Le miserie e le malattie della Valtellina dell`800
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Le miserie e le malattie della Valtellina dell`800
Sondrio Cronaca Sabato, 3 marzo 2012 31 Teleriscaldamento: interesse internazionale per quello della Valle Gli impianti di Sondalo, Tirano e Valfurva presentati in Argentina e Brasile, oltre che in Europa, in Austria. Le miserie e le malattie della Valtellina dell’800 Il prof. Pierluigi Patriarca, medico e cultore della storia della medicina, lo scorso lunedì 20 febbraio ha tenuto una relazione agli Amici della Biblioteca di Sondrio. «O ggi non sarà un argomento allegro», ha esordito il prof. Pierluigi Patriarca ed effettivamente la relazione che ha tenuto lunedì 20 febbraio agli Amici della Biblioteca di Sondrio è stata un carrellata di miserie, impressionante per noi, che facciamo fatica a renderci conto delle condizioni igienico-sanitarie in cui viveva la gente di un tempo. Il relatore, medico e cultore della storia della medicina, ha fermato l’attenzione in particolare sulla prima metà dell’Ottocento, il periodo risorgimentale, senza dubbio uno dei più difficili per le nostre terre. Si è incominciato subito nel 1815 con un’epidemia di tifo petecchiale, portato dagli eserciti che si erano mossi da un lato all’altro dell’Europa durante le guerre napoleoniche. Il 1816 è stato il famoso anno senza estate, con il cielo perennemente velato e temperature fredde, tanto che nessun prodotto è giunto a maturazione. L’anno dopo si era avuta naturalmente una spaventosa carestia, che viene ancora ricordata nella tradizione orale di molti paesi. Nel Il relatore ha fermato l’attenzione in particolare sulla prima metà dell’Ottocento, il periodo risorgimentale, senza dubbio uno dei più difficili per le nostre terre. di Cirillo Ruffoni 1815 si era diffusa nelle nostre valli anche un’epidemia di vaiolo, l’ultima significativa, prima che la vaccinazione obbligatoria, con un secolo di lotta, portasse nel 1980 a dichiarare questa malattia definitivamente cancellata su tutto il pianeta. A partire dal 1830 si era affacciato in Europa un altro spettro: una malattia sconosciuta che si diffondeva attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, come i battelli a vapore e i treni, molto più velocemente della peste di un tempo ed era ugualmente letale: il colera. Dopo aver imperversato con giri strani nei vari continenti, nel 1836 l’epidemia era arrivata anche in Valtellina, dove, nei tre mesi estivi, aveva provocato circa 900 morti. Tra le zone più colpite Tirano. Proprio in quella circostanza si era distinto il patriota Luigi Torelli, il quale, siccome tutte le autorità avevano abbandonato il paese, di sua iniziativa aveva preso in mano la situazione per gestire l’emergenza. L’epidemia aveva avuto anche pesanti ripercussioni economiche, per la chiusura delle vie di comunicazione e la cancellazione di fiere e mercati. Come se non bastasse, qualche anno dopo si erano aggiunte le malattie della vite e dei bachi da seta, che avevano messo in ginocchio tutta l’economia valtellinese. Tra le malattie endemiche più rilevanti vi erano senza dubbio la malaria e l’ipertiroidismo, conosciuto comunemente come gozzo, vera piaga sociale, che, nella sua forma più grave, dava luogo al cretinismo. Nelle nostre valli hanno avuto invece minore incidenza la pellagra e la tubercolosi. La prima era diffusa soprattutto nella pianura Padana ed era dovuta ad un’alimentazione basata unicamente sulla polenta; la seconda era tipica delle aree urbane o della nascente industria. Di fronte a simili condizioni sanitarie, l’assistenza ospedaliera era praticamente inesistente. L’unico ospedale degno di questo nome era quello di Morbegno, migliorato all’inizio dell’Ottocento grazie a donazioni. Nel 1837 era stato poi costruito quello di Sondrio, che aveva 80 posti letto. Negli ospedali, però, venivano ricoverati soltanto i malati acuti e i poveri. Di fronte alle epidemie