cimettolafaccia - BLACKOUTbenedetti
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MARZO 2013 NUMERO 005 FOLLIA EDITORIALE Di: Daniele Cini Ne abbiamo sentite tante ultimamente, e tante ancora ne sentiremo sino alla fine del mese. Nessuna sorpresa, le campagne elettorali sono accese e spietate per natura, e nessun fendente è escluso: le legittime eredi delle lotte per il predominio della caverna, gli stessi colpi di clava e gli stessi sgambetti. Homines sumus, del resto, e se è vero che l’uomo è lupo per l’uomo, questo è tempo di stare in guardia contro le bestie che brancolano lì fuori. Che votiate o meno, che abbiate una chiara visione della situazione o siate ancora confusi, non potrete sottrarvi alle questioni sollevate dal momento storico contingente. Lo percepiamo, è un’epoca di mutamenti, senza dubbio, ma ne è mai esistita una che non si sia definita tale? Qui c’è dell’altro, e lo slogan “E’ ora di cambiare!” non basta più, poiché è capitato che il cambiamento fosse molle, fiacco, e trascinasse con sé il macabro DI: STEFANO MARRI corteo dei cadaveri del passato. Non dobbiamo avere pietà delle grandi idee profuse negli ultimi decenni per n nuovo termine ha preso d’assalto cazione mediatica della donna, è una follia e produrre la società di oggi; molte si il web e la cronaca nera: Femmini- una degenerazione dell’uomo.Non è pensabile sono dimostrate fallaci, animate cidio. uccidere o picchiare la propria moglie perché si dall’ingordigia e dal desiderio del Nuovo solamente di nome, purtrop- rifiuta di lavare i pantaloncini da calcetto del guadagno facile. Non esiste misericorpo non di fatto. Il femminicidio è un triste vomarito, (fatto di cronaca avvenuti poco tempo dia per un’avida follia. cabolo che indica l’omicidio di una donna, pro- fa). Follia appunto è il tema prescelto per prio perché donna. Non è una parola inventata Per cambiare questa mentalità pressoché mala- questo mese cruciale. Un grande scritdalle femministe più accanite, non è una forma ta, i ragazzi della Rete degli Studenti Medi e tore disse che “non è ancora stato di vittimismo del cosiddetto “sesso debole”, ma dell’Udu (Unione degli Universitari), hanno chiarito se la follia sia o meno la foril femminicidio è un vero e proprio crimine a attivato una campagna di sensibilizzazione che ma d’intelligenza più sublime”: è una sfondo discriminatorio. consiste nella pubblicazione di fotografie da grande verità. Di metodi per “uscire dalla crisi” (per usare la claustrofobica Nei dizionari meno recenti probabilmente que- parte di studenti, professori, politici, attori, espressione dei media) ne sono stati sto termine non è menzionato, ma questo è un cantanti, magistrati e chiunque lo voglia fare, crimine che esiste da molto tempo, lo chiama- che “ci mettono la faccia” contro il femminici- proposti a bizzeffe, molti triti e ritriti, ma alcuni così fantasiosi, così distanti vano “delitto d’onore”, ovvero un omicidio dio. della moglie ad opera del marito, la causa: an- Questa campagna web, dal nome “Stop al Fem- dal comune sentire da indurci a tacciarli istintivamente come pazzie. E che solo il sospetto di tradimento. minicidio. Mettici la faccia”, ha raccolto in alcuni lo saranno veramente, anche. La donna, madre, figlia,moglie, era vista come pochi giorni più di quattromila “mi piace” in Ma mai come adesso è tempo di teneun oggetto o comunque come una proprietà del Facebbok e quasi duemila fotografie, Tra le re aperte le nostre menti, e di concedemarito o padre, che quindi si sentiva in diritto facce più note ci sono : Don Gallo, Don Ciotti, re alla sana follia il posto che merita. #CIMETTOLAFACCIA U di decidere su di esse. Ma questa visione esiste ancora? Sarebbe molto facile dire che la donna è vittima della mercificazione televisiva, ormai è un cliché parlare di questo. Ma il femminicidio, che sicuramente è causato anche da questa mercifi- Claudio Bisio, i Modena City Ramblers, Bersani, Nichi Vendola etc… Questa campagna si svolgerà su due piani: il primo sul web e il secondo su di un piano più pratico di mobilitazioni e iniziative nelle varie città d’Italia. “Gli uomini sono così necessariamente pazzi, che il non esserlo equivarrebbe ad un altro genere di pazzia”. B.Pascal Pagina 2 LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL’OLOCAUSTO DA PARTE DEI POLITICI DURANTE LA CAMPAGNA ELETTORALE DI: ALESSANDRO STROZZI L unedì 27 gennaio, il Giorno della Memoria, hanno fatto scalpore le parole del leader della coalizione di centrodestra e ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha affermato: "Le leggi razziali sono la peggiore colpa di Mussolini che per tanti altri versi aveva fatto cose buone" aggiungendo "L'Italia non ha le stesse responsabilità della Germania". Successivamente Berlusconi si è corretto, dicendo che condanna tutte le tirannie. Frasi inopportune, soprattutto nella Giornata della Memoria, che hanno provocato le risposte dei suoi avversari e dei suoi alleati per le prossime elezioni. Chi ha preso le difese del cavaliere per