7. La valutazione e il miglioramento della performance
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7. La valutazione e il miglioramento della performance
Management pubblico 7. La valutazione e il miglioramento della performance 7.1 Le dimensioni di valutazione della performance Il dibattito sulla valutazione della performance delle amministrazioni pubbliche ha in larga misura insistito, negli ultimi anni, sulla questione del passaggio da criteri di responsabilizzazione formale (sugli atti e i procedimenti amministrativi) a logiche di responsabilizzazione sostanziale (sui risultati). Tale contrapposizione, per quanto simbolicamente evocativa di un cambio radicale di visione nella concezione dei modelli di governo e funzionamento degli enti pubblici, rischia in realtà di essere eccessivamente generica e, al tempo stesso, di indurre analisi semplicistiche dei criteri di valutazione degli stessi. Il passaggio alla responsabilizzazione sui risultati richiederebbe, infatti, una definizione compiuta e condivisa del concetto di performance applicato alle amministrazioni pubbliche, ovvero delle diverse possibili dimensioni che qualificano la stessa. Su questo piano le discipline manageriali hanno avuto sicuramente il merito di introdurre nel sistema pubblico metodologie e strumenti di misurazione in precedenza sconosciuti, ma una male intesa “managerialità” rischia di focalizzare l’attenzione su parametri tecnici di efficienza ed efficacia che non rendono da soli compiutamente conto della performance complessiva di un ente. Un tentativo in atto di ricondurre a sintesi la valutazione in merito all’azione delle amministrazioni pubbliche è rappresentato dall’enfasi recentemente attribuita al concetto di valore pubblico (Moore, 1995; Rebora 1999; Borgonovi, 2004). In termini molto generali, tale concetto può essere ricondotto a un “buon uso” delle risorse pubbliche. Ovvero, produce valore sul piano economico qualunque attività che impiega e combina risorse, incrementandone l’utilità. Ciò accade in tutti i casi in cui il valore dell’output prodotto è superiore al valore degli input utilizzati. 129 Management pubblico Nel caso degli enti pubblici è naturale il collegamento del concetto di valore a quello di utilità finale per il cittadino. Ciò non significa però che necessariamente l’attività di un’amministrazione, per produrre valore, debba tradursi in un servizio finale per un insieme di destinatari identificati. Secondo una concezione più compiuta del concetto di valore, rientrano infatti in tale ambito tutte le iniziative idonee a creare le condizioni affinché il settore pubblico possa nel tempo esercitare al meglio il proprio ruolo e di conseguenza fornire con continuità risposta alle esigenze, sempre rinnovate, dei destinatari finali dell’attività. In questa prospettiva, sono declinabili almeno quattro dimensioni fondamentali di valore generato: per il cittadino, collegato alla produzione di risultati finali di diretto impatto sui bisogni; per l’ente pubblico, riconducibile alla creazione o al miglioramento delle condizioni di produzione di risultati a valere nel tempo; per il settore pubblico nel suo insieme, associabile a tutte le azioni di messa a sistema degli interventi, attraverso la ricerca di sinergie e forme di integrazione tra i diversi soggetti pubblici; per il sistema economico-sociale nel suo insieme, includendo in questo tutti gli aspetti relativi alla creazione di condizioni di sviluppo, anche attraverso la ricerca di forme di integrazione con il settore privato e il terzo settore. Seppure strumentali rispetto alla prima dimensione identificata, il generare valore rispetto al cittadino, appare evidente che molti cambiamenti di natura strutturale non possono che passare attraverso gli altri piani sopra evidenziati. In ogni caso, qualunque sia la dimensione considerata o, come spesso accade, una combinazione delle quattro, affinché si possa correttamente impiegare il concetto di valore necessitano almeno due condizioni: il conseguimento di un risultato compiuto (non confinabile quindi in momenti intermedi o tanto meno progettuali dei processi di amministrazione); il conseguimento di un risultato duraturo (non correlabile quindi ad iniziative di immagine ed estemporanee, la cui utilità si esaurisce nel momento stesso della relativa attuazione). Non poche sono, tuttavia, le difficoltà sia di ordine teorico (si pensi alle possibili diverse interpretazioni del concetto di utilità) che di natura applicativa (si pensi al tema della misurazione) connesse a un impiego della categoria logica generale del valore per valutare la performance delle amministrazioni pubbliche. Si rende di conseguenza necessaria la definizione di un modello di analisi dei risultati, considerati sui diversi piani significativi, che sia in grado di declinare le dimensioni rilevanti che qualificano la performance di un ente pubblico. 130 Management pubblico L’ipotesi di lavoro formulata è che la valutazione di tale performance, e la collegata produzione di valore pubblico, possa essere ricondotta a tre piani distinti e complementari (cfr. fig. 7.1): l’impatto dell’azione amministrativa; la qualità dell’amministrazione; la competitività. Fig. 7.1 Le dimensioni di valutazione della performance delle amministrazioni pubbliche Impatto dell’azione amministrativa Qualità della amministrazione Competitività Valore pubblico L’impatto dell’azione amministrativa qualifica l’azione dell’ente pubblico sul piano della capacità di influenzare le dinamiche di evoluzione dei sistemi economico-sociali, attraverso il soddisfacimento dei bisogni espressi o latenti, consolidati o emergenti, dei contesti di riferimento. L’area principale di interesse è rappresentata dalla valutazione dell’outcome, ovvero dell’efficacia della politiche pubbliche. Si tratta, a evidenza, di un piano di valutazione al tempo stesso di grande complessità, in quanto richiede di “neutralizzare” l’effetto di possibili variabili esogene non dipendenti dall’azione dell’ente (si pensi, ad esempio, all’effetto sui tassi di occupazione di un determinato territorio dell’andamento dei cicli economici dell’economia globale) e che necessita di un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (tale da consentire il dispiegarsi degli effetti delle politiche attivate). Al tempo stesso rileva il “come” le politiche sono attuate, ovvero l’impatto dalle stesse prodotte sul piano dell’equità dell’intervento pubblico (vale a dire della tutela e del contemperamento delle diverse possibili categorie di interessi in gioco) e della gestione del consenso (non solo politico, ma, più in generale 131 Management pubblico esprimibile in termini di variazione del grado di legittimazione dell’ente nei confronti dei principali interlocutori). Evidentemente l’impatto dell’azione amministrativa risulta essere fortemente condizionato dalla qualità delle politiche elaborate, a sua volta connessa alla sofisticazione del processo di definizione della strategia attivato dagli enti. La dimensione di valutazione della qualità dell’amministrazione si focalizza sugli aspetti di governo e gestione degli enti, portando a sintesi le istanze di corretta condotta aziendale (ovvero rispettosa dei fini istituzionali e del quadro giuridico di riferimento), efficace ed efficiente gestione (attraverso un buon uso delle risorse disponibili), rafforzamento strutturale dell’ente (in una logica di investimento tale da consentire la continuità di produzione dei risultati nel medio-lungo periodo). Rappresentano piani specifici di valutazione della qualità dell’amministrazione: il grado di attuazione dei programmi (rispetto delle fasi e dei tempi, degli standard qualitativi definiti, del livello previsto di assorbimento delle risorse finanziarie); la qualità e quantità degli output prodotti; l’efficiente impiego delle risorse; l’equilibrio economico-finanziario dell’ente; la modernizzazione e il miglioramento qualitativo dell’organizzazione e delle competenze detenute; lo sviluppo del sistema di relazioni con gli interlocutori esterni (cittadini, utenti, altri enti, imprese, stakeholder più in generale); il rispetto della legalità e la correttezza amministrativa. Tali aspetti meglio si prestano, a evidenza, a un apprezzamento anche in un orizzonte temporale di breve periodo, attraverso la messa a punto di un sistema di indicatori tipicamente su base annuale. Proprio il superamento di una logica contingente di valutazione della performance richiede tuttavia un’attività sistematica di analisi e rilevazione dei risultati prodotti, anche su base pluriennale, in modo da consentire di evidenziare il grado di “solidità” dell’ente, ovvero la creazione e sussistenza di condizioni idonee a garantire continuità di risultati nel tempo. Infine, la dimensione di valutazione della competitività introduce nei criteri di apprezzamento della performance la prospettiva comparativa. Si tratta, su questo piano, di mettere a confronto i risultati prodotti rispettivamente con: possibili alternative al perseguimento dei medesimi fini istituzionali (ricorso al mercato, affidamento delle funzioni e dei servizi ad altri enti, affidamento al settore privato attraverso forme contrattuali, ecc.); 132 Management pubblico performance analoghe per natura conseguite da amministrazioni pubbliche similari (individuazione di best performer e di performance medie rispetto ai diversi ambiti di attività); l’evoluzione della performance del singolo ente nel tempo (individuazione di trend di miglioramento o peggioramento dei risultati prodotti). In altri termini, la valutazione dei risultati del singolo ente pubblico si