’Imperatore
romano d’Oriente per rappacificare i due Imperi: un matrimonio politico e simbolico. Il matrimonio
viene celebrato a Milano nella basilica di Sant’Ambrogio a cui, per l’occasione, viene
donato il Ciborio.
Venne realizzata l’Abbazia di Corvey: la facciata rispecchia l’architettura imperiale,
è una costruzione verticale con la loggia imperiale che si apriva verso la basilica per
sentire Messa e verso l’esterno per l’adorazione del popolo; è l’esempio meglio
conservato d’edificio ottoniano.
L’oreficeria ottoniana è tra le più curate: un esempio di quest’arte è la
“Copertina dell’Evangelario di Ottone III”, che è d’oro massiccio, con al centro una
raffigurazione della Vergine in avorio, il tutto tempestato di pietre preziose.
Finora abbiamo visto gli stucchi di Ravenna, di cividale e di S. Salvatore a brescia.
L’imperatore ottone ama Milano e ne fa la capitale dell’industria del lusso. (ancora oggi è
così: Milano è la capitale della moda). Commercio di avorio, molti prodotti di lusso e preziosi non sono più
a Milano perché venduti.
ARTE IRLANDESE
Si sviluppa tra il VI e il X sec. d.C.: l’Irlanda non è mai stata conquistata da Roma, ma è stata
precocemente cristianizzata, la sua società – infatti – si basava sui monasteri il cui Abate era Re di
un particolare territorio. I monaci irlandesi si caratterizzarono fin da subito per un forte empito
missionario.
La miniatura irlandese è del VIII – IX secolo, coincide con la fine
dell’impero longobardo in Italia. Dura fino all’XI sec.
Libro di Durrow (dal nome del Monastero) i libri sono vangeli, questo
è il vangelo di Marco con il leone di S. Marco dorato con motivi
geometrici.
Inizio del Vangelo di Marco, miniatura del Libro di Durrow,
Dublino, Trinity College Library, ca. 650.
Libro di Kells (realizzato ad Aiona, intorno all’810-820
d.C. e destinato al Monastero di Kells) che presenta grandi iniziali miniate a
tutta pagina, dove la lettera si metamorfizza in migliaia di decori da cui ne
nascono altri, in un intreccio geometrico sontuoso e lussureggiante che
segue l’“horror vacui” – secondo cui bisognava riempire all’inverosimile il
vuoto –, che da lì è stato trasferito a Dublino.
Il libro di Kells ha la lettera P di vecchio gusto celtico/germanico,
ornata moltissimo, intreccio di ornamenti fusi con figure
Ma fu anche luogo di scultura monumentale – l’Isola è ricca di croci scolpite con la vita di Gesù
– Croci celtiche: croci di pietra dall’Irlanda a tutto il nord con scolpite la storia della vita di
Cristo, servivano per le funzioni religiose esterne. e di miniatura, come nel
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L’irlanda era luogo di oreficeria sacra e non. L’Irlanda fu luogo di
trascrizione, di oreficeria, come il Calice di Adagh (Adaf), della fine del VI
sec., caratterizzato da particolari geometrici, è in oro massiccio, laminato e in
parte niellato, riducendo cioè l’oro a filamenti, posti poi a decoro.
In pochi anni, la miniatura esplode in Irlanda e finisce improvvisamente – dopo il X sec. – a causa
di una crisi che investì l’Isola e che nel XII sec. favorì la colonizzazione inglese.
Europa in legno
Per tutto il medioevo l’Europa del nord si contraddistingue per la realizzazione
d’imponenti edifici in legno, il materiale edilizio prediletto anche per l’architettura
monumentale, ma ciò obbligava ad avere minor rispetto per la singola opera e un
maggior aspetto conservatorista, caratteri necessari a causa del fatto che l’opera
doveva essere ricostruita a periodi poiché il legname si deteriorava. Nei paesi
scandinavi non era diffuso l’urbanesimo, c’erano villaggi sparsi, fiordi, baie con
capanne, ma non vere città. Le chiese erano al centro delle vallate, non essendoci
città. Sono gli ultimi paesi d’Europa convertiti al cristianesimo, essendo zone isolate.
Per questo isolamento e per il clima, molti edifici in legno ci sono tutt’ora.
Chiesa di Vik - Stavkirke, Borgund, ca. 1150, tutta in legno, tetti fortemente a spiovente,
teste di drago propiziatorie, sapore orientale tipo pagoda, perché i mercanti vichinghi
arrivano in Thailandia e in oriente. Ci sono pochissime aperture, a causa del freddo.
Dall’VIII all’XI sec., l’arte bizantina ri-esplode dopo la crisi iconoclastica che aveva
portato alla distruzione di molti immagini ad opera d’integralisti ortodossi che
ritenevano la raffigurazione di Cristo un’opera blasfema, scelta seguita anche
dall’Islam, negli anni in cui Bisanzio è stretta tra i Musulmani a sud e i Bulgari a nord.
L’impero esce dalla crisi grazie all’opera di sovrani come Basilio II, evento che porta
alla nascita di un’arte veramente bizantina, sena influssi romani come in passato, ad
esempio della quale si può citare il mosaico “Deesis” presente nella Basilica di
Santa Sofia, con la raffigurazione di Cristo benedicente, mosaico molto
particolareggiato realizzato con microtessere che danno giochi d’ombra.
Deesis (particolare del Pantocrator), mosaico, Costantinopoli, Santa Sofia, tribuna
imperiale, ca. 1180.
O, ancora, il Salterio che mostra il “Trionfo di Basilio II”, che raffiugura il
sovrano con l’aureola, attorniato dagli Arcangeli Michele e Gabriele, sovrastato
da Cristo che gl’infonde lo Spirito Santo, e adorato dai popoli della Terra ai suoi
piedi, come riconoscimento dell’autorità divina del sovrano.
ARTE ROMANICA – XI sec.
Nel 1003 muore Ottone III cui succede Enrico II, sposato con Cunegonda con cui aveva fatto giuramento di
castità, il che costrinse a creare come successore Corrado “il Sadico”, che darà inizio
alla casa di Franconia. Fine della dinastia Ottoniana nell’XI secolo.
Ariberto da Intimiano, alleato di Corrado e Arcivescovo di Milano, esponente
della famiglia dei conti di Intimiano, padroni di una parte della provincia di
Como, edifica una chiesa privata, San Vincenzo a Galliano, a tre navate,
facciata a doppia capanna, con il Battistero di San Giovanni alle Fonti annesso,
con lo schema lombardo, ossia con una navata che termina con una scalinata
che porta all’altare, sotto il quale viene realizzata la cripta emipogea, ossia
parzialmente visibile. E’ la prima basilica romanica.
Altri esempi di chiese romaniche nel nostro territorio: Battistero di mariano Comense,
Basilica di S. Pietro ad Agliate, Battistero di Novara, Basilica di S. Vittore ad Arsago
Seprio… Basilica di S. Pietro al monte sopra Civate (lecco) …
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Successivamente, Corrado e Ariberto arrivano ad una disputa che portò l’esercito
anti-imperiale di Ariberto allo scontro con quello di Corrado: l’Arcivescovo
“inventa” il Carroccio, una specie di altare da campo trainato da buoi con la croce
vessillo dal quale dire messa durante le pause della battaglia per stimolare gli
uomini a combattere, i quali – convinti di avere Dio dalla loro parte – vinsero
nonostante fossero in numero minore.
La Croce di Ariberto – erroneamente ricondotta al Carroccio – pendeva in
realtà sul sarcofago di Ariberto in San Dionigi, è stata realizzata in legno, ricoperta
con una lamina a sbalzo di rame dorato e argentato con raffigurazioni di Dio, del Sole, della Luna,
di Maria e dello stesso Ariberto.
L’arte lombarda non ha caratterizzato soltanto le città della Lombardia,
ma anche Novara – ad esempio – che era una Diocesi dipendente da
Milano, presenta monumenti con caratteri lombardi come il Battistero
decorato con i temi dell’Apocalisse, la “Visione della Donna e del
Drago”, con motivi a greca.
Altro ciclo importante è quello di
San Pietro al Monte sopra
Civate: ad Albenga era custodito
il corpo di San Calogero, ma la città divenne insicura a
causa della vicinanza del mare, quindi il corpo del Santo
venne portato in questo monastero difficilmente
raggiungibile. Il complesso è composto da tre edifici: San
Pietro, San Benedetto (che presenta caratteristiche
romaniche, il tetto in beole e archetti a ornamento del
sottotetto) e il Monastero di San Calogero. San Pietro è decorato da affreschi raffiguranti
l’Apocalisse (4 fiumi del paradiso, Gerusalemme celeste, lotta tra arcangeli e … C’è un ciborio con
stucchi come S. Ambrogio. La cornice ha decorazioni a stucco (1070-1080 d.C.). Quella di Civate
è l’ultima chiesa proto-romanica.
A Milano viene ricostruita la Basilica di Sant’Ambrogio, la basilica dei martiri,
dopo essere stata demolita, e già rifatta in età carolingia: la basilica attuale
presenta tre navate, tre absidi e due campanili e un grande atrio che precede la
basilica. La costruzione ha due campanili per la presenza di diversi ordini: i preti,
il campanile di sinistra, e i monaci, il campanile di destra. Il restauro eseguito ha
comunque rispettato i resti antichi presenti nella basilica, come il ciborio, l’altare e
il mosaico paleo-cristiano, mentre l’edificio è stato realizzato con pietra, per le
colonne e i capitelli, e mattoni, per i muri perimetrali e interni.
Definizione di ARTE ROMANICA:
Non ha una collocazione precisa, è un’architettura antica riletta in nuova chiave, in sé significa
brutta imitazione dell’arte romana. Si parla di arte romanica Lombarda , poiché è originaria della
zona dei laghi, attiva a Milano ma anche in giro per il mondo (es la Basilica di Lunat in Svezia), in
Portogallo, Sardegna…
La scuola lombarda in Europa è rivale della scuola Borgognona francese (zona sud della
Lotaringia)
Nell/800/900 ci sono stati molti restauri e lo stile romanico dava l’idea di arte povera, scarna,
austera. In realtà sono stati tolti tutti gli intonaci , infatti in origine erano colorate, alcune di rosso.
Differenza di materiali tra lombardia nord che usa pietra e marmo, e lombardia sud che usa
mattoni, (argilla dei fiumi= mattoni)
Differenze anche per tradizioni, dialetti, cucina… Quella sud ha influenze emiliane
Nel 1700 ci saranno i marmi bresciani/bergamaschi. Negli anni 20 il fascismo promuove l’uso del
granito di Sardegna.
Quindi a Nord le chiese sono in pietra, a sud sono in mattoni.
Due città faranno eccezione, sia per la posizione sia per i materiali che usano entrambi: Milano e
Pavia.
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Pavia per ragioni pratiche è l’unica che ha legami con l’appennino e non con le alpi. L’appennino
porta materiali dal sud.
A Milano x ragioni politiche, è la capitale ed è all’inizio della pianura. Es. S. Ambrogio è in mattoni
ma con colonne di pietra.
La città lariana, Como, è il centro più importante della zona laghi,è un polo di
architetti e artisti da tutta l’Europa, che realizzarono opere importanti sia nella città
che all’estero. Gli architetti comaschi furono i primi che non diedero origine a una
corrente artistica ben precisa, essi infatti realizzarono opere che si adattavano alle
richieste dei committenti e nell’ambiente in cui erano inserite. Ora si parla di artisti
comacini =che vengono da como, non più comacini= cum machina quindi architetti.
La Basilica di Sant’Abbondio – a Como – presenta la facciata in pietra, che
anticamente era preceduta da un porticato. Chiesa del santo patrono e cattedrale.
Nel 1099 un terremoto distrugge molti edifici artistici in Emilia: per la
ricostruzione vengono chiamati degli architetti lombardi – che erano considerati i
migliori – che mostrarono subito le loro doti d’organizzazione.
La Cattedrale di Parma presenta elementi tipici lombardi come il tettuccio sul
portale, il protiro, le cui colonne sono rette dai leoni stilofori, gallerie sulla
facciata, archetti sommatali.
Ma il vero capolavoro d’architettura è il Battistero di fronte alla Cattedrale,
che all’esterno è tutto giocato sul tema delle gallerie, e che all’interno ha una
cupola molto alta, celata all’esterno dalla struttura a tiburio, il tutto realizzato
con criteri “anti-sismici”, praticando cioè delle crepe di scorrimento nelle
pareti.
E’ un incontro di architetti e scultori lombardi e borgognoni. (Benedetto
Antelami)
Battistero di Parma, facciata, sezione e pianta, ca. 1090-1130 e 1196-1230
Romanico in Italia:
In Italia ci sono aree romaniche distinguibili: Lombardia, Venezia, Toscana -che ha due tipi di romanico,
fiorentino e pisano-, Roma
Romanico Fiorentino: caratterizzazione geometrica, tutto si riduce a linee e forme geometriche, sarà un
modello per il futuro umanesimo. (Brunelleschi)
Il Battistero di San Giovanni – a Firenze – è stato realizzato con lo stile
romanico fiorentino: vennero usate, cioè, particolari tipologie che
presentavano il primato della geometria. Il materiale utilizzato è il marmo
bianco di Carrara, insieme al marmo più scuro di Settignano: lo stile
geometrico è la sigla del romanico fiorentino, lo stile sobrio della severità
geometrica. Lastroni di pietra serena.
Esterno del Battistero di San Giovanni, Firenze, secc. XI-XII.
Romanico a Pisa:
Pisa, nell’XI sec., è una potente Repubblica marinara, diventa mediatrice tra il
mondo arabo e quello cristiano. È più ricco e decorato, con tema delle gallerie.
Nella città sono stati realizzati il Duomo di Santa Maria, il Battistero, il
Camposanto, la Torre campanaria, tutti situati nel Campo dei Miracoli, alla
periferia della città.
Il Duomo di Santa Maria (iniziata da Buscheto) presenta la facciata giocata sull’elemento della
loggia con colonnine marcate, decorata da raffigurazioni a mosaico.
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Romanico a Roma:
Nell’XI sec. Roma vive il punto più basso della crisi demografica: la città conta 2500 abitanti,
implode, si riduce alla zona attorno al Pantheon. La crisi coincide con il rinnovato interesse della
Chiesa per la città. A Roma c’è tanto materiale, marmi antichi.
Nasce lo stile cosmatesco, realizzato dai Cosmati, (primo marmista) a cui si opponeva la famiglia
dei Vassalletto, che sfruttava il medesimo stile, un decoro geometrico realizzato a mosaico,
alternandolo a pezzetti di marmi e pietre dure.
Chiostri di S. Giovanni Laterano e S. Paolo fuori le mura con parti superiori in marmo e mosaico.
A sud, invece, la Campania vive un periodo felice grazie alla presenza del Monastero di Monte
Cassino. La Campania presenta un’eccezione, poiché il sud era nel caos, infatti il Ducato di
Benevento si era frammentato, erano ancora presenti piccoli dominii bizantini, la Sicilia era in
mano agli Arabi, mentre il Papa credeva di poter esercitare una sorta di potere spirituale su tutte
queste realtà sociali.
A fine X sec. Papa Gregorio VII grande riformatore della chiesa, impone il celibato ai preti.
Quando Gregorio muore diventa papa l’abate del monastero di Montecassino, Desiderio, che sarà uno dei
più grandi committenti del medioevo.
1054: grande scisma che spacca in due la chiesa:
Chiesa d’occidente: chiesa universale, chiesa d’Europa
Chiesa d’Oriente: chiesa ortodossa, fedele alla tradizione
Gregorio e Desiderio vissero lo scisma.
Nell’XI secolo i vichinghi (o normanni, cmq uomini del nord) povertà del suolo porta l’emigrazione e
la pirateria. Un gruppo si stanzia in Francia e Normandia. Nel 1066 Guglielmo il bastardo invade
l’Inghilterra e diventa Guglielmo I il conquistatore re d’inghilterra. Il duca di Normandia è anche re
di Inghilterra.
L’arte bizantina – 6
Le aree italiane più coinvolte nell’arte bizantina sono Venezia: piccole comunità di poche persone
dedite alle pesca entro la laguna. Anche il sud. dal IX sec. d.C. le città sottoposte all’Impero
romano d’Oriente restano sostanzialmente indipendenti.
Divisione di Aquileia: Il regno di Aquileia, di dominazione longobarda, dopo la discesa degli Unni
era stato scisso in due parti: una parte longobarda con il relativo Patriarca a Cividale (poi a Udine)
e un protettorato bizantino a Grado, sotto la guida di Venezia.
Il Patriarca di Grado, col tempo, si sposterà a Venezia, cosicché ancora oggi il Vescovo della città sarà
definito “Patriarca”.
Nel IX sec. Venezia acquisisce un’indipendenza politica e un’identità ideologica con San Marco:
viene considerata la “città eletta” da Dio.
Il mito di San Marco: nell’828 due mercanti veneziani rubano da una chiesa in Egitto (Alessandria –
dominio arabo) le reliquie di S. Marco (era un evangelista non un apostolo) che diventa patrono e simbolo
della città. Per custodirle a Venezia viene fatta la cappella palatina a 5 cupole.
La Basilica di San Marco era la Cappella palatina di Palazzo Ducale (sede del Doge) e diventerà
cattedrale solo nel 1806. Fondata dopo l’838 d.C., la città è soggetta a due eventi di rilievo.
Nel 1054 avviene la definitiva rottura tra la chiesa romana e la chiesa ortodossa. Il grande scisma accentua
l’autonomia di Venezia, che era dipendente dell’impero d’Oriente, cattolica e fedele a Roma.
Solo nel 1437 con il Concilio di Firenze si arriverà ad una temporanea unità della
Chiesa, poi nuovamente divisa. Oggi questa identità è ancora valida per San Marino,
orgogliosa della propria indipendenza repubblicana, pur in una piccola estensione
territoriale.
Prima in mattoni, secondo l’uso romano. Con cupole bizantine, a croce greca.
Interamente rivestita da decorazione a mosaico. Tra il 12 e 13 secolo artisti lombardi
fanno le sculture, artisti greci e veneziano fanno i mosaici.
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Il Doge veneziano (carica che corrisponde al duca) comincia ad essere eletto dalle famiglie dell’aristocrazia
veneziana. Andrea Dandalo è il primo doge di Venezia
Si creano, così, due civiltà: da questo momento, parlare d’arte cristiana significherà parlare d’arte
occidentale.
Con la prima crociata del 1099 la chiesa promuove la conquista della Terrasanta. Urbano II lancia la prima
crociata con la conquista di Gerusalemme, ripristinando un rapporto tra la terrasanta e l’Europa. Nascono
molte Basiliche, viene rifondata la basilica Crociata, oggi del Santo Sepolcro. Si apre una nuova fase: fino
alla resa di San Giovanni d’Acri del 1291 esisteranno Stati cristiani in Palestina, veicolo dell’arte araba in
Occidente (e viceversa).
La quarta crociata del 1204 parte proprio da Venezia, già potenza marinara, ma non riceve alcun
finanziamento: dirottata su Costantinopoli, è destinata a distruggere l’Impero bizantino per la creazione di
un dominio latino d’Oriente.
I veneziani fanno razzia di opere di Costantinopoli portandole a Venezia a San Marco,
Venezia = nuova Costantinopoli. Significato simbolico: saccheggiando la madrepatria Venezia diventa
l’erede di Costantinopoli, come Gerusalemme fu la Nuova Roma.
Il “Coro dei beati” (o, gruppo dei Patriarchi) è il frutto
di una di queste razzie.
Un’altra è la Pala d’oro dell’altare, rubata a
Costantinopoli e installata a San Marco.
Poi abbiamo la Copertina dell’Evangelario di San Michele,
oltre a diversi oggetti ecclesiastici, alcuni smalti di collezioni private e i quattro cavalli
(sempre di San Marco).
È in questo momento che viene ampliata la basilica di San Marco, seguendo uno
stampo orientale, completamente rivestita di mosaici dei maestri bizantini che si
trasferiscono a Venezia, istruendo le generazioni successive.
La basilica ha una pianta a croce greca con un sistema a cinque cupole e un atrio a “u”: diverse sono le
componenti bizantine e quasi tutte le iscrizioni sono in greco, lingua che a Venezia si parlava
correntemente. Vengono inseriti anche elementi di gusto arabo.
Il meridione
Nel meridione italiano il Ducato (longobardo) di Benevento viene separato e si creano dei dominii
bizantini, ove troviamo i grandi monasteri. Nel XI sec. questo mondo era privo della Sicilia: di
dominazione araba, è importantissima per l’equilibrio strategico nel mediterraneo.
Una parte dei Normanni arriva nel sud Italia, in Campania, dove c’era il ducato di Benevento,
impero bizantino ma in realtà semiautonomia.
Sardegna era autonoma, la Sicilia sotto il dominio arabo.
Fratelli Altavilla guidati dal più vecchio, Roberto, diventa il padrone d’Italia dal Molise in giù. Il
fratello Ruggiero va in Sicilia e annienta gli arabi. Regno dei Normanni del Sud con capitale
Palermo, è il periodo di maggior fulgore del meridione.
L’arte normanna del sud è soprattutto arte siciliana.
Cattedrale di Palermo, Chiesa di S. cataldo…
Ruggero il grande fa costruire la cappella Palatina di palermo: pareti con mosaici fatti da artisti
greci, soffitto fatto da artisti arabi, intagliato in legno. Pavimento romano. La cappella è molto
piccola ma racchiude molti artisti diversi.
Della presenza araba rimane ben poco, sul piano artistico, se non i bagni che restano in funzione a
Cefalù.
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Ad un certo punto, tutta quest’area viene assoggettata dai Normanni, che venivano dalla Francia:
essi seguono una primogenitura monastica.
Il padre di sette fratelli (gli Altavilla) diede loro una lancia e uno scudo e fece spartire tutto il meridione –
dall’Abruzzo alla Sicilia – in circa vent’anni, creando un potente Stato normanno che per osmosi
conquista tutte le culture precedenti: Roberto “il Guiscardo”, Ruggiero e Ruggiero II, Guglielmo “il
Malvagio”, come Guglielmo “il Generoso” risiedevano prevalentemente a Palermo, ove posero la
capitale, in cui l’arte normanna sarà più caratterizzata che non nel resto del sud.
Attivissimi a Palermo, il Duomo di Cefalù è forse l’unica eccezione alla nuova cultura artistica.
Costruiscono il Palazzo reale (normanno) di Palermo, con la sua Cappella palatina, San Giovanni e San
Cataldo, un enorme giardino alla araba e il Palazzo della Zisa (residenza estiva, deriva dall’arabo alAzisa, “La Splendida”) in periferia. Fuori dal Palermo, la Cattedrale di Monreale, caratterizzata dalla coesistenza di artisti arabi, ebrei e greci: la sua cappella palatina è dotata di un tetto in stile arabo (ove sono
leggibili alcuni versetti del corano), un pavimento in marmo romano e alcuni mosaici greci.
Il “Cristo pantocrator” nel Duomo di Cefalù è un coacervo di esperienze
culturali che co-esistono.
Il rischio che si corre è quello dell’incompatibilità, che però viene arginato
da un’omogeneità armonica manifesta.
Il caso della Chiesa di San Cataldo è sfortunato –
per la perdita dei mosaici – ma ci permette di leggere l’architettura: architetti
arabi e borgognoni dialogano insieme; abbiamo degli archi a ogiva (a metà tra
l’arco a tutto sesto e il sesto acuto del gotico) che riescono a superare i limiti
della zona sismica.
Questo regno normanno durerà fino alla fine del XII sec., quando Costanza d’Altavilla si sposerà
con Enrico IV dando vita a Federico II, ultimo grande esponente di questa civiltà.
In emilia si incontrano artisti lombardi e Borgognoni. La Borgogna è nel centro/est della Francia, il
primo scultore noto è Giselberto, autore di molte sculture della cattedrale di Autun.
La scultura borgognona è il più grande esempio d’influsso extra-italiano: con capitale a Digione,
la Borgogna fu nel medioevo contesa tra Francia e Impero. È la valle del Rodano: solo nel 1200
passerà al Sacro Romano Impero germanico. Da questo regno viene una grande cultura scultorea
che in Italia era pareggiata solo dei Lombardi, che però erano grandi architetti.
Giselbertus, Tentazione di Eva, calcare, Autun, Musée Rolin, ca.
1130,
Una delle sedi episcopali viene scolpita da Ghiselbertus: di essa
rimangono cospicui frammenti, tra cui Eva nel “Peccato originale”.
L’altorilievo risponde agli spazi del portale in cui è inserito, ma la
posizione di Eva che striscia è dovuta all’identificazione con il male
che l’ha tentata (la scultura era, in principio, colorata). Stava sopra l’architrave perciò doveva
essere orizzontale, allora la fa sdraiata. Rapporto straordinario tra figura umana EVA animale
SERPENTE Naturale PIANTE. Eva è sinuosa, serpentina. Il serpente è sinuoso e arboreo, si
confonde tra le fronde. Il male (serpente) penetra nella natura e la fa diventare
uguale a sé: Eva e la natura si serpentinizzano.
Alla scuola di Ghiselbertus si forma il Maestro anonimo di Vézélay.
Nel portale sul Giudizio universale (la “Traditio legis”) il Cristo giudice è raffigurato
diritto.
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Sarà meta di pellegrinaggio cui segue – sempre in Europa – Santiago di Compostela (ove si
trova il “Portale delle Grazie” del borgognone Matteo).
Esiste una leggenda di Maria Maddalena (proto-testimone della resurrezione di Cristo): ella venne
trasportata da un volo d’angeli in Provenza, ove passa gli ultimi anni della propria vita, e viene sepolta a
Vézélay.
I maestri borgognoni hanno portato le reliquie dall’Oriente: negli stessi anni, si diffonde l’idea del
“trasporto” della sede da Nazareth a Fiume, nella Santa “Casa di Loreto” (edificata, effettivamente,
con mattoni in uso nella Palestina del I sec. a.C.).
Vézélay è molto ricca e può permettersi il meglio, ma nella Borgogna del X sec. nasce
l’Abbazia/monastero di Cluny, che otterrà un’enorme potenza nel XII sec. con la più grande
riforma dell’Ordine di Benedetto da Norcia.
E’ un monastero benedettino con queste caratteristiche:
- dipende direttamente dal papa, non da vescovi o abati.
- Cluny è sede della riforma Cluniacense, la prima riforma benedettina.
Ugo il grande, abate di Cluny, ha ricostruito la chiesa. Con la riforma si torna alle regole di
benedetto: più austerità, più lavoro, più liturgia dello splendore, come per esempio i 7 altari d’oro, il
lampadario prezioso. Liturgia dello splendore, dello sfarzo e del lusso.
Ci sono due visioni in questo senso. Per esempio negli anni 70 del nostro secolo, le chiese
vengono svuotate di tutti i loro tesori perché dovevano essere povere, spoglie, senza lussi, per non
distrarre da Dio. Questo è stato un grave danno storico artistico, perché la Chiesa è da sempre
luogo di beni culturali e storici.
L’altra visione è quella dello splendore: Dio ha diritto al meglio dell’uomo.
I cluniacensi furono grandi abati che esaltavano la potenza tanto da arrivare a coprire la seconda carica
della Chiesa e persino ad eleggere un Papa, Gregorio VII.
L’Ordine dei cluniacensi era fondato su tre cardini: la diretta dipendenza da Roma, il movimento
purificatore di severità e purezza (che sarà alla base della Riforma gregoriana) e la liturgia dello
splendore nella solennità delle cerimonie.
Utilizzeranno oro e smalti sull’altare, nonché ben trentadue candelabri: Napoleone Bonaparte
distruggerà Cluny – che era più grande di San Pietro – e ne sottrarrà le pietre. Resta una struttura
romana, che presenta già alcuni elementi gotici.
La reazione a Cluny saranno quei monaci cistercensi guidati da Bernardo di Chiaravalle.
Wiligelmo, Storie della Genesi, marmo, Modena,
Duomo, ca. 1106.L’influenza in Italia dei borgognoni
l’abbiamo alla fine dell’XI sec. con Wiligelmus, discepolo
di Giselberto, si trasferisce a Modena. autore dei presbiteri
del Duomo di Modena, successivamente murati sulla
facciata: i rilievi mostrano il tema della Genesi, per
un’altezza di un metro e mezzo. 4 episodi: creazione di
adamo, creazione di eva … archetti a ogiva di gusto gotico. Quindi la cattedrale di Modena ha
sculture borgognone. Pontile di Modena divide il presbiterio dalla navata. Oggi sono murate nella
facciata della cattedrale.
Capitello Chiostro dei mestieri: sculture che rappresentano le arti: romaniche ma con libertà
compositiva pregotica, es. struttura ovale e non tonda.
“Dio nella mandorla” sovrasta gli angeli ed è creatore del mondo: vi sono poi Eva, Caino e Abele,
fino all’episodio del Diluvio universale.
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I due allievi lombardi di Wiligelmo avranno destini diversi:
Niccolò sarà girovago per la Valle padana (autore dei rilievi di
San Zeno e della Cattedrale di Verona), mentre Benedetto
Antelami – originario della Val d’Intelvi – lascerà i suoi
capolavori nel Duomo di Parma (come la “Deposizione dalla
Croce” del Cristo). Rimane sempre con Wiligelmo e diviene
capocantiere del duomo di Parma.
Benedetto Antelami, Deposizione, breccia rossa, Parma, Duomo, 1178
Benedetto crea la scuola Antelàmica. Niccolò viaggia tra Piemonte e veneto.
Il gotico – 7
Il Gotico nasce nel XII secolo e a differenza del romanico che è lombardo in generale, il gotico
nasce in un luogo preciso: Parigi.
Il gotico nasce in Francia e i suoi filoni principali confermano la cooperazione borgognona anche in
Italia. Il luogo di provenienza è l’abbazia di San Dionigi, a nord di Parigi: la nascita risale al 1143, il
“padre” del gotico – committente e architetto – è l’abate di Saint Denis (che è anche il più stretto
collaboratore di Luigi VI, Re di Francia) Suger.
La Francia, regno dei Franchi occidentali, è dapprima soggetta alla dinastia di Ugo Capeto (da cui il
termine di “capetingi”) che pone la capitale a Parigi, nell’Île de France – o, “Isola di Francia” – ove
sorgeva un’antica città romana. La debolezza era nella ridotta territorialità del dominio regio a fronte di un
dominante potere dei feudatari, sovente più ricchi e potenti del re, che era così costretto ad insistere sulle
ragioni sacrali del suo governo.
Accanto a questi poteri feudali e a quelli ecclesiastici delle abbazie vi era poi il problema dei
predoni normanni (provenienti dalla Normandia) autonomi che nel 1066 il duca Guglielmo detto “Il
bastardo” tenta di assoggettare: grazie a questa impresa, egli diventerà “Il conquistatore”, ponendo
fine al regno anglo-sassone in Inghilterra.
Da questo momento, il re d’Inghilterra sarà anche subordinato al re di Francia per il feudo di
Normandia: a ciò si deve la Guerra dei cent’anni. Alla morte di Guglielmo II, Entrico I avrà solo una
figlia, Matilde, che in seconde nozze sposerà Goffredo “Il bello” (o, “Il peloso”) Duca d’Angiò,
vassallo francese del bacino della Loira: insieme creeranno un dominio feudale con la Normandia
e l’intento di conquistare l’Inghilterra, di cui Enrico II è legittimo erede.
Luigi VI aveva già un figlio – di nome Luigi VII, secondo la tradizione – che era associato al trono:
suo consigliere era l’abate Suger, (Susgè) - abate benedettino di San Dionigi/Denis, monastero
isolato e autonomo a nord di Parigi - che gli propone di dare in sposa a Luigi VII la figlia del Duca
d’Aquitania, Eleonora. Aquitania, a sud ovest della Francia, è una zona mai completamente
sottomessa, semindipendente, di grande cultura (poesia dei Trovatori) Forte eredità romana e
visigota.
Fu così che Suger riportò gran parte della Francia sotto il dominio regio, nello stesso momento in
cui viene creato il mito di San Dionigi.
Suger fa di Saint Denis/San Dionigi la chiesa del regno, come fece Teodolinda col duomo di
Monza, e vi trasferisce corona e tesoro. S. Denis è anche la tomba dei re a partire da Luigi VI che
vi porta anche i corpi dei suoi predecessori.
Negli “Atti degli Apostoli” si parla di San Paolo che colloquia nell’Areopago di Atene di fronte ad un gruppo
di Greci convertiti al Cristianesimo, tra cui Dionigi, che è ivi battezzato. Un secondo Dionigi, dopo
l’Aeropagita, è un vescovo che muore martire a Parigi in età carolingia. Suger li fonde nella stessa persona
e fa di Saint Denis il cuore della Francia, dall’ampolla dell’unzione all’incoronazione e al sepolcro dei
sovrani.
Quest’operazione politica di Suger porta all’edificazione di un simbolo, quale è Saint Denis, sulla
base della macro-mitologia di Dionigi. È la nascita del gotico, nella Pasqua del 1143.
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1143: ricostruzione del coro, presbiterio e abside di S. Denis, ricostruita prima in età romanica.
Il coro è il primo edificio al mondo di stile gotico.
L’edificio ha una struttura ad arco a ogiva a sesto acuto, di origine araba, che da questo momento
sarà chiamato anche arco gotico (sebbene utilizzato già nel romanico, come a Torba). Forte
sottolineatura delle vetrate colorate, grandi finestre, capitelli a fogliame, poche sculture. sviluppo
verticale come tensione al divino, evidenziazione tecnologica della struttura.
Suger fu committente, iconografo e autore. E’ il padre dell’arte gotica, come Brunelleschi è il padre
dell’umanesimo.
Una nuova chiesa come simbolo di una nuova monarchia. Alla morte di Luigi VI, la coppia reale è
composta da Luigi VII ed Eleonora, da cui nasceranno soltanto figlie femmine, ma la successione è solo
maschile. Luigi aveva educazione del nord: guerriero e monastico. Eleonora educazione del sud: cresciuta
tra i poeti d’amore trovatori. Eleonora disse: “credevo di avere sposato un re ma ho nel letto un monaco”.
La crisi di carattere della coppia sfocia nell’incontro della regina con Enrico II, figlio del duca di Angiò
(francia) e Matilde, erede al trono di Inghilterra e Normandia. Diventano amanti, ed è occasione del ripudio
da parte di Luigi, reso possibile grazie ad una norma ecclesiastica che estende il grado di parentela per
sancire il “cavillo” della consanguineità a legittimazione dello scioglimento del matrimonio tra sovrani. (fino
all’8° grado di parentela era tabù).
A norma del diritto feudale, Eleonora riprende i suoi possedimenti e sposando Enrico II crea un impero che
va dalla Scozia ai Pirenei: riunificando l’Inghilterra, il nord della Francia e l’Aquitania, si configura una
minaccia mortale per la corona di Francia, costituita dall’impero plantageneto (dal simbolo di famiglia, che è
la pianta di ginestra).
E, allora, come mai non riesce l’impresa di battere la monarchia francese?
La Francia vince grazie al gotico: anche se piccola e povera, la monarchia francese ha un grande
potere ideologico che l’impero plantageneto non possiede.
Luigi VII si risposa e genera Filippo II “Augusto”, che sconfiggerà gli Inglesi e l’impero plantageneto. Suo
nipote, Luigi IX – che sarà fatto Santo – è un grandissimo costruttore e riedificherà la Santa Cappella
superiore/inferiore (1241) del Palazzo Reale ove era conservta la reliquia della corona di spine del Cristo.
Eleonora ed Enrico avranno altri figli tra cui Riccardo cuor di leone e Giovanni senza Terra che creano il
mito di Robin Hood (Riccardo viene rapito e robin aiuta Eleonora a pagare il riscatto)
Con Giovanni Senza Terra finisce l’impero di Francia.
L’impero plantageneto ha un punto debole: popoli diversi per lingua e tradizioni, divisione netta
tra sud e nord. Non trova un sistema di comunicazione efficace. L’arte è un potentissimo strumento
di comunicazione che i plantageneti NON ADOPERANO. Infatti non esiste un arte plantageneta.
In Francia invece c’è l’arte gotica: arma per unificare simbolicamente le loro terre e per identificarsi
come monarchia. La Dinastia Capetingia vince contro i plantageneti e fanno costruire delle
cattedrali, tutte dedicate alla Madonna e tutte in stile gotico, per esempio:
Notredame di Paris,
Charte (sciart)
Rheins (rens), dove avveniva l’incoronazione
Amien, Campièn …
Con la Cattedrale di Poitiers – chiesa di Nôtre Dame la Grande – il re inaugura
le grandi cattedrali dell’Île (come Nôtre Dame de Paris).
Il figlio di Luigi VII farà costruire una torre/fortezza a nord-ovest, la
Louvriere.
Come tutte le cattedrali francesi, Nôtre Dame de Paris avrà una
propria mitologia molto evoluta e sarà anche quella più rimaneggiata nei secoli (la
meglio conservata è Chartres, costruita in pochi anni).
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Ci sono 4 grandi filoni di gotico:
1) 1140-1260 Gotico reale francese, nato in Francia con S. Dionigi e poi con le cattedrali
costruite dai francesi, tutte gotiche, con queste caratteristiche: portali a strombo (rientranti),
rosoni, archi a ogiva, vetrate. Nell’isola della citè, isola dove si trovano 3 grandi edifici: la
cattedrale di Notre Dame, il Palazzo reale (S. Chapelle), l’ospedale. Dall’Île de la Cité, Parigi ha
il controllo della Senna. L’isola è divisa in due dalla Senna e c’è un ponte. A nord c’è la città, a
sud l’università, (gli studenti erano turbolenti e pericolosi, le università sono sempre lontane
dalla capitale politica per questo motivo) al centro i 3 edifici. Qui nascono vari collegi come la
Sorbona. Nel medioevo nascono le prime università: Bologna (culla del diritto), Parigi(culla
della filosofia). Grandi intellettuali come Alberto Magno e Tommaso d’Acquino.