si improvvisavano ricoveri di fortuna e lazzaretti, spesso usando le chiese. L’aspetto più sorprendente (naturalmente con il senno di poi) è stato che, per debellare malattie così devastanti, sono bastati spesso banalissimi accorgimenti. La malaria è stata eliminata con la rettifica del corso dell’Adda e la bonifica della pianura; il gozzo, dovuto alla mancanza di iodio, viene guarito semplicemente utilizzando il sale iodato; la pellagra è causata dalla mancanza della vitamina PP nel mais; per la malattia più spaventosa, il colera, è bastato costruire gli acquedotti. Anche nei paesi di montagna, infatti, pur così ricchi di acqua potabile, la gente continuava ad attingere l’acqua alle antiche sorgenti in mezzo alle case, spesso con i gabinetti a pochi metri di distanza. In tutti questi casi, le nostre autorità, una volta scoperte le cause delle malattie, si sono adoperate in ogni modo per informare la popolazione e per i necessari interventi. I n Argentina ed in Brasile, tra il 26 febbraio e il 2 marzo prossimi, si sono tenuti degli Incontri Internazionali ai quali la Regione Lombardia presenterà le centrali di teleriscaldamento della Teleriscaldamento Valtellina Valchiavenna e Valcamonica S.p.a come modello di eccellenza. Tali incontri fanno parte di una cooperazione bilaterale fra le quattro regioni europee di Rhône-Alpes, Catalonia, Baden-Wurttemberg, Lombardia e le quattro regioni di Mercosur Paranà in Brasile, Cordoba in Argentina, Riviera in Uruguay, Alto Paraná in Paraguay. Per tre anni, nella cooperazione si affronterà il tema delle tecnologie rinnovabili, con particolare interesse per le biomasse ed il trattamento di rifiuti. Contemporaneamente, la Tcvvv S.p.a. è stata invitata in Austria, patria del Teleriscaldamento a biomassa, per portare la sua esperienza durante le Giornate Mondiali dell’Energia Sostenibile che si sono tenuti a Wels dal 29 febbraio al 2 marzo. «Gli impianti valtellinesi – ha commentato Walter Righini, A.D. della Tcvvv S.p.a. e Presidente della Federazione Italiana dei Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili – sono i primi ad aver adottato un modello di produzione di energia ispirato ai criteri della cogenerazione, dell’efficienza energetica e della filiera locale per l’approvvigionamento della biomassa. Solo così il Teleriscaldamento è in grado di produrre vantaggi in termini di occupazione e crescita economica a livello locale». Nel distretto valtellinese, da oltre dieci anni i comuni di Sondalo, Tirano e Santa Caterina Valfurva producono energia termica da una fonte rinnovabile: la biomassa, il materiale di scarto prodotto dalla lavorazione del legno. La fonte di energia non è trattata e gli approvvigionamenti sono garantiti dal materiale conferito giornalmente dalle segherie locali, dalle ditte boschive con interventi di manutenzione dei boschi della Valtellina e dell’Engadina e da residui di boschi bruciati o malati. Il riscaldamento è prodotto mediante una caldaia centralizzata, collegata agli utenti finali mediante una rete urbana di tubature. Sono molti i benefici tratti dal Teleriscaldamento. Innanzitutto, la riduzione nei consumi di combustibili fossili (gasolio e olio combustibile) in sede locale, che comporta il conseguimento di innumerevoli vantaggi sotto il profilo dell’inquinamento ambientale. Per tamponare l’inquinamento dovuto al trasporto della biomassa dalla fonte alle centrali sono stati presi provvedimenti. A Tirano, per esempio, il problema è stato risolto limitando l’approvvigionamento del combustile vergine esclusivamente entro un raggio di 60 km. Il Teleriscaldamento permette, inoltre, sconti alle utenze comunali come asili, scuole, municipio, case di riposo e palestre. L’utilizzo di una caldaia centralizzata e monitorata ha un maggior rendimento energetico rispetto a tante, piccole e singole caldaie domestiche. Infine, incentiva interventi di riqualificazione sul patrimonio boschivo. LUCIA SCALCO