pone sempre in termini relativi rispetto a performance potenzialmente realizzabili o realizzate (in altri contesti o all’interno dello stesso ente). Anche su questo piano, non poche sono le difficoltà, soprattutto dal punto di vista della comparabilità dei risultati a fronte di condizioni di contesto e di ente fortemente differenziate e comunque in continua evoluzione. Ciò nonostante, un’analisi comparativa sistematica può rappresentare un importante elemento di completamento del processo valutativo. Nessuna delle dimensioni di valutazione evidenziate è in sé risolutiva o rappresentativa dei risultati conseguiti da un’amministrazione pubblica e, ancor meno, del valore generato dalla stessa. Solo la considerazione combinata dei diversi piani identificati può in effetti garantire una maggiore significatività della valutazione. Si tratta, in ogni caso, di un processo complesso e articolato, non riconducibile ad automatismi e che richiede la combinazione di elementi quantitativi e qualitativi, la considerazione di orizzonti temporali differenti e, non da ultimo, un posizionamento relativo rispetto ad altre performance. Si rende di conseguenza necessaria una sofisticazione del processo e degli strumenti di valutazione, anche rispetto alla pratiche oggi in uso negli enti pubblici più evoluti. Naturalmente la configurazione operativa del modello di valutazione della performance dovrà essere collegato alle specifica natura dell’attività, oltre che alla mission dei diversi enti. Data la complessità del problema si ritiene, in ogni caso, che l’approccio debba essere selettivo (ovvero proporsi l’obiettivo di individuazione dei piani e degli indicatori più rilevanti) e il modello di valutazione possa essere sviluppato secondo diversi livelli e gradi di dettaglio (da alcuni macro indicatori di sintesi, ad una progressiva scomposizione e articolazione degli stessi rispetto alle diverse dimensioni di analisi individuate). Così come, mentre alcune dimensioni di valutazione sono per loro natura trasversali e riguardano l’ente nel suo insieme, altre sono tipicamente settoriali (si pensi, ad esempio, alla definizione di indicatori di output per i diversi servizi prodotti) e possono richiedere lo sviluppo di specifiche analisi e appositi strumenti di misurazione. La valutazione, infine, dovrebbe assumere come fine primario l’individuazione delle aree di eccellenza e degli aspetti di maggiore criticità nella performance dei singoli enti, costituendo un elemento fondamentale a supporto delle decisioni di sviluppo e gestione degli stessi. 133 Management pubblico 7.2 I sistemi di misurazione e controllo dei risultati La sofisticazione dei sistemi di valutazione delle performance delle amministrazioni pubbliche presuppone l’introduzione e lo sviluppo di sistemi evoluti di misurazione. Va tuttavia considerato il fatto che non tutti i piani di valutazione sopra identificati sono completamente oggettivabili e quantificabili. È inoltre opportuno sottolineare che le stesse misure si prestano ad essere diversamente interpretate. Ne consegue che il processo di valutazione dei risultati inevitabilmente comporta l’impiego congiunto di indicatori quantitativi e qualitativi, economici e non, nonché la formulazione di ipotesi e giudizi1. È fondamentale, in ogni caso, che tale processo in misura sempre maggiore sia posto al centro dei disegni di rinnovamento degli enti, costituendo al tempo stesso una condizione fondamentale di miglioramento interno e del quadro delle relazioni esterne con gli interlocutori rilevanti. Affinché ciò si verifichi, si ritiene prioritario l’intervento almeno su tre piani complementari: • l’adeguamento del sistema delle rilevazioni, contabili ed extra-contabili, in modo da garantire una adeguata base informativa per la configurazione delle possibili dimensioni di risultato (di ente o parziali), oltre che per la determinazione dei criteri per la allocazione delle risorse e l’effettivo apprezzamento della performance; • lo sviluppo o, più spesso, l’introduzione di un sistema evoluto di pianificazione, programmazione e controllo, in grado di orientare l’ente verso l’effettivo perseguimento dei risultati, definire un quadro di responsabilizzazione associato agli stessi e verificarne costantemente l’effettivo raggiungimento; • l’introduzione di una nuova logica e di nuove metodologie di rendicontazione che, superate le limitative interpretazioni correlate al rispetto del dettato normativo, si pongano l’obiettivo di mettere a disposizione di tutti gli interlocutori rilevanti dell’azienda (interni ed esterni) le informazioni necessarie all’esercizio del proprio ruolo e alla salvaguardia dei correlati specifici diritti ed interessi. 1 Sottolinea al riguardo Rebora (1999: 16): «…Il termine valutazione rimanda al processo di riconoscere e determinare il valore (worth e value), il merito, la validità delle cose, nel caso di nostro interesse, di programmi e attività delle amministrazioni pubbliche…Non si tratta di semplice “misurazione”, concetto che presuppone la disponibilità di riferimenti oggettivi e lascia trasparire l’eliminazione di ogni incertezza attraverso la corretta applicazione di metodologie sofisticate; valutare, invece, implica una componente di giudizio, collegato ad una procedura di analisi e ricerca, che si vale anche di misure, ma non si riduce a queste». 134 Management pubblico Si tratta di aspetti che presuppongono peraltro, a monte, una chiarezza di visione in merito alle possibili finalità e ai destinari dei sistemi di rilevazione e controllo dei risultati. In particolare, sono al riguardo identificabili almeno quattro distinti piani di ragionamento: la rilevazione e il controllo dei risultati a supporto della funzione di governo; in questo caso gli utilizzatori delle informazioni sono gli amministratori degli enti nell’esercizio delle loro prerogative di indirizzo e verifica dell’effettivo perseguimento delle strategie elaborate; l’obiettivo è quindi quello di tenere sotto controllo l’andamento complessivo dell’ente e la capacità di perseguimento delle finalità istituzionali, nonché l’effettivo soddisfacimento dei bisogni; la rilevazione ed il controllo dei risultati per il miglioramento della gestione; in questo caso gli utilizzatori delle informazioni sono i dirigenti responsabili dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità gestionale; l’obiettivo è quindi quello di tenere sotto controllo l’andamento della gestione, al fine di assumere le decisioni più idonee per il miglioramento della stessa; la rilevazione ed il controllo dei risultati per il miglioramento della trasparenza dell’azione amministrativa e del rapporto con gli interlocutori rilevanti; in questo caso i destinatari delle informazioni sono i principali portatori di interessi, ai quali sempre più le amministrazioni pubbliche dovranno rendere conto delle qualità e quantità dei risultati prodotti in raccordo con le risorse amministrate; l’obiettivo è quindi di valorizzazione delle prerogative informative e di partecipazione della collettività, anche al fine di alimentare un effettivo orientamento ai destinatari nelle scelte strategiche e di gestione degli enti; la rilevazione e il controllo dei risultati per la gestione delle relazioni istituzionali all’interno del settore pubblico; in questo caso gli utilizzatori sono altri enti pubblici, tipicamente con funzioni di indirizzo, di finanziamento o di controllo; l’obiettivo è quello di riorientare progressivamente i rapporti tra i diversi livelli di responsabilità istituzionale da logiche vincolanti e prescrittive di azioni e comportamenti, a criteri di responsabilizzazione sui risultati. Appare evidente quindi che, a seconda della diversa prospettiva dalla quale si affronti il problema del controllo e della valutazione dei risultati, cambiano la finalità, la natura, il grado di analiticità e le modalità di impiego delle informazioni. Non esiste, di conseguenza, un generico problema di orientamento 135 Management pubblico ai risultati, quanto piuttosto un complesso e articolato problema di rilevazione e responsabilizzazione rispetto a diverse categorie di risultati e di destinatari. Si tratta di aspetti sui quali le amministrazioni pubbliche hanno investito negli ultimi anni, seppure in modo differenziato, ma sui quali si rende necessario complessivamente un salto di qualità. Così, sul piano del sistema delle rilevazioni si ritiene importante lo sviluppo di sistemi contabili integrati di natura finanziaria ed economico-patrimoniale (questi ultimi più idonei a rappresentare l’andamento della gestione e le condizioni di equilibrio a tendere degli enti). In senso più ampio appare opportuno meglio distinguere il ruolo dei sistemi e degli strumenti di rilevazione e rappresentazione dei risultati generali o parziali di azienda a fini esterni (necessariamente più formali e strutturati), rispetto a quelli finalizzati ad orientare le scelte ed osservarne l’attuazione; ovvero appare fondamentale il recupero di un intrinseca coerenza tra obiettivi e strumenti di misurazione dei risultati (Caperchione, 1996). In tale prospettiva rilievo crescente sono destinati a ricoprire gli strumenti di rappresentazione dei risultati in itinere e a consuntivo, piuttosto che i più tradizionali e vincolanti documenti preventivi di natura autorizzativa; in ciò è implicito il superamento della semplice funzione di riscontro formale tradizionalmente attribuita al conto consuntivo. Più in generale assume crescente rilievo il ruolo del sistema delle rilevazioni come sistema di supporto alle decisioni; in questo senso la classica funzione assolta dal sistema contabile di