S: Chapelle, 1260: A Filippo Augusto era succeduto Luigi IX, grande committente che
costruisce la cappella palatina sull’isola. E’ quasi tutta a vetrate, molto elegante. E’ una
chiesa sovrapposta con una parte inferiore e una superiore (si ritroverà ad Assisi). E’ l’ultima
grande opera del gotico reale francese.
2) 1150- Gotico Circestense – Citeaut (sitò) – località della Borgogna vicino a Cluny dove nel
12° secolo un gruppo di monaci fa la seconda grande riforma benedettina: riforma
circestense: leader s. Bernardo di Chiaravalle che la propaga in tutta Europa. Religiosità
austera, povera, sobria che adatta l’architettura gotica perché priva di decorazioni eccessive.
Bernardo di Chiaravalle lascia prescrizioni rigorose con le istruzioni per realizzare le costruzioni
del gotico cistercense, in base alle quali i materiali da utilizzare dovevano essere poveri, in parte a
vista e in parte intonacati (la parte a vista per mostrare la semplicità degli stessi, quella intonacata
per riflettere la luce), grandi vetrate bianche – non devono essere colorate – veniva usata spesso
la carta oleosa, il presbiterio doveva essere quadrato per esaltare le quattro finestre (una superiore
rotonda – per ricordare l’unità di Dio – tre sotto per ricordare la Trinità), nella costruzione non
devono essere presenti decorazioni, fatta eccezione per i capitelli a fogliame, con motivi floreali;
l’arredo liturgico doveva essere povero e non doveva essere realizzato in legno (il legno assorbe i
liquidi, quindi si può tarmare). La mancanza d’affreschi raffiguranti Dio viene sopperita con la
realizzazione di diverse finestre (la luce è simbolo e immagine di Dio).
Per lui era importante la Luce. Le chiese da lui fatte sono tutte
uguali, fatte in serie, in pietra.
Ad esempio, si possono citare l’Abbazia di Fossanova (Roma) e
l’Abbazia di Chiaravalle Milanese, dotata di tiburio-campanile
secondo il modello borgognone, simile a quello della Basilica di
Cluny.
Volte intonacate di bianco per fare risaltare la luce, senza affreschi. Abside con 3
grandi finestre per la trinità. Tutte simili al primo modello (Citeaux).
Il 1° e il 2° filone sono francesi, 3° e il 4° filone sono italiani:
- Gotico Francescano – Assisi 1200
- Gotico Federiciano – Meridione 1200
Tutti i filoni sono personali, nascono da una persona che fa qualcosa
3) Gotico Francescano – Nasce in Umbria, il promotore è S. Francesco. Da qui nasce l’ARTE
ITALIANA, proprio nella culla francescana tra Roma e Assisi; c’è un papa francescano a
Roma e c’è la basilica di S. Francesco. Francesco ha inventato la letteratura italiana (cantico
delle Creature) e l’arte italiana.
Giovanni d’Assisi – detto “Francesco” – nasce ad Assisi nel 1181 e passa la vita giovanile alla
ricerca della gloria militare ed economica. Secondo Francesco, il Cristianesimo è una fede
“maleducata” e per questo sceglie una vita nella povertà assoluta, affidandosi alla Provvidenza: la
sua predicazione è itinerante. Prima tenta di fare il monaco benedettino, poi eremitico, poi darà vita
all’ordine mendicante, si va in giro a chiedere l’elemosina. (il detto “il cavallo di s. Francesco”
significa andare a piedi). Lotta tra profezia e istituzione. Messaggio di radicalità evangelica,
povertà estrema.
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Fonda un nuovo Ordine, il Francescanesimo, dopo aver ricevuto il permesso da Papa Innocenzo
III. La Chiesa è un’istituzione che si preoccupa per i rischi di quest’ordine. Scontro con il papa
Innocenzo III, pontefice raffinato ma romano, scettico, intelligente, capisce la potenzialità
dell’ordine francescano e lo approva, ma gli mette alle costole il nipote, il cardinale Ugolino che
diventerà poi papa. I francescani hanno due modi di pensare
- povertà assoluta
- ordine, struttura efficace
- Francesco era nemico si S. Antonio da Padova e amico di Frate Elia.
Esiste una visione panpsichista per la quale Dio è l’immanenza della Natura, l’uomo non si distingue da
essa se non per una maggiore acutezza mentale, il che esclude l’esistenza di un Dio-uomo: Francesco
riesce ad amare la natura senza sfociare nel panpsichismo.
In opposizione a Francesco, ci sono Frate Elia e Sant’Antonio da Padova, che mediano con lo
stesso Francesco tramite l’opera del Cardinale Ugolino, futuro Papa Gregorio IX e patrono
dell’Ordine francescano. Negli ultimi anni, Francesco sente molto il rapporto con Santa Chiara –
dell’Ordine delle Clarisse – con cui nasce un amore platonico, per il quale i due Ordini sono
sempre rimasti legati, nell’ottica che per ogni frate francescano che predicava nel mondo era
presente una suora clarissa che pregava. Santa Chiara: personaggio affascinante del medioevo.
Francesco vorrebbe un ordine di predicatori (uomini) e un ordine di suore di
clausura/contemplazione (donne)
La sua vita fa nascere molte manipolazioni e molte cose sono state inventate o modificate proprio
perché mito. E’ enfatizzata la sua conversione da peccatore a “santo” perché più si era peccatori
prima, tanto più risaltava la conversione. Era poliglotta sapeva il latino, il provenzale, italiano,
l’arabo… Ha grandi capacità comunicative ed è anche poeta provenzale. Due caratteristiche
provenzali ereditate dalla madre. Senso dell’umorismo, amore per il corpo= positività del corpo.
Uno dei grandi problemi del cristianesimo è l’influenza nefasta di Platone: questo mondo è la
pallida copia di quello dell’aldilà, l’anima è imprigionata nel corpo come luce nel fango= quindi
svalutazione e disprezzo della corporeità, il corpo è negativo.
L’operazione culturale di Francesco è la rivalutazione del corpo e della natura (dio si è fatto
uomo come noi, quindi il corpo deve essere per forza positivo).
Valutazione positiva anche della natura, della storia, dell’uomo. Questo porta come conseguenza il
realismo nell’arte. Tutte cose che nel medioevo erano sottovalutate e negate. Quindi: nascita del
realismo francescano.
Con Francesco si ha una visione positiva della creazione. Se l’uomo e la natura sono buoni, sono
da rappresentarsi così come sono, realismo.
Elemento paradossale: Francesco ama mostrarsi nudo mentre per il medioevo il corpo andava
mostrato il meno possibile, per questo non ci si lavava quasi mai!
Senso provocatorio, tanto che è stato considerato, a torto, un provocatore politico.
Nel 1224 a S. Francesco vengono le stigmate. Il cantico di frate Sole (delle Creature) viene scritto
quando Francesco era molto malato, mezzo cieco e sordo.
Francesco quando sta per morire si va a mettere nella piana sotto Assisi ai piedi della porzuncola,
una chiesetta, nudo. Muore nel 1226.
Francesco è mitizzato già da vivo e chiamato “l’altro cristo”. Si tende a fare similitudini tra la sua
vita e quella di Gesù. Viene seppellito nel 1228 dopo aver vagato di chiesa in chiesa.
Nel 1128 Papa Gregorio IX arriva ad Assisi e proclama santo Francesco, la prima canonizzazione
moderna. Fa costruire una basilica, progetto di frate Elia (che era diventato Capo dell’Ordine): tre
Basiliche sovrapposte sul Colle dell’Inferno, molto instabile. Fondata a
Ovest (assisi è sulla Acrocoro, collina) quel punto si chiamava Colle
dell’Inferno, perché era una discarica e anche zona sismica. Ma il
significato è: inferno diventa paradiso. La spazzatura diventa il meglio.
La costruzione dell’edificio aveva causato la rottura con i discepoli di
Francesco, che ritenevano la Basilica troppo sontuosa per la politica
francescana.
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Sulle pareti della Basilica nasce un’arte con caratteristiche proprie, l’arte italiana. La prima opera
era il Cadavere: il corpo venne mummificato e messo in piedi in posizione
benedicente, nella cripta scavata nella roccia.
Francesco da vivo restaura la basilica di S. Damiano, la Porziuncola e
inventa il presepe (presepe di Greccio) presepe vivente= fenomeno teatrale,
rappresentazione.
Il cadavere di Francesco diventa un’opera d’arte, viene
imbalsamato.
Bonaventura Berlinghieri, Pala di San Francesco, Pescia, San Francesco, 1233
La pala di S. Francesco è il dipinto del cadavere di Francesco, con l
amano benedicente con le stigmate, e il libro. Il corpo come opera
d’arte.
Le 3 basiliche sovrapposte:
1 Basilica superiore verso Assisi
2 Basilica inferiore aperta a sud verso la valle
3 Cripta con la tomba di Francesco scavata nella viva roccia.
La Basilica intermedia è per metà nella roccia, mentre quella
superiore pesa sulle due sottostanti, presenta una facciata a capanna,
mentre all’interno ha un aspetto slanciato, con muri sottili.
Basilica superiore: unione cultura romanica e gotica, italiana e francese. I francesi danno una
mano con l’architettura fanno le vetrate (maestri vetrai). Rosone romanico. Portale con arco a
ogiva, archi acuti, finestroni, luminosità(gotico)
Basilica Inferiore: più bassa e tozza, deve reggere tutto, colonne tozze, Quella superiore è molto
più slanciata e gotica. Inseguito sfonderanno i muri e faranno le cappelle (basilica inferiore)
La cripta: è stata rifatta molte volte fino al 1926 (neo romanica).
Durante la costruzione della Basilica, viene creato anche un Convento a fianco, quasi sospeso nel
vuoto, poggiando sullo slittamento di frana del Colle stesso, il tutto con tecnica gotica, attenta a
mescolare forme italiane e francesi (nella facciata, la forma è italiana, mentre il grande rosone è
tardo-romanico e la porta a due ingressi con il rosoncino superiore è francese, il timpano
sommatale è ancora italiano), equilibrio sottile tra sobrietà, idea di fondo dell’Ordine francescano
ed estrema ricchezza dei particolari.
Gli affreschi presentano il tema doppio della storia di Cristo e la vita di Francesco, viste in
parallelo: il tema del parallelo è costante, ma il modo di realizzarlo varia negli anni fino al 1350,
data del termine dei lavori (la cripta è priva di immagini – l’immagine è lo stesso Francesco –
mentre le Basiliche superiori presentano i detti cicli).Frate Elia e S. Chiara muoiono nel 1272, e
inizia la qualificazione figurativa.
Il ciclo d’affreschi della Basilica Inferiore viene distrutto – agli inizi del ‘300 – per realizzare le
Cappelle laterali, ricoprendo parte degli affreschi con l’intonaco, solo recentemente riscoperti; il
ciclo venne realizzato probabilmente nel 1260-70 dal Maestro delle Storie di Francesco, un artista
umbro sconosciuto di cui non si sa il nome, durante il periodo in cui a Capo
dell’Ordine francescano c’era San Bonaventura (che mette insieme e
manipola la storia di Francesco, raffigurata poi negli affreschi).
Le immagini fanno riferimento alla progressiva cancellazione della primitiva
memoria della storia di S. Francesco: la sua storia/ vita viene modificata e
reinventata da Bonaventura soprattutto.
L’artista che realizzò il ciclo dimostra un forte senso dello spazio, ma cede
spesso alla realizzazione di elementi decorativi, ad esempio enormi cornici
geometriche rappresentate sull’affresco (i colori sono stati modificati
dall’ossidazione).
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Fioretti di S. Francesco
Le opere del maestro di S. Francesco sono significative ma non sono ancora arte Italiana.
I pittori che lavorarono per la realizzazione degli affreschi di Assisi furono – inizialmente – solo
umbri: le cose cambiarono successivamente, quando un allievo di Bonaventura diventa Papa
(Niccolò III, nel 1284, il primo Papa francescano) ed è “autore” degli affreschi a decoro della
Cappella del “Sancta Sanctorum”, un luogo molto semplice, interamente rivestito d’affreschi alle
pareti e mosaici sulla volta, importante perché introdusse un nuovo modo d’interpretare l’arte (il
nome deriva dal Tempio di Gerusalemme, dove erano presenti tre cortili, dove – nel terzo – era
presente la Cappella omonima, luogo ov’erano custodite le Tavole della Legge e l’Arca
dell’Alleanza; a Roma, il Papa risiedeva in San Giovanni Laterano, il cui cuore era appunto la
Cappella privata di San Lorenzo, nota altresì come “Sancta Sanctorum”, in cui erano custodite
importanti reliquie come un ritratto di Gesù – Acheropita – eseguito, si crede, da un angelo).
4) Gotico Federiciano o Imperiale (dall’imperatore Federico II – 1194-1250)
Per quanto riguarda il gotico imperiale, i Normanni avevano fondato il proprio regno in Sicilia:
Guglielmo III “il Buono” era senza figli, di conseguenza l’unica erede era zia Costanza; il Sacro
Romano Impero era retto da Federico I Barbarossa, che era stato costretto a lasciare
l’indipendenza ai Comuni del nord d’Italia a seguito della “Pace di Venezia” (1183). Questa difficile
situazione porta Enrico – figlio di Federico I – a sposare l’erede dei Normanni Costanza per
rafforzare l’Impero contro i Comuni. Nel 1194 nasce un figlio, Federico Ruggiero che sarà
Federico II, ma poco dopo muoiono sia Enrico che Guglielmo, così il bambino diventa l’erede
dell’Impero e del regno normanno nel 1220. Costanza lo mette sotto la protezione del papa.
Federico II è molto considerato, intelligente, poeta, amico di S. Francesco pur
essendopersonaggi contrapposti. Si stanzia nel sud d’Italia, ponendo a Capitale
Foggia, ma risiedendo – di fatto – in diverse città, dove aveva fatto costruire
diversi castelli (circa 40), come Castel del Monte, realizzato con criteri
geometrici precisi e con la funzione d’osservatorio astronomico. Ossessione per
l’ottagono= figura imperiale. Per decorare i castelli viene fondato il filone della
scultura gotica, la scultura federiciana, culla della scultura gotica europea. I maestri romanici
pugliesi (es. Basilica di S. Nicola di bari) convivono con maestri gotici (francesi e tedeschi).
A Castel del Monte si forma un giovani scultore pugliese: Nicola di Bari che, a seguito del
trasferimento nell’Italia centrale, sarà ricordato come Nicola Pisano. Grande artista di formazione
romanica poi anche gotica, diventa padre della scultura italiana.
In Puglia c’era una maggiore tradizione di scultura romanica nelle grandi cattedrali.
La scultura federiciana è il risultato della fusione di caratteri delle arti francese,
tedesca e orientali, si manifestò anche in Campania, applicata ai modelli classici –
letti alla gotica – come la statua della “Porta dei Leoni” di Capua (da cui la testa di
Giove) con statue gigantesche, senso classico geometrico letti in chiave gotica.
Classicismo federiciano.
Questa corrente artistica reggerà fino al 1266, dopo che nel 1250 era morto Federico II, seguito
poco dopo dal figlio Corrado: in Sicilia, Manfredi governa – appunto – fino al 1266 (l’Impero resta
senza imperatore), quando il Papa chiede l’aiuto di Luigi IX per sconfiggere gli Svevi nella
“Battaglia di Benevento” ad opera del duca Carlo d’Angiò – fratello del re – che crea uno Stato
angiono con una nuova arte e capitale a Napoli.. Gli Angiò diventeranno padroni del sud.
Arte federiciana dal 1225.30 al 1260.
L’arte italiana (ed europea): Assisi, Siena, Firenze (Avignone) – 9
Le 4 grandi fasi di scuole pittoriche del cantiere di Assisi:
1) fase umbra – 1275-1285 (maestro di S. Francesco)
2) fase Romana – 1285-1295 – Cavallini, Scuola romana e i pittori di roma
3) fase fiorentina – 1295-1300 – Cimabue e Giotto
4) fase Senese – 1325-1345 – Simone Martini e i fratelli Lorenzetti.
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1282 L’arte italiana, con caratteristiche proprie e distinguibile, diffusa equamente in tutta Italia,
nasce in un momento preciso e in una città precisa: A Roma, nel 1828, anche se è soliti pensare
che sia nata a Firenze.
Se fosse nata a Firenze, si avrebbe un tipo d’arte “florentinocentrica” in base alla quale il primo
artista di una certa importanza fu Cimabue, seguito da Giotto, pittori dell’umanesimo, Raffaello,
Michelangelo – considerato “divino” – e Vasari (fu lui a promuovere questa visione dell’arte). Il
problema di questa visione è duplice: uno riguarda l’evoluzione, l’altro è che l’arte – di fatto – sia
nata a Roma, poiché l’arte medievale è di origine cristiana e, quindi, dev’essere nata nella Capitale
papale, di cui abbiamo solo frammenti, ma il fatto che si pensi che l’arte sia nata a Firenze fa
capire il perché si ritenga che la Basilica Superiore d’Assisi sia stata fatta da Giotto, mentre gli
affreschi sono stati realizzati da un Anonimo romano.
Negli anni 70 del 1200 la Chiesa perde progressivamente la sua autonomia: molti papi francesi e solo 2
italiani importanti: Niccolo III (casa Orsini di Roma) che ha come collaboratori stretti dei francescani, e
Niccolò IV, anch’esso amico dei francescani. Il papa stava nella sua residenza di S. Giovanni Laterano.
La cappella di S. Lorenzo, chiamata Sancta Sanctorum perché custodiva
molte reliquie sante. Riprendeva il tempio di Gerusalemme, con un cortile per
gli ebrei, uno per i sacerdoti (sancto), e uno per tutti, con una cella più
piccola e interna che si chiamava sancta sanctorum dove poteva entrare solo
il sacerdote perché era il luogo più sacro. In onore di questo viene chiamata
così la cappella che conteneva un’importante reliquia: l’acheropita (dal greco
significa “non dipinto da mano umana”), il ritratto di cristo che si pensava fatta
da un angelo e non dall’uomo, oltre ad altre reliquie.
Tra i pochi frammenti dell’arte romana a noi pervenuti si annovera il “Sancta
Sanctorum” (1284) mosaici e affreschi in cui il Papa, Niccolò III, offre a Dio
la Chiesa (il modellino) – accompagnato da San Pietro (la persona anziana, riccia) e da San Paolo
(calvo, con la barba) –, l’edificio che offre è un po’ diverso dalla realtà, è a pianta centrale con un
tiburio per sottolineare il fatto che sia una Cappella palatina. Gli affreschi sono opera di una
squadra coordinata da un Anonimo, denominato Maestro del Sancta Sanctorum, che è il padre
dell’arte italiana. L’arte italiana è policentrica, non è formata solo da artisti fiorentini come pensava
Vasari (per lui l’arte era evolutiva, più un artista era recente e più era bravo, ma non è così) Il
centro dell’arte Italiana è piuttosto Roma e Assisi, i fiorentini arrivano dopo. In Toscana nasce la
scultura, ma la pittura a Roma col Sancta Sanctorum.
Alla bottega del maestro sancta sanctorum si formano i tre artisti che
emergono dalla corrente artistica romana sono Pietro Cavallini, Iacopo Torriti
e Filippo Rusuti, che saranno il fulcro dell’arte italiana, attivi nell’ultimo quarto
del 1200: Cavallini è – probabilmente – il più abile e per questo si crede che
egli sia parte di quella squadra che ha realizzato il grande ciclo del “Giudizio
Universale”, di Santa Cecilia in Trastevere, realizzato “alla romana” (quasi
direttamente sul muro, con intonaco molto sottile); lo stato di conservazione non è dei migliori,
infatti i colori sono cambiati, i quattro apostoli hanno una monumentalità classica, un senso dello
spazio nuovo, le figure sono credibili, equilibrate e una decorazione gotica (ciocche di capelli e
barba, panneggio), ad un livello artistico irraggiungibile.
Cavallini alterna affreschi a mosaici a fondo oro che
simboleggiavano la presenza di Gesù nella Basilica: nella
“Presentazione al Tempio” – di Santa Maria in Trastevere – sono
presenti particolari tipici del culto, ad esempio Giuseppe offre le
colombe al Tempio di Gerusalemme tenendo le mani coperte da un
panno, il che significa che le colombe rappresentano Dio e quindi non
possono essere toccate neanche da suo “padre”. Come disegno è
più arcaico. Lo spazio non è vero ma nell’insieme ha una sua proporzionalità.
Torriti (presbiterio) e Rusuti (facciata) lavorano per la realizzazione del ciclo a mosaico della
Basilica di Santa Maria Maggiore.
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Nel 1290 sorge un problema: ad Assisi papa Nicolò III, amico dei francescani, decide un radicale
cambiamento nella decorazione della Basilica di S. Francesco con un nuovo ciclo di affreschi; si
dedica maggiore attenzione alla Basilica Superiore – fino ad allora priva d’affreschi (prima
montavano solo le vetrate con la luce), mentre la Basilica Inferiore viene modificata per la
realizzazione delle Cappelle.
la basilica superiore si divide in 3 blocchi: Storie dell’antico testamento, Storie di
S. Francesco e Storie della passione di cristo. Si raffigura il Ciclo di Francesco
(sopra lo zoccolo di base), sovrastato dalle Storie dell’Antico Testamento, mentre
nel transetto e nel presbiterio il soggetto è la Passione e Resurrezione, di
conseguenza il rimando simbolico implica l’unione tra Cristo e Francesco, entrambi
prefigurati dall’Antico Testamento, poiché esso prefigurava Dio.
I tre cicli vengono eseguiti quasi in contemporanea: il più antico – per
ragioni di posizione – è quello dell’Antico Testamento (essendo più alto,
il colore sarebbe potuto colare e l’impalcatura avrebbe potuto urtare il
muro inferiore, rovinando l’affresco inferiore, se fossero stati realizzati
contemporaneamente), mentre il transetto è iniziato subito dopo.
Il nucleo di Storie dedicato ad Isacco – di cinque episodi –, in una delle
cappelle della Basilica Inferiore, sono opera di un Anonimo, riconosciuto come il Maestro d’Isacco,
anche se si crede che possano essere state realizzate da Giotto, avvalorando l’ipotesi dell’arte
“florentinocentrica”, ma ad un attento esame emerge che alcune teste dei soggetti sono identiche
o, quasi a quelle del Sancta Sanctorum, legando – così – Assisi a Roma.
Il ciclo del transetto è, invece, sicuramente opera di Cenni di Pepo – Cimabue –, ma è molto
rovinato a causa dell’ossidazione, infatti a causa della troppa acqua nei colori, i soggetti hanno
perso i colori originali (sono come dei negativi); nonostante questo, dall’affresco emerge un fascino
straordinario e un formidabile senso spaziale, fuso con una grande eredità bizantina. Il fatto che il
transetto sia un’opera fiorentina significa che la Basilica è stata ultimata da artisti toscani a causa
dell’aumentata importanza di Firenze su Roma.
Dal ciclo di storie di San Francesco, che si pensava fossero fatte da Giotto ma
invece sono state fatte da Cavallini (scuola romana) in particolare dal “Presepe di
Greccio”, emerge il forte carattere realistico e teatrale del Santo, scompaiono i
caratteri tipicamente orientali e astratti, ma a partire da questo ciclo si ha il
divorzio tra Occidente/Oriente, poiché l’arte italiana si riallaccia all’arte romana; il
ciclo è reso d’alta qualità dalle figure: la scena del Presepe si svolge all’interno di
una chiesa, la croce sullo sfondo è vista – quindi – di spalle. Invenzione dello
spazio, rapporto classico tra le figure.
L’arte italiana fa fatica ad espandersi, il linguaggio nazionale è però favorito dai viaggi degli artisti
in tutta Italia, per esempio Giotto va dappertutto.
Nell’Ordine francescano si ha un maggior dialogo con l’arte: la realtà viene accettata così com’è,
non è necessario astrarla, il realismo è l’elemento fondante dell’arte italiana, le figure credibili si
muovono in uno spazio credibile.
Il ciclo è stato realizzato da una squadra romana sotto la direzione di Cavallini e terminato da
Giotto: iniziato nel 1296, interrotto per un terremoto e poi ripreso per essere terminato per il
Giubileo del 1300, negli anni della crisi dell’Ordine francescano, a causa del problema della
povertà, per questo l’immagine e la vita di Francesco vengono eternate. La Basilica Inferiore viene
ripresa da artisti toscani senesi.
A Siena la pittura aveva una storia particolare: la città, nel tardo 1200, fa la scelta di “autopietrificarsi” al passato medievale, ed è ancora oggi così, mantenendo in vita tradizioni antiche
come il Palio, viene creato un sistema imponente di mura a cingere tutta la zona senese – non
solo la città – lanciandosi in grandi realizzazioni: viene decisa la trasformazione del Duomo in
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trasetto sinistro di una Cattedrale più grande, ma il progetto fallisce per motivi economici e pratici;
oggi, però, sono presenti le arcate enormi che avrebbero dovuto sostenere la Cattedrale. Siena è
l’ultima città medievale del mondo.
Due generazioni di arte: Duccio di Boninsegna (1° generazione) e i grandi allievi di Duccio:
Simone Martini, i fratelli Ambrogio e Pietro Lorenzetti (2° generazione) – Scuola SeneseSiena è la città della Vergine, non dipende da nessuno, è protetta dal Divino.
La Cattedrale viene decorata dalla “Pala della Maestà”(altare del duomo di
siena),opera ridotta e tagliata nel tempo, che dal punto di vista simbolico segna
l’inizio dell’arte senese (scuola senese) ad opera di Duccio Boninsegna: sul
davanti, la Madonna, Dio, angeli e Santi patroni di Siena, il retro presenta una
serie di riquadri che raffigurano le storie di Cristo. All’opera manca la cornice a
decoro della Vergine, ma la caratteristica più importante è il senso di solennità –
dato dalle ante – e un’arte conservatrice – data dal retro – che presenta una serie di storie
realizzate all’interno di piccoli riquadri.
Elementi arcaici: la madonna è più grande rispetto alle altre figure (è la figura più importante),
fondo oro.
L’arte di Duccio di Boninsegna ha un forte impatto realistico, figure con tridimensionalità, materiali
preziosi (bizantino) e arcaico. Era pittore, disegnatore di vetrate, architetto… La scuola senese si
pone accanto alla scuola Romana e a quella Fiorentina. (vi sono anche altre scuole minori ma non
importanti)
L’arte senese esploderà con Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti.
Nello stesso periodo, in Lombardia, opera un pittore “diverso”, che decora
la Sala di Giustizia della Rocca d’Angera (1280 o, 1320) con il ciclo di
storie di Ottone Visconti, che nel 1277 sconfigge i Della Torre nella
battaglia di Desio, diventando Signore di Milano: è una pittura rigida, con il
gusto del rigoroso. Pittura medievale profana. Nell’opera ottone entra
benedicente a Milano, paesaggio urbano. Il ciclo di Angera è fatto da artisti
in un periodo incerto forse 1280 ma forse dopo il 1300. E’ uno stile diverso
da Cavallini e Cimabue… molto rigido, di eredità romanica, le facce sono fatte a pezzettini.
Volta a motivi geometrici con creature mostriciattoli dello zodiaco.
La rocca di Angera era un antico dominio dell’arcivescovo di Milano che nel 13° secolo finisce alla famiglia
Visconti, piccola nobiltà sul lago novarese che da qui controllano il lago maggiore (pesca, commercio,
marmi…). Le grandi famiglie lombarde nascono sui laghi. Rivali dei Visconti saranno i Torrioni (Valsàssina,
zona dove si estrae il ferro=armi e utensili..)
Ottone Visconti nel 1277 diventa arcivescovo di Milano. Per quasi due secoli le vicende di Milano
saranno le vicende dei Visconti.
Scultura: In parallelo, si ha la “rivoluzione scultorea” ad opera di Nicola di Bari,
dando origine a una serie d’opere d’arte, concentrate in Toscana. 3 opere principali:
- pulpito del battistero di Pisa
- pulpito del Duomo di Siena
- Pulpito del Duomo di Pisa.
Il Pulpito del Battistero di Pisa presenta la statua che raffigura la “Fortezza”, una
delle Virtù Cardinali, con elementi nuovi; l’opera s’ispira a figure mitologiche, la figura
è classica, ma il motivo per cui sono stati usati questi elementi è da ricercare nel
fatto che Nicola si era ispirato alle molte sculture classiche presenti a Pisa. Le 7 virtù
del battistero di Pisa sono le colonne tra un episodio e l’altro. Per raffigurare la
fortezza fa Ercole nudo, quindi un’innovazione per il medioevo,, tema
classico, forse copiato da sculture funerarie romane del camposanto.
Praticamente, dopo un millennio, Nicola fa quello che fecero i paleocristiani:
usare le opere esistenti cambiandone il significato.
(3 virtù teologali: fede speranza carità – 4 virtù cardinali: prudenza giustizia fortezza
temperanza)
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Nicola interpreta il classicismo mediandolo con il gotico: i volti dell’episodio dell’“Adorazione dei
Magi” sono squadrati e geometrizzati, bilanciati dall’ornamento di barbe e capelli fluenti
(componente gotica) i cavalli di sinistra hanno un rimando classicista ai cavalli di San Marco, che
vanno a sostituire i cammelli biblici, le vesti hanno particolari minuziosi, viene osata la prospettiva
frontale (il volto dell’angelo e di Giuseppe, una tecnica pericolosa per gli eventuali caratteri negativi
del personaggio, come lo strabismo), con il contemporaneo uso accorto del piano di profondità (c’è
un margine di rilievo che rimarca le ombre), dando così una maggiore sensazione di movimento.
Paragonabile all’arte Federiciana, dove si era formato (porta dei Leoni a Capua= cavalli, figure
frontali molto geometriche e squadrate)
Il Pulpito del Duomo di Siena, altro capolavoro di Nicola, presenta l’elemento
classico dei leoni stilofori che reggono le colonne che reggono gli archi e Virtù, il
Pulpito vero e proprio è fittamente decorato da metope che raffigurano le opere di
Cristo e l’aquila di Giovanni che fa da base al leggio. E’ gremito di figure e figurette
(orror vacui) contrapposizione di colonne lisce e l’enorme quantità di figure
dettagliate.
Nicola Pisano dà origine alla più grande bottega di scultura del tempo, dove si
formano il figlio Giovanni che dirigerà la bottega con Arnolfo di Cambio, un allievo
prediletto. Nicola è relatore con i committenti e regista delle opere portando la sua
esperienza.
Il figlio, Giovanni Pisano, è uno dei più grandi scultori del medioevo, continua la tradizione del
padre, ma ha un’arte più nervosa, partendo dall’espressionismo gotico, riflettendo così la scelta di
distinguersi – contemporaneamente – dalla tradizione paterna.
Ha una personalità nevrotica, sente il peso di avere un padre tanto bravo, era inaffidabile anche
se geniale. Il suo stile gotico è sintomo di nevrosi: figure contorte, dinoccolate, inventa qualcosa di
diverso e moderno per non essere la copia del padre.
Nel Pulpito del Duomo di Pisa sono presenti le figure delle Virtù – già presenti
nel Battistero di Pisa – che Giovanni riprende rendendole gigantesche, una
caratteristica tipica dell’artista, che modifica spesso i rapporti spaziali,
trasformando le “cose piccole” in “cose grandi”.
Nicola compie due grandi imprese, aiutato dal figlio: realizzano la Fontana
Maggiore di Perugia, impresa laica, e la Tomba di San Domenico nell’omonima
Basilica di Bologna, opere che verranno prese come modello da molte altre
successive.
Le ultime grandi opere di Nicola, come il mausoleo di S. Domenico a Bologna, verranno realizzate
dai suoi discepoli, lui le progetta e le inizia. In questa fase prevalgono il figlio e Arnolfo di
Cambio.
Arnolfo è il vero erede artistico di Nicola: riprende il classicismo, l’equilibrio, il
geometrismo di Nicola. Si reca a Firenze dove, a cavallo tra il 1200 e il 1300, diventa il
cardine sia in architettura che in scultura, con la realizzazione della facciata del Duomo
cittadino, poi distrutta, di cui però si sono salvate alcune statue, come quella di
“Bonifacio VIII” per il Giubileo del 1300: una figura rigida, solenne, sacrale con un volto
geometrico e classico, un carattere che riflette il cambiamento della figura del Papa;
parte un fenomeno di forte personalismo iconografico, insiste molto su ritratti credibili alle sue
fattezze.
Bonifacio VIII: (Benedetto Caetani), personaggio irascibile, avido ma grande politico. Nel 1300 inventa il
giubileo, anno santo, derivato dal giubileo ebraico (serve per cancellare, condonare i terreni). Bonifacio lo fa
per le anime, per cancellare i peccati, come se non fosse mai successo. Questo significa ricchezze per le
chiese, che per queste occasioni vengono restaurate. Umanizzazione del divino: il cristianesimo delle origini
è apocalittico: attende il ritorno di Cristo, il giudizio universale, come un evento prossimo e imminente.
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Dal V secolo oltre alla visione apocalittica assume una sfumatura giudiziale:terrore del giudizio divino, Dio è
giudice e può essere cattivo. (dies ire= la collera di di dio)
Dal XII secolo cambia, iniziano a prevalere due temi della cultura benedettina:
1) culto della Vergine – XII sec
2) Culto della Passione – XIII sec
Maria è simbolo della chiesa: mamma, madre di tutti i credenti, più buona e clemente di un Dio irascibile e
giudice.
La passione insiste sulla fragilità e sul dolore di Cristo, il dolore affratella l’uomo, crea compassione e quindi
fa meno paura, è un dio che soffre.
Molti storici fanno finire il medioevo nel XIII secolo proprio per il giubileo che cancella tutto, finisce l’idea del
dio cattivo e inizia qualcosa di nuovo. Altrimenti la data che segna la fine del medioevo è il 1492 con la
scoperta dell’America.
Bonifacio si fa raffigurare per il giubileo, è il primo papa che esige il suo ritratto nelle chiese.
Arnolfo raffigura la statua di Bonifacio sulla facciata del duomo come un antico tributo romano seduto.
Visione solenne del pontefice.
Giotto si sposta a Padova, ove realizza la Cappella degli Scrovegni,
1300(Enrico Scrovegni è uno spietato usuraio che poi si pente e fa affrescare
la cappella di S. Maria dell’Arena che poi prende il nome da lui) ma l’Altare
della chiesa è di Giovanni Pisano. Il ciclo d’affreschi della Cappella
rappresenta le storie di Cristo e di Maria (l’episodio della “Deposizione” del
Cristo morto è giocato sul rapporto tra la massa delle persone attorno a Gesù,
con il tuffo di Giovanni in atteggiamento di disperazione, e la serie di angioletti
che compiangono la morte di Cristo: la formidabile articolazione del ciclo è frutto della
collaborazione di un grande iconografo quale Dante Alighieri), mentre la contro-facciata presenta
il Giudizio Universale. La volta rappresenta il paradiso, la controfacciata il giudizio universale.
Dante in quegli anni è in esilio a Padova ed è amico sia di Giotto che degli Scrovegni.
– quindi Scrovegni è il committente, Giotto l’autore, Dante l’iconografo.
Giotto diventa un artista importante, è il primo grande artista-imprenditore, si gestisce i guadagni,
committenti… Lavora a Milano, Padova, Bologna, Rimini, Firenze, Assisi,
Napoli.
Arnolfo dopo il 1300 si dedica all’architettura: realizzò la Basilica di Santa
Croce a Firenze, un edificio francescano a tre navate, con soffitto a
capriate, grandi archi a ogiva e finestroni terminali.
(ricordiamo i 4 ordini mendicanti: francescani, domenicani, agostiniani, carmelitani)
Le chiese vengono edificate nelle aree meno urbanizzate, e sono ampie e
grandi. S. Croce è una chiesa di predicazione.
Edificò, inoltre, il Palazzo della Signoria, (Palazzo Vecchio) blocco di pietra
ingentilito dalla torre e dalle finestre, con la torre civica slanciata di forte verticalità e
il corpo centrale compatto con merlatura terminale: la costruzione è un’impresa, per
la vicinanza dell’Arno che costrinse l’architetto a realizzare una serie di strutture a
palafitta per stabilizzare l’edificio.
Giotto torna a Firenze, fondando la Scuola dei
Giotteschi, da cui usciranno artisti che realizzeranno opere con caratteri
identici l’uno all’altro, con l’unica eccezione di Tommaso/Maso di Banco,
morto giovane, di peste nel 1348, ma che lascerà quel capolavoro che è
la Cappella dei Bardi in Santa Croce, con le storie di papa S. Silvestro I
che compie vari miracoli (resuscita un morto). Presenta caratteri di novità rispetto a Giotto e
Cavallini: una nuova architettura a sfondo più moderna e geniale:
- figure giocate nello spazio, fortemente astratte, non dettagliate, il rapporto volumetrico non è
importante
- Presenza di ruderi, come la colonna, che significa che l’antico è rudere, non più attuale; forte
carattere simbolico (simboleggiano il passaggio da una realtà che si sentiva attaccata al mondo
classico ad una realtà che accetta la presenza di un periodo – il medioevo – che ha segnato di fatto il
46
distaccamento dal classicismo, visto come un passato malinconico; per resuscitare la realtà classica
bisogna accettarne la “morte”),
-
Idea archeologica: la colonna ionico/corinzia non è necessaria alla scena, è un elemento
decorativo, un accenno di umanesimo.