primo è stato Renato Brunetta (PDL), affermando che è vero che il fascismo ha fatto anche cose buone, mentre Anna Finocchiaro e Pier Luigi Bersani (entrambi PD), Pier Ferdinando Casini (UDC) e Antonio Ingroia (RC) hanno contestato le parole di Berlusconi, definendo quest'ultimo "una vergogna per l'Italia". Questa dichiarazione, cioè "una vergogna per l'Italia", non doveva essere riferita all'ex premier, che sicuramente non ha brillato in questa vicenda, ma nei confronti dell'Olocausto di cui l'Italia fascista è stata complice. Non trovate molto strano, quasi incredibile, che le difese del cavaliere vengano prese da esponenti del suo partito e che gli esponenti dei partiti avversari alle prossime elezioni, invece, abbiano condannato le dichiarazioni ed il suo artefice così duramente? Ai malpensanti potrebbe venire in mente la stravagante idea che sia tutta una montatura per guadagnare consensi per le prossime elezioni. Visto che un'eventualità del genere sarebbe a dir poco vergognosa, io voglio sperare che non sia così, pensando che le dichiarazione date dagli esponenti politici non siano state imposte dai segretari di partito. Avrei apprezzato un "No Comment" delle varie forze politiche, compresi gli esponenti del PDL, per non dar corda ad una polemica che ha rovinato la ricorrenza della Giornata della Memoria, una ricorrenza che non ci fa dimenticare l'orrore dell'Olocausto, che ha portato oltre 5 milioni di vittime. Sicuramente la classe politica italiana ha fatto una bruttissima figura a livello internazionale, soprattutto pensando alle dichiarazioni della Merkel, che ha detto che "La Germania ha una responsabilità perenne". Una dichiarazione che è passata in secondo piano a causa della polemica che ho descritto in precedenza, ma una dichiarazione molto importante, che ci insegna ad assumerci le proprie colpe anche se non si è i diretti colpevoli. Avrei gradito che i leader dei vari partiti italiani si fossero ritrovati tutti assieme per fare una dichiarazione simile a quella del Cancelliere tedesco Angela Merkel e non per contestarsi a vicenda su questioni così delicate. F-35 COLPITI E AFFONDATI? DI: STEFANO MARRI “ Oh ragazzi…siam pazzi?” P.Bersani se lo dovrebbe dire da solo davanti ad uno specchio, infatti non si capisce proprio da che parte stia. “Il caso del Mali coinvolge tutta l’Europa, siamo disponibili ad intervenire.” “I cacciabombardieri F-35 non sono la nostra priorità, tagli alle spese militari.” Queste recenti affermazioni di Bersani appaiono come un controsenso bello e buono, prima infatti sostiene che la guerra in Mali ci coinvolge tutti e dobbiamo dare quindi un aiuto, anche monetario oltre che militare, alla Francia per combattere “l’avanzata dei fondamentalisti islamici”; poi però sostiene che le spese militari devono essere tagliate e che non sono la priorità del nostro paese. Qui mi sorge una domanda, o sta giocando a battaglia navale o è talmente inquadrato nell’ottica della campagna elettorale che è a caccia dei voti di fantomatici militaripacifisti. Il finanziamento per le spese militari, per comprare quindi i cacciabombardieri F35, sono ormai da tempo un sassolino nella scarpa del Partito Democratico: nel 2007 Lorenzo Forcieri, deputato del Pd, firma un trattato Italia-Usa per comprare dei cacciabombardieri, il tutto per “soli” 2,7 miliardi di euro. Con consenso parlamentare vengono comprati tre F-35 per 270 milioni di euro e, ciliegina sulla torta, il 28 marzo 2012, in pieno governo Monti, il Partito Democratico vota contro la proposta che prevedeva il taglio alle spese militari. Ma ora il Pd sostiene che la spesa miliare non sia una priorità per l’Italia. Meglio tardi che mai? Pagina 3 FOLLIA Sezione Arte DI: CATERINA D’AMBROSIO < <Con tali opinion dal ver remote Usando fraude a sé medesmo, stette ne la speranza il malcontento Orlando, che si seppe a se stesso ir procacciando.>> (L. Ariosto, L’ Orlando Furioso, La pazzia di Orlando, strofa 104) Orlando, nonostante la realtà si mostri a lui in maniera palese, decide di crearsene una propria in cui rifugiarsi lontano dalla sofferenza. L’ inganno verso sé stesso gli permette di mantenere un barlume di speranza di vedere un giorno realizzato il suo desiderio d’ amore. Più importante di ciò che sappiamo o non sappiamo è ciò che non vogliamo sapere. Esiste un filo sottile che separa la follia dalla razionalità umana. Particolarmente quando siamo innamorati tendiamo ad assumere comportamenti irrazionali, arriviamo a compiere azioni mai fatte prima e che noi stessi consideriamo irragionevoli. Spesso i consigli delle persone che ci vogliono bene non bastano per farci aprire gli occhi , sono solo parole già conosciute dalla nostra ragione pronunciate da qualcuno di diverso da noi stessi. Ciò che solo l’ esperienza può insegnarci è che accettare la realtà può essere dolorosissimo ma non accettarla può essere ancora peggio, può chiuderci in noi stessi, lacerarci fino a diventare pura ossessione, qualcosa di cui non sappiamo fare a meno, ci logora fino a