rappresentazione dei valori generati dalla gestione, deve essere in misura sempre maggiore integrata da rilevazioni extra-contabili, elaborazione di indicatori, effettuazione di confronti spaziali e temporali, svolgimento di analisi ad hoc; in tale prospettiva appare fondamentale la tempestività e la fruibilità dell’informazione da parte dei destinatari della stessa. Non da ultima va evidenziata l’esigenza di una diversa valorizzazione delle informazioni generate dal sistema di rilevazione; superata, infatti, la più tradizionale caratterizzazione in chiave di riscontro rispetto a quanto programmato (e al quadro dei vincoli connesso), le misure disponibili dovrebbero costituire la base essenziale per l’elaborazione e l’adattamento dei programmi, oltre che per lo svolgimento di simulazioni di impatto economico-finanziario degli stessi; in questo senso il sistema di rilevazione necessita di integrare la propria naturale vocazione all’osservazione dei fatti passati, con un nuovo orientamento al sostegno delle scelte future. Con riferimento poi al sistema dei controlli, anche l’evoluzione normativa ha delineato una nuovo equilibrio tra controlli esterni (di sistema) e interni (di ente), a favore dello sviluppo di questi ultimi e nella direzione del riconoscimento di maggiore autonomia e responsabilità alle singole amministrazioni. Si sono così articolati i diversi piani e strumenti di controllo interno: dal controllo di regolarità amministrativo-contabile, al controllo di gestione, al controllo strategico (o sull’attuazione degli indirizzi). Lo stesso ruolo e le modalità di intervento degli organi di controllo esterno tendono a evolvere verso una 136 Management pubblico maggiore attenzione ai risultati prodotti e all’efficiente impiego delle risorse disponibili (superando la tradizionale logica di verifica della conformità sul piano giuridico delle scelte attuate e dei documenti di rappresentazione delle stesse). Permane, tuttavia, all’interno degli enti una certa indeterminatezza in merito alla progettazione, alla concreta attivazione e soprattutto al corretto utilizzo dei sistemi di controllo. Su questo piano sembra innanzitutto fondamentale una maggiore chiarezza e definizione delle principali finalità e funzioni di tali sistemi, sinteticamente riconducibili: al contributo assicurato alla promozione di una corretta condotta dell’ente, ovvero rispettosa dei fini istituzionali e delle prerogative dei principali portatori di interessi, oltre che del quadro giuridico vigente e dei principi dell’etica; rientrano in tale prospettiva i sistemi di audit interno sui processi amministrativi, il ruolo svolto dagli organismi di verifica contabile (collegio dei revisori, società di revisione), il potenziale ruolo dei nuclei di valutazione; alla funzione di “guida” dell’ente verso il perseguimento dei risultati2. In questo il controllo in senso aziendale si differenzia dalla classica accezione burocratica che attribuisce allo stesso un ruolo “ispettivo” e di verifica della conformità sul piano giuridico-formale dell’attività amministrativa. Classicamente si distinguono, su questo piano, almeno tre possibili livelli di controllo (Anthony-Young, 1992): la pianificazione e il controllo strategico, orientato alla definizione ed alla verifica dell’attuazione di piani e programmi di medio-lungo periodo, connessi alle scelte fondamentali di formulazione della strategia aziendale; il controllo direzionale (o sistema di programmazione e controllo in senso stretto) che si propone di correlare responsabilità organizzative, obiettivi e risorse (AiroldiBrunetti-Coda, 1994) in una prospettiva tipicamente annuale e di svolgere una funzione di supporto alle decisioni dei ruoli di direzione dell’azienda; il controllo operativo, che assume come riferimento la verifica circa l’efficace ed efficiente svolgimento di specifici compiti o processi di lavoro. Nel senso ampio così definito, e con particolare riguardo ai due piani del controllo strategico e direzionale, è evidente che il sistema di programmazione e controllo assume un ruolo fondamentale nell’orientare lo sviluppo e il funzionamento 2 Sottolinea al riguardo Bergamin-Barbato (1991: 1) «…Il concetto di controllo, da tempo assunto nella dottrina e nella prassi, si ricollega al principio di “guida”, “governo” espresso dal termine inglese control, piuttosto che al significato di “ispezione” e “verifica” attribuito al vocabolo italiano. Tale “ambiguità linguistica” ha creato e crea tuttora non pochi equivoci, presso gli operatori economici, che spesso si attendono dal sistema di controllo una sorta di garanzia contro errori e infedeltà nella condotta manageriale. Si tratta, in realtà, di un supporto e di un insostituibile strumento di guida del quale il manager si serve nello svolgimento dell’attività decisionale, ma che, proprio perché funzionale al manager, non può trasformarsi in mezzo ispettivo da utilizzare sul suo operato e quindi contro il manager stesso». 137 Management pubblico dell’azienda potendosi alla fine identificare come l’insieme di attività e processi che sulla base di un continuo confronto tra obiettivi e risultati, tende ad assicurare la realizzazione delle finalità aziendali (Garlatti-Pezzani, 2000). alle nuove esigenze di rendere conto a terzi, secondo il paradigma emergente dell’accountability delle amministrazioni pubbliche. Più precisamente il termine “accountability” richiama almeno due accezioni o componenti fondamentali: da un lato, appunto, il dovere dell’ente pubblico di rendicontare agli stakeholder, in modo esaustivo e comprensibile, il corretto utilizzo delle risorse e la produzione di risultati commisurati all’entità delle stesse; dall’altro, l’esigenza di introdurre logiche e meccanismi di maggiore responsabilizzazione interna agli enti relativamente alle decisioni di impiego di tali risorse e alla produzione dei correlati risultati3.È chiaro, in questa definizione, l’allargamento della prospettiva che di fatto dà per acquisiti gli aspetti di formalizzazione, rilievo esterno e trasparenza dei procedimenti, per sottolineare un’idea di trasparenza più ampia e sostanziale, quindi più orientata alla verifica e al miglioramento dei processi di combinazione delle risorse disponibili, quale fattore di tutela del cittadino, che non alla correttezza fine a sé stessa degli atti amministrativi, considerato come aspetto dovuto di tutela sul piano formale. Nelle esperienze applicative, il potenziale dei sistemi di controllo sembra essere in buona misura condizionato da una continua sovrapposizione, e spesso confusione, tra le diverse finalità agli stessi attribuibili. Al tempo stesso, il tema della rilevazione e del controllo sui risultati, non sempre appare collegato ad una reale modifica del sistema di responsabilità. Ovvero, alla stato attuale, sia per gli organi politici che per quelli tecnici, continua ad essere dominante il principio della responsabilizzazione amministrativa, nonché dei correlati rischi e sanzioni. Per contro, ancora molto deboli sono i meccanismi di premio-punizione collegati al perseguimento delle finalità istituzionali e al conseguimento dei risultati. A questo deficit di responsabilità si accompagna, inoltre, un altrettanto rilevante deficit di misurazione, collegato ai problemi sopra evidenziati di rilevazione e impiego delle informazioni contabili ed extra-contabili. A fronte di tali condizioni, appare evidente che il tema dello sviluppo di sistemi evoluti di controllo e responsabilizzazione sui risultati non è semplicemente di ordine tecnico. Si pone, più in generale, l’esigenza di revisione contestuale del ruolo giocato dai diversi organi all’interno del sistema di corporate governance dell’ente e dei correlati criteri di valutazione, dei sistemi di gestione (sistema informativo, sistema integrato di pianificazione, 3 Per un approfondimento del tema dell’“accountability” si veda Caperchione-Pezzani (2000). 138 Management pubblico programmazione rendicontazione. e controllo), delle modalità e degli strumenti di 7.3 Il ruolo dei nuclei di valutazione Tra le innovazioni introdotte nelle amministrazioni pubbliche a sostegno del processo di misurazione e miglioramento dei risultati una certa aspettativa è stata generata dall’attivazione dei nuclei di valutazione. Numerosi e variegati sono i compiti di fatto assegnati a tali organismi nelle diverse esperienze: dalla definizione dei parametri generali di riferimento dell'attività ammministrativa, alla valutazione in merito all'andamento complessivo della gestione, alla valutazione dei dirigenti, al supporto tecnicometodologico all'elaborazione delle scelte di indirizzo, al supporto all'attività di programmazione, alla formulazione di programmi per il miglioramento della qualità, al sostegno ai processi di innovazione e cambiamento organizzativo, all'attivazione di confronti con altre realtà, ecc. In effetti il quadro normativo vigente si presta a interpretazioni ampie e differenziate del ruolo e dei contenuti del nucleo di valutazione. Tutto sommato si ritiene che questa possa essere considerata un'opportunità per le diverse amministrazioni, lasciando di fatto le stesse libere di “modellare” i nuclei rispetto alle proprie specifiche esigenze. Ne consegue che non si reputa più di tanto utile interrogarsi sui compiti e le responsabilità astrattamente assegnabili ai nuclei di valutazione, essendo in realtà più proficuo concentrarsi sulla stessa concezione di fondo del nucleo di valutazione (natura, ruolo e finalità dello stesso), dalla quale far dipendere i relativi aspetti tecnico-operativi (composizione, compiti, modalità di funzionamento ecc.); Per semplicità di esposizione e ragionamento è possibile cercare di trarre, dalle esperienze applicative fin'ora maturate, alcune “concezioni-tipo” di nucleo di valutazione (si veda al riguardo la fig.7.2). Le variabili assunte alla base della classificazione sono due: il grado di evoluzione dei contesti applicativi, attraverso la distinzione tra amministrazioni che si trovano in fase di primo avvio ed attivazione di sistemi gestionali e di valutazione dei risultati (enti arretrati) e amministrazioni che da tempo operano su questi terreni avendo a oggi disponibili una serie di strumenti e di tecniche specifiche (enti evoluti); la numerosità e la varietà dei compiti assegnati al nucleo di valutazione, attraverso la distinzione tra amministrazioni che privilegiano un'interpretazione restrittiva e focalizzata su ambiti specifici (task ristretto) ed amministrazione orientate a conferire al nucleo di valutazione un mandato molto ampio e differenziato (task ampio). 