- Maso è contemporaneo di Petrarca, padre dell’umanesimo letterario.
- Prospettiva bicentrica: con due punti di fuga (quella monocentrica è la prospettiva Euclidea ed
è quella che verrà adottata dall’Umanesimo= uomo al centro dell’universo)
Mentre con Arnolfo si passa all’arte umanistica.
Seconda generazione di scuola senese:
Negli anni in cui Giotto opera a Padova, Simone Martini si forma ad Assisi, sotto la direzione di
Duccio di Boninsegna: i Senesi – nei primi anni del ‘300 – sono padroni d’Assisi, lavorano nella
Basilica inferiore realizzando le Cappelle e il transetto.
Tra le Cappelle spicca quella dedicata a San Martino (nella basilica inferiore di
Assisi), con il ciclo delle storie di S. Martino, soldato che si converte, da cui emerge
l’amore per il rapporto con la vita delle classi agiate, per un ideale di cavalleria che
non esiste più, secondo un complesso d’inferiorità verso un mondo visto con
nostalgia. Trasforma la storia in una raffigurazione cavalleresca.
Nascita della morale borghese; nel medioevo c’era una società di stampo feudale: vassallo fedele
al suo signore. Modello cavalleresco fatto di cortesia, gentilezza, eroismo, difesa dei deboli…In
realtà a fine 1200 domina una società mercantile e finanziera (borghese) che prevale su quella
cavalleresca, soprattutto a Milano Pisa Genova Venezia. I cittadini borghesi adottano gli ideali
cavallereschi, per es nel Decameron ci sono pezzi cavallereschi.
Successivamente, Simone Martini realizza la “Pala di San Ludovico di Tolosa”,
destinata alla decorazione della Cappella palatina (Basilica di San Lorenzo) di
Napoli, oggi a Capo di Monte: l’opera venne realizzata per volere di Roberto –
secondo figlio del Re – che ereditò i diritti dinastici dal fratello maggiore
Ludovico, a causa della volontà di questo di prendere il saio, rinunciando così al
trono. Ludovico sarà fatto Vescovo di Tolosa e Santo per essere morto
assistendo i lebbrosi. Si ha Ludovico seduto in trono, incoronato dagli angeli con
la corona della Santità, mentre lo stesso Ludovico incorona il fratello, per
sottolineare la legittimità e la volontà del passaggio. Rappresenta la vestizione del cavaliere, un
servo gli allaccia la pantofola. Compromesso tra antico e moderno è una caratteristica di Simone
Martini. Figura arcaica, fondo oro, per mettere la vicenda sotto una luce divina, secondo una sorta
d’operazione propagandistica. S. Ludovico è più grande degli altri, ci sono simboli del clero, s.
Ludovico incorona il fratello Roberto: chiara valenza politica, Simone è volutamente arcaico.
Per realizzare il suo progetto, Roberto chiama artisti francesi e toscani.
Simone Martini torna a Siena. Il Palazzo Pubblico di Siena è
adornato dagli affreschi (del 1300) il cui soggetto è Guidoricciò
da Fogliano (capitano senese conquista i castelli di Siena):
si è scoperto un altro affresco
sottostante, alcuni sostengono che
questo dipinto è un affresco più antico che raffigura la resa del “Castello
di Giuncarico”, stile realistico con due personaggi, uno dei più bei
paesaggi urbani della pittura senese. realizzata da Duccio, secondo altri
è stato realizzato da Martini.
La Sala presenta sulle due pareti brevi i dipinti appena descritti, su una parete lunga,
la Maestà – mal conservata – mentre sull’altra sono raffigurati fatti d’armi senesi.
Siena diventa capitale dell’oreficeria: Ugolino di Vieri realizza il “Reliquiario d’Orvieto”
– in oro e smalti – con caratteri alla francese e di grande qualità.
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La pittura senese in generale è fatta dai fratelli Lorenzetti, allievi di Duccio
che invece faceva solo le cose più importanti
Ad Assisi, sul transetto della Basilica Inferiore, è stato realizzato il ciclo
della Passione ad opera d’Ambrogio e Pietro Lorenzetti, con caratteri
tipicamente gotici come il corpo di Cristo, lunghissimo e dinoccolato perdita del realismo del corpo, tipica del tardo-gotico. Corpo simbolico, non
reale, privo di muscolarità, ma allo stesso tempo “elastico”: si ha la perdita di consistenza. Voglia di
raccontare
Il vero capolavoro è il ciclo della Sala dei Priori del Palazzo
Pubblico di Siena, che raffigura gli “Effetti del buon governo” (e del
cattivo) sulla città: dagli affreschi emerge una grande capacità di
descrivere e narrare, è molto elevato.
I Lorenzetti operano per poco tempo a causa della loro morte precoce,
avvenuta durante la peste del 1348, un morbo visto come un “flagello
divino”, per cui questo periodo buio vede il tema del “Trionfo della
Morte” di Buffalmacco, il ciclo degli affreschi del Camposanto di Pisa.
Il Papa si trasferisce ad Avignone – dopo la morte di Bonifacio VIII
(1303) – con l’elezione di Benedetto XI (avvelenato nel 1305), per la successione del quale si
apre un Conclave da cui esce il primo Papa non cardinale, Clemente V, l’Arcivescovo di
Bordeaux, che si sposta – appunto – ad Avignone, una zona fuori dal controllo della monarchia
francese; la città diventa di fatto sede del papato per settant’anni (fino al 1378). Roma viene
abbandonata, il Papa risiede in una zona che non ha una grande storia passata, Avignone diventa
la prima grande utopia di città moderna, ma la posizione sul territorio francese fa nascere un
problema importante: i Papi, tutti d’origine francese, vengono accusati d’essere succubi della
monarchia, spianando la via ad un potenziale scisma – in particolare con l’Inghilterra – per evitare
il quale i Papi puntano sull’arte europea, chiamando artisti internazionali, cosicché nasce il gotico
internazionale che dal 1320 al 1420 sarà l’arte europea.
Simone martini finisce la sua vita come pittore dei papi ad Avignone.
Papa Clemente V, era arcivescovo e non cardinale, sposta la santa sede ad Avignone, in
Francia. Avignone diventa capitale della cristianità e vi accorrono molti artisti.
Palazzo dei papi con torre alla borgognona della cattedrale di notre dame. Presenza di
intellettuali. Ad Avignone nasce l’Europa moderna, il gotico internazionale, l’ultimo gotico, è
patrocinato alla corte dei papi di Avignone. Gli artisti più importanti sono italiani e francesi.
Il Palazzo d’Avignone è – infatti – alla gotica, la facciata principale
presenta la Loggia della Benedizione, realizzata con due torrette a
pinnacolo, inoltre era colorata d’azzurro, con stelline d’oro, secondo
un’idea fiabesca.
Per la decorazione della Cattedrale della città viene
chiamato Simone Martini, che muore prima di
ultimare l’opera: prima di morire, l’artista realizza la miniatura della prima pagina
del testo delle opere di Virgilio (realizzato dal Petrarca).
Petrarca fa fare a Simone il frontespizio del manoscritto di Virgilio. Verrà
acquistato a Milano da Federico Borromeo e ora è nella biblioteca ambrosiana.
Temi pastorali e di agricoltura in basso, due guerrieri sopra con Enea sdraiato.
Soggetti pastorali e epici: tema umanistico raffinato e fine.
E’ l’ultima opera di Simone.
Simone Martini è padre del gotico internazionale e realizza opere per il
padre dell’umanesimo (Petrarca)
Simone Martini, Allegoria di Virgilio, miniatura dal Virgilio del Petrarca, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 1340
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Si passa dalla logica medievale della divina commedia alla logica dell’umanesimo, dal gotico
maturo di Giotto al gotico internazionale di Martini.
Ad Avignone c’erano maestri francesi es. la sala del guardaroba con temi di caccia, senza
prospettiva e senza tridimensionalità.
E’ anche capitale delle miniature, del tessuto, dell’oreficeria… (es. il reliquario del corporale)
Alla morte di Simone Martini sipone il problema di chi sarà il nuovo pittore del papa. Il papa chiama
un artista di Viterbo, allievo di cavallini, che sarà uno dei più grandi pittori del 300: Matteo
Giovanetti.
Matteo Giovannetti, Profeti, affresco, Avignone, Palazzo dei Papi,
Sala dell’Udienza, 1352
Ad ultimare la Cattedrale vengono chiamati artisti francesi e viene
convocato Matteo Giovannetti, formatosi a Roma; egli realizza due
cappelle che presentano elementi nuovi: il ruolo dei cartigli è rafforzato, lo
spazio è assente poiché rimanda allo spazio infinito del cielo divino, si ha
la matericità dei colori, utilizzati cioè solo per rendere più prezioso
l’affresco. Le figure dei profeti sono su fondo blu marino con stelle d’oro= paradiso. Concetto di
spazialità, molto inventivo e creativo.
Il fatto che nella Cattedrale operi un romano, significa che la città capitolina recupera importanza,
processo favorito dal fatto che il Papa attuale era di Roma. Nasce il concetto di spazio alternativo
alla prospettiva.
MILANO e i Visconti,dal 1329
Milano dal 1277 al 1447 diventa capitale del gotico grazie ai Visconti.
La dinastia a governo della città viene iniziata da Matteo, succeduto ad Ottone, il figlio Galeazzo
morirà in esilio, sarà succeduto da Azzone (1329-1339) che si rivelerà grande committente per
Milano: ricostruisce tutte le porte cittadine e la cappella palatina, per la ricostruzione della quale
chiama artisti pisani, tra cui Cristoforo Puerari (architetto), Giovanni di Balduccio (sculture) e
Giotto (pittore). Vengono uniti i diversi.
I Visconti affermano il loro dominio nel 1329. per 10 anni dominerà Azzone Visconti (1329-1339)
che in realtà si chiama Ottone Galeazzo. Fa 3 operazioni importanti per Milano:
1) ricostruzione delle mura e porte di Milano con Madonna e Santi (castello Sforzesco, porta
Nuova e Porta Ticinese) Æ Giovanni di Balduccio
2) costruzione della cappella palatina di Milano annessa alla casa dei Visconti (palazzo reale):
chiesa di S. Gottardo in corte Æ Giotto. Grande campanile di Francesco Pecorari da Cremona,
gotico, in mattoni. (paragone con Chiaravalle da lui ricostruito)
3) S. Eustorgio- Chiaravalle
Giotto è un girovago, lavora in tutta Italia, è il primo artista che diffonde il suo linguaggio al di
fuori artistico al di fuori di un’area limitata, lasciando dovunque i giotteschi. A Milano lavora per la
cappella Palatina (S. Gottardo in corte), è una chiesa a una navata, un
grande campanile, presbiterio ottagonale (custodiva la tomba di Azzone,
mentre il resto della famiglia è a S. Eustorgio) e grande cappella. L’interno
dell’edificio presenta la crocifissione affrescata e il mausoleo di Azzone,
mentre all’esterno il particolare maggiore è il campanile che spicca per la
verticalità.
Giovanni di Balduccio (allievo di Giovanni Pisano) esegue le porte civiche
di Milano e realizza l’arca di S. Pietro martire, nella chiesa di S. Eustorgio
(Cappella Portinari 1339), si è scelto questo artista perché già in orbita
viscontea e per la sua tradizione pisana, inoltre perché nel XIII secolo c’era
l’inquisizione gestita dai domenicani (ordine di s. Eustorgio). I Visconti sono
nemici del papa e si contendono Bologna. Si mostrano amici dei domenicani
per difendersi dalle accuse di eresia del papa, quindi pagano la tomba di un
inquisitore.
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L’arca viene finanziata da Azzone: presenta le figure delle virtù che reggono la tomba, sono tipiche
dell’arte pisana, un’opera innovativa perché portava in Lombardia il gotico pisano. La scultura
campionese viene marginalizzata negli anni di Azzone.
Nel 1339 Azzone muore senza eredi, viene quindi succeduto dagli zii Luchino e Giovanni, che si fa
eleggere arcivescovo di Milano e si impadronirà di Genova e Bologna. Alla morte di Giovanni non
ci sono eredi legittimi, il potere passa ai nipoti Matteo, ucciso dai fratelli, Galeazzo e Bernabò, figli
dell’ultimo Visconti, Stefano, che si dividono lo stato: Galeazzo si rifugia a Pavia
che rinasce e diventerà perno dell’arte lombarda, anche per la presenza delle più
antiche università italiane e sede di una leggendaria biblioteca, inoltre aveva
l’eredità regia dei longobardi. Bernabò, risiede a Milano dove commissiona la sua
tomba (Arca di Bernabò Visconti), molto diversa dal solito: presenta infatti la base
a colonne, il sarcofago che presenta rilievi fitti, e la statua equestre di Bernabò al di
sopra di tutto, decorazione tipica dell’arte campionese (Bonino da Campione):
iniziano infatti a tornare gli artisti italiani, soprattutto da Campione d’Italia
Questo stile con colonne e statua a cavallo si ritrova a Verona.
Galeazzo muore di malattia, Bernabò muore ucciso dal nipote, viene succeduto da Giangaleazzo
(morirà nel 1402), il quale conquista grandi terre ed esegue due committenze importanti: il Duomo
di Milano e Certosa di Pavia, con scopi diversi, infatti la certosa era luogo di sepoltura della
dinastia di Giangaleazzo, mentre il Duomo luogo di culto.
Il duomo di Milano: progetto ambizioso di Giangaleazzo Visconti (santa Maria nascente) che fa
costruire anche la certosa di Pavia.
Certosa di Pavia: costruita nel 400 dagli Sforza e ultimata nel 500, ha la funzione di accogliere i
monaci dediti alla preghiera ma sarà il mausoleo di Giangaleazzo (come il duomo di Monza per
Teodolinda). Le stesse cose che si ripetono negli anni: i sovrani che si costruiscono il mausoleo .
Duomo di Milano: fatto costruire per codificare la potenza acquisita, cercando di contrastare la
concorrenza dell’arcivescovo. Per costruirlo si abbatte l’antica Santa Maria Maggiore, operazione
coraggiosa perché così veniva distrutto il passato e la memoria: si parte dall’abside per arrivare
alla cappella di Santa Tecla. Giangaleazzo espropria l’arcivescovo e realizza uno strumento di
governo che è la fabbrica del Duomo.
Il Duomo è la cattedrale dello stato, costruita come operazione di potere= chiesa del regno.
Quando non ci sarà più il duca di Milano ma il dominio spagnolo, la fabbrica del duomo diventa
proprietà dei nobili.
La cattedrale è in pietra (marmo di Condoglia) non in mattoni. per secoli si era costruito con marmi
provenienti da due luoghi precisi: lago Maggiore e lago di Como. Nel XVIII secolo si abbassano le barriere doganali con
Venezia, favorendo l’importazione dei marmi dell’est Italia.
La fabbrica inizia dal presbiterio per avere subito il luogo per la messa. All’inizio del 1600 si era
arrivati alla facciata grezza. In origine il progetto prevedeva 5 guglie. Finestroni gotici: il maggiore è
legato a Maria Nascente. Analogia simbolica tra la Madonna e le vetrate: come la luce attraverso
le vetrate illumina l’interno del tempio rimanendo intatte, così Maria, pervasa dallo spirito santo dà
vita a cristo rimanendo intatta, vergine. Quindi il grande finestrone è il simbolo della verginità di
maria, anche perché accanto ci sono gli angeli dell’annunciazione.
E’ una fabbrica gotica, presenta maestri francesi, tedeschi, boemi, di praga… nel 1400 la direzione
dei lavori passa sotto il controllo dei lombardi, il primo è Giovannino de Grassi. E’ una grande
creazione europea legata alla cultura nordica.
La fabbrica inizia nel 1385/1386 e durerà secoli, la facciata verrà ultimata nel 1800 in età
napoleonica.
Il Duomo, per il tipo di materiale utilizzato è legato alle grandi cattedrali del nord Europa,
all’interno presenta caratteri tipicamente gotici, come gli archi, i capitelli e le volte. Le sculture
realizzate all’interno sono opera di Matteo di Parigi. Tardo gotico (Europeo / fiammeggiante), faxe
riqualificativi e non evolutiva.
La pura struttura è stata completata in quattro secoli; l’edificio ha un valore iconologico forte: oggi siamo
abituati a vedere diverse guglie, ma in origine erano solamente cinque (rappresentano Gesù e i quattro
Evangelisti).
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In questi anni Firenze richiama molti artisti. Giovanni da Mendrisio,
spostatosi a Firenze (verrà
chiamato Giovanni da Milano) nella città toscana realizza gli
affreschi della cappella Rinuccini, in S. Croce, con il ciclo di storie di
S. Anna, un ciclo con caratteri realisti lombardi come il pastore
con le capre, una pittura innovativa, tratta da episodi di vangeli
apocrifi (episodio mostrato è di S. Gioacchino).
Giotto non avrebbe mai messo il pastore al centro della scena, che
incentra su di sé l’attenzione, è un dettaglio realistico tipico lombardo. Questo dipinto segna l’era
post-Giotto: l’era lombarda-realistica.
Giovanni da Milano, Incontro di Gioacchino ed Anna alla Porta Aurea, affresco, Firenze, Santa Croce,
Cappella Rinuccini, 1365.
Oratorio di Lentate, di Marchirolo, di Albizzate, di Solaro sono i 4 oratori viscontei dove ci sono
opere fatte da Giovanni da Milano.
L’ultimo giottesco, Giusto dei Menabuoi, è attivo in Veneto e in Lombardia, a Padova decora il
Battistero: la lunetta dell’annunciazione, presenta uno spazio più credibile. Affrescherà anche
l’abbazia di Viboldone vicino a Milano.
Grandi chiese extraurbane, Chiaravelle= operazione vasta di grande respiro,
momento toscano
Cattedrale a Mosca di Beato Basilio è stata fatta da scultori campionesi. Arte
russa con influenze orientali.
L’arte è internazionale, gli artisti vanno a est, Mosca verrà decorata da artisti
lombardi (cattedrale del beato Basilio -1540-), ma risulta difficile ricondurre subito
le opere moscovite ad artisti italiani, perché vennero realizzate secondo canoni
orientaleggianti, l’artista si era adattato alle richieste dei committenti e alla popolazione.
Il 1300 è segnato dalla peste nera: la sopravvivenza come prima necessità fa scattare l’idea della
brevità della vita, da cui scaturisce il lusso. Così dal gotico vengono espresse immagini del tutto
prive di realismo.
Nel 1378 il papa (Urbano V, arcivescovo di bari, molto brutale ma di grande fede) torna a Roma. I francesi
eleggono un antipapa ad Avignone e questo provoca un grande scisma che durerà 40 anni. Mezza europa
per il papa di Roma, mezza per il papa Francese.
Si farà pure un terzo papa a Pisa.
Collasso di Avignone Æ Ripresa di roma
Arte profana – committenza laica di soggetti profani e cavallereschi.
Lo scisma crea il prevalere di iconografie di tipo laico, soggetti profani influenzati dalla moda.
Se consideriamo la produzione artistica europea nel 1430 troviamo tre grandi nuclei che
determineranno il futuro dell’arte in Europa: il tardo gotico; l’umanesimo, che ha il suo baricentro a
Firenze, da cui si diffonde a macchia d’olio (Castiglione ne è un’anticipazione) e nel giro di un
secolo avrà una caratura europea; l’arte fiamminga che dominò dal 1390 al 1710 il panorama
artistico europeo.
Sono 3 cose diverse: il tardo gotico non è arte arcaica e conservatrice, ma geniale e inventiva, che
intorno al 1380 vede la sua ultima grande fase.
L’Umanesimo nasce come arte minoritaria (Firenze) poi si diffonde in Italia e in Europa. Il tardo
Gotico gli inglesi lo chiamavano perpendicolar style. (cappella di Enrico VII a Londra)
Negli anni di fine ‘300, il gotico internazionale fiorisce, si ha la sottolineatura della preziosità: a
Saluzzo, nel castello della Manta, è presente il ciclo profano della fontana di giovinezza, di un
anonimo, con soggetti classici e cavallereschi. Altro esempio può essere il Dittico Wilton, a Londra,
di piccole dimensioni, con soggetto la Madonna con bambino, angeli e Riccardo II con santi
patroni, realizzato con una pittura raffinata, l’uso arcaico del fondo oro, con desiderio di preziosità.
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In Lombardia, dopo Giangaleazzo Visconti, lo stato visconteo si sgretola, il potere passa a
Giovanni Maria e successivamente a Filippo Maria, con cui arriva la pittura fiamminga che avrà il
picco con gli sforza, che ricostruisce un grosso stato lombardo (1425): angeli
eleganti, evanescenti e delicati secondo l’uso gotico internazionale.
Michelino da Besozzo porta all’estremo lo stile
dinoccolato esangue. realizza la tavoletta con il
Matrimonio mistico di Santa Caterina
d’Alessandria, Siena, Pinacoteca Nazionale, ca. 1420.
Elegante, trono a fondo oro. 1430/1440 dipinto
finissimo, a fondo oro e con vesti molto curate.
La Lombardia torna ad essere la capitale della
moda: “opera lombarda”, in Francia, diviene
sinonimo di buona fattura. Nel 1402, Miliano – riacquistata la sua
importanza – con la morte di Galeazzo si sfalda in otto signorie: vent’anni più tardi sarà Filippo
Maria Visconti (ultimo figlio di Galeazzo) a portare di nuovo la città all’antico splendore, a sua volta
portatore di grandi committenze, con l’arrivo di Pisanello (Antonio Pisano) che nasce a Verona,
lavora a Milano Roma e Venezia.
visione di S. Eustachio che incontra il cervo, (Londra, National Gallery, 1436-1438) emerge l’amore
per gli animali tipico di questa cultura artistica. I veri soggetti sono gli animali, non messi in
prospettiva ma a casaccio, molto minuziosi (Pisanello era anche miniaturista)
Il più bell’affresco di Pisanello è il ciclo delle storie di S.
Giorgio, chiesa S. Anastasia a Verona. Partenza di San
Giorgio che va ad uccidere il drago, c’è una donna con i
capelli secondo la moda del tempo, orientale, con
un’acconciatura elaborata, sullo sfondo una città tardo
gotica di fantasia col particolare macabro dei due
impiccati. Navicella a sinistra, gusto maniacale per gli
animali: cani, cavalli… c’erano parti in oro ma è rovinato.
In Italia la cultura tardo gotica è forte nel nord/ovest per la
forte influenza della Francia, per cui val d’Ossola e Piemonte hanno manifestazioni straordinarie
come il Castello della manta a Saluzzo – Giacomo Jaquerio fa il ciclo dei prodi, ciclo della
fontana della giovinezza. (ciclo profano)
Entrano vecchi e ne escono giovani: culto del corpo, dalla positività del corpo francescana qui c’è
la laicizzazione del corpo, un concetto moderno. Culto del corpo = eterna giovinezza, cura del
corpo. Pittura di finezza calligrafica non ossessionata dallo spazio.
Il corpo credibile in sé tridimensionale, inserito in uno spazio credibile è abbandonato nel tardo
gotico, Il dipinto non ha sfondo, lo spazio è senza senso rappresentazione minuziosa della
fontana, delle vesti, delle piante…
Protagonisti sono gli animali – una caratteristica del Pisanello – e la vita di corte entra nell’arte. Il Castello
di Masnago porterà questa tendenza alle estreme conseguenze; un altro caso è quello della Rocca di
Angera.
Questo gusto si ritrova nell’oreficeria. Il concetto-chiave del tardo gotico è l’eleganza, il lusso, la
preziosità – che spesso portano come conseguenza alla miniaturizzazione.
È la civiltà del lusso che propone un minor peso della Chiesa nella società,
dovuta al grande scisma (che genera tre papi): ciò porta ad un “rilassamento” di
quei valori d’austerità che facevano parte della Chiesa.
Madonna di Actotten. Figure d’oro, smalti e pietre preziose. Figure riconoscibili:
sopra la madonna con bambino e roseto, sotto s. Eustachio a cavallo.
Goldenes Rössel, oro smalti e pietre preziose, Altötting, Tesoro della Cattedrale, 1403
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Franco e Filippolo De Veris, Giudizio Universale (part.), affresco, Campione d’Italia,
Santa Maria dei Ghirli, 1400
Giudizio universale: S. Maria dei Ghirli a Campione d’italia. Di de Veris,
eseguito per l’anno Santo 1400. grande affresco all’esterno della chiesa, cosa
insolita. Figure bianche pallide, come fantasmi, eteree non verosimili. Viso molto
magro, accentuato.
Nel ’40, Filippo Maria Visconti, commissiona la decorazione della
cappella di Teodolinda a Monza, con il ciclo di affreschi con le storie
di Teodolinda (1443), a opera della famiglia Zavattai, artisti tardo
gotici (vita quotidiana, cura nella rappresentazione dei particolari,…).
Il gusto per il tardo gotico resisterà fino alla morte di Filippo Maria Visconti.
Bianca Maria è l’unica erede, a Milano fino al ’50 governerà la repubblica Ambrosiana,
seguita dal dominio degli Sforza, il primo esponente, Francesco Sforza era marito di
Bianca Maria.
Il periodo della repubblica Ambrosiana è importante per Varese: viene realizzato l’affresco del
castello di Masnago, diapositiva della sala delle virtù, in cui l’avarizia mostra monete emesse
durante il periodo della repubblica ambrosiana.
Dopo il duomo lo stato di Giangaleazzo si frammenta, Milano non è più padrona, e Filippo Maria
eredita uno stato molto più piccolo.
Nel 1423/25 un grande capitano, il Carmagnola, annienta gli eserciti svizzeri che erano arrivati a
Lugano e Bellinzona approfittando della crisi dei Visconti. perdita di bergamo e brescia, con la lotta
contro Venezia.
Tardo-gotici, fiamminghi, umanisti – 1/10
L’arte tardo gotica influenza Castiglione Olona: durante il 1435 Castiglione è il primo esempio di
arte umanista lombarda, vi operano grandi committenti e artisti che portano novità prima che nella
capitale Milano per il fatto che in provincia si possono fare esperimenti senza problemi,mentre
nella capitale le novità dovevano essere prima analizzate per non commettere errori.
La cultura umanistica a Castiglione è opera del Cardinal Branda Castiglione. Castiglione diventa la
prima città ideale del mondo: cultura umanistica, modello ideale, la più alta manifestazione
dell’umanesimo.
Gian Battista Novellini, ad esempio, investì una fortuna per acquistare 43 tele di Ian Van Eyck.
Giovanni duca di Berry, che fa miniare il suo libro di preghiera del duca, con miniature sognanti
con castelli da favola, contrapposti alla vita dei campi, opera dei fratelli de Limbourg, segna
l’inizio dell’arte fiamminga.
La debolezza dell’arte fiamminga, a differenza delle arti totali, è quella di risiedere sostanzialmente
nella pittura, che interagisce con altre forme espressive, ma non costruisce un’architettura
(servendosi di quella tardo gotica) e ha un gusto spiccato per la miniatura. L’arte fiamminga è
un’arte inscindibile dall’ideologia che la guida: nasce per una ragione politica ben precisa. La
Lotaringia (Lorraine) è una zona-cuscinetto tra Francia e Germania che crolla quasi subito come
identità politica, ma permane nei caratteri culturali: è una zona di permeabilità di due culture che
riescono ad assorbirla.
Il re di Francia nomina il Duca di Borgogna da cui si sviluppa una campagna politica che consente
loro di conquistare uno spazio determinato nel sud della regione (Digione) e a nord dei Paesi
Bassi. Le Fiandre sono una zona ricca, di grandi cantieri navali e indipendente: i quattro duchi di
Borgogna – i cui soprannomi, in tre occasioni, saranno relativi al coraggio – sono grandi
committenti.
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I 4 grandi sovrani:
Filippo l’Ardito
Filippo il buono (prima grande arte fiamminga)
Giovanni senza paura
Carlo il temerario
Filippo l’Ardito, chiama a corte, Digione, Claus Shluter, che sarà l’iniziatore della scultura
fiamminga e che decorerà la certosa di Digione con il pozzo dei profeti, che prende il nome dalle
figure di grandissima monumentalità e precisione dei profeti realizzate su di esso, in origine
colorato ma ora spoglio.
Huizinga (nel primo ‘900) dedicherà i suoi saggi a questa civiltà che nasce quasi per caso e sviluppa una
grande autonomia.
C’è l’idea di dover mediare tra le culture inglese/francese e tedesca: Filippo di Borgogna
rappresenterà questo lusso formidabile che è conseguenza di tutte le caratteristiche succitate. È
un uso smodato dei piaceri: quest’idea del godimento sfrenato è ben interpretata dal matrimonio
dei contadini.
Il primo grande maestro della prima generazione fiamminga è il Maestro di Flémalle , così
chiamato perché era sconosciuto. Pochi anni fa si è scoperto il suo vero nome: Robèrt Campèn,
operativo in Belgio ha fatto una decina di opere.
Verso il 1390 si può iniziare a parlare di una vera arte fiamminga: una prima generazione di pittori
vede Hubert e Jan Van Eyck e Robert Campin come capiscuola, che saranno operosissimi.
Il “Trittico di Mèrode” (o dell’Annunciazione) – conservato a
New York: il più grande collezionismo fiammingo si sviluppa,
infatti, in Inghilterra e nelle colonie inglesi – del Maestro di
Flémalle, segue lo schema tradizionale del trittico: al centro
abbiamo l’episodio dell’Annunciazione, a sinistra i committenti
(l’esterno presenta solo il logo della famiglia); è un dipinto
d’interni e non di esterni. Annunciazione in un tipico ambiente
interno fiammingo: imposte delle finestre in legno, alari sul camino, asciugamano… Nella aprte a
destra c’è la bottega di S. Giuseppe e dalla finestra si vede il mercato e si riesce a distinguere
anche la merce esposta. A sinistra ci sono i due committenti del trittico. Il trittico ad ante si teneva
chiuso durante la settimana e si apriva solo la domenica. Dietro c’era il nome del committente. E’
un dipinto su tavola in legno, rovere maggiore, materiale tipico della pittura fiamminga.
Questo dipinto dà l’idea degli elementi tipici dell’arte fiamminga che dura fino all’inizio del 700,
per tre secoli.
Le caratteristiche dell’arte fiamminga sono infatti:
- idea di comfort, confortevole
- idea di interno
- idea del dettaglio
E’ un’arte che parte dalla miniatura, infatti i massimi esponenti erano miniaturisti.
La civiltà mediterranea è vissuta all’aperto perché la socializzazione avveniva in piazza – favorita
dal caldo – mentre al nord si crea un’ideologia della casa a causa del freddo (da cui il concetto di
privacy: rispetto dell’individualità privata) anche perché normalmente la vita era molto pubblica, si
faceva tutto in pubblico compresi sesso e bisogni. Si crea una comportamentistica del privato, un
gusto dell’interno che crea un problema codificato nell’estetica del comodo: troviamo camere piene
di oggetti miniaturizzati, un gusto della comodità contro la grandiosità che si traduce in una forte
presenza del mobilio; inizia qui la cultura dell’igiene, un’estetica che fondamentalmente deriva da
uno strisciante ateismo.
Tanti oggetti, tanti particolari, tanti mobili, tanti dettagli … gusto dei particolari fortissimo. Nei libri
dipinti ci sono perfino i testi e le miniature!
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Maggior cura per l’interno, amore per la terrestrità: godersi la vita terrena, infatti i dipinti fiamminghi
raffigurano spesso banchetti, passeggiate, cibo, mercati, carnevale … terrestrità saporita,
godereccia…
I temi sono il primato del corpo sull’anima e del nudo sul vestito; nasce il fascino della quotidianità:
se gli angeli non avessero le ali, avremmo una scena spiccatamente quotidiana che non è
attualizzazione, ma elogio del quotidiano, un gusto che porta alla miniaturizzazione, che a sua
volta porta ad un elevatissimo livello qualitativo della pittura. Non è virtuosismo, ma l’intuizione che
il microcosmo riproduce il macrocosmo: microscopio e telescopio saranno inventati in questo
periodo e si migliora il cannocchiale.
I Paesi Bassi diverranno fucina della produzione di lenti: è sintesi del piccolo sul grande.
Apprezzare il comodo più del grandioso, due vedute:
1) estetica italiana del grandioso (umanesimo)
2) estetica fiamminga del comodo
Le case italiane fino al 1900 sono scomode, perché ciò che è grandioso è scomodo, le sedie
preziose non sono certo comode.
Ma che tipo di Cristianesimo c’era nei Paesi Bassi?
Si parla di un periodo precedente allo scisma: la spiritualità è una devotio moderna, una sensibilità
laica nella vita ecclesiale che sarà sancita dalla presenza laicale in una Chiesa che non riesce a
detenere il primato, l’incisività nel potere e sulle committenze; una religiosità fortemente affettiva,
umanizzazione del divino che sfocia nell’affettività che si vive individualmente: si corrono il rischio
di una visione “dolciastra” della religione e quello dell’interiorizzazione che avversa l’idea stessa
della comunità; è una religione onanistica, fatta di piaceri individuali.
Questa componente, che darà il via al protestantesimo, porterà a favorire il gusto per il dettaglio.
Non abbiamo tantissime opere di questa prima generazione: gusto per i panneggi e le pieghe, il
libro aperto al centro raffigura una miniatura osservabile della crocefissione con scritti leggibili.
Librodore? Trivulzio – f.lli Van Eyck – miniatura della natività della vergine e battesimo di Cristo. Il
più grande pittore fiammingo è il fratello minore Van Eyck (van aic), Ian.
Quindi:
Prima generazione: Maestro di Flèmalle e Hubert Van Eyck (il fratello maggiore)
Seconda generazione: Jan Van Eyck e Ròghier Vanderweyden.
Jan Van Eyck, fratello minore di Hubert, vive a Bruges (capitale artistica delle Fiandre) dove la gilda dei
pittori è concentrata: per i suoi usi pittorici sarà chiamato in Portogallo.
Questo quadro – i “Ritratto dei Coniugi Arnolfini” (Londra, National Gallery, 1434
olio su tavola di rovere)– è stato realizzato per un mercante di Lucca, Giovanni
Arnolfini: Jan riesce a rappresentare un dipinto fatto come di sorpresa,
spontaneo, ma carico di simboli senza per questo appesantirlo. nello
specchio, oltre ai coniugi, è visibile lo stesso pittore. La signora è visibilmente
incinta e si tira la veste sulla pancia.; il quadro appare di un realismo assoluto
ed immediato, nitido (ciò è favorito dall’uso del colore a olio, rispetto alla
tempera italiana). Il quadrò può sembrare un’improvvisata, ma ogni dettaglio è
maniacalmente pregno di significato, volto alla dimostrazione della purezza
dell’unione.
Il mondo latino conosce due matrimoni: cum manu / sine manu, che differiscono nei
problemi giuridici, nella gestione della dote.
Lei ha il palmo della mano all’insù in quella di lui nel gesto della palmatio, che indica il sodalizio più
impegnativo. (riferimento al classicismo al matrimonio cum pala, sano e indissolubile, proibito il
divorzio – c’era anche il matrimonio meno solenne, con la stretta di mano) Il lampadario era una
sola candela accesa che indica un uso votivo della concezione, quando si aspettava un bambino.
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Il cane – uno Yorkshire, che deriva da Maria Plantageneta, di York – diventa un animale di
compagnia aristocratico, simbolo di fedeltà e alla moda. La donna alza la veste in corrispondenza
del cagnolino per coprire la pancia (pudicizia), ma mostra anche la caviglia: porre il piede nudo su
quello del compagno simboleggia l’amore consumato. Gli zoccoli sono di una precisione
maniacale, molto alti perché era una terra acquitrinosa.
La finestra semiaperta/semichiusa è simbolo della legittima cessazione della verginità semiaperta
perché lei è fedele e si concede solo al marito – che è benedetta dal Signore (tanto che attorno
allo specchio è miniata la passione di Cristo nella cornice di bronzo). Un condensato simbolico
spaventoso che però non “ammazza” il dipinto, rischio che Jan Van Eyck riesce ad esorcizzare,
un segreto della pittura fiamminga.
La necessità di portare calzature molto alte genera quell’espressione antifrastica per cui “zoccola” è
sinonimo di prostituta: colei che porta gli zoccoli, infatti, deve andare a braccio con il marito, chi non li porta
è una poco di buono.
La coperta del letto ha la coperta alzata che (rosso) dimostra la legittima consumazione del
matrimonio e che l’unione è stata feconda. Sulla sponda del letto in alto a sinistra c’è una scopa di
saggina= tema diffuso nel folcrore nordico per scacciare demoni e folletti maligni che potevano
turbare la pace coniugale. Si faceva come regalo di nozze, da qui= scopa=scopare.
Yan riesce a mettere insieme questa enorme quantità di simboli senza tuttavia appesantire il
dipinto, dimostrando la finezza fiamminga nelle vesti con bordi di pelliccia, le pieghe…
Tardo-gotici, fiamminghi, umanisti – 2/11 Æ contemporaneità
Fiamminghi nascono col benelux
La “Madonna Rolin” (Rolàn) (il committente è Nicholas Rolàn, Cancelliere
di Borgogna) presenta la raffigurazione della Vergine col bambino sulla
destra del quadro, mentre a sinistra è ritratto direttamente il Primo
Ministro, inginocchiato, che donerà il dipinto alla Cattedrale di Autun, di
cui il figlio diviene vescovo.
