problemi emergenti della odierna fitoiatria

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problemi emergenti della odierna fitoiatria
La difesa delle piante, 1986, 9 (2), 59-66
16"
PROBLEMI EMERGENTI DELLA ODIERNA FITOIATRIA
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GABRIELE GOIDANICH( 1l- CAMILLO DE FABRITIIS( 2l- SERGIO FOSCHI (3 l
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(1) Facoltà di Agraria· Università di Bologna
(2) Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste
(3) Centro di Studio per gli Antiparassitari del CNR- Bologna
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Con gli oramai numerosi indirizzi di apertura delle "Giornate Fitopatologiche" noi abbiamo sempre cercato di richiamare l'attenzione sulle questioni che nel momento apparivano di maggiore attualità o che
più d'altre investissero l'impegno di chi, direttamente o indirettamente,
si interessa ai problemi fitoiatrici.
Con simile programma in mente, la scelta odierna non è difficile.
Dovremo, pertanto, soffermarci, sia sul tema dei "mezzi alternativi",
dei mezzi cioè che possono sostituire o, meglio, integrare la lotta chimica; e sia sul tema degli effetti negativi dell'uso dei fitofarmaci nei riguardi dell'ambiente oltre che degli utilizzatori e dei consumatori dei
prodotti vegetali sui quali i fitofarmaci medesimi possono trovarsi come
non desiderati "residui".
Sono i temi che nell'intervallo tra l'ultima e l'attuale edizione delle
nostre "Giornate" hanno sollecitato un'innumerevole serie di interventi
scientifici , tecnici e normativi, che hanno fornito materia per convegni e
dibattiti a tutti i livelli; che hanno alimentato un'infinità di discussioni
cui hanno preso parte tutti indistintamente i cosiddetti "mass-media"
- stampa, radio e televisione - non sempre ispirati da fonti documentate e competenti e spesso, purtroppo, compiacentisi più che altro di possibili aspett i scandalistici. E ciò, non curanti del danno che in tal maniera
veniva portato all'immagine di un settore scientifico-tecnico che, come
quello fitoiatrico, sta compiendo uno sforzo di qualificazione che meriterebbe ben altra considerazione presso la pubblica opinione; e non curanti, altresì, del gravissimo danno economico che si determina a livello
della commercializzazione dei nostri prodotti agricoli , alla cui dequalificazione basta e cresce ciò che mette su l tappeto la concorrenza straniera.
Sono, quelli che abbiamo scelto, temi che si integrano, in continuo
l'un l'altro, proiettandosi poi sullo sfondo della "lotta integrata", altro
leitmotiv della scena fitoiatrica d 'oggigiorno sul quale pure si spendono
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fiumi di parole in una dialettica spesso elegante, anche se nel complesso
poco produttiva, tra i laudatores temporis acti e gli innovatori ad oltranza, dimentichi gli uni e gli altri che anche in campo fitoiatrico, come in
tanti altri aspetti dell'attività umana, vale il detto - ci si conceda quest'altra citazione classica -in medio stat virtus: la virtù, cioè, nell'orientarsi verso scelte che tengano conto delle diverse mutate caratteristiche
ed esigenze tecnico-economiche dell'agricoltura dei nostri padri, rispetto
a quella nostra e, ancor più, di quella che sarà dei nostri figli.
Incominciamo affrontando il problema dei "mezzi alternativi". In
merito ai quali bisogna ripetere ancora una volta che il loro richiamo e
la loro eventuale messa a punto non mira, in chi si muove senza preconcetti, ad eliminare in toto l'uso dei fitofarmaci, bensì mira al ricorso ad
essi in tutti i casi in cui ne è dimostrata l'efficienza, salva restando la salvaguardia dell'integrità, quanto meno ai fini mercantili, dei prodotti agricoli sui quali vengono applicati.
Una delle vie cui, al fine ora detto, si vuole fare ricorso è in primissimo piano quella della genetica applicata per ottenere vegetali che sfuggano all'attacco dei patogeni o che non ne subiscano troppo gravemente gli effetti dannosi.
