IMPIANTO DI SANT` ANGELO

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IMPIANTO DI SANT` ANGELO
UTILIZZO
IDROELETTRICO DEL FIUME
CHIENTI DI PIEVETORINA
IMPIANTO DI SANT’ ANGELO
SIA
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE
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PREMESSA
Il presente studio di impatto ambientale si riferisce all’ impianto idroelettrico denominato di
Sant’Angelo che tende a sfruttare i potenziali idroelettrici della porzione più elevata di 12,8
Kmq del bacino imbrifero del torrente Sant’ Angelo, affluente di sinistra del Fiume Chienti
di Pievetorina, mediante un’ opera di captazione dell’ acqua posta alla di 624,45, un
sistema di convogliamento dell’ acqua costituito da una condotta interrata ed una centrale
idroelettrica, ovviamente impostata all’ estremità della condotta che, dopo aver sottratto alla
corrente fluida i suoi contenuti energetici, restituisce l’ acqua al corso naturale di cui il
Torrente Sant’ Angelo è tributario, il Fiume Chienti di Pievetorina, alla quota di 436,0m s.
l.m.
L’ impianto ha una potenza nominale di 500 Kw cui corrisponde una potenza media annua
di concessione di 352,88 Kw. e produce quindi energia elettrica in Media Tensione che
viene immessa nella rete del distributore locale (Enel), secondo una precisa scelta
industriale che prevede la cessione al GSE (gestore nazionale del sistema elettrico) l’ intera
produzione energetica per conseguentemente acquisire la definizione di “ impianto dedicato “.
Ai sensi della L.R. Marche n°3/2012 - “Disciplina regionale della procedura di Valutazione
di impatto ambientale” - l’ impianto di che trattasi è inquadrabile nella tipologia progettuale di
cui all’ allegato B1 – punto 2 – lettera e) - che ricomprende gli “ Impianti per la produzione
di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 Kw “, ovvero nella tipologia
progettuale di cui all’ allegato B2 - punto 7 - lettera d) - che riguarda le “ Derivazioni di
acque superficiali ed opere connesse che prevedono derivazioni superiori a 200 litri minuto
secondo o di acque sotterranee che prevedono derivazioni di portate superiori a 50 litri
minuto secondo “. Ricadendo il progetto nelle tipologie di cui agli elenchi B1 e B2 , ai sensi
dell’ art. 3 della L.R. 3/2012, poiché esso prevede opere che non si sviluppano “ anche
prevalentemente all’ interno di aree naturali protette” come definite dalla legge 6/XII/1991,
dovrebbe essere sottoposto alla procedura di VIA (art. 9 della l.r. ) qualora lo richiedesse
l’esito della procedura di verifica di cui all’art. 6 della stessa legge. Conseguentemente il
progetto dovrebbe essere sottoposto preliminarmente al procedimento di verifica (screening)
codificato dal predetto art. 6.
Non va comunque sottaciuto che la società proponente, Hidrochienti s.r.l. di Comunanza
(AP), ha anche proposto alla Regione Marche altri due progetti della stessa natura,
denominati di “ Capriglia “ e “ di Pievetorina“, che utilizzano anche essi i potenziali idroelettrici
del bacino del fiume Chienti di Pieve Torina, con opere di presa ubicate a quote inferiori a
quella dell’ impianto in riferimento, ma che comunque tendono in un caso a sovrapporsi
con quest’ultimo, ragione per la quale non può prescindere dal contenuto dell’ art. 14.8 del
D.M. 10-09-2010 del Min. dello Sviluppo Economico, avente per oggetto “ Linee guida per l’
autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili “ il quale per gli impianti
alimentati da “ fonti rinnovabili non termiche” di potenza nominale complessiva superiore ad
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1Mw testualmente recita : “ è fatta salva la possibilità per il proponente di presentare istanza
di VIA senza previo esperimento della procedura di verifica di assoggettabilità “.
Orbene, la constatazione che i tre progetti di impianto sin qui redatti e proposti dalla
società predetta, danno luogo ad una potenza nominale complessiva superiore ad 1Mw e
che ragionevolmente non dovrebbe prescindere da una valutazione più approfondita dell’
intero sistema impiantistico proposto, anche se gli stessi possono essere riguardati e
valutati singolarmente, nella successione che li vede dispiegarsi tra la prima opera di
presa e l’ ultima opera di restituzione, ha convinto il richiedente a proporre da subito e per
ciascuno dei tre progetti la procedura VIA come intesa dall’ art. 9 della L.R. 3/2012, col
duplice obbiettivo di contenere i tempi procedurali entro limiti prevedibili e rendere
disponibili “al gruppo di valutazione “ tutti gli elementi necessari e sufficienti ad esprimere
un giudizio compito sotto ogni aspetto e globale nell’ insieme delle proposte, considerate
anche unilateralmente. A tal fine si dispone sin d’ ora una tavola in scala 1:10 000
rappresentativa del bacino interessato del F. Chienti di Pievetorina con ubicazione
schematica dei tre impianti proposti.
La procedura VIA della quale lo studio di impatto ambientale costituisce lo strumento
conoscitivo base, si ispira, per assumerlo quale modello di riferimento, allo schema DPISR
(proposto dall’ agenzia europea per l’ ambiente) che considera 5 stadi di valutazione:
Driving Force, Pressione, Stato, Impatto e Risposta, che investigano il progetto in tutti i
suoi aspetti, fino all’ individuazione del controllo dell’ iniziativa in ogni suo aspetto e
contenuto, per delineare la riduzione della “ Pressione”, i ripristini e le bonifiche, fino alle
necessarie forme di compensazione ove ritenute necessarie ed indispensabili.
I contenuti generali dello studio di impatto ambientale, d’ ora in poi chiamato sinteticamente
SIA , sono definiti dall’ allegato D (art. 11) della L. R. 3/ 2012 che così li elenca:
-
Descrizione del progetto
-
Descrizione sommaria delle varie alternative;
-
Descrizioni delle componenti dell’ ambiente
-
Descrizioni dei probabili effetti del progetto proposto;
-
Descrizione delle misure di contenimento previste;
-
Riassunto non tecnico di tutte le informazioni;
-
Sommario delle eventuali difficoltà.
Dovendosi considerare che gli aspetti fondamentali “ dell’ Ambiente“ cui far riferimento sono
quelli considerati dalla direttiva CE 97/71 e nel DPCM del 27/12/88 e s.m.i., che in ulteriore
analisi afferiscono a tre gradi di riferimento : programmatico, progettuale ed ambientale, per
la cui composizione appare necessario a livello di SIA, prevedere attività di analisi,
verifiche, individuazione di servizi, rilievi e modellazioni, tutti elencati nell’ ultimo capitolo del
punto 7.3.1.1 delle linee guida. Per rendere disponibili elementi certi e pressoché definitivi
dei contenuti progettuali e delle relative “ qualità “ , il proponente ha ritenuto di dover
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sottoporre a valutazione il “progetto definitivo“ ritenendo lo stesso coerente con il livello di
approfondimento del SIA.
Nell’ ambito dello stesso studio ed in considerazione che il medesimo è solitamente
preceduto dall’ analisi di “ screening “ codificata dall’ art. 8 della L.R., al fine di garantire
al decisore pubblico la migliore lettura del progetto e del correlato sistema ambientale, si è
ritenuto opportuno e conveniente anche riproporre le risposte ai quesiti posti dalle “linee
guida” della Regione Marche nello specifico capitolo 7.1. titolato “procedura di verifica“,
mediante uno specifico capitolo del SIA medesimo.
In quanto alla composizione del gruppo di lavoro per la redazione del SIA si è fatto
affidamento sulle prestazioni di un team composto dal progettista dell’ impianto, al quale
peraltro è stato attribuito il ruolo di responsabile del gruppo di lavoro, da un dottore
Geologo e da un dottore Agronomo, figure queste specialistiche e quindi necessariamente
idonee allo studio degli aspetti propriamente ambientali impegnati dalle opere progettate,
del “processo produttivo“ che le medesime innescano e del procedimento costruttivo che le
medesime richiedono ed impongono.
1. DESCRIZIONE PROGETTO DELL’ IMPIANTO IDROELETTRICO
L’ impianto delineato dal progetto cui la presente relazione si riferisce, utilizza i
deflussi della porzione più elevata di 12,8 kmq del bacino imbrifero del torrente
Sant’ Angelo, affluente di sinistra del Fiume Chienti di Pievetorina,
mediante una
captazione in prossimità ed immediatamente a valle della frazione di Fiume, a quota di
624,45 sul l.m.m. e relativa restituzione a quota 436,00 m s.l.m.m. nel Chienti di
Pievetorina in località Quartignano , con un salto lordo di m 188,45 ed una potenza
nominale di concessione di 352,88 Kw determinata dal prelievo in derivazione di una
portata media annua di 191 lt / sec, pari a moduli 1,91. .
All’ impianto viene attribuita una producibilità media annua attesa di
2 .501.818 Kwh.
1. 1 Opera di presa di Fiume
Sul torrente Sant’ Angelo a valle dell’ abitato di Fiume esiste l’ opera di presa “ non più
utilizzata “ già a servizio di un impianto irriguo realizzato negli anni ‘70 dello scorso secolo
ed attualmente non più in esercizio. La relativa concessione di derivazione, rilasciata nell’
anno 1967 e della durata di anni ‘30, a scadenza non è stata più rinnovata, motivo per il
quale deve ritenersi che l’opera di presa, previa specifica autorizzazione demaniale, possa
essere riutilizzata ed adeguata alla nuova occorrenza.
Per tale ragione anziché realizzare una nuova presa, si preferisce utilizzare l’ esistente,
più che sufficiente allo scopo. In forza di tale situazione il progetto ha acquisito come
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quota di derivazione quella della vecchia presa e prevede di riutilizzare le stesse strutture
riparandole e , dove strettamente necessario, migliorandole ed integrandole.
La vecchia presa è costituita da un tratto di alveo rivestito sul fondo e sui lati da robuste
strutture in c.a. intercettato da una modesta traversa che rigurgita il profilo di corrente
fino a fargli raggiungere una finestra praticata nel muro di rivestimento in sponda sinistra
idrografica la cui base costituisce una soglia di sfioro laterale che alimenta la vasca di
“calma “ alla cui estremità è posto il bottino di carico della condotta adduttrice dell’
impianto irriguo.
Il progetto prevede in sostanza : l’ adeguamento dimensionale della soglia di sfioro laterale ,
l’ inserimento di una scaletta di risalita dei pesci, l’ istituzione di un sistema di controllo
della portata in rilascio per il mantenimento della portata di minimo deflusso vitale ( Q dmv),
la realizzazione di una appropriata vasca di carico della condotta forzata che valga anche
a migliorare la capacità di trattenimento della sabbia trasportata dall’ acqua derivata ed
altrimenti destinata ad entrare in condotta e la realizzazione di uno scarico della vasca di
calma. Per quest’ultima , come per altre strutture minori della presa, stante il pessimo stato
di conservazione delle murature in calcestruzzo è prevista la demolizione e contestuale
ricostruzione con l’ ovvia conservazione delle caratteristiche dimensionali.
In dettaglio sul muro andatore sinistro ove attualmente è presente la soglia di presa lunga
ml 3,00, si procederà alla demolizione e ricostruzione del muro stesso per ricavare dal
medesimo due luci di presa della lunghezza singola di ml 2,85 ed ampiezza verticale di
mt 0,35. La “soglia di sfioro laterale “ conserverà la attuale quota assoluta di mt 624,45
che costituirà la quota di derivazione dell’ impianto idroelettrico anche ai fini di regolazione
della concessione di derivazione.
La luce di accesso alla vasca di calma verrà ampliata dagli attuali 1,50 a 2,50 mt,
mentre sul lato destro della stessa vasca verrà praticata una apertura a tutta altezza, larga
80 cm e munita di una paratoia metallica normalmente chiusa, per dotare la medesima di
uno scarico di fondo necessario a restituire al torrente la sabbia e le graniglie in essa
depositatesi.
Sul lato sinistro verrà aperta una luce con soglia di fondo a quota 624,20 dalla quale
avrà inizio il breve tratto di canale che collega la vasca di calma con la vasca di carico,
poste tra di loro ad una distanza di soli 2,5 mt . Il canale ha sezione rettangolare , larga
2,00 mt ed alta 1,00 mt. Poiché l’ asse del canale è inclinato di 45° rispetto l’ asse delle
vasche, la soglia di presa , al netto dei raccordi curvilinei tra le murature costituenti le
pareti della vasca e de canale , è lunga mt 2,82.
Sul canale di collegamento è installato uno sgrigliatore automatico che ha la funzione di
trattenere e raccogliere i materiali galleggianti ed in sospensione altrimenti destinati a
raggiungere la vasca di carico per poi immettersi definitivamente in condotta. Lo
sgrigliatore è costituito da una griglia fissa metallica realizzata da barre in profilato di
acciaio distanti tra loro 20 mm e da un pettine meccanico
azionato da un
servomeccanismo temporizzato che, con cadenza prefissata, libera la griglia dai corpi da
essa catturati, per depositarli in un “ bacino “di raccolta dove una coclea li spinge su un
nastro trasportatore che li avvia “ a discarica “. Il nastro è disposto superiormente alla
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vasca di calma ed in posizione tale che i materiali catturati vengono convogliati verso
l’ alveo del torrente Sant’ Angelo dal quale peraltro provengono.
Il breve tratto di canale a valle dello sgrigliatore è ovviamente coperto in quanto costituito
da una struttura scatolare che ne conserva le dimensioni idrauliche e che si ricollega
rigidamente alla struttura costituente la vasca di carico.
Quest’ ultima è costituita da un involucro prismatico a base quadrata con dimensioni
interne nette di mt. 5,50 di lato e divisa in tre scomparti che vengono percorsi in
successione dalla corrente idrica in modo tale da favorire il deposito delle sabbie sottili sul
fondo della stessa vasca e con più concretezza nello scomparto sul cui fondo e
posizionato lo scarico di fondo che verosimilmente
è anche utilizzato per evacuare i
depositi sottili di matrice sabbiosa in esso avviati a sedimentazione. Infatti con l’ apertura
della saracinesca dello scarico di fondo, l’acqua torna nell’ alveo naturale del torrente
riconducendo in esso, per azione di trascinamento, anche la sabbia depositatasi nella vasca
di carico. Nel terzo ed ultimo degli scomparti è posizionato il tubo di presa che della
condotta di alimentazione della centrale rappresenta l’ elemento iniziale.
In buona sostanza l’ acqua tramite il canale di collegamento, entra in vasca, percorre il
primo scomparto in direzione verticale e senso verso il basso, passa nel secondo
scomparto attraverso una luce praticata sul fondo del setto divisorio, per poi muovere
verso l’ alto sino a portarsi a quota della soglia stramazzante ( completamente rigurgitata )
che separa il secondo scomparto dal terzo, per quindi definitivamente approdare nel bottino
di carico della condotta di alimentazione della centrale. In questo modo si realizzano le
migliori condizioni per il deposito della sabbia sul fondo del secondo scomparto ove agisce
lo scarico di fondo e si creano le condizioni di sufficiente stabilità del livello di pelo libero
nel bottino necessarie per il continuo rilevamento del livello stesso cui si fa affidamento
per il controllo in automatico del funzionamento del gruppo turbogeneratore.
La vasca di carico ha un’altezza interna di mt 4,50 e realizza un volume utile di circa 300
mc, sufficiente a sviluppare le funzioni che gli vengono richieste , ivi compresa la
stabilizzazione del suo pelo libero cui è affidata la regolazione del funzionamento del
gruppo turbogeneratore. In continuità strutturale con la vasca di carico è realizzato il pozzo
di contenimento degli organi di manovra insistenti sulle condotte in uscita dalla vasca
medesima, con le funzioni, come già detto, di alimentazione della centrale di Quartignano
e di scarico di fondo.
L’ imboccatura della condotta di alimentazione della centrale è protetta da una
regolamentare griglia a sacco in rete metallica a maglia quadra avente 20 mm di lato,
che impedisce ai pesci, eventualmente fossero presenti in vasca, di infilarsi nella condotta
medesima.
Il pozzo è necessariamente dotato di un vano di accesso e manovra che si eleva per mt
2,50 dall’ estradosso del solettone di copertura della vasca che consente, oltre all’ accesso,
l’ effettuazione di tutte le operazioni possibili, ivi compresa la manutenzione straordinaria
degli organi di ritenuta installati sulle condotte, compresa la loro sostituzione. Esso prevede
un livello di accesso dal quale operare sul fondo posto mt 4,50 più in basso e dal quale
muovere, a mezzo di una scala alla marinara, per raggiungere il fondo stesso.
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In quanto alla necessità di assicurare il transito nell’ alveo del torrente, in corrispondenza
sezione di presa, della portata di minimo deflusso vitale, per essa è stato concepito un
sistema di evacuazione
su due componenti, il cui contemporaneo e congiunto
funzionamento , consente di risolvere pienamente il problema. Premesso che
il piano
annuale di utilizzo dell’ impianto prevede che mediamente, per circa trenta giorni l’ anno
non sussistano le condizioni idrologiche, per insufficienza della portata stagionale, per
esercire l’ impianto, è da considerarsi che nei periodi di scarsa portata del torrente, non
effettuandosi alcun prelievo d’ acqua, la condizione di rispetto del minimo deflusso vitale è
naturalmente e pacificamente rispettata. Nelle normali condizioni di attivazione dell’ impianto
al rilascio della Qmdv si provvede, come dettagliatamente analizzato e chiarito con la
relazione idraulica, mediante:
-
Una condotta del Dn 100 mm che pesca sul fondo della vasca di calma ed a
quota inferiore a quella della soglia di alimentazione del canale e che quindi in
ragione del livello in vasca pressochè costante in quanto correlato a quello fisso e
stabilito nella successiva vasca di carico, è in condizioni di rilasciare nel torrente, e
più precisamente nella vaschetta terminale della scala di risalita dei pesci, una
portata sostanzialmente costante in ogni condizione di utilizzo dell’ impianto;
-
Il canale di alimentazione della scaletta di risalita dei pesci il cui incile è
determinato da una soglia fissa ( 624,35 mt s.l.m.m. ) ed a quota inferiore rispetto
alle soglie di presa
posta invece a quota 624,40, che invece risente
proporzionalmente della portata naturale dl torrente in ragione del pelo libero che si
stabilisce , di volta in volta, sulla stessa soglia di presa.
Quindi la Qmdv normalmente in transito è formata da una componente pressoché costante
avente peraltro carattere di priorità assoluta in prelievo e da una componente variabile e
proporzionale alla portata naturale del corso d’ acqua che congiuntamente risolvono il
problema, con
opportuno
dimensionamento
delle
rispettive
strutture idrauliche.
La scaletta di risalita dei pesci è formata da un canale avente larghezza netta di 55 cm
articolato in tre salti con ∆h di 30 cm e vaschette al piede profonde 40 cm e lunghe
65.
1. 2 Condotta di alimentazione della centrale idroelettrica di Quartignano
La condotta di alimentazione della turbina posta nella centrale di Quartigliano é realizzata
con l’ impiego di tubazioni del Dn 600 mm in lamiera di acciaio saldata con giunzioni
saldate anch’esse all’ arco elettrico. La condotta ultimata avrà diametro nominale costante e
sarà lunga mt 6.286,60 misurati tra la vasca di carico di Fiume e la valvola di ritenzione
posta immediatamente a ridosso ma all’ esterno dell’ edificio centrale idroelettrica.
La condotta sarà caratterizzata da spessore variabile, da 6,3 ad 8,0 mm, e crescente in
ragione dei carichi statici progressivamente crescenti man mano che ci si avvicina alla
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centrale e delle sollecitazioni aggiuntive dovute al moto vario in condotta ( colpo d’ ariete )
generato dal brusco arresto del macchinario idraulico.
Essa ha inizio dalla vasca di carico di Fiume e scende verso valle, parallelamente allo
stesso tracciato della vecchia condotta irrigua, sino in prossimità del centro abitato di
Pievetorina per poi proseguire con un percorso autonomo per raggiungere il sito Centrale
di Quartignano. Sino a Pievetorina il tracciato della condotta si mantiene vicino e sulla
sinistra idrografica del torrente S. Angelo, fatta eccezione per un breve tratto, in comune di
Muccia dove si sviluppa in destra; detto passaggio richiede un duplice attraversamento che
avverrà in sub-alveo. Più in particolare alla progressiva 1720,89 mt, la condotta,
fiancheggiando il torrente, sottopassa la strada provinciale Pievetorina-Colfiorito utilizzando
la prima delle arcate in sinistra del ponte stradale che lo scavalca e che per ragioni di
natura orografico-morfologica non viene mai impegnata dal corso acqua; indi procede
secondo un percorso che la vede collocata tra l’ alveo del torrente e la vicina strada
provinciale. Alla progressiva 3132,75 mt, in direzione quasi ortogonale attraversa, mediante la
realizzazione di un sottopasso, la stessa strada per procedere verso il centro abitato di
Pievetorina che non interessa direttamente ma sfiora, mantenendosi ad Ovest, tra le ultime
case ed il piede delle incipienti alture.
Così muovendo il tracciato si dispone
parallelamente ma a distanza dal Fiume Chienti che notoriamente percorre la valle da Sud
verso Nord.
Superato il sito “ Case Popolari “ alla periferia Nord
dell’ abitato, la condotta
vira
gradualmente di 90 gradi per attraversare in sottopasso , con la sperimentata tecnica ello
spingi tubo, la SS Valnerina sino a raggiungere il fiume Chienti che scavalca a mezzo di
un ponte tubo di dimensioni assai modeste. Indi procede sino ad incontrare, per quindi
disporsi parallelamente ed alla sua destra, la condotta di alimentazione dell’ impianto di
Pievetorina ( terzo salto della nostra previsione progettuale complessiva ) che in destra
fiume procede verso valle sino al sito centrale idroelettrica.
In quanto alle tecniche di posa e protezione della condotta interrata va precisato che la
copertura minima, come verificabile dal profilo altimetrico di tracciato risulterà di mt 1,5 in
presenza di terreni di posa caratterizzati da materiali sciolti e di mt 1,00 laddove la
trincea di posa sarà scavata in presenza di materiali di consistenza prevalentemente
rocciosa.
L’ attraversamento aereo del fiume Chienti di Pievetorina sarà realizzato mediante un ponte
tubo, in campata unica, direttamente materializzato dalla stessa condotta realizzata, nello
specifico tratto fuori terra, con l’ impiego di acciaio tipo “Corten “, resistente alla corrosione.
