Amore, sesso, gender: i chiarimenti di Michela Marzano

Transcript

Amore, sesso, gender: i chiarimenti di Michela Marzano
Amore, sesso, gender: i chiarimenti di Michela Marzano
“Nominare in maniera corretta le cose è un modo per tentare di far diminuire la
sofferenza e il disordine che ci sono nel mondo” (Albert Camus). Parte da qui
Michela Marzano, , nel suo libro "Papà, mamma e gender", per portare un
contributo di chiarezza nel dibattito così fortemente ideologico sulla cosiddetta
“teoria del gender”. Ed è proprio il tema della sofferenza a costituire il filo rosso del
testo della filosofa che intrecciandosi con quelli della vulnerabilità, del caso e della
centralità del corpo va a costituire la trama del libro.
Prima ancora di un’analisi sulla “teoria gender”, il libro di Michela Marzano sembra
un appello alla “ragione”rivolto ad alcune articolazioni del mondo cattolico. L’autrice
analizza infatti puntualmente i passaggi di una serie di petizioni, video e documenti
“no gender” promossi da varie organizzazioni cattoliche mostrandone
l’incongruenza sul piano logico. La sua disanima è lontana, però, dall’arroganza di
quell’intellettuale che utilizza i propri strumenti per ridicolizzare l’altro. Colpisce, al
contrario, la volontà di entrare nelle preoccupazioni dell’altro, il prenderle
seriamente, il cercare di capire se sono dettate da una mancanza di conoscenza o da
altri intenti.
L’autrice ripercorre i passaggi fondamentali su cui si basa la critica della “teoria
gender”: la negazione della differenza tra i sessi, per cui un ragazzo potrebbe
tranquillamente decidere di diventare ragazza e viceversa; la libertà di identificarsi
in qualsiasi genere a prescindere dal proprio sesso biologico; la giustificazione di
ogni comportamento sessuale, incluso l’insegnamento della masturbazione ai
ragazzi delle scuole elementari. Questi, ad esempio, alcuni dei contenuti presenti
nello spot promosso dall’associazione cattolica Provita. E’ chiaro, conclude Marzano,
che genitori in buona fede possono allarmarsi di fronte a tali messaggi. Peccato che
alla base ci siano una serie di errori madornali, che confondono tutto,
sovrapponendo concetti diversi come sesso, genere, identità di genere,
orientamento sessuale, pratica sessuale.
Imprescindibile, quindi, per la filosofa ripartire dal “nominare in maniera corretta le
cose” al fine di ridurre la sofferenza e la confusione provocate dal sovrapporre
concetti diversi, concetti che sarà quindi utile ricordare a scanso di equivoci.
Innanzitutto è fondamentale distinguere tra sesso e genere. Mentre per sesso
intendiamo l’insieme delle caratteristiche fisiche, biologiche, cromosomiche e
genetiche che distinguono i maschi dalle femmine, il genere designa gli aspetti
culturali, sociali e psicologici che in una determinata società distinguono gli uomini
dalle donne.
A sua volta è necessario distinguere i ruoli di genere dall’identità di genere. I ruoli di
genere infatti fanno riferimento a comportamenti e caratteristiche che in una
determinata società si attribuiscono comunemente agli uomini e alle donne
definendo quello che si considera appropriato per ognuno. Con identità di genere si
intende invece la percezione di sé, precoce e profonda, in quanto uomo o donna,
che se nella maggioranza della popolazione corrisponde al sesso biologico, per le
persone transessuali di un determinato sesso biologico (es. maschio) corrisponde ad
un sentimento di appartenenza all’altro genere (es. donna). Ancora diverso è
l’orientamento sessuale che designa l’attrazione affettivo/sessuale verso persone
dello stesso sesso, del sesso opposto o di entrambe.