La mobilitazione degli studiosi in questo settore è, indubbiamente,
molto vivace sulla scorta dei grandi progressi fatti negli ultimi tempi
dalla genetica di base e grazie al progressivo affiatamento - anche se
ancora insoddisfacente- tra i cultori delle differenti discipline che devono
concorrere a risolvere aspetti nel loro intimo così complessi com'è l'inserimento dei fattori della resistenza, la loro stabilizzazione e la loro combinazione coi fattori che determinano il pregio alimentare dei soggetti
coltivati : complessità che deriva, fra l'altro, dal continuo variare dell'aggressività dei patogeni e dal non meno continuo variare dei gusti dei con sumatori e, quindi, delle esigenze, delle pretese anzi, dei mercati.
A sollecitare il ricorso a questo mezzo fitoiatrico, inserendolo fra
le motivazioni più in vista dei programmi di miglioramento genetico, valgono i richiami alle passate glorie degli anni '20; ci riferiamo ai cereali
resistenti alle "ruggini", alle patate resistenti alla "rogna", alle barbabietole resistenti alla "punta riccia", alla canna da zucchero resistente
al "mosaico" e, a noi più vicini, al superamento dell'epidemia della "defogliazione" del pioppo, della peronospora del tabacco, dell'elmintosporiosi del granoturco e, poi, ai successi in atto ottenuti in molti tipi di colture specialmente erbacee di largo impiego, patate, pomodoro, fagiolo,
pisello, cipolla, nei riguardi di attacchi di miceti, di batteri, di virus, di
micoplasmi. Assai minori sono i risultati finora ottenuti nella promozione di resistenza verso i fitofagi, insetti, acari e nematodi.
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A tutt 'oggi, comunque, i successi del miglioramento genetico finalizzati all'introduzione nelle piante agrarie di resistenza ereditaria a parassiti sono stati - come ha ricordato Scarascia Mugnozza nel recente convegno di Cesena( * ) - essenzialmente empirici e casuali e spesso di più
breve durata che non gli altri obiettivi del miglioramento.
Dall'oggi in poi molto ci si attende ~grazie a quella mobilitazione
interdisciplinare cui si è accennato -e grazie alle nuove raffinate acquisizioni sulla fisiologia dei rapporti ospite-parassita, su lla biochimica tossicologica , sull'ingegneria genetica capace di operare il trasferimento, interspecifico ed anche intergenerico, delle dotazioni di resistenza naturali
od ottenute per via mutagena.
Un 'altra linea di attacco al superamento della sensibilità dei vegetali all'aggressività dei patogeni - e che per certi versi si collega a quanto
prima detto - è quello dello sfruttamento dell'ipovirulenza, di cui si
hanno oramai famosi esempi, primo fra tutti il caso relativo al progressivo risanamento spontaneo o indotto dei castagneti offesi dal cancro da
Endothia parasitica. Analoghi esempi si hanno per la " tristeza " degli
agrumi e, meno noti, per la peronospora del tabacco, per l'antracnosi del
fagiolo e per qualche altro caso minore.
Questa è una linea d'attacco molto singolare anche se finora poco
sfruttata mentre, conosciuti , come in buona parte lo sono già , i meccanismi che sovraintendono a tale attenuazione di virulenza, l'ingegneria genetica può aprire le porte a notevoli successi nella risoluzione di certe situazioni per le quali non si vede che scarsissima possibilità di rimedio,
quali il cancro del cipresso, le tracheomicosi e altre malattie sistemiche
o parasistem iche.
Nei metodi di ottenimento, nei principi di azione e ne i criteri di applicazione si interseca con l'ipovirulenza il ricorso alla premunizione,
cioè a dire la preparazione della pianta a respingere l'attacco del patogeno prima che questo si verifichi. Non conta, per il discorso d 'ordine
generale che stiamo facendo , se il fenomeno sia dovuto all'azione antibiotica diretta dell'elemento premunente o a quello di fattori insorti
successivamente nell'organismo premunito: il fatto è che esiti pratici di
questo sistema di lotta biologica si presentano sulla scena fitoiatrica sempre più di frequente, sia nel settore delle malattie contagiose e virali
(*) 1° Convegno inter naz ionale su " Met od i alternat iv i alla lotta ch imica nell a di fe sa d el le
coltu re agrarie", Cesena, 10-11 ottobre 1985.
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(nei riguardi ad es. del TMV del pomodoro) che di malattie operate da
patogeni più organizzati .
