Un tragico esperimento
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Un tragico esperimento
Narrativa Un tragico esperimento Un altro racconto del nostro scrittore in erba di Amerigo Marchesini (12 anni) Borgunto, giugno 1505 “Sì! – esclamò un uomo con folta barba grigia asciugandosi la fronte sudata – funziona! Devo raggiungere immediatamente Angiolino, sperimentiamo subito!”. Balzò dalla sedia di legno con un’energia rara per la sua età, si diresse verso un angolo buio della stanza e ne estrasse un marchingegno formato da stecche di legno intervallate da lembi tesi di cartapecora, come a formare… due gigantesche ali di pipistrello! Spense le candele che a malapena illuminavano lo studio e, a fatica, fece uscire il trabiccolo dallo stretto uscio. Nonostante fosse vecchio, sudato e affaticato dal peso dell’apparecchiatura, era felice. Nei suoi occhi brillava una luce di speranza che non era mai stata così accesa, si stava commovendo. Tutto il paese era stupefatto ed entusiasta nel vedere l’anziano con la sua “macchina volante”. Gli uomini lo chiamavano a gran voce, incuriositi, gridando: “Messer Da Vinci cos’è quel marchingegno?”. I bambini ridevano e gli tiravano la lunga veste perché mostrasse loro il suo “giocattolo”. E a tutti, Leonardo rispondeva: “Io farò volare l’uomo, seguitemi e vedrete!”. Allora tutti gli uomini si offrirono volontari, ma il genio ringraziava dicendo che aveva già l’uomo giusto: snello, alto, leggero e coraggioso. Giunto, ormai seguito da tutto Borgunto, nel punto di Monte Ceceri designato alla partenza, Leonardo ebbe un tuffo al cuore. Angiolino Gaddi, la “cavia” per l’esperimento, era sdraiato a terra, supino, con un pugnale nel petto. La gente, che non vedeva cos’era successo, perché aveva la visuale coperta da Leonardo e dalle ali spiegate che teneva sotto braccio, chiese al genio: “Leonardo, cos’è accaduto?”. L’uomo non rispose, gli occhi erano colmi di lacrime e la bocca gli tremava. Si sentì mancare, ma fu ripreso al volo da un giovane, mentre la macchina cadde rovinosamente giù dal monte e rotolò fino a Fiesole. L’inventore si alzò sulle proprie gambe e, tremando, tornò in paese, senza proferire parola. Nel corso della sua vita aveva visto e addirittura sezionato decine di cadaveri, ma questo era diverso. Quel ragazzo aveva appena vent’anni, lui ci aveva mangiato insieme, gli aveva raccontato che sognava di diventare anche lui inventore e che era grazie a Leonardo se si era avvicinato alla scienza. Gli aveva confidato che, finito l’esperimento, sarebbe andato a Firenze a lavorare in qualche bottega e aveva detto speranzoso, “Forse un giorno potrò lavorare con voi maestro, ma stavolta come scienziato!”. Gli aveva raccontato che non vedeva l’ora di riabbracciare la sua amata e di raccontarle che aveva lavorato per il grande Leonardo Da Vinci. Ma non sarebbe mai accaduto, un pugnale aveva stroncato tutti i suoi sogni. Leonardo si fermò, e pianse a dirotto. Poi ripartì, ma quando raggiunse la bottega trovò la porta aperta e la stanza sottosopra. Si precipitò dentro e scoprì che non avevano rotto niente, ma avevano rubato tutti i progetti per la “macchina volante”. Si lasciò cadere sulla sedia e con uno sguardo riassunse mille lacrime. Aveva gli occhi stanchi e vuoti, la bocca semiaperta. Quella notte non dormì, né pianse, ma pensò a chi sarebbe potuto venire in mente di uccidere quel ragazzo e perché. E poi la sparizione dei suoi progetti… Nuove direzioni • n. 11 settembre-ottobre 2012 82