La condotta sarà sostenuta da apposita coppia di pile in c.a. munite in sommità di una
forcella di alloggio ed alla base da un plinto di fondazione. Il fusto della pila avrà
lunghezza di mt 4,00 e diametro finito di cm 80, mentre il plinto di fondazione, munito di
sottostante palo in calcestruzzo del diametro di cm 100, avrà base quadrata con lato di
mt 2.00 e spessore di cm 60.
La condotta appoggiata all’ interno delle forcelle a mezzo di un fazzoletto di neoprene,
assumerà il comportamento di campata unica con sbalzi laterali, quindi di trave continua ,
comunque caratterizzata da notevole capacità di adattamento alle vicissitudini del tempo
ed alle sollecitazioni eventualmente imposte dall’ esterno, anche di natura sismica, in virtù di
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una notevole elasticità complessiva. In ragione
della necessità di conseguire tali
caratteristiche , in presenza di una campata della luce teorica di mt 24,00, nel tratto fuori
terra ed in acciaio Corten, alla condotta del diametro esterno di 609,9 mm è stato attribuito
lo spessore di 10 mm.
I sottopassi stradali verranno eseguiti con l’infissione di un tubo guaina in acciaio, del
diametro di cm 80, posato, a seconda dei terreni attraversati, con la tecnica dello
spingitubo o, in caso di impedimento “fisico“, con l’ ausilio di trivella.
In quanto all’ attraversamento in sub-alveo del torrente Sant’ Angelo, in entrambi i casi la
condotta verrà posata ad una profondità non inferiore ad 80 cm dal punto più depresso
della sezione interessata, e sarà protetta da una soletta in c.a., munita di “ briglia a valle”, e
soffolta nell’ alluvione di fondo che, oltre a proteggere la tubazione dalle offese esterne,
contribuirà a stabilizzare il profilo di fondo del corso d’ acqua nel caso che si inneschino ,
per diverse ragioni, fenomeni erosivi. In corrispondenza della sezione di attraversamento del
torrente, ove per posare la condotta e realizzare la struttura di protezione, fosse necessario
tagliare le sponde, queste saranno ripristinate con la realizzazione di difese spondali del
tipo radente , di adeguata lunghezza, costituite con gabbionate metalliche riempite di
pietrame .
L’ integrità della struttura metallica costituente la condotta sarà
garantita
l’ installazione di un impianto di protezione catodica a corrente impressa.
mediante
1. 3 Centrale idroelettrica di Quartigniano - Sezione I°
L’ edificio centrale idroelettrica , ubicato in località Quartigniano in comune di Pievetorina,
è ubicato in sponda destra idrografica del Fiume Chienti di Pievetorina ed è concepito per
ospitare, in forma nettamente separata, i sistemi di generazione dell’ impianto idroelettrico
di S.Angelo (Sezione I°) e di quello di Pievetorina (Sezione II°), rispettivamente alimentati dal
torrente omonimo e dal Fiume Chienti che porta lo stesso nome.
Quindi il fabbricato deve considerarsi suddiviso in due comparti, o meglio in due sezioni, le
quali sotto il profilo strutturale e degli impianti di supporto, come ad esempio il canale di
scarico dell’ opera di restituzione dell’ acqua al fiume, il carro ponte di servizio, il
collegamento elettrico di potenza alla rete di distribuzione locale e la viabilità, sono concepiti
in termini meramente sinergici. Pertanto e per le ovvie ragioni, la descrizione del fabbricato,
nella sua complessità, viene effettuata per l’ interezza del complesso ma non mancando di
specializzarla in riferimento all’ impianto specifico oggetto del presente progetto.
L’ edificio è costituito da un corpo di fabbrica principale ad un solo piano, posto in
posizione centrale e concepito per contenere i gruppi di generazione ed i relativi impianti
elettrici ed ausiliari e due appendici esterne aderenti ai prospetti Nord e Sud destinate ad
essere utilizzate, uno per ogni sezione impiantistica, quali cabine di consegna dell’energia
al distributore locale (ENEL). Esso è realizzato con strutture in c.a. e tamponato con
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muratura in laterizio, intonacata e tinteggiata. Il corpo centrale è dotato di un tetto a due
falde munito di manto di copertura in coppi tradizionali, mentre i corpi minori laterali sono
muniti di copertura a falda unica, sempre con copertura in coppi tradizionali.
Il corpo di fabbrica principale ha pianta rettangolare delle dimensioni esterne di mt 16,50
x 9,55 ed è alto tra la linea di colmo della copertura ed il piano del marciapiede mt
7,25. Tra i corpi laterali, entrambi a base rettangolare, quello posto a Nord ha dimensioni
planimetriche lorde di mt 2,75 x 9, 55 mentre quello ubicato a Sud di mt 2,75 x 5,15; per
entrambi l’ altezza dalla linea di gronda è pari a mt 2,80.
Dovendosi considerare che l’edificio è ubicato sulla sponda destra del Fiume Chienti, e che
quindi deve essere fondato su una formazione “alluvionale recente”, si è previsto di dotare
lo stesso di fondazioni profonde costituite da una palificata in c.a. formata da pali del
diametro di 80 cm, preforati e gettati in opera.
Nella sua essenzialità il corpo di fabbrica centrale da luogo ad una grande sala, con il
pavimento caratterizzato da una discontinuità altimetrica ( fossa a base rettangolare delle
dimensioni di mt (5,10 x 4,50 ) destinata ad ospitare
proprio il gruppo generatore dell’
impianto Sant’ Angelo ( Quartignano I°).
In detta sala trovano luogo tutte le macchine idrauliche ed elettriche, i trasformatori
elevatori di tensione, le batterie dei condensatori di rifasamento, i quadri di comando e
controllo e gli impianti ausiliari, relativi all’ insieme dei due gruppi di generazione
Quartignano I° e Quartignano II°, gruppi che comunque sotto il profilo funzionale e ed
impiantistico sono diversi e separati, per essere quindi considerati autonomi l’ uno dall’ altro
e perfettamente separati sotto il profilo “ fiscale ”.
In adiacenza al prospetto Est dell’ edificio è altresì ricavato , con la realizzazione di una
struttura aperta, ma ubicata al disotto del piano campagna, il vano di contenimento dei
tratti terminali delle condotte forzate.
In un apposito vano interrato delle dimensioni planimetriche di mt 5,00 x 5,00 , posto
all’interno del sedime che ospita la centrale ma a monte della stessa, ed attraversato dalle
condotte di alimentazione dei gruppi di generazione, trovano collocazione le saracinesche di
linea di blocco delle stesse condotte e quelle in derivazione per lo scarico delle medesime.
Nella fondazione dell’ edificio e secondo l’ allineamento del prospetto Ovest dello stesso, è
ricavato il vano di scarico delle turbine dal quale ha inizio il canale che costituisce l’
opera di restituzione delle portate turbinate al fiume Chienti di Pievetorina.
Quindi l’ opera di restituzione delle portate turbinate al corso d’ acqua naturale, è costituita
da un canale completamente incassato nel terreno, avente sezione rettangolare della
larghezza di mt 3,00, pendenza dello 0,5 % e lunghezza di mt 35,96 fino a raggiungere la
sponda destra del corso d’ acqua naturale. L’ altezza delle sue pareti laterali sarà di mt
2,10.
Anche esso sarà realizzato con una struttura in c.a. dotata di una fondazione
profonda realizzata con pali preforati e gettati in sito. In corrispondenza dell’ innesto del
canale di scarico con il fiume, la sponda destra del corso d’ acqua sarà irrobustita e
protetta da una gabbionata metallica riempita di pietrame, alta 2.00 mt ed in doppio
ordine, per mt 8,0, sia verso monte che verso valle.
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L’ edificio centrale e le sue pertinenze sono racchiuse in un perimetro recintato ricollegato
alla rete viaria di prossimità.
Infatti il sito centrale si ricollega alla viabilità preesistente a mezzo di una nuova bretella
stradale da realizzare
lunga 333 mt che si congiungerà alla sezione terminale della
strada comunale di Quartignano. In questo modo sarà possibile raggiungere la strada
provinciale Valnerina a mezzo della suddetta strada comunale che scavalca il Fiume
Chienti. La bretella da realizzare avrà profilo altimetrico sostanzialmente aderente al profilo
naturale del terreno in sito, sarà caratterizzata da una piattaforma percorribile larga mt 4,0
ed avrà una pavimentazione in macadam. La realizzazione del nuovo tratto stradale
richiederà inevitabilmente anche un’ azione manutentrice della strada comunale citata,
almeno per il suo ultimo tratto a valle del sito logistico dell’ azienda zootecnica “ SAM “.
La centrale Quartignano I° sarà equipaggiata con un unico gruppo turbogeneratore ad
asse verticale composta da una turbina Pelton a due getti , con una velocità di rotazione
di 600 giri / minuto nominali e generatore asincrono trifase , rigidamente accoppiato , con
tensione di generazione di 400V e 50Hz.
Alla portata di progetto di 300 lt/sec
corrisponderà una potenza della turbina di 456,99 Kw, mentre la potenza elettrica ai
morsetti del generatore risulterà pari a 434,14 Kw. Alle due macchine, per migliorare la
prestazione complessiva dell’ impianto sarà attribuita la potenza di 500 Kw (Potenza
nominale dell’ impianto ).
Il trasformatore elevatore di tensione, sarà ovviamente del tipo trifase isolato a resina,
avrà potenza apparente di 630 KVA.
In quanto al funzionamento del gruppo turbogeneratore è previsto che esso sia
regolato in automatico con lettura continua della quota di pelo libero nella vasca di carico
della presa di Fiume. Il collegamento Telematico tra opera di presa e centrale avverrà
mediante apposito cavo per la trasmissione dei segnali posato nel vano di scavo di
adagiamento della condotta forzata e con un parallelo sistema di riserva con trasmissione
di segnale “ via radio “.
L’ impianto di generazione si ricollega alla rete del distributore locale a mezzo della cabina
posta in adiacenza al prospetto Nord del fabbricato principale. Il collegamento tra la rete
del distributore locale ed impianto idroelettrico sarà realizzato da ENEL giusto specifico atto
convenzionale in attesa di perfezionamento generato da una “richiesta di connessione “ del
12 / 09 / 2011 .
1.4 COSTO, VALUTAZIONE ECONOMICO- FINANZIARIA E TEMPI DI REALIZZAZIONE
Il costo complessivo delle opere, al netto dell’ IVA, come emerge dal computo metrico
estimativo che del progetto redatto è un elaborato fondamentale, è stato valutato pari ad €
2.500.000,00, dovendosi considerare che l’ importo dell’ imposta sul valore aggiunto, nella
fattispecie di investimento deve considerarsi eminentemente partita di giro.
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La valutazione economica finanziaria dell’ investimento ha dato esito positivo sulla base
delle ipotesi attualmente formulabili sulla scorta degli attuali dei prezzi di cessione
dell’energia ridotti del 5%, delle incentivazioni garantite per la produzione di energia
elettrica da fonti alternative rinnovabili sino al traguardo di anni 15, vita operativa dell’
impianto stimata in 30 anni, produzione media netta vendibile inferiore del 6% a quella
media statistica determinata in sede di relazione idrologica di progetto , di una cospicua
diretta partecipazione della società proponente al sostegno dei costi di costruzione a
fronte del ricorso al credito bancario di medio-lungo termine e di una gestione sinergica
dell’ impianto nell’ ambito del più complesso sistema proposto di sfruttamento dei potenziali
idroelettrici del fiume Chienti di Pievetorina.
Secondo quanto debitamente dettagliato nell’ apposito elaborato progettuale denominato
“crono programma dei lavori”, è stato considerato che la realizzazione dell’ impianto possa
avvenire in 18 mesi solari consecutivi, a partire dalla data ultima di conseguimento delle
autorizzazioni, dovendosi ipotizzare che: 3 mesi sono indispensabili per il perfezionamento
del progetto esecutivo, l’ occupazione dei suoli necessari all’esecuzione dei lavori, per
appalto delle opere civili e le ricerche di mercato relative alle componenti impiantistiche; 12
mesi per la mera esecuzione delle opere civili, posa della condotta forzata compresa; 1
mese per il montaggio delle macchine e degli impianti ad esse correlati ed infine 2 mesi
per l’ avviamento, le prove di funzionamento ed i collaudi.
1.5 CONSIDERAZIONI E NOTIZIE COMPLEMENTARI
Giova comunque ricordare che il progetto , in quanto complessivamente proponga ed
identifichi un impianto industriale, non individua un “ processo produttivo “ in senso
tradizionale, ma piuttosto definisce un sistema di evidenziazione ed estrazione energetica
con riferimento all’ energia potenziale della corrente liquida del Torrente Sant’ Angelo
affluente di sinistra del Fiume Chienti di Pievetorina.
Infatti esso, accertata la pendenza motrice media del corso d’ acqua nel tratto compreso
tra l’ opera di presa di Fiume - Centrale di Quartignano pari al 2,98% , propone il trasporto
di una consistente frazione della portata disponibile nella sezione di presa, con una
pendenza motrice che, pur restando funzione della stessa portata derivata, non supera il
valore dello 0,23 %, accumulando sino al sito di restituzione dell’ acqua all’ alveo naturale
un carico piezometrico che moltiplicato per la portata , realizza il potenziale energetico
disponibile alla trasformazione.
Il gruppo turbogeneratore mediante la turbina idraulica trasforma il potenziale in energia
meccanica ed il generatore elettrico, trasforma l’ energia meccanica in energia elettrica da
immettersi in rete per la distribuzione al consumo generalizzato.
Come dianzi detto, non ci si trova di fronte ad un processo industriale con consumo di
materia prima ed energia, prodotto finale e scarto, ma si individua solo un veicolo, quale
l’acqua, per la valorizzazione di un’ energia potenziale, che viene poi opportunamente
trasformata e resa disponibile al più generale utilizzo.
12
Pertanto non vi è alcun consumo di materiali né impiego di materie prime, fatta eccezione
per la fase di realizzazione del complesso impiantistico per la cui costruzione sono da
utilizzarsi i classici materiali comuni alle costruzioni civili ed agli impianti idraulici.
Conseguentemente non sono in alcun modo previsti quantitativi di materiali residui né
possibilità di inquinamento di acqua, aria e suolo, dovendosi ammettere che la semplice
“ manipolazione “ dell’ acqua in un contesto impiantistico sostanzialmente chiuso, quindi privo
di contatti eterogenei, qual è quello delineato principalmente dal sistema di trasporto
( condotta forzata ) e dal gruppo di generazione, non può comportare alcuna trasformazione
alla quale addebitare possibili forme di inquinamento.
Inoltre il sistema non induce vibrazioni sull’ ambiente circostanze . Le uniche vibrazioni
registrabili sono quelle che possono rilevarsi sul mantello del gruppo turbogeneratore,
installato nell’ edificio centrale idroelettrica, in quanto generate dai suoi supporti nel caso di
un non perfetto allineamento in fase di montaggio delle due macchine componenti. Ma in
tal caso , di norma, si interviene meccanicamente per eliminare un difetto che avrebbe
come sicuro epilogo l’ accorciamento della vita operativa della macchina.
Ove trovasse riscontro,
ancorché di limitatissima ampiezza, il fenomeno sarebbe
sicuramente ammortizzato dal sistema di fondazione del gruppo e comunque destinato
ad estinguersi all’ interno del perimetro del sito centrale, ubicato in aperta campagna e
distante centinaia di metri dalla più vicina costruzione.
Né lungo il percorso della condotta forzata, né sugli impianti costituenti l’opera di presa
possono innescarsi regimi vibratori a carattere permanente. Sebbene limitatissime, a
giudizio di chi scrive, non debbono classificarsi vibrazioni quelle indotte sulla struttura di
sbarramento dell’ opera di presa dal trasporto solido del torrente in occasione di piene
importanti. In tale condizione, il materiale lapideo ciottoloso trasportato dalla piena, attraversa
il manufatto di presa rotolando rumorosamente sulla sottostante platea ed inducendo
perturbazioni nella massa strutturale che possono far vibrare la struttura. Ma il fenomeno
è destinato a scomparire rapidamente con l’ attenuazione dell’ entità della piena.
Il discorso fatto per le vibrazioni anticipa nella sostanza medesime considerazioni per le
emissioni sonore. L’ unico rumore emesso è quello generato dalle macchine in rotazione, la
turbina idraulica del tipo Pelton ed il generatore elettrico costituito da un alternatore
asincrono trifase coassiale alla turbina e ad essa rigidamente accoppiato. Le macchine
peraltro sono caratterizzate da una velocità di rotazione di 600 giri/minuto e quindi
generano rumore a bassa frequenza. Normalmente in prossimità dei mantelli esterni di
contenimento degli apparati in rotazione si misurano rumori di intensità sonora compresi tra
65 ed 80 Decibel, a secondo del livello di potenza in uso.
Deve considerarsi che l’ edificio centrale idroelettrica, di buona consistenza strutturale, è
munito di muratura di tamponamento
di congruo spessore
ed in condizioni di
funzionamento del gruppo è chiuso verso l’ esterno. Solo nella stagione più calda, per
evitare che la temperatura degli apparati elettrici ed elettronici possa salire oltre limiti in
grado di condizionarne il corretto funzionamento, per favorire il ricambio d’ aria, si attiva
una ventola di espulsione che così garantendo il ricambio mantiene le temperature in limiti
di corretto funzionamento. E’ in tale condizione che all’ esterno dell’ edificio diviene più
percepibile il rumore generato dalle macchine. Ma in condizioni meteo fisiche normali ,
13
come constatabile in impianti analoghi , a 40, massimo 50 mt
dall’ edificio , il rumore
diventa pressoché impercettibile; ed il nostro edificio è ubicato in aperta campagna , in
area agricola , ove il fabbricato più vicino dista più ml 100 circa ed è costituito da un
opificio industriale posto sulla sponda opposta del fiume.
L’ opera di presa diventa rumorosa in condizioni di piena del fiume, come peraltro diventa
normalmente rumoroso un qualunque corso d’ acqua naturale quando è investito da una
portata che eccede , per ordine di grandezza, i parametri normalmente rilevabili in alveo;
ma in tal caso, come per le vibrazioni , l’ effetto cessa con la causa.
In quanto alle emissioni di calore in aria esse sono ridottissime e direttamente legate al
rendimento dell’ alternatore e del trasformatore elevatore di tensione. Complessivamente la
“ perdita “ ammonta al 6 ÷ 7 % della potenza trasmessa dalla turbina al generatore
elettrico . Tenuto conto che la potenza massima di esercizio della turbina è pari a 457
Kw, in condizioni di massima potenza la perdita di potenza è pari circa a 30 Kw, cui
corrisponde una
generazione di calore per 30 Kwh ( all’ ora ), sufficiente a riscaldare
due unita abitative di 80 mq standard, che tranquillamente viene disperso in aria circostante
e per ricambio e per trasmissione attraverso le pareti dell’ edificio.
Analogamente , tenendo in debito conto che in condizioni di funzionamento di massima
potenza della turbina, ad essa si assegna un rendimento dell’ 90 % , l’ energia idraulica
persa nella conversione è pari a circa
∆ = 457 ( 1/ŋ-1 ) = 49,8 Kw cui corrisponde una
perdita oraria di energia pari a 49,8 Kwh che equivalgono a 49,8 x 860 = 43 670 Cal.
Insistendo con l’ analisi, è lecito supporre che la perdita debba considerarsi tutta
trasformata in calore; ove si consideri che il regime di massima potenza è raggiunto con
una portata turbinata di 0,3 mc/sec, la suddetta quantità di calore è destinata a diluirsi in
un volume idrico V = 0,3 x 3600 = 1080
mc
elevandone la temperatura di
Cal 43.670 / lt 1.080.000 = 0,04 C° , valore questo sicuramente e sostanzialmente
impercettibile, destinato comunque a perdere assolutamente significato quando la portata
turbinata si reimmette nell’ alveo naturale per miscelarsi con acqua che, per gran parte
dell’ anno, solitamente, possiede una temperatura più elevata. E’ infatti noto che viaggiando
la condotta in sotterraneo essa mantiene più facilmente la temperatura a differenza
dell’ acqua che si muove in alveo e che ha più occasioni di scambio con l’ ambiente
circostante.
2. PRINCIPALI ALTERNATIVE PROGETTUALI ESAMINATE
L’ impianto, per la sua natura, è intimamente legato al corso d’ acqua e quindi tende a
svilupparsi nel suo intorno, stabilite la quota iniziale di presa e quella finale di restituzione
dell’ acqua utilizzata. Il tracciato della condotta di alimentazione della centrale di
produzione che di fatto, collegando l’ opera di presa con la suddetta centrale, costituisce la
spina dorsale del sistema, tende a svilupparsi secondo tracciati di minimo percorso, e
comunque sfuggendo o evitando difficoltà ambientali, geomorfologiche e comunque
14
situazioni impattanti, sempre nel rispetto delle condizioni
idraulici alla base del suo corretto funzionamento.
strutturali minime e dei parametri
Nella fattispecie deve anche evidenziarsi, oltre alla scelta metodologica di filosofia
ingegneristica corrispondente alla opportunità di utilizzare in ogni condizione di derivazione,
il massimo salto geodetico ( lordo ) disponibile, anche quella aziendale di ricollocare
l’ impianto per quanto possibile, pur in presenza di siffatta impostazione ingegneristica, su
un unico territorio comunale, ovvero quello di Pieve Torina. In tale quadro le scelte
effettuate sono scaturite da soluzioni pressoché univoche , comunque tutte tendenti a
conciliare il miglior risultato impiantistico ed economico con la necessità di impegnare al
minimo il territorio ospitante e le sue peculiarità ambientali in senso lato. In tale indirizzo ,
attesa la “ natura del processo industriale “ le scelte e quindi le possibili varianti hanno
tutte interessato, come di seguito si illustra, principalmente problematiche di ubicazione.
In via preliminare
deve comunque riferirsi che l’ esistenza di un’opera di presa,
praticamente in disuso, ubicata a valle del nucleo abitato di Fiume, ma sostanzialmente di
facile riutilizzo a mezzo di opportune integrazioni strutturali, ha agevolato il compito del
progettista che così, senza dispendio alcuno, ha potuto individuare il sito di testa
dell’ impianto. Una diversa ubicazione della presa, a fronte di tale univoca e facilitata
determinazione, non avrebbe avuto alcun senso se non quello di un aumento non
indifferente dei costi e di un esito sicuramente impattante dei lavori di costruzione di
quella porzione di impianto.