L’iconografia è giocata sull’idea della donazione/adorazione di Cristo: le mani giunte sono un gesto
vassallatico, vincolo di dipendenza e protezione, per simboleggiare la devozione in qualità di
vassallo di Dio (la figura è la moglie)
A questo proposito, il pellegrino di Santiago de Compostela era considerato intoccabile perché vassallo di
San Giacomo: tuttora il grande atrio d’ingresso (borgognone) conserva una scultura di Giacomo che ha le
mani aperte per accogliere quelle dei suoi vassalli.
Il significato è che Maria dona suo figlio al Ministro perché Rolin – a sua volta – ha donato il suo
unico erede a Dio (non prosegue la dinastia politica dei Rolin). Ogni battello di quella loggia ha
miniati degli episodi relativi al dono del figlio (come Abramo e Isacco). La corona che l’angelo tiene
in mano è un esempio dell’arte orafa fiamminga: la prospettiva fiamminga è a linea e non a punto.
La Madonna altri non è che la moglie del pittore – Jan Van Eyck – e lo stesso bambino potrebbe
essere il figlio di Jan, il ché ribadisce una dimensione religiosa dell’affettività.
Le vesti sono particolareggiate e bellissime: attenzione per i tessuti.
Madonna e Rolàn hanno la stessa grandezza = dialogo, non più figure enormi per rappresentarne
l’importanza. Dal paesaggio alla finestra si vedono le persone , le colonne sono dipinte con scene
religiose: iper realismo: si raffigura ogni particolare con una precisione che nella realtà non
sarebbe possibile, per esempio si riescono a distinguere i vestiti delle persone dalla finestra, cosa
in realtà impossibile.
Il capolavoro dei fratelli Van Eyck è il “Polittico dell’agnello mistico” che si trova ancora dov’è
stato concepito, a Gand: ad ante aperte, il polittico resta chiuso nei giorni feriali e aperto in quelli
festivi.
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Perde la sua cornice intagliata originale, un’anta è stata rubata nel ‘900 e sostituita da una copia.
C’è un problema d’attribuzione dell’opera di Hubert/Jan: probabilmente è un caso di mimetismo, di
collaborazione tra gli autori in ogni aspetto del polittico.
E’ sproporzionato perché nella parte alta le figure sono
grandissime, in quella inferiore sono piccolissime:;
nell’ordine superiore abbiamo un’immagine dell’unità di
Dio, al centro la figura di Dio, umanizzato, con trono,
tiara e scettro. Unità di dio che qui è sia padre che figlio,
una posizione arditissima sul piano teologico, in quanto
dogmaticamente irraffigurabile, subito affiancata da
Maria e s. Giovanni Battista che nell’iconografia
medievale guidano uomini e donne nel giudizio
universale, poi i cori di angeli che lodano Dio , quindi
Adamo ed Eva agli estremi, in quasi totale nudità ma non
eroica (privo d’idealizzazione, al contrario dell’umanesimo):
adamo ha il corpo magro, capelli stopposi, sofferente. Eva risponde agli ideali di bellezza
fiamminga, seno piccolo, gambe lunghe, fianchi larghi e ventre ampio
ma non è bella. Non sono idealizzati, sono figure normali. Non è Adamo
l’uomo perfetto, ma Dio. Ci sono anche due monotoni del sacrificio di
Abele e finti rilievi dipinti.
All’esterno troviamo una tecnica di grisaglia: le figure dipinte come
fossero statue scolpite. Di fianco ai due San Giovanni (finte statue) ci
sono i committenti, sopra si può notare l’episodio dell’annunciazione
diviso sui quattro pannelli che vedono al centro la loggia. In alto
abbiamo due profeti e due sibille (le annunciatrici del mondo classico
della venuta del Cristo). È una delle poche opere fiamminghe di grande
formato, una sintesi della prima stagione fiamminga. 3 ante= trinità.
Vesti bianchissime= purezza. I profeti rappresentano il mondo ebraico,le
sibille rappresentano il mondo classico. Equilibrio di pieno/vuoto
L’ultimo di questa generazione è Rogier Van Der Weyden, (simile al
maestro Flèmall, ma le figure sono più monumentali, robuste) che lascia
una serie di opere d’alta qualità: al museo del Prado è conservata la “Pala
della deposizione” (Madrid, Museo del Prado): Rogier ha una capacità
monumentale robusta, anche se resta una certa maniacalità per il
particolare riscontrabile nelle pieghe della veste di Giuseppe di Arimatea.
Nicodemo tiene morbidamente il corpo di Cristo e abbozza un passo di
danza borgognona.
Gli Sforza manderanno Zanetto-Bugatto a scuola da Rogier a Bruges. Tutti i pittori fiamminghi vivono a
Bruges (Brusg) vi erano 320 artisti, era la città degli artisti
Questa è la generazione della prima metà del ‘400: sin dagli anni ’20-’30 del secolo sarà un’arte di
respiro europeo esportata via mare (grazie ai piccoli formati) dalle Fiandre; arriva dai Paesi Bassi
ai paesi scandinavi, Polonia, paesi Baltici, Inghilterra, Francia, Portogallo e Spagna (tanto da poter
parlare di una scuola ispano-fiamminga).. Nei paesi iberici c’è una diffusione formidabile (Isabella e
Ferdinando II d’aragona sono grandi collezionisti)
Il quadro di Rogier viene acquistato dai Pastiglia, che amavano i fiamminghi al punto che la
Cappella di Grenada – degli unificatori di Spagna – è interamente coperta di quadri fiamminghi.
In Italia i primi poli saranno le città marinare di Genova, Venezia, Napoli (Polantonio) e Palermo,
da cui arriveranno a Milano. Anche in Provenza arriverà prestissimo: avremo un’alta scuola
provenzale di discendenza fiamminga. Pure Danzica è piena di pittori fiamminghi, che arriveranno
sempre attraverso i porti. Arte fiammingo-provenzale
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Nelle città toscane i fiamminghi arriveranno via terra perché i mercanti fiorentini lavoravano a
Bruges. Favorita dal piccolo formato, l’arte fiamminga arriverà in tutta l’Europa.
Crisi politica:
Nel 1477 si forma una coalizione Re di Francia svizzeri e ducato di Lorena contro la Borgogna.
L’ultimo duca Carlo di Borgogna viene sconfitto nella bottega di nancy. Ha un’erede: Maria che
sposa l’arciduca Massimiliano d’asburgo (austria) che salverà i territori, la Francia perde solo una
parte. Questo atto politico segna l’indipendenza dei paesi bassi che non saranno mai né della
Francia né della Germania. Bruxelles diventa capitale e baricentro dell’arte fiamminga.
Dopo gli anni 40 del 1400 e la morte dei fratelli Van Eyck ci sono altri artisti ma di livello inferiore.
L’umanesimo italiano ha, invece, tutta una serie di temi: Antonello da Messina è fortemente influenzato dai
fiamminghi.
Il “Trionfo della morte” – di un anonimo siciliano – si trovava
nell’ospedale di Palermo (oggi alla Galleria Nazionale): la morte a
cavallo brandiva una falce d’oro andata perduta.
Era ovvio che in un ospedale s’invitasse a riflettere su una vita di
penitenza, sulla caducità dell’esistenza transitoria. Ne quadro c’è un
tema egalitario: siamo tutti uguali di fronte alla morte. La morte
colpisce i ricchi e i potenti, con una grande tensione sociale
La nostra è una società della rimozione: tendiamo ad allontanare la morte
dalle nostre case, contro una familiarità antica di un mondo che vive a
stretto contatto con la morte (da cui il motto “Memento mori”, come “A morte subitanea libera nos Domine”:
si preferiva una morte lenta, sofferta e consapevole).
“Sic transit gloria mundi”: il rito della sepoltura dei sovrani viene attuato anche da Francesco Giuseppe che
può entrare – cadavere – nella cripta solo annunciato come un peccatore, e non come un monarca.
Sul teschio, la morte porta la corona imperiale, con una grande influenza tardo-gotica (come si può
notare dalla presenza di un levriero) e fiamminga, con il tema della fontana della vita che
rinvigorisce chi sarà comunque falciato dalla morte.
C’è anche la fontana della vita, ma non ha potere. Tema macabro, un classico dopo le grandi
pestilenze. Metà tardo-gotico e metà fiammingo. Di grandi dimensioni.
Nel tardo 1400 una delle corti umanistiche più raffinate, la corte di urbino, avrà come pittore un fiammingo.
Umanesimo - Firenze
Nella Firenze del 1400 ci sono quindi due correnti parallele + una terza dopo:
1) Umanesimo – precursori un piccolo gruppo
2) Gotico Internazionale – Gentile da Fabriano – cornice d’oro intagliato
3) Fiammingo che però verrà nella seconda metà del ‘400
Anche nella Firenze dell’umanesimo Gentile da Fabriano evidenzierà influenze tardo-gotiche: I
suoi affreschi (insieme a quelli di Pisanello) sono rimasti coperti in San Giovanni in Laterano.
Nel 1399 l’Opera del Duomo indice un concorso per decorare la porta nord del Battistero di Firenze: fu un
tipico esempio di concorso all’italiana, che vide la vittoria di Ghiberti, forse per corruzione. I due artisti
sono Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti. Sarà Ghiberti a ottenere l’incarico.
Restano entrambe le formelle del “Sacrificio di Isacco”: nella versione
del Brunelleschi il gesto di Abramo è rigido e veloce, ad indicare la
contraddizione di un’operazione che deve compiere contro la sua
volontà; ha gli occhi dilatati e l’angelo, per fermarlo, deve compiere
un gesto altrettanto forte. Sono più pezzi fusi insieme. Isacco è
piccolo e magro, con la bocca a mezzaluna come quella dell’agnello
che verrà poi ripresa da Leonardo nell’ultima cena. Abramo sembra
un invasato, ha l’intenzione evidente di uccidere senza esitazioni, e
l’angelo interviene con più foga per fermarlo. Tecnologia di stampo gotico.
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Al contrario, nella versione di Ghiberti, Abramo è titubante in un gesto enfatico che l’angelo si
limita a fermare con un movimento delicato. G. raffigura un adolescente muscoloso che è molto
lontano dall’Isacco del Brunelleschi (trecentesco, esile) e mostra un’espressione della bocca a
mezzaluna calante (come Gesù ne “L’ultima cena”). E’ un pezzo unico, quindi tecnicamente
superiore.
La differenza è tecnica, figurativa e d’impaginazione: B. enfatizza la profondità del rilievo attraverso
il servo e l’animale, mentre G. li isola; B. rappresenta una metopa classica dell’altare, mentre G.
prende ispirazione da un sarcofago egizio.
Entrambi arrivano da botteghe orafe. Brunelleschi era più instabile, inaffidabile.
G. è un artista all’antica che s’ispira a Giotto, mentre B. è il padre dell’umanesimo: spesso gli artisti
più innovativi sono quelli che adottano i canoni più antichi, di fatti la versione di B. è quella più
vicina all’arte classica.
Un altro paragone tra gli autori è quello del “Crocefisso” di Donatello (in Santa
Croce, presso i Francescani) rispetto a quello del Brunelleschi in S. Maria Novella
Sul primo, in legno dipinto, Vasari ci racconta delle “parabole” – del tutto infondate –
secondo le quali Donatello avrebbe chiesto un parere all’amico B., che gli avrebbe risposto
dicendo che, al di là dell’effettiva bellezza della realizzazione, il suo Cristo sembrava un
contadino. Il Cristo è muscoloso, ipertrofico. Nudo classico ma non ha niente di divino.
La critica del B. è sul realismo bruciante (manca l’idealizzazione) dell’opera, che è molto lontana
dall’idea di Gesù: di contro, B. realizza per i Domenicani di Santa Maria Novella un proprio
crocefisso.
Al crocefisso del B. è stato aggiunto – durante un restauro – un “perizoma” violaceo per coprire le nudità
del Cristo, che non compariva nell’opera originale.
Il corpo è meno muscoloso, più spirituale, ispira tenerezza. Il ritratto è anch’esso
realistico, ma molto più etereo e spirituale: presenta una chioma gotica con dei
boccoli penduli che servivano agli Ebrei per ripetere centoquarantaquattro volte una
preghiera liturgica. Idea della cultura dominicana: astrazione, valori spirituali.
Le due versioni presentano enormi differenze: il Cristo del B. sottolinea la divinità
del Cristo, mentre quello di D. ne evidenzia l’umanità.
Non è un caso che la destinazione delle due opere fosse, da un lato, di committenza francescana e
dall’altro domenicana (secondo la filosofia tomistica) Æ amante dell’astrazione, meno terrestre
Se le grandi scuole sono state sinora il frutto del lavoro di alcuni gruppi d’artisti, l’arte
dell’umanesimo italiano è soprattutto B., artista completo, padre dell’umanesimo.
Firenze vive una situazione importante e nella prima metà del ‘400 vedremo il punto più alto
dell’umanesimo letterario in un contesto d’arte gotica. Dopo la crisi del 300 Firenze torna serana
L’umanesimo nasce nel 1410 come piccolo movimento d’avanguardia, rimase sempre un
fenomeno lontano dalla provincia e dalla massa: l’atteggiamento è polemico nei confronti del
passato; se è presumibile che gli artisti gotici avessero un profondo rispetto di quelli romanici,
l’umanesimo si configura come una rottura, molto consapevole di se.
Il rinascimento si indica dal 1490 in poi, con Leonardo, ma è una decisione di comodo.
Il Rinascimento è la percezione del fatto che la storia non è lineare, ma viene interrotta dal
Medioevo. Medioevo =rottura tra antichità classica e Umanesimo/Rinascimento che fanno quindi
rinascere l’antichità classica morta nel medioevo. Tesoro di testi, cultura, arte, lingue greco/latine,
civiltà da recuperare.
L’umanesimo si differenzia dall’antichità classica perché c’è di mezzo la nascita di Cristo che
influenza l’arte.
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Umanesimo= cultura antropocentrica: uomo al centro dell’universo e misura di tutte le cose.
E’ cristiano o laico? E’ fatto da cristiani. L’antropocentrismo può portare a due cose:
- calcare sul tema “uomo=centro, perché è creatura di Dio”
- calcare sul tema “uomo=centro, perché è uomo”
L’umanesimo è la prima avanguardia della storia: fatta da un gruppo ristretto che sapevano di
rivoluzionare l’arte.
L’Umanesimo è più diffuso nelle cancellerie che nelle università. Le università sono rifugio della vecchia
tradizione medievale, l’umanesimo è extrauniversitario perché gli umanisti lavorano nelle cancellerie come
autori di lettere.
1378: Grande scisma della chiesa, 3 papi (Avignone, Roma, Pisa) – Chiesa in crisi.
Sacro Romano Impero, imperatore Sigismondo convoca a Costanza il Consiglio ecumenico per porre fine
allo scisma. Il papa di Roma, papa Gregorio, abdica ma si fa riconoscere come papa legittimo fra i 3. Viene
poi eletto Martino V, romano, che nel 1416 consacra l’altare maggiore del Duomo di Milano. Jacopino da
Tradate fa la statua del papa nel duomo. Nel 1434 il successore di Martino, Eugenio IV riceve una proposta
per riunificate la chiesa con il concilio di Firenze.
Presenza di intellettuali bizantini che sanno il greco a Firenze.
Nel 1453 cade Costantinopoli, fine dell’Impero Romano d’Oriente.
Donatello e Masaccio affiancano B., legati ai Carmelitani: questo gruppo genererà anche un
“umanesimo morbido” più vasto che sarà portato avanti da parte di artisti che accoglieranno il
lessico formale dell’umanesimo con una minore coerenza e aggressività sul piano ideologico.
Questo gruppo è caratterizzato da una grande litigiosità interna: il confronto tra Ghiberti e B. si sviluppa
attorno a due arti differenti, ma quello di B. e D. è un vero conflitto interno all’umanesimo radicale.
Il culto della corporeità (totalmente diversa da quella fiamminga) è il primo elemento d’impatto, ma
se la fisicità fiamminga non si cura delle imperfezioni e scopre il rapporto tra sessualità e
alimentazione, quello umanista è il culto del corpo classico, idealizzato, equilibrato e proporzionale.
La rivoluzione prosegue in tre ambiti specialistici che sembrano quasi concordati: B. è architetto,
D. scultore e M. pittore. In ogni caso, B. resterà il leader di questo gruppo.
L’opera architettonica più straordinaria del B. è lo “Spedale degli
innocenti” (un orfanotrofio) di Firenze - 1409: in pietra serena e
intonaco. fatto a moduli, ripetibili all’infinito, schema rigidissimo ma
adattabile, fondato sui principi del Classico – Razionalità – Geometria.
E’ la somma di varie casette medievali unite da una facciata; abbiamo
un lessico di tipo classico, che presenta un echino sopra la colonna con
gli archi a tutto sesto; il modulo/schema a due colonne a fogliame con
fregio lineare che è base per le finestre a timpano. Assenza di decorazioni. Arte fredda e razionale
(deriva dal romanico fiorentino, es. battistero di s. Giovanni a Firenze, molto geometrico e
squadrato, figure elementari della geometria piana). Queste caratteristiche saranno sempre
presenti in Brunelleschi.
I tondi dei bambini innocenti vengono aggiunti da Luca della Robbia contro la volontà di B., che prova
fastidio per l’ornamentazione che sminuisce l’equiparazione fondamentale di classico = razionale =
geometrico, una formidabile tripletta (1410~1520).
Questi passaggi presuppongono tutta una serie di concetti: il classico come razionalità è l’invenzione del
mito del classicismo che viene interpretato come razionale, mentre il mondo classico è passionalità per
antonomasia; quella della razionalità del mondo greco-romano è una nostra astrazione – sebbene lo stremo
di passionalità non dev’essere letto in chiave edonistica –, una pesante forzatura storica. Che, poi, la
razionalità sia matematica è un’ulteriore forzatura devastante, un’idea che stiamo ancora pagando.
Non c’è niente di più apodittico della scienza come verità: è la prima tappa di una rivoluzione scientifica che
non a caso avrà il suo centro proprio a Firenze con Galileo.
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I grandi edifici – come la Sagrestia di S. Lorenzo, la Cappella dei Pazzi di Santa Croce e il Santo
Spirito) saranno tutti improntati su quest’idea, con un vigore impressionante.
Filippo Brunelleschi, Interno della Sacrestia Vecchia, Firenze, San Lorenzo, dal 1420
ca, parte della Parrocchia dei Medici, padroni di Firenze che poi chiedono la
ricostruzione di tutta la basilica. Era una sagrestia funebre. Porte di bronzo,
rilievi con coppie di apostoli. Sul capolino c’è lo zodiaco.
Estrema sobrietà e razionalità: le decorazioni sono state –
ancora una volta – tutte inserite contro la volontà di
Brunelleschi.
In Lombardia avremo un incontro/scontro col B. nell’edificio della
Chiesa di Villa di Castiglione Olona.
Filippo Brunelleschi, Interno della Cappella dei Pazzi, Firenze, Santa Croce, dal 1430
Cappella funebre della fam. Pazzi, nemici dei Medici. Vetrate dipinte, terracotte
di Luca della Robbia. Pareti grigioverdi in pietra serena e mattoni.
Architettura sobria e geometrica, poche decorazioni.
Sono tutte premesse all’opera della vita di Brunelleschi, la Cupola maggiore del Duomo di Santa
Maria del Fiore a Firenze, prima cupola moderna a spicchi, capolavoro tecnologico che è poi
l’opera più importante dell’architetto.
Per questa realizzazione Bru ha avuto numerosi scontri con l’Opera
del Duomo: l’artista si sente perseguitato, una componente saturnina
che porterà Michelangelo a definire B. “Divino e terribile”. Morirà
prima di finire la cupola.
La basilica era stata più volte ricostruita anche da Giotto e Arnolfo di
cambio, mancava la cupola.
C’è il rischio di un “delirio iconologico”, ma gli elementi di distinzione
sono: coerenza interna del sistema, corrispondenza con la cultura del tempo.
La cupola avrà vari problemi da risolvere: la cupola era enorme (doveva armonizzarsi con il resto),
la zona sismica, anzitutto, la struttura medievale su cui poggia, la stessa cupola poteva non restare
in piedi in sé per l’arditezza dell’arco,c’è pericolo che crolli tutto per il peso. B. risolve queste
problematiche costruendo due cupole concentriche; (doppia cupola) una interna e una esterna,
con un’intercapedine di respirazione, tanto vasta da essere percorribile. Una parte del peso viene
scaricata sulle mura perimetrali e il rimanente sul soffitto, le crepe di scorrimento seguono il fatto
che il materiale “respira”, la materia si muove. (di solito si usa il controfuoco, sempre crepe ).
Bru vuole qualcosa di nuovo ma gradevole col contesto della chiesa, quindi usa gli stessi materiali:
pietra grezza e rivestimenti in marmo e pietra serena.
Novità: è il gigantismo, la cupola è enorme, fa parte del paesaggio ed è visibile a km di distanza.
Da sotto sembra ancora più enorme (come il duomo di Como).
Nel 1500 si tentò di fare una galleria, poi sospesa perché Michelangelo disse che sembrava una
gabbia per polli.
Nel 1981 si è verificato che le crepe naturali siano solamente tre o, quattro a fronte delle
centinaia del resto della chiesa: un alto livello tecnologico realizzato con strumenti arcaici e
una visione modernista.
Duplice l’effetto della cupola è il dominio spaziale, percepito da lontano, come
l’enormità della massa (da vicino), con estrema leggiadria ed eleganza. Sarà
incompiuta un’arcata a gabbia.
Brunelleschi è l’anima del gruppo dei primi umanisti, e anche il più anziano, quindi è il leader.
E’ l’inventore della prospettiva.
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Gli altri umanisti sono: Donatello, Luca della Robbia, paolo Uccello, e più tardi anche Masaccio, il
più giovane, ma i più idealisti e fanatici furono Brunelleschi, Uccello e Masaccio.
Infatti possiamo dire che esiste un Umanesimo radicale (Umanesimo come ideologia) e uno light
(Umanesimo come moda). Per Luca della Robbia, Ghiberti, Masolino, beato Angelico ecc. sono
umanisti più morbidi, dalle botteghe medievali, gusto tardo gotico, eleganza, risentono di altri
correnti ma sono sempre umanisti, anche se per questo vengono considerati, a torto, artisti tardo
gotici. Si adeguano alla moda.
Donato dei Bardi, detto Donatello, è un rampollo di una famiglia dell’alta finanza
(i Bardi erano banchieri, è artista per sfizio, può rifiutare le committenze).
Grande capolavoro giovanile sarà la statua di San Giorgio (marmo, Firenze, Museo
Nazionale del Bargello, 1415-1417) nella chiesa di San Michele a Firenze: è un
modello antropologico efebico, un “giovinetto” classico, ideale angelico, neoellenistico (il sublime).
Nella Firenze del primo ‘400 si diffonde la sodomia, non tanto come scelta sessuale,
quanto contro il decoro borghese e motivata anche dal fatto che negli anni ’30 proprio qui si terrà il
Concilio.
Martino V decide di abbandonare il Laterano e di trasferire la residenza papale in Vaticano – pur
approntando un restauro di San Giovanni –, principalmente per due ragioni: il Papa è diretto successore di
Pietro, quindi la sede si è venuta a trovare presso il sepolcro del Santo, e poi perché il Vaticano è oltre il
Tevere, quindi più difendibile e sicuro del Laterano.
Alla morte di Martino V, Eugenio IV fuggirà a Firenze – divenuta nuova sede papale – in Santa Maria
Novella.
Sono gli anni in cui Branda Castiglioni realizza la sua città ideale. Si registra anche una nuova formidabile
offensiva islamica da parte di una tribù mongola, i Turchi –che saranno i primi a fondare uno Stato
musulmano laico –, che creeranno un forte impero destinato ad assorbire tutti gli Stati arabi, come l’impero
bizantino (o, ciò che ne restava).
In vista di un’ulteriore avanzata, il Papa ritiene di unificare la Chiesa con il Patriarca Felice
(rappresentante degli Ortodossi) per indire una crociata contro i Turchi. Il Concilio – con la Bolla
dell’Unione – segna la riappacificazione tra Cattolici e Ortodossi, ma la crociata termina con una
sconfitta e nel 1453 l’impero romano d’Oriente cessa di esistere. Costantino XI muore,
Costantinopoli diventa Istanbul e sarà capitale dell’Impero ottomano.
Quando l’Imperatore d’Oriente e il Patriarca arrivano a Firenze, portano con sé i più grandi
intellettuali di lingua greca: si forma un’“umanesimo greco”, riscoperta dell’Oriente, che somma il
patrimonio greco a quello romano, da cui la statua di Donatello.
Donatello viene coinvolto insieme a Luca della Robbia per la
realizzazione di una Cantoria del Duomo di firenze: l’opera
scaturisce da una sorta di sfida tra i due artisti. Differenza netta tra
i due:
La cantoria di Donatello (marmo, Firenze, Museo dell’Opera del
Duomo, 1433-1438) è giocata sull’idea della danza degli angeli,un
fregio continuo interrotto delle colonnine che essendo in un piano
antistante, danno un senso di profondità (segue uno schema
dinamico) e sembra che siano vari pezzi ma è uno solo. Effetto
dinamico, danza degli angeli.
La cantoria di Luca della Robbia (marmo, Firenze, Museo
dell’Opera del Duomo, 1431-1438), al contrario, è caratterizzata da
una rigorosa ripetizione, le metope sono quadrangolari, in una
grande staticità geometrica, rigide, geometrico come Brunelleschi.
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Il Ghiberti realizzerà la Porta Est del Battistero di S. Giovanni - bronzo dorato,
Firenze, Battistero di San Giovanni, 1425-1452- ( Michelangelo la chiama la
“Porta del Paradiso”): grandi riquadri che presentano numerose figure; il moderato
Ghiberti è più innovativo degli altri, bronzo dorato e rilievi un po’ si sente ancora il
gotico, Ghiberti amava Giotto, gotico.
La rivoluzione umanistica ha dunque due tendenze che presentano anche
inversioni tra gli autori, come sul tema della prospettiva.
Tardo-gotici, fiamminghi, umanisti – 3/12
Altro importante artista era Jacopo della Quercia (senese), che realizza opere con un
umanesimo primitivista, la parte – cioè – meno ottimista dell’umanesimo: la “Fonte
Gaja”, da lui realizzata a Siena, raffigura Acca Larentia – una delle fondatrici di Siena –
e sembra una scultura sbozzata.
La pittura, a Firenze, era in mano ai gotici internazionali come Masolino
da Panicale e Gentile da Fabriano.
Masaccio (Tommaso da Borgo San Giovanni) nasce nel 1401 da un notaio
fiorentino. A 18 anni realizza il Trittico di Cascia (FI) (Trittico di Reggello,
tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi, 1420), forma gotica: 3 ante, archi a
ogiva, fondo oro… il retro è però realistico, maggior realismo delle figure.
Masolino da Panicale (FI), (Tommaso Fini), viene influenzato da Masaccio quando
opera con lui per la realizzazione del polittico di “Sant’Anna Metterza”, (terza: dopo
Maria e Gesù) - , tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi, 1424 - destinato alla
chiesa dei Carmelitani di Pisa: la Madonna e il bambino sono opera di
Masaccio, alle loro spalle c’è Sant’Anna realizzata da Masolino in
maniera quasi grottesca – nel tentativo d’imitare Masaccio –: il carattere
di Masolino si ha negli angeli da lui realizzati ai lati con caratteri tardogotici, sottili ed esangui.
Masolino, Madonna col Bambino, tavola, Brema, Kunsthalle, 1423
Madonnina di Brema: tardogotica come stile (Masolino parte tardo gotico
ma risente di forme diverse). Il bambino è cicciotto= classicismo. Corpo credibile, non
dinoccolato ed esangue come nel tardo gotico.
Il capolavoro dei due è l’affresco della cappella di San Pietro in
Santa Maria del Carmine a Firenze, detta anche Cappella Brancacci
dal nome dei proprietari, per i carmelitani (i Carmelitani e gli Agostiniani
sono i più aperti all’umanesimo): il ciclo presenta le storie di San Pietro,
più una serie di episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Affresco di
sinistra è di Masolino, quello a destra di Masaccio. Un episodio
particolare è quello del “Giardino del Peccato Originale” realizzato da
Masolino (soggetti sognanti, il serpente con la testa umana e i capelli
ordinati) Adamo ed Eva hanno corpi credibili, non c’è il dinoccolato tardo
gotico, sono già umanisti; a destra di questo si ha la “Cacciata dall’Eden”
di Masaccio (figure brutte, estremo realismo, dolore,l’angelo è violento).
Masaccio ha uno sfondo drammatico, Masolino ha uno sfondo armonico.
Masolino, Guarigione dell’infermo e Resurrezione di Tabita,
affresco, Firenze, Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci,
1424-1428
Si hanno anche episodi di San Pietro, in cui Masolino –
autore de “La guarigione dell’infermo” - risulta indeciso sul
criterio da usare: si sta mimetizzando con Masaccio,
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mentre Masaccio realizza la scena del “Tributo” con
figure monumentali, il paesaggio molto curato ponendo
attenzione al realismo dei soggetti. Pietro compare più
volte nella scena (medievale), le altre figure sono classiche.
Spazi architettonici credibili.
Masaccio, Tributo, affresco, Firenze,
Santa Maria del Carmine, Cappella
Brancacci, 1424-1428
Masaccio, Guarigione degli storpi, affresco, Firenze, Santa Maria del Carmine,
Cappella Brancacci, 1424-1428
Pietro e Giovanni che guariscono i malati con la loro ombra.
Architettura curata, edificio con bugnato si vedono anche i bagni.
Il limite di Masaccio è la natura. Il Rinascimento e l’Umanesimo
sono urbani: sfondi sempre architettonici, pochissima natura.
Michelangelo non farà mai paesaggi, il suo paesaggio è il corpo umano. La natura viene
rifiutata, è molto idilliaca, ordinata, da relax…)
Masaccio, Trinità e offerenti, affresco, Firenze, Santa Maria Novella, 1426-1428
Altare con scheletro, Maria e Giovanni che indicano la trinità. Trono di grazia. Il protagonista è lo
spazio architettonico, classicista, in prospettiva architettonica euclidea, enfatizzata probabilmente
realizzata grazie all’aiuto di Brunelleschi.
CASTIGLIONE OLONA
Il cardinal Branda era collaboratore del papa e girava il mondo con lui. Branda vuole castiglione
come sintesi dell’Europa, vuole artisti da tutta europa per rendere castiglione città ideale: città con
criteri di razionalità e strutture sovradimensionate rispetto alle normali esigenze, con la scuola,
l’ospedale.... Città esemplare, modello per le altre.
Castiglione Olona: città ideale e città europea. (Roma era invece città di Dio, circondata da mura
come Gerusalemme)
Vi lavorano artisti lombardi, veneti, fiorentini, tedeschi…
(la seconda città ideale sarà Pienza, Siena, ad opera di papa Pio II)
Alla morte di Masaccio, Masolino si trasferisce – nel 1435 – a Castiglione, chiamato dal Cardinale
Branda Castiglioni, che stava richiamando diversi artisti per realizzare un
progetto di fusione degli opposti che avevano come unico punto in comune il
committente, cioè il Cardinale stesso: la Chiesa di Villa è un miscuglio tra
Brunelleschi (facciata) e lombardi “venetizzati” (statue).
E’ paragonabile alla cappella dei Pazzi.
Di gusto lombardo, con statua di s. Cristoforo. Temi architettonici fiorentini,
umanistico lombardo, umanistico veneto, nell’insieme da’ un aspetto di unità.
Esterno della Chiesa del Corpo di Cristo (Chiesa di Villa), Castiglione Olona, ca. 1430 / 1440
Nel Battistero operano senesi (come Masolino): viene realizzato nel 1435, esso è stato
erroneamente chiamato “battistero” a causa della dedica a San Giovanni
Battista (ciclo di storie di S. Giovanni Battista).
E’ nella cappella palatina del cardinal Branda.
Masolino, Battesimo di Cristo, affresco, Castiglione Olona, Battistero, 1435
Nella Collegiata , un voluto miscuglio di arti, operano pittori fiorentini
come Vecchietta e Paolo Schiavo (vengono raffigurate opere della Vergine,
Masolino riesce in poco spazio a fare grandi cose, realizzando affreschi
quasi giotteschi).
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Il progetto di Castiglione era diretto a realizzare la “Gerusalemme Celeste” sulla
Terra, infatti il Battistero e la Collegiata sono realizzati su di una collina.
Masolino, Annunciazione, affresco, Castiglione Olona, Collegiata dei Santi Stefano e
Lorenzo, ca. 1435
Gli anni ’30-’40 sono importanti per Firenze: dopo il periodo di guerra, i Medici si
impongono (1434), lasciando la repubblica a Firenze, ponendo i loro esponenti a
capo del governo. Dopo lo spostamento ad Avignone nel 1303, il papa Gregorio
XI torna a Roma fissandovi la sede pontificia. Alla morte di Gregorio viene eletto
Urbano VI, i cardinali si ribellarono ed elessero un antipapa ad Avignone; si hanno quindi due papi
che dividono la chiesa per 50 anni, i cardinali ne viene elessero un terzo a Pisa. L’imperatore
Sigismondo I, indice un gran concilio a Costanza, dove Gregorio XII, papa di Roma, sacrifica la
sua carica dopo essersi assicurato che la città di Roma avrebbe riacquistato il potere religioso. Il
papa di Pisa viene deposto facilmente, mentre il papa di Avignone resta isolato.
Martino V (1416), il nuovo papa, consacra l’altare del Duomo di Milano, prima di tornare a Roma
dove richiamò una serie di artisti per riportare la città al passato livello di prestigio artistico. Il
successore designato fu Eugenio IV, che sarà cacciato dalla città capitolina e si rifugerà a Firenze
nel 1434, trasformando S. Maria Novella in basilica papale.
Al contempo, l’imperatore romano d’oriente, Giovanni VIII, aveva problemi con i turchi che
premevano su Costantinopoli, per questo chiede aiuto al papa in cambio della riunificazione della
chiesa. Per stipulare un accordo viene indetto un concilio a Firenze (ultimo momento di unione
della Chiesa), il che portò nella città toscana un gran numero dei maggiori intellettuali greci,
portando così alla nascita dell’umanesimo greco.
Per il concilio viene restaurata la facciata di S. Maria Novella da Alberti con tecniche umanistiche,
completata nel 1450, coniugando l’antico e il moderno: il motivo geometrico deriva dal romanico e
fiorentino, per fare qualcosa di profondamente moderno.
Umanisti – 4/13
Mentre a Castiglione Olona viene edificata la città ideale del Cardinale Branda Castiglioni,
l’umanesimo – che aveva trionfato negli anni ‘10/’20/30 del secolo con gli artisti fiorentini –
subisce una regressione teoretica che accompagna la sua diffusione in tutta l’Italia: un gusto neomedievale che trova in Beato Angelico il suo massimo esponente. (è un umanista light)
Alla morte di Masaccio (1428) e Brunelleschi (1433), Firenze vede l’affermazione dei Medici, che fino al
1434 hanno un potere effettivo, ma non ancora giuridico: si organizzano disponendo di propri uomini nei
posti chiave dell’amministrazione giuridica, ma non hanno ancora ottenuto la guida della città.
I Medici (Cosimo il Vecchio, Piero il Gottoso, Lorenzo il Magnifico, Piero il Giovane) sono bravi a diffondere
la loro immagine, capiscono che la politica è anche comunicazione= creare il consenso popolare.
Trasformano i fallimenti (politici, economici…) in trionfi. L’artista dei Medici è Botticelli, le sue opere sono
quasi tutte nelle ville Medicee.
La prima grande menzogna vasariana è che l’età medicea sia stata la culla del primo umanesimo fiorentino,
che è però precedente e risalente – nello specifico – agli Albizi (nemici dei Medici).
È un grande periodo di committenza, s’instaura un rapporto duraturo con Botticelli, ma vi sarà una
grande fuga di artisti (il 1470~1480 è il periodo del crollo della banca medicea). Lorenzo perde in
politica e in economia, lascia andare Leonardo: il mito della meravigliosa Firenze dei Medici è una
costruzione di Vasari.
L’Umanesimo che negli anni 10/20/30 è solo fiorentino, si diffonde nei grandi centri. Negli anni
50/60 sono numerosi i centri umanistici in italia: Roma, Napoli, Genova, Milano, Venezia.
Il fenomeno della pittura di Beato Angelico (San Giovanni da Fiesole), è sicuramente dovuto ai
Medici: è famoso per le proprie icone – ovvero le “immaginette” – su fondo dorato, ma questa vera
e propria devozione coglie soltanto una parte della produzione di un autore che ha uno spiccato
gusto neo-medievale in un’operazione che ha un impianto umanistico, accetta la proporzione.
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Nella sua “Ultima cena” (tavola, particolare dell’Armadio degli Argenti,
Firenze, Museo di San Marco, 1450), Gesù è visibilmente frontale, in un
recupero che è più ideologico, che non artistico. Un’operazione di tutto
rispetto, ma con un risultato che parte da un arretramento palpabile. Un
miscuglio di umanesimo soft più componenti arcaiche.
Un altro autore è il Botticelli (chiamato così perché figlio di un mercante
di botti) che avrà una grande committenza tra
Firenze, Urbino e Roma.