139 Management pubblico Fig. 7.2 I possibili ruoli del nucleo di valutazione Enti evoluti Enti arretrati Gestore di strumenti Promotore della riqualificazione Interprete formale Agente di cambiamento Task definito Task ampio Una prima concezione vede il nucleo di valutazione come semplice “interprete formale” delle esigenze di adeguamento dell'ordinamento interno agli enti derivante dall'evoluzione del quadro normativo di riferimento. La costituzione del nucleo di valutazione risponde, in questo caso, primariamente ad esigenze di rispetto delle disposizioni normative e contrattuali. Tende cioè a prevalere la logica dell'adempimento, attraverso la formale costituzione di un organismo al quale tuttavia vengono attribuiti compiti molto limitati e spesso non in grado di incidere significativamente sui reali processi di gestione e sviluppo degli enti. È la situazione tipicamente riscontrabile all'interno di quegli enti il cui modello di amministrazione appare ancora rigidamente ancorato alla logica dell'atto (anche se - in verità - una variante può essere riscontrata in una situazione del tutto opposta, ovvero in quelle amministrazioni così evolute da ritenere ridondante la costituzione di un nuovo organismo e che cercano conseguentemente di delimitarne la sfera di influenza, pur nel rispetto di quanto previsto da quadro generale di riferimento). Tende a prevalere, in questo caso, una funzione del nucleo orientata a verifiche sulla correttezza amministrativa degli atti e tutt'al più rivolta a ratificare sul piano formale valutazioni dell'operato dei dirigenti che tuttavia trovano concreta formulazione in altri livelli di responsabilità dell'organizzazione. Il nucleo, quindi, assume una natura prevalente di garante formale che appare tuttavia lontana dalla ratio che ha determinato l'introduzione nelle amministrazioni pubbliche di questo nuovo organismo, oltre che poco funzionale ad un effettivo riorientamento verso i risultati delle stesse. Sicuramente molto diversa è l'interpretazione di quegli enti che, pur non avendo maturato significative esperienze sul piano del rinnovamento dei modelli e degli strumenti di gestione, ritengono di individuare proprio nella costituzione e nell'operato del nucleo di valutazione una leva fondamentale per l'avvio di processi di modernizzazione. In questi casi il nucleo di valutazione tende a connotarsi come vero e proprio “agente del cambiamento” assumendo il ruolo di promotore della messa a punto di nuovi sistemi di gestione orientati a valorizzare la responsabilizzazione sui risultati all'interno degli enti. È l'esperienza di molte amministrazioni che per tale via hanno introdotto recentemente metodologie 140 Management pubblico innovative di valutazione delle posizioni e delle prestazioni dirigenziali, di gestione dei sistemi incentivanti, ma anche, più in generale, di reimpostazione del processo generale di programmazione e di ridisegno del raccordo tra funzioni politiche e funzioni direzionali. Il nucleo di valutazione appare allora principalmente come un organismo tecnico di consulenza interna per l'adeguamento dei modelli di amministrazione e si fa direttamente carico sia degli aspetti di progettazione che di prima introduzione di nuove metodologie e strumenti, prestando maggiore attenzione a questi aspetti (e alla gestione dei processi di cambiamento collegati) che non a una puntuale rilevazione e valutazione dei risultati conseguiti (secondo i diversi piani di ragionamento in precedenza esplicitati). Nel caso invece di enti evoluti, ovvero già dotati di logiche e strumenti di gestione orientati ai risultati (sistema di budgeting, sistemi di contabilità analitica, sistemi di valutazione delle posizioni e delle prestazioni, sistemi di indicatori fisico-tecnici per i principali servizi ed aree di attività, sistemi retributivi orientati al riconoscimento del merito, ecc.), probabilmente il nucleo di valutazione si trova nelle condizioni migliori per esercitare il ruolo più consono con il dettato normativo ed al tempo stesso più qualificato dal punto di vista del supporto tecnico-professionale ai processi di miglioramento. Anche in questa situazione, tuttavia, il ruolo effettivo del nucleo può essere molto differente a seconda che allo stesso si attribuiscano competenze puntuali e chiaramente circoscritte piuttosto che un mandato più ampio e pervasivo. Nel primo caso il nucleo tenderà ad assumere principalmente la funzione di garante della corretta applicazione degli strumenti e delle metodologie adottate dall'ente e relative agli aspetti di rilevazione e valutazione dei risultati conseguiti. Eserciterà quindi contemporaneamente un ruolo decisionale in merito alla espressione di proprie autonome valutazioni sull'andamento complessivo dell'attività e sul contributo fornito dai soggetti più significativi (in questo utilizzando le informazioni e gli strumenti messi a disposizione dall'organizzazione), nonchè un ruolo di “alta consulenza specialistica” con riguardo al processo di affinamento e miglioramento degli strumenti di rilevazione dei risultati esistenti. Comunque il compito del nucleo resterà prevalentemente orientato alle funzioni “classiche” collegate alla valutazione delle prestazioni dirigenziali e al supporto agli amministratori per la valutazione dell'andamento complessivo della gestione. Diversa è la situazione di quegli enti “evoluti” che intendono conferire al nucleo di valutazione una più generale competenza su tutti gli aspetti relativi alla “dimensione” dei risultati (secondo le diverse possibili sfaccettature che la stessa, come chiarito in precedenza, può assumere). In questo caso il nucleo di valutazione si qualifica come uno dei motori fondamentali del processo di riqualificazione dell'amministrazione, promuovendo tutte le iniziative idonee a migliorare la qualità e la quantità dei risultati prodotti e a rendere disponibili all'interno dell'ente e all'esterno le informazioni relative. Il nucleo di valutazione assume allora come interlocutori diversi soggetti (dagli amministratori, ai dirigenti interni, agli utenti e ai cittadini, agli organi di controllo esterno) e si 141 Management pubblico pone al tempo stesso come momento di elaborazione delle linee guida per la rilevazione dei risultati (per le diverse classi di destinatari), soggetto interprete e valutatore dei risultati conseguiti, promotore di nuovi e sempre più perfezionati strumenti di informazione sugli stessi, alimentatore di nuovi progetti ed iniziative per il miglioramento dei risultati. Permangono quindi le funzioni più “tradizionali”, ma queste vengono arricchite attraverso un significativo ampliamento del ruolo e della sfera di influenza del nucleo all'interno dell'amministrazione e nel miglioramento dei rapporti con l'ambiente esterno. Non è affatto detto che quest'ultima versione del nucleo di valutazione sia da ritenersi quella ottimale, proprio perchè presuppone al tempo stesso condizioni interne alle amministrazioni non così facilmente riscontrabili allo stato attuale e un orientamento forte dei singoli enti ad attribuire grande rilievo “strategico” a questo nuovo organismo. Più semplicemente la tipologia identificata, pur con tutti i limiti degli schemi classificatori di realtà complesse ed articolate, intende fornire uno spunto di riflessione finalizzato ad utilizzare al meglio - in sintonia con le specifiche condizioni di contesto - i nuclei attivati o in fase di costituzione. È altrettanto chiaro che, nelle diverse concezioni di nuclei di valutazione, è rintracciabile un ipotetico percorso di sviluppo che partendo da condizioni di ente più sfavorevoli e da un ruolo più riduttivo assegnato agli stessi, conduca comunque nel tempo ad alimentare circoli virtuosi di miglioramento degli enti e di riqualificazione del ruolo e dell'azione dei nuclei. In ogni caso appare fondamentale che, al fine di non scivolare in interpretazioni meramente formali e di facciata, il nucleo di valutazione sia in grado di fornire all'ente uno specifico valore aggiunto (ovvero a sua volta produrre risultati che non sarebbero conseguiti/conseguibili in assenza di tale organismo) e non si configuri al contrario come una sovra-struttura che rischia di appesantire ulteriormente i meccanismi decisionali e di funzionamento. In tutte le ipotesi in cui il nucleo di valutazione, sia pure secondo possibili diverse concezioni, sia chiamato ad esercitare un ruolo attivo e qualificato, diventa fondamentale riflettere su quali sono le condizioni di base per consentire un effettivo espletamento di tale ruolo. Si può in generale affrontare la questione ragionando sulle condizioni di efficacia del nucleo di valutazione. Presupponendo