Quindi va evidenziato che per quanto concerne l’ opera di presa ragionevolmente non si è
posta alcuna necessità di trovare per essa alternative, né di natura ubicazionale che di
impostazione strutturale, per la semplice ragione che essa c’èra già; infatti ci si è soltanto
limitati ad progettare sulla stessa interventi di restauro strutturale, oltre che a dotarla di una
vasca di carico, di dimensioni e conformazione impiantistica adeguate all’ uso specifico
richiesto, e della scaletta di risalita dei pesci.
L’ imposizione concettuale di utilizzare il massimo salto lordo possibile pur dovendosi
limitare a sviluppare l’ impianto possibilmente tutto sul territorio di Pieve Torina e la
previsione di realizzare , sempre nell’ ambito dello stesso programma impiantistico, un altro
impianto (quello denominato di Pievetorina) caratterizzato dalla stessa
impostazione
progettuale, ma alimentato dalle fluenze del Fiume Chienti, ha utilmente suggerito di
utilizzare lo stesso sito per la centrale idroelettrica, concentrando nello stesso complesso
edilizio denominato “ centrale di Quartignano” e già concepito per l’ altro impianto, anche il
gruppo di produzione dell’ impianto di Sant’ Angelo.
La scelta, ancorché sostanzialmente imposta dalla configurazione complessiva del sistema
impiantistico del Fiume Chienti di Pievetorina, si dimostra quanto mai opportuna giacchè
consente di risparmiare la realizzazione di un edificio centrale, di un’ opera di restituzione e
di un elettrodotto di collegamento in MT tra l” ulteriore centrale che si sarebbe dovuta
realizzare e la rete del distributore locale (ENEL). La combinazione legata all’ opera di
presa esistente di Fiume e al
“ chiuso “ del fabbricato centrale idroelettrica di
Quartignano ha di fatto ridotto la soluzione delle problematiche progettuali alla sola
determinazione del tracciato della condotta forzata.
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In verità, considerato di poter utilizzare il salto lordo esistente tra l’ opera di presa di
Fiume sul torrente Sant’ Angelo e la restituzione di Quartignano, in ragione del valore dello
stesso salto pari a 188m e dell’ impegno notevole da profondersi nella realizzazione della
condotta forzata di considerevole lunghezza (m 6286), è stata anche presa in considerazione
la soluzione di spezzare il salto in due parti, introducendo una centrale intermedia
incorporante anche una vasca di carico per il successivo impianto sempre , quest’ ultimo,
con centrale nel sito di Quartignano.
Pertanto, a portata prelevata a Fiume e di valore identico “ Qo “, si ipotizzò di
posizionare la centrale intermedia tra il tracciato della strada provinciale che da Pievetorina
conduce a Colfiorito ed il corso d’ acqua, in prossimità del centro abitato di Pievetorina ed
immediatamente a monte del ponte della citata strada sullo stesso corso d’ acqua,
stabilendo la quota di restituzione a 488,0 mt sul l.m.m. Ne sarebbero scaturiti due salti,
il primo di 136 mt ed il secondo di 62 mt, entrambi funzionanti con lo stesso valore di
portata, giacché la restituzione non avrebbe avuto luogo in alveo ma bensì in una vasca
che avrebbe funzionato anche da vasca di carico per l’ impianto successivo.
Il primo salto sarebbe stato dotato di una condotta forzata in acciaio del Dn 500mm
mentre per il secondo si sarebbe adottato il Dn 600mm, attenuando così le problematiche
relative alla gestione di una condotta assai lunga e sottoposta già ad un battente statico
ragguardevole.
La soluzione è stata abbandonata e per ragioni di costo legate alla realizzazione di una
centrale idroelettrica e di un elettrodotto di collegamento alla rete Enel in più e per la
difficoltà di posizionare lo stesso edificio in uno spazio assai ristretto, fatto questo che
certamente avrebbe suscitato perplessità nel momento autorizzativo. Inoltre l’impianto di
valle, caratterizzato da un salto relativamente modesto e da una portata identica a quella
dell’ impianto di monte avrebbe richiesto un gruppo turbogeneratore di potenza nominale
assai ridotta (150 Kw) ma di costo specifico assai elevato.
Atteso che l’ impianto di Pievetorina è caratterizzato da un salto lordo di 61 mt,
praticamente identico a quello residuo di cui sopra, pari a 62,00m, si ipotizzò anche di
immettere la portata scaricata dall’ impianto di primo salto nella condotta forzata di detto
impianto (Pievetorina). Ciò avrebbe consentito di incrementare la potenza del gruppo
turbogeneratore di quest’ ultimo impianto di 150Kw ma avrebbe richiesto di aumentare il
diametro della condotta forzata di Pievetorina dal Dn 1100mm al Dn1200mm, aumentando
consistentemente il suo impegno realizzativo.
Sarebbe stato necessario realizzare
comunque un tratto di condotta del Dn 600mm lungo circa ml 1350, per intercettare la
condotta maggiore nel punto più vicino.
L’ ipotesi è stata scartata e perché l’ adozione del diametro di 1200 mm per la condotta
di Pievetorina avrebbe introdotto un più elevato livello di difficoltà nella realizzazione della
stessa e perché comunque si sarebbe dovuto attraversare il centro abitato del capoluogo
per raggiungere, col Dn600mm, il punto di immissione nella condotta principale, nel sito
immediatamente a monte del cimitero. Si è quindi optato per un impianto su un unico
salto con una condotta in acciaio del Dn 600mm, per utilizzare al meglio la potenzialità
dello stesso.
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In quanto al tracciato della condotta esso è, di fatto, univocamente determinato dalla
necessità ovvia, data la morfologia e la geologia dei luoghi da attraversare, di seguire, prima
e da presso, il tracciato del torrente Sant’Angelo sino alla periferia del centro abitato di
Pievetorina, indi di disporsi parallelamente ed in affiancamento, alla più importante condotta
dell’ impianto idroelettrico di Pievetorina. In quanto al superamento del centro abitato esso
è stato risolto evitando ovviamente di attraversarlo ed individuando un possibile tracciato
ad Ovest tra la periferia dell’ incasato e le prime pendici collinari.
Il passaggio dalla sponda sinistra alla sponda destra del fiume Chienti è stato individuato
immediatamente all’ uscita Nord del paese, laddove ha termine la zona artigianale, per
l’ ovvia considerazione di riportarsi a ridosso del tracciato della condotta forzata dell’ altro
impianto, quanto prima possibile.
In quanto all’ attraversamento del corso d’ acqua, si è valutata anche la possibilità di
attraversare il fiume mediante la posa della condotta in sub-alveo. Detta ipotesi è stata
scartata in quanto di difficile realizzazione, in considerazione che il fiume, a valle
dell’ abitato di Pievetorina, assume, in virtù delle caratteristiche dimensionali e morfologiche
del letto e della portata che lo impegna, dimensioni ragguardevoli che rendono sicuramente
difficoltose, se non impossibili, operazioni di posa di una condotta in sub-alveo. Si è
preferito quindi adottare la soluzione più facile, più elegante e sicura del ponte tubo.
Quest’ultimo potrà essere realizzato senza interessare direttamente l’ alveo e le sue
sponde, semplicemente dilatando, secondo necessità, l’ unica campata che lo costituisce e
caratterizza. Di contro, la posa della condotta in sub-alveo richiederebbe oltre al taglio delle
sponde, anche un temporaneo e consistente
ampliamento dell’ alveo, da ricondurre
successivamente alla sua normale configurazione mediante la costruzione di difese
spondali, sicuramente impegnative e di non facile riassorbimento ambientale, almeno ai
tempi brevi.
3 . LISTA DI CONTROLLO GENERALE DELLA PROCEDURA
Come anticipato in premessa, atteso che il progetto non è stato sottoposto alla
procedura di “ screening “ e ritenuto di non poter in alcun modo esimersi dall’ esprimere
valutazioni relative alle componenti programmatiche, progettuali , dei fattori sinergici, di
riferimento ambientale e di impatto, che sono chiamate in causa dalla medesima proposta
progettuale, si propongono , in questa sede, le risposte ai quesiti correlabili alle citate
argomentazioni seguendo le linee guida proprie della “ procedura di verifica”, anche in
considerazione che il progetto di impianto, considerato singolarmente, dovrebbe essere
sottoposto proprio a quello specifico tipo di indagine.
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B.1 IL QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
B.1.1. La natura di beni e servizi offerti
L'impianto progettato esprime una produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile stimata, in
termini di produzione media annua , pari a 2,50 Gwh. La produzione di energia elettrica della
centrale in progetto consentirà un risparmio di circa 468 TEP ( tonnellate equivalenti /anno di
petrolio ) , quantità occorrente ad una centrale termoelettrica per produrre un quantitativo di
energia elettrica annuale pari a quello medio prodotto dalla centrale in oggetto. Ciò
determinerebbe, di conseguenza, la mancata emissione in atmosfera di 1473 tonnellate/anno di
anidride carbonica (gas cui principalmente si attribuisce l’effetto serra).
B. 1.2. Descrizione del livello di copertura della domanda d'intervento
L'intervento, così come progettato, risulta in linea con le normative tecniche relative agli impianti
idroelettrici ed è incentivato ai sensi del DM 18 dicembre 2008 che dà attuazione ai meccanismi
di incentivazione già introdotti dalla Legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Legge Finanziaria 2008) e
dalla Legge 29 novembre 2007, n. 222 (Collegato alla Finanziaria 2008), alle quali si è aggiunto
il D.M. Sviluppo Economico 5 / 07 / 2012 .
B. 1.3. Descrizione del bacino d'utenza del progetto
La realizzazione della nuova centrale comporterà un impegno occupazionale:
- nella fase di cantiere, quindi con esclusione delle operazioni di realizzazione del complesso
puramente impiantistico al quale si provvede in stabilimento di produzione, con l'impiego di
almeno 11 unità lavorative per circa 12 mesi, di cui 6 impiegate nella realizzazione delle
opere civili e 5 mediamente nei montaggi delle condotte e delle macchine;
- nella fase di gestione dell’ impianto, con 1 unità di conduzione.
L'Energia elettrica prodotta verrà totalmente ceduta ed immessa nella Rete Elettrica Nazionale
gestita dall'Enel, conseguentemente il bacino d'utenza non può che essere l'intera area
coperta da detta Rete.
B. 1.4. Motivazioni che hanno guidato le scelte progettuali, in relazione alle trasformazioni
territoriali di breve e lungo periodo
Il progetto dell’ impianto idroelettrico di Sant’ Angelo è stato concepito nel più ampio
disegno relativo allo sfruttamento idroelettrico dei potenziali del bacino imbrifero del Fiume
Chienti di Pievetorina che, come noto, costituisce uno dei due rami di testa del Fiume
Chienti che si forma stabilmente nella piana di Muccia dove si congiungono i due Chienti ,
rispettivamente denominati di Pievetorina e di Gelagna. Nel bacino del Chienti di
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Pievetorina, l’ impianto cui il presente studio si riferisce, è il terzo di una serie , composta
da altri due impianti , entrambi sull’ asta principale:
il primo
ubicato a monte ed
utilizzante 36 Kmq del bacino imbrifero del Fosso di Capriglia o Caspreano, che del più
ampio bacino imbrifero del Chienti di Pievetorina è parte molto importante, ed il secondo,
in cascata col primo che utilizza un bacino imbrifero di 89 Kmq.
L’ impianto di Sant’ Angelo, a sua volta, utilizza un bacino imbrifero di 12,8 Kmq
corrispondente alla porzione più elevata del bacino imbrifero dell’ omonimo torrente, con
captazione ubicata immediatamente a valle della frazione di Fiume.
In quanto
all’ ubicazione dell’ opera di presa, essa di fatto è stata imposta dall’ esistenza di una
presa preesistente ed in buona sostanza inutilizzata, ubicata in posizione comoda e
facilmente raggiungibile e sufficientemente proporzionata, anche se in stato di conservazione
mediocre.
In quanto all’ ubicazione della centrale idroelettrica di produzione, sempre col preciso fine di
utilizzare il massimo salto possibile contenendo il sistema impiantistico sul territorio
comunale di Pievetorina, si è opportunamente deciso di allocare il gruppo turbogeneratore
di competenza nello stesso edificio destinato ad ospitare li gruppo di generazione dell’
impianto di Pievetorina, il cui sito di impostazione è stato individuato in sponda destra
Chienti di P.T., sul territorio di Pievetorina in loc. Quartignano ed in prossimità del confine
comunale con Pieve Bovigliana. Tale scelta ha ovviamente richiesto l’ adeguato
dimensionale dello stesso edificio, ma ha consentito di risparmiare la realizzazione di
un’ altra officina elettrica, ottenendo contestualmente la concretizzazione del massimo salto
lordo utilizzabile.
Le caratteristiche dell’ impianto di produzione vero e proprio sono state determinate dalla
combinazione dei valori di portata e di salto disponibili; la combinazione dei due parametri,
nelle dimensioni disponibili, hanno portato alla adozione, in sede progettuale, di un gruppo
turbogeneratore ad asse verticale, composto da una turbina tipo Pelton a due iniettori ed
un generatore costituito da un alternatore asincrono trifase.
Le scelte dimensionali hanno anche, necessariamente, tenuto conto del rilascio in alveo del
deflusso minimo vitale, DMV, ossia della "quantità minima di portata d’acqua” che deve essere
assicurata in alveo per la sopravvivenza delle biocenosi acquatiche, la salvaguardia del corpo
idrico e, in generale, per gli usi generalizzati che il fiume è destinato a sostenere".
L'obbligatorietà della considerazione del DMV nasce dal D.Lgs 275/93 (art.5) laddove si prescrive
che: "...il provvedimento di concessione tiene conto del minimo deflusso costante vitale da
assicurare nei corsi d'acqua, ove definito, delle esigenze di tutela della qualità e dell'equilibrio
stagionale del corpo idrico, delle opportunità di risparmio, riutilizzo e riciclo della risorsa..."
Il dimensionamento dell'impianto ha tenuto conto del DMV calcolato secondo i criteri stabiliti nel
PTA della Regione Marche.
B. 1.5. Descrizione delle aree potenzialmente idonee per la localizzazione delle opere
Tenendo in debita considerazione la necessità, tutta di natura tecnica ed economica di
massimizzare il salto lordo utilizzabile, l’ area di ubicazione della centrale è rimasta
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convenientemente stabilita in prossimità del confine comunale tra Pieve Torina e Pieve
Bovigliana , immediatamente sulla in sponda destra Chienti, e comunque sul margine
territoriale di una importante azienda agricola che in tal modo
viene coinvolta
dall’ intervento, dal punto di vista eminentemente
espropriativo, solo in termini
assolutamente marginali. Una qualunque diversa posizione dell’ edificio, dovrebbe vedere lo
stesso più vicino al centro abitato di Pievetorina e comporterebbe una diversa e superiore
incidenza territoriale
e nel territorio comunale ed in quello aziendale, tale da pesare
negativamente
sul costo dell’ iniziativa, sulla gestione dell’ azienda agricola
e sulla
profilatura del paesaggio.
Per quanto concerne l’ opera di presa, come sopra detto, non si è proceduto ad effettuare
una scelta propriamente autonoma ma si è ritenuto di dover ripiegare su un’ opera
esistente; non si può, né si deve, nascondere che la decisione è sicuramente frutto di una
conoscenza che ha dato luogo ad una opportunità non facilmente ripetibile ove si consideri
che la decisione di proporre la realizzazione di tale impianto, che qualche difficoltà
esecutiva pur presenta, è stata determinata dall’ esistenza, a quota più che opportuna, di
un’ opera di presa in grado di evidenziare un salto lordo utile difficilmente rinvenibile in
altri siti dell’ Appennino umbro-marchigiano.
In quanto alla condotta di collegamento tra opera di presa e centrale, essa è stata posta
tutta in sponda sinistra del Torrente Sant’ Angelo sino raggiungere il centro abitato di
Pieve Torina, indi per aggirare a ponente il paese prosegue in sinistra Chienti sino a
scavalcare il corso d’ acqua per portarsi alla sua destra i idrografica in corrispondenza del
sito “ Casa Cantoniera” per poi avvicinarsi e portarsi infine nel sito di Quartignano, ultima
propaggine del territorio comunale di Pievetorina prospiciente il confine con il limitrofo
comune di Pieve Bovigliana.
B.1.6. Descrizione delle alternative per la localizzazione delle opere
Per le motivazioni sopra espresse non è ragionevolmente possibile ipotizzare alternative di “
processo “; in quanto alla localizzazione delle opere vale quanto già diffusamente illustrato
nel capitolo precedente e che qui si riepiloga.
L’ impianto, per la sua natura, è intimamente legato al corso d’ acqua e quindi tende a
svilupparsi nel suo intorno, stabilite la quota iniziale di presa e quella finale di restituzione
dell’ acqua utilizzata. Il tracciato della condotta di alimentazione della centrale di
produzione che di fatto , collegando l’ opera di presa con la suddetta centrale , costituisce
la spina dorsale del sistema, tende a svilupparsi secondo tracciati di minimo percorso, e
comunque sfuggendo o evitando difficoltà ambientali , geomorfologiche e comunque
situazioni impattanti, sempre nel rispetto delle condizioni strutturali minime e dei parametri
idraulici alla base del suo corretto funzionamento.
Nella fattispecie deve anche evidenziarsi, oltre alla scelta metodologica di filosofia
ingegneristica corrispondente alla opportunità di utilizzare in ogni condizione di derivazione,
il massimo salto geodetico (lordo) disponibile, anche quella aziendale di ricollocare l’
20
impianto per quanto possibile, pur in presenza di siffatta impostazione ingegneristica, su un
unico territorio comunale, ovvero quello di Pievetorina. In tale quadro le scelte effettuate
sono scaturite da soluzioni pressoché univoche , comunque tutte tendenti a conciliare il
miglior risultato impiantistico ed economico con la necessità di impegnare al minimo il
territorio ospitante e le sue peculiarità ambientali in senso lato. In tale indirizzo , attesa la “
natura del processo industriale “ le scelte e quindi le possibili varianti hanno tutte
interessato, come di seguito si illustra, principalmente problematiche di ubicazione.
In via preliminare
deve comunque riferirsi che l’esistenza di un’opera di presa,
praticamente in disuso, ubicata a valle del nucleo abitato di Fiume, ma sostanzialmente di
facile riutilizzo a mezzo di opportune integrazioni strutturali, ha agevolato il compito del
progettista che così, senza dispendio alcuno, ha potuto individuare il sito di testa dell’
impianto. Una diversa ubicazione della presa, a fronte di tale univoca e facilitata
determinazione, non avrebbe avuto alcun senso se non quello di un aumento non
indifferente dei costi e di un esito sicuramente impattante dei lavori di costruzione di
quella porzione di impianto.
Quindi va evidenziato che per quanto concerne l’ opera di presa ragionevolmente non si è
posta alcuna necessità di trovare per essa alternative né di natura ubicazionale che di
impostazione strutturale, per la semplice ragione che essa c’èra già; infatti ci si è soltanto
limitati ad progettare sulla stessa interventi di restauro strutturale, oltre che a dotarla di una
vasca di carico, di dimensioni e conformazione impiantistica adeguate all’ uso specifico,
e della scaletta di risalita dei pesci.
L’ imposizione concettuale di utilizzare il massimo salto lordo possibile pur dovendosi
limitare a sviluppare l’ impianto possibilmente tutto sul territorio di Pievetorina e la previsione
di realizzare , sempre nell’ ambito dello stesso programma impiantistico, un altro impianto
(quello denominato di Pievetorina) caratterizzato dalla stessa impostazione progettuale, ma
alimentato dalle fluenze del Fiume Chienti, ha utilmente suggerito di utilizzare lo stesso
sito per la centrale idroelettrica, concentrando nello stesso edificio della centrale di
Quartignano già concepito per l’ altro impianto, anche il gruppo di produzione dell’ impianto di
Sant’ Angelo. La scelta, ancorché sostanzialmente imposta dalla configurazione complessiva
del sistema impiantistico
del Fiume Chienti di Pievetorina, si dimostra quanto mai
opportuna giacché consente di risparmiare la realizzazione di un edificio centrale, di un’
opera di restituzione e di un elettrodotto di collegamento in MT tra la centrale che si
sarebbe dovuta realizzare e la rete del distributore locale ( ENEL ). La combinazione legata
all’ opera di presa esistente di Fiume e al “ couso “ del fabbricato centrale idroelettrica
di Quartignano ha di fatto ridotto la soluzione delle problematiche progettuali alla sola
determinazione del tracciato della condotta forzata.
In verità, considerato di poter utilizzare il salto lordo esistente tra l’ opera di presa di
Fiume sul torrente Sant’ Angelo e la restituzione di Quartignano, in ragione del valore dello
stesso salto pari a 188 mt e dell’ impegno notevole da profondersi nella realizzazione della
condotta forzata di considerevole lunghezza (m 6286 ), è stata presa in considerazione la
soluzione di spezzare il salto in due parti introducendo una centrale intermedia incorporante
anche una vasca di carico per il successivo impianto sempre , quest’ ultimo, con centrale nel
sito di Quartignano.
21
Pertanto, a portata prelevata a Fiume e di valore identico “ Qo “, si ipotizzò di
posizionare la centrale intermedia tra il tracciato della strada provinciale che da Pieve Torina
conduce a Colfiorito ed il corso d’ acqua, in prossimità del centro abitato di Pieve Torina
ed immediatamente a monte del ponte della citata strada sullo stesso corso d’ acqua,
stabilendo la quota di restituzione a 488,0 mt sul l.m.m. Ne sarebbero scaturiti due salti,
il primo di 136 mt ed il secondo di 62 m, entrambi funzionanti con lo stesso valore di
portata, giacché la restituzione non avrebbe avuto luogo in alveo ma bensì in una vasca
che avrebbe funzionato anche da vasca di carico per l’ impianto successivo. Il primo salto
sarebbe stato dotato di una condotta forzata in acciaio del Dn 500 mm mentre per il
secondo si sarebbe adottato il Dn 600mm, attenuando così le problematiche relative alla
gestione di una condotta assai lunga e sottoposta già ad un battente statico
ragguardevole.
La soluzione è stata abbandonata e per ragioni di costo legate alla realizzazione di una
centrale idroelettrica e di un elettrodotto di collegamento alla rete Enel in più e per la
difficoltà di posizionare lo stesso edificio in uno spazio assai ristretto, fatto questo che
certamente avrebbe suscitato perplessità nel momento autorizzativo. Inoltre l’impianto di
valle, caratterizzato da un salto relativamente modesto e da una portata identica a quella
dell’ impianto di monte avrebbe richiesto un gruppo turbogeneratore di potenza nominale
assai ridotta (150 Kw) ma di costo specifico assai elevato.