Muovendo da queste necessarie premesse, Marzano cerca di svelare dove stia
l’equivoco fondamentale nelle prese di posizione “no gender” a partire da tre
concetti filosofici: eguaglianza e identità, da un lato, differenza dall’altro. In un altro
appello “no gender” dell’associazione “Manif pour tous Italia” (nata nel 2012 sulla
falsariga dell’omonima associazione francese creata per opporsi al matrimonio degli
omosessuali), si legge che coloro che sono a favore dell’ideologia gender sostengono
l’indifferenziazione dei sessi, per cui non ci sarà più differenza tra maschi e femmine,
ragazzi e ragazze. Ecco allora che la puntualizzazione sui concetti di identità ed
eguaglianza diventa fondamentale. Marzano ci ricorda che mentre con identità si fa
riferimento ad un universo descrittivo, non valoriale, il concetto di eguaglianza
attiene proprio all’universo dei valori. Tradotto significa che dire “un ragazzo è
uguale ad una ragazza” non equivale a negare le differenze tra i sessi, bensì a
riconoscere un uguale valore e dignità ed una stessa titolarità di diritti. Si tratta dello
stesso concetto di eguaglianza presente nel Vangelo e nei testi giuridici, dalle
Costituzioni alle dichiarazioni e convenzioni sui diritti umani.
Marzano dopo avere fatto la disamina dei documenti “no gender” e di vari testi e
prese di posizione ecclesiastiche, peraltro spesso in contraddizione tra loro, giunge
alla conclusione che le argomentazioni “no gender” nascondono con ogni
probabilità un’opposizione viscerale e irriflessiva verso l’omosessualità. E qui
Marzano inserisce la sua storia familiare, quella del fratello gay e la sua personale di
donna che è passata attraverso l’anoressia. Passare attraverso, proprio nel senso di
essere stata attraversata, di fare l’esperienza, quello che ad Oscar Wilde faceva dire
“le cose vere della vita non si studiano, né si imparano, ma si incontrano”.
Perché raccontare la propria storia personale, perché esporsi? E’ quello che le
femministe chiamavano “il partire da sé” e che Michela Marzano definisce “lo
spiegare da dove si parla”. Ed è questo ciò che fa del testo di Michela Marzano
qualcosa di diverso da una mera disquisizione teorica sul gender, ciò che lo rende
profondamente umano. In termini sociologici si tratta di definire “il proprio
posizionamento”, in quanto non esiste un soggetto neutro, ma al contrario tutti i
soggetti sono incarnati in un corpo sessuato, con determinate caratteristiche in base
all’appartenenza etnica, la classe, l’età, l’orientamento sessuale, la disabilità.
L’autrice racconta di come la sua famiglia cattolica tradizionale aveva vissuto questi
eventi come una tragedia, una grave deviazione per chi era abituato ad
un’educazione fondata sul “si fa e non si fa, è naturale, è contro natura, è normale, è
anormale” per poi dover rimettere tutto in discussione. Ed è questo il cuore del
problema, la deviazione da una norma sociale che ci vorrebbe tutti perfettamente
sani, belli (rispetto a discutibilissimi canoni estetici), ricchi, eterosessuali… Ognuno di
noi ha la propria vulnerabilità, la propria deviazione dalla norma. Ognuno di noi, in
momenti diversi della vita, in forme e in quantità diverse, ha dovuto lottare per
conformarsi a questa norma che non ha scelto. Se cominciassimo a vedere le cose in
questa ottica, potremmo forse avere uno sguardo più benevolo verso “il diverso” e
verso le nostre stesse vulnerabilità perché, come ricorda Marzano, citando il filosofo
Canghilhem “di normale e di anormale nella vita c’è ben poco”.
Invece ciò a cui assistiamo in questi giorni - mentre scriviamo è in corso il dibattito
parlamentare sul disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili - va in senso
diametralmente opposto. I gruppi “no gender” paventano niente meno che la fine
della famiglia. Ma perché concedere qualcosa a qualcun altro, si chiede Marzano,
cioè le unioni civili agli omosessuali, equivarrebbe a togliere qualcosa a chi già ce
l’ha, come nel caso della cosiddetta famiglia tradizionale? E proprio sulla tanto
contesa step child adoption Marzano rileva che è assai strano che siano proprio i
difensori della famiglia ad opporsi ad una norma che vuole dare una certezza
giuridica a bambini che già esistono e che già fanno parte di famiglie omogenitoriali.