La “Nascita di Venere” – altresì nota come la “Primavera” (titolo
attribuitogli dal Vasari) – raffigura una donna, Simonetta Vespucci (la
“zia d’America”): molti suoi nudi saranno distrutti nei roghi di
Savonarola.
Botticelli, Primavera, tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi, ca. 1478
Iconografo del Botticelli (e, in futuro di Michelangelo) sarà il Poliziano (ovvero Marsilio Ficino e
Pico della Mirandola), ossia Angelo Ambrogino, molto abile.
L’auto-costruzione del mito di Pico Della Mirandola è il frutto di una grande operazione pubblicitaria che
sussiste ancora oggi; lo stesso mito di Leonardo segue questa logica.
La pittura del Botticelli è umanistica, ma fortemente influenzata dalla seconda e terza generazione
fiamminga (ossia, quella di Hans Memlinc e Hugo Van Der Goes): l’attenzione minuziosa e
pregna di significati simbolici è tipica, appunto, dei fiamminghi.
Negli anni 30 del 1400 Firenze diventa centro della cristianità e S. MAria
Novella è residenza del papa. C’è il crocefisso di brunelleschi e la Trinità di
Masaccio.
Leon Battista Alberti, Facciata di Santa Maria Novella, Firenze, 1456-1470
Leon Battista Alberti nasce in esilio a Genova e passa molto poco tempo
nella sua città natale (Firenze), sebbene sia il protetto dei Rucellai – a causa
della leadership medicea sulle famiglie fiorentine –: la sua più grande opera è
la facciata di Santa Maria Novella (chiesa domenicana), che finisce nel
1450, che è molto pulita, segue uno schema geometrico, ricorda i modelli
romanici. Marmo e pietra serena, neoromanica come struttura.Un tema tipicamente
rinascimentale qual è l’astrologia: la somma delle singole parti offre l’anno, il mese e il giorno –
nonché le congiunzioni astrali – della nascita del committente (Giovanni Rucellai, nonno di
Michelangelo), con una cura maniacale per il particolare.
Il Rinascimento ha in grande considerazione lo studio dell’astrologia come vero e proprio culto (segue
un’arte di tipo classicista/umanistico).
Un altro grande lavoro di Leon Battista Alberti è il “Tempio malatestiano”
(San Francesco), dal 1447 di Rimini – una signoria vassalla del Papa, dotata
comunque d’ampia autonomia che vedrà la rivalità dei Malatesta e dei Conti di
Montefeltro (che, invece, hanno la propria capitale ad Urbino).
Il tempio è una chiesa di S. Francesco reinventata come mausoleo dei
Malatesta. (incompiuta).
Sigismondo Rodolfo Malatesta è un sovrano che insiste su alcuni aspetti come
modello di principe post-cristiano: di una crudeltà efferata (andò addirittura contro il Papa per
sconfiggere le signorie rivali), disse d’aver generato ben 400 figli e fa della sua Chiesa un vero e
proprio tempio: il suo mausoleo viene costruito sull’idea di un tempio pagano al dio Sigismondo e
intitolato a San Francesco.
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Si tratta di un’opera incompleta: il grande fallimento dell’umanesimo è l’impossibilità di
completare le opere grandiose che vengono progettate. L’immagine del tempio è “spezzata”,
perché non esiste più la città malatestiana, al contrario di Urbino che è anzitutto un enorme
palazzo (prende ¼ della città murata), contemporaneo dei Gonzaga a Mantova e degli Estensi a
Ferrara.
San Marino è l’ultimo residuo di questa secolare frammentazione.
I grandi eredi della tradizione umanistica sono numerosi: AFirenze viene realizzata una serie di
dipinti della battaglia di S. Romano di Paolo di Dono detto Paolo
Uccello, con una applicazione quasi maniaca della prospettiva, con il
gioco geometrico delle lance spezzate, un tipo di pittura astratta e
geometrica.
Andrea del Castagno è un prospettico che viene spesso chiamato a
concludere le opere di Paolo Uccello; a Sant’Apollonia – in Firenze –
realizza una serie di affreschi tra cui “Ultima cena” nel refettorio (che
sarà ammirata da Leonardo, prima del suo trasferimento a Milano),
realizzato ponendolo in prospettiva eucliedea all’interno di una
struttura dipinta di preziosi marmi antichi, - vigore geometrico
spiccato, molto espressionista.
Andrea del Castagno, Deposizione, Crocefissione, Resurrezione e Ultima Cena, affresco, Firenze, Cenacolo
di Sant’Apollonia, 1447
URBINO
Crea un modello diverso rispetto a Firenze.
Firenze: grande città mercantile
Urbino: piccola città, legata a un padrone (conte o duca). Le Marche sono divise con l’Emilia
Romagna in piccole signorie. La famiglia importante è: Conti di Montefeltro con capitale Urbino.
Urbino sorge a filo di roccia sulla valle del Metauro, sulle colline del Montefeltro:
negli anni ‘50/’60/’70 del 1400 è grande capitale dell’umanesimo, ma non
dimentica il gotico. Grande costruttore di Urbino è Federico da Montefeltro –
un capitano di ventura che nel periodo delle condotte (che nel tardo ‘300 vedranno,
tra gli altri, Fortebraccio da Montone e lo Sforza) guadagnerà dei capitali con cui
farà fare ad Urbino il salto di qualità del “Palazzo Ducale”.
Il castello ha struttura umanistica (archi classici, colonne…) ma delle torrette
medievali da fiaba.
Chiama artisti da tutta l’Europa – tanti umanisti ma anche fiamminghi; il più
grande sarà un frate francescano, Fra Luca Pacioli, studioso di prospettiva che si
trasferirà da Firenze per coordinare i lavori di Paolo Uccello, Piero della Francesca.
Anche il Bramante si forma ad Urbino, ove diviene architetto attraverso i prospettici, come pure il
Botticelli, Perugino e un giovane Raffaello, suo allievo. Federico chiamerà anche Giusto di Gand
(pittore fiammingo) e Pedro Berruguete, un artista spagnolo formatosi presso i fiamminghi.
Spesso questi artisti lavorano insieme: è un elenco impressionante quello composto da Federico,
che è coltissimo e ha una grande biblioteca (che andrà poi in Vaticano) che conserva titoli come “La
Bibbia” miniata.
In questo straordinario mondo la composizione di arti diverse è simile all’operazione di Branda a
Castiglione, che però ha caratteri più europei e segue un leitmotiv della città ideale – che, ad
Urbino, si concentra nel palazzo come laboratorio d’arte.
Urbino è chiamata “Fiore di serra”. Il paese sorge attorno a un grande palazzo, sede di una corte con poche
persone. Vita ristretta, artefatta; lo spazio è artificiale, la durata è breve. La mitologia della corte di Urbino
troverà una codifica nel “Cortigiano” di Baldassar Castiglione, uomo nobile che è membro della società di
corte, paradigma plurisecolare delle corti di tutta l’Europa.
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Codificazione più alta che continua d’ideale del cavaliere: il cortigiano è uomo di mondo, abile con le donne,
ma anche prode in battaglia. Questo concetto sarà seguito anche nel “Galateo” di Monsignor della Casa.
S’inserisce una componente umanistica dell’equilibrio, una “mediocritas”, la virtù nel mezzo: sono
tutte idee classiciste; il fatto che l’Italia sia pervasa di classicismo è quanto ha fatto scaturire l’idea
politica del “grande centro”, equidistanza tra gli estremi (da cui “mesotes”/“metriotes”). Una
“spezzatura” che significa anche non far pesare agli altri ciò che si è fatto, una cultura che il mondo
inglese codificherà nell’understatement (Oscar Wilde arriverà a dire che “Il vero gentleman non
suda mai”). Una sorta di vena neo-epicurea che nel corso di tre generazioni porterà dal cortigiano
al gentleman, un uomo completo che è tuttora pregnante nell’educazione delle ultime generazioni.
Il “galantuomo” avrà, in Italia, una sfumatura etica estranea al modello inglese.
La corte di Urbino viene mitizzata come la corte ideale: il cortigiano deve saper utilizzare un
linguaggio allusivo, dove i giochi di potere sono spietati e determinano la fortuna/sventura di un
uomo. Urbino è grande capitale dell’umanesimo e della prospettiva, am ha anche pitture
fiamminghe= presenza di artisti diversi.
Negli stessi anni, la questione dell’autorità del principe (“De principatibus”) sarà oggetto d’indagine per
Machiavelli: elementi umanistici – “Più volpe che leone” –, ma anche un forte cinismo che apre l’eterno
problema che riguarda il M. e il suo intento narrativo, ossia se egli sia favorevole/indifferente o, contrario
agli usi del principe. M. sarà anche iconografo di Michelangelo e di Leonardo.
Il cuore del palazzo è lo studiolo della biblioteca di Federico: vi
sono armadi in legno sovrastati dal “Ciclo dei sapienti” (Urbino/Parigi,
Louvre). 1470. Armadi con manoscritti che ora fa parte della biblioteca
vaticana. Studiolo: tarsie fatte da Botticelli e Perugino = umanesimo
tosco-umbro. Sopra c’è un ciclo di uomini illustri fatto da un pittore
fiammingo (Giusto di Gand).
Un’opera interessante è la “Flagellazione” di Piero della Francesca
(Urbino, Palazzo Ducale, Galleria Nazionale delle Marche, ca. 1450), che
mostra una struttura prospettica e un’iconografia complesse: la
flagellazione di Cristo, a sx, è associata alla figura di Ottantonio di
Montefeltro o alla caduta di Costantinopoli. A dx ci sono due persone.
E’ una piccola tavoletta. Prospettiva con valore semantico: sx e dx
sono episodi collegati, il giusto ingiustamente perseguitato (cristo e
l’uomo biondo a dx) Ipotesi: o il biondo è allegorico e rappresenta la caduta di Costantinopoli,
1453, oppure l’assassinio di Ottantonio di Montefeltro ucciso dal fratello con i cortigiani infedeli.
Il dipinto ha una prospettiva architettonica incredibile. Piero realizza qualcosa che va oltre
Masaccio, credibile ma con figure troppo grandi, qui le figure sono proporzionate. Sulla colonna c’è
la statua di Augusto di Prima Porta- antichità.
Vi è pure la grande pala eucaristica di Giusto di Gand, che rappresenta l’ultima cena – nello
specifico, la “Comunione degli apostoli” (tavola, Urbino, Palazzo Ducale,
Galleria Nazionale delle Marche, 1472-1474) – nella cappella, un dipinto
fiammingo che vede la partecipazione di Paolo
Uccello per la realizzazione della predella.
Fuori da Urbino, ad Arezzo, Piero della Francesca
realizza la storia della vera croce di Gesù (ossia,
l’“Incontro di Salomone e della Regina di Saba”) con
una grandiosa impaginazione classicistica, nella
chiesa di San Francesco.
Roma: Roma era decaduta, crollo demografico, chiese in rovina…
Roma vive un momento particolarissimo: Martino V viene eletto Papa (1416~1503) – gli
succederà Giulio II, il più grande committente di tutti i tempi –, che fa della città eterna il centro
dell’arte. Martino V riqualifica con Gentile da Fabriano e Pisanello la Basilica in Laterano e si
trasferisce in Vaticano. Si deve abbellire il palazzo papale.
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Sarà Niccolò V ad avere l’idea di rifare la Basilica di San Pietro sul progetto di Leon Battista Alberti,
ma realizzerà ben poco.
Sarà Sisto IV – un frate francescano – ad intraprendere una grande campagna di restauro
d’Assisi: i Francescani erano cultori dell’Assunzione e della Concezione, Sisto auspica in una bolla
che la Vergine sia raffigurata seguendo quest’idea.
Sisto IV promuove i due grandi culti della Madonna: l’Immacolata e l’Assunta, che hanno
grande importanza per l’arte: alcune opere non sarebbero state fatte, per esempio:
- la vergine delle Rocce di Leonardo
- la Pietà vaticana di Michelangelo
- l’Assunta di Tiziano.
Sono in due chiese francescane promosse dai francescani.
Si noti che Immacolata vale per “concepita senza il peccato originale” ed
equivale all’assenza di ogni peccato, poi Assunta nei Cieli dotata di corpo e
anima.
Sisto IV promuove a Roma opere urbanistiche: Via Sistina, Ponte
Sistino, e fa costruire la nuova cappella palatina incrementando i lavori
in Vaticano: dedicata all’Assunta, è meglio nota come “Cappella
sistina” (Città del Vaticano, ca. 1475-1541) (come quella di S. Lorenzo in
Laterano)
La volta verrà decorata da Michelangelo. Era inizialmente una torre
fortificata.
Rimangono il “Ciclo di storie di Cristo e di Mosè” e l’impostazione delle
pareti, mentre il resto sarà interamente rimaneggiato: gli autori saranno umbri, come toscani (in
uno spostamento da Urbino a Roma).
E’ la più grande committenza pontificia.
I Toscani sono i Fiorentini – come Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli – e Senesi – come il
Pinturicchio – o, come Luca Signorelli, un Toscano di periferia (di Tortona); ma anche Umbri –
come il Perugino, che concepirà il ciclo umanistico di Mosè come anticipazione della vita di
Cristo, il primo grande ciclo umanistico fatto a Roma. scultori lombardi come Andrea bregno.
Perugino, Traditio Clavium, affresco, Città del Vaticano, Cappella
Sistina, 1481-1482
Il dipinto del Perugino con la “Traditio clavium” segue
una teoria orientaleggiante di San Pietro come Visir del
Cristo, un tramite per accedere alle porte del Paradiso,
giustificando la radice ideologica del potere papale. Tempietto
simile a quello di Raffaello.
Bellissima prospettiva, gli archi dipinti sono a tutto sesto: il
signore in nero è il più grande scultore lombardo, Andrea Bregno da Osteni (della Val d’Intelvi).
Papa Innocenzo VIII farà costruire un castello sopra il vaticano, Castello del Belvedere, come
luogo di divertimento. La cappella era affrescata da Mantegna. Diventa centro dei musei vaticani.
Nel 1492 assistiamo ad una serie di eventi importanti: viene eletto Papa Rodrigo Borgia
(Alessandro VI).
È un anno topico per ragioni diverse, soprattutto per l’architettura europea.
Anzitutto, vi è la scoperta dell’America (nelle Antille), che amplia formidabilmente gli orizzonti; a ciò segue
la codificazione del regno spagnolo: Enrico IV – “L’Impotente” – di Castiglia (dagli anni ’80) crea evidenti
problemi dinastici, la sorella Isabella scatena una guerra civile. Le vengono proposti due sposi, Emanuele I
(Re del Portogallo) e Ferdinando d’Aragona: da un lato le si aprirebbe la via delle spezie, dall’altro le porte
d’Europa. Isabella sceglie d’unificare Castiglia e Aragona, dando origine all’odierna Spagna.
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Nasce una Spagna unita che con la conquista di Grenada – ultimo avamposto musulmano –
sancisce la fine del dominio arabo in Europa: i re spagnoli faranno ivi edificare il sepolcro in cui
saranno sepolti i sovrani, attorniati di quadri fiamminghi.
Nel 1494 Alessandro VI farà la “raya”, il gesto più importante a livello politico: un meridiano
ideale che separa i due emisferi; Africa e Asia vengono attribuite ai Portoghesi, che sfrutteranno il
commercio triangolare, mentre l’America – con la via dell’oro e dell’argento – diviene di dominio
spagnolo, ad eccezione del Brasile (portoghese).
Per il momento, la suddivisione servirà soprattutto sul lato atlantico, ma costituirà la base giuridica
secondo la quale le Filippine saranno scoperte dal portoghese Magellano, seppur conquistate e colonizzate
dagli Spagnoli.
L’ultimo evento di rilievo è la morte di Lorenzo il Magnifico: già nel 1447 era morto Filippo Maria,
l’ultimo dei Visconti di Milano – dichiaratamente omosessuale – e la figlia (illegittima) Bianca
Maria sposò Francesco Sforza (il condottiero) che è genero dell’ultimo duca. Lo Stato – la
Repubblica Ambrosiana – si sfascia.
È questo il periodo degli affreschi del Castello visconteo di Masnago.
Sforza riconquisterà Milano soltanto nel 1450: nel 1454 la Pace di Lodi – basata sulla politica tutta
umanistica dell’equilibrio tra i cinque maggiori Stati italiani (ossia, la Milano degli Sforza, la
Venezia patrizia dei Dogi, la Firenze medicea, lo Stato pontificio e il Regno di Napoli degli
Aragona), dei quali nessuno è messo in grado di prevalere.
Questo sistema ha funzionato dal 1454 al 1494, quarantennio che ha consentito la fioritura delle corti e che
ha garantito di tenere lontani gli stranieri.
La morte di Lorenzo indica la fine di tutto ciò. Il problema era, appunto, il confronto con l’esterno:
questi piccoli regni si trovano di fronte grandi Stati nazionali e imperi mondiali. Alessandro VI è
uno dei primi a intuire tutto ciò e comprende che solo l’autorità del Papa può essere loro
contrapposta: cerca quindi di creare un forte Stato che diventi baluardo di tutti i regni italiani ed
europei.
Nello stesso periodo Copernico da inizio alla rivoluzione astronomica che provocò una rivoluzione
psicologica, poiché il mondo diventava periferia dell’universo, in Italia, oltre a questo, si ebbe il
passaggio da regione importante a livello mondiale, a piccola zona periferica di un mondo
ingrandito con l’America si ha uno sbaricentramento mentale. Il manierismo sarà la prima reazione
a questo periodo.
In questa prospettiva, fino a Leone X la situazione riesce a tenere: sarà la riforma protestante a
squilibrare tutto, con il sacco di Roma da parte dell’imperatore cattolico che manda i protestanti ad
impiccare il Papa.
Questi sforzi coincidono con l’abbellimento di Roma: Alessandro VI
conclude i lavori in Vaticano – come gli affreschi del Pinturicchio
(attorno al 1492~96) Processo di Santa Caterina d’Alessandria
nell’Appartamento Borgia –: sono questi gli anni in cui Leonardo
dipinge il “Cenacolo” a Milano.
Gli affreschi del Pinturicchio sono caratterizzati dalla preziosità,
uso massiccio dell’oro e dei lapislazzuli: Alessandro VI dà valore al
palazzo di Niccolò V, come alla cappella di Sisto IV, un lavoro
messo in ombra dalla grande capacità di Giulio II.
Nel 1503 muore Alessandro VI – che promosse la riconquista degli Stati vassalli – che affidò a Cesare
Borgia, suo figlio, che con metodi rigorosi riesce nell’impresa unificatrice dello Stato pontificio: l’amore
smodato del Papa per i suoi figli bastardi non deve indurre a sminuirne la grandezza come statista e
committente.
I cardinali eleggono un Papa di transizione, Pio III, che è nipote di Pio II: sarà papa per soli tre
mesi, ma riuscirà ad essere un grande committente a Siena, con il ciclo d’affreschi del P. sulle
“Storie di Papa Pio II”.
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Sarà poi la volta del nipote di Sisto IV, ovvero Guglielmo della Rovere, Giulio II. Con lui, Roma torna ad
essere città d’arte, ma il ruolo più importante di questo percorso sarà ricoperto da artisti non romani, in
buona parte neppure sudditi pontifici. È un punto d’arrivo per artisti di fuori Roma, solo Antoniazzo
Romano (di Rieti) sarà autoctono.
Pio III fece costruire e regalò la “Libreria piccolomini” al Duomo di Siena per
conservarvi i manoscritti; incaricò Pintoricchio per gli affreschi con il ciclo delle
storie di Pio II. - Partenza di Enea Silvio Piccolomini per il Concilio di Basilea,
affresco, 1503-1508
Sarà seguito dall’“Altare piccolomini” di Andrea Bregno, che cela una porta
di servizio, la quale a sua volta costituisce l’ingresso alla libreria. L’altare
Piccolomini viene portato a termine da Michelangelo, mentre con il Pinto
collaborerà anche Raffaello.
È un esempio abbastanza raro di pittura profana: dalle grandi “nicchie” ad
affresco, la pittura narrativa ha un “borghesissimo” respiro.
Nel 1498/99 – in vista del Giubileo del 1500 – viene
realizzato il ciclo d’affreschi del Duomo d’Orvieto (Cappella di San Brizio):
l’opera, cominciata da Beato Angelico, viene completata da Luca
Signorelli – suo l’“Inferno”- Cappella di san Brizio, 1499-1503–: è uno dei
capolavori del primo ‘500. Rappresenta la fine del mondo, con l’arrivo
dell’Anticristo: è un inferno che contrappone angeli e demoni, con un
baricentro antropocentrico, fulcro del Rinascimento, grande premessa
all’arte di Michelangelo. Ostensione del nudo, sono figure che insegneranno
moltissimo alla pittura successiva, Michelangelo li va a copiare. Raffigurare corpi nudi può essere
una carnaio o avere un effetto completamente diverso.
Orvieto è una grande cattedrale gotica che risale al ‘200/’300.
Milano
A Milano – dal 1450 al 1500 – si colloca il primo grande periodo degli Sforza (cui seguiranno due
restaurazioni successive): si succedono Galeazzo Maria, figlio di Francesco Sforza, e suo fratello
Ludovico Maria (detto “Il Moro”). Francesco è l’introduttore dell’umanesimo a Milano: amico di
Cosimo “Il Vecchio” de’ Medici, cresciuto a Firenze, da un lato è il prosecutore dell’opera viscontea
(come il Duomo e la Certosa di Pavia), dall’altro segue un percorso nuovo (con l’Ospedale
Maggiore). Sono tutti grandi committenti.
Deve dare legittimità al suo regno e affermare la propria autonomia: l’erede ideale di Azzone
Visconti. Vuole restare attaccato al passato Visconteo ma anche staccarsi da esso.
La sua prima operazione è il ringraziamento a Cosimo de’ Medici per i fondi
prestatigli: a lui regala il palazzo che sarà sede del banco mediceo a Milano, che
vedrà i Portinari come direttori della “filiale” sforzesca.
Nell’‘800 il palazzo sarà raso al suolo, ma ci resta il “Portale del Banco Mediceo” Civiche Raccolte d’Arte al Castello Sforzesco, ca. 1460/1465 – realizzato da un
Anonimo fiorentino – che viene trasportato al Castello sforzesco.
L’affresco di Vincenzo Foppa è stato strappato e salvato: raffigura –
presumibilmente – un “Cicerone” bambino o, in alternativa, un ragazzo che
legge un’opera di Cicerone (affresco, Londra, Wallace Collection, ca. 1465, dal
Banco Mediceo). Le altre grandi opere di Foppa – forse il più grande pittore
lombardo – sono andate in maggioranza perdute. Venduto a Sir Fallace, è
conservato nella sua collezione privata di Londra. Gusto umanistico dolce,
aperto alla natura con derivazione fiamminga (interno, i libri…)
Francesco unifica i più grandi ospedali della Milano viscontea: caratterizzato da un
controllo poliziesco, presenta soluzioni tecnologiche innovative. L’Ospedale Maggiore sarà il primo
ospedale d’Europa ad avere l’acqua corrente, come i posti letto per i malati, modello di efficienza e
modernità, realizzato per attirare i favori del popolo
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Disegnato su una base centrale rettangolare, composta di te quadrati a due corsie a croce greca,
l’ospedale è un progetto di Filarete – di origini fiorentine – che concepisce l’Ospedale Maggiore in
un’opera concettuale (un libro d’architettura) che pone le basi per la costruzione di una città ideale
– come quella di Castiglione Olona – come utopia che si esprime attraverso la lettura, un’opera (la
Sforzinta, in onore di Francesco Sforza) che avrebbe incluso, come primo elemento, proprio
l’ospedale, che resterà come l’unico edificio realmente costruito.
Negli stessi anni, Pio II (amico dello Sforza) compirà un’operazione urbanistica simile a
Corsignano, ricostruita come Pienza. Sono gli anni ’60 del 1400: il grande architetto sarà
Bernardo Rossellino.
Il tema della città ideale che nasce a Castiglione e segue a Pienza viene sentito anche a
Milano.
Esterno della Cappella Portinari, Milano, Sant’Eustorgio, ca. 1460
Sono, questi, gli anni della “Cappella Portinari” a
Sant’Eustorgio – chiesa domenicana – che contiene l’“Arca
di San Pietro Martire da Verona” commissionata da Azzone Visconti a
Giovanni di Balduccio da Pisa.
Fiorentina, come la cappella dei Pazzi, ma con decorazioni in cotto tipiche
lombarde. La cappella è costruita con un grande miscuglio di elementi
lombardi e toscani: uso del cotto lombardo, innesto diretto da Firenze,
probabilmente fu il risultato di un giro di disegni arrivati da Firenze e
realizzato da autori lombardi.
Il ciclo d’affreschi del “Martirio di San Pietro” è realizzato da Vincenzo
Foppa, che raffigura il Santo nell’atto di scrivere la parola “credo” sul
terreno, mentre viene ucciso.
Leonardo riprenderà i grandi paesaggi di Foppa, che farà in tempo a conoscere.
L’ultima promozione culturale di Francesco Sforza è la ripresa dei lavori
alla Certosa di Pavia: dalla fine del ‘400 l’impresa della Certosa può dirsi conclusa.
Abbiamo il ciclo di Bergognone e la “Facciata della Certosa di Santa Maria delle Grazie,
Pavia, dal 1491” di Giovanni Antonio Amedeo, autore anche della guglia
maggiore del Duomo di Milano.
Sempre di Amedeo è la “Cappella Colleoni” – a Bergamo – presso Santa Maria
Maggiore, caratterizzata da un’abbondanza decorativa di gusto classico.
Il successore di Francesco, Galeazzo Maria Sforza, è un committente che ha un
amore fortissimo per l’arte fiamminga, tanto da inviare Zanetto Bugatto a
Bruges per studiare da Van Der Weyden.
Uno dei più grandi rompicapi critici è cos’abbia realizzato Zanetto Bugatto a Milano:
quando torna in Lombardia, un altro pittore d’influenza fiamminga – Antonello da Messina – realizza
importanti opere nella città sforzesca.
Antonello da Messina
L’arte fiamminga, come già detto, arriva per via marittima e Antonello da Messina (d’origine
aragonese) si ferma a Napoli – presso Nicola di Antonio, detto il “Colantonio”, dove entra in
contatto con le splendide collezioni reali di pittura fiamminga e provenzale e può così studiare lo
stile e la tecnica di Van Eyck. Di qui il ricorso alla pittura ad olio, adottata già da decenni nelle
Fiandre, e, grazie alla sua opera, la conseguente diffusione in Italia, dove, nel giro di un paio di
generazioni, sostituisce la tradizionale tecnica dei colori a tempera, dapprima per opere di piccole
dimensioni come i ritratti, poi anche per le pale d’altare. – e viene chiamato a Milano per la sua
grande influenza fiamminga.
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Realizza il “San Gerolamo nello studio”, (1475 circa - Olio su tavola - cm 46 x 36,5 Londra, National Gallery) santo nello studio, con la cornice dipinta sulla tela, con
animali dipinti sulla base di essa. E’ esemplare per dimostrare sia le
derivazioni fiamminghe (non a caso l’opera è stata, in passato, attribuita a
Van Eyck e a Memling), sia la peculiarità dell’impostazione antonelliana: la
minuziosità descrittiva fiamminga, evidente in numerosi dettagli - dagli
animali ai vasi di ceramica sul piano sopraelevato dello studiolo, ai libri
variamente disposti, alle vesti del Santo -, è sostenuta da un insolito
impianto luministico, che unifica, facendoli rifulgere, i molti oggetti. E’ un
capolavoro, il caso più alto di un artista italiano che interpreta i
fiamminghi: per il pavimento in prospettiva a linea ha la finezza d’utilizzare
una tavola di legno di rovere, oltre ai colori ad olio. Umanistico lo studio,
ma per il resto tutto fiammingo. Mensola verso lo spettatore.
Successivamente, Antonello tende ad incentrare la composizione sulla figura umana, accostandosi
alla visione toscana, probabilmente tramite la conoscenza – non sappiamo se diretta o indiretta –
di Piero della FrancescaIl
Dalla collaborazione di Zanetto e Antonello nasce un polittico che non è completo.
Lo scomparto centrale – conservato a Gazzada Schianno – è quello della “Madonna
Cagnola” 1460 (dal nome del collezionista del ‘900), si riteneva essere di Z. e A., ma è di
un Anonimo pittore che conosce entrambi e cita un polittico messinese di A., con una
qualità strepitosa.
Nel 1475/76 A. si trasferisce da Milano – (morte di Galeazzo, guerra di successione tra
Cicco Simonetta e Ludovico Maria Sforza) – a Venezia, dove riscuote straordinario successo.
La “Pala di San Cassiano” (1476, Museo delle Arti di Vienna) è stata
tagliata nell’‘800 da un prete veneziano che l’ha ridotta e venduta ad un
antiquario; un esempio su cui gli autori successivi vivranno di rendita.
Un grande spazio architettonico, il trono di Maria e Gesù è soprelevato rispetto
ai Santi che rimangono col volto all’altezza delle ginocchia della Vergine.
Antonello trova un’arte che è ancora gotica, “colorata” di gusti orientali,
moreschi, bizantini: era nata una tendenza ai “quadroni”, grandi dipinti sacri
di confraternite-scuole dei patrizi veneziani.
Come la “Processione in piazza San Marco” di Gentile
Bellini.
Venezia ha una lunga indipendenza, impero bizantino e
rapporto con l’oriente (gotico) determinano un’arte diversa.
Umanesimo dolce, descrittivo, con scene di storia. La famiglia
Bellini coordina il grande ciclo di tele destinato a una scuola.
La scuola di S. Giovanni custodiva una reliquia che veniva portata in processione, da qui il dipinto.
Bizantino + oriente gotico + umanesimo dolce.
Venezia diventa città simbolo, città ideale. Nel 1476 arriva Antonello da Messina,
nel 1444 a Padova, città universitaria, Donatello lavora alla Basilica di S. Antonio
da Padova. Farà l’altare Maggiore, statue, davanti alla basilica fa il “Monumento
al Gattamelata” (1444), condottiero capitano di ventura. Erasmo da Narni, detto il
“Gattamelata”, umbro vissuto a Firenze, muore e si fa seppellire a
Padova, ove lascia dei soldi affinché gli venisse edificato un
monumento.
Si tratta di un monumento equestre al condottiero – di cui
abbiamo ancora il modello ligneo – che si trova di fronte alla
Basilica di Sant’Antonio. Crea una base altissima, prima grande
statua equestre in bronzo. Rapporto con le statue del classicismo
romano degli imperatori (Marco Aurelio)
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Sarà il modello, fino a Napoleone, di tutta la scultura equestre.
Negli anni ’80 del 1400 sarà un modello confermato a Venezia dal “Monumento a Bartolomeo
Colleoni” per il quale viene chiamato Andrea Verrocchio, che muore durante i lavori: titolare
di una delle più grosse ditte fiorentine, sceglie di trasferirsi a Venezia negli anni della crisi dei
Medici, quando il suo discepolo – Leonardo da Vinci – andrà a Milano.
LEONARDO
Leonardo di Piero – 1452 a Vinci, figlio illegittimo di Ser Piero e una contadina. Lavora a bottega
dal Verrocchio (di cui sarà discepolo) fin dall’età di 9 anni, inizia a dipingere prestissimo.
Personaggio poliedrico, carismatico. E’ diventato leggendario e il mito non aiuta
Una delle prime opere di Leonardo da Vinci è
l’“Annunciazione” (tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi,
1472/1475), che già presenta due temi cari all’artista: il
classicismo come archeologia (evidenziato dal leggio della
Vergine decorato con rosoni) e il gusto della natura – i
cipressi, i pini marittimi, come le montagne che sfumano
sullo sfondo (fiammingo con radici naturalistiche), che
introducono un terzo tema, quello dello sfumato, uno stile tipico di Leonardo.
Un’altra opera giovanile è il “Ritratto di Ginevra de’ Benci” (tavola,
Washington, National Galery of Art, ca. 1475), di chiaro gusto fiammingo, un
dipinto a olio. Natura, rapporto tra capelli e alberi, testa molto rotonda, scorcio
di natura con fiume.
L’eccessivo sperimentalismo di L. porterà Leone X a dire che egli
inizi i quadri dalla fine e alla metà non sappia più come finirli.
Sarà sempre tradito dallo sperimentalismo.
Un esempio di questo sperimentalismo è il monocromo dell’“Adorazione
dei Magi” (anch’esso conservato agli Uffizi) 1481. Chiaroscuro, architettura
sognata, di fantasia, irreale, non finita. Enorme albero coprotagonista della
scena (valenza panpsichista)
Dal 1481 al 1499 (culmine della sua maturità artistica) Leonardo è a Milano, stesso periodo di
Bramante da Urbino). Interazione tra grandi artisti che dialogano alla pari con altri nascenti.
Nel 1481 L. scrive a Ludovico il Moro dicendogli di essere abile
nell’architettura civile; viene quindi cooptato dai De Pretis che saranno i
committenti della “Pala dell’Immacolata” (altresì nota come la
Vergine delle Rocce), destinata alla più importante chiesa francescana
di Milano - la chiesa di San Francesco Grande. Viene affidata a
Leonardo nel 1482: presa dai re di Francia, è conservata al museo del
Louvre.
E’ la Madonna che presenta S. Giovannino orante a Gesù bambino, e un
angelo li benedice. Fittissima vegetazione floreale sul suolo perché la
cultura medievale la collega a Maria. La grotta è sulla strada da
Gerusalemme per la fuga in Egitto però è un’ambientazione insolita.
Il dipinto crea un mezzo trauma per l’ambiente in cui è inserita la
Madonna, per il gioco strano della Maria che indica al Bambino e invita S.
Giovanni Battista a pregarlo, mentre un angelo indica il Battista, in un
gioco di sguardi complesso (il dipinto rimane lì per poco). Nello stesso anno Papa Sisto IV
promuove la riforma liturgica per risolvere la questione dell’adorazione dell’Immacolata
Concezione e dell’Assunta, voluta dai francescani a cui si opponevano i domenicani. Secondo
l’immacolata concezione, Maria veniva vista in maniera molto alta, Sisto IV la accetta favorendo
associazioni di culto e una serie di concessioni, senza di fatto però dichiarare il dogma (proclamare
il dogma, significava dire che bisognava adorare l’immacolata concezione tassativamente).
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Quest’opera pone Leonardo sul mercato milanese e ne edifica il mito, che nasce proprio in questo
periodo e che è “falsificante”.
La Gioconda è diventata una vera e propria icona, un’immagine che al di là del valore artistico assume
un valore stabile, qualcosa di svincolato dalla valenza artistica e si stacca da una valenza ideologica. E’
un’emanazione del grande mito di L. come artista completo (per tutta la vita non sarà in grado neppure
di fare le moltiplicazioni), il genio inventore.
Nei suoi appunti la grande raccolta di macchine concettuali – come per la città di Filottete – non è
finalizzata all’esperienza: il grande equivoco è il mito positivista di L. come antesignano della scienza
moderna; si tratta – in realtà – di un panpsichista, che crede nella natura come una grande anima
mundi in cui l’uomo è solidale a tutti gli elementi del cosmo.
Mentre Michelangelo studierà il corpo umano per rappresentarlo, Leo studiava la natura (alla Royal
Library di Windsor sono conservati dei disegni di feti che studia per comprendere la generazione e i
meccanismi della vita), squartava i cadaveri, ma non per la rappresentazione pittorica: il suo studio
“scientifico” è di tipo magico.
Leo studia i vortici, assegnando loro ca. 2000 variabili, ma il suo interesse è lontano dalla correttezza
scientifica; la stessa invenzione tiene poco conto della fattibilità: anche quando si dà alla
sperimentazione, il suo interesse è artistico, più che fattibile. Ciò vale sia nei confronti del meccanismo del
volo, sia circa le chiuse dell’Adda – che funzionano, ma costano più dei benefici apportati.
Il primo colpevole dei problemi di conservazione delle sue opere è proprio L.: il mito di L. come artista
onnicomprensivo, pioniere dell’‘800 scientifico e della concezione millenaristica del ‘900 è un “fumo”
vasariano.
La storia ha due tendenze: la dietrologia e il pettegolezzo. L. è il meno catalogabile dei grandi artisti
rinascimentali: Raffaello, come Tiziano, è il modello dell’artista cortigiano, caratterizzato da una
sessualità abbastanza normale.
Leonardo e Michelangelo hanno, al contrario, una personalità che sviluppa una matrice nevrotica da cui
è difficile scindere quella ideologica. Per Michelangelo è un grave problema, che vive malissimo, mentre
l’omosessualità di Leonardo è un problema ideologico-panpsichista, che dà vita ad una pedofilia dovuta
alla paura che la donna restasse incinta. Così come sperimenta il sesso coi cavalli: in L. c’è un formale
rifiuto della morale corrente. Compie anche piccoli furti, per spregio.
Tutto questo dà origine ad una tendenza tutta umanistica per cui l’importante è il progetto,
l’eidos/archetipo platonico. L’opera finita è, per Leonardo, qualcosa verso cui è indifferente: di
fatti, la più grande opera di L. sono i suoi manoscritti, una sorta di “zibaldone”. La complessità
emerge sin dalla Vergine delle rocce, che presenta una circolarità di rimandi dagli occhi alle mani
dei soggetti rappresentati: la Madonna benedice con la mano sinistra Gesù, con la destra protegge
il Battista, mentre Gesù benedice Giovanni e protegge un angelo che a sua volta indica il Battista.
La grotta che fa da sfondo all’episodio (tratto da 1 vangelo apocrifo, Giuseppe è reticente e Maria si
rifugia in una grotta nel deserto, ove incontra il Battista) dà vita a un vero e proprio ciclo – che
arriverà alla Vergine delle rocce d’annunziana –, con uno straordinario senso panico della natura.