Rientra in larga parte nell'ambito dei processi di lotta biologica accennati il fenomeno dei "terreni repressivi " , di quei terreni, in altre parole, capaci di agire in maniera frenante sullo sviluppo di patogeni, ovvia mente su quelli operanti in maniera esclusiva o quasi esclusiva per via
terrestre. Sono i terreni che ospitano microrganismi dotati di un antagonismo più o meno specifico contro i patogeni o contro componenti
innocu i della microflora e fors'anche della microfauna esistenti nella rizosfera . In quest 'ultime evenienze si viene più semplicemente a favorire un
aumento di vigoria della pianta e, quindi, un suo maggior grado di resistenza agli insulti dei fattori avversi , quelli abiotici compresi. Sono noti
qui gli effetti positivi del ristoppio dei cereali, che mitigano la drastica
condanna di questa tradizionale pratica agricola, imputata di favorire
lo sviluppo del " mal del piede" e quelli d i analoghi quadri patologici in
cui entrano in causa famosissimi agenti di marciume di origine ipogea,
quali Fusarium, Rhizoctonia, Phythium, Thielaviopsis.
Sulle stesse basi concettuali ed operative rientra la sommJnlstrazione di "antagonisti" previamente identificati, selezionati , moltiplicati e messi in condiz ione di esercitare al massimo la potenzialità antibiotica di cui sono provvisti : qui si distingue l'ifale Trichoderma viride e specie affini - con, peraltro, le limitazioni cui si accennerà più avanti- che
fece la sua prima comparsa sulla scena fitoiatrica nei primi decenni del secolo, appunto con prospettive di efficiente agente di lotta biologica; prospettive che l'espansione della chemioterapia nei decenni successivi fece
in pratica completamente rientrare.
Su tale linea i risultati più notevoli e più persistenti sono quelli ottenuti nella lotta contro il tumore batterico da Agrobacterium tumefaciens , mediante il ricorso all'A. radiobacter. Analoghi, ma molto meno
decisivi esiti , si possono raggiungere con l'impiego antagonistico di pseudomonadi fluorescenti (che sembrano agire anche come concorrenti nell'assunzione dello ione Fe, presente nel terreno) e con vari tipi di batteri sa profiti (Bacillus subtilis, B. megaterium, ecc.) che rappresentano i protagonisti, ancora sotto saggio, di una particolare tecnica di lotta biologica
(la "batterizzazione del seme e delle radici ante messe a dimora " ) diretta
verso i patogeni , non solo vegetali, operanti nel terreno.
L'affidamento della lotta biologica all'azione dei microrganismi
ha, però, più larga ed assai più nota diffusione nei riguardi dei fitofagi ,
diciamo anzi dei patogeni di natura animale perché ne risentono oltre
gli insetti anche acari, nematodi, ed altri piccoli animali dannosi all'agri-
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proposito del Trichoderma : nel senso che la trionfante onda chemioterapica aveva messo in non cale questo strumento di lotta, che affonda le
sue radici storiche nella scoperta del nostro Agostino Bassi, in merito al
"calcino" del baco da seta, di un secolo e mezzo fa.
Oggi è un fiorire larghissimo di studi, di messe a punto, di applicazioni pratiche tra le quali si distingue quella incentrata nel ricorso al Bacillus thuringiensis oramai entrato nella routine fitoiatrica universale.
E' noto che in questo quadro vengono compresi anche agenti virali
(essi pure da molto tempo qualificatisi con tale funzione bioinsetticida)
protozoi e nematodi.
Se la lotta microbiologica annovera già notevoli successi e vi sono
premesse di ulteriori interessanti sviluppi, bisogna procedere con cautela
nel trarre conclusioni sul piano operativo fitoiatrico stanti le difficoltà
di passare dai risultati della fase sperimentale a quelli del loro trasferimento in pieno campo. Difficile e, quasi sempre, molto onerosa economicamente, è la preparazione industriale di simili presidi bioterapeutici,
la loro conservazione, la loro distribuzione commerciale, trattandosi di
operare con materiale vivente, incostante nelle sue proprietà originali e
nel tempo mutevole.