Ma tornando al punto iniziale del libro cosa è per davvero questa “teoria gender”?
In realtà ciò che esiste è una pluralità di studi e teorie sul genere estremamente
diversificate tra loro, che partendo da assunti diversi giungono a conclusioni quasi
opposte.
Per questo quando si iniziò a parlare di ideologia gender, ingenuamente, non capivo
a cosa si facesse riferimento. Ciò che più di tutto mi ha colpito infatti durante i miei
studi di genere è la grande eterogeneità delle teorie femministe. Marzano ne
ripercorre alcune raggruppandole in due grandi categorie: essenzialiste o
naturaliste, da un lato, e costruttiviste, dall’altro. Mentre le prime partono
dall’assunto che esista un’essenza del femminile e del maschile in natura, rischiando
così di escludere dalla categoria di uomo o donna chi non ha sufficienti
caratteristiche maschili o femminili, le seconde ritengono che tutto, anche il corpo,
sia il risultato di una costruzione socio-culturale e che le categorie donne e uomo
non siano descrittive ma normative. Sono queste ultime le teorie più radicali sul
genere, talvolta anche eccessive, sostiene Marzano, come le teorie queer.
E arriviamo così a Judith Butler, l’autrice più citata e controversa quando si parla di
critica radicale sul genere. Anche il sesso, non solo il genere, è culturale scrive
Butler. Ricordo ancora il senso di disorientamento che provai quando ascoltai
queste parole durante il corso di teorie femministe che stavo frequentando, ma mi
sforzai di comprendere soprattutto perché la professoressa, che stimavo moltissimo,
ci disse che quelle parole erano state per lei fonte di grande ispirazione. Ė l’invito
che Marzano ci fa citando Berti affinché “il dire dell’altro diventi almeno ascoltabile
e non immediatamente negato”. Quindi il sesso è culturale - ci spiegò la
professoressa - nel senso che l’importanza che diamo alla costruzione binaria del
mondo attorno al sesso (l’essere uomo o donna) è culturale, avremmo potuto
prendere altre categorie. Marzano analizza poi un’altra frase celebre di Butler:“il
desiderio omosessuale terrorizza il genere”. Se desiderare un uomo è un elemento
costitutivo dell’essere donna, allora l’omosessualità non può non avere un impatto
sull’identità di genere. In altre parole se sono lesbica come faccio a considerarmi
donna? In realtà Butler nel 2003 chiarisce in un’intervista che “il sesso biologico
esiste, eccome” ma la sua comprensione necessita di un linguaggio, di un ordine
discorsivo, ed è proprio questo che interessa di più Butler: il processo di costante
negoziazione che ognuno di noi deve fare con i ruoli di genere (ma quindi sottolinea
Marzano, è in realtà ancora una volta il genere, non il sesso ad essere
problematico…) continuamente riproposti dalla famiglia, la società, i media.
In conclusione “Papà, mamma e gender” è un testo al tempo stesso chiarificatore e
complesso. Se da un lato mette ordine in quei concetti così brutalmente storpiati
negli appelli “no gender”, invalidandone le argomentazioni sul piano logico,
dall’altro apre a tutta un’altra serie di interrogativi non solo sul gender, ma
sull’eguaglianza, la differenza, il concetto di caso e di vulnerabilità, sui quali non
esiste una risposta pronta e confezionata da esibire in tre minuti, come viene fatto
in uno dei video “no gender”. Per questo è un libro per fare chiarezza, e per porsi
nuovi dubbi, per chi non sa da dove arriva la polemica sul gender, e per chi da anni
fa studi di genere. Soprattutto è un libro per chi fa fatica a riconoscersi in quella
norma dominante che ci vorrebbe tutti perfettamente belli, felici, sani, ricchi,
eterosessuali, perfettamente uomini e perfettamente donne.
Erika Bernacchi