Atteso che l’ impianto di Pievetorina è caratterizzato da un salto lordo di 61m, praticamente
identico a quello residuo di cui sopra, pari a 62,00 mt , si ipotizzò anche di immettere la
portata scaricata dall’ impianto di primo salto nella condotta forzata di detto impianto
(Pievetorina). Ciò avrebbe consentito di incrementare la potenza del gruppo turbogeneratore
di quest’ ultimo impianto di 150 Kw ma avrebbe richiesto di aumentare il diametro della
condotta forzata di Pievetorina dal
Dn 1100mm
al Dn 1200mm, aumentando
consistentemente il suo impegno realizzativo. Sarebbe stato necessario realizzare comunque
un tratto di condotta del Dn 600mm lungo circa ml 1350, per intercettare la condotta
maggiore nel punto più vicino.
L’ ipotesi è stata scartata e perché l’ adozione del
diametro di 1200 mm per la condotta di Pievetorina avrebbe introdotto un più elevato livello
di difficoltà nella realizzazione della stessa e perché comunque si sarebbe dovuto
attraversare il centro abitato del capoluogo per raggiungere, col Dn 600 , il punto di
immissione nelle condotta principale, nell’ area immediatamente a monte del cimitero. Si è
quindi optato per un impianto su un unico salto con una condotta in acciaio del Dn 600
mm, per utilizzare al meglio la potenzialità dello stesso.
In quanto al tracciato della condotta esso sarebbe di fatto univocamente determinato dalla
necessità ovvia, data la morfologia e la geologia dei luoghi da attraversare, di seguire prima
il tracciato del torrente Sant’ Angelo e poi quello del Fiume Chienti fino a raggiungere la
condotta dell’ impianto di Pievetorina per disporsi in parallelo alla stessa sino al sito centrale
di Quartignano. Semmai si è posto il problema di aggirare il centro abitato di Pievetorina
ad Ovest ovvero ad Est per conseguire il predetto parallelismo quanto prima possibile, per
le ovvie ragioni di ridurre i costi di occupazione dei suoli e di imposizione di servitù. Lo
scavalcamento del Fiume Chienti sarebbe stato comunque inevitabile in entrambe le
soluzioni. Si è optato per il passaggio ad Ovest perché lo stesso, oltre ad evitare il
diretto coinvolgimento del centro abitato che invece con la soluzione adottata è appena
sfiorato, avrebbe richiesto uno sviluppo di tracciato decisamente inferiore.
22
Per lo scavalcamento del fiume Chienti si è fatto ricorso alla soluzione “ ponte Tubo”,
ritenendo questa più idonea in quanto realizzata senza impegnare direttamente l’ alveo
fluviale, più elegante sotto il profilo strutturale e comunque facilmente celabile con semplici
cortine vegetali. Una diversa soluzione che prevedesse il superamento della singolarità con
un attraversamento sub-alveo sconterebbe difficoltà legate ad operare nell’ alveo e sulle
sponde di un fiume sicuramente dimensionato ed ormai molto concreto dal punto di vista
idraulico per apportare allo stesso ferite, in quelle condizioni, rimarginabili solo con impegno
economico consistente e di tempo lungo.
B. 1.7. Descrizione degli usi del suolo presenti ante operam
L'uso del suolo è stato analizzato a livello comunale in scala 1:10.000 con riferimento ad un
significativo intorno in un tratto del fiume tra il punto di presa e il punto di rilascio (tav. 02 bot). La
cartografia allegata riporta uno stralcio del PRG Studio Botanico aggiornato a livello di dettaglio nel
tratto interessato dall'opera.
Ci si è concentrati, poi su di un buffer di 100m ai lati delle sponde del fiume, sempre per la
lunghezza sopra indicata. I risultati dell'analisi, condotta con foto interpretazione e successiva
verifica sul campo ha reso possibile la stesura della Carta della Vegetazione e dell'uso del suolo.
Da una sintesi di dati ISTAT riportati nell'ultimo censimento inoltre risulta che
Comune
Seminativi
Ha
Coltivazioni
legnose
agrarie ha
Pievetorina
1355,79
28,85
Prati
permanenti
e
pascoli
ha
1289,95
Totale
ha
2674,59
Arboricoltura
da legno
Ha
Boschi
SAU non
utilizzata
Ha
Totale
Superficie
1258,90
228,65
4202,69
Si nota come il sistema agricolo e quello naturale siano prevalenti, nella zona relativa all'alveo del
fiume prevale la presenza di seminativi e di vegetazione ripariale in filare, spesso frammentata e
solo in corrispondenza dell'opera di presa si presenta come bosco non assimilabile comunque a
fustaia.
Infatti se si guarda con puntualità ai siti interessati dai manufatti si osserva che:
- nel punto di prelievo siamo all'interno del sistema naturale e più precisamente lungo il sentiero
che affianca per gran parte del tratto il corso d’acqua tra seminativi e superfici occupate da
boscaglia ascrivibile al tipo forestale di bosco a dominanza di carpino nero con caratteri mesofili.
L'attuazione del progetto non muta l'uso del suolo, se non limitatamente alle porzioni di terreno
occupate dai manufatti e delle piste di accesso alle stesse (si tratta di circa 5200 mq di superficie
boscata e 48 metri lineari di filare di ripariale da compensare).
23
B. 1.8. Descrizione d'inquadramento del piano territoriale regionale P.I.T.
L'area complessivamente interessata all'intervento non risulta investita da opere esistenti o di
prevista realizzazione inserite nel PIT.
B.1.9. Descrizione d'inquadramento del piano paesistico regionale PPAR
a) Sottosistema geologico, geomorfologico, idrogeologico (Art. 5-9 PPAR): La Carta dei vincoli del
PPAR evidenzia il fatto che l ‘ impianto per la sua parte ricompresa tra il centro abitato di
Pieve Torina e l’ opera di presa in loc. Fiume e costituita dalla condotta forzata, impegna
il sito n° 44 ( loc. Romitorio ( o Eremo ) dei Santi - comune Pieve Torina ma con
delimitazione che si sovrappone anche al territorio di Muccia) superfici ricomprese in Area
GB di “ rilevante valore “ (Tav. 3 del PPAR).
b) Sottosistema Botanico-vegetazionale (Art. 10-14 PPAR): l ‘impianto per la sua parte
comprendente l’ opera di presa in loc. FIUME e la condotta forzata fino alla centrale, non
ricade in zone di a Tutela Integrale. Non insistono zone di valore ma nella parte terminale della
centrale di Quartignano ricade all’interno di un’area BC di qualità diffusa a Tutela Orientata. Le
superfici a bosco zonale e la vegetazione ripariale azonale in quanto elemento diffuso del
paesaggio ricade nella Tutela Integrale.
c) Sottosistema storico culturale (Art. 15-19 PPAR): Nelle aree impegnate dall’ impianto non si
impegnano emergenze de sottosistema storico-culturale. Ad ogni buon conto si ritiene utile
segnalare la presenza del:
- Romitorio dei Santi (n°1) posto in quota , sulla pendice Nord di monte Capecchiara,
in sponda destra del torrente Sant’ Angelo la cui valle ,in sponda sinistra è percorsa dalla
condotta
forzata
proveniente
dalla
presa
di
Fiume.
Inoltre la condotta , sulla sponda sinistra del Fiume Chienti, evita, lambendolo da ponente,
l’ abitato di Pievetorina, che sommamente si sviluppa in sinistra idrografica
ed è
classificato Centro con ambito di tutela cartograficamente delimitata.
d) Sottosistemi territoriali (Art. 20 PPAR): l'impianto ricade in area di tipo C di “ qualità diffusa”
e, limitatamente al tratto a valle del centro abitato di Pievetorina, in area di tipo V ad alta
percettività visuale relativa alle vie di comunicazione stradale di maggiore intensità di
traffico (Tavv. 6 e 7 del PPAR) per la presenza della strada Valnerina ex SS.
e) Emergenze geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche (Art. 28 PPAR cat.cost.paes.): La
condotta forzata nel tratto immediatamente a valle della presa di Fiume , scendendo lungo
la forra del Torrente Sant’ Angelo attraversa “ Facies “ caratterizzate dalla scaglia Rosata. Il
territorio nel tratto Fiume - Pieve Torina è considerato di rilevante Valore; il sub tratto in
forra, a valle di Fiume è definito di “eccezionale valore”.
24
f) Corsi d'acqua (Art. 29 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto, dalla trasposizione passiva
degli ambiti di tutela individuati dal PPAR, risulta per la sua porzione in val Sant’ Angelo e ad
Ovest del centro abitato di Pieve Torina in zona A Appenninica e per la restante parte
all'interno dell'area PA pedappenninica, in corso d'acqua di classe 1???? ordine di appartenenza
5 (Tav. 12 del PPAR). L'impianto in progetto si trova in buona parte all'interno della fascia di
tutela del corso d'acqua.
g) Crinali (Art. 30 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto, per essere posto essenzialmente
sul fondo valle del torrente Sant’ Angelo e del fiume Chienti di Pieve Torina, risulta al di
fuori dell'ambito di tutela dei crinali presenti.
h) Versanti (Art. 31 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto non risulta all'interno di aree di
versante con pendenza superiore al 30%, per essere essenzialmente posizionato nei due
predetti fondo valle.
i) Aree Floristiche (Art. 33 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto non risulta interessare perimetri di
aree floristiche (vedi Tav. A-4 Carta dei vincolinaturalistici.).
j) Boschi e Pascoli (Art. 34 e 35 PPAR cat.cost.paes.): La zona non risulta inclusa in aree
classificate dalle Tavv. 5 e 14 del PPAR come Boschi e Pascoli. Si rimanda alla carta della
vegetazione e dell’uso del suolo per individuare queste tipologie che sono state rilevate in sito.
L’opera attraversa in alcuni tratti il bosco ripariale a tutela integrale e il bosco di carpino nero
anch’esso a tutela integrale e sottoposto a compensazione in caso di eliminazione per lavori di
realizzazione dell’opera.
k) Zone Umide (Art. 36 cat.cost.paes.) La zona non risulta inclusa in aree classificate dal PPAR
come zone umide.
I) Paesaggio agrario di interesse storico-ambientale (Art. 38 cat.patr.sto.cult.): L'impianto in
progetto non risulta, dalla trasposizione passiva degli ambiti di tutela individuati dal PPAR, inserito
in aree di interesse storico ambientale (vedi Tav. 8. del PPAR).
m) Zone Archeologiche e strade consolari (Art. 41-42 cat.patr.sto.cult.): L'impianto in progetto non
risulta, dalla trasposizione passiva degli ambiti di tutela individuati dal PPAR,
propriamente
inserito in zone archeologiche o su strade consolari (vedi Tav. 10 del PPAR) anche se la
condotta forzata, nel tratta Fiume – Pievetorina si colloca sulla sponda opposta del Torrente
Sant’ Angelo, a quella in cui è ubicato i siti “ Romitorio dei Santi “ e “ Ponte Romano “ .
Ad ogni buon conto deve tenersi in debita considerazione la segnalazione di cui alla nota
8412 del 24 Giugno 1999 emessa dalla Soprintendenza Archeologica per le Marche ed
indirizzata al comune di Pievetorina
con la quale si segnalano aree di interesse
archeologico ubicate in quel territorio comunale, sia in Val sant’ Angelo che intorno al
centro abitato di Pievetorina, col preciso fine di sottoporre alla preventiva segnalazione ogni
intervento di scavo o sterro che possa interessare le stesse. L’ impianto che si propone
non appare interessi le aree in questione; comunque, data la sommaria indicazione fornita
dalla sopraintendenza, l’approfondimento potrebbe rivelarsi opportuno.
25
B. 1.10. Descrizione del progetto in relazione ai piani per le aree naturali protette di cui alla
legge 394/91
Le aree interessate dal progetto non ricadono in aree naturali protette, pur essendo ubicate
in prossimità del Parco nazionale dei Sibillini ed alla Riserva naturale della Montagna di
Torricchio. Il parco infatti investe in modo assolutamente limitato e marginale il territorio
comunale di Pievetorina e si mantiene ben distante dall’ area investita dall’ interventi
progettato. La riserva naturale della montagna di Torricchio invece , pur investendo la
modesta superficie di 317 Ha , si sviluppa per 315 Ha sul territorio del comune , ma
rimane localizzata verso il territorio di Monte Cavallo ed a quote ricomprese tra 820 e 1491
mt sul l.m.m. quindi ben superiori e lontane, sia per distanze orizzontali che verticali, a
quella impegnata dalla presa fluviale posta a 497,0 mt sul l.m.m. , che dell’ impianto
idroelettrico è la prima manifestazione, almeno dal punto di vista altimetrico.
B.1.11. Descrizione del progetto in relazione al piano per l'assetto idrogeologico (P.A.I.)
La visione della cartografia del P.A.I. (Piano di Assetto Idrogeologico — Autorità di Bacino della
Regione Marche) aggiornata al Decreto del Segretario Generale n.22/SABN del 09/06/2011
evidenzia che il fondovalle del Torrente Sant’ Angelo, nel tratto Fiume - centro abitato di
Pievetorina, non è caratterizzato da aree inondabili. Il tratto di fiume Chienti, a valle di
Pievetorina sino al sito di Quartignano è invece contraddistinto da un’ area perimetrata
priva di codice identificativo E - 19 – 0019 ed indicata mediante descrizione cromatica
“AREA INONDABILE A RISCHIO MEDIO “ cui, secondo norma, è associato un unico livello
di pericolosità
definito
elevata- molto elevata. Detta area è collocata nell’ intorno
dell’alveo fluviale antistante la piana di Quartignano che è percorsa dalle condotta forzata
dell’ impianto Sant’Angelo che in quel tratto corre parallela è vicina a quella dell’ impianto di
Pievetorina. La posizione assegnata al fascio tubiero non interferisce ed evita comunque
l’ area definita inondabile. In ogni modo le aree perimetrale, come quella appena citata, sono
normate dalle NTA del Piano di Assesto Idrogeologico della Regione Marche riportate
nell'Elaborato d all'Art. 7 . Il comma 6 - paragrafo c) letteralmente chiarisce che in dette
aree ( fasce inondabili ) sono consentite
“ opere pubbliche o di interesse pubblico
connesse alla captazione delle risorse idriche superficiali o alla loro utilizzazione nel
rispetto dei principi dell’ art. 22 del D. lgs. 152 / 1999, compatibilmente con l’ assetto
morfologico e previo parere vincolante dell’ autorità di bacino.”
Inoltre,in quanto ad interessare aree potenzialmente franose, il rilevamento geologicogeomorfologico di dettaglio ha evidenziato che solo la condotta forzata, nel tratto in cui aggira
ad Ovest il centro abitato di Pievetorina attraversa un’ area “ in frana “ di modesta
estensione, contraddistinta dal codice F – 19 – 1722 ( P3 – R1) e classificata a rischio
elevato. Lo stesso rilevamento, riassunto nella relazione geologica che del progetto è parte
integrante, ha definito l’ area in questione “ attualmente stabile”. Sotto il profilo normativo, la
realizzazione della condotta, in quanto infrastruttura tecnologica, è consentita con l’ adozione
di interventi per la mitigazione della pericolosità, previo parere vincolante dell’ autorità di
bacino. Pertanto, ove ad integrazione del parere geologico sopra richiamato, la predetta
autorità ritenesse necessario provvedere all’ introduzione di misure di mitigazione del rischio,
vi si provvederà nei modi stabiliti dalle norme richiamate.
26
B.1.12. Descrizione del progetto in relazione alla zona di rispetto e di protezione di acque
superficiali e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi di cui al DPR 236/1988
Nell'area complessivamente investigata , in quanto sede delle opere da realizzare non sono
presenti sorgenti o pozzi chiamati ad alimentare infrastrutture destinate a garantire il consumo
umano.
La falda è sicuramente presente nel più che modesto alluvione di fondovalle, sia del
torrente Sant’Angelo che del fiume Chienti, più per essere alimentata dagli stessi corsi
d’ acqua che da contributi provenienti dalle pendici dei limitrofi versanti anche sedi di
modesti depositi detritici e alluvionali con scarse manifestazioni di circolazione idrica basale.
B.1.13. Descrizione d'inquadramento del piano territoriale di coordinamento P.T.C.
Per quanto riguarda la struttura Botanico-Vegetazionale il PTC nelle tavole EN 2 (Carta del
sistema ambientale) e EN 3 EN 8 (Mappa delle aree per la salvaguardia e il potenziamento della
biodiversità) in evidenziano gli aspetti peculiari del settore.
Le strutture ambientali principali individuata è quella relativa al corso d’acqua dell Chienti che
viene definito dal PTC nella categoria:
- micro connessioni locali secondarie (Art.10.2.6. N.T.A. Parte II, Titolo I), rappresentate dai corsi
d’acqua principali e dai fossi minori. Essi costituiscono un corridoio ecologico importantissimo
poiché mettono in comunicazione ambienti diversi consentendo e favorendo lo scambio ecobiologico e lo sviluppo della biodiversità, termine utilizzato dal PTC nella medesima eccezione
ad esse attribuita dall’art.2 della convenzione sulla biodiversità (Rio de Janeiro 5.6.1992) nel
testo ratificato con la legge 14.2.1994, n.124;
La tavola allegata alla presente relazione estratto del PTC in scala 1:10.000 dove si evidenziano
in particolare la presenza della confluenza fluviale e dei varchi fluviali in corrispondenza di tutta la
rete idrografica comunale.
Il P.T.C. nella tav. EN8 indica le aree da tutelare per la salvaguardia e il potenziamento della
biodiversità nei seguenti tematismi tutti a tutela integrale eccetto le aree coltivate di valle per cui si
danno disposizioni di tutela orientata:
•
aree coltivate di valle : sono definite nell’ Art. 31.2 del PTC come zone di supporto agli
elementi diffusi del paesaggio agrario: esse seguono l’andamento dei principali corsi d’acqua che
solcano il territorio nella zona di pertinenza del Fiume Chienti e dei corsi d’acqua minori.
•
boschetti e gruppi arborei (Art. 31.1)
27
•
boschi ripariali ed aree golenali (Art. 28)
•
corsi d’acqua (Art. 23)
•
confluenza fluviale (Art. 23.10 bis)
•
varchi fluviali (Art. 23.10 bis)
Questi ambiti sono relativi a reti ecologiche presenti nell’agro-ecosistema ovvero a un sistema di
connessioni tra aree di interesse ambientale , non contigue, costituite da linee preferenziali di
movimento nei quali avvengono dei flussi biotici (sia animali che vegetali).
L'opera di presa ricade interamente nel vincolo di confluenza fluviale e la condotta ricade nel
vincolo di varco fluviale lungo gran parte del proprio tracciato. Bisogno però fare delle
considerazioni sulla presenza di reti all’interno del territorio comunale come elementi di grande
valore ambientale ai fini della conservazione della biodiversità.
La realizzazione dell'opera non va ad interrompere la continuità del corridoio ecologico principale e
a ridurre la funzionalità dei flussi biotici animali e vegetali. Il mosaico paesaggistico e gli elementi di
interconnessione sono notevolmente presenti in qualità di sources areas nella rete ecologica locale
e dalla analisi della macroarea si nota come la presenza degli elementi diffusi del paesaggio con
funzione di stepping stones siano due fattori importanti per valutare la qualità ecologica del
territorio. La verifica di conformità ai vincoli del PTC può risultare positiva in quanto la permeabilità
agli scambi ecologici non viene alterata dalla realizzazione delle strutture di presa e adduzione
mentre la centrale ricade quasi interamente su area a seminativo e marginalmente interessa la
vegetazione ripariale che si presenta rarefatta in prossimità dell’arrivo della condotta. Lungo il
percorso che si snoda su un vecchio sentiero interessa marginalmente il bosco laddove la pista si
è con gli anni parzialmente richiusa con vegetazione mista arborea- arbustiva ascrivibile
comunque alla categoria bosco.
L’art. 7.1.20 del PTC ai fini dell’individuazione degli ambiti di tutela definitivi, previsti dall’Art. 27
delle N.T.A. del PPAR, per area bosco (o boscata) intende: ogni superficie di terreno non inferiore
a mq 5.000 in cui sono presenti organismi vegetali, legnosi, arborei, arbustivi, determinanti – a
maturità- un’area di incidenza (calcolata con riferimento alla proiezione sul terreno delle chiome)
di almeno il 50% della superficie ; il PTC individua come aree a bosco anche i terreni, pubblici o
privati, di qualunque estensione sui quali esista o sia in via di costituzione un popolamento di
specie legnose, arboree e/o arbustive autoctone, a qualsiasi stadio di sviluppo si trovino. Sono
inoltre da considerarsi boschi i terreni pertinenti ad un complesso boscato che, per cause naturali o
28
artificiali, siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia
in attesa o in corso di rinnovazione o ricostituzione. Sono qualificate come area a bosco anche le
foreste demaniali e tutti i compendi che così vadano qualificati a norma di vigenti disposizioni di
legge. Le formazioni arbustive costituiscono stadi iniziali di formazione boschive, compatibili pertanto- con tutti gli interventi connessi alle dinamiche evolutive del bosco, ivi compresa la messa
a dimora di specie arboree autoctone e la protezione delle bordure.
La definizione di bosco a livello regionale deve rispettare la NUOVA LEGGE REGIONALE
FORESTALE N° 6/2005
e l’Applicazione delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale
Regionale e delle Norme di Gestione dei Boschi la definizione che ne da il D.G.R. 2585 del
06/11/2001 – Allegato “D” che intende per bosco formazioni vegetali (forestale arborea associata
o meno a quella arbustiva) e terreni su cui esse sorgono con estensione non inferiore ai 2000 metri
quadrati, larghezza media non inferiore ai 20 metri e copertura non inferiore al 20% con
misurazione effettuata sulla base esterna dei fusti. Inoltre assimila a bosco i fondi gravati
dall’obbligo del rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria,
salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e
dell’ambiente in generale; le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea ed
arbustiva a causa delle utilizzazioni forestali, avversità biotiche e abiotiche, eventi accidentali,
incendi; le radure e tutte le altre superfici di estensione inferiore ai 2000 metri quadrati che
interrompono la continuità del bosco. Tali caratteristiche sono rilevabili solo in corrispondenza
dell'opera di presa per una superficie complessiva di 2000 mq e in corrispondenza dell'entrata del
tubo in galleria per 75 mq. La condotta lungo il tracciato interferisce con la vegetazione ripariale
definibili come formazioni in filare per le caratteristiche di ampiezza e frammentazione e che sono
soggette a una compensazione 1:1.