farci perdere il senno della ragione, fino a farci sentire morti dentro. Decidiamo di estraniarci dalla realtà e ritirarci in un nostro mondo parallelo in cui ciò che desideriamo si avveri coincide con la realtà. Tutto accade in funzione di quella realtà. Nulla appartiene a una realtà diversa dalla nostra. In un modo o nell’ altro, chi prima e chi poi, la realtà va affrontata; in fondo nessun ostacolo ci darebbe mai la vita di così grande da non poter essere sostenuto. SEZIONE COSTUME E SOCIETA’ SINDROME DI OTELLO DI: NICOLO’ PAJER S ono davvero allarmanti i dati che ci forniscono l’Istat e il Telefono Rosa su questo inaudito femminicidio: una donna uccisa ogni due giorni, nella maggior parte dei casi gli autori di questi delitti sono mariti ed ex fidanzati. Cento vittime nel 2012. La gelosia è un sentimento del tutto naturale, ma arrivare a pensare che la persona amata sia l’unica cosa importante della propria vita e percepire la sua perdita come una catastrofe totale e giungere a comportamenti eccessivi ed estremi allora è malattia. Pare che una maggiore conoscenza dei circuiti cerebrali e delle alterazioni biochimiche che portano alla gelosia delirante possono aiutare nell’individuare precocemente i soggetti a rischio in effetti recenti studi svolti all’università di Pisa su pazienti affetti da schizofrenia, alcolismo e morbo di Parkison, nei quali è comune la manifestazione di gelosia delirante, hanno dimostrato che questi drammatici fatti di cronaca, sarebbero legati ad uno squilibrio di una specifica area del cervello che sovrintende a complessi processi cognitivi ed affettivi e potrebbero essere curati con farmaci appunto per la cura del morbo di Parkison. Ma intanto non esiste una risposta adeguata a questa crescita inaudita di violenza sulle donne frutto di ignoranza e di retrograde culture. L’escalation del fenomeno è stato denunciato nel 2011: in Italia sono state assassinate 137 donne, il femminicidio è aumentato di molto negli ultimi dieci anni; un dato preoccupan- te se consideriamo che a partire dagli anni ’90 sono diminuiti gli omicidi di uomini verso altri uomini. Mi chiedo cosa fa questo “Paese Civile” per fermare una mattanza che scaturisce in ambito familiare,sono tutti impegnati nella corsa all’elezione e davvero pochi mi sembrano impegnati nella guarigione di una piaga sociale che in una civiltà evoluta come la nostra non dovrebbe esistere. Pagina 4 FOLLIA DI: ELENA LUCIA VALLE S pesso usiamo la parola follia per indicare qualcosa lontano dalla nostra concezione di normalità. Una persona folle, è qualcuno incapace di intendere e di volere. Ma in fondo non sappiamo cosa sia realmente la normalità. È un concetto soggettivo. E oltretutto, chi siamo noi per etichettare una persona come folle? Chi ci garantisce che il mondo in cui vive quella persona non sia quello reale? Magari i veri folli siamo noi. Follia deriva dal latino e significa vuoto. Io penso che sia solo un gran pregiudizio. Alla fine, ognuno di noi desidererebbe avere anche solo pochi minuti per poter fare qualcosa di folle. Anche Pirandello trattava questo argomento, nel suo testo:” la Carriola”. Durante il Rinascimento follia si associava alla parola eresia; i folli rappresentavano il demonio. Col tempo, questa parola ha assunto significati diversi. “La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo, e non c'è luogo dove non risplenda.” Queste sono parole di Shakespeare, nella commedia: “La dodicesima notte” “Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale.” Citazione di Edgar Allan Poe. Quindi, anche alcuni dei più grandi poeti e scrittori, concordavano sull’ambiguità della concezione della follia. Alla fine della lettura di questo articolo, dovremmo riflettere sul significato della parola follia, dovremmo guardarci intorno e ammirare chi è più folle di noi. Per vivere come folli, ci vuole coraggio, più di quanto ne serva per vivere normalmente. Per godersi la vita, serve un briciolo di follia. GRACE - JEFF BUCKLEY DI: GIOVANNI ALDEGHERI J eff Buckley, figlio di Tim Buckley, celebre cantautore americano, fu un cantante e musicista unico nel suo genere. Innanzitutto è stato per antonomasia il figlio d’arte che riuscì a raggiungere, per non dire “superare”, la fama del padre. E’ risaputa infatti la condanna che debbano subire i figli d’arte: vivere con il fardello di un nome importante che li fa apparire come patetiche creature alla ricerca di un’identità. Jeff Buckley fu anche lui perseguitato da questi fantasmi, da questa figura echeggiante del padre che tutti adoravano ma che a lui era totalmente sconosciuta (morto per overdose a ventotto anni). Ma Buckley costituì un’eccezione unica nel suo genere, che gli consentì di manifestare il suo talento vocale (era in grado di spaziare in un’estensione vocale di tre ottave e mezzo), la sua indole creativa e la sua sofferta sensibilità. Jeff Buckley aveva la voce di un angelo che trasudava sesso mentre le sue canzoni sembravano evocare una bellezza che faceva male. Il suo unico definitivo