al riguardo di avere chiarito a monte il “mandato” del nucleo di valutazione (ovvero i contenuti tipici di attività e la sfera di specifica influenza) appare opportuno enucleare almeno quattro fondamentali condizioni di efficacia: condizioni strutturali, tecniche, di esercizio e di integrazione. Sono da considerarsi condizioni strutturali di efficacia le decisioni in merito alla collocazione organizzativa, alla composizione e alle prerogative decisionali del nucleo di valutazione. Dal primo punto di vista, al di là dell'indicazione generale emergente dal quadro normativo di riferimento (per cui il nucleo di valutazione risponde direttamente agli organi di responsabilità politica) si riscontrano nelle prassi 142 Management pubblico applicative molteplici differenti interpretazioni. Si ritiene, al riguardo, importante salvaguardare l'indipendenza di tale organismo, considerato comunque come momento distinto sia rispetto alla fase di elaborazione degli indirizzi che alla fase di gestione degli interventi (non va quindi confuso il ruolo del nucleo di valutazione né con quello degli staff dedicati al supporto dei politici nell'esercizio delle loro prerogative, né con quello di eventuali comitati di direzione per il presidio degli aspetti gestionali). Né deve indurre in errore l'eventuale presenza di membri interni nella composizione del nucleo di valutazione (anche in questo caso la prassi vede frequentemente la partecipazione di dirigenti o amministratori). Anche qualora composto da risorse professionali interne agli enti, il nucleo di valutazione si pone, infatti, come momento distinto dall'operatività e dedicato ad esprimere valutazioni sui risultati conseguiti o ad introdurre meccanismi per il miglioramento degli stessi. In ogni caso anche la scelta di composizione appare fondamentale e deve risultare in sintonia con il ruolo e le prerogative decisionali che si intendono attribuire a tale organismo. Probabilmente la soluzione più diffusa che vede la compresenza di soggetti esterni “esperti” (si intende, di valutazione dei risultati nelle pubbliche amministrazioni) e di referenti qualificati interni (direttore generale, qualora esistente, e responsabili di tecno-strutture di supporto) appare anche quella potenzialmente più incisiva. Fondamentale è, tuttavia, che il nucleo di valutazione trovi una forte “sponsorizzazione” a livello politico, ovvero sia percepito dalla struttura interna come organismo qualificato e capace di incidere concretamente sui processi di miglioramento dell'ente. In questo gioca anche il grado di autonoma decisionalità che viene conferita a tale organismo, la cui attività difficilmente nei fatti è confinabile a mere istruttorie di carattere tecnico-formale. La seconda categoria di condizioni sulle quali riflettere riguarda quelle di natura più strettamente tecnica. Ciò ha a che vedere sostanzialmente con le risorse messe in gioco dall'ente per l'attivazione edil funzionamento del nucleo di valutazione. Un primo aspetto qualificante concerne le risorse professionali: al di là del ricorso a specifiche professionalità (gli “esperti esterni”), diventa fondamentale il sostegno offerto dalla struttura interna. Ciò nelle amministrazioni di maggiori dimensioni si traduce nella costituzione di vere e proprie tecno-strutture di supporto all'attività del nucleo di valutazione, mentre negli enti più piccoli spesso si risolve nell'individuazione di figure di interfaccia interna (con positive ricadute di carattere formativo e di sviluppo delle competenze detenute). Oltre alla componente professionale, tuttavia, spesso gioca un ruolo determinante la concreta disponibilità di tecnologie di supporto (ad esempio sul piano informatico), piuttosto che la possibilità di disporre di risorse finanziare (ad esempio per lo svolgimento di indagini ad hoc o la messa a punto di nuove metodologie). L'attivazione del nucleo di valutazione ed i relativi percorsi di evoluzione implicano quindi per l'ente la messa in gioco di una serie di risorse, sostanzialmente da sottrarre ad altri impieghi (sorge conseguentemente un 143 Management pubblico duplice problema di determinazione della soglia minima di investimento e di valutazione del ritorno dell'investimento). Una terza categoria di condizioni di efficacia riguarda la definizione delle modalità di esercizio dell'attività del nucleo di valutazione. Oltre all'esplicitazione chiara e puntuale del “mandato”, diviene al riguardo fondamentale la definizione di un piano operativo di attività che specifichi chiaramente quali sono gli obiettivi che si intendono perseguire, quali sono le diverse fasi di sviluppo degli interventi, quali sono gli output che deriveranno dalla realizzazione del piano, come verrà diffusa l'informazione sull'attività svolta, quali sono i meccanismi di controllo sull'effettivo conseguimento dell'output (ovvero come si valuta e chi valuta l'operato del nucleo di valutazione). Qualora il mandato, come solitamente avviene, sia su base pluriennale, è opportuna inoltre una identificazione dei differenti stadi di sviluppo dell'attività e delle funzioni del nucleo. Infine, una quarta categoria di condizioni di efficacia concerne la definizione delle relazioni tra il nucleo di valutazione e il resto della struttura. Questo appare probabilmente ad oggi uno degli aspetti di maggiore criticità. In effetti, come precisato anche in precedenza, molteplici e variegate sono le relazioni potenzialmente attivabili dal nucleo (anche in relazione alla varietà dei compiti allo stesso assegnabili). Almeno tre risultano comunque le categorie di relazioni fondamentali da progettare: con i referenti politici, con le strutture di staff interne, con le strutture di linea interne. Forse il primo aspetto appare tutto sommato quello più facilmente risolvibile: il nodo fondamentale, infatti, si pone nella determinazione del grado di autonomia del nucleo rispetto ai sistemi di valutazione dei risultati (dall'estremo del nucleo interpretato come semplice istruttore di dati e informazioni, a quello opposto del nucleo come autonomo valutatore e per le vie intermedie del nucleo come soggetto di confronto e di supporto ai processi decisionali); ciò tuttavia senza sottovalutare la necessità più operativa di identificare con precisione, i momenti, le modalità e gli strumenti tecnici di raccordo con gli amministratori (non sono in effetti rare le esperienze finora maturate di sostanziale scollamento tra i nuclei e i referenti politici degli enti). Più delicata e complessa appare la progettazione delle relazioni con la struttura di linea. In effetti, se da un lato il nucleo di valutazione non dovrebbe avere nessuna prerogativa di sovraordinazione rispetto alle responsabilità ed all'autonomia gestionale propria dei dirigenti interni, è al tempo stesso vero che al medesimo viene solitamente attribuita una responsabilità significativa nell'ambito del processo di valutazione dei dirigenti. Emerge il rischio che il nucleo venga allora percepito come struttura distaccata, “di fiducia” degli amministratori e rivolta di fatto a legittimare le scelte soggettive degli stessi. È chiaro che un'interpretazione di questo tipo porta inevitabilmente a depotenziare le prospettive di evoluzione dei nuclei, confinandoli in funzioni scarsamente qualificate e ridimensionandone significativamente il ruolo. Diviene conseguentemente essenziale porre particolare cura negli aspetti di comunicazione interna, sia nella fase di prima costituzione del nucleo che nelle 144 Management pubblico fasi operative di lavoro dello stesso. La trasparenza e la diffusa conoscenza (nonché condivisione) degli obiettivi, dei contenuti e delle metodologie di intervento costituiscono in effetti una pre-condizione fondamentale, ma al tempo stesso la disponibilità del nucleo a prestare attenzione alle istanze emergenti dalla struttura, a dialogare con la stessa, ad informare con continuità sullo stato di avanzamento dei lavori, appaiono elementi fondati di un rapporto “fiduciario”, nel rispetto dei reciproci ruoli, che può determinare il successo o l'insuccesso dell'esperienza. Ciò significa anche riuscire a superare una concezione “ispettiva” del nucleo di valutazione che appare più in linea con le modalità tradizionali di controllo che non con le trasformazioni in atto (le quali sono tra l'altro alla base della stessa istituzione di questi nuovi organismi), in favore dell'affermazione di una concezione di nucleo come “strumento” di supporto ai processi di miglioramento. L'ultima categoria di relazioni, quella con le strutture di staff interne, appare forse quella sulla quale ad oggi si riscontra il maggior grado di confusione. In particolare due sembrano essere i piani maggiormente critici al riguardo: il rapporto tra il ruolo del nucleo di valutazione e il controllo di gestione; il rapporto tra il nucleo di valutazione e le funzioni organizzazione e personale. Dal primo punto di vista si ribadisce che la funzione del controllo di gestione, classicamente intesa, si propone nella sostanza di fornire informazioni utili a chi deve decidere. Ciò significa che il ruolo delle strutture responsabili dell'impostazione e dello sviluppo di sistemi di controllo di gestione non è di carattere decisionale (bensì di raccolta di informazioni sull'andamento della gestione, elaborazione conseguente di indicatori significativi e trasmissione degli stessi ai responsabili di linea). Il nucleo di valutazione, al contrario, assume precise prerogative valutative (in merito all'andamento generale delle gestione e all'operato dei dirigenti) e può avvalersi nell' esercizio di questo ruolo sia di dati elaborati dal