Per quanto riguarda la compensazione delle superfici a bosco si riporta quanto segue:
L. R. 6/05 - CAPO II - Tutela e gestione del bosco e demanio forestale regionale
Art. 12 - (Riduzione e compensazione di superfici boscate)
1. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 6 della l.r. 1° dicembre 1997, n. 71 (Disciplina delle
attività estrattive), la riduzione di superficie del bosco e la trasformazione dei boschi in altra qualità
di coltura sono autorizzate dalla Provincia, sentita la Comunità montana per gli interventi ricadenti
nel proprio territorio, esclusivamente nei seguenti casi:
a) realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità;
b) realizzazione di strade e piste forestali connesse all’attività selvicolturale, alla protezione dei
boschi dagli incendi e alla realizzazione di opere pubbliche.
29
2. La riduzione di superficie boscata è soggetta a misure di compensazione ambientale, consistenti
in rimboschimenti compensativi su terreni nudi, di accertata disponibilità, da realizzarsi
prioritariamente con specie autoctone, sulla base di uno specifico progetto esecutivo e per una
superficie calcolata secondo quanto disposto dall’articolo 6, comma 4, e dall’allegato A della l.r.
71/1997.
I terreni da destinare a rimboschimento compensativo devono essere individuati prioritariamente
all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale ricadono le superfici boscate da compensare.
3. Le Province, con l’autorizzazione alla riduzione della superficie boscata, prescrivono le modalità
ed i tempi di attuazione del rimboschimento compensativo e, a garanzia della sua esecuzione,
richiedono il deposito cauzionale di una somma commisurata al costo delle opere.
4. Le Province, qualora non siano disponibili terreni da destinare al rimboschimento compensativo,
determinano un indennizzo pari al costo dell’acquisizione della disponibilità dei terreni,
dell’esecuzione del rimboschimento e delle cure colturali per i primi cinque anni e stabiliscono le
modalità e i tempi per il pagamento dell’indennizzo medesimo.
5. Gli indennizzi confluiscono in un fondo provinciale destinato alla realizzazione di rimboschimenti,
miglioramenti boschivi, opere di sistemazione idraulico forestale e di prevenzione e lotta agli
incendi boschivi nonché all’acquisizione e demanializzazione di superfici boscate.
Nella definizione di bosco rientrano:
-
il bosco di carpino nero in corrispondenza del punto di ingresso (a monte) della galleria;
il bosco di carpino nero in corrispondenza del punto di uscita (a valle) della galleria;
il bosco ripariale di pioppo nero e salice bianco nella zona dell’opera di presa.
Per quanto riguarda la formazione ripariale in filare assimilabile a siepe si fa riferimento a quanto
cita la legge:
L. R. 6/05 - CAPO IV - Tutela delle formazioni vegetali non ricomprese nei boschi e nei centri
abitati
Art. 23 - (Compensazione)
1. Al fine di garantire la conservazione e la rinnovazione del patrimonio arboreo regionale, per ogni
albero abbattuto ai sensi dell’articolo 21 è prevista la piantagione di due alberi appartenenti alle
specie elencate all’articolo 20, comma 1. La posa a dimora degli alberi comporta anche l’obbligo di
assicurare gli eventuali risarcimenti, le cure colturali e la loro conservazione.
2. Nell’autorizzazione all’abbattimento sono indicate le caratteristiche degli alberi da mettere a
dimora, le modalità ed i luoghi di impianto.
3. La piantagione compensativa di cui al comma 1 deve essere effettuata entro dodici mesi dalla
data dell’autorizzazione all’abbattimento.
30
Art. 24 - (Tutela delle siepi)
1. Al fine di salvaguardare l’integrità ecologica e paesistico-ambientale del territorio regionale, la
tutela della fauna selvatica, di prevenire la degradazione e l’erosione dei suoli, sono sottoposte a
tutela le siepi ad eccezione di quelle che si trovano nelle zone A, B, C, D e F del territorio
comunale così come delimitate dagli strumenti urbanistici vigenti, di quelle poste lungo le
autostrade e di quelle facenti parte di cimiteri e di giardini pubblici o privati.
2. E’ vietata l’estirpazione delle siepi senza l’autorizzazione del Comune. In zona montana
l’autorizzazione è rilasciata dalla Comunità montana qualora delegata dal Comune. Nella nozione
di estirpazione rientra, oltre ad ogni ipotesi di taglio e sradicamento, ogni altra grave menomazione
delle capacità e potenzialità vegetative delle siepi.
3. L’autorizzazione all’estirpazione è concessa nei seguenti casi:
a) realizzazione di opere pubbliche;
b) realizzazione di opere di pubblica utilità;
c) edificazione e ristrutturazione di costruzioni edilizie;
d) siepi che arrecano danno a costruzioni, manufatti o a reti tecnologiche;
e) siepi irrimediabilmente danneggiate da eventi calamitosi, atmosferici, da malattie o da parassiti;
f) siepi che minacciano rovina e rappresentano pericolo per la pubblica o privata incolumità.
4. Per ogni siepe è prevista la piantagione di una o più siepi per una lunghezza minima pari a
quella estirpata. La piantagione compensativa deve essere effettuata entro dodici mesi dalla data
dell’autorizzazione all’estirpazione. Nell’autorizzazione gli enti competenti indicano le
caratteristiche delle siepi a mettere a dimora, le modalità ed i luoghi di impianto.
5. Non è necessaria l’autorizzazione per il taglio di rinnovo e la potatura delle siepi.
I filari, in virtù della funzione di corridoio ecologico che svolgono, al pari o meglio delle siepi,
vengono correntemente compensati come le siepi, ovvero con la piantagione per una lunghezza
minima pari a quella estirpata di nuovi filari.
Segue successivamente il calcolo della compensazione
Le differenti tipologie individuate sul territorio costituiscono delle unità naturali relitte di varia natura
capaci di costruire una rete ecologica di riferimento locale di fondamentale importanza ai fini della
valutazione delle compatibilità dell'opera di presa e della centrale in quanto le potenzialità naturali
31
del territorio quali le aree boscate riparali e i boschetti e gruppi arborei evidenziati nella Carta della
Vegetazione e Uso del suolo sono diffuse e in connessione continua con l'asta fluviale non
interrompendo l'interconnessione ambientale con la collina e la montagna.
Tutto il territorio Comunale di Pievetorina e la modesta porzione interessata del comune
di Muccia sono inseriti in un'Area di riequilibrio idrogeologico (art.10.2.5. — Tav. En02). Si
tratta di un'area che, pur presentando una forte propensione al dissesto (per erosione del suolo), è
destinata, con opportuni interventi di miglioramento del suolo e di regimazione delle acque, a
svolgere una funzione di riequilibrio del sistema idrico e idrogeologico della media e bassa collina.
L'Art.15 del PTC indica Direttive per la salvaguardia e la difesa del suolo e, per l'area di riequilibrio
idrogeologico vengono definite le seguenti direttive specifiche.
15.1.- Direttiva specifica n.1: attuazione ed incentivazione di interventi di bioingegneria per il
recupero e la difesa del suolo.
15.2.- Direttiva specifica n.2: attuazione ed incentivazione di interventi di ricostituzione del manto
vegetale.
15.3.- Direttiva specifica n.3: attuazione ed incentivazione di interventi di messa in sicurezza dei
terreni al fine di assicurare la protezione civile.
Il PTC in queste aree (art.19.4) detta indicazioni per la redazione degli strumenti urbanistici e nulla
di dice riguardo le captazioni.
La Tav. En03 segnala la vicinanza con aree a bosco e arbusteti, situazione peraltro ben dettagliata
nella Tavola allegata dell'uso del suolo.
B.1.14. Descrizione del progetto in relazione agli strumenti urbanistici comunali vigenti che
interessano i siti d'intervento
Il progetto,tra l’opera di presa di Fiume e la centrale di Quartignano, interessa aree che al
momento, dal punto di vista più immediato e diretto sono caratterizzate dall’ uso agricolo e,
in parte non trascurabile da aree incolte già agricole.
Dal punto di vista dello strumento urbanistico vigente, anche per un recente aggiornamento
del 2010 che lo ha adeguato al PTC provinciale, esso così si sviluppa:
-
L’ opera di presa di Fiume come già più volte riferito impegna un tratto dell’ alveo
del torrente Sant’ Angelo ed una modesta area ad esso prospicente, valutata
alcune centinaia di mq, del più ampio territorio impegnato dalla frazione di Fiume
complessivamente racchiudente comparti classificati AO e definiti di “ risanamento
nuclei frazionali “. Detta area si pone sul limite esterno della più vasta area agricola
che caratterizza dal punto di vista urbanistico l’intera vallata del torrente sino
all’ abitato di Pievetorina. L’ intervento di risanamento strutturale e di integrazione
32
con la nuova vasca di carico dell’ opera di presa di fatto ben sposa il concetto alla
base di previsione del piano di risanamento di nucleo, ove si condivida che il
significato di nucleo non è da riferirsi esclusivamente all’ uso abitativo e si consideri
che la frazione di Fiume è storicamente agricola, quindi urbanisticamente composta
da abitazioni ed accessori finalizzati alla pratica agricola e di attività ricollegate nel
senso più ampio.
-
Il tracciato
della condotta forzata, tra l’ opera di presa predetta e la centrale
idroelettrica di Quartignano è, dal punto di vista urbanistico frazionabile in tre tratte:
la prima tra l’opera di presa di Fiume e la strada per Gagliole, a ridosso del centro
abitato di Pievetorina in cui il tracciato si sviluppa essenzialmente in zona agricola;
la seconda, tra la citata strada e l’ incrocio per sottopasso della ex SS Valnerina in
cui la condotta, pur movendo in area a prevalenza agricola, intercetta all’ inizio una
modestissima area ( B ) di “ completamento “, ed alla fine un’ area relativamente
poco estesa di “ espansione “ preceduta da una più ridotta area di completamento
PEEP
;
che
implementano
un
esistente
complesso
abitativo
la terza, dalla strada ex SS sino alla centrale di Quartignano, scavalcando il Fiume
Chienti , per portarsi dalla sua sinistra alla sua destra, si svolge tutta su area
agricola ad eccezione di u tratto che intercetta un’ area “Produttiva “ di espansione
posta nel bel mezzo della pianura antistante un consistente raggruppamento di
fabbricati rurali a prevalente indirizzo zootecnico in destra Chienti.
-
La centrale idroelettrica di Quartignano impegna un’ area agricola, posta nel cuneo
finale del territorio di Pievetorina ricompreso tra il fiume ed il limitrofo territorio di
Pieve Bovigliana.
B.1.15. Descrizione d'inquadramento di altri strumenti di pianificazione territoriale che
interessano i siti d'intervento
Il sito non rientra in nessun altro strumento di pianificazione territoriale.
B. 1.16. Descrizione di inquadramento del progetto in relazione a strumenti di pianificazione
settoriali
Si ritiene importante sottolineare che il P.E.A.R., pur non ritenendo importante la quota aggiuntiva
che potrà derivare dallo sviluppo ulteriore del settore idroelettrico, afferma la seguente linea di
concetto: "Poiché si ritiene che, di norma, non esistano le condizioni per la realizzazione di nuovi
sbarramenti ed invasi di grandi dimensioni sulle aste fluviali, la capacità residua andrà rintracciata
nello sfruttamento a fini idroelettrici delle traverse esistenti, dei salti degli acquedotti e dei salti dei
consorzi di bonifica e su siti in cui le potenze installabili sono caratteristiche degli impianti
MiniHydro (<3MW)". Nel nostro caso è stato individuato un sito (tratto fluviale) il cui
sfruttamento consente la realizzazione di un impianto idroelettrico di potenza inferiore a 0,5
MW, requisito questo che lo rende compatibile con le previsioni del PEAR.
33
B. 1.17. Descrizione di inquadramento dei vincoli naturalistici
La superficie complessivamente interessata dal progetto non è inclusa all'interno di siti della
Rete Natura 2000, ne' ha rapporti funzionali di qualsiasi tipo con essi.
I SIC più vicini sono:
-
IT5330021
Boschetto a tasso presso Montecavallo : E 12 57 -
-
IT5330022
Montagna di Torricchio
E 13 01 -
N
N 42 58
42 58
B.1.18. Descrizione dei vincoli paesaggistici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti
d'intervento
Alcuni siti del progetto : Opera di presa di Fiume e la parte del tracciato della condotta
lungo la val Sant’ Angelo sono contenuti nella fascia di rispetto dell'alveo del
torrente
Sant’ Angelo mentre la centrale di Quartignano ricade nella fascia di rispetto del fiume
Chienti di Pieve Torina, corsi d’ acqua questi tutelati ope legis ai sensi dell'art. 142 comma 1
lettera c del D. Lgs. Nr. 42/2004 (già art. 1 della legge nr. 431/1985).
B.1.19. Descrizione dei vincoli architettonici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti
d'intervento
L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata dal vincolo architettonico.
B.1.20. Descrizione dei vincoli archeologici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti
d'intervento
L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata dal vincolo archeologico.
B.1.21. Descrizione dei vincoli storico-culturali (D.lgs 42/2004) che interessano i siti
d'intervento
L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata da vincoli storico-culturali.
B. 1.22. Descrizione delle zone demaniali che interessano i siti d'intervento
L'area dell'alveo del Fiume Chienti di Pievetorina e quello del torrente Sant’ Angelo sono
zona demaniale. Nell’ ambito complessivo impegnato dal progetto non ci sono Foreste
Demaniali, come peraltro risulta dall'elenco allegato al P.P.A.R. (Art. 34).
B.1.23. Descrizione dei vincoli idrogeologici (R.D.L. n. 3267/1923) che interessano i siti
d'intervento
Il progetto interessa aree soggette a vincolo idrogeologico; precisamente con la condotta
forzata per il suo primo tratto ricompreso tra l’ opera di presa di Fiume e la progressiva
stabilita a circa 200 m a valle del ponte sulla strada provinciale Pievetorina - Colfiorito , in
buona parte ricadente sul territorio comunale di Muccia.
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B.1.24. Considerazioni di eventuali modifiche intervenute rispetto alle ipotesi di sviluppo
assunte dalla pianificazione settoriale, territoriale, urbanistica
Non risultano che siano state programmate o attuate modifiche rispetto alla pianificazione
territoriale, settoriale o urbanistica.
B.1.25. Descrizione delle disarmonie reciproche eventuali di previsioni contenute in distinti
strumenti programmatori, piani o normative
Nessuna.
B. 1.26. Autorizzazioni, pareri, nulla osta necessari perla realizzazione delle opere
La realizzazione di una centrale idroelettrica, oltre alla necessaria procedura d'impatto ambientale,
segue l'iter autorizzativo semplificato previsto dal D. Lgs. 387/03 che prevede una procedura
unica, sotto il controllo della Regione, per ottenere tutti i nulla osta previsti, tra i quali:
-
Autorizzazioni paesaggistiche;
-
Autorizzazione del Genio Civile per la concessione di derivazione delle acque;
-
Autorizzazioni edilizie comunali;
-
Autorizzazioni provinciali per i ripetuti attraversamenti de i corsi d’ acqua : il torrente
Sant’ angelo ed il fiume Chienti; e delle strade Ex SS Valnerina e provinciale
Pievetorina Col Fiorito
-
Autorizzazioni autorità forestali e per il superamento del vincolo idrogeologico.
B.2. IL QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
B.2.1. Crono programma dei lavori
Il lavori saranno realizzati nell'arco di circa 15 mesi, di cui 12 mesi per la completa
realizzazione delle opere civili e dei relativi montaggi industriali, 1 mese per il montaggio
del gruppo turbogeneratore e l’ arredo impiantistico della centrale idroelettrica, 1 mese per
l’avviamento del gruppo ed 1 mese per prove di funzionamento e collaudi, secondo
Quanto dettagliato nello specifico elaborato denominato cronoprogramma. L’ inizio effettivo
delle operazioni di cantiere sconta un periodo di mesi tre, a far data dalle ottenute
autorizzazioni, per il perfezionamento della progettazione esecutiva e per l’ occupazione dei
suoli necessari allo sviluppo dei cantieri.
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B.2.2. Programma temporale di gestione delle opere
L’ impianto idroelettrico in progetto ha una vita tecnica usualmente molto lunga e non inferiore
ad anni 50, a patto e condizione che le opere civili siano tenute sotto controllo con gli
inevitabili interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. In quanto agli
equipaggiamenti elettromeccanici ed impiantistici essi di norma nel citato periodo subiscono
almeno un rifacimento completo per l’ inevitabile logoramento degli apparati meccanici e per
l’ altrettanto inevitabile rimessa a norma di quelli elettrici. Comunque il tempo minimo stimato
per l'analisi del rendimento dell'investimento pone la vita dell'opera a 30 anni. Al momento,
ovvero in costanza di legislazione vigente, l 'incentivazione statale per la produzione di energia
elettrica grazie a fonti rinnovabili (tariffa omnicomprensiva) ha una durata di 15 anni.
B.2.3. Programma temporale di dismissione delle opere
Qualora si decidesse di definitivamente disattivare non necessariamente si dovrà provvedere
a demolire le opere. Come chiarito nell’ apposita relazione avente titolo “ STIMA DEI COSTI
DI REINSERIMENTO E RECUPERO AMBIENTALE IN CASO DI DISMISSIONE“ ( Allegato
n° 7 di progetto ) che tratta lo specifico argomento, sarà sicuramente necessario tamponare
la luce di emungimento dell’ opera di presa senza peraltro manomettere lo sbarramento ,
rinterrare il breve canale di alimentazione della vasca di carico della medesima opera,
rimuovere il macchinario elettromeccanico dello sgrigliatore automatico . In quanto alla
condotta ed al fabbricato della centrale, le loro caratteristiche ne consentono facilmente il
riutilizzo per altri scopi. Ove invece dovesse essere necessario smantellare completamente
l'impianto si provvederà all'abbattimento di tutti i fabbricati costruiti, al recupero della condotta
interrata ed al ripristino delle aree.
B.2.4. Progetto DEFINITIVO
Il progetto definitivo si compone dei seguenti elaborati:
-
Relazioni
• Relazione tecnica generale
• Relazione idrologica
• Relazione idraulica
• Relazione Geologica
• Computo metrico Estimativo
• Relazione economico finanziaria
• Stima dei costi di reinserimento e recupero ambientale
-
Elaborati grafici
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• TAV. N°1 : Individuazione impianto su carta tecnica regionale 1/10.000: corografia d’insieme
• TAV. N°2 : Opera di presa di Fiume - Stato attuale
• TAV. N°3 : Opera di presa di Fiume - Stato modificato
• TAV. N°4 : Opera di presa di Fiume - Stato modificato : particolari
• TAV. N°5 : Opera di presa di Fiume - Vasca di carico
• TAV. N°6 : Opera di presa di Fiume - Canale della vasca di carico e sgrigliatore
• TAV. N°7a : Condotta di alimentazione della centrale – tracciato catastale 1^ parte
• TAV. N°7b : Condotta di alimentazione della centrale – tracciato catastale 2^ parte
• TAV. N° 8a : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto A
• TAV. N° 8b : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto B
• TAV. N° 8c : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto C
• TAV. N° 9 : Centrale di Quartignano - Planimetria generale
• TAV. N° 10 : Centrale di Quartignano -
Edificio : Piante e prospetti
• TAV. N° 11 : Centrale di Quartignano -
Edificio : Piante e sezioni
• TAV. N° 12 :
Condotta di alimentazione della centrale : attraversamenti stradali
• TAV. N° 13 :
Condotta di alimentazione della centrale : attraversamenti stradali
• TAV. N° 14 : Condotta di alimentazione della centrale : attraversamento aereo f. Chienti
• TAV. N° 15 : Cronoprogramma dei lavori
B.2.5. Soluzioni alternative realistiche per metodi costruttivi di cantiere impiegati
Premesso che gli equipaggiamenti impiantistici vengono realizzati in officine altamente
specializzate per poi essere installati nelle collocazioni finali normalmente costituite da
infrastrutture civili , i cantieri da apprestare si riferiscono proprio alla realizzazione di queste
ultime. Essi sono in numero di tre, due fissi ed uno mobile: quest’ ultimo segnatamente
per la realizzazione della condotta forzata, mentre gli altri rispettivamente per la costruzione
dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica . I cantieri fissi, attesi gli ingombri propri
delle opere da realizzare, saranno impostati con l'obiettivo di ridurre al minimo gli spazi
occupati dai materiali e dai mezzi d'opera.
La dislocazione delle strutture di cantiere che sono riassumibili nelle seguenti:
- Le Aree di cantiere dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica saranno opportunamente
recintate, prima con apprestamenti a carattere provvisorio e poi a carattere definitivo e
fungeranno anche da area per il carico e lo scarico dei materiali. In particolare i materiali di
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risulta degli scavi per il posizionamento delle strutture e per le opere di fondazione saranno
in esse accantonati per essere immediatamente riutilizzati per la “ ricostituzione dei piani di
movimento e lavoro “ attorno alle medesime strutture realizzate.
- Aree di cantiere della galleria, zone di imbocco e sbocco, saranno recintate anche esse
con opere a carattere definitivo. ll materiale di risulta dello scavo della galleria, per la sua
qualità litoide e granulare potrà essere facilmente riutilizzato in opere di ingegneria civile,
quali rilevati , sottofondi stradali, ecc. ragione per la quale il materiale una volta estratto
potrà essere trasferito nei siti di impiego anche senza stazionamento intermedio. Simile
sorte potrà avere il materiale in esubero dalle operazioni di posa della condotta, che in
ragione del notevole diametro di quest’ ultima dovrà essere valutato in circa 3500 mc.
Esso, attesa la necessità di mantenere i franchi di coltivazione delle aree agricole
interessate, apparterrà alla porzione più profonda dell’ altezza di scavo, ragione per la quale
il materiale in esubero , sempre di natura sciolta, potrà facilmente essere riutilizzato per
terrapieni e rinterri di sorta.
B.2.6. Soluzioni alternative realistiche per la gestione delle opere e le tecnologie impiegate
La tecnologia idroelettrica è ormai ampiamente collaudata ed altamente efficiente anche per le
basse potenze installate.