album Grace è un capolavoro che appare quasi come una missione di angeli in cerca di dolenti paradisi. Jeff Buckley, in questo album, sembra voler rappresentare il dolore del mondo unendo magistralmente sonorità sacre, rock gospel e soul, accarezzando le note, afferrandole, riempiendole di ricordi colmi di amore e alcool. Infatti questo disco sembra rappresentare con sensuale raffinatezza, l’amore immerso nelle bevute dell’artista che ne caratterizzavano l’esistenza. Grace presenta al suo interno anche tre cover: Corpus Christi Carol, Lilac Wine e Hallelujah, che confermano la stupefacente ampiezza della sua visione. Buckley infatti cercava le canzoni unicamente dove le lacerazione dell’anima lo portavano per poi reinterpretarle, ricrearle. E’ difficile, se non impossibile, infatti pensare a quei pezzi senza ricordarsi subito le sue personali interpretazioni colme di urla melodiose. L’album in definitiva sembra essere una manifestazione distruttiva del suo dolore, che si eleva a un livello angelico presentando le più variegate influenze, convergenti in questo irripetibile capolavoro: Grace. “I'm lying in my bed The blanket is warm This body will never be Safe from harm Still feel your hair Black ribbons of coal Touch my skin To keep me whole....” Jeff Buckley Pagina 5 TRA PSICHE E SONORITA’: SYD BARRETT DI: GIOVANNI ALDEGHERI C i sono fin troppi esempi di vite sregolate, folli, oltre i limiti in ambito musicale ma in questo articolo mi voglio soffermare su una in particolare. un acuto “strillio”) concentrandosi sull’ottenimento di sonorità psichedeliche. Per incentivare questa sua maniacale ricerca della psiche e del suono, assunse anche numerose droghe che contribuirono ad alimentare la follia del geniale muSyd Barrett, uno dei fondatori dei Pink sicista. Floyd, è stato anche il principale compo- E’ importante soffermarsi proprio su quesitore delle canzoni del celebre gruppo sto aspetto comune a numerosi musicisti: durante i primi anni. Dovette sfortunata- la follia in ambito musicale, la follia della mente però lasciare i Pink Floyd per i ricerca del suono. Infatti il Suono numerosi problemi mentali e l’eccessivo (volutamente con la S maiuscola) è abuso di sostanze stupefacenti. Per questo l’obiettivo di un qualunque musicista (e suo abbandono prematuro nel 1968, riu- quindi ovviamente anche di Barrett): un scì a registrare con la band solamente il obiettivo che spesso caratterizza indistinprimo album e parzialmente il secondo. guibilmente l’artista, ma che altrettanto Più tardi però avrebbe ripreso a scrivere spesso ne condanna l’esistenza colma di canzoni per i suo album da solista. eccessi. In ambito musicale rivoluzionò radicalmente la chitarra esplorandone nuove Tornando a Syd Barrett e la sua indole sonorità come quella aspra, distorta, con creativa, è importante sottolineare che il un frequente utilizzo del feedback genio di Syd Barrett stette principalmente (spesso, come Jimi Hendrix d’altronde, si nelle innovative composizioni colme di avvicinava all’amplificatore con la chitar- sonorità di timbro psichedelico e quindi ra ad alti volumi per causare volutamente invito chiunque ad ascoltare perlome- no The Piper at the Gates of Dawn (con i Pink Floyd) eThe Madcap Laughs (album da solista). Il titolo di quest’ultimo riassume in breve il personaggio di Syd Barrett, infatti testualmente vuol dire “le risate di una testa matta (pazzo)”. Influenzò inoltre tremendamente musicisti del calibro di David Bowie, Brian Eno, Jimmy Page. Daevid Allen, membro dei Soft Machine e fondatore dei Gong, confessò che fu proprio la tecnica slide (tecnica chitarrista in cui solitamente si fa scivolare un cilindro di metallo o di vetro, nel caso di Barrett un accendino, sulle corde per ottenere un suono fluido, grezzo, blues o anche psichedelico a seconda dell’obiettivo del musicista) a incentivarlo ad usare questa tecnica come segno riconoscibile del suo futuro nuovo suono. Infatti Barrett, sviluppò e mise in risalto nuove possibilità sonore che vennero subito colte come visionarie e rivoluzionarie dai futuri musicisti che contribuirono anche loro a questa assidua ricerca del LA GABBIA UMANA DI: NICOLA ROSSO P ossiamo affermare, con un abile e spiritoso gioco di parole, che l’uomo è prigioniero della libertà. Di primo impatto questa affermazione può sembrare un paradosso, dato come i significati dei termini che la compongono producano un tale attrito da rendere macchinosa per la nostra mente l’associazione di essi. Eppure, per quanto possa essere una frase infelice che non dimostra un’intuitività brillante, cela all’interno del suo profondo significato una triste verità che perseguita la nostra specie, fin dall’alba dei primi “gemiti” della nostra coscienza. L’essere umano nei confronti della libertà non è poi così diverso da un cane che insegue una macchina: una volta raggiunta non saprebbe che farsene. La nostra mente dinnanzi a una tale teoria replica immediatamente rappresentando l’immagine della libertà come un diritto naturale e