sistema di controllo di gestione che di altre fonti informative. Addirittura potrebbe richiedere alle strutture responsabili del controllo di gestione, la costruzione di specifici indicatori, piuttosto che la raccolta di dati e informazioni ad hoc. In altri termini, mentre il controllo di gestione dovrebbe fornire dati e informazioni “per gestire”, il nucleo di valutazione dovrebbe giudicare dell'andamento della gestione. La confusione è alimentata sia dal quadro normativo (che a volte utilizza in modo equivalente le due funzioni sopra schematizzate), sia dal fatto che, in molte situazioni, non essendo ancora attivati sistemi di controllo di gestione, l'impostazione e l'avvio degli stessi diviene spesso una delle funzioni concretamente esercitate dai nuclei di valutazione (in questo caso nella loro funzione di “agenti di cambiamento”). Discorso analogo si verifica di frequente nel raccordo tra il nucleo di valutazione e la funzione del personale, in particolare per quanto attiene al tema della valutazione delle posizioni e delle prestazioni. Anche in questo caso, tuttavia, appare evidente che il responsabile del personale di un ente dovrebbe avere un ruolo tecnico in merito all'impostazione ed all'adeguamento dei sistemi di gestione delle risorse umane, senza tuttavia per questo assumere prerogative 145 Management pubblico di carattere valutativo (ad eccezione delle risorse umane direttamente dipendenti). Nei fatti, quindi, esistono frequenti ed intense esigenze di integrazione tra funzioni di staff e nucleo di valutazione, che portano nel concreto a operare in stretta collaborazione, senza tuttavia che per questo debba venir meno la chiara distinzione dei reciproci ruoli. Le possibili ambiguità su questo piano debbono di conseguenza essere fugate in fase di attivazione del nucleo di valutazione, precisando gli strumenti e le modalità di collegamento tra questi e le funzioni di staff. In sintesi, è possibile affermare che nuclei di valutazione rappresentano un'importante innovazione all'interno delle organizzazioni pubbliche. Questi organismi si inseriscono tuttavia spesso in ambiti in cui, al di là delle dichiarazioni di principio, è ancora basso il grado di orientamento ai risultati (sia per motivi interni che per vincoli di sistema). L'utilità dei nuclei di valutazione, a fronte di esperienze sino ad ora fortemente eterogenee, potrà allora correlarsi in prospettiva soprattutto alla capacità degli stessi di diventare strumento e veicolo per il cambiamento delle logiche e delle modalità di amministrazione e gestione. 7.4 Le nuove forme di rendicontazione L’impatto dell’introduzione di sistemi di valutazione della performance appare fortemente condizionato dalla fruibilità e dal concreto utilizzo dei dati e delle informazioni da parte delle diverse classi di possibili destinatari. Si pone, in altri termini, una significativa esigenza di rilettura del sistema di misurazione e rappresentazione dei risultati (e dei connessi sistemi di rilevazione contabili ed extra-contabili) in “ottica utente”, ovvero in funzione delle esigenze conoscitive e di esercizio delle rispettive prerogative da parte dei principali portatori di interessi interni o esterni all’azienda. Ciò presuppone di chiarire: quali sono le principali categorie di possibili utilizzatori delle informazioni e quali sono i bisogni primari espressi dalle medesime (ovvero a quali fini si rendono fruibili le informazioni); quali sono gli strumenti e le modalità di rendicontazione più idonee a soddisfare tali esigenze. Si considerano, secondo questa prospettiva, in modo combinato i differenti piani dell’acquisizione di informazioni per l’esercizio delle prerogative decisionali all’interno dell’ente e della rappresentazione dei risultati ai fini di comunicazione e responsabilizzazione nei confronti dell’esterno. Secondo tale logica il tema viene interpretato in senso più ampio rispetto al più tradizionale approccio del “financial reporting”, tipicamente focalizzato sulla ricerca delle più efficaci modalità di rappresentazione di sintesi dei risultati economici, finanziari e patrimoniali dell’azienda ai fini della comunicazione esterna (Caperchione, 1999). 146 Management pubblico Ne derivano, di conseguenza, due linee fondamentali e complementari di rinnovamento, rispettivamente connesse: al miglioramento della funzione di reporting all’interno del più generale processo di programmazione e controllo dell’ente; all’adeguamento della funzione e degli strumenti di rendicontazione dei risultati all’esterno dello stesso. Dal primo punto di vista, si ribadisce il fatto che funzione principale del sistema di rappresentazione dei risultati è costituita dalla messa a disposizione delle informazioni fondamentali per consentire al management aziendale di “guidare” la gestione ed agli organi di governo di verificare l’effettiva e corretta attuazione degli indirizzi elaborati. Sono queste, dunque, le due principali categorie di destinatari delle informazioni alle quali fare riferimento. Sul piano operativo ciò implica la progettazione del sistema dei report aziendali, tipicamente articolabile nelle diverse categorie (Antognozzi-Brusati, 1995): dei report di controllo (orientati a rappresentare l’effettivo conseguimento dei risultati e a identificare le tendenze in atto e prospettabili); dei report decisionali (finalizzati a mettere a disposizione analisi ed elaborazioni a sostegno dell’attuazione di specifiche decisioni); dei report conoscitivi (indirizzati a delineare i tratti fondamentali delle caratteristiche e dei trend evolutivi del contesto di riferimento); dei report ad hoc (o flash report, solitamente caratterizzati dall’assenza di una struttura predefinita ed elaborati a fronte del manifestarsi di fenomeni di particolare significatività). È evidente che il contenuto, l’articolazione e la frequenza di tali report risultano essere strettamente connessi alle scelte di impostazione del sistema di programmazione e controllo dell’ente, oltre che alla qualità e alla sofisticazione del sistema delle rilevazioni adottato all’interno dello stesso. Dal secondo punto di vista, riconducibile all’esigenza di “rendere conto” a terzi dell’efficiente impiego delle risorse e della produzione di risultati, il quadro si amplia a numerosi possibili e differenziati destinatari delle informazioni. La questione trae sostanzialmente origine, nel dibattito scientifico e nelle prassi applicative, dalla riconosciuta inadeguatezza dell’informativa di bilancio, così come tradizionalmente configurata, all’assolvimento di tale funzione. Ne consegue che l’evoluzione in atto assume come prospettiva dominante quella del miglioramento della comunicazione economica, attraverso interventi congiunti sui differenti piani: della revisione degli schemi di bilancio; dell’adeguamento dei sistemi contabili (in particolare facendo leva sull’introduzione della contabilità economico-patrimoniale); dell’estensione del contenuto informativo dei documenti contabili (in particolare attraverso l’integrazione degli stessi con misure e indicatori correlati ai risultati reali); della progettazione di nuovi strumenti e modalità di pubblicizzazione dei risultati; della definizione di canali e strumenti ad hoc di comunicazione per le differenti categorie di destinatari. Tale approccio, all’interno della più generale riflessione sul tema della “accountability” al quale si è in precedenza fatto riferimento, viene 147 Management pubblico sinteticamente ricondotto ad una corretta identificazione degli user needs. Rientrano tra le principali categorie di users identificabili nel caso dell’ente pubblico (Guarini, 2000): i cittadini, gli utenti e le associazioni di rappresentanza degli interessi; le amministrazioni collegate all’interno del settore pubblico; i rappresentanti elettivi di minoranza; gli organi di controllo; gli investitori istituzionali, i finanziatori ed i fornitori. Si pone quindi, per ognuna di queste categorie, l’esigenza di identificare lo specifico fabbisogno informativo e progettare, di conseguenza, il più adeguato sistema di reporting (e i correlati strumenti e modalità di diffusione delle informazioni). Così, per quanto riguarda i cittadini, rilevano informazioni relative alle politiche tributarie e tariffarie, ad eventuali aspettative di variazione delle stesse nel tempo, alla individuazione dei livelli di spesa per specifiche funzioni e alla comparazione di queste con enti similari. Assumono importanza, altresì, informazioni relative all’apprezzamento della qualità e del costo dei servizi erogati, nonché al grado di soddisfazione relativo agli stessi espresso dagli utenti e dalla comunità nell’insieme. Con riguardo ai livelli di governo superiori appaiono significative le informazioni inerenti l’efficiente e l’efficace impiego delle risorse trasferite, oltre che analisi comparate tra enti sui livelli di spesa per funzioni e di costo per servizi analoghi. Nel caso delle minoranze politiche assumono rilievo informazioni attinenti il rispetto nei criteri di allocazione e impiego delle risorse rispetto a quanto programmato in sede di formulazione degli indirizzi, la verifica del corretto ed efficiente impiego delle risorse pubbliche, oltre che, anche in questo caso, la comparazione con altre realtà. Con riferimento agli organi di controllo appaiono prioritarie informazioni relative al rispetto del quadro giuridico e delle regole contabili in essere, oltre che sull’efficacia e l’efficienza dell’azione. Nel caso dei finanziatori e degli investitori istituzionali, infine, si sottolinea l’importanza delle informazioni relative alle variazioni future delle risorse disponibili, alla solidità patrimoniale e alla capacità di rimborso dei debiti. Queste composite esigenze informative possono trovare soddisfacimento solo attraverso l’impiego di un quadro articolato di misure (indicatori correlati di natura economica-finanziaria e inerenti ai risultati reali) concernenti aspetti relativi all’ammontare e ai criteri di allocazione delle risorse, ai processi di erogazione (nella duplice dimensione di valutazione dell’efficienza e dell’efficacia degli stessi), all’output prodotto e all’impatto finale degli interventi sul soddisfacimento dei bisogni (outcome), ai risultati economico-finanziari aggregati e parziali. Non sempre tutto ciò può trovare in realtà espressione compiuta sul piano quantitativo, richiedendo in molti casi una necessaria integrazione di carattere qualitativo e di descrizione, commento e motivazione dei principali risultati conseguiti. 