L'entità delle portate derivabili e il valore del salto motore dell'impianto , decisa l’ installazione di
un unico gruppo turbogeneratore , impongono l'installazione dì una turbina Pelton a due ugelli
(o iniettori), come determinato con la relazione idraulica a mezzo del numero di giri
caratteristico (Nc). Nella fattispecie si è optato per una turbina ad asse verticale, con scarico
direttamente sul canale di restituzione della centrale e velocità di rotazione di 600 giri
minuto primo.
La turbina Pelton, come noto, è caratterizzata dal fatto di essere una turbina ad azione
dove, a mezzo dell’ iniettore Doble, tutta l’ energia posseduta dalla colonna liquida in
movimento nella condotta forzata viene trasformata in energia cinetica, energia poi trasferita
sulla palettatura a doppio cucchiaio della ruota Pelton. ll principio funzionale vede, in
ragione della presenza dei due iniettori : uno a portata costante e pari a
Qmax/2, l’altro
a portata variabile tra Q min e Qmax/2 . Per portate maggiori di Qmax/2 funzionano
entrambi gli iniettori, mentre per portate inferiori a Qmax/2 ne funziona un solo , ovviamente
quello a regolazione continua di portata.
Il relativamente più che modesto valore del termine cinetico allo scarico, sconsiglia il recupero
dell'energia residua, dalla quota di asse turbina fino al livello del tirante nel canale di
restituzione, per mezzo di tubo di “ aspirazione , opportunamente dimensionato.
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B.2.7. Interventi connessi, complementari o a servizio di quelli proposti
L’ impianto di generazione deve essere collegato alla rete di distribuzione, quindi l'unico
intervento complementare connesso alla costruzione della nuova centrale idroelettrica è l'allaccio
alla rete ENEL. Nelle vicinanze sono presenti due possibili punti di allaccio : il primo con la rete
in MT che alimenta la zona industriale di Muccia posta sulla sponda opposta del fiume
Chienti di P.T.; il secondo è costituito da una linea in AT che percorre parallelamente al
corso d’ acqua la sua sponda DX e passa a poche decine di metri dal sito della centrale
idroelettrica. HIDROCHIENTI srl ha proposto ad Enel Distribuzione, in data 21 / 06 / 2011,
domanda di allaccio; sarà l'Enel a decidere quale sia la soluzione progettuale più opportuna per
l'allaccio che comunque si auspica sia realizzato tramite cavidotto interrato. Il tutto anche in
visione sinergica con l’ analoga necessità di collegare alla rete Enel la centrale Quartignano
II dell’ impianto idroelettrico di Pievetorina alloggiata nello stesso fabbricato .
Non va inoltre dimenticato in ogni modo che il sito centrale idroelettrica di Quartignano
dovrà essere collegato alle rete viaria in zona mediante la realizzazione di una modesta
bretella necessaria a raggiungere la vicina strada comunale detta di Quartignano, per mezzo
della quale e possibile arrivare alla strada ex Statale Val Nerina, dopo aver scavalcato il
fiume Chienti di P.T. La bretella di che trattasi sarà lunga ml 333 e sarà caratterizzata da
una piattaforma stradale larga m 4,00, al netto di cunette e banchine, è sarà pavimentata
in macadam. Il profilo stradale, sostanzialmente adagiato su quello del profilo naturale,
prevede la realizzazione di una pavimentazione costituita da una fondazione in tout-venant
di cava dello spessore di cm 50, on sovrapposta base
in misto di cava
granulometricamente corretto e stabilizzato con calce idrata e chiusura superficiale in
macadam all’ acqua. Con la realizzazione della citata bretella stradale si ravviserà
l’ opportunità anche di eseguire un accurato intervento di manutenzione della strada
comunale, ovviamente propedeutico all’ avvio dei lavori di costruzione della centrale, per
poter disporre della viabilità indispensabile alla realizzazione dei lavori e quindi alla
successiva gestione dell’ impianto
B.2.8. Attualità del progetto e delle tecniche scelte
Il progetto è quanto mai attuale per la necessità del paese Italia di disporre di energia “
pulita “ in quanto prodotta da fonte alternativa rinnovabile qual’ è quella idraulica, che come
noto è anche tra le possibili forme una delle più economiche e convenienti.
In quanto alla tecnologia costruttiva delle centrali idroelettriche essa è certa e consolidata, ma
anche di estrema attualità grazie alla continua e positiva evoluzione che i produttori di turbine
idrauliche e di componentistica elettromeccanica hanno ottenuto.
Nel caso specifico, come già anticipato, ci si avvarrà di una turbina Pelton a due getti ovvero
una macchina idraulica in grado di garantire il proprio funzionamento al variare della portata
disponibile mantenendo comunque elevata la resa energetica dell'impianto. Al fine di gestire al
meglio la centrale idroelettrica, il controllo, la regolazione la supervisione della stessa è basato
su un PLC in centrale connesso con un PC dotato di software idoneo a risolvere le varie
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problematiche poste dai parametri idraulici, elettrici e meccanici in gioco. La centrale, a sua
volta, può essere supervisionata da presso dal personale addetto, e da remoto tramite diversi
sistemi di connessione (via satellite, linea telefonica, GSM, ecc.).
Il PLC, Controllore Logico Programmabile, è in grado di gestire l'automazione e la supervisione
della centrale idroelettrica e di svolgere il controllo dello stato funzionale di tutti i parametri
dell'impianto, garantendo al medesimo la sicurezza e l'efficienza dell'impianto.
Principalmente le funzioni poste sotto monitoraggio e controllo sono:
• controllo dei guasti;
• controllo dell'intervento delle protezioni elettriche;
• controllo delle temperature;
• controllo della velocità gruppo turbina-generatore;
• controllo delle grandezze elettriche;
• controllo dei parametri idraulici.
Inoltre il PLC al fine di gestire le fasi operative, le regolazioni secondo i vari modi di operare, i
valori di ritorno dai trasduttori e sensori di campo, svolge le seguenti funzioni:
• acquisizione di ingressi analogici e digitali dal campo;
• attuazione delle uscite digitali verso gli attuatori in campo;
• esecuzione delle logiche relative alle sequenze di gestione dell'impianto;
• monitoraggio delle varie periferiche controllate;
• interfacciamento con il posto operatore per consentire l'acquisizione dei comandi eseguiti da
consolle, la visualizzazione delle informazioni relative allo stato delle apparecchiature ed alle
relative anomalie;
• comunicazione con l'interfaccia di telecontrollo situata in una postazione locale/remota (pc di
centrale o pc remoto);
• invio di allarmi in caso di anomalia/blocco impianto.
Il sistema di invio allarmi nelle centrali è strutturato:
• tramite modem, combinatore telefonico, modem GSM, ecc;
• tramite e-mail di allarme (tramite il PC collegato alla rete internet) ad un indirizzo definito.
40
B.2.9. Metodi costruttivi delle opere
Le varie opere da realizzare si avvarranno di metodologie costruttive come sotto indicate :
OPERA DI PRESA:
posto che la stessa, per la parte propriamente
insistente
nell’ alveo torrentizio esiste già, su di essa si dovrà intervenire per demolire prima e
ricostruire poi alcune modeste parti strutturali, per aggiungere la più che modesta scaletta di
risalita dei pesci e per adeguare la luce di presa. In tali operazioni si dovrà avere
particolare cura nella confezione del conglomerato cementizio per conferire allo stesso le
necessarie qualità di durevolezza e resistenza ai cicli di gelo e disgelo. I n quanto alla
vasca di carico ed al breve canale di collegamento della medesima con la presa vera e
propria, si provvederà con strutture in calcestruzzo armato fondate direttamente a congrua
profondità determinata dalla quota della sezione di presa e dalla stessa funzione che le
varie parti componenti sono chiame a svolgere, su un substrato in calcestruzzo magro dello
spessore non inferiore a 10 ÷ 15 cm.
A strutture eseguite , è previsto il rinterro delle
murature di vasche e canali avendo cura di assecondare le pendenze medie preesistenti
e di far sporgere dal suolo le stesse di quel tanto sufficiente all’ installazione dei
necessari congegni meccanici ( sgrigliatore automatico ) dei parapetti necessari a garantire
la sicurezza operativa attorno alle strutture idrauliche.
CONDOTTA FORZATA DI ALIMENTAZIONE DELLA CENTRALE IDROLETTRICA:
è
realizzata con l’ utilizzo di tubazioni in acciaio, ottenute per saldatura all’ arco sommerso di
lamiere di acciaio, solidarizzate tra loro per giunzione saldata di elementi tubolari contigui.
Ha diametro nominale di 600 mm, costante lungo tutto il suo sviluppo e spessore variabile
ricompreso tra il minimo di mm 6,3 ed il massimo di mm 8,0 In ragione dei carichi
statici e delle sovrappressioni indotte da moto vario in condotta. E’ dotata da protezione
passiva contro la corrosione elettrolitica
dal rivestimento di tipo bituminoso pesante
applicato in officina di produzione e reso continuo per rivestimento in cantiere dei tratti di
condotta, impegnati dalla giunzione saldata, a mezzo di manicotti termo restringibili sempre
in materiale bituminoso. Allorché sarà completamente realizzata, la condotta sarà anche
sottoposta a protezione attiva mediante un impianto di protezione catodica “ a corrente
Impressa “. Ovviamente la condotta è destinata ad essere posata in sotterraneo seguendo il
profilo altimetrico assegnatole dal progetto e conseguito con operazioni di scavo ad opera
di mezzi meccanici. Nell’ eseguire lo scavo si avrà particolare attenzione a che le pareti
abbiano pendenze, rispetto alla verticale, in grado di assicurare la massima stabilità. In
particolare durante le operazioni di scavo, al fine di restituire ai suoli agricoli la preesistente
“ qualità “ del “ franco di coltivazione “ si avrà cura di asportare in primis il terreno
vegetale per accantonarlo tutto sullo stesso lato della trincea, indi di proseguire lo scavo
in profondità , sino al raggiungimento della quota prestabilita, asportando il terreno “ minerale “
ed accantonandolo sul lato opposto della trincea. In tal modo, posata la condotta si
procederà al rinterro avendo cura di utilizzare prima il terreno minerale e poi quello
vegetale sino a raggiungere il piano campagna dopo aver ricostituito lo spessore di terreno
vegetale proprio del franco di coltivazione. In presenza di terreni roccioso o detritico tra la
condotta ed il fondo scavo, ed il successivo rinterro, dovrà interporsi uno spessore di
appoggio costituito da materiale a matrice sabbiosa. Le dimensioni della condotta
determineranno , a posa avvenuta,
un esubero di materiale rimosso, di natura
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assolutamente minerale, che dovrà essere asportato ed avviato “ discarica, o meglio a
riutilizzo per rilevati e riempimenti, anche fuori cantiere, attesa la natura dello stesso
materiale che ben si presterà ad essere riutilizzato. L’attraversamento in aereo dell’ alveo
del fiume Chienti di Pievetorina avverrà mediante la realizzazione di un ponte tubo, ad unica
campata della luce teorica di 24,0 m, ove la struttura orizzontale sarà costituita dalla sola
tubazione , che in quel tratto impiegherà acciaio Corten , del dn600 mm e spessa mm
10,0, mentre le strutture verticali di sostegno, le due pile-spalle di estremità saranno
realizzate in calcestruzzo. Queste ultime avranno fusto circolare del diametro di cm 80
sovrastato da una forcella, sempre in c.a. , destinata a contenere ed a mantenere in
posizione la tubazione, e fondazione profonda costituita da un palo in c.a. preforato e
raccordato al pilastro sovrastante a mezzo di un dado di fondazione delle dimensioni
planimetriche di m 2,0 x 2,0 e spessore di 60 cm. La luce della campata è sufficiente ad
assicurare alle due pile- spalla un posizione di tutta sicurezza dietro il ciglio
delle
scarpate della “ forra “ d’alveo, in quella sezione ampia in sommità non più di 14 m. Ad
ogni buon conto va rimarcato che lo spessore della condotta costituente “ l’ impalcato “ del
ponte tubo, è stato fissato anche in ragione della necessità di mantenere in posizione la
condotta pure in condizioni di cedimento di uno dei due sostegni di estremità.
Ove ritenuto necessario , si potrà anche provvedere alla coloritura delle strutture in
calcestruzzo per la parte emergente dal suolo , che della condotta, anche se deve
ricordarsi che l’ acciaio Corten allo stato “ grezzo “ , per la sua capacità di resistere alla
corrosione dieci volte più di un normale acciaio tende ad assumere nel tempo una
coloritura giallo bruno, assai gradevole e comunque ben accetta negli ambiti
rustici e
boschivi.
CENTRALE IDROELETTRICA:
è realizzata mediante struttura in c.a. tamponata con
muratura di laterizio debitamente intonacata. E’ comunque dotata di una copertura a due
falde con manto in coppi tradizionali che, unitamente ad una tinteggiatura esterna a colore
tenue , contribuisce a conferirle un aspetto decisamente prossimo a quello di un fabbricato
accessorio agricolo ad un solo piano. Ad ogni buon conto, considerato che lo stesso è
destinato a contenere macchine “ pesanti ed in movimento rotatorio” animato da cospicue
velocità, per esso e quindi per la sua porzione posta al disotto del piano campagna , è
stata adottata una robusta struttura di fondazione costituita da un solettone di elevato
spessore, caratterizzato da più dislocazioni altimetriche, sopportato da una fondazione
profonda costituita da palificata composta da pali preforati in c.a. del diametro nominale di
80 cm. Il solettone , nella sua complessità costituisce una cassa rigida ed impermeabile, la
quale ripartisce i carichi verticali sul pacco di fondazione e distribuisce, attenuandoli, i
fenomeni vibratorii, ove dovessero insorgere. Il canale di restituzione delle acque al fiume
Chienti di P.T. anche esso è realizzato in strutta di c.a. gettata in sito su fondazione profonda
costituita da un doppio ordine di pali , anche essi del tipo preforato ed in c.a., per
l’ esigenza di ancorare al sottosuolo la struttura medesima, in ragione di possibili
sollecitazioni indotte dal fiume in caso di piene di dimensioni e durate eccezionali. I
necessari giunti di costruzione tra canale e fabbricato e di dilatazione lungo lo stesso
canale, saranno realizzati mediante interposizione tra getti continui di un giunto Water- stop
costituito da nastro di adeguate dimensioni in gomma sintetica. In quanto agli scavi di
fondazione dell’ edificio centrale che potranno raggiungere e superare il livello previsto di
falda, essi saranno eseguiti a palificata “ matura “ ed eventualmente all’ occorrenza , con
aggottaggio meccanico.
42
B.2.10. Descrizione dei processi gestionali aventi rilevanza ambientale
Non è previsto che
durante la vita dell’ impianto debbano affrontarsi problematiche di
rilevanza ambientale relativi all’ esercizio ed alle manutenzione di tutti gli apparati oleodinamici e
meccanici. I gruppi turbogeneratori costituiscono nei fatti sistemi compatti e pressoché chiusi ;
la loro efficienza è legata alla perfetta lubrificazione dei cuscinetti e degli organi meccanici in
movimento ed alla tenuta di pressione dei modesti circuiti oleodinamici di comando della
turbina e degli organi di sezionamento della condotta forzata (valvola di macchina). Per
evitare ogni forma d'inquinamento accidentale è stato previsto l'utilizzo di oli e grassi lubrificanti
biodegradabili e l'installazione di una vasca di contenimento per raccolta del fluido
oleodinamico nella vicinanza ed al di sotto della centralina oleodinamica.
B.2.11. Norme Tecniche di riferimento che regolano la realizzazione delle opere
La opere elettro-meccaniche saranno realizzate conformemente alle seguenti direttive comunitarie:
98/37/CEE, 73123/CEE e successive integrazioni (93/68/CEE) 891336/CEE e successive
modificazioni ed integrazioni (92/31/CEE e 93/61/CEE). Inoltre saranno conformi alle seguenti
norme armonizzate: UNI EN ISO 12100:2005 parte 1-2 (sicurezza del macchinario) EN -60204-1
(sicurezza degli apparati elettrici) ed alle seguenti norme e regole tecniche: CNR-UNI 10011-88
(costruzioni in acciaio) DIN 2545 (dimensionamento flange delle tubazioni) UNI-EN 10025 (qualità
degli acciai ).
B.2.12. Regime di proprietà delle aree interessate dall'intervento
Le opere da realizzare occuperanno aree principalmente costituite da suoli privati fatta
eccezione per le aree demaniali costituenti gli alvei fluviali interessati e loro pertinenze. Il
piano particellare di esproprio che del progetto è parte essenziale, elenca e descrive, sotto
il profilo catastale, i suoli interessati dalla costruzione delle opere, indicando con ogni
necessaria precisione quelle da acquisire in via definitiva, quelle da occupare
provvisoriamente in quanto indispensabili per l’ esplicazione delle operazioni di cantiere e
quelle da asservire per la protezione del tracciato delle condotte.
In quanto
all’ acquisizione dei suoli, mentre per le aree demaniali si ricorrerà all’ istituto della
concessione temporanea, per i suoli privati, ove non fosse
possibile raggiungere
l’ obbiettivo mediante trattativa bonaria, si procederà per esproprio.
B.2.13. Demolizione di manufatti esistenti
Non è prevista la demolizione di manufatti esistenti, ad eccezione di alcune membrature in
calcestruzzo dell’ opera di presa di fiume che, in ragione del loro pessimo stato di
conservazione saranno demolite e puntualmente ricostruite.
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B.2.14. Vicinanza dell'opera a usi territoriali o attività incompatibili
Il progetto si sviluppa su aree ad uso sostanzialmente agricolo. Non sono pertanto ravvisabili
incompatibilità tra l'opera in progetto e le attività nelle zone circostanti.
B.2.15. Opere necessarie per garantire la viabilità di cantiere
In quanto agli accessi
dell’ opera di presa e della centrale si utilizzeranno strade
preesistenti , avendo cura , soprattutto per l’ area centrale idroelettrica di Quartignano di
realizzare, quale primo approccio operativo all’ area medesima, la realizzazione della
modesta bretella di collegamento con la viabilità preesistente ( strada com. di Quantignano ).
Nei fatti l’ accesso ai siti di cantiere predetti è da porsi in relazione diretta e preliminare
con la stessa viabilità di accesso definitivo ai siti impiantistici da concretizzare.
Per
quanto invece attiene al cantiere mobile per la realizzazione della condotta forzata, l’ accesso
verrà garantito “ dall’ occupazione temporanea “ della fascia di terreno necessaria alla posa
della condotta ( pista di cantieraggio ), fascia che avrà larghezza utile a contenere gli
spazi necessari alle operazioni di posa ma anche a garantire la continuità di traffico lungo
la pista stessa. L'accesso in pista avverrà soprattutto in coincidenza delle intersezioni della
pista in questione con la viabilità locale ovviamente preesistente.
B.2.16. Movimenti di terra e volumi movimentati
Gli scavi previsti in fase di cantiere sono i seguenti:
• Opera di presa: complessivamente 890, di cui 880 per la costruzione della vasca di carico
e 10 per il canale di adduzione di collegamento con la presa.
• Condotta forzata : 30.820mc
• Edificio di Centrale: 340mc
• Canale di scarico: 360mc
Per complessivi 32.410mc
Del volume scavato la maggior quantità verrà risistemata in loco; i volumi in eccedenza
per un totale di mc 1506, di cui mc346 provenienti dalla vasca di carico dell’ opera di
presa, 760 dalla posa della condotta e dallo scavo della galleria, mc160 dalla centrale e
mc240 dal canale di scarico, dovranno essere avviati a discarica o meglio, vista la qualità
del materiale, a riutilizzo come materiale da costruzione per opere in terra. Deve sempre
tenersi in debito conto che i conteggi relativi ai volumi di movimento terra per la centrale
ed il canale di restituzione dovrebbero essere valutati al 50 % di quanto sopra calcolato
per tener conto che la centrale in realtà ospita due impianti .
44
B.2.17. Movimenti di terra e volumi movimentati nella fase di esercizio
Durante l’ esercizio dell’ impianto non avverranno movimenti terra. A meno di interventi di
manutenzione straordinaria dei tratti di alveo in corrispondenza della presa e dello scarico a
seguito di un eventi di piena. In ogni modo non si assisterà ad asportazioni di materiale
dall’ alveo, potendosi sicuramente provvedere a ridistribuire lo stesso a monte ed a valle
del tratto interessato.
B.2.18. Modalità di trasporto e frequenza dei trasporti in fase di cantiere
I materiali
di risulta
degli
scavi, quelli
da costruzione e tutte le apparecchiature
elettromeccaniche saranno trasportate mediante autocarri cassonati di dimensioni standard. Le
frequenze di passaggio nelle aree di cantiere, tenuto in debita considerazione per il recupero
del materiale di scavo in eccesso sono così valutati:
-
Da e per il cantiere dell’ opera di presa :
2 ÷ 3 passaggi giornalieri
-
Dal fronte di avanzamento della condotta forzata
-
Dal cantiere della centrale
4 ÷ 6 passaggi giorno.
2 ÷ 4 passaggi giorno.
In tale conteggio sono compresi i trasporti di calcestruzzo preconfezionato che viaggerà in
autobetoniera e quelli delle tubazioni in acciaio il cui sfilamento lungo il tracciato di
condotta sarà eseguito mediante carrelli trainati da trattori.
Per la posa della condotta, gli scavi effettuabili con mezzi meccanici saranno delegati a due
scavatori cingolati, una pala meccanica cingolata e un carro porta attrezzi, che transiteranno
all'interno della apposita pista di posa. Durante il periodo di scavo, i mezzi saranno parcheggiati
in prossimità delle aree di intervento.
B.2.19. Modalità e frequenza di trasporto dei materiali in fase di esercizio
Con la centrale in esercizio non sarà generato traffico, se non per questioni di guardiania,
controllo di esercizio e manutenzione ordinaria. La modestia e la posizione del canale di
collegamento della presa con la vasca di carico, ove è inserito lo sgrigliatore automatico
non inducono ad ipotizzare necessità di trasporto legate al recupero del materiale recuperato
dallo sgrigliatore automatico posto sul canale . Nel periodo autunnale e primaverile, quando
le piene sono più probabili, sarà sufficiente l’ ispezione quotidiana, in quanto sicuramente
programmata per raccogliere e restituire al corso d’ acqua il materiale raccolto dallo
sgrigliatore. Il sistema automatico e centralizzato di controllo del funzionamento
dell’ impianto non richiede interventi diretti del personale sulla presa.
B.2.20. Descrizione delle misure di dismissione delle opere
E' improbabile che si renda necessario dismettere le opere.