Pan, mezzo uomo e mezzo capro, è il simbolo di una natura che genera spavento: un pericolo mortale, una
natura misteriosa e terrorizzante; questo è il rapporto di L., e negli stessi anni sarà caratteristica tipica di un
altro pittore con cui L. avrà soltanto un fugace contatto, il Giorgione. È evidente lo stesso animus,
angoscia per la natura.
La Venere delle rocce è molto sporca a causa della vernice protettiva sotto la quale il colore si sta staccando
(una copia si trova alla National Gallery di Londra).
Un momento felice per la Lombardia viene segnato da Ludovico il Moro, che da grande
committente, realizza opere che presentano un grande equilibrio tra interno ed esterno. Ludovico
sposò Beatrice d’Este, dei Gonzaga, promuovendo a Milano una serie di istanze, unendo i ducati di
Milano e di Mantova. In quel periodo esistevano 3 “Lombardie”: una era il ducato di Milano,
sotto gli Sforza, una era la Lombardia veneta, la terza era Mantova, sotto i Gonzaga.
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Nel Rinascimento ci sono 2 corti padane: i Gonzaga a Mantova e gli Este a Ferrara.
Mantegna
La città di Mantova era di Andrea Mantegna; grande artista alla corte
dei Gonzaga, nasce nel 1431 vicino Padova, quindi di formazione veneta.
Lavora alla bottega di Squarciane a a 18 anni decora la Cappella Ovetari
nella chiesa di Padova, poi va a Ferrara alla corte degli Este. Rocce, città
ideali.. spunti veneti. Esegue a Verona per la basilica di S. Zeno il
Polittico di S. Zeno. (Verona, San Zeno Maggiore, 1457-1459)
Quando Mantegna arriva a Mantova, è reduce dell’esperienza padovana,
dove era presente una università poco ortodossa, ricca di esponenti
stranieri. Da Padova, spedisce a Verona la pala di S. Zeno, che presenta caratteri classici come la
loggia sotto cui sono collocati Madonna e santi. Colonne dell’altare in legno proseguono nella
pittura, figure minuziosissime. Dipinto della Città Fortificata: mura diroccate.
Ritratto del cardinale Trevisan: ritratto veneto/fiammingo, di mantegnesco ha solo le rughe,
sottolineature metalliche dei tratti del viso.
Il cuore cittadino era il palazzo ducale, con la camera degli sposi, affrescata alla fine degli anni
60 del 400 dallo stesso Mantenga con la storia di Ludovico III, la moglie Barbara e la loro corte,
utilizzando solo due pareti (le altre due sono decorate a finto tendaggio perché in ombra),
superando ostacoli come il camino, trasformandoli in parte della rappresentazione, come ad
esempio una pedana (carattere di illusionismo pittorico).
Andrea Mantegna, Corte di Ludovico III Gonzaga, affresco, Mantova,
Palazzo Ducale, Castello di San Giorgio, Camera degli Sposi, 1465-1474
Pareti a finto arazzo che fa da tettuccio sulla volta, un pezzo
aperto verso il cielo e 2 affreschi: Nomina a Cardinale, e
Ludovico 3 che incontra il figlio cardinale. Il camino è usato
per farlo diventare pedana, c’è anche lo spessore del
tappeto. Capolino dipinto: finta architettura, Trompe l’oil,
apertura all’architettura dipinta, illusionistica che sarà
tipica del Rinascimento e del barocco.
Trionfo di Giulio Cesare: ciclo per i Gonzaga.
Cristo morto: oggi a Brera, Compianto di Cristo sulla
pietra, prospettiva applicata al corpo umano, piaghe, volti deformati dal dolore di Maria e
Giovanni.
Altro polo di committenza è Ferrara, gli Este, regnanti della città, hanno come esponente Borso,
che con la realizzazione del palazzo di Schifanoia, promuove l’idea di avere una residenza
cittadina, in cui il regnante doveva obbedire ad una etichetta dei doveri di rappresentanza, e una
periferia in cui il regnate poteva comportarsi a suo piacimento, nasce il gusto del relax e di vita
alternativa. Nel salone centrale si ha il più vasto ciclo di affreschi profano, dedicato ai mesi
(l’affresco si divide in tre fasce, in alto si ha il trionfo del mese con le attività protette da questa
divinità, al centro le tre decadi, sotto l’attività di corte in quel periodo dell’anno –si unisce la
sapienza astrologica all’attività di corte-), viene riscoperta l’astrologia. Gli autori del ciclo sono
diversi, guidati Cosmé Tura, Francesco del Cossa e Ercole de Roberti solo in questi anni si ha
un’arte con caratteristiche proprie alla città, si può parlare cioè di arte ferrarese, prima si aveva
un’arte generale, si parlava per esempio di arte a Milano, non più di arte
milanese (dopo la prima guerra mondiale si ritornerà al generico).
Ercole de Roberti realizza la Pala di Porto (Milano, Pinacoteca di Brera,
1480), nella chiesa di S. Maria di Porto a Ravenna, spostata ora nella
pinacoteca di Brera, l’opera ha come soggetto la Madonna con bambino e
santi, è interessante per l’idea del trono, costituito da una base decorata a
motivi mitologici, al centro si hanno delle colonnine che lasciano vedere uno
scorcio di Ravenna.
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Leonardo, Ritratto di Cecilia Gallerani, tavola, Cracovia, Museo Czartoryski,
ca. 1485/1490
Altro capolavoro è la “Dama dell’ermellino”, ossia Cecilia Gallerani,
amante di Ludovico il Moro: lo sfondo era originariamente azzurro,
ma venne ridipinto da Delacroix di nero, esso è uno dei più grandi
ritratti moderni, la veste del soggetto è molto curata (influenza
fiamminga), si ha l’interesse per la natura, tanto che l’ermellino dà il
titolo al quadro (interesse pampsichista, Leonardo vede Dio
immanente nella natura). Probabilmente era una coppia di quadri,
maschile e femminile, l’altro poteva essere Ludovico il Moro.L’animale
non è un ermellino m aun furetto, e ha la stessa posizione della donna
perché per Leo, panpsichista, la donna e l’animale sono la stessa cosa,
stessa natura. La mano è enorme, leo dedica allo studio delle mani una
grande attenzione.
Leonardo ha lasciato diversi disegni, che sono stati ordinati dai collezionisti per argomento,
formando i codici di Leonardo, ad esempio il codice del volo del volo degli uccelli, in cui si ha la
minuziosa descrizione degli uccelli, con i progetti delle macchine per volare. Questi disegni sono
realizzati con la sovrapposizione di diversi disegni sullo stesso foglio.
L’opera maggiore di Leonardo è L’ultima cena affrescata nel
refettorio del convento domenicano di S. Maria delle Grazie
(1495-1497), pilotato da Ludovico il Moro, un dipinto che ha
subito diverse peripezie, dalla sperimentazione di nuove
tecniche di Leonardo, alla guerra, al restauro, l’ultimo ha
messo in luce caratteri nuovi: la bocca di Gesù è come quello
di un agnello sgozzato,riprende la formella del sacrificio di
Isacco di Brunelleschi, la tavola è imbandita alla fiamminga,
Sfilata di cibi e bicchieri (cura eccezionale dei particolari), gli
“specchi” neri sullo sfondo, sono in realtà arazzi (problema
dell’attimo: la scena raffigurata, descrive il “tumulto”
provocato dalla rivelazione del tradimento di uno degli
apostoli, raffigurati a gruppi di tre, con Gesù che si stagli al
centro da solo), tutti dalla stessa parte del tavolo; si ha inoltre l’uso rigoroso della prospettiva. Si
trova davanti alla Crocefissione di Montorfano. Finestre con paesaggio
sullo sfondo. Sfumato, volti con luci e penombra, tridimensionalità.
Nel Castello Sforzesco, Leonardo realizzò la decorazione della Sala
delle asse, (pittura murale, Milano) dove raffigurò un pergolato finto, che
è stato completamente ridipinto. Il tema del bosco nella stanza,
promosso da Leo e Mantenga, sarà usato fino al neoclassicismo.
Dopo il papa muore e Leonardo torna a Firenze (dove tornerà anche
Michelangelo) dove riceve l’incarico della pala della S. Anna Metterza con
Madonna e Bambino, per il quale realizza un cartone giocato sulla tecnica
dello sfumato, che presenta le montagne lombarde che
aveva studiato in passato.
A sx: Leonardo, Sant’Anna Metterza, cartone, Londra, National
Gallery, 1500
A dx: Leonardo, Sant’Anna Metterza, tavola, Parigi, Musée du
Louvre, ca. 1501-1510
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Sull’onda del successo, Leonardo diventa pittore di Firenze, e riceve il ritratto della Monnalisa, la
Gioconda (Ritratto di Lisa del Giocondo (Gioconda), tavola, Parigi, Musée du Louvre, ca.
1503-1506): in origine era più grande, aveva sui tre lati una prospettiva
architettonica ora persa, il dipinto venne completato in Francia
(probabilmente perché Leonardo aveva fatto arrabbiare il committente a
causa del fatto che aveva incominciato dalla sfondo invece che dal soggetto)
dove rimase alla morte dell’artista. È difficile parlare del dipinto, infatti
l’estrema sua fama ha limitato i restauri per paura di scoprire caratteri
negativi, come ripinture successive; è privo della sua collocazione originaria, è
un’icona (indica un’opera che entra nell’immaginario collettivo, mettendo in
secondo piano le valenze estetico-simboliche del personaggio raffigurato). La
Gioconda è un ritratto di ¾ a mezzo corpo di figura femminile, con la
consueta attenzione alle mani, con una tecnica di sfumato molto forte e con una particolare
attenzione al paesaggio.
Leonardo, subito dopo la Vergine, comincia per la corte del Moro un’opera di regista,
organizzatore di feste: ha un’intensa vita mondana, un formidabile rapporto con Foppa,
Borgognone e Bramante. Leo viene usato molto anche come architetto: S. Maria delle Grazie, come
altre opere del Bramante, ha un forte impulso leonardesco. La pittura è, tutto sommato, soltanto
un aspetto marginale.
Esterno e interno del tiburio di Santa Maria delle Grazie, Milano,
Dalla collaborazione con Bramante nasce la
trasformazione di S. Maria delle Grazie: il tiburio è
frutto della cooperazione di diversi architetti, in cui è forte
il ruolo di Leonardo. All’interno la decorazione è a graffito,
una tecnica lombarda, la tribuna venne realizzata per
custodire la tomba di Ludovico il Moro, scolpita da Solari,
di cui si è salvata la lastra con il ritratto del Moro e
Beatrice d’Este.
Bramante: architettura come elaborazione inventiva dello spazio. Non serve a
essere qualcosa ma a rappresentare qualcosa, ad alludervi. Modo nuovo
fondamentale per l’architettura contemporanea.
Donato Bramante, architetto formatosi ad Urbino, sarà l’autore
dell’ampliamento di San Satiro (interno di Santa Maria presso San Satiro,
Milano, dal 1480), che presenta una pianta a “T”: la sacrestia è a pianta
centrale, le absidiole presentano la piccola volta a conchiglia e l’abside finta,
l’architettura viene messa a servizio della rappresentazione dello spazio,
creando ciò che non c’è in uno spazio ristrettissimo; in questo caso, l’abside
non poteva essere realizzato materialmente per motivi di spazio. Bramante
anticipa il grande tema della filosofia moderna: viene rivalutato il ruolo
del soggetto nell’elaborazione della realtà con la scoperta e l’applicazione
del valore simbolico Æ rielaborazione della realtà.
Bramante lascia alcune opere in Lombardia come il Cristo alla
colonna, (tavola, Milano, Pinacoteca di Brera, ca. 1485) oggi a Brera, in
origine a Chiaravalle: si ha il corpo di Cristo in primissimo piano che sta
per essere flagellato, colori metallici perché vi mescolava polvere d’
argento. Corpo monumentale, volto dolente. Finestrella a sx sul
paesaggio, di uso lombardo, lo spettatore è portato a guardarvi. Sul
davanzale c’è una pisside con dentro l’eucaristia, si ha quindi il gioco del
corpo di Cristo fisico, realtà terrena, in primo piano e il corpo di Cristo
simbolico alle sue spalle, pane eucaristico. Dipinto di grande raffinatezza
teologica (cultura benedettina di gran classe)
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Giorgione e Tiziano: a Venezia si ha una “rivoluzione” artistica guidata da un gruppo di nobili
con a capo Giorgio da Castel Franco (Giorgione) e Tiziano Vecellio.
Giorgione muore giovane di peste, Tiziano muore molto anziano, è un grande
monopolizzatore di committenze.
La prima opera di Giorgione è la Pala di Castel Franco (Castelfranco Veneto,
Duomo, ca. 1505). Altissimo cubo su cui è posto il trono di Maria, schema
diffuso a Venezia dalla pala di S. Cassiano di Antonello
da Messina. Paesaggio velato dalla cortina rossa.
Tra le opere successive, i “Tre filosofi” (tavola,
Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1508/1509), in origine
il dipinto presentava anche la sacra famiglia a cui i
filosofi guardavano, successivamente essa venne sostituita dalla natura
panica (un divino che può creare paura). 3 forme di sapere: ebraico, arabo,
classico.
I 3 stanno contemplando il mistero della natura
cupa e scura , l’uomo si sente schiacciato dalla natura.
Nella “Tempesta” (tela, Venezia, Gallerie dell’Accademia, 1506/1508) i
soggetti sono Adamo (sx) ed Eva (dx), con in braccio Caino, la tempesta
non è altro che la conseguenza del peccato originale, anche qui la presenza
della natura è forte e Dio si manifesta attraverso di essa, paesaggio urbano
e naturale con fulmini. Adamo, giovane contadino, è vestito perché prova
vergogna della sua nudità, Eva ha partorito con dolore, il paesaggio è in
tempesta, la città alle spalle è ridotta a rudere (simbolo di decadenza dopo
il peccato originale).
Michelangelo Buonarroti:
nasce nel 1475 a Caprese, vicino Arezzo, Firenze, di famiglia di nobili decaduti. Muore nel 1564.
Essendo vissuto a lungo, ha almeno 4 periodi artistici. Il padre sposa una Rucellai. Carenza figura
materna, padre arido e avido che sfrutta i figli. Michel soffre in famiglia e ha rapporti difficili con le
donne, cerca altre figure paterne.
Lorenzo il Magnifico lo “adotta” sia per committenze che per affetto personale, facendolo vivere a
palazzo come un figlio, dall’età di 10 anni.
Carattere burbero, irascibile, tanto da essere chiamato o “Divino” o “terribile”. Molto religioso ma
con rapporto difficile con la religione. Bisessuale, cerca donne mature per figura materna, non sarà
mai soddisfatto dei rapporti amorosi. Va a scuola di pittura dal Ghirlandaio. L’artista opera in uno
dei più colti ambienti d’Europa, le prime due opere (dal 90 al 91) hanno per iconografo Poliziano:
la prima è la Madonna della scala (marmo, Firenze, Museo di Casa Buonarroti,
1490/1492), che raffigura un episodio strano in cui si hanno gli angeli che
giocano con una piccola croce, Gesù bambino spaventato che si rifugia sotto la
veste della Madonna che a sua volta resta impietrita (grazie, è una scultura…),
è una opera giovanile immatura; emerge la bellezza del bambino che si torce
come volesse ritornare nel ventre della madre, il volto di Maria con il naso
greco… Stiacciato (rilievo piatto) Torsione=tormento,
tipico di Michelangelo.
La seconda opera è la lotta tra i Centauri e i Lapiti,
Centauromachia (marmo, Firenze, Museo di Casa Buonarroti, 1491/1492), in
cui si ha un groviglio di corpi maschili nudi, è un non finibile, infatti è
incompiuta. Molte opere di Michel sono incompiute a causa della sua idea
di presenza della figura del marmo, ossia l’artista doveva solo tirarla fuori,
non la creava, ma questa figura era a volte così forte da non potersi tradurre
in opera compiuta. Arte antropocentrica=uomo nudo uomo ideale
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Dopo la morte di Lorenzo, Michelangelo ha un rapporto difficile con i Savonarola, per questo si
trasferisce a Bologna dove completa l’arca di S. Domenico, iniziata da Nicola Pisano
Successivamente si trasferisce a Roma dove Jacopo Galli gli commissiona il Bacco
(marmo, Firenze, Museo Nazionale del Bargello) che esegue nel 1498, realizzando la
prima scultura monumentale personale, con la visione della bellezza decaduta (si
protende in avanti, bocca socchiusa, sguardo perso…). Bacco nudo e ubriaco,
barcollante, non si accorge di un saturo che gli pilucca
l’uva. Michel utilizza veri modelli.
La “Pietà” (marmo, Città del Vaticano, San Pietro, 14981499) gli viene commissionata dal cardinale di S. Dionigi,
Francia, nel 1498-99 per il Giubileo del 1500, prima
grande commissione sacra di Michelangelo. La Pietà è un’opera con
struttura piramidale, giocata sulla dialettica tra il corpo di Cristo morto
seminudo e l’abbondante panneggio della Vergine realizzata con
sembianze adolescenziali, secondo la credenza che Maria non può
invecchiare, è l’immacolata concezione, vestita perché non ha il peccato
da superare. Questa è l’unica opera di Michelangelo firmata.
Dopo il Giubileo del 1500 realizza la Madonna di Bruges marmo, Bruges,
Cocattedrale Notre-Dame, 1500-1501), con lo stesso tema della pietà, ossia un
bambino molto vigoroso e una parte a panneggio.
Firenze durante il 1500 (vigeva la repubblica), con Pier Soderini, appoggiato da
Machiavelli, ritorna capitale dell’arte: Machiavelli è un grande iconografo e
committente, farà realizzare infatti il David e la Battaglia di Cascina, per
sottolineare la recuperata importanza di Firenze e per esaltare la repubblica.
Tornato a Firenze, dopo la morte del papa (dove c’era Leonardo con
l’incarico della pala della S. Anna Metterza) Michelangelo vince il
concorso per la realizzazione della statua che sarebbe dovuta essere
messa al di fuori del Palazzo della Signoria: per questa committenza pensa alla
realizzazione del David (marmo, Firenze, Gallerie dell’Accademia, 1501-1504), che
simboleggiava la vittoria della repubblica sulla monarchia precedente, nonostante
fosse stato un potere militarmente piccolo e indifeso, proprio come David nei
confronti di Golia. Nella realizzazione della scultura, l’artista incontrò una debolezza
oggettiva del marmo che presentava una vena che avrebbe potuto indebolire e
rendere instabile l’opera, ma Michelangelo si dimostrò particolarmente abile nel
trasformare questa debolezza nel carattere sinuoso del David. Dalla scultura emerge
la profonda
conoscenza dell’anatomia umana da parte di Michelangelo, che si rivelò estremamente abile nel
rispettare le proporzioni del corpo. La testa è in realtà sproporzionata, ma se viene vista dal
piedistallo su cui la scultura sarebbe dovuta essere posta, appare in armonia con il resto
(Michelangelo la ha quindi rappresentata sproporzionata per avere un effetto ottico perfetto).
Nudità come purezza, non ha nulla da nascondere.
La scena raffigurata dal David è il momento di concentrazione prima del lancio della pietra: con la
mano sinistra regge la correggia della fionda e con la mano destra tiene il sasso (Leonardo aveva
colto nell’ultima cena l’attimo dopo, Michelangelo l’attimo prima con l’idea della concentrazione
divina che portava il soggetto ad ignorare il mondo circostante).
Michelangelo nel suo soggiorno fiorentino riceve anche la committenza del
dono di nozze del banchiere Agnolo Doni (amico di infanzia dell’artista) e di
Maddalena Strozzi (aveva una grande dote): realizza un tondo – Tondo
Doni (tavola, Firenze, Galleria degli Ufizi, 1503-1504)- che, secondo la tradizione
sarebbe dovuto esse usato per portare il figlio durante il battesimo; ha per
soggetto la sacra famiglia con la Madonna, che indica i genitali di Gesù, a
indicare che un vero uomo non un angelo etereo, rappresentata scabrosa con
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braccia e ascelle scoperte, considerato poco decoroso per il costume dell’epoca. Alle spalle della
Sacra Famiglia, è stata raffigurata una tomba con S. Giovannino Battista, dietro sono raffigurati
giovani nudi, tutto questo per sottolineare il passaggio dal mondo classico (uomini nudi) e dal
mondo ebraico (Giovannino, ultimo profeta) tomba (morte di Cristo), ma vuota, per la
resurrezione, al mondo cristiano (Sacra Famiglia). LA tomba vuota è il discremen tra noi e il
mondo antico e quello ebraico. Evento drammatico in mezzo. In primo piano Gesu bambino con la
sua vita ricostruita a ritroso. Gesu bambino, gesù risorto. Deve esserci dietro un altro iconografo
molto colto ma non si sa chi sia. Gesù ha i genitali esposti per mostrare che è circonciso, il che
indica:
- l’appartenenza al popolo di Israele, popolo eletto da Dio
- Paternità riconosciuta
- Gesù nuovo legislatore che non disprezza la nuova legge
- Gesù bambino è membro del popolo di Israele di Giovannino
- La madonna poco vestita è classica.
- Forte classicismo. Colori veneti, chiari, cangianti. Ha circa 1,20 mt di diametro.
Poco tempo dopo la realizzazione del tondo Doni, realizza
altri due tondi,
- il Tondo Taddei (A sx: marmo, Londra, Royal
Academy of Art, ca. 1503)
- il TondoPitti (A dx: marmo, Firenze, Museo Nazionale
del Bargello, ca. 1503)
per due committenti fiorentini, entrambe sono opere
sperimentali, sono sculture non finite, secondo una nuova
tecnica introdotta da Michelangelo.
Alla fine del 1502 riceve la committenza delle Statue dei Dodici Apostoli,
applicando l’idea che la figura finale era già presente nel marmo e stava all’artista
tirarla fuori, per questo il S. Matteo (marmo, Firenze, Gallerie dell’Accademia, ca. 1505),
unica opera realizzata, non è “tranquillo”, in esso è presente una torsione, che darà
origine ad una irrequietezza che in epoche successive porterà al manierismo.
L’opera dei Dodici Apostoli non venne realizzata completamente poiché nel 1503
muore Alessandro VI che viene succeduto da Pio III Piccolomini, il quale ordina a
Michelangelo il completamento dell’altare Piccolomini nel duomo di Siena.
Leonardo riceve una committenza ancora più prestigiosa: Machiavelli lo incarica di
raffigurare la Battaglia di Antiari, per cui Leonardo realizza il cartone, per poi realizzare l’opera
sulla parete. Leonardo tentò la sperimentazione dell’encausto (cera bruciacchiata) su una parete di
50 m quadrati, per questo dovette usare enormi bracieri che con il procedere dei lavori,
provocavano lo scioglimento della parte inferiore del disegno.
Aristotile da Sangallo, Battaglia di Cascina, tela, Holkham Hall,
Leicester Collection, ca. 1510 (copia da Michelangelo, Battaglia di
Cascina, 1504-1506). §
Machiavelli, conoscendo la rivalità tra i due artisti, chiama
anche Michelangelo per realizzare la Battaglia di
Cascina: il soggetto erano i soldati fiorentini che in un
torrido giorno di agosto stavano viaggiando contro Pisa,
ma per il caldo si spogliarono e si tuffarono nel fiume, quando però arrivarono i pisani, quindi i
soldati combattono nudi contro i pisani. Michelangelo esagera nella realizzazione, infatti raffigura
il torrente come un fiume impetuoso, i soldati riflettono la centauromachia. L’artista non realizza
l’opera, o meglio realizza solo il cartone a causa del fallimento di Leonardo.
81
Raffaello
Il terzo incomodo è Raffaello: nasce nel 1483 a Urbino, grande culla
dell’umanesimo, figlio di un mediocre pittore, da giovane si muove tra
Perugino e Pinturicchio, quando realizza lo “Sposalizio della Vergine”,
(tavola, Milano, Pinacoteca di Brera, 1504 -da Città di Castello, Duomo) in cui si
vede il tempio a pianta centrale di Perugino, messo a servizio del gioco
prospettico, in primo piano le figure e poi il grande tempio, sopra citato,
recante la data 1504.
A 20 anni arriva a Firenze, dove
favorito da Michelangelo che gli
propone la committenza dei
ritratti Doni-Strozzi (A sx,
Ritratto di Maddalena Strozzi Doni,
a dx, Ritratto di Agnolo Doni, tavole, Firenze, Galleria
Palatina, 1506) con influenze fiamminghe, nel ritratto
Doni, mentre nel ritratto Strozzi si vede l’influenza di
Michelangelo.
Successivamente Raffaello realizza diversi dipinti della
Vergine che rivelano la maturazione dell’artista. Raffaello
torna a Perugia, dove dipinge la “Sepoltura di Cristo”, dove emerge lo
studio di Leonardo e Michelangelo.
Tutti gli artisti migrano a Roma tra il 1503-1506, escluso Leonardo che va a
Milano:
Bramante realizza a Roma il tempietto di S. Pietro in Montorio (ca.
1502-1503), sul Gianicolo dove secondo la tradizione sarebbe stato
crocefisso Pietro, il tempietto è una delle maggiori opere del rinascimento, è
di dimensioni ridotte, ha al pian terreno una serie di colonne che fanno
vedere la muratura posteriore, al piano nobile ha la balconata con le finestre
e la cupola. L’architettura del rinascimento avrà il tempietto come modello.
Nel 1503, dopo Pio III, diventa papa Giuliano della Rovere prendendo il nome di Giulio II
(1503-1512): realizza il grande progetto politico che prevedeva l’eliminazione dei tirannelli per
rafforzare il potere papale su Roma; il garantire alla S. Sede il predominio sull’Italia; impedire alla
monarchie Europee di avere in Italia un dominio preponderante; promuove il rilancio di immagine
della S. Sede, in particolare del Vaticano, scegliendo un team di artisti come Bramante e
Michelangelo. Per iconografo sceglie Egidio da Viterbo.
I poli di questa impresa sono
- La ricostruzione della Basilica di S. Pietro (progetto di Bramante)
- la realizzazione della tomba di Gulio II affianco alla tomba di S. Pietro (realizzatore
Michelangelo)
- il completamento della Cappella Sistina (affreschi di Michelangelo)
- la realizzazione dell’Appartamento Papale (affreschi di Raffaello, in un primo tempo
ai lombardi, le cui opere vennero cancellate da Raffaello)
- la trasformazione del Castello del Bel Vedere in primo museo
moderno (diretta da Bramante)
- l’unione del Vaticano al Bel Vedere con un cortile lungo 1 Km
con un dislivello di 180m (progetto di Bramante).
La cosa importante è che questa operazione è unitaria, con lo scopo di
trasformare il Vaticano nella culla della monarchia papale.
Bramante, Progetto per San Pietro in Vaticano (disegno moderno), dal 1506
82
Il progetto di Bramante di S. Pietro nega la basilica longitudinale per realizzare una basilica a
pianta centrale, giocata sul grandioso schema della cupola maggiore affiancata da quattro cupole
minori (riflette architettura milanese del Duomo e di S. Lorenzo), si avverte un senso di gestione
dello spazio straordinario: progetta un asse centrale, una croce greca e un corridoio quadrangolare
di passaggio. Il progetto si blocca nel 1514 per la morte di Bramante; i successori ritornano alla
pianta longitudinale e, solo 40 anni dopo, il progetto verrà realizzato da Michelangelo che ritorna a
Bramante. Lo schema di S. Pietro sacrifica la funzione liturgica della basilica per valorizzare la
bellezza simbolica.
La tomba di Giulio II, progettata da Michelangelo, prevedeva la realizzazione 40 grandi statue,
il progetto venne accantonato per ragioni di spazio.
Il Bel Vedere viene trasformato in una elegante palazzina piena di sculture, il cortile viene
realizzato con un sistema di terrazze multiple a causa del dislivello che garantisce un grande colpo
d’occhio, sui lati lunghi del cortile vengono realizzati due grandi corridoi, sul lato di fondo spicca il
Bel Vedere.
Nel 1506 viene fondata la nuova Basilica di S. Pietro, il papa fa due scelte: distrugge il ciclo di
affreschi della sua residenza per affidare a Raffaello il nuovo ciclo, contestualmente incarica
Michelangelo di realizzare la volta della cappella Sistina.
Nel 1508 Michelangelo assume il controllo della realizzazione della cappella Sistina,
cambiando l’iconografia che inizialmente prevedeva la realizzazione dei dodici apostoli.
Michelangelo, volta affrescata della Cappella Sistina,
Città del Vaticano, 1508-1512
Michelangelo lavora su una volta irregolare, con
diverse infiltrazioni: esistono una serie di riquadri
centrali alternati tra grandi e piccoli, con i temi della
creazione e del diluvio, tratte dalla genesi; dove ci
sono gli episodi brevi sono presenti ai lati 4 giovani
nudi che reggono le medaglie con le battaglie di
Israele; negli spazi trai pennacchi ci sono alternati i
profeti e le sibille; nei pennacchi e sulle lunette
sottostanti, il ciclo degli antenati di Cristo; nei
pennacchi angolari (4), quattro episodi della salvezza di Israele. Si ha quindi l’estrema complessità
realizzata con un’articolazione rigorosa, c’è una certa ricorrenza di alcuni temi (un primo tema è la
continuità della storia, i nudi stanno a significare il mondo classico che prepara al cristianesimo), si
ha la dialettica tra la bontà di Dio e il peccato dell’uomo (il significato è la protezione di Dio sulla
chiesa), ma per realizzare il tutto si hanno raffigurazioni che passano da raffigurazioni
monumentali a miniature. Il restauro ha messo in luce l’estrema chiarezza dei colori utilizzati.
Nella Creazione di Adamo e quattro Ignudi (affresco, Città
del Vaticano, Cappella Sistina, 1508-1512) è giocata sulla bellissima
intuizione di Dio che sfiora il dito di Adamo per infondergli la
vita, sulla splendida nudità di Adamo, sull’idea dell’imponenza
di Dio retto a fatica dagli angeli e sullo sfondo che non esiste (un
limite di Michelangelo è la raffigurazione del paesaggio in cui non si
cimenta neanche).
I profeti e le sibille sono giocati su colori chiari e su giochi di
finezza come l’angelo che soffia sulla candela. Michelangelo
negli affreschi riprende alcune sue sculture come il volto di S.
Matteo riflesso nel volto di Dio o la mano del David.
Dalle lunette con gli antenati di Cristo traspare l’intento di
Michelangelo di realizzare un soggetto realistico che comunichi un’umanità grandiosa e dolente al
contempo.
Nel 1512 Michelangelo termina la volta, Leonardo viene invitato a dare un suo giudizio: viene
definita grandiosa, Michelangelo è arrivato a un punto insuperabile, solo Dio potrebbe fare meglio.
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Dopo la Sistina si ha la rottura di Michelangelo con se stesso, per continuare
una sorta di evoluzione.
Raffaello realizza il Ritratto di Giulio II (tavola, Londra, National Gallery,
1512): il dipinto segna l’avvio della moderna ritrattistica papale, il papa è
raffigurato seduto, lo sfondo è monocromo, vestito di bianco, con una forte
concentrazione del volto effigiato nella decadenza fisica.
Raffaello riceve l’incarico dell’appartamento
papale: il primo ambiente è lo studio della
segnatura (Città del Vaticano, Appartamenti di Giulio II, 1508-1511),
importante politicamente, è un ambiente molto curato, ha un
pavimento cosmatesco con ascendenza medioevale (ordine
geometrico richiama all’ordine papale), una volta che raffigura il
trionfo delle virtù e delle arti e le quattro grandi lunette delle pareti,
completate da una serie di raffigurazioni a monocromo che
rappresentano la salvezza delle opere letterali dell’antichità.
Le quattro immagini raffigurano il trionfo di 4 scienze: teologia,
letteratura, filosofia e diritto, raffigurati attraverso più episodi.
Trionfo della teologia: noto come
“Disputa del Sacramento”, ma è il “Trionfo
della Trinità e dell’Eucaristia” (affresco, Città del Vaticano, Appartamenti di
Giulio II, Stanza della Segnatura, 1509), si ha Dio rappresentato con la luce
a raggi (simbolo di unità di Dio che si divede nella Trinità)
La seconda parete è il Trionfo della
Filosofia “Scuola di Atene”, con i
filosofi sistematici come Aristotele a
destra verso Minerva, i filosofi intuitivi, mistici e poetici sotto
guidati da Apollo a sinistra. Raffaello effigia in questo affresco
molti personaggi a lui contemporanei, ritratti che pongono dei
raffronti con Platone che in questo caso raffigura Leonardo
(riconosciuta la componente idealistica dell’opera di Leonardo),
Euclide raffigura Bramante (messo in rilievo componente
tecnica-geometrica di Bramante), all’estrema destra c’è Raffello
in compagnia del Sodoma, in omaggio al Sodoma che aveva affrescato in origine la stanza (gli
affreschi erano stati tolti per far spazio a Raffaello) raffigurati come due spettatori.
La terza parete raffigura il trionfo del diritto, la presenza di una porta ha imposto la
realizzazione di tre episodi, Raffaello raffigura il diritto civile (dalla parte della filosofia) e il diritto
canonico (dalla parte della teologia), un episodio è Giustiniano che
riceve il Corpus Iuris Civilis (Giustiniano aveva raccolto la
legislazione romana), mentre nell’altro si ha papa Gregorio IX che
riceve il Corpus Iuris Canonici, il soggetto della lunetta sono le tre
grazie che rappresentano il principio platonico secondo cui il bello è
uguale al vero e uguale al buono.
Sulla parte di fronte si ha il Trionfo della poesia - letteratura, il
Parnaso, un monte della Grecia dove si riunivano i poeti e da dove
sgorgava la fonte che rendeva poetico chi si abbeverava ad essa.
Raffaello risolve il problema della finestra, trasformandola nella base della collina, al centro dei
poeti c’è Apollo, dio della poesia, è presente anche Dante (compare anche nella disputa del
sacramento) probabilmente anche per la fortuna della Divina Commedia.
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Nella stanza di Eliodoro, Raffaello raffigura l’episodio
della Cacciata di Eliodoro dal Tempio di Gerusalemme, da
parte di angeli che erano giunti a protezione del tempio
(Eliodoro doveva saccheggiarlo); tema della salvezza della
Chiesa da parte di Dio (al centro si ha il sacerdote che
prega, a destra Eliodoro cacciato, mentre a sinistra Giulio
secondo in trono che assiste alla scena – collegamento
passato presente). L’episodio ha a contorno una struttura
architettonico che ricorda Bramante, la pittura raffaellesca
ha subito un’evoluzione verso il cupo.
Altro episodio nodale è la Messa (Miracolo) di Bolsena (affresco, Città del Vaticano,
Appartamenti di Giulio II, Stanza di Eliodoro, 1512) che
raffigura un sacerdote boemo scettico sulla presenza di Dio
nell’eucaristia, ma spezzandola da essa esce del sangue che va
a macchiare il corporale. Il papa custodì il corporale nella
basilica di Orvieto. Il miracolo viene letto come il simbolo
della lotta all’eresia, anche qui c’è il problema della finestra,
risolto con un profilo: a sinistra vengono messe un gruppo di
donne spettatrici, a destra Giulio II in preghiera, al centro
l’altare. L’altro episodio è la liberazione di S. Pietro dal
carcere a opera di un angelo, risolto ponendo a sinistra le
guardie, al centro l’angelo che soccorre Pietro e a destra la
fuga dalla prigione, importante è la luce sia dell’angelo che del paesaggio, Raffaello inventa un suo
classicismo, il simbolo e Pietro travolto dal potere politico su cui vince il potere di Dio.
Nella stanza successiva, si ha l’Incendio di Borgo
(Miracolo di Leone IV) (affresco, Città del Vaticano,
Appartamenti di Giulio II, Stanza dell’Incendio di Borgo, 1514)
a sottolineare la beneficenza del papa sulla folla. A destra
si ha la basilica di S. Pietro con il papa che benedice la
popolazione spegnendo le fiamme, a sinistra è presente
Enea, Anchise e Iulo Ascanio che scappano da Troia in
fiamme, raffigurati nudi, per la logica della continuità
storica. Nella possenza di Enea traspare l’influenza di
Michelangelo che stava affrescando la Sistina.
Raffaello riceve la committenza della decorazione ad affresco di una parte
della villa della Farnesina, comprata da Agostino Chigi, ricco banchiere
senese, affrescata al piano superiore dal Sodoma e al piano inferiore da
Raffaello con la loggia di Galatea (Trionfo di Galatea, affresco, Roma, 1511),
ninfa marina, con la danza delle naiadi e dei tritoni, crea il modello
alternativo della pittura profana, pervasa da forte erotismo e vitalismo.
Nel 1512 Giulio II muore, gli succede Giovanni de
Medici, Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico,
cresciuto con Michelangelo,e che si fa
rappresentare come il principe della pace.
Raffaello, Ritratto di Leone X, tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi, 1518-1519.
Il più famoso ritratto di Leone X venne realizzato da Raffaello, in
maniera di versa da quello di Giulio II, Leone viene rappresentato come un
intellettuale.
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Raffaello riceve la committenza degli arazzi con soggetto della storie degli Apostoli, che
sarebbero dovuti andare a decorare la parte bassa della cappella Sistina: per questo realizza dei
cartoni colorati, si ha il ritorno alla natura.
Raffaello, Loggia di Villa Madama, Roma, dal 1518.