148 Management pubblico In ogni caso, in estrema sintesi, qualunque siano le modalità illustrative utilizzate, l’informativa esterna dovrebbe garantire ai differenti destinatari (Guarini, 2000): una corretta comparazione tra i risultati prodotti a consuntivo dall’ente e gli obiettivi e i programmi di attività definiti in sede di preventivo; la valutazione complessiva degli equilibri economico-finanziari di ente e dei risultati reali dell’azione amministrativa; la rispondenza dei criteri di gestione rispetto al quadro normativo di riferimento (con particolare riguardo al rispetto delle norme contabili); la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza aziendale. Ciò pone, però, almeno due ordini significativi di problemi. In primo luogo, il particolare rilievo attribuito dall’approccio degli user needs allo strumento del bilancio quale vettore fondamentale della comunicazione economica, rischia da un lato di “sovraccaricare di responsabilità” tale strumento4 sino a ridurne l’efficacia reale e dall’altro di sottovalutare le funzioni, intrinsecamente diverse da quelle di rendere conto dei risultati, correlate alla natura autorizzativa dello stesso e che tutt’oggi caratterizzano il sistema contabile italiano5. In secondo luogo appare forse in ombra la questione fondamentale del rapporto tra la comunicazione economica e dei risultati e la gestione del consenso a livello politico. Da un lato è vero, infatti, che l’acquisizione e il mantenimento di quest’ultimo non sembra a oggi esclusivamente correlato alla qualità dell’azione amministrativa e al rilievo dei risultati conseguiti (forse anche a causa della non adeguata rappresentazione degli stessi), fondandosi piuttosto su 4 Sottolinea, al riguardo, Caperchione (1999: 7): «…Il richiamo ai fabbisogni conoscitivi degli utilizzatori del bilancio è tuttavia in molte situazioni assai generico, e rischia di risolversi in una petizione di principio, nella misura in cui delle varie categorie di utilizzatori non si riesce a dare una chiara gerarchia, sicché, nel dubbio su che cosa privilegiare, le finalità assegnate alla contabilità pubblica aumentano a dismisura: comunicare informazioni ai cittadini, consentire giudizi agli investitori, dimostrare accountability verso i contribuenti, consentire un controllo da parte dell’Amministrazione centrale, favorire il consolidamento dei conti pubblici, dare informazioni ai managers, mettere i rappresentanti eletti dai cittadini (Parlamento, Consiglio comunale) in condizione di decidere consapevolmente, favorire il confronto tra enti del medesimo Paese, dare giudizi sull’esistenza di effetti di trasferimento tra le generazioni, e altre ancora. (…) in definitiva, dalla lettura dei documenti che giustificano le riforme pare emergere una quantità di finalità che si assegnano al sistema contabile; le quali poi tutte dovrebbero trovare risposta tramite la contabilità economico-patrimoniale, che sarebbe dunque necessaria e sufficiente per la costruzione di un sistema contabile che soddisfi, appunto, gli user needs. Il che (soddisfare molteplici e diverse esigenze con un solo sistema), ad evidenza, non è semplicissimo, e non rispetta la regola “uno scopo-uno strumento” che pure emerge con chiarezza sia dalla dottrina ragionieristica italiana (Borgonovi, 1994) sia dai lavori del già citato GASB (Governmental Accounting Standard Board)». 5 Sottolinea, al riguardo, Guarini (2000: 66-67): «…La particolare valenza di “interesse pubblico” del processo di reporting contribuisce a caratterizzare in chiave “formale” i documenti di sintesi della gestione i quali divengono uno dei momenti “istituzionali” entro cui si esercita, in chiave autorizzativa, l’interazione organizzativa tra gli organi di governo eletti (per esempio, Sindaco, Consigli, Giunte) e il management…Nei confronti degli interlocutori esterni, invece acquista importanza primaria la dimensione semantica delle informazioni economiche…Dal momento che le relazioni con i soggetti esterni sono in prevalenza regolate da scambi atipici il bilancio svolge un ruolo di sostituto di tali relazioni, attribuendo rilevanza “formale” esterna alle rilevazioni di ordine preventivo e consuntivo». 149 Management pubblico valutazioni più generali connesse alla promozione e alla salvaguardia di interessi diffusi di gruppi sociali rilevanti, oltre che su affinità di carattere ideologico. Dall’altro, tuttavia, è altrettanto vero che l’informativa di bilancio si presta al rischio di essere manipolata proprio al fine di gestire le attese dei principali gruppi di interesse. Da quest’ultimo punto di vista assume rilievo il requisito delle veridicità dei documenti di sintesi, al di là del rispetto formale delle regole e dei vincoli contabili previsti dal quadro normativo. Andrebbe ad esempio, in questo senso, probabilmente ripensata la funzione assegnata al collegio dei revisori o ad altri possibili organismi e strumenti di certificazione. Al tempo stesso ciò impone uno spostamento dell’enfasi dal bilancio preventivo, che più si presta alla sovrastima di programmi e obiettivi, a quello consuntivo (rivisto, ovviamente, nella forma e nei contenuti) che dovrebbe dare migliori garanzie sull’effettivo conseguimento dei risultati. Più in generale, tuttavia, appare necessario integrare il possibile ruolo di rendicontazione, nel senso evoluto sin qui delineato, del conto consuntivo del bilancio con la produzione di appositi report finalizzati alle esigenze conoscitive delle principali categorie di interlocutori aziendali. Emerge in questo anche l’esigenza di un maggiore allineamento tra le modalità di rappresentazione dei risultati e le competenze detenute dai possibili utilizzatori degli stessi6 (si segnala ad esempio, nell’esperienza internazionale, la diffusione di cosiddetti popular reports a prevalente caratterizzazione descrittiva, piuttosto che, in senso opposto, la predisposizione di report molto sofisticati per gli investitori istituzionali). Non pare tuttavia che, nelle esperienze sinora maturate all’interno degli enti, queste tendenze di rinnovamento siano concretamente afferamate. Il processo di rendicontazione sembra infatti ancora assumere una connotazione formalistica e tradizionale, né appaiono soddisfacenti le modalità di diffusione dell’informazione prevalentemente utilizzate (sino a tempi recenti essenzialmente riconducibili all’obbligo, sancito per legge, di pubblicazione dei bilanci). Non sembra neppure risolutivo l’impulso al riguardo fornito dalle nuove tecnologie dell’informazione e dall’utilizzo più diffuso di internet. Quest’ultimo, in effetti, ha nella maggior parte dei casi semplicemente reso più evidenti, a fronte di una migliore accessibilità dei dati (ora disponibili sui siti web degli enti), i limiti di rappresentazione dei risultati aziendali propri degli attuali schemi di bilancio e delle relative relazioni di accompagnamento7. Qualche segnale di miglioramento, in realtà, è ravvisabile quanto meno nella forma di presentazione dei bilanci (arricchiti di informazioni extra-contabili, 6 Bene evidenzia ad esempio Collevecchio (1997: 50): «Per gran parte degli amministratori il bilancio di previsione è un oggetto misterioso. In genere, esso è considerato come uno strumento contabile, tecnicamente complesso, che viene affidato agli uffici di ragioneria intesi come detentori unici della conoscenza degli strani meccanismi che ne regolano il processo di formazione, la struttura, i criteri di previsione, gli equilibri, i procedimenti di gestione». 7 In effetti, nella maggior parte dei casi, gli enti si sono limitati al semplice trasferimento dei bilanci sui siti web, senza cogliere l’occasione per ripensare nella sostanza sia i contenuti dell’informazione economica sia modalità più efficaci di rappresentazione dei risultati. 150 Management pubblico grafici, tabelle e commenti), piuttosto che nei primi esperimenti di consuntivazione dei risultati a fini di comunicazione esterna (attraverso la predisposizione dei cosiddetti bilanci di mandato e di mezzo mandato). La stessa evoluzione normativa ha indotto negli ultimi anni una significativa innovazione negli schemi e nei contenuti dei bilanci. Tuttavia, proprio quest’ultimo sembra essere un punto cruciale: ovvero, quanto l’esigenza di una rappresentazione più compiuta dei risultati aziendali rappresenta una consapevolezza interiorizzata dall’ente, piuttosto che la risposta ad un adempimento di carattere giuridico. È evidente che solo la prima prospettiva può garantire un effettivo miglioramento del sistema di rendicontazione dei risultati, ma ciò richiede uno specifico investimento a livello di ente nell’attivazione e nel presidio sul piano organizzativo di una funzione di comunicazione economica modernamente intesa. 