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Il tempo minimo stimato per l'analisi del rendimento dell'investimento pone la vita dell'opera a 30
anni, ma si ritiene plausibile una sicura durata di 40 anni al termine oltre il quale si dovrà
provvedere ad una revisione delle opere civili. In quanto agli impianti elettromeccanici essi
mediamente subiscono revisioni totali ogni 15 anni e sostituzione integrale ogni 30 anni.
Ove si debba considerare la dismissione, nel caso di specie, come descritto ampiamente
nell’ apposito elaborato progettuale si passerà per la sterilizzazione del’ opera di presa, da
conseguirsi mediante sbarramento della sezione iniziale del canale di collegamento posto
tra la vasca di calma e la vasca di carico, previo smontaggio ed accantonamento dello
sgrigliatore automatico, dovendosi considerare che le altre strutture, propriamente localizzate
in alveo, già da lungo tempo definiscono e caratterizzano lo stesso tanto da non poter
essere demolite.
La vasca di carico e la condotta forzata, per la loro riutilizzabilità e per il loro valore
intrinseco non dovrebbero e non potrebbero essere demolite, tenuto anche conto del fatto
che sono interrate. In quanto all’ edificio centrale idroelettrica, esso , come noto, é
destinato a contenere anche il gruppo di generazione dell’ impianto di Pievetorina; per tale
ragione le problematiche relative alla sua dismissione si potrebbero porre solo allorquando
si decidesse di dismettere anche l’ impianto di Pievetorina.
Ciò detto , nell’ ipotesi che il problema si ponesse, va ricordato che il fabbricato centrale
idroelettrica, sotto il profilo architettonico è conformato a fabbricato rurale, ragione per la
quale, liberato degli impianti in esso contenuti può essere facilmente riattato ad uso
agricolo. In quanto all’ ampio canale costituente il vano di scarico della centrale posto in
fondazione, esso può facilmente e proficuamente essere adibito a magazzino per la
conservazione anche di prodotti agricoli di pregio. In quanto al canale di restituzione
dell’ acqua all’ alveo naturale esso può essere tranquillamente tombato mediante
riempimento con materiale granulare di cava e ricoperto con terreno vegetale.
B.2.21. Descrizione delle soluzioni progettuali alternative per la dismissione delle opere
Non esistono soluzioni alternative a quelle sopra descritte, a meno che non si ipotizzi di
demolire tutte le strutture sino al recupero della condotta forzata. In tale estrema ipotesi
altre al costo dovrà tenersi in debita considerazione l’ offesa che si arrecherà al sistema
ambientale che,
dopo alcuni anni dalla costruzione dell’ impianto, sicuramente si sarà
riguadagnato alla mera normalità.
B.2.22. Consumi di materiali di costruzione
I materiali di costruzione utilizzati saranno calcestruzzi di vario dosaggio, ferro per armature,
laterizi, pietrame per gabbioni e reti zincate a filo ritorto, pietre di rivestimento, guaine
impermeabili, acciaio per la condotta forzata e tubi di PE e calcestruzzo centrifugato per le
opere minori di convogliamento. Inoltre profilati in acciaio, rame, acciai fusi ed altre
componenti minori per la parte propriamente impiantistica.
Non è previsto il consumo di
risorse naturali da prelevarsi nei siti .
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B.2.23. Alternative per l'utilizzo di risorse naturali o di materie prime nelle varie fasi del
progetto
Non si possono considerare alternative per l’ utilizzo di risorse naturali o di materie prime,
proprio per la natura del progetto e per le motivazioni sopra evidenziate.
B.2.24. Apporti idrici per realizzare il progetto
Il progetto prevede lo sfruttamento della risorsa idrica che, come descritto al punto B.1.1.,consiste
nella derivazione dal torrente Sant’ Angelo con completa restituzione di una portata del
di
cui
lo
stesso
torrente è
affluente.
Fiume
Chienti di Pievetorina.
Il “ processo produttivo “ si estrinseca proprio nella coltivazione e nello sfruttamento del
potenziale idroelettrico esistente tra la sezione di derivazione e quella di restituzione lungo
il fiume. La portata media prevista in derivazione risulta di 191 lt/s con una portata massima
derivabile di 300 l/s.
Durante la realizzazione del progetto non è necessario alcun apporto idrico, fatta eccezione
per le prove di tenuta delle condotte. Ma in tal caso l’ acqua prelevata direttamente
dall’ alveo ad esso viene completamente restituita a prove ultimate per semplice vuotatura.
B.2.25. Impiego di acqua in modo da influenzare la disponibilità di risorse idriche a livello
locale
La derivazione d'acqua nella zona oggetto del presente progetto non influenzerà la disponibilità di
risorsa idrica a livello locale, giacché non ci sono particolari esigenze di ulteriore utilizzo nel tratto
di torrente sotteso, atteso che ormai lungo lo stesso corso d’ acqua, sino alla confluenza col
Fiume Chienti, non si esercitano più attività di sorta.
B.2.26. Eliminazione di acque effluenti
Il progetto non prevede l'eliminazione di acque effluenti.
B.2.27. Quantità e caratteristiche dei rifiuti prodotti in fase di cantiere
I rifiuti prodotti in fase di cantiere sono limitati ai soli materiali di risulta in eccesso dalle
operazioni di scavo , come indicato al punto B.2.16.; tali materiali saranno poi destinati al
riutilizzo. Altri rifiuti, di piccola entità e scarsamente rilevabili, saranno quelli residuati dalla
costruzione edile e dalla installazione degli impianti all'interno della centrale; come tali, se
metallici saranno recuperati per essere rilavorati e riutilizzati, altrimenti saranno avviati a
discarica.
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B.2.28. Quantità e caratteristiche dei rifiuti prodotti in fase di esercizio
Una centrale idroelettrica non produce rifiuti, né solidi né liquidi né gassosi, in fase di esercizio.
Quello idroelettrico è un sistema di produzione di energia da fonte rinnovabile e quindi ad
"emissioni zero".
B.2.29. Rumori prodotti durante la fase di cantiere
Il rumore prodotto dai mezzi d'opera per le varie operazioni sarà il seguente:
•
Scavo su terra: < 80 decibel;
•
Trasporti: < 80 decibel;
•
Tutte le altre operazioni previste: < 70 decibel.
Per mitigare la rumorosità degli scavi, particolarmente elevata, si organizzeranno le attività di
cantiere in modo tale da non sovrapporre mai a tale scavo altre operazioni con produzione di
rumore. Per ciascun cantiere, le operazioni di scavo si stima che saranno effettuate nelle
prime 5 giornate lavorative di ciascuna settimana e nell’ arco del normale orario giornaliero di
lavoro da un unico mezzo d'opera. Ove si consideri che i cantieri investono aree
essenzialmente agricole e sono , in qualche caso , anche prossimi ad aree industriali, non
verranno adottate altre misure di mitigazione che si rivelerebbero sproporzionate rispetto alla reale
entità del rumore prodotto, soprattutto in relazione alla durata.
Saranno comunque adottate misure di sicurezza per gli operatori incaricati delle operazioni di
scavo mediante l'utilizzo di opportuni DPI e l'allontanamento di tutti gli altri operatori non necessari
all'operazione.
B.2.30. Rumori prodotti durante la fase di esercizio
I rumori prodotti in fase di esercizio sono relativi al moto rotatorio del gruppo turbogeneratore
installato in centrale idroelettrica. La condotta forzata (interrata) tra la vasca di carico e la
centrale per la sua posizione non è in condizione di generare rumore di livello significativo.
Lo scarico d'acqua dalla macchina nel sottostante vano interno alla centrale che del canale
di scarico è la parte iniziale, avverrà a bassa velocità e senza alcun salto: è dunque presumibile
che il rumore di basso livello non sia percepibile, considerata anche la distanza dagli edifici
abitati più vicini che distano almeno 250 m. D’ altro canto la massa strutturale dell’ edificio
di contenimento è tale da assorbire gran parte del rumore generato al suo interno, e
buona parte del contenitore ove si sviluppano i rumori è parzialmente interrata. Ad ogni
modo sarà opportuno prevedere una adeguata prestazione acustica delle porte di accesso per
ottenere nel complesso un sufficiente isolamento dal rumore generato all'interno della centrale. Per
quanto riguarda la trasmissione del rumore per il tramite di vibrazioni,
il fenomeno
potenzialmente considerabile, nella reale condizione di impostazione e fondazione dell’
edificio centrale idroelettrica, assume scarsissimo significato ed irrilevante consistenza.
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La movimentazione meccanica di tutte le opere di regolazione e grigliatura dell'acqua è effettuata
mediante motori elettrici di bassa potenza che saranno in funzione per brevi intervalli di tempo
valutabili in minuti primi. Il livello sonoro equivalente ponderato A, legato a tali dispositivi è per
questa ragione molto limitato. (rif. D.P.C.M. 14/11/97).
B.2.31. Vibrazioni prodotte in fase di cantiere
Le vibrazioni saranno prodotte essenzialmente dalle operazioni di scavo.
Per mitigare l'effetto delle vibrazioni prodotte si organizzeranno le attività di cantiere in modo tale
da non sovrapporre mai a tale scavo altre lavorazioni nella stessa area. Lo scavo si stima che sarà
effettuato in 5 giornate lavorative da un unico mezzo d'opera quindi, essendo l'area poco abitata
(area industriale ed agricole), non verranno adottate altre misure di mitigazione che si ritengono
sproporzionate rispetto alla reale entità delle vibrazioni prodotte, soprattutto in relazione alla
durata.
Saranno invece adottate misure di sicurezza per gli operatori incaricati allo scavo mediante
l'utilizzo di opportuni DPI e l'allontanamento di tutti gli altri operatori non necessari all'operazione.
Va ricordato che il territorio comunale di Pievetorina è stato sottoposto a classificazione
acustica nel Giugno del 2006; dalla lettura si evidenzia che la zona della centrale di
Quartignano appartiene alla sezione censuaria n°33, mentre quella di impostazione
dell’
opera di presa di Fiume appartiene alla sezione censuaria n°36. Il sito centrale è zona
agricola a tutti gli effetti e sostanzialmente disabitata, quindi secondo lo studio eseguito,
appartiene alla CLASSE II per la quale vale la seguente definizione: “ Aree destinate ad
uso prevalentemente residenziale. L’ opera di presa di Fiume ricade anche essa in zona di
II classe ed è assai prossima all’ abitato di fiume che, per sua caratteristica di centro
abitato è classificato di III classe.
Rientrano comunque in II classe “ le aree urbane interessate da prevalentemente da traffico
veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività
commerciali ed assenza di attività artigianali e industriali”. Ancorché la medesima definizione
di classe II non aiuti a comprenderne le ragioni, lo studio di classificazione ne fornisce la
motivazione ricordando che nelle aree agricole è ricorrente l’ uso di macchine operatrici.
B.2.32. Vibrazioni prodotte in fase di esercizio
Come indicato al precedente punto 2.30 le vibrazioni prodotte si manifesteranno prevalentemente
in rumore mentre non saranno apprezzabili le vibrazioni vere e proprie se non all'interno della
centrale. Le misure di mitigazione proposte nel punto B.2.30. si ritengono sufficienti a limitare al
minimo tale problema in fase di esercizio.
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B.2.33. Scarichi idrici prodotti in fase di cantiere
Di norma le operazioni di cantiere non producono scarichi idrici. Le uniche operazioni che
richiedono utilizzo di acqua sono i getti di calcestruzzo che dovrà essere bagnato, durante i 15
giorni di maturazione, per evitare le fessurazioni da ritiro tipiche della maturazione in ambiente
non sufficientemente umido. Si ritiene che tali scarichi siano ininfluenti, per la loro entità e per
l'assenza
di
sostanze
inquinanti,
sull'equilibrio
idrico
della
zona.
In quanto alle operazioni di lavaggio dei mezzi di cantiere, con particolare riferimento alle
autobetoniere di trasporto del calcestruzzo preconfezionato, sarà normativamente imposto che
i lavaggi del contenitore possano avvenire in cantiere di utilizzo a mezzo dell’ acqua
normalmente disponibile con la stessa autobetoniera fino ad arrestare il fenomeno di presa
del cemento, ma che l’ eliminazione dei residui di lavaggio avvenga nello stesso stabilimento
di preconfezione che si ritiene certamente dotato di idonee vasca di recupero e
sedimentazione dei residui medesimi.
Ove si dovessero ipotizzare operazioni di pressatura di prova
della condotta una volta
realizzata, detta operazione non produrrà in alcun modo uno scarico di natura inquinante
poiché le tubazioni impiegate per la formazione della condotta medesima sono fornite di
verniciatura interna di adeguata qualità e spessore sufficiente ad impedire lo scadimento
qualitativo dell’ acqua utilizzata per la prova di pressione.
B.2.34. Scarichi idrici prodotti in fase di esercizio
In fase di esercizio lo scarico idrico principale sarà determinato dall'opera di restituzione, ovvero il
flusso di acqua in uscita dalla centrale che viene restituito al fiume. Tale flusso, di portata non
superiore a 300 I/s, sarà costituito da acqua pulita che, grazie alla caratteristica costruttiva della
Turbina che impiega acciai di qualità ed Inox, verrà in contatto solo con le parti in acciaio della
turbina e quindi non subirà inquinamenti di alcun genere né riscaldamento apprezzabile.
B.2.35. Scarichi in atmosfera prodotti in fase di cantiere
Emissioni di polvere verranno generate solo in fase di scavo nella stagione secca. Tali
lavorazioni saranno limitate sia nelle quantità che nel tempo di emissione. Non si ritiene quindi
necessaria l'adozione di misure di mitigazione che, vista l'area disabitata e la difficoltà di
organizzarle, risulterebbero sproporzionate rispetto alla quantità effettivamente prodotta.
I gas inquinanti prodotti saranno limitati ai gas di scarico dei motori dei mezzi d'opera utilizzati e,
vista la vastità dell'area in cui saranno prodotti e la lontananza del sito da edifici residenziali, non si
ritiene necessario alcun intervento di mitigazione.
B.2.36. Scarichi in atmosfera prodotti in fase di esercizio
Non saranno prodotti scarichi in atmosfera in fase di esercizio.
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B.2.37. Rischi d'incidente in fase di cantiere
Durante la stesura del progetto esecutivo verrà redatto il piano di sicurezza e coordinamento e
successivamente all'affidamento dei lavori i relativi POS (Piano Operativo di Sicurezza) delle ditte
subappaltatrici.
B.2.38. Rischi d'incidente in fase di esercizio
In fase di esercizio sarà considerato il rischio di elettrocuzione generato da maldestre operazioni
all'interno dei quadri di comando e gestione della centrale. Altri rischi possono derivare
dal possibile contatto di operatori con gli organi meccanici in movimento ( giunto turbina
generatore ).
Per entrambi questi rischi la centrale sarà dotata di sicurezze automatiche e di componenti
meccaniche in grado di proteggere l'operatore in caso di errata manovra o di superamento di
zone a rischio, ma comunque isolando in appositi contenitori e recinti le parti di impianto
più pericolose.
B.2.39. Luoghi con rischio di esplosione o incendio
Nei comparti di centrale, ove sono posti l'alternatore ed i trasformatori elettrici, potrebbero
generarsi incendi dovuti a cortocircuito. Per limitare al minimo tali rischi la linea elettrica ed i
relativi circuiti saranno opportunamente protetti con interruttori magnetotermici differenziali e
sonde di temperatura poste nei punti critici d'impianto. All'interno dell'edificio di centrale è prevista
la presenza di un estintore e di un sacco di sabbia per il soffocamento di eventuali principi
d'incendio.
B.2.40. Utilizzo di agenti chimici
Il progetto non prevede l'utilizzo di agenti chimici.
B.2.41. Utilizzo o produzione di materiali instabili, infiammabili o esplosivi
Il progetto non prevede l'utilizzo ne la produzione di materiali esplosivi.
B.2.42. Utilizzo di processi chimici
Il progetto non prevede l'utilizzo di processi chimici.
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B.2.43. Accessori d'intervento sugli organi d'intercettazione delle tubazioni
Il sistema di controllo del funzionamento del gruppo turbogeneratore sarà equipaggiato con
un PLC che gestirà l'apertura e la chiusura del distributore di turbina e se necessario della
valvola di macchina in ragione della portata in arrivo, mediante il rilevamento del livello
nella vasca di carico dell’ opera di presa. Il PLC tende a mantenere detto livello costante,
al variare della portata derivata dal torrente ed avviata alla centrale, mediante la regolazione
di apertura degli ugelli (iniettori) della turbina. Eventuali blocchi di produzione, saranno gestiti in
maniera da restituire la portata derivata alla presa direttamente al corso d’ acqua nell’ ambito
della stessa presa per automatica attivazione dello sfioro posto sulla pareste Est della
vasca di calma (dissabbiatore) che immediatamente precede la vasca di carico.
Analogamente La scarsa portata in derivazione sarà rilevata dal sensore di livello che agirà
sull'apertura o la chiusura degli iniettori di macchina fino ad arrestare il funzionamento.
B.2.44. Utilizzo di sostanze tossiche
Il progetto non prevede l'utilizzo di sostanze tossiche.
B.2.45. Analisi dei fenomeni di corrosione
Il fenomeno corrosivo è strettamente correlato con le masse metalliche esposte al
fenomeno stesso. Per limitare gli effetti della corrosione sulla condotta forzata, si è valutata
positivamente l'opportunità d'installare un dispositivo di protezione catodica a corrente impressa.
In quanto al tratto di condotta esposta direttamente in aria, per esso si è adottato l’
acciaio Corten
che possiede la proprietà di resistere molto bene alla corrosione
atmosferica.
B.2.46. Sfiati, valvole di sicurezza o dischi di rottura di apparecchi in pressione
Normalmente il flusso in condotta viene interrotto dalla chiusura degli ugelli di alimentazione
della turbina, comandati dal PLC (controllore logico programmabile) di controllo dell’ impianto
cui è associata, per chiusura in cascata, la valvola di macchina. Detto complesso
provvede al blocco del flusso in condotta da valle, quindi impedendo la vuotatura della
stessa per poter riprendere immediatamente il funzionamento in automatico al cessare della
causa che aveva determinato il fermo. La condotta può anche essere chiusa all’ imboccatura
mediante manovra della saracinesca appositamente ubicata immediatamente a valle della
vasca di carico dell’ opera di presa. Il gruppo turbogeneratore è altresì dotabile di uno
scarico sincrono destinato ad attivarsi (per apertura) quando il distributore della turbina
volge alla chiusura totale; in tal caso la turbomacchina si arresta senza che il flusso in
condotta abbia a subire grandi modificazioni. La manovra contraria del distributore
ovviamente produce la chiusura dello scarico sincrono. Tale dotazione consente, nel migliore
dei modi, di proteggere l’ integrità della condotta dalle sovrappressioni generate dal moto
vario (colpo d’ ariete). La condotta forzata, lungo il suo sviluppo, subordinatamente alle
52
singolarità altimetriche del suo profilo
scarichi.
longitudinale, è dotata degli indispensabili
sfiati e
B.2.47. Sistemi di allarme, di blocco, di diagnostica delle anomalie e guasti
Il PLC, cuore e cervello del sistema di controllo dell’ impianto, acquisisce da una
complessa serie di sensori ubicati nei punti significativi dell’ impianto, i valori dei parametri
incidenti sul normale funzionamento permettendo la gestione integrata della centrale e
monitorando eventuali anomalie. Sono sottoposte a controllo le seguenti grandezze:
-
Velocità di rotazione della turbomacchina
-
Temperatura dei supporti della turbina
-
Temperatura di ciascuna fase dell’ alternatore
-
Temperatura del trasformatore elevatore di tensione di macchina
-
Portata di funzionamento
-
Sistema antincendio
-
Livello fluidi oleodinamici
Il PLC , in caso di anomalia di produzione, chiude progressivamente gli iniettori e la valvola di
macchina, arrestando il flusso in condotta, ovvero deviando il flusso direttamente al corso
d'acqua per mezzo dello scarico sincrono, se esistente.
Inoltre al PLC è asservito il sensore di livello della vasca di carico mediante il quale regola
la rata di funzionamento della macchina generatrice. Stabilito il livello standard di
funzionamento con livello che volge al basso viene regolata progressivamente la chiusura degli
organi di regolazione della turbina (iniettori). Quando il livello dell’ acqua nella vasca di carico
si abbassa oltre la soglia di minima produzione, il PLC arresta la macchina affidando
all'operatore l’ accertamento delle motivazioni cui addebitare la carenza di acqua. Quando
invece il livello in vasca di carico supera quello standard di regolazione, in condotta affluirà
la portata massima di funzionamento del gruppo turbogeneratore, mentre
l’ eccesso di
portata affluito nell’ opera di presa viene restituito al corso d’ acqua a mezzo dello
sfioratore posto nella vasca di calma a monte della vasca di carico.
Il PLC di gestione delle apparecchiature elettromeccaniche in centrale, in caso di anomalia di
produzione, chiude progressivamente l’ alimentazione della turbina e la relativa valvola
immediatamente a monte, deviando il flusso direttamente al corso d'acqua a mezzo dello
scarico sincrono.
B.2.48. Sistemi di protezione individuali o collettivi nell'ipotesi di eventi anomali, pericolosi
o incidenti
Non sono ipotizzabili incidenti o eventi anomali che possano creare la necessità di sistemi o
procedure di protezione collettiva.
53
Per quanto riguarda la protezione individuale, l'accesso alla centrale sarà riservato solo a
personale altamente specializzato, equipaggiato con gli opportuni D.P.I. e dotato di tutte le
attrezzature e a conoscenza delle procedure necessarie per operare in sicurezza sull'impianto.
Non va dimenticato, che anche dal punto di vista eminentemente elettrico , oltre che da
quello meccanico, l’ impianto e dotato di “protezioni standardizzate “ che gli conferiscono
un buon livello di sicurezza intrinseca.
Una specifica valutazione del rischio andrà fatta anche per l’ opera di presa, per la presenza
in essa di canali, vasche di sedimentazione e vasche di carico, per evitare il rischio di
annegamento. L’ opera di presa e la centrale saranno sicuramente recintate , mentre
canali e vasche saranno dotate di regolamentari parapetti.
B.2.49 Bacini di contenimento nell'ipotesi di sversamenti di liquidi tossici o pericolosi
Il rischio di sversamento di oli lubrificanti e fluidi oleodinamici pericolosi (descritto anche nel punto
B.2.10.) non esiste in quanto si utilizzano lubrificanti e fluidi biodegradabili. Al di sotto della
centralina oleodinamica è comunque prevista una vaschetta di raccolta delle eventuali perdite
dell’ impianto
B.2.50. Piani di emergenza e sistemi d'intervento nell'ipotesi di manifestazione di
emergenze particolari o incidenti
La centrale non
emergenza.