non un premio dovuto ad una conquista. Ci illude di essere liberi: lo fa per amore, dato che non esiste un essere tanto premuroso e protettivo nei nostri confronti quanto il nostro intelletto. Immaginiamo una realtà senza un dominatore, o meglio, senza un’organizzazione governativa che gestisce il potere legislativo, esecutivo e giudiziario (sottolineando questi due ulti- mi). Volgete una domanda a voi stessi: l’uomo riuscirebbe a mantenere un ordine civile? Forse una parte della popolazione riuscirebbe a convivere egualmente, spinta da un codice morale ed etico che la tradizione della nostra cultura conserva per noi. È palese invece che la parte che non ha voluto o non ha potuto ricevere “questo dono” farebbe sprofondare la società nel caos anarchico, dove l’unica legge valida è quella del leone e della gazzella, ovvero del diritto del più forte a sopprimere il più debole. Ragionando per assurdo quindi l’uomo nel corso della storia ha dato troppo valore alla sua vita e ad un ordine sociale, mentre avrebbe dovuto imitare il mondo animale e vegetale adattandosi alla cruenta e cinica realtà della selezione naturale. Ebbene si sa, le assurdità non risolvono i problemi, motivo per cui il “capo branco” è per ora essenziale. Triste destino, il nostro, costretti a desiderare un concetto che non possiamo comprendere, ma solo intuire. Come “ un Dante” che desidera la sua Beatrice sapendo di non poter mai conquistarla, come il profumo del “pasticcio della nonna” dopo un eterno digiuno, L’uomo assaggia senza mai saziarsi, ama senza essere amato. Pagina 6 FOLLIA DI: CATERINA SCARPEL O ggi è il 20 febbraio 2013. Un giorno come tutti gli altri. O forse no. Questa mattina sono uscito per strada, era caldo, c’era il sole. Le vie erano gremite di gente, in continuo movimento. Continuo ma non frenetico, per via della calura estiva. O forse no. Tranquillamente, mi sono avviato verso il parco comunale, verde e rigoglioso come sempre. Mi sono seduto su una comoda panchina, al sole, e ho iniziato ad osservare la gente che passava indifferentemente attorno a me. Una uomo col carrello stava presumibilmente tornando a casa dopo essere stato al mercato. Una vecchia signora sull’ottantina stava correndo, con le cuffie nelle orecchie. Uno strano essere verde dormiva su un’amaca tra gli alberi. O forse no. All’ improvviso, il cielo si è tinto di rosso. Un’esplosione. Poi, più niente. O meglio, niente per tutti, ma non per me. Mi sono ritrovato a fluttuare nel vuoto interstellare, nel bel mezzo del silenzio più totale. Ad un tratto, al vuoto si è sostituito il tutto, e mi sono ritrovato ad osservare con stupore galassie, stelle e pianeti, astronavi e cabine telefoniche, fluttuare nello spazio attorno a me. Dopo un po’ di tempo, o forse nessun OLTRE Appena più in là, se lo sguardo allontana l'orizzonte. Lontano da quello che tutti vedono, lì c'è il mondo. Dopo, dopo il brutto, il triste, la morte. Lì esistono, celate: gioie, bellezze, vita. Dopo l'albero spoglio, dietro sta il Sole. Se guardi oltre la normalità, vedi una magnifica pazzia. Dietro a quello che tutti vedono, ci sei tu, quello che solo tu puoi vedere. [Ludovica Marcello] tempo, un nuovo lampo di luce, e mi sono ritrovato in un bar di periferia, un luogo tetro e inquietante. Quando ho accennato ad andarmene, sono stato bloccato dal proprietario, che mi ha fatto pagare un conto incredibilmente salato. Senza pormi troppe domande, ho pagato l’uomo e sono andato via. Fuori faceva freddo e pioveva a dirotto. Ho preso un ombrello e mi sono avviato verso casa, dove tuttora mi trovo. Come dicevo, questo è stato un giorno come tutti gli altri. O forse no. FOLLIA Mi sono sentita stringere, il respiro bloccato. La vita uguale, priva di colori. Più vivevo e più mi sentivo morire, annegavo in una monotonia opprimente. Regole, modi di fare e autodisciplina... Dov'è la vita? Eppure l'ho trovata, nella mia nuova amica. Mi ha reso diversa, felice anche nella tristezza. E le regole sono diventate gioco, e la routine un ballo, uno spettacolo. Ogni giorno è improvvisato, senza copione recito quel che mi va. E la gente vede in me solo stranezze, solo strambe cose da dire e da fare. Vede in me qualcosa di diverso, qualcosa che esce dagli schemi. Ma non mi importa cosa loro vedranno, io ho trovato la felicità insieme all'amica che loro chiamano pazzia. [Ludovica Marcello] Pagina 7 FOLLIA: NEGATIVA O POSITIVA? DI: LUDOVICA MARCELLO C hi sono i folli e i pazzi? La follia come la pazzia è ciò che è privo di logica; matto è quindi chi non ragiona? Essere pazzi non significa fare le cose senza una logica, vuol dire seguirne un'altra, una diversa da quella della nostra società. Le persone che noi consideriamo "folli" lo sono per il nostro modo di pensare, per ciò che noi reputiamo sia la logica, e quindi sono matte solo in base a questo modo di vedere. Con questo, lo metto subito in chiaro, non intendo dire che una persona che soffre di qualsiasi tipo di psicosi non debba cercare una soluzione ai suoi problemi e convincersi