7.5 Il bilancio sociale Tra le forme innovative di rendicontazione un rilievo crescente ha acquisito, sia nel dibattito che nelle esperienze applicative, lo strumento del bilancio sociale. Pur differenziandosi per impostazione e contenuti, tale documento ha conosciuto progressiva diffusione all’interno dei diversi settori dell’intervento pubblico (aziende sanitarie, enti locali, imprese di pubblici servizi ecc.). Tuttavia, affinché il potenziale valore del bilancio sociale possa essere appieno capitalizzato è fondamentale un corretto processo di messa a fuoco degli obiettivi e delle modalità di impiego dello stesso. In primo luogo vanno evitati due rischi: che il bilancio sociale rappresenti l’ultimo esempio di “importazione” di tecniche manageriali dall’impresa privata, attraverso analogie poco sostenibili tra aziende (pubbliche e private) troppo differenziate per fini, cultura e modalità di gestione. Il pericolo non è secondario, soprattutto in considerazione del fatto che, almeno nel nostro Paese, il dibattito sul bilancio sociale nel settore pubblico ha assunto rilievo proprio in seguito al diffondersi di forme di rendicontazione sociale nella grande impresa privata. Non va, tuttavia, dimenticato il fatto che nell’impresa il tema si è posto in relazione ad una valorizzazione degli effetti sociali dell’azione, anche quale fattore di legittimazione e vantaggio competitivo, rispetto ad una tradizionale focalizzazione sulla soddisfazione degli interessi del soggetto economico (o, in senso ancora più restrittivo, degli shareholder); al contrario, nell’ente pubblico, la socialità dell’agire appare caratteristica connaturata ai fini perseguiti, appunto di rilievo e interesse generale, e tale aspetto dovrebbe in teoria già trovare riscontro nei documenti tradizionali di rappresentazione dei risultati aziendali; si potrebbe, in altri termini, affermare che il bilancio pubblico è per sua natura sociale. Altra cosa 151 Management pubblico è invece concludere che le forme e le modalità attuali di rilevazione e comunicazione dei risultati conseguiti rispondano alle esigenze di trasparenza e responsabilità dell’azione amministrativa, ovvero che le stesse siano in grado di rendere conto dell’effettiva efficacia sociale dell’intervento delle amministrazioni pubbliche. Una corretta valorizzazione dello strumento del bilancio sociale in ambito pubblico richiede, di conseguenza, una specifica riflessione sui fini e le modalità di rappresentazione dei risultati, anche attraverso una rilettura di prassi e documenti consolidati; che il bilancio sociale divenga l’ennesimo documento formale, di “spirito innovativo” e “contenuto amministrativo”, configurandosi come elemento di ulteriore appesantimento di un complesso sistema di “razionale amministrazione” che proprio in un eccesso di “illuminismo manageriale” vede spesso uno dei principali limiti8. Due sembrano essere i piani di lavoro per contrastare tale pericolo: innanzitutto un approccio di carattere selettivo, volto ad individuare aree di intervento, destinatari e indicatori, rilevanti, rinunciando in origine ad una rappresentazione omnicomprensiva dei risultati aziendali, in questo distinguendo la dimensione strategica dell’intervento pubblico da quella relativa alla gestione ordinaria e corrente; in secondo luogo il superamento dell’idea che il bilancio sociale sia un mero documento contabile, da redigere ex-post attraverso una onerosa attività di raccolta e organizzazione delle informazioni (contabili e, soprattutto, extra-contabili), in favore di una concezione che assume il processo di rendicontazione sociale quale driver ispiratore per l’impostazione del più generale sistema di programmazione, controllo e rendicontazione. Va considerato che, nelle esperienze in atto, il bilancio sociale si configura quale documento aggiuntivo (e non sostitutivo) rispetto al già complesso e non del tutto efficace sistema di rappresentazione dei risultati degli enti. Posto che, almeno nel breve periodo, questa scelta non sembra essere in discussione, è evidente che il valore aggiunto prodotto dal bilancio sociale dovrebbe essere superiore ai costi di relativa costruzione, oltre che compensare i rischi di appesantimento di sistemi e strumenti di gestione esistenti. Come misurare, quindi, il valore prodotto dal bilancio sociale? Si ritiene che i piani fondamentali 8 Emblematica al riguardo appare la descrizione dell’attuale sistema di programmazione e controllo dell’ente locale (Fonte: Osservatorio per la finanza e la contabilità dell’ente locale): «…la corretta applicazione del nuovo modo di amministrare gli enti locali (…) risiede (…) nel rispetto di un percorso che parte dal programma amministrativo del candidato sindaco o presidente, transita attraverso le linee programmatiche comunicate all’organo consiliare, trova esplicitazione nel piano generale di sviluppo dell’ente - da considerare quale programma di mandato - ed infine si sostanzia nei documenti tradizionali di programmazione, relazione previsionale e programmatica e bilancio pluriennale, nella previsione del bilancio annuale e, per ultimo, nello strumento di indirizzo gestionale, il P.E.G.». 152 Management pubblico di valutazione siano almeno tre, declinabili nel contributo che il bilancio sociale è in grado di assicurare in termini di: incremento reale del grado di partecipazione degli attori rilevanti alla costruzione delle politiche e alle scelte di sviluppo delle amministrazioni pubbliche, attraverso un più efficace e diffuso coinvolgimento degli stessi nelle fasi di messa a punto dei programmi e dei progetti, oltre che nella relativa attuazione; in altri termini, quanto il bilancio sociale può contribuire, attraverso una impostazione che pone al centro della propria attenzione gli stakeholder rilevanti, a fare maturare cultura e pratiche di “lavoro in rete” all’interno degli enti pubblici? conferimento di un maggiore “respiro strategico” alla gestione degli enti, attraverso una selezione delle aree chiave di investimento e riqualificazione, in collegamento ad una migliore esplicitazione delle aspettative di soddisfacimento delle diverse categorie di stakeholder; ovvero, quanto la rendicontazione sociale, può costituire una leva per la reimpostazione complessiva del processo generale di programmazione e controllo dell’ente, consentendo di superare i limiti tradizionali di eccessiva burocratizzazione, operatività e orientamento al breve periodo? soddisfacimento del fabbisogno di una più definita accountability degli enti, nella duplice accezione dell’essere pienamente responsabili della produzione dei risultati e del rendere conto in modo trasparente ed efficace dell’effettivo conseguimento (o non conseguimento) degli stessi; in altri termini, quanto il bilancio sociale può contribuire alla maturazione di una nuova cultura della responsabilità, che vada oltre gli slogan e promuova nuovi modelli di corretta ed equilibrata amministrazione, al servizio dell’interesse pubblico? Appare evidente che il conseguimento di questi potenziali vantaggi rimanda ad una concezione organica del processo di rendicontazione sociale nel suo insieme e nelle diverse componenti: attori, responsabilità, documenti, fasi e tempi, ecc. Ciò richiede peraltro di superare la concezione del bilancio sociale quale “documento contabile e di rappresentazione dei risultati”, per quanto evoluto, in favore dell’utilizzo dello stesso quale strumento di cambiamento (della visione, della cultura, dei processi, dei metodi e delle prassi di gestione, ecc.) in ultima analisi del modello di amministrazione. Non tutte le esperienze applicative sembrano avere appieno realizzato questo salto di qualità, in assenza del quale, tuttavia, il bilancio sociale rischia di rappresentare semplicemente una sorta di restyling di metodi e strumenti tradizionali o, peggio ancora, prestarsi a un utilizzo improprio per fini di acquisizione e gestione del consenso. 153 Management pubblico Affinché ciò non si verifichi è essenziale porre grande cura e attenzione sul processo di introduzione del bilancio sociale, chiarendone la strumentalità rispetto ad obiettivi più generali di modernizzazione della concezione e delle modalità di azione dell’ente. In tal senso, appare essenziale che il bilancio sociale non sia relegato alla sfera e alla competenza contabile (quasi che fosse un problema del responsabile del bilancio), ma che al contrario lo stesso rappresenti una priorità e un modo di leggere, gestire e rappresentare la realtà per tutte le funzioni e i settori dell’ente. Conta molto, in questa prospettiva, che l’introduzione di un processo integrato di rendicontazione sociale risponda a una priorità dell’amministrazione e sia il risultato, piuttosto che il punto di partenza, di una riflessione approfondita su di una rinnovata concezione delle responsabilità connesse alla valorizzazione delle risorse pubbliche. Altrettanto importante è che il processo di introduzione del bilancio sociale rappresenti occasione per la rivisitazione critica degli strumenti in essere di programmazione e rendicontazione degli enti, nonché delle stesse caratteristiche dell’assetto organizzativo generale (criteri di distribuzione delle responsabilità) e dei sistemi informativi (modalità e criteri di raccolta, elaborazione, rappresentazione, diffusione e utilizzo delle informazioni). In altri termini, il bilancio sociale non dovrebbe essere uno strumento che si aggiunge, con il rischio di sovrapporsi, a quelli esistenti, ma costituire una parte qualificante ed integrata di un processo organico e più generale di riallineamento dei sistemi di gestione dell’ente. 154