La lotta biologica sta invece facendo notevoli passi sia nelle applicazioni e sia nella notorietà che sta godendo in merito al ricorso degli
iperparassiti e dei predatori esistenti nelle popolazioni di artropodi. Anche qui è obbligatorio il richiamo mnemonico ad antiche, affermate glorie quali l'efficacia della Prospa/tella berlesei contro le intestazioni di
Diaspis pentagona o della Rodolia cardinalis nei riguardi dell'lcerja purchasi che risalgono ai primi decenni di questo secolo. Oggi gli esempi di
successi si sono moltiplicati nel numero e nella imponenza di risultati.
Così come sono accresciute le tecnologie eu i si sta facendo ricorso per la
moltiplicazione di questi "ausiliari", per la loro immissione negli ambienti "di lavoro", per assicurarsi che tale loro lavoro si mantenga più
a lungo efficiente.
E' un capitolo della moderna fitoiatria che meriterebbe una trattazione ben più ampia di quella che siamo costretti a fare in questo condensato del panorama su cui spazia la nostra attenzione in merito ai
"mezzi alternativi alla lotta chimica" in agricoltura.
L'attenzione dei fitoiatri odierni si è portata - parlando sempre dei
metodi alternativi - anche su altre fonti, esse pure di vecchia e quasi
obliata conoscenza, meritevol i invece di richiamo d'attualità e di rinnovamento nei sistemi di estrinsecazione delle loro proprietà fitoiatriche.
Intendiamo ora parlare dei mezzi agronomici e di quelli fisici.
Ai mezzi agronomici si è già fatto un cenno richiamando gli effetti
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del ristoppio . Ma molt'altri processi colturali esercitano - e ancor più di
quanto si potrebbe pensare - un effetto favorevole per lo stato sanitario
degli allevamenti vegetali e dei loro prodotti. Tale effetto opera tanto
nell'abbassare l'aggressività dei patogen i, quanto nell 'accrescere il grado
di vitalità e quindi di resistenza degli ospiti , in una varia combinazione
di questi aspett i di cui non sempre è possibile distinguere il limite dell'uno o dell'altro.
Si tratta di intervenire sul momento e profondità delle semine, sul
dirado, sul diserbo, sul momento della raccolta e sulla verifica delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno, in riferimento specialmente al le avversità che si istaurano e si sviluppano a livello degli apparati ipogei.
La moderna tecnologia analit ica può di molto contribuire nel gu idare
tali favorevol i procedimenti colturali nel senso fitoiatricamente voluto.
Anche i mezzi fisici, se pur nel frattempo di non molto incrementati nelle loro finalità fitoiatriche, presentano qualche aspetto di novità
che meriterà assecondare. Possiamo citare l'azione del calore naturale
ne lla "solarizzazione " contro patogeni terricoli e quella delle rad iazioni
ionizzanti a protezione di derrate agricole post-raccolta . Una sottolineatura particolare va fatta per la termoterapia nei riguardi delle affezioni
virali che dà un cos ì grande contributo al risanamento del materiale
vivaistico dei fruttiferi e della vite. La sua funzione "alternativa " è, per
la verità, di limitata portata data la scarsa partecipazione della chemioterapia nella specifica lotta antivirale.
Non si deve, infine , dimenticare le possibilità che vengono offerte
dal ricorso a sostanze chimiche che non hanno azione fungitossica , ma sono in grado di stimolare la resistenza delle piante sia inducendo in esse
la comparsa di f itoalessine, sia creando barriere fisiche alla diffusione interna del patogeno. Esempio di ciò si trova nel phosetii-AI (i l tris-etile
fosfonato d i alluminio) valido nella lotta contro gli oomiceti , categoria
di patogeni contro cui è assai elevato l'uso di fitofarmaci.
Il giudizio conclusivo di questo rapido e succinto excursus sui mezzi
cui può pensarsi di ricorrere come alternativa all'uso dei fitofarmaci, è
il medesimo che abbiamo ritratto al termine del convegno tenuto speci ficatamente sullo stesso argomento a Cesena, nell'autunno passato, al quale fummo in grado di assicurare la partecipazione di alti esponenti della
coltura internazionale, competenti appunto nei vari settori che abbiamo
preso in esame . Il giudizio è che oggigiorno sono aperte molte strade per
la realizzazione di una lotta integrata contro le avversità delle piante
agrarie che veda ridotta, in certi settori anche drasticamente, il ricorso
ai presidi chimici. Chiaramente e, peraltro, risultato essere utopico - co-
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me si accennava all'inizio del nostro discorso - pensare alla eliminazione
di tali presidi chimici, date le indiscutibili capacità di essi nell'agire positivamente e in molte situazioni in maniera non sostituibile per assicurare un soddisfacente esito della produzione agricola.