che va tutto bene così. Ciò che voglio dire è che probabilmente in una società dove la maggior parte di persone, per esempio, soffre di allucinazioni saremo noi i malati mentali, ma ovviamente quella sarebbe una società diversa con regole e modi di fare diversi, come fosse un mondo parallelo, perché si adatterebbe a quella che è la logica delle persone che la formano. Questo, quindi, ci fa capire come i folli abbiano in realtà una loro ragione, a volte anche molto complessa, che ne guida i comportamenti. Anzi è proprio grazie a questa regione che siamo stati in grado di analizzare, individuare e studiare le malattie mentali, e che ora possiamo diagnosticarle in un paziente. Eppure non sono pazze solo le persone che soffrono di disturbi mentali! E' chiamato pazzo anche chi pensa in modo diverso, chi rompe gli schemi e cerca o crea nuovi modelli. Quante volte abbiamo sentito dire, o forse abbiamo anche detto, alle persone che erano folli, strane solo perché si comportavano in modo diverso da quello che tutti facevano. Anche questi folli non aderiscono alla completamente alla nostra logica, e se ne creano una a parete, ma a differenza dei primi questi non devono essere curati. In effetti se la pazzia intesa come malattia è una cosa negativa la persona, la pazzia intesa come diversità è una delle cose più positive, secondo me. Essa ti spinge a cambiare e forse il tuo cambiamento ti farà avere modelli e idee che con i normali modi di pensare non avresti avuto: idee importanti, rivoluzionarie, innovative. Ma se anche non ti portasse a ciò, vedere le cose in modo diverso può sempre aiu- tare a vivere meglio, in maniera più profonda o più allegramente. Eppure benché in ciò non ci sia niente di male le persone spesso trattano questi pazzi/diversi come dei veri e propri squilibrati. Abbiamo così paura di ciò che sfugge alla nostra ragione? Alla pazzia bisognerebbe scrivere un elogio; pensate a quanti geni sono stati, e a volte sono tuttora, ritenuti pazzi e a come la LORO logica gli abbia permesso di fare ciò che un "normale" non avrebbe mai pensato di fare. Perché chi è un felice normalissimo pazzo deve sentirsi colpevole, perché non arricchirsi invece della sua diversa visione del mondo? In tutti noi c'è un qualcosa di folle che ci rende unici, perché allora essere tutti uguali? La Follia, in ogni caso, è solo un ragionare diversamente, non è sinonimo di stupidità o assenza di logica, e tutti noi, ogni volta dovremmo capirla e arricchirci di essa prima di giudicarla. Pagina 8 CON I PIEDI PER TERRA DI: AGNESE BERTON da un po’ che sento la terra tra i piedi, da così tanto che ormai non riesco a più a distinguere gli uni dagli altri. Non ricordo precisamente da quanto sono qui, prima erano giorni, poi sono state settimane, adesso neanche l’alba mi fa tornare alla mente il significato della parola tempo. Semplicemente sto qui da un po’, qui in mezzo all’erba, più precisamente distesa a pancia in su nelle vicinanze di un grande albero. Ora che ci penso bene deve essere stato autunno perché qualche scricchiolante foglia marrone mi deve essere caduta addosso in un brusco movimento del vento … sì autunno! Mi piace il suono di questa parola…”autunno”, mi piace l’eco nella mia mente. Ho sentito varie volte rivolgermi la parola “folle”, da chi da in piedi non capiva perché stessi qua, perché decidessi di avvinghiarmi così forte al terreno, perché desiderassi mischiarmi con esso. Eppure nel mio gesto di folle vedo ben poco. Ci ho pensato sopra, al perché mi chiamassero con questo appellativo, ma non sono sicura di averli compresi. Che io ricordi mai nella mia vita ho commes- È so atti di violenza e solo poche volte non sono stata ragionevole. L’unica cosa e che in certi momenti mi sento sola, sola di pensiero. Non che non stia bene, è che certe volte capita che troppe parole giacciano sulle mie labbra. E un giorno successe. Ricordo perfettamente che guardavo rapita una mongolfiera, ormai piccola ai miei occhi, ma così limpida che non mi accorsi che a me si avvicinò un ragazzo. Si sedette vicino a me e per un po’ osservo anche lui quello che ormai non era altro che un punto nel cielo. Mi chiese perché fossi lì e come mai un fiore cresceva come se nascesse dalle mie orecchie. Gli risposi, anche se un po’ inciampando nelle parole, che non ricordavo perfettamente perché fossi lì ma che ci stavo bene. Probabilmente perché il mio fisico subiva una gravità diversa, o perché i miei pensieri trovavano che lì potessero essere pensati meglio, perché non ero allergica al polline o perché un dì avevo avuto una bella idea e abbastanza alcool in corpo per attuarla. Però con questo non lo convinsi e mi chiese di alzarmi con lui e di tornare in un posto che chiamava casa. Per non vederlo triste decisi che uno sforzo lo potevo fare anche io, che avrei potuto provare ad alzarmi quantomeno per ricordare dove fossero le ginocchia. Allora rividi persone e risentii il profumo del pane e il puzzo delle tv, il profumo dei libri e il puzzo delle macchine, il profumo dei