Raffaello riceve incarichi architettonici, nel 1514 assume la guida di S.
Pietro, progettando un sistema a pianta longitudinale, l’opera più riuscita
è villa Madama alla periferia di Roma, un edificio decorato da
grottesche, il nome deriva dal fatto che si rifacevano alla Domus Aurea
che era stata seppellita, sembrava quindi una grotta (grottesche)
Raffaello manda al
nord due opere (a
Bologna e a Piacienza):
pala di S. Cecilia (a sx, tavola, Bologna,
Pinacoteca Nazionale, 1515), patrona dei
musicisti, la santa è al centro con quattro santi e
gli angioletti, in basso una serie di strumenti
musicali con caratteri fiamminghi (grande
influenza di Raffaello in Emilia) e la pala di S.
Sisto (a dx, Madonna Sistina, tela, Dresda,
Gemäldegalerie, 1515 - da Piacenza, San Sisto)
con la Madonna (famosi gli angeli alla base), è
giocato sulla visione teatrale data dai due
tendaggi e sulla dialettica tra la monumentalità
della figura maggiori e il tocco infantile del bambino e degli angioletti in basso, lo spazio non esiste,
è negato dalla presenza delle nubi. Questo dipinto è stato comprato nel 700 dalla Germania.
Dal 1521 al 1522 viene eletto l’ultimo papa non italiano, Adriano VI, alla sua morte, diventa papa
Giulio de Medici (Clemente VII), durante il papato del quale avviene il sacco di Roma (1527). Nel
1517 si ebbe la rivoluzione protestante, nel 1519 morì l’imperatore Massimiliano, succeduto da
Carlo V (immenso impero coloniale a livello mondiale).
Alla fine del 400, il re di Castiglia è Enrico IV l’impotente, la sorella Isabella sposa Ferdinando d’Aragona
unificando la penisola Iberica: viene scoperta l’America e conquistata Grenada, ultima città musulmana in
Spagna. Dalla loro unione nasce un figlio, Giovanni (sposa Margherita, figlia dell’imperatore Massimiliano), e
due figlie, Giovanna (sposa Filippo, figlio dell’imperatore Massimiliano) e Caterina (sposerà Enrico VIII, re di
Inghilterra). Giovanni muore di malattia, la corona di Spagna è senza un erede maschio, Giovanna diventa
erede al trono, Isabella e Filippo muoiono, Giovanna a questo punto impazzisce, il trono viene quindi passato
ai figli, Carlo, futuro imperatore Carlo V, e Ferdinando. Carlo chiede Milano, poiché ritiene illegittima la
successione francese al comando della città lombarda. Il nemico giurato è la Francia che teme di
venire schiacciata dall’impero nascente, l’atro grande potere Europeo era quello inglese, Enrico
VIII, il quarto personaggio era l’imperatore turco Solimano il magnifico, il più grande committente
di grandiosi edifici monumentali. La Santa Sede diventa una piccola potenza che subirà il sacco di
Roma a causa della opposizione alla politica di Carlo V che invierà i Lanzichenecchi a compiere
l’invasione.
I seguaci di Raffaello fuggiti da Roma, diffondono l’arte di Raffaello in tutta Italia.
Nel 1512 Giulio II abbatte la repubblica di Firenze restaurando i De Medici, un dominio non
dispotico, anche se mal sopportato perché imposto con una invasione militare, ma i fiorentini,
approfittando della confusione data dall’invasione dei Lanzichenecchi, restaurano la repubblica.
Michelangelo diventa l’architetto della repubblica, dando origine al periodo dell’architettura
militare. L’imperatore riappacificatosi con il papa, assedia Firenze per reinstaurare i De Medici, ma
riuscirà nell’impresa, a causa della strenua resistenza di Firenze, solo dopo 3 anni, quando la città
verrà occupata. Il primo ordine di Clemente VII è quello di salvare Michelangelo, che viene
rimesso a lavoro a Firenze per volere del papa.
86
La grande impresa a cui Michelangelo si dedica dal 1512 al 1540 è la tomba di Giulio II: per la
chiesa di S. Pietro in Vincoli luogo designato per accogliere la tomba, realizza la serie dei Grigioni,
gli schiavi, personaggi atletici raffigurati in atteggiamenti di lotta o di abbandono nei confronti della
materia (la lotta tra l’anima della scultura contro il marmo per uscire dall’involucro marmoreo).
Michelangelo realizza anche un altro progetto, più ridotto, dominato dalla
statua di Mose (marmo, Roma, San Pietro in Vincoli, Tomba di Giulio II,
1513-1515), con lo sguardo fisso e duro tipico del David, con l’intuizione
scenica del panneggio che lascia scoperto il ginocchio.
Michelangelo lavora anche per le tombe dei medici in S. Lorenzo (1527).
In parallelo si ha il fenomeno del Manierismo, con caratteristiche diverse da
zona a zona: è la risposta alla crisi religiosa-politica-militare che cambiò il
mondo, ma è anche la reazione al livello d’arte raggiunto da Michelangelo che
aveva di fatto bloccato l’evoluzione artistica.
In Lombardia nel 1499-1535 Milano è contesa tra Francia e Sforza; l’imperatore
Carlo V diventerà duca di Milano sconfiggendo le due fazioni.
Gaudenzio Ferrari lavora per il Sacro Monte di Varallo Sesia
(Cappella del Calvario, Varallo Sesia, Sacro Monte, ca. 1520/1528), un
luogo dove in una serie di cappelle vengono raffigurati i fatti di Cristo,
poiché servivano luoghi che ricordassero i luoghi dove si svolsero
quegli eventi, a causa della conquista musulmana non si poteva più
andare in pellegrinaggio. Le cappelle presentano affreschi e statue che
si integrano a vicenda, un gusto fortemente popolaresco, unito ad una
forma ascetico-penitenziale.
Questa impresa permette l’applicazione di un forte realismo.
L’altro grande maestro è Bramantino, che prosegue l’attività di Bramante con toni
più gelidi, geometrici, metallici e aspri (Cristo Risorto tavola, Madrid, Collezione
von Thyssen-Bornemisza, ca. 1495/1500)
Il terzo artista è Bernardino Luini, noto autore di opere sacre e di dipinti profani,
lascia gli affreschi del santuario di Saronno. E Bernardino Luini, Bagno e sonno di
Psiche, affresco, Milano, Pinacoteca di Brera, 1520-1523
A Venezia, Tiziano aveva impostato una pittura rinascimentale e grandiosa, che aveva avuto
codificazione nella Pala della Assunta, in quegli anni c’era la presenza importante di Durer:
realizza l’autoritratto in cui l’artista si raffigura come il salvatore del mondo (influenza fiamminghi,
Antonello da Messina e di Leonardo -nella mano-), secondo l’ideologia dell’artista creatore.
A Parma opera il Correggio, dove realizza i suoi più importanti
capolavori: nella Camera della Badessa del convento di S. Paolo
(1519) riprende l’eredità di Leonardo, realizza un pergolato dipinto
con figure di animali dipinti. Realizza inoltre la cupola del Duomo e
la cupola della chiesa di S. Giovanni, cupola ripresa poi a Roma.
87
Un’altra eredità forte è quella di Raffaello e Giulio Romano, che a Roma sotto Clemente VII,
realizza la sala di Costantino (Città del Vaticano, Appartamenti
di Giulio II, 1519-1524) con il ciclo continuo delle storie di
Costantino (imperatore che si converte alla Chiesa) concludendo
il ciclo delle sale papale.
Spostatosi a Mantova, Giulio
Romano lascia il ciclo del
palazzo Te (1524), dove il
tema è amoroso, di Amore e
Psiche, trattato in modo
sensuale ed erotico, Mantova diventa così perno del manierismo
europeo, insieme a Milano, Parma, Roma, Venezia e Firenze.
A Firenze, dopo il ’30, i De Medici, tornano come granduchi di
Toscana, quasi come tiranni.
Negli anni 10-30 del ‘500 Andrea del Sarto realizza (?) la
Madonna delle Arpie (Madonna col Bambino e i Santi
Giovanni Evangelista e Francesco d’Assisi, tavola, Firenze,
Galleria degli Uffizi, 1517), da cui emerge la collaborazione
con Leonardo, per lo sfumato, e di Raffaello, per gli angeli.
In parallelo si ha l’artista Rosso Fiorentino, che realizza la
Deposizione di Volterra (tavola, Volterra, Pinacoteca
Civica, 1521), con criteri fortemente geometrici, cosa che si nota nelle figure che
sono come cubi, e raffigura l’opera con uno sbaricentramento visivo dato dalla
Maddalena che abbraccia i piedi della Madonna.
Durante gli anni 20-30 del 500, Michelangelo realizza la
cappella, sacrestia nuova di S. Lorenzo, la tomba dei De
Medici; realizza una tomba a parete, il sarcofago presenta
2 figure giacenti e 2 lunette che sarebbero dovute essere
affrescate. Una tomba era destinata ad accogliere Lorenzo
il Magnifico, l’altra il fratello Giuliano (a sx: Tomba di
Lorenzo de’ Medici; A dx: Michelangelo, Tomba di
Giuliano de’ Medici, marmo, Firenze, San Lorenzo,
Sacrestia Nuova, 1520-1534).
Nel 1525 si verifica la crisi artistica di Michelangelo. In questo periodo
l’artista, realizza la Madonna (Madonna col Bambino, marmo, Firenze, San
Lorenzo, Sacrestia Nuova, 1520-1534), che sarebbe dovuta andare ad adornare la
sua tomba, che presenta il tema della torsione, già applicata nella Madonna
della scala.
A dx: Michelangelo, Interno della Biblioteca Mediceo
Laurenziana, Firenze, San Lorenzo, 1524-1534.
Adiacente alle tombe, si ha la biblioteca privata di
Lorenzo il Magnifico, la biblioteca Medicea-Laurenziana
comprendente anche il vestibolo. La struttura della biblioteca è stata
realizzata da Brunelleschi, si ha un atrio con intonaco e pietra e colonne
incastrate, il che dà alla struttura un carattere sobrio tipico di
Brunelleschi.
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Nel 1536 Clemente VII confida a Michelangelo il desiderio di realizzare il Ciclo del Giudizio
Universale nella Cappella Sistina, per sottolineare l’importanza del
giudizio di Dio sull’umanità.
Nella parete dell’altare della Sistina, Michelangelo inizia il Giudizio
Universale (affresco, Città del Vaticano, Cappella Sistina, 1536-1541),
mettendo a frutto tutta la crisi in cui era crollato: non si ha un ordine
preciso, bensì uno sviluppo frenetico e caotico, Cristo viene realizzato
glabro. Realizza un giudizio che condanna e non salva, l’unica figura
vestita è la Madonna, secondo la visione immacolista è l’unica che non
ha peccato. Il culmine del ciclo è l’autoritratto nella pelle spellata di S.
Bartolomeo.
Per realizzare il ciclo utilizza colori luminosi, ma sempre meno
rispetto a quelli della volta. L’affresco sembra risentire dell’influenza
del calvinismo, visto che la maggior parte dei soggetti sono dannati e
pochi si salvano della
condanna di Cristo.
Galleria di Francesco I, Fontainebleau, Castello, 1534
Negli stessi anni, Francesco I chiama a Fontembleau
diversi artisti manieristi: in Francia nasce così il
rinascimento.
Benvenuto Cellini realizza la Saliera di Francesco I d’oro e smalti (Vienna, 1540-1543).
Nel 1541 Michelangelo inaugura il Giudizio Universale, mentre papa
Paolo III gli commissiona per la sua cappella personale (cappella
Paolina) i dipinti con la Conversione di S. Paolo e il Martirio di S.
Pietro e Paolo vengono ultimati nel 1543, sono l’ultima opera pittorica,
con impostazione simile al giudizio universale.
Crocefissione di San Pietro, affresco, Città del Vaticano, Cappella Paolina, ca. 1546.
Dagli anni 70 agli anni 90 Michelangelo abbandona la pittura,
prosegue nel disegno, limita la scultura a realizzazioni private (Pietà di
Firenze, per la sua tomba, e la Pietà per Rondinini, realizzata per
diletto). Lavora, come architetto, alla sistemazione del Campidoglio realizzando una piazza
trapezoidale, con 3 palazzi, ponendo nella piazza statue antiche tra le quali la più famosa è quella di
Marco Aurelio al centro; per raggiungere la cima del colle crea una grande scalinata di forte
impatto urbanistico, compiuta nel XVIII secolo, mentre modifica la torre civica rinchiudendola
dentro una nuova torre.
Il papa diventa signore indiscusso di Roma riducendo il potere politico a potere
simbolico, trasformando il Campidoglio, sede del comune laico, in museo (i due
palazzi accanto al palazzo civico sono musei).
Michelangelo e continuatori, Cupola e absidi di San Pietro in Vaticano, dal 1546.
La fabbrica di S. Pietro, dopo la morte di Bramante (1514), un team sotto la
guida di Raffaello porta avanti un progetto di compromesso tra la pianta di
Bramante e la pianta longitudinale fino al 1543, quando diventa capo architetto
Michelangelo che ritorna al primo progetto. Il progetto originario viene però in
parte trasformato, infatti Michelangelo punta a realizzare 1 grande cupola
centrale con 4 cupoline minori, per cui era necessario aumentare del doppio il
diametro dei pilastri, punto debole del progetti bramantesco. Michelangelo morirà alla vigilia della
montatura della cupola centrale, la calotta verrà realizzata da una squadra lombarda, abili nella
costruzione di cupole, cambiandone di poco le misure.
89
Nel 1560 a 86 anni Michelangelo, su incarico di Pio IV, realizza Porta Pia
in onore del committente, con lo schema dei due facciate identiche, una
grande porta finemente ornata, elementi molto sobri, l’edicola con lo
stemma pontificio, con elementi austeri, modificando così il rapporto partetutto secondo l’idea di sprezzatura.
Realizza la Pietà di Palestrina (marmo, Firenze, ca.
1545/1550) che presenta il corpo di Cristo morto, con
possente anatomia che si contrappone alla Madonna e alla Maddalena, appena
sbozzate, grezze, nella dialettica degli opposti.
1550 Michelangelo scolpisce inoltre la Pietà di Firenze, pensata inizialmente
per la sua tomba, viene completata da un allievo, presenta il corpo della vergine
appena sbozzato e il corpo di Cristo vigoroso, con alle spalle Nicodemo (colui
che mette Cristo nella tomba), che è l’autoritratto dell’artista da vecchio.
Michelangelo realizza la Pietà di Rondanini (marmo, Milano, Civiche Raccolte
d’Arte al Castello Sforzesco, 1552-1564) in due fasi: negli anni 40 scolpi Cristo morto,
sorretto dalla Madonna (forse in realtà anche dalla Maddalena), ma durante la
lavorazione emerse una forte anima di ferro che provocò l’interruzione del lavoro.
Nel 1555-60 l’opera venne ripresa e della vecchia edizione terminò solo la parte
superiore, lasciando incompleto il resto, l’ultimo colpo venne dato prima di morire
nel 1564. La parte superiore viene realizzata a “martellinate”, il volto di Cristo è
ridotto a caratteri semigeometrici, con aspetti quasi astratti, realizzando un’opera
inarrivabile, con bruciante sperimentalismo (Michelangelo è iconografo, autore e
committente dell’opera). La struttura si articola con una forma a luna che parte
dalla testa della Vergine e ricade sul ginocchio di Cristo.
In questi anni si verifica il fenomeno della stabilizzazione della Chiesa cattolica, nel 1517, inizia a
confrontarsi con la rivoluzione protestante che provoca una frattura europea. Il problema era se
riconoscere o meno il potere civile superiore a quello religioso, spesso si aveva un re che era anche
capo della chiesa. In questo periodo nasce il calvinismo che si afferma in Svizzera, Olanda e
America del Nord. Si afferma con il luteranesimo l’idea che il fedele è il sacerdote di se stesso, era
necessaria quindi un’alfabetizzazione collettiva, visto che era necessario leggere direttamente i testi
sacri, si ha inoltre anche l’idea calvinista della predestinazione, anche se si poteva verificare se Dio
aveva concesso la grazia con il successo materiale (si ha un forte sviluppo economico in campo
lavorativo). Il nord Europa diventerà il baricentro della scienza, dell’editoria e della modernità,
mentre il sud Europa diventerà la periferia, un luogo di regresso, l’Italia sarà quindi luogo di
conservazione dell’arte non più di produzione, ancora oggi si vede questo in campo artistico, sono
ben pochi gli artisti italiani famosi a livello solo europeo.
Negli anni ’30 si contrappongono due tesi:
• la prima scelta era battere Lutero con le sue stesse armi, ossia facendo una riforma della
Chiesa, c’era però il rischio di fare confusione mettendo insieme i contrari.
• La seconda era lo scontro diretto e duro contro i protestanti, rischiando così di andare
contro il pensiero cristiano della benevolenza e il rischio che una serie di posizioni fossero il
risultato dell’ardore polemico. Si arrivò per esempio a obblighi tipo il divieto di leggere la
Bibbia privatamente, solo il prete poteva leggerla, quindi, per andare dalla parte opposta dei
luterani, ma così si ridiffuse l’analfabetismo.
Con il Concilio di Trento la chiesa cattolica ristabilisce l’ordine al suo interno (la controriforma):
nasce l’indice dei libri proibiti, si ha la censura dell’arte.
Su questo argomento si scontrano due visioni:
- la prima, che si afferma subito, richiedeva un’arte chiara, deve evitare l’ambiguità, deve
essere serena e tranquilla;
- la seconda voleva un’arte commovente, che stimolasse l’emotività, che scuotesse il fedele.
90
Si afferma quindi inizialmente una pittura noiosa, secondo la prima visione, solo nel 1600, quando
si ebbe una relativa stabilizzazione, si poté introdurre gradualmente la seconda visione.
Nel 1559 viene firmata la pace di Cambresis, che riporta l’ordine in Italia, dove viene stabilito
l’equilibrio tra le potenze europee, l’Italia diventa dominio spagnolo.
L’arte diventa la macchina per la produzione del consenso, ad esempio a Firenze, Vasari realizza
il salone del 500 a Palazzo Vecchio, in cui raffigura le vittorie di Cosimo primo, la città diventa il
teatro del principe o del reggente.
Francesco I fa realizzare la Statua dell’Appennino (pietra, Pratolino, Demidoff,
1571) nel giardino della villa Medici a Firenze, da GianBologna, dalla cui mano
sgorga l’acqua, nella testa c’è una stanzetta dove pranzare, si ha, quindi, una
dimensione sognante, quasi come un gioco.
Tiziano cambia stile, si era dedicato a fare belle donne e brutti uomini: Venezia
diventa capitale della prostituzione mondiale, è la città dove si vendono i quadri
da camera con soggetti erotico-mitologico.
Realizza la Danae, (tela, Napoli, Galleria Nazionale di
Capodimonte, 1546) madre di Perseo, è l’inizio di una nuova
visione della donna, vista come un soggetto robusto e formoso.
Tiziano compie una serie di ritratti di Carlo V, l’imperatore
viene visto come soldato cristiano, tramite l’uso della pittura
arcaica per la realizzazione del cosiddetto ritratto di stato.
A Venezia, l’evoluzione dell’arte viene bloccata da Tiziano: si formano due grandi artisti,
Tintoretto e Paolo Veronese.
Tintoretto realizza la Comunione degli apostoli, con una pittura cupa, che predilige il
gigantismo, con una ricerca dell’effetto grandioso.
Veronese propende per una pittura più classica, misurata e chiara. Convito di Levi, tela, Venezia,
Tintoretto sarà l’autore del più grande dipinto su tela, il Giudizio universale, di 14 X 72m.
Palladio, che aiuta più volta Veronesi, realizza a Vicenza la Villa della
Rotonda (Villa Capra) 1550, con una tecnica rigorosa, classicista e
geometrica.
L’ordine religioso che meglio incarna la nuova
ideologia della Chiesa è quello dei Gesuiti,
fondato da S. Ignazio, ordine guida della cultura cattolica. Fondano a
Roma la Chiesa del Gesù, (Facciata, Roma, 1571-1584) fondata su disegno
di Michelangelo e realizzata da architetti lombardi (Giacomo della Porta e
continuatori): in essa ci sono alcuni dei più antichi esempi della pittura
senza tempo, una pittura fredda, chiara, semplice, la pittura
controriformista (la prima visione).
Nel frattempo la Basilica di S. Pietro aveva dei problemi: si pensò di
creare una navata per i fedeli, per questo viene chiamato Carlo
Maderno, che modificò la struttura e la facciata, segnando la fine della
questione della scelta della pianta centrale o longitudinale, crea di fatto
una pianta centrale allungata.
Carlo Maderno, Facciata di San Pietro, Città del Vaticano, 1607-1612.
91
Nel 1555-56 Carlo V abdica, creando la divisione tra i due rami degli Asburgo, il ramo spagnolo e
quello austriaco: al fratello Ferdinando resta quello austriaco, mentre al figlio Filippo lascia i
domini spagnoli, i Paesi Bassi e l’Italia.
Filippo fonda il grande il complesso monumentale del
monastero di S. Lorenzo maggiore a El Escorial (Juan
de Herrera, 1563-1584): la pianta èun quadrato che ricorda
la graticola su cui è stato martirizzato Lorenzo, è un
complesso memoriale a ricordo della battaglia di S.
Quintino in cui gli spagnoli batterono i francesi (10 agosto).
È una grande basilica ed è anche un grande palazzo reale.
Filippo inventa Madrid, trasformandola in capitale
burocratica ed economica: è una città strana, non si capisce
qual è il centro, non ha una vera cattedrale (era a Toledo), è solo luogo burocratico.
Al contempo il ramo austriaco viene controllato da Rodolfo II, che chiama
alla sue corte Giuseppe Arcimboldo, che realizza il ritratto dell’imperatore
(Rodolfo II-Vertumno, tavola, Skokloster, Castello, 1589) con una composizione di
frutta e fiori: raffigura il dio autunnale come simbolo dell’imperatore,
secondo una visione fortemente pampsichista.
Praga diventa la città magica di oggi.
1600
Nel 1600 si tiene il grande Giubileo secolare, il rogo di Giordano Bruno
segna la fine dello scontro cruento all’interno della Chiesa.
A Roma operano i riformatori, ossia i Carracci (Ludovico, Annibale e Agostino) e
Caravaggio.
Un’opera emblematica di Ludovico è L’Annunciazione
(tela, Bologna, Pinacoteca Nazionale, ca. 1585) che segna una
novità: un tono infantile e affettuoso (la poetica degli
affetti), per sottolineare la dolcezza dei tratti; ci sono luci
interne (lo spirito santo, la luce dell’aureola di Maria) e una
luce che piove da sinistra sul ginocchio dell’angelo; la
finestra è tagliata per dare una sensazione di immediatezza,
come una fotografia fatta senza che ci si sia messi in posa; i
fiori che tiene in mano l’angelo sono
particolari realistici che avrebbero senso
al di fuori del contesto sacro; le vesti sono
classiche, fuori dal tempo.
In questo tipo di pittura si ha la componente classica e mitologica di
Michelangelo: Annibale Carracci realizza il ciclo che decora la galleria Farnese
a Roma (1598-1600), il ciclo di Bacco e di Ercole, compiuto nel 1600, con
l’influsso di Michelangelo, ma del nudo del Michelangelo manca la componente
dell’angoscia, è un nudo sereno e tranquillo.
A Roma arriva in questi anni Caravaggio: la sua attività si suddivide in due
percorsi, uno chiaro dal 1595 al 1599 e uno scuro dal 99 al 1610.
Caravaggio realizza la Cesta di frutta (Canestra, tela, Milano, Pinacoteca
Ambrosiana, 1594), la fiscella, l’unica natura morta a noi pervenuta: l’opera
venne comprata da Federico Borromeo e donata all’ambrosiana. La cesta è
posta su un piano, uno sfondo monocromo e un raffinato rapporto simmetrico
delle forze, giocata sull’apparenza della casualità, ma in realtà studiata a fondo prima della
realizzazione, si ha il tema della vanitas (memento mori), ad esempio la mela è bacata.
92
Caravaggio realizza una serie di bacchi, con a soggetto dei ragazzini che
portavano in mano una cesta di frutta (Ragazzo con canestra, tela, Roma,
Galleria Borghese, 1594): si ha la tecnica della camicia cadente, che fa vedere
la spalla, una nudità non eroica, bensì di carni decadenti.
Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, tela,
Roma, Galleria Doria Pamphili, 1595.
A termine del primo periodo, raffigura il riposo
durante la fuga in Egitto (collezione Doria di
Roma): rappresenta una grandiosa natura, usa una elevata dolcezza
raffigurando la Madonna e il Bambino e il S. Giuseppe che tiene aperto
un libro di musica che un angelo utilizza per suonare la ninna nanna a
Gesù, si ha inoltre una visione prospettica forte.
Caravaggio riceve la commissione del ciclo di S. Matteo per la
cappella Contarelli, nella chiesa di S. Luigi a Roma, in vista del giubileo del 1600: si ha una
suddivisione in 4 quadri, il primo è S. Matteo e un angelo, la
conversione di S. Matteo (tela, Roma, San Luigi dei Francesi,
Cappella Contarelli, 1600) e l’ultimo il Martirio di S. Matteo (il
quarto è andato distrutto). Caravaggio raffigura l’episodio della
conversione di un interno, in cui si ha Cristo che indica il tavolo a
cui è seduto Matteo che non si capisce bene quale sia, a causa del
fatto che si ha un signore con la barba che indica se stesso, quindi
Matteo potrebbe essere lui.
Secondo un’altra linea interpretativa, il signore con la barba
potrebbe indicare un giovane che conta i soldi.
L’ambiguità è voluta per indicare il fatto che Matteo potrebbe
essere chiunque, nel senso che per tutti c’è l’occasione di una
conversione, o peggio può capitare che se Dio chiama noi non rispondiamo alla chiamata,
continuando a fare quello che stiamo facendo.
Nella raffigurazione del Martirio di San Matteo (tela, Roma, San Luigi dei
Francesi, Cappella Contarelli, 1600) si ha S. Matteo che viene martirizzato,
con il carnefice semi nudo, un bambino che scappa terrorizzato (primo
urlo della storia dell’arte), inoltre trasforma l’immagine tradizionale della
palma dei martiri (in questo caso raffigura un angelo che fa fatica a dare la
palma a Matteo). Caravaggio rende il simbolo così realistico per rendere la
religione reale, ma un’altra linea vede un Caravaggio ateo, per questo si ha
questo realismo, la tersa linea vede un Caravaggio libertino che si muove
nella cultura cattolica, ma che ha in mente un atteggiamento di
scetticismo, diffidente.
Il terzo quadro è S. Matteo che scrive il Vangelo ispirato da un angelo che enumera i principi
secondo cui scrivere, l’angelo è avvolto da un lenzuolo.
Altra opera sono i dipinti a contorno della la pala d’altare
della cappella Cerasi a Roma, con la conversione S.
Paolo (tela, Roma, Santa Maria del Popolo, Cappella
Cerasi, 1601) e la Crocifissione di S. Pietro (tela, Roma,
Santa Maria del Popolo, Cappella Cerasi, 1601). Paolo è
raffigurato giovanissimo, a Terra con le mani spalancate
con un cavallo gigantesco che non è toccato dalla scena
(Paolo è appena caduto da cavallo).
93
Pietro è rappresentato come un vecchio, la pelle è cadente e flaccida, il secondo tocco di bravura è
la fatica degli aguzzini che issano la croce (si ha il parallelo tra la corda tirata da uno dei boia e i
tendini del piede di un altro).
Nella “brunetta” si ha una prostituta romana morta annegata, che presenta il cadavere della
meretrice rappresentato con grande attenzione, il dipinto sarà censurato. È presente la
componente del drappo usato da Raffaello nella Madonna Sistina.
Caravaggio scappa da Roma e si rifugia nel meridione, in particolare a Napoli, dove
realizza la pala delle opere di misericordia (misericordia corporale) - tela,
Napoli, Pio Monte della Misericordia, Cappella, 1607.
È presente la carità romana, che sfama il padre chiuso in una cella, condannando il
proprio figlio a morire di fame.
Caravaggio realizza a Malta (governata dai cavalieri di Malta) il martirio di S.
Giovanni Battista, nella cattedrale di Malta, una scena del subito dopo la morte di Giovanni per
decapitazione, la scena è un interno-esterno, guardando il dipinto non si capisce subito se la scena
è ambientata all’esterno o all’interno, se non per la prigione alle spalle che rivela che la scena è
all’esterno (la grata è ispirata alla liberazione di S. Pietro)
Dopo si affermano due realtà:
- si ha un filone caravaggesco che diffonde il linguaggio di Caravaggio nel mondo (i pittori
sono internazionali, non solo italiani). Importante è Giovanni Serovine, che realizza il S.
Pietro e S. Paolo condotti al martirio, martirizzati lo stesso giorno secondo tradizione: nel
dipinto si hanno i due che si incrociano lungo la via al calvario mentre sono strattonati dagli
aguzzini, il gioco è la dialettica tra la confusione dei soldati e gli sguardi dei due martiri.
- Sulla scia dei Carracci, si ha il filone del classicismo, il cui maggiore esponente è Guido
Remi: realizza l’episodio del carro di Apollo per il casino Pallavicini, una palazzina di Roma
utilizzata come dependance.
Barocco – 1600 – Pittura Milano
Nel 1600 nasce il barocco, affiancato al classicismo a Caravaggio e ai caravaggeschi.
A Milano dal 1560 al 1584 esiste un grande personaggio quale Carlo Borromeo, vescovo della
controriforma: nel 1603 sarà fatto beato, negli anni in cui vescovo di Milano è Federigo Borromeo,
il quale promuove un ciclo di dipinti che avesse come soggetto le storie di Carlo.
Il ciclo è realizzato sotto la regia di Giovanni Battista Crespi, che applica elementi di
grandiosità, solennità e stupore (l’episodio è quello di S. Carlo che vende un feudo per sfamare i
poveri, per realizzare questo Giovanni usa molto il teatro).
Altro grande pittore è Pier Francesco Mazzucchelli: non ha il senso della misura, nelle sue
opere riprende il manierismo.
Cerano, Morazzone, Giulio Cesare Procaccini, Martirio delle Sante
Rufina e Seconda (Quadro delle tre mani), tela, Milano, Pinacoteca
di Brera, ca. 1623.
Il terzo grande sono i Procaccino, il più grande è Giulio
Cesare: con Crespi e Mazzucchelli realizzerà il quadro
delle tre mani, il martirio delle sante Ruffina e Seconda.
Il quadro presenta i caratteri differenti degli artisti: il boia è di
Mazzucchelli, sulla sinistra opera Crespi, mentre il resto
è di Giulio Cesare, si ha inoltre il tipico carattere Barocco del
gioco sul macabro.
94
Altro grande è Tanzio da Varallo, protagonista del S. Monte di Varallo: realizza
il Davide e Golia, gli elementi più significativi sono il volto infantile e dolce di
Davide (tela, Varallo, Pinacoteca, 1616-1617) e il testone brutto di Golia, ossia il
gioco dei contrasti.
La peste del 1630 sarà la fine della generazione di questi artisti.
Accanto a questi pittori, si afferma l’architetto Ricchini, di lui ci è pervenuta la
chiesa di S. Giuseppe, in cui realizza un impianto
rinascimentale, alternato allo stile barocco.
Polo dell’innovazione dell’arte è Genova dove arriva Pietro
Paolo Rubens, che esegue ritratti della nobiltà del denaro genovese: il ritratto era
uno strumento di crescita e affermazione sociale. Rubens inventa il ritratto di
stato, che girerà per tutta Europa: la figura è di tre quarti, con drappo rosso a
sfondo e architettura alle spalle del drappo, il segreto del pittore è la teatralità e la
grandiosità accompagnata da grande cura e realismo. Ritratto di Brigida Spinola
Doria, tela, Washington, National Gallery of Art, 1606.
A Roma diventa papa Urbano VIII Barberini, che si rivelerà grande committente: sogna di
essere il nuovo Giulio II, per questo commissiona Bernini molte opere, proprio come Giulio II con
Michelangelo, in un rapporto di affettività estrema.
Sul piano pittorico viene realizzata la volta di Palazzo Barberini a Roma che è
il Trionfo della Divina Provvidenza, (affresco, Roma, Palazzo
Barberini, 1633-1639) capolavoro di Pietro da Tortona, il
primo grande ciclo barocco moderno.
Gian Lorenzo Bernini per i Borghese realizza il David
(marmo, Roma, Galleria Borghese, 1623-1624) e Apollo e
Dafne: David aveva il problema dei precedenti, in particolare
con Michelangelo, per questo realizza un David nel pieno
dell’azione, con la faccia nello sforzo del lancio della pietra,
seminudo, che crea un effetto di torsione.
Per Apollo e Dafne (marmo, Roma, Galleria Borghese, 1622-1625.) il
discorso è simile: si ha Dafne che si sta trasformando nella pianta di alloro e Apollo
che sembra disperato.
Bernini lavora al Baldacchino di S. Pietro (bronzo legno e marmi, Città
del Vaticano, San Pietro, 1624-1633): è in bronzo parzialmente dorato
(preso dal Pantheon: ciò che non fecero i Barbari lo fecero i Barberini…)
si fa aiutare da Borromini.
Bernini lavora anche alla realizzazione della Tomba di Urbano VIII
(bronzo e marmo, Città del Vaticano, San Pietro, 1628-1647) in S.
Pietro, la quale presenta dei rimandi a Michelangelo: il particolare che
attira l’attenzione è certamente la morte che cerca di cancellare il nome
del papa dal libro dell’eternità, il sarcofago è di Michelangelo, la struttura è
ulteriormente abbellita dalla carità e dalla giustizia.
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Il papa successivo non ebbe lo stesso rapporto con Bernini.
Bernini è l’autore della gloria in S. Pietro, la finestra di fondo della
basilica che presenta lo Spirito Santo, rappresentato simbolicamente da
una colomba, circondata da raggi e angeli.
Sotto il periodo del papato di Alessandro VII, Bernini riceve la
committenza del colonnato di S. Pietro, realizzando una struttura a
trapezio che si apre in un’ellissi, considerata una forma geometrica
migliore del cerchio (144 colonne), con al centro l’obelisco di Sisto V.
Nel 1663 mentre Bernini lavora alla piazza, il papa riceve la richiesta da
parte del re di Francia Luigi V di inviare Bernini a corte: all’architetto
viene affidata la ricostruzione del palazzo del Louvre, ma non ottiene buon esito, evento che segnò
la fine del primato dell’arte italiana nel mondo, soppiantata dall’arte francese.
L’ultima grande opera in cui Bernini è impiegato è la tomba di Alessandro
VII (marmi bronzo, Città del Vaticano, San Pietro, 1671-1678): crea un modello
alternativo alla tomba di Urbano VII, ossia il modello con la statua del papa
non più in trono, ma inginocchiato in preghiera. Altro elemento interessante è
lo stratagemma utilizzato da Bernini per superare l’ostacolo oggettivo di una
porta: la porta diventa iconograficamente la porta della morte, sopra è
presente lo scheletro con in mano una clessidra (passare dl tempo) e che regge
il drappo di marmo (gioco della metamorfosi, il marmo sembra tessuto), in
ultimo le quattro statue ai lati.
Bernini è il più grande regista barocco, lui coordina i lavori per la
realizzazione di un opera, facendo di fatto pochissimo in termini materiali.
Bernini è il primo che percepisce a fondo la dimensione ludica dell’arte, nell’ottica dello spettacolo,
cioè l’arte doveva comunicare qualcosa, una comunicazione più alta, che portasse lo spettatore a
vivere l’opera d’arte.
Il Borromini è un’artista ticinese, che si rivelò il più grande avversario di Bernini, in lui c’è
l’ostentazione della propria capacità tecnica lavorativa, ma egli intuisce che per affermarsi era
necessario unire la sua competenza di cantiere alla dimensione intellettuale della matematica
(rispetta le proporzioni armoniche della natura): per la Cupola di S. Carlo
alle quattro fontane, utilizza un’ellissi determinata dalla decorazione
geometrica di esagoni, che crea un effetto che rende la chiesa più grande di
quello che è. Lavora per S. Ivo alla Sapienza, cappella dell’università, fatta con
la facciata concava, che diventa convessa, sormontata da un capolino a tiburio
(modello Chiaravalle milanese).
Borromini riceve la committenza, per il Giubileo del 1650, di riqualificare S.
Giovanni in Laterano (committente papa Innocenzo X): era necessario salvare
almeno un pezzo della chiesa vecchia per rendere l’idea della continuità, per
questo trasforma la navata maggiore in un ottagono tagliando i quattro spigoli,
aggiungendo le statue degli apostoli per aumentare il carattere sacrale.
Francesco Borromini, Colonnata di Palazzo Spada, Roma, 1653.
A palazzo spada, opera Bramante, mettendo in pratica le sue abilità
architettoniche, realizzando una galleria di 2 metri, ma a vederla sembra
molto più lungo, realizza quindi un gioco illusionistico che permette al
soggetto di interpretare la realtà e non di vederla rappresentata in modo
banale.
96
Alessandro Algardi, bolognese di origine, come scultore lascia molte opere tra cui l’altare di S. Leone Magno
in S. Pietro con soggetto S. Leone che ferma Attila sul Mincio, prima grande pala marmorea dell’età moderna.
Diego Velàzquez y Silva, Ritratto di Innocenzo X, Roma, Galleria Pamphili, 1650.