La precisazione or ora fatta si offre anche come collegamento alla
seconda questione che intendiamo sviluppare in questo indirizzo d'apertura della odierna edizione delle "Giornate Fitopatologiche". Si tratta,
ricordiamo, della rimozione degli aspetti indesiderabili dell'uso dei fitofarmaci, ricorrendo ai tanti strumenti conoscitivi che la ricerca degli ultimi decenni ha indicato come i più fertili dal punto di vista che stiamo
considerando: riduzione dello spettro d'azione, attenuazione della tossicità verso l'uomo e verso la pianta stessa, rapidità di degradazione dei
principi attivi, ecc. Solo se sarà in grado di risolvere felicemente e ragionatamente questi aspetti, la fitoiatria moderna potrà percorrere fino in
fondo quella auspicata strada di un giusto equilibrio tra lotta chimica e
non chimica.
A noi pare che, al contrario, quel movimento sperimentale correttivo dei difetti dei fitofarmaci, in pieno sviluppo nel decennio passato,
stia subendo una battuta di arresto, quasi che per una fatalistica accettazione di un'impossibile rivalutazione del significato della lotta chimi ca, non valga la pena di continuare gli sforzi - senza dubbio pesantemente impegnativi di forze umane e mezzi finanziari - per togliere di
mezzo gli strali che vengono diretti contro i presidi chemioterapici: quei
presidi le cui capacità- equilibratamente valutate- noi, anche nelle odierne "Giornate", crediamo di dover richiamare alla generale attenzione servendoci del contributo che a tal fine abbiamo ricevuto da tanti ricercatori, tecnici, operatori, oltre che dalle autorità agricole e sanitarie che
qui si danno convegno.
L'argomento di preminente richiamo nel settore degli effetti indesiderabili dei fitofarmaci è senza dubbio quello dei "residui tossici" sui
quali - come si è detto all'inizio -tanto a ragion veduta ed a sproposito si è parlato nell'ultimo scorcio di tempo.
E' problema indubbiamente molto serio, che nasce dalla presenza
sui vegetali all'atto del consumo alimentare di tracce di quei prodotti
chimici somministrati per proteggerli dalle avversità: tracce che se presenti oltre un prestabilito limite di tolleranza possono creare inconvenienti di carattere sanitario per l'uomo, per gli animali ed attraverso
quest'ultimi, ancora per l'uomo che se ne ciba.
Il problema trae origine da molti fattori negativi che vanno da un
mancato rispetto delle prescrizioni di dosaggio e dei periodi di carenza
nella esecuzione dei trattamenti alla non facile interpretazione delle nor-
66
mative vigenti 1n campo nazionale ed internazionale sull'uso dei fitofarmaci, alla difficoltà, quanto meno organizzativa, delle analisi ed alla non
agevole interpretazione dei risultati di queste.
Gli interventi correttivi di tale situazione sono stati, sempre negli
ultimi tempi, molteplici e di varia estrazione. Non intendiamo su ciò
entrare nei particolari perché trattandosi di interventi di recentissimo avvenimento riteniamo che tutti ne siano al corrente e perché di ess! si avranno echi nel corso del presente convegno che contribuirà a far chiarezza
su certi aspetti che, dopo la precipitata applicazione degli interventi medesimi, si è resa necessaria.
Concludiamo precisando che a noi premeva mettere in luce gli argomenti che s'è detto, perché - come altri, ma in questo momento più degli altri -essi possono essere testimonianza che la fitoiatria è tuttora una
componente nell'ambito della cultura e della tecnica agronomica ricca
di sollecitazioni per tanti aspetti di collegiali impegni di pensiero e di azione. Così come, in quel che s'è detto, si può vedere la testimonianza della vitalità delle nostre "Giornate Fitopatologiche" nel contingente e nel
futuro, non soltanto immediato.
Contiamo che lo svolgimento dei lavori cui ci accingiamo di dare
inizio ci confortino in tal senso.
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