sorrisi e il puzzo dell’arroganza. Ma non riuscivo a mettere a fuoco i colori a quell’altezza, tutto vorticosamente mi trascinava. Mille facce e mille caratteri. Quando il mio respiro iniziò a diventare affannoso, non curante di chi mi dava nuovamente della matta, tornai a distendermi al suolo e a ricordarmi la maniera per dimenticare il tempo. Ho pensato di essere codarda, di non riuscire a vivere “normalmente” per mancanza di forza di volontà, per poco spirito di adattamento alla sofferenza. Ma la maggior parte delle volte che mi si ripropone questo pensiero, riflettendo capisco che anche nel mio modo di vivere ci sono mille contraddizioni e difficoltà, ma che questo non mi impedisce di godere della vita. Forse prima o poi mi verrà voglia di alzarmi, per ora continuerò a sognare sul terriccio. MI CHIAMO GIOVANNI C DI: MARIAM TAUFIQ iao, Sono un ragazzo che studia nella terza media. Ho una sorellina che si chiama Julietta. I miei genitori sono tutti due impegnati con lavoro .Oh scusate ho dimenticato di dirvi il mio nome, io mi chiamo Giovanni sono un ragazzo confuso ma non era sempre così. Prima ero un ragazzo normale che frequentava la scuola e incontrava gli amici spesso. I miei unici pensieri erano lo studio e il divertimento e giocare fuori o con i video giochi. La mia giornata era calma e quando ritornavo da scuola mangiavo il pranzo con mia madre e mia sorella poi facevo i compiti per cui non ci voleva più di un ora e mezzo e poi mi divertivo per tutta la giornata. Ma adesso le cose sono cambiate. Le mie giornate sono occupate da tutto tranne il divertimento. Ho cosi tante responsabilità che ho voglia di lasciare tutto e scappare. Le mie responsabilità adesso sono; preparare il pranzo per me e mia sorella perchè mia mamma ha cominciato a lavorare e quindi io sono imprigionato con una bambina di cinque anche se e mia sorella può essere un po’ irritante. Poi ho lezioni di basket tre volte alla settimana. Ma la cosa che mi preoccupa di più sono gli esami e anche il fatto che ho solo due settimane di tempo per finire la mia tesina. Con tutti questi pensieri nella mia mente non riesco a organizzarmi e neanche a concentrarmi tutto e troppo difficile mi sento come un adulto con troppo da fare ma nessun tempo. Poi oggi incontro un ragazzo che si chiama Andrea e siamo subito diventati amici dopo due chiacchiere mi ha detto " non far d`un mosca un elefante." Le sue parole mi hanno svegliato da quella confusione che mi faceva pensare di essere impazzito. Iniziando a vedere le cose con occhi aperti, ho iniziato a cambiare atteggiamento e alla fine degli esami sono uscito con un nove e gli impegni sembravano organizzabili quindi sai cosa dicono tutto e bene se finisce bene. Pagina 9 VIAGGIARE STANDO FERMI DI: GIULIA PALLADINI C iao, Sono un ragazzo che studia nella terza media. Ho una sorellina che si chiama Julietta. I miei genitori sono tutti due impegnati con lavoro .Oh scusate ho dimenticato di dirvi il mio nome, io mi chiamo Giovanni sono un ragazzo confuso ma non era sempre così. Prima ero un ragazzo normale che frequentava la scuola e incontrava gli amici spesso. I miei unici pensieri erano lo studio e il divertimento e giocare fuori o con i video giochi. La mia giornata era calma e quando ritornavo da scuola mangiavo il pranzo con mia madre e mia sorella poi facevo i compiti per cui non ci voleva più di un ora e mezzo e poi mi divertivo per tutta la giornata. Ma adesso le cose sono cambiate. Le mie giornate sono occupate da tutto tranne il divertimento. Ho cosi tante responsabilità che ho voglia di lasciare tutto e scappare. Le mie responsabilità adesso sono; preparare il pranzo per me e mia sorella perchè mia mamma ha cominciato a lavorare e quindi io sono imprigionato con una bambina di cinque anche se e mia sorella può essere un po’ irritante. Poi ho lezioni di basket tre volte alla settimana. Ma la cosa che mi preoccupa di più sono gli esami e anche il fatto che ho solo due settimane di tempo per finire la mia tesina. Con tutti questi pensieri nella mia mente non riesco a organizzarmi e neanche a concentrarmi tutto e troppo difficile mi sento come un adulto con troppo da fare ma nessun tempo. Poi oggi incontro un ragazzo che si chiama Andrea e siamo subito diventati amici dopo due chiacchiere mi ha detto " non far d`un mosca un elefante." Le sue parole mi hanno svegliato da quella confusione che mi faceva pensare di essere impazzito. Iniziando a vedere le cose con occhi aperti, ho iniziato a cambiare atteggiamento e alla fine degli esami sono uscito con un nove e gli impegni sembravano organizzabili quindi sai cosa dicono tutto e bene se finisce bene. GLI UOMINI SON TUTTI UGUALI DI: A chi piace Francesco Guccini di sicuro sa che ogni suo concerto si apriva con “ In morte di S.F.”, nota più con il titolo che fu dato poi dai Nomadi “ Canzone per un’amica”, e veniva concluso sempre con uno dei suoi più grandi successi “ La locomotiva”. Quest’ultima canzone racconta la storia di un uomo che, stanco della situazione sofferente