Importante per Roma fu Diego Velasquez, arrivato nella città laziale nell’anno
1650, realizza il ritratto di Inocenzo X che riprende l’eredità di Raffaello
trasformandolo con l’impasto di colore, che richiama il barocco, tramite una
stratificazione di differenti tinte. Il quadro segna il recupero del colore come
valore pittorico, secondo il primato della matericità del colore.
Negli anni 70 del ‘600 Bernini si impegna nella
realizzazione della decorazione della volta della chiesa Gesù
dei Gesuiti, con il trionfo del nome di Gesù, (affresco e stucco, Roma, Gesù,
1669-1679) Bernini ha di fatto dato solo l’idea, lasciando la realizzazione ad
altri (Baciccio). Le figure dipinte sono mischiata a figura a stucco e sagomate,
integrando così pittura e scultura.
Per la realizzazione della cupola di S. Ignazio, viene chiamato
Andrea Pozzo che realizza una prospettiva architettonica
dipinta, unendo la pittura all’architettura in modo diverso agli
artisti precedenti (la pittura raffigura l’architettura), secondo lo schema del
quadraturismo (Trionfo di Sant’Ignazio, affresco, Roma, Sant’Ignazio, 1691-1694).
Nel 1700 muore Carlo II, quindi si scatenano le guerre per la successione al trono
di Spagna, i disordini termineranno nel 1748 con la firma della pace di
Aquisgrana, alla fine la Francia terminerà di essere una superpotenza Europea, si
avrà l’equilibrio tra Austria, Inghilterra, Prussia e Francia.
Agli inizi del settecento la Russia con Pietro I il grande, intraprenderà il processo
di occidentalizzazione.
Un fenomeno interessante è quello della pittura dei pitocchi, che aveva come soggetto dei
mendicanti, il maggiore esponente fu Giacomo Cerutti.
A Roma la crisi del ‘600 si riflette in un dato significativo, la città si era richiusa in se stessa,
riproponendo le sue tradizioni: esempio può essere la fontana di Trevi, con un evidente rimando al
passato, con carattere spiccatamente barocchi.
Nel sud Italia, la nuova monarchia borbonica tende ad affermarsi con una
serie di residenze regie: la reggia di Caserta, il palazzo reale di
Napoli,… la reggia di Caserta comprende il palazzo preceduto da una vasta
piazza d’armi, l’asse delle vasche e l’immenso giardino, è opera di Van
Vitelli, diorigine fiamminga, che realizza lo schema della reggia, ispirato a
Versailles, con rigore prettamente geometrico
e regolare, non solo per un aspetto estetico,
ma anche per una maggiore sicurezza in
caso di terremoto, visto che la regione del sud Italia in particolare
era soggetta a molte scosse sismiche.
All’interno della reggia, è presente lo scalone, che presenta una forte
visione scenografica, le statue che decoravano la costruzione sono
state spostate al museo di Napoli.
A Torino si ha un problema simile a quello di Napoli, risolto in maniera analoga. La neonata
monarchia sabauda (da duca a Re di Savoia), reinventa Torino come capitale, trasformando la città
tramite l’inserzione di diversi complessi monumentali, nel ‘600 il più grande protagonista sarà
Guarino Guarini: lavora nella cappella della Sindone, con lo schema alla Borromini. Nel 700
avviene la costruzione di una serie di residenze intorno a Torino di cui la più bella è la palazzina di
Caccia di Stupinigi, realizzata da un team sotto la direzione di Filippo Iuvarra.
97
Rococò
Negli anni 20-30 del 700 si ha il passaggio del barocco nel rococò, ossia un’arte simile al barocco
per le scelte dal punto di vista formale, ma in più si ha l’idea della comodità, l’idea della preziosità,
di cui il simbolo è il bibelot, ossia i soprammobili di porcellana dipinta con raffigurazione di
scenette teatrali, che rende la vita lodevole (nascono in questo periodo i divani odierni).
Nel 700 nasce la cucina rococò caratterizzata da porzioni microscopiche, nasce la cioccolata, si ha
un ideale femminile diverso, una donna pallida, anoressica. Nasce il concetto del raffinato in
piccolo, esplode l’arte orientaleggiante.
Nel 1715, muore Luigi XIV, sale al trono il pronipote, un bambino, quindi viene nominato come
reggente Filippo che fa di tutto per introdurre un regime diverso dal re sole, con una maggiore
libertà di pensiero, viene elaborato il linguaggio del rococò.
Altro importante polo è l’area asburgica, che avevano definitivamente cacciato i turchi dall’Europa,
con la necessità di ricostruire le zone disastrate dalla guerra dei trent’anni.
L’unica città che contribuisce artisticamente al rococò, è Venezia, città distrutta dal punto di vista
di potenza militare, la città sceglie di morire in allegria, diventando la capitale dei divertimenti (il
carnevale era praticamente senza fine).
In questa cultura il pittore più rappresentativo è Giovanni
Battista Tiepolo, che realizza molti dipinti giganteschi, le
sue figure sprizzano gioia, nella villa Val Marana di Vicenza
è presente il sacrificio di Efigenia (pittura murale, Vicenza, Villa
Valmarana ai Nani, 1757): è un episodio tragico che trasmette
comunque un effetto idilliaco.
Tiepolo lavora in Germania (a Wurzburg, dove affresca il
grande ciclo di elogio del principe della cittadina), a Madrid
(dove opera al palazzo reale), Tiepolo lavora molto in Lombardia, in particolare a Milano (palazzo
Clerici).
Tiepolo ha la totale mancanza di differenza tra l’arte sacra e arte profana, una pittura che prescinde
dai generi. Egli è un artista di livello Europeo.
Rosalba Carriera, che per prima fa la scelta di un unico mezzo raffigurativo del pastello che le
permette di avere colori tenui, acquerellati, raffinati, adatti al rococò, individua una tecnica
facendola diventare mezzo di distinzione e riconoscimento. I suoi ultimi dipinti sono realizzati
quando era praticamente cieca.
Vedutismo
La terza grande area artistica è quella del vedutismo, un settore che ha come oggetto la
raffigurazione di particolari scorci di città famose. Nasce il sottogenere del capriccio, ossia
un’ambientazione reale in cui vengono inseriti elementi irreali di tipo architettonico. Le radici di
questi due stili erano puramente turistici, ossia i viaggiatori forestieri portavano a casa le vedute
delle città come si fa oggi con le cartoline (le dimensioni erano differenti, si passava da piccole
raffigurazioni, a grandi quadri).
Il più grande dei vedutisti era Antonio da Canal, detto il Canaletto, che avrà la consacrazione
Europea con un soggiorno a Londra.
Altro artista era Bernardo Bellotto , che operò in Germania e in Polonia, dove realizzò una serie
di vedute di Varsavia, Dresda e Cracovia, talmente analitiche che sono state utilizzate per la
ricostruzione dopo la seconda Guerra Mondiale.
Il terzo grande è Francesco Guardi che più spesso ricorre al capriccio.
Il capolavoro di Guardi è il quadretto dell’isola di S. Giorgio dove l’azzurro del cielo e del mare
sembrano fondersi.
Si passa dalla pittura di committenza alla pittura di mercato, ossia i quadri venivano fatti in serie,
successivamente esposti per essere comprati, il committente non c’è, c’è invece l’acquirente (viene
modificata sul piano sociale la figura dell’arte, che si libera, ma si serializza).
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In quegli anni la cultura inglese cominciava a esercitare un forte influsso sul resto d’Europa:
l’Inghilterra diventa protagonista della politica mondiale, abbandonando qualsiasi pretesa
dinastica, curando solo le “conquiste” economiche; si hanno due importanti fenomeni:
il grande incendio nel 1666 che semidistrugge Londra, consente di ricostruire tutto in modo
unitario, non viene cioè accettata la ricostruzione a pezzi (si ha una unica tipologia, un unico
modulo da seguire per realizzare l’intento architettonico). Il progetto è possibile leggerlo solo in
parte oggi a causa della seconda guerra mondiale. Il grande ideatore è Christofer Wren,
principale autore della facciata di S. Paolo.
Altro grande personaggio è William Hogarth, che è l’autore di serie di quadri: ne la serie del
contratto prematrimoniale, si nota la scelta di soggetti appartenente alla alta società, una pittura
che sottolineava il carattere ipocrita della società inglese.
Neoclassicismo
Negli anni 30, si ha l’Enciclopedia coordinata da Diderot e Dalambert: è il testo più noto
del 700, è la polarizzazione dell’illuminismo, è una serie di testi unita a una serie di immagini
estremamente curate (soggetto arti e mestieri). Contemporaneamente nasce la sistematica
moderna, per cui si classificava, attraverso i tre nomi latini ogni specie di esseri viventi.
L’enciclopedia è il primo caso in cui gli strumenti di lavoro diventano un oggetto d’arte esteso, si ha
così la resurrezione del primato tecnico che era tramontato da secoli. Si ha così la rivoluzione
figurativa e architettonica nota con il nome di neoclassicismo: gli illuministi sono nati e vissuti
nel rococò, il neoclassicismo esplode negli anni 70 del 700, dimostra subito la sua utilizzabilità a
prescindere dal regime a lui contemporaneo, si hanno infatti fenomeni storico-politici e ideologici
molto diversi tra loro, accaduti però contemporaneamente. Uno dei primi ambiti in cui l’arte
neoclassica elabora un modello iconografico repubblicano è l’America, si realizza negli stessi anni
in cui l’America diventava uno stato unitario. In America il più grande architetto è Thomas
Jefferson, che si era formato alla scuola di un grande architetto neoclassico francese di Pier
l’Enfant, che fu colui che progettò la città di Washington sfruttando al meglio le valenze naturali
come il fiume e le colline, creando una serie di situazioni urbanistiche come il grande asse est-ovest
o l’asse nord-sud con al centro l’obelisco di Washington da cui si calcolano le distanze. Jefferson
lavora nella università della Virginia dove progetta la biblioteca adoperando lo schema del
Pantheon e della Rotonda di Vicenza (si ha l’esaltazione del sapere e della cultura), è l’esaltazione
del fatto che gli USA sono la nuova Atene e nuova Roma, in termini repubblicani e laici.
Nasce in questi anni l’architettura utopistica, una architettura progettata già sapendo che non
verrà realizzata, verranno fatte cose credibili con caratteri sperimentali più accentuati, con nuove
soluzioni. È un modo per mettere in discussione le radici dell’architettura, il maggior esponente e
Ledoux che realizza il progetto per la casa di doganieri: è una sfera a tre piani.
A Milano si ha il tentativo riformatore che trova nel neoclassicismo la propria espressione: Milano
era sotto gli Asburgo, che mettono in atto un progetto di riforme che ha nel catasto il punto
culmine. Gli austriaci agiscono nei luoghi cardini della città: le operazioni sono dirette da Giuseppe
Piermarini, ideologo dell’operazione.
A Roma il neoclassico nasce intorno a tre personalità: la prima è quella del cardinale Alessandro
Albani, che costruì villa Albani con una grande collezione di arte
antica. Il secondo è Winckelmann, che si forma a Dresda,
arrivato in Italia diventa il maggiore propagatore degli scavi di
Pompei. Il terzo è Anton Rafael Mengs che lavora a Roma
lasciando l’affresco del salone di villa Albani, con il trionfo di
Apollo e delle Muse, dove viene ripreso il Parnaso di Raffaello: è
l’opera manifesto del neoclassicismo maturo.
Negli anni ’80 Jaque Luis David, realizza a Roma il
Giuramento degli Orazi (tela, Parigi, Musée du Louvre, 1784):
si hanno i tre che giurano, il sovrano che dà le spade e a destra i
parenti che si disperano per l’imminente lotta.
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Nel 1789 scoppia la rivoluzione francese, David diventa il pittore della
rivoluzione, realizzando quadri come Marat, accoltellato nel bagno (Marat
assassinato, tela, Bruxelles, Musée des Beaux-Arts, 1793), in ottica eroica antica.
In Inghilterra si ha l’Adam stile, famiglia di architetti che realizza molte
dimore dell’aristocrazia inglese, con un dato tipicamente inglese quale la
cura per l’arredamento, un’attenzione maniacale,
elemento dominante nella cultura della comodità.
In questi anni si forma Antonio Canova, che
inizia come scultore di burro
Una delle sue prime grandi opere in marmo, è la tomba di Maria
Cristina d’Austria (marmo, Vienna, Augustinerkirhce, 1798-1805), dove
applica lo schema della piramide funebre nella cui parte alta è presente il
ritratto della morta.
Con Napoleone si ha lo stile impero con due componenti proprie:
l’abbondanza di emblemi
napoleonici, come la lettera N,
oppure la presenza dell’aquila imperiale. L’altro elemento è
quello egizio, Napoleone aveva tentato di conquistare
l’Egitto, ci riuscirà solo in parte, il che avrà come risultato
la nascita della moda egizia (piccole piramidi…).
David diventa artista imperiale,
realizzando l’Incoronazione di Napoleone (tela, Parigi,
Musèe du Louvre, 1805-1807) e di sua moglie, a Notre Dame,
con un effetto monumentale e solenne.
Napoleone nelle clausole di pace, metteva sempre una cospicua donazione di opere: il Louvre
“esplode”, verrà trasformato nel museo di oggi.
A Milano Napoleone realizzerà una serie di archi, aveva anche pensato al foro Bonaparte: il
progetto prevedeva la trasformazione del castello Sforzesco nel nucleo di una piazza circolare, alle
spalle doveva svilupparsi un asse verso la Francia. Il progetto verrà completato dagli austriaci,
trasformando l’arco del trionfo di Napoleone, nell’arco della pace per celebrare il ritorno della pace
in Europa. Nel periodo napoleonico si ritornerà all’idealizzazione del soggetto.
Antonio Canova, Paolina Bonaparte Borghese come Venere vincitrice,
marmo, Roma, Galleria Borghese, 1804-1808.
Paolina Bonaparte si fa rappresentare come Venere Genitrice: la
figura sdraiata, seminuda…
Dall’inizio dell’800 esiste un’arte di regime, del potere, l’arte delle
nuove accademie (es Brera e Venezia), con la logica del raggruppamento di molti dipinti del
passato come repertorio visivo per i nuovi artisti, in parallelo nasce un’arte di sperimentazione, di
avanguardia, che corre il rischio di diventare accademici a lungo andare, diventando la moda della
generazione successiva, un’arte romantica.
Heinrich Füssli è autore di una pittura fatta di incubo (Incubo, tela,
Francoforte, Goethemuseum, 1781), visioni oniriche, una pittura
all’opposto dell’ordine e della compostezza del neoclassico, che
sottolinea la dimensione bestiale dell’uomo e l’impulsività
istintiva. Il quadro diventa caotico, scombinato e sconfusionato.
100
I romantici si sentono delusi con la caduta di Napoleone che aveva fatto nascere l’eroismo militare,
diventa una ventata anticlassica, che si traduce nel recupero e nell’idealizzazione del medioevo che
diventa età di luce.
Goya è uno dei nemici di Napoleone in Spagna, realizza il
quadro della fucilazione (Il 3 maggio 1808: fucilazione
alla montagna del Principe Pio, 1814, Madrid, Prado) in cui i
fucilati sono contrapposti all’inumanità dell’oppressore di
cui non si vede il volto, un nemico che diventa una
struttura non una persona, mentre i fucilati sono giocati
sul corpo di uno dei condannati riverso in un lago di
sangue a braccia spalancate e l’altro personaggio in veste
bianca con le braccia spalancate prima di essere ucciso.
Delacroix raffigura la
Libertà che guida il popolo sulle barricate, (Parigi, Musée
du Louvre, 1830.) che ha il carattere allegorico della Marianna
a seno nudo (purezza), con in testa il cappello frigio, con una
mano regge la bandiera e con l’altra tiene il moschetto. Altro
soggetto importante è il “monello” al lato della Marianna, che
eroicamente venne ucciso durante i combattimenti. Viene fuso
così l’allegoria al realismo.
In Italia, la situazione politica era diversa, c’era meno libertà, la nobiltà è la grande produttrice di
arte, spesso arte di regime, perché decoro e sogno di distinzione: il più grande è Francesco
Hayez che ritrae numerosi personaggi della nobiltà.
Il dipinto di Predica di Pietro l’Eremita (Collezione privata, 18271829) che predica la crociata, è il primo quadro storico dell’età
moderna: è un quadro con i personaggi in costume con
ambientazione medioevale, con particolari di epoche successive
come un capello piumato. In quegli anni la grande esperienza
collettiva e sociale era l’opera lirica, che esplode in quegli anni, in
realtà non era altro che un momento di comunione e incontro.
L’opera lirica crea un carattere scenografico, che si rileva anche nel
dipinto sopra che ha un’enfasi anche eccessiva.
Contemporaneamente si ha un gruppo di giovani tedeschi guidati
da Oferbak che scelgono una vita austera trascorsa a dipingere, i monaci della pittura, tanto che si
vestivano e si comportavano come monaci anche se non lo erano, dipingendo con una pittura che si
ispirava ai modelli del medioevo e del rinascimento. I Nazareni, questo il loro nome, intendono
far coincidere vita e arte.
In quegli anni, 50 dell’800, l’Europa vive un periodo di stabilizzazione grazie alla restaurazione
post-napoleonica. La cultura francese manteneva un forte legame con gli USA: la statua della
libertà era l’emblema di questo legame, l’operazione che portò alla sua
realizzazione fu di alto livello (realizzazione in Francia e trasporto in
USA).
Nasce il storicismo e l’eclettismo: il primo è lo stile
architettonico che imita in modo rigoroso uno stile del passato, di
solito prevale l’eclettismo che mescola gli stili del passato, creando
un’arte di citazioni. L’Opera di Parigi presenta uno scalone eclettico.
101
Espressionismo, cubismo, surrealismo, futurismi e astrattismo.
L’espressionismo è un movimento tedesco di cui Kirchner è il maggiore esponente, giocato su
figure fortemente espressive, con contorni marcate, è l’unica avanguardia non nata a Parigi.
Vicino alla 1° guerra mondiale nascono 3 nuove avanguardie: cubismo, surrealismo, futurismi
e astrattismo.
Manifesto del cubismo è Les demoiselles d’Avignon, tela, New York,
Museum of Modern Art, 1907.*, con figure ridotte a gruppi geometrici
scomposti e ricomposti, leggendo la natura sotto l’aspetto
geometrico, scomposta e ricomposta dalla mente dell’artista.
Il surrealismo è una realtà più complessa, secondo cui i parametri
sono saltati (si hanno soggetti materiali come ad esempio bistecche
vere e proprie a soggetto dell’opera).
Il più grande artista surrealista è Grosz che si rifugia negli USA
perché oppositore al nazismo: realizzerà il responsabile del settore 2, porrà il problema della
relazione tra arte e satira, si ha una alta capacità estetica.
I futurismi hanno 2 componenti: il futurismo italiano e una serie di movimenti europei che
hanno molti punti in comune con il futurismo, si ha l’idea del progresso, dell’esaltazione delle
macchine che porterà a scelte ideologiche diverse (quello italiano porterà all’intervento in guerra,
quelle europee si svilupperanno dopo la prima guerra mondiale).
Ne “La città che sale” di Boccioni, si ha un movimento simile
all’estetica dei suprematisti russi.
Tra il 1917 e il 1924 si ha la rivoluzione in Russia: si sviluppa un’arte
antiaccademica, di sperimentazione.
In Italia al futurismo si affiancano 2 realtà diverse: la pittura
metafisica, arte inquietante, con spazi architettonici che celano prospettive pericolose (De
Chirico), e il protorazionalismo giocato tra S. Elia e Terragni operosi a Como: S. Elia era un
giovane architetto che realizzò l’architettura immaginaria, città utopistiche.
L’ultima grande avanguardia è quella astratta: segna la fine delle avanguardie storiche, la
liberazione totale dell’immaginario come elaborazione incomprensibile della realtà. Si ha un
atteggiamento di rifiuto verso quest’arte intellettuale, non valutabile con parametri tradizionali.
Il punto finale dell’eclettismo è stata la seconda guerra mondiale, stile che mettendo insieme
tutto e il contrario di tutto genera il consenso in molti osservatori, correndo comunque il rischio di
realizzare opere che non erano assolutamente accettabili.
Nel 1858 Degas realizza la prima opera di quello che sarà l’impressionismo, prima avanguardia
storica, la prima corrente pittorica avente come scopo il ribaltamento dei concetti dell’arte
accademica. Si ha il problema della valutazione se gli artisti delle avanguardie avessero la
consapevolezza di fare qualcosa di nuovo, il problema di quanto esistesse un post-impressionismo.
Edgard Degas, La famiglia Bellelli, tela, Parigi, Musée d’Orsay, 1858-1860.
Il Ritratto della famiglia Bellelli di Degas iniziato nel 1858,
è un dipinto preimpressionista, ma lo è più come intuizione: si
ha la postura anticlassica del padrone di casa, viene data una
maggiore attenzione all’impressione che doveva dare il colore, il
tappeto a macchia è impressionista perché si pensa alla
percezione (la distanza è importante, se si guarda da vicino
l’effetto è differente che se visto da 2 metri).
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Edouard Manet, Le déjeuner sur l’erbe, tela, Parigi, Musée
d’Orsay, 1863.
Nel 1863 i primi pittori impressionisti danno un mostra,
identificativa del movimento: il pezzo più noto è di Manet,
la colazione sull’erba, il pittore si autoritrae con un
amico e due donne. Gli elementi innovativi sono la natura
morta che si riferisce al passato (fiammingo), si ha la
prospettiva sfumata (la profondità non è ben percepita), si
ha la nudità banale delle donne (la nudità non imbarazza i
soggetti, non è una nudità erotica).
La sensualità subisce una repressione furibonda, lo scandalo
del quadro è il fatto che il nudo è un nudo tranquillo,
indifferente. Altro elemento steso con una spatola, per creare l’effetto continuo e robusto; l’opera è
immersa nel paesaggio, l’osservatore è rialzato, il centro è la donna in primo piano; si hanno giochi
di posizione delle gambe dei soggetti, l’arte non prescinde da una robusta preparazione tecnica
derivante anche dallo studio del passato (fiamminghi, Raffaello, Michelangelo, Leonardo,
Caravaggio,…).
Negli anni 60 si ha il culmine dell’impressionismo: si ha l’autonomia del
colore, il primato dell’intuizione pittorica, nasce la fotografia che si affianca
all’impressionismo, ponendo il problema del realismo.
Monet realizza la Regata (Regata ad Argenteuil, tela, Parigi 1872): il gioco
del riflesso sull’acqua è risolto a spatolate veloce, che danno l’idea
dell’immagine interrotta dalle onde.
Renoir utilizza un colore nebuloso, per dare lo sfumato, secondo l’idea che la
nitidezza è un’astrazione, un fenomeno ottico.Renoir utilizza a soggetto dei nudi,
o meglio dei soggetti che si stanno spogliando, conferendo un carattere maggiore
di sensualità. Da notare che i pittori non davano il titolo al quadro, il titolo
vennero dati quando scoppiò la moda degli impressionisti,
prima si avevano titoli generici come “paesaggio”. PierreAuguste Renoir, Studio: torso, effetto di sole, tela, Parigi,
Musée d’Orsay, 1876.
Paul Cézanne, Ponte di Maincy, tela, Parigi, Musée d’Orsay, 1879-1880.
Altro grande è Cezanne che insiste sull’effetto di scomposizione del soggetto,
che porterà ad una pittura a spatolate.
A sx: Auguste Rodin, Balzac, bronzo, Parigi, Musée Rodin, 1891-1898.
A dx: Auguste Rodin, Porta dell’Inferno, bronzo, Zurigo, Kunsthaus, 1890-1900.
Rodin è uno scultore impressionista, che realizza gettate di bronzo
con un volto riconoscibile che emerge dalla massa corporea
disordinata.
In Italia si hanno i macchiaioli che realizzano
quadri giocati su colori contrapposti tra loro, il
maggiore è Giovanni Fattori. (In vedetta,
tela, Collezione privata,1872)
103
In Italia l’ondata impressionista arriva con l’unità nazionale (1861), con 2 conseguenze: necessità di
costruire luoghi del proprio potere e la necessità di darsi un aspetto unitario inventando un
linguaggio architettonico diffuso sul territorio nazionale.
A Milano il cimitero monumentale presenta il gotico pisano, sono gli anni del mito dell’unità e
Toscana patria dell’arte e della lingua italiana, evitando così di affrontare la tradizione locale.
Nasce l’architettura umbertina, in ricordo al sovrano Umberto sotto cui l’Italia si unifica. A
Milano si hanno 3 fenomeni: le soppressioni, le musealizzazioni e restauri in stile. A partire dalla
metà del 700, vennero promossi le soppressioni di confraternite e edifici religiosi, inizia quel
processo che prese il nome di scristianizzazione, che portò all’aumento di opere d’arte sul mercato:
la pinacoteca di Brera raccoglie e divide molte opere. I restauri in stile erano l’effetto della
riscoperta del medioevo, che portò alla realizzazione di restauri pesanti, con distorsioni, vennero
eliminati gli intonaci,…
Negli anni 80 dell’800 si ha una seconda ondata impressionista, il divisionismo, caratterizzato
dalla tecnica di pennellate, dividendo il colore per studiare gli effetti della luce: anima di tipo
pampsichista, sottolineando il legame dell’uomo della natura.
Segantini è uno dei più grandi esponenti: realizza Le due
madri, (tela, Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna, 1889)
in cui si ha il paragone uomo natura.
L’altra anima è quella
socialista che trova
espressioni in
Giuseppe Pellizza da Volpedo che realizza Il quarto
stato, (tela, Milano, Civica Galleria d’Arte) un dipinto icona,
che si gioca sulla massa di proletari guidati da un contadino,
un operaio e una madre con un bambino, Polizza prende
un’ideologia e la traduce in un linguaggio pittorico adeguato.
In parallelo si sviluppa in Francia il puntillismo di cui Seurat è il massimo esponente, la
scomposizione del colore arriva alla punteggiatura, gli esseri umani sono ridotti a manichini, nasce
con esso il post-impressionismo che diede origine a Lautrec, Gauguin e Van Gogh.
Lautrec, discente dai conti di Tolosa, è ossessionato dai suoi difetti che lo portano a una vita
mondana con la frequentazione di bordelli: il tema dei suoi dipinti sono la visione della casa di
appuntamenti, in cui si hanno prostitute decadenti, raffigurate con tratti veloci, con la
contrapposizione tra il pesante arredamento e le sottovesti delle donne.
Gauguin, vive 4 periodi:
- Parigino: si ha un pittore influenzato dall’impressionismo, egli si autoritrae come una testa con
una aureola con una composizione di fiori e frutta, che apre al surrealismo
- Bretone; realizza Le donne che assistono alla lotta tra Giacobbe con l’angelo, con
prospettiva falsata data dal suolo rossastro
- Provenzale: pochissime opere per la lite con Van Gogh
- Taitiano: si sposta a Tahiti dove realizza quadri con
soggetti femminili, con un taglio geometrico con
riferimento alla scultura mahori, si ha il
neoprimitivismo, il ritorno alle origini.
Van Gogh è incaricato in giovane età di andare nelle
zone dei mangiatori di patate: realizza una serie di dipinti
con marrone su sfondo giallastro, con tratti abbruttiti.
Successivamente si sposta a Parigi e in Provenza,
realizzando dipinti luminosi con soggetti di natura morta
(Girasoli e serie di autoritratti e serie dei corvi -natura
incombente con pennellata chiaramente riconoscibile-).
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Simbolismo: Moreau è il maggiore esponente della corrente, si ha un’arte ricca di particolari
simbolici, morbosa (Testa mozza di Giovanni Battista che appare a Salomet, con sfondo
orientaleggiante).
Naif: è un’arte spontanea e animalesca, una corrente volutamente elementare. Rousseau realizza
una serie di dipinti orfici e misteriosi, quasi magici.
Munch: realizza “Pubertà”: raffigura una ragazzina
che ha avuto la sua prima mestruazione, è una
giovane terrorizzata, fragile, pudica, il letto bianco,
l’arredamento è quasi inesistente, l’ombra nera alle
spalle è l’obra della morte (Munch legava sempre
vita e morte, il diventare donna è l’inizio della
decadenza), è un’opera provocatoria per il tema,
anche se raffinata per il metodo di trattazione.
Realizzerà il celebre Urlo (Oslo), in cui si ha la
figura sfatta ridotta a scheletro e le linee del cielo.
In Austria nasce la Sezesion, in cui si ha la secessione dalle accademie (Klimt, Schile).
Schive raffigura spesso se stesso in atteggiamenti amorosi con la moglie, una serie vastissima di
quadri con lo stesso tema: si ha l’impietosità degli autoritratti, Schile è ossuto, la moglie è formosa
e rappresentata impudica, secondo il desiderio ossessivo di fare del proprio corpo oggetto indagine
e quasi estraneo a se stesso, usa un colore che deriva dalla sovrapposizione di altri, rendendo il
corpo molto più in movimento di quello che è in realtà. Altra componente è il rimando al gotico e al
fiammingo, nel gusto maniacale del dettaglio.
Fino alla prima guerra mondiale, l’Austria vive un momento di pace, diventando uno dei poli della
cultura Europea, in questa realtà vive la Sezesion che scomparve con il crollo dell’Austria con la
grande guerra, a cui si unì l’epidemia di spagnola. La pittura di Klimt, è
simbolica, alterna realismo a geometria: “le tre età” è giocata sulla dialettica
della donna che abbraccia una bambina e una donna che piange, che si risolve
con il grigio della vita e il nero della morte.
La Sezesione si ha anche in architettura: il palazzo della sezezion è il
risultato della cooperazione tra Vagner e Holbrish, un palazzo geometrico con
una cupola traforata in rame dorato, una cultura liberty.
Lo stesso discorso vale per l’opera di Gaudì nella Catalogna: la Sagrada
Famiglia.
Dopo la prima guerra mondiale si ha la nascita di regimi autoritari o semi
autoritari in tutta Europa.
Si hanno fenomeni costanti quale la volontà di creare un’arte di regime ufficiale per identificare
quel determinato sistema politico, la forte attenzione all’arte come strumento di consenso, la
repressione di quegli artisti ritenuti contrari. Esistono artisti di opposizione, artisti che hanno
pagato il tributo ai regimi, altri che hanno aderito ai regimi. Si sviluppa un’architettura effimera
legata a situazioni particolari e un’architettura che mirava a mantenere vivo nei secoli il regime, nei
regimi totalitari le arti effimere non si avevano. I regimi autoritari , come quello di Franco in
Spagna, hanno come unico scopo quello di governare, di conseguenza si aveva la possibilità di
avere anche un arte non solo di regime: Franco realizza la valle dei caduti, un mausoleo vicino a
Madrid, egli non fa architetture effimere perché non aveva bisogno di ottenere
il consenso del pubblico.
Anche in Russia non si ha l’architettura effimera a causa del fatto che Stalin
aveva in mente solo l’eternità. Per la mostra del ’32, Mario Sironi realizza una
galleria effimera.
Nell’architettura permanente si annovera la casa del fascio a Como,
progettata da Terragni, ai piedi della collina di Brunate.
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L’opera di Giuseppe Sommaruga a Varese (Palace Hotel) fa di Varese capitale del liberty. In una
Lombardia immersa nel liberty, Terragni sceglie di andare controcorrente a vantaggio di una
assoluta sobrietà che riduce il classicismo a estremo rigore geometrico. Il modello di Terragni è
Brunelleschi che riduceva al minimo l’apparato decorativo, ma si aveva il pericolo di cadere nello
squallore, ma Terragni gioca la struttura sulla dialettica dei pieni e di vuoti, nella casa del fascio si
ha il pieno sulla destra e il grigliato sulla sinistra. Si ha lo studio maniacale dell’equilibrio, si vede
quindi lo studio di Caravaggio, si ha inoltre il voluto impatto della massa bianca della costruzione
contro il verde della collina alle spalle. È un gioco reso accentuato dalle dimensioni ridotte
dell’edificio, costruito con la pietra d’Istria. L’ondata del razionalismo costringe l’architettura a
ridursi a un numero limitato di scelte: o si realizzano le villette, o si applica un razionalismo senza
anima di un’architettura geometrica che, in Terragni, non può essere privata delle sue istanze
simboliche, si cercava quindi l’equilibrio delle forme (il decoro era l’equilibrio geometrico).
In parallelo si ha Mario Sironi che applica in pittura l’architettura: i soggetti sono spesso le
periferie, senza personaggi, o sceglie soggetti come tram per carattere centrale del quadro. Sironi
ha la capacità di trasformare gli edifici in masse fortemente contraddistinte con tinte di colori.
Giorgio Morandi a Bologna realizza un unico soggetto iconografico: le bottiglie, riscoprendo così
il tema della natura morta applicato con una ricerca dai caratteri quasi maniacali.
Nel mondo Nazista oltre a mitizzare l’età classica romana, esalta anche il sacro romano impero, per
ricostituire una eredità diversa, non propria per mitizzare la razza germanica.
La guerra civile spagnola (1936-1939) segna l’inizio della crisi che porterà alla seconda guerra
mondiale:
Picasso ha un ritorno al cubismo, realizza Guernica, dove
si ha la forte della qualificazione ideologica che gioca a
scapito della comprensione realistica, adopera il cubismo
per raffigurare la destrutturazione della guerra, per
raffigurare la morte delle persone. La figura dell’uomo con
le braccia spalancate deriva da Goia (fucilazione), Picasso si
sottomette però alla retorica rischiando di essere poco efficace nella lotta contro il regime. Altro
elemento è la lampadina a sinistra che rappresenta il Sole. L’opera è appesantita da una
dimensione celebrativa, per l’uso esasperato della retorica, rischiando di diminuire la potenza
raffigurativa dell’opera.
Dopo la seconda guerra mondiale si ha la ricostruzione: tra i maggiori si ricorda Aalto, architetto
finlandese, che scelse di privilegiare edifici di pubblica utilità, per venire in contro alle esigenze
tecniche dell’edificio, sacrificando in parte l’aspetto estetico.
Altro caso è quello le Courbusier, che realizza un quartiere abitativo a
Stoccarda, impiegando elementi innovativi dal punto di vista architettonico.
Realizza la cappella di Notre Dame a Ronchamp (Notre-Dame-du-Haut,
Ronchamp, 1950-1953), dove applica un criterio cubista, componendo e
ricomponendo gli spazi, pone il problema della crisi del sacro: l’arte
europea dal IV al XVIII secolo era arte sacra, cattolica, nel XVIII e XIX
questa dimensione viene messa in discussione dall’illuminismo, dall’idea
della fine del mondo, si ha la cristianizzazione. Il vero problema si ha dopo
la seconda guerra mondiale quando da una dimensione filosofica (coinvolge solo l’elite) si passa
alla scristianizzazione, scende di molto la pratica cattolica (si va di meno a messa). Si hanno meno
committenti che commissionino arte sacra, crolla quindi questo soggetto iconografico, a cui si
aggiunge anche il problema del rinnovamento ecclesiale della chiesa cattolica, che determinò delle
modifiche radicali come la distruzione di molte chiese e la creazione di nuovi spazi.
Quello che si realizza è un duplice stato, da un lato la bassa qualità assoluta dell’opera, dall’altro la
mancata percezione sociale della medesima: si è realizzato lo stesso fenomeno dell’arte generale,
ossia il rifiuto. Si ha il problema della non corrispondenza, si ha il sacro in una dimensione
innovativa, ma non accettata dalla gente.
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In parallelo inizia la grande rivoluzione del primato dell’immagine, che parte dagli USA, inizia così
l’americanizzazione del pianeta: maggiore esponente del fenomeno è Jackson Pollock che realizzò
“Senza titolo”, (carta, New York, Collezione Pollock, ca. 1935)
cogliendo il problema che nell’arte contemporanea era
necessario dare un titolo per far comprendere il significato,
non metterlo significava lasciare all’osservatore maggiore
libertà.
L’arte contemporanea è fatta per stupire e per impressionare,
la provocazione è il centro dell’arte.
In questo periodo si ha anche il problema di che
atteggiamento avere nel confronto delle opere passate da
restaurare, ossia se rifarle come l’originale, o farle come erano
dopo i restauri del passato, o completamente nuovo.
Si sottolinea della rottura a tutti i livelli dei criteri universalistici, si ha il relativismo assoluto, tutto
viene ridotto alla elaborazione del soggetto.
L’arte contemporanea non si restaura, non si collezione e non si musealizza, perché queste opere
sono costruite con materiali apertamente provocatori, non fatti per durare.
Il ritratto cambia radicalmente, perde i suoi parametri, a causa dell’esasperata necessità di
realismo che portava a volte a realizzare quadri grotteschi con soggetti brutti. Si ha il rinnovamento
dell’architettura che vede l’architetto affiancato da un team di ingegneri, nascono i politecnici, si ha
un taglio fortemente tecnico progettuale. Wright è autore del Guggehein Musem a New York
giocato sul principio di un cono rovesciato tradotto in cerchi con forti premesse razionaliste, con
l’influenza dell’arte utopiche e di Le Courbusier.
In Italia nello Studio Bel Gioioso nasce la torre
Velasca, il primo grattacielo di Milano, che incideva pesantemente sull’arredo urbano che
primeggiava in altezza sul Duomo.
A Parigi si ha il Centro Pompidour, costruito senza un vero e proprio esterno, racchiuso in un
graticcio di tubi e cavi, si ha il criterio del trash. Per realizzarlo si è distrutto una serie di tettoie
liberty negando il passato. La piramide del Louvre è il nuovo ingresso del museo, dietro di essa si
ha colata in piombo della statua di Bernini che sarebbe dovuta essere messa lì in origine.
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