a cui era destinata la classe operaia, decise di compiere un atto, per alcuni folle, per altri di disperazione, contro i “signori” di allora. Ma chi era quel macchinista ferroviere? Veramente non sappiamo “che viso avesse e neppure come si chiamasse”? Ebbene, conosciamo molto più del suo nome. In questo numero vi racconto la storia di Pietro Rigosi e di quel 21 luglio del 1893. Come ci insegna la letteratura di quel tempo, le condizioni dei ferrovieri, in particolare dei macchinisti, erano veramente dure, oserei dire disumane: turni di 30 o 40 ore consecutive, sempre esposti alle intemperie su macchine senza alcun riparo o con ripari che risultavano del tutto insufficienti. Da sottolineare che , oltre a queste condizioni, il mestiere era assai faticoso, infatti una corsa da Venezia a Bologna significava per un fuochista spalare quaranta quintali di carbone. Se poi aggiungiamo il guadagno minimo, che spesso non bastava neanche per vivere, non ci sorprendiamo quando si scopre che solo il 10 % dei macchinisti arrivava alla pensione. Così, tutti i giorni, viveva “il Rigosi” ( come lo chiamavano i giornali dell’epoca), matricola 42918, fuochista delle Strade Ferrate Meridionali - Rete Adriatica, padre di 2 piccole bambine. Nonostante fosse identificato come un buon lavoratore, la rabbia di non riuscire a dare una dolce e felice vita alle sue piccole, aumentava ogni volta che si chiedeva: perché se gli uomini son tutti uguali, c’è chi ha tanto e chi non ha niente? Perché loro si vestivano di stracci, neri come la loro pelle e i loro polmoni, come il carbone che ogni giorno spalavano? Invece i signori, i padroni, avevano quei lunghi e colorati vestiti di velluto, sempre puliti, sazi e riveriti? Perché mentre loro lavoravano i signori viaggiavano? Perché mentre loro rischiavano la vita, senza mai aver vissuto, i padroni se la godevano, quasi annoiandosi di tutto quel tempo libero? Ogni giorno Rigosi andava al lavoro con queste domande e con un libro in tasca. Consigliato forse da un amico o dal caso, Pietro iniziò a leggere “La bestia umana” di Emile Zola, il quale romanzo ha come protagonista un macchinista, e la sua locomotiva, la cui vita scorre in un ambiente sociale difficile e pieno di corruzione, dove trionfano disastri ferroviari insieme a omicidi e stupri. Il libro fu ispiratore del nostro ferroviere, che si sentiva coinvolto in quell’ambiente dove un macchinista è sfruttato e destinato ad una vita dura e infelice, lui come tutta la sua famiglia, dove l’unica conclusione sembrava essere o la morte o un disastro ferroviario. “E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo, pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto” (Guccini), così, sfruttando il fatto che il macchinista titolare non era ancora arrivato, saltò su una locomotiva, staccata precedentemente dal convoglio, e partì. Partì per quel breve viaggio, che forse doveva essere l’ultimo, dove l’importante non era la destinazione ma il perché. Rigosi voleva una giustizia proletaria, voleva che gli uomini fossero tutti uguali, voleva dimostrare che per combattere i re e i tiranni l’unica arma è la rivoluzione del popolo. La locomotiva andava sempre più veloce, come “un mostro che divorava la pianura” (Guccini), dirigendosi verso un altro treno, un treno che doveva essere pieno di “signori”. Ma, come riporta il giornale “Il Resto del Carlino”, che prese a cuore il fatto, subito fu dato l’allarme affermando che un pazzo viaggiava su un treno e si dirigeva a massima velocità verso Bologna. Il binario fu deviato e la locomotiva si schiantò contro un carico vuoto, provocando un solo ferito, Pietro. Nel pericolosissimo impatto Pietro fu spinto fuori dalla sua postazione e fu schiacciato da entrambi i treni; gli venne amputata la gamba e cucita una cicatrice lungo il viso. Rigosi non ebbe nessuna conseguenza giudiziaria e fu dimesso dal lavoro per motivi di salute. Per giorni, alla casa di un operaio, alla casa di un pover’uomo, tutti i giornalisti dei più grandi giornali dell’epoca dedicarono la loro massima attenzione. In numerosi volevano sapere il motivo di quel gesto, volevano sapere per cosa si può rischiare la vita. L’unica risposta che ebbero fu: “ Che importa morire? Meglio morto che legato!” Io non sono nessuno per dire se ciò che il Rigoni ha fatto fosse giusto o sbagliato, se fosse un pazzo o un rivoluzionario o entrambi, se avesse ragione o torno. Ma a me “ piace pensarlo ancora dietro al motore, mentre fa correr via la macchina a vapore e che ci giunga un giorno ancora la notizia di una locomotiva, come una cosa viva, lanciata a bomba contro l' ingiustizia” ( Francesco Guccini) Blackout è il giornalino scolastico autogestito dagli studenti del Liceo Scientifico “Benedetti” di Venezia. Ricordatevi che è sempre possibile rivedere qualsiasi numero di blackout sul nostro sito www.blackoutbenedetti.tk, e che qualunque studente voglia scrivere su questo giornale può farlo, scrivendo a [email protected]. Unisciti a noi! Impaginato da Giulio Haglich