è in condizione di generare rischi tali da rendere necessari di piani di
B.2.51. Descrizione dei bacini di contenimento nell'ipotesi di sversamenti di liquidi tossici o
pericolosi
Vedere punto B.2.49. e B.2.10.
B.2.52 Analisi economica dell'investimento
II costo di realizzo dell'impianto, così come risultante dal Computo metrico estimativo inserito nella
relazione generale, è di € 2.500.000,00 + IVA.
La relazione economico finanziaria , che è parte integrante del progetto, prevede per lo
stesso:
-
Una vita operativa di 30 anni
-
L’ incentivazione, secondo norma vigente,
cosiddetta “ tariffa omnicomprensiva “
-
La cessione al distributore acquirente di energia per 2,3Gwh l’ anno
per
quindici
anni
sulla
scorta della
54
-
Un utile medio annuo lordo di 92.000,00 €, a fronte di un immobilizzo certo di
capitale pari al 20% del costo iniziale di impianto.
Non è previsto alcun recupero di materiale ed energia all’ infuori della produzione energetica
netta vendibile.
B.2.54. Analisi e verifica delle condizioni di equilibrio a breve, medio e lungo termine dei
versanti, delle masse di materiali movimentati e più in generale delle opere in terra in fase di
cantiere
L' impianto, come più volte riferito è posizionato sul fondo valle del Torrente Sant’ Angelo
prima e del fiume Chienti di Pievetorina dove non sono presenti movimenti gravitativi attivi o
quiescenti. Sia il rilevamento geologico-geomorfologico di dettaglio effettuato dal geologo
specialista incaricato, che la visione delle cartografie edite dalla Regione Marche (Carta geologica
e geomorfologica) non hanno evidenziato aree in dissesto.
Alla luce di quanto sopra riportato si può affermare che il sito oggetto dell'intervento (punto di
derivazione, percorso e punto di rilascio) è morfologicamente stabile.
B. 3. FATTORI SINERGICI
Nell’ area interessata dal progetto, né lungo l’ asta fluviale di pertinenza , esistono inziative
industriali di tipo idroelettrico quale quella che si propone, nè vecchi impianti di tipo
molitorio in funzione, motivo per il quale non si evidenziano possibili fattori sinergici. Né
peraltro si evidenziano altre attività che possano in qualche modo interferiscono con
l'installazione proposta.
B.3.1. Esistenza di altri impianti simili nell'area (ante Operam)
Non esistono in zona, come sopra detto impianti simili. Il primo impianto che si incontra,
scendendo verso valle è quello Enel che si origina dall’ invaso artificiale di Polverina sul
Fiume Chienti (unito) e che impegna i territori comunali di Pieve Bovigliana e Camerino e
restituisce la portata al fiume con la centrale di Valcimarra in comune di Caldarola (MC).
B.3.2 Previsione della Presenza di altri impianti simili nell'area (ante Operam)
Non si hanno informazioni sulla presenza futura di altri impianti simili in zona e/o di richieste
analoghe alla presente ad eccezione di altre proposte della stessa proponente Hidrochienti,
peraltro già enunciate ed illustrate in questo stesso elaborato.
55
B.3.3. Presenza di altre attività antropiche ad elevato rischio di incidente (ante operam)
Nell'area non sono presenti attività pericolose
B.3.4. Previsione della presenza di altre attività antropiche ad elevato rischio di incidente
(post operam)
Allo stato attuale delle conoscenze, non sono previste o prevedibili nell'area attività umane che
possano generare particolari rischi di incidente.
B.4. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
B.4.0
DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE DI RIFERIMENTO (ante operam)
3.1.2.1 Bosco di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e orniello (Fraxinus ornus)
Descrizione botanico-vegetazionale come da PRG vigente
Si tratta di un bosco misto di caducifoglie in cui dominano il carpino nero (Ostrya carpinifolia) e
l’orniello (Fraxinus ornus). Dal punto di vista sintassonomico, vengono riferiti all'associazione
Scutellario-Ostryetum carpinifolioae ampiamente studiato nell'Appennino umbro-marchigiano nelle
diverse varianti (BALLELLI, BIONDI, PEDROTTI, 1982), (FRANCALANCIA, ORSOMANDO 1982).
Oltre al carpino nero e all'orniello, fanno parte di queste cenosi diverse altre caducifoglie quali:
acero di Ungheria (Acer obtusatum), tiglio selvatico (Tilia cordata), ciliegio selvatico (Prunus
avium), ciavardello (Sorbus torminalis), sanguinella (Cornus sanguinea), maggiociondolo
(Laburnum anagyroides), nocciolo (Corylus avellana).
Abbastanza ricco risulta anche lo strato arbustivo e lianoso in cui si osservano: caprifoglio etrusco
(Lonicera etrusca), berretta da prete (Euonymus europes), biancospino comune (Crataegus
monogyna), corniolo (Cornus mas), emero (Coronilla emerus), rovi (Rubus sp.pl.), sanguinella
(Cornus sanguinea), edera (Hedera helix), vitalba (Clematis vitalba), tamaro (Tamus comunsi).
Sulle pendici a prevalente esposizione Nord, l'ostrieto si presenta generalmente nell'aspetto tipico;
invece nei versanti più termofili, esposti prevalentemente a Sud, si osserva una marcata
diversificazione del corteggio floristico con una presenza notevole di roverella e cerro che ha
56
indotto a distinguere una variante nuova dello Scutellario-Ostryetum denominata a Quercus
pubescens e Quercus cerris,.
Habitat e zone di maggiore distribuzione
Queste formazioni sono molto diffuse in tutta la dorsale appenninica, interessando buona parte del
piano collinare sulle pendici dei versanti più freschi e acclivi, con substrato di tipo calcareo.
La fascia altitudinale in cui si sviluppa questa vegetazione é compresa tra 500 e 1100 metri di
altezza, con propaggini anche fino a 1200m.
Grado di naturalità
Molto elevato.
Gli ostrieti costituiscono un tipo di vegetazione primario e ad essi viene riconosciuto il rango di
serie dal momento che costituiscono lo stadio verso cui tendono le successioni secondarie di
pascolo e di mantello, insediate sulla dorsale calcarea dell’orizzonte collinare e pedemontano
dell’Appennino.
Stato di conservazione
Buono
Lo stato di conservazione é nel complesso buono pur tenendo conto che si tratta sempre di boschi
cedui regolarmente sfruttati dall’uomo.
Situazioni di un certo degradato si osservano in versanti più acclivi, con substrato poco profondo e
con esposizioni meno fresche (E, O, S-O, S-E).
Grado di sensibilità
Medio
La sensibilità é in funzione dell’entità delle ceduazione soprattutto nelle zone più acclivi e con le
esposizioni intermedie sopra citate.
Potenzialità
Anche per gli ostrieti l’evoluzione non é da considerare seriale perché si ritiene che rappresentino il
termine ultimo della serie (serie del carpino nero).
Una loro evoluzione di tipo fisionomico strutturale é da considerare solo nei casi di maggiore
depauperamento del bosco a causa delle eccessive ceduazioni.
Va rilevato che il rinnovamento di queste fitocenosi procede abbastanza rapidamente anche dopo
energici tagli, per lo meno nei versanti rivolti a nord o insediati su pendici fresche.
Linee mirate di intervento
Nei casi di esposizioni più termofile e di cedui troppo diradati, si propone una diminuzione delle
entità di taglio e una regolamentazione con turni più lunghi.
57
3.1.2.2. Ostrieto termofilo e/o rupestre: bosco a domiinanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia),
orniello (Fraxinus ornus) e roverella (Quercus pubescens)
Si tratta di una variante termofila all'ornostrieto precedentemente descritto e caratterizzata da una
notevole partecipazione di querce caducifoglie (cerro e roverella).
3.1.2.3 - Vegetazione arbustiva
Descrizione botanico-vegetazionale
Si tratta di cenosi arbustive di sostituzione che costituiscono di solito stadi di transizione verso la
vegetazione forestale. A volte si tratta di stadi durevoli a causa di fattori limitanti che ne ostacolano
o quanto meno rallentano il processo evolutivo.
L’inquadramento degli arbusteti non va considerato dal punto di vista esclusivamente
fitosociologico, ma come é stato accennato, va visto in funzione del tipo di bosco, in relazione al
quale essi formano il cosiddetto «mantello», il quale evolvendo in una vegetazione più stabile
determinerà un ampliamento del bosco stesso. Questo aspetto verrà meglio chiarito nei capitoli
successivi dove le varie serie saranno rappresentate ciascuna con gli arbusteti di pertinenza. Nelle
aree di campo e pascolo abbandonato, il mantello tende a proiettarsi verso queste aree (in cui é
cessata l’attività antropica) dando origine ad arbusteti veri e propri.
Nelle aree di ex coltivi, questo fenomeno mostra una successione diacronica evidente.
Dopo un primo stadio di colonizzazione con vegetazione erbacea a dominanza di falasco
(Brachypodium rupestre), segue la diffusione di fruticeti dominati da arbusti, diversi a seconda
delle condizioni climatiche ed edafiche.
Nel piano collinare (aree di ex coltivi su substrato marnoso arenaceo) le tipologie più diffuse sono
le formazioni a ginestra (Spartium junceum) che il più delle volte tendono ad essere
monospecifiche.
Nel settore alto collinare e montano, su substrato calcareo, sono frequenti le formazioni a ginepro
comune (Juniperus comunsi) e ginepro rosso (J. oxycedrus) talvolta compenetrate tra di loro.
Diversi altri sono gli arbusti presenti nella fascia di mantello tra cui: rosa selvatica (Rosa canina),
citiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius), sanguinella (Cornus sanguinea), biancospino selvatico
(Crataegus oxyacantha) e non infrequenti dei pruneti a prugnolo (Prunus spinosa).
In prossimità di boschi localizzati su substrati acidofili, come i castagneti o i boschi misti a cerro e
castagno, si riscontrano anche altri arbusti fra cui: ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), erica
(Erica arborea), agazzino (Pyracantha coccinea), ginestra dei tintori (Genista tinctoria).
Habitat e zone di maggiore distribuzione
Gli arbusteti sono frequentissimi nelle aree di ex coltivi su substrati marnoso arenacei perché nelle
zone collinari si è assistito ad un marcato fenomeno di abbandono dei campi e dei pascoli che ha
favorito la loro diffusione.
58
Il fenomeno é particolarmente evidente nella zona alto collinare e pedemontana, dove queste unità
costituiscono degli orli abbastanza estesi nelle fasce perimetrali di boschi. I ginestreti costituiscono
la formazione nettamente dominante e stanno a significare soprattutto nuove aree di espansione
dei querceti di roverella.
Grado di naturalità
Medio-elevato
Il Grado di naturalità di queste formazioni é da considerare elevato dal momento che costituiscono
il termine che nella serie evolutiva precede la formazione boschiva (testa di serie). Infatti in
numerosi rilievi si é avuto modo di riscontrare che quasi sempre la compagine floristica, oltre che
da essenze arbustive é costituita da un certo numero di piantine arboree.
Stato di conservazione
Soddisfacente
Non si rilevano particolari problemi legati alla loro conservazione.
Grado di sensibilità
Basso
Potenzialità
E’ stato precisato che queste formazioni tendono nel tempo a formare tipologie vegetali più
complete dal punto di vista strutturale che portano alla formazione del bosco. I modelli di
espansione sono stati studiati da diversi autori (BIONDI, 1990; CANULLO 1992 E 1993; CANULLO ET
ALII, 1993; BALLERINI, BIONDI E CALANDRA, 1997) e mostrano che le popolazioni arbustive sono
particolarmente attive nei processi di recupero in situazioni edafo-climatiche più favorevoli come
nei casi di pendii freschi e poco acclivi.
Linee mirate di intervento
In linea generale, per queste formazioni é opportuno non intervenire lasciando che il processo di
recupero si attui spontaneamente. Un caso particolare é costituito dai ginestreti, nei quali si verifica
frequentemente un’eccessiva compattazione degli individui; é consigliabile prima che si arrivi a
questo stadio duraturo effettuare degli interventi di posa a dimora con essenze arboree legnose
autoctone al fine di facilitare una formazione strutturale complessa (arbustivo/arborea) in cui gli
individui arborei potranno gradualmente prendere il sopravvento.
3.2.1 Bosco ripariale a salice bianco e pioppo nero
Descrizione botanico-vegetazionale
La vegetazione ripariale, é costituita da aggruppamenti misti formati prevalentemente da saliceti,
pioppeti e ontaneti. Molto comuni sono le specie a portamento arbustivo che colonizzano la parte
prossimale della riva del fiume: salice rosso (Salix purpurea), salice triandra (Salix ceste), salice di
ripa (Salix eleagnos): alle specie arbustive, seguono altre specie arboree: salice bianco (Salix
alba), pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco (Populus alba), pioppo cipressino (Populus nigra
59
var. italica) e non infrequente ontano nero (Alnus glutinosa). Dal punto di vista fitosociologico viene
riferita all'associazione Salicetum albae.
Spesso, queste cenosi, sono frammiste a vari elementi arborei ed arbustivi di origine antropica
rappresentati esclusivamente da robinia (Robinia pseudoacacia) e ailanto (Ailanthus altissima).
Habitat e zone di maggiore distribuzione
La vegetazione ripariale si insedia lungo le sponde dei corsi d’acqua, fiumi o piccoli torrenti.
Le aree a maggiore diffusione, si riscontrano lungo le aste fluviali del Fiume Chienti, e i relativi
affluenti più importanti .
Grado di naturalità
Elevato
Il grado di naturalità é elevato soprattutto nei casi in cui non si osservano penetrazioni da parte
della vegetazione infestante (robinia e ailanto).
Stato di conservazione
Scarso-sodisfacente
Grado di sensibilità
Elevato
Potenzialità
La vegetazione ripariale in condizioni normali, non é suscettibile di evoluzione di tipo seriale,
perché costituisce essa stessa una serie di vegetazione: la serie del salice ripariolo e del salice
bianco che comprende foreste e boscaglie a prevalenza di Salix sp, Populus nigra, Populus alba,
Alnus glutinosa ecc; si inquadra nei seguenti ordini e alleanze: Salicetalia purpureae, Populetalia
albae, Alno-Ulmion.
Di conseguenza gli aggruppamenti ripariali tendono ad evolvere verso queste unità nei casi in cui
vengono sottoposti a forme di degrado che hanno variato la compagine floristica originaria.
Linee mirate di intervento
Nonostante l’esiguità e l’estrema riduzione, questa vegetazione igrofila svolge una notevole
funzione di sostegno e stabilità per gli argini fluviali, oltre che un’importante funzione estetica nel
caratterizzare il paesaggio di fondovalle già scarso di formazioni vegetali.
In linea generale, queste fitocenosi ripariali debbono essere attentamente tutelate data
l'importanza e il ruolo estetico-funzionale che rivestono.
Nei tratti di riva dove la vegetazione riparia é stata completamente diradata o si presenta troppo
diradata, é opportuno ripristinarla ponendo a dimora essenze igrofile del tipo sopra specificato.
60
3.2.2 Elementi di Importanza Naturalistica ed Ecosistemica
Tutti gli elementi della vegetazione sono definiti come “corridoi ecologici”: sono distinti nella carta
degli elementi di importanza naturalistica ed ecosistemica in base a tipo di unità. L’elaborato
classifica le varie categorie in base all’importanza ecosistemica, alle caratteristiche biotiche che ne
caratterizzano lo stato di conservazione.
Più specificatamente i corridoi ecologici possono essere costituiti da fasce vegetate, dai filari di
alberi lungo le strade di campagna, dalle capezzagne interpoderali, dalla rete idrica, dalle scoline
con vegetazione idrofila. Le zone di transizione per la riduzione degli impatti dagli agenti esterni
sono le fasce vegetate stesse, le capezzagne inerbite, i complessi vegetazionali di margine (ad
esempio, recenti superfici incolte e/o saltuariamente rimaneggiate, nuclei di arbusti ecc.) insomma
tutto quello che può assumere la funzione di filtro e protezione verso le attività che si svolgono
all’esterno della rete.
Le unità di connessione del paesaggio individuate sono le seguenti:
•
UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA LINEARI (asta fluvial, ripariale e elementi diffusi del
paesaggio agrario) ELEMENTI DIFFUSI DEL PAESAGGIO (P.T.C. ART. 31) e VEGETAZIONE RIPARIALE
(P.T.C.-Art. 23) TUTELA INTEGRALE
GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO
•
UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DEI GANGLI DI VEGETAZIONE (macchie boscate e
gruppi arborei, rimboschimenti)
BOSCHETTI E GRUPPI ARBOREI (P.T.C.-Art. 31.1) TUTELA INTEGRALE
GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO
•
UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DEGLI SPAZI APERTI (coltivi)
AREE COLTIVATE DI VALLE(P.T.C.-Art.31.2) TUTELA ORIENTATA
GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO
•
UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA LINEARI (CORRIDOI)
ELEMENTI DIFFUSI DEL PAESAGGIO (AGGIUNGERE TUTTI GLI ELEMENTI DIFFUSI DA CARTA
VEG.) (P.T.C. ART. 31)
GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO
•
UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DI TRANSIZIONE (arbusteti e pascoli)
GRADO DI CONSERVAZIONE BASSO
Gli ecosistemi presenti nell’area esaminata sono raggruppabili in due tipologie riconducibili a
diversi gradi di naturalità.
61
1. Ecosistemi agricoli: denominati nello schema riportato “MATRICE AGRICOLA”;
2. Elementi biotici di connessione: Corridoi ecologici primari legati ai corsi d’acqua e flussi
di connessione ecologica legata alla permeabilità ovvero la capacità di diffusione di
flora e fauna all’interno della porzione di territorio.
Gli ecosistemi agricoli, caratterizzati dalla presenza di colture erbacee (mais, cereali autunno
vernini, girasole e foraggere) ed arboree ( arboreti e tartufaie) che richiedono frequenti interventi
da parte dell’uomo presentano ridotti livelli di naturalità con conseguente semplificazione della
biodiversità.
Gli elementi biotici di connessione costituiscono “corridoi ecologici”, differenti dall’intorno
agricolo o antropico in cui si collocano, coperti almeno parzialmente da vegetazione naturale o
naturaliforme. La loro presenza nel territorio è positiva, in quanto consente gli spostamenti
faunistici da una zona relitta all’altra e rende raggiungibili le zone di foraggiamento connettendo
anche ambiti a forte antropizzazione .
La presenza di una rete ecologica viene ritenuta essenziale per la salvaguardia del sistema
naturalistico ambientale in quanto contrasta la frammentazione degli habitat, causa principale della
perdita della biodiversità. Si rimanda alla Tav. 4 che mostra il mantenimento della permeabilità del
sito agli scambi di fauna e flora anche dopo la realizzazione dell’impianto.
B.4.1. Presenza di zone di tutele a parco, zone protette dalla normativa o altre zone naturali
sensibili connesse con l'intervento proposto (oasi, zone di protezione, ecc.)
Non sono presenti zone protette da normativa, fatta eccezione per gli ambiti di protezione fluviale
previsti dal D.Lsg. 42/2004.
B.4.2. Appartenenza ad aree a rischio idrogeologico individuate dal PAI
Vedi i punti B.1.11 e B.2.54
B.4.3. Ubicazione del progetto in zone ambientali particolari
Il progetto non ricade in ambientali particolari.
B.4.4. Ubicazione del progetto in un'area che presenta elementi naturali unici (p.e. specie
rare)
Non sono presenti elementi naturali unici.
62
B.4.5. Ubicazione del progetto in ambiti ove i limiti di qualità ambientale stabiliti dalla
normativa sono superati (p.e. rumorosità eccessiva ante operam)
L'area di progetto è al di fuori da ambiti ove i limiti di qualità ambientale sono superati.
B.4.6. Ubicazione del progetto in ambiti che presentano attualmente alti livelli
d'inquinamento o rischi ambientali (p.e. falde e terreni contaminati ante operam)
L'area di progetto è al di fuori da ambiti che presentano alti livelli d'inquinamento o rischi
ambientali.
B.4.7. Ubicazione del progetto in un'area che presenta aspetti naturali caratteristici (p.e.
boschi o morfologie tipiche)
L'area non presenta aspetti geomorfologici particolari e non ricade in aree cartografate dal PPAR
come Emergenze Geomorfologiche.
L'area è caratterizzata da alternanza di seminativi e macchie boscate connesse alla vegetazione
ripariale del fiume che nel breve tratto sotto la frazione di Fiume assume la tipologia di bosco ma
che essenzialmente si snoda lungo un vecchio sentiero esistente e parzialmente ricolonizzato dalla
vegetazione nel tratto iniziale.
Nei pressi del punto di presa e di rilascio, la vegetazione è quella tipica del pioppeto saliceto
ripariale, con un piano dominante dovuto al pioppo nero e al salice bianco, ma anche con la
roverella, la robinia, l'olmo, l'ontano nero, e un piano dominato caratterizzato in prevalenza dalla
presenza dei salici arbustivi, del sanguinello, del sambuco, del rovo, dell'edera.
B.4.8. Ubicazione del progetto in ambiti con problemi legati al degrado degli habitat
terrestri, acquatici o palustri (situazione ante operam)
Il progetto si colloca in aree in cui non sono presenti degradi degli habitat terrestri, acquatici o
palustri.
B.4.9. Collocamento del progetto in ambiti con significative patologie delle specie animali o
vegetali (situazione ante operam)
Non risultano significative patologie delle specie animali e vegetali presenti nell'area d'intervento.
63
B.4.10. Elementi di criticità della capacità di rigenerazione delle risorse naturali (p.e.
nell'area sono presenti specie rare o minacciate)
Il sito in questione non sembra rappresentare un sito di importanza strategica per la fauna
dell'Appennino e non è inserito in nessuna direttiva comunitaria (SIC, ZPS ed Important Bird Area)
o nazionale. L'ambito fluviale si colloca nella zona dei ciprinidi superiori del settore pedemontano
collinare, caratterizzato da acque mediamente veloci, fresche e ossigenate, con eventuale
modesta presenza di inquinanti.
L’alveo è morfologicamente vario, con fondo ciottoloso e ghiaioso, le varie facies fluviali sono ben
rappresentate.
La fauna ittica è costituita solo da trote fario, la biodiversità è quindi scarsa. I dati raccolti dai
campionamenti della regione rilevano i questo tratto del fiume una forte pressione di pesca e non a
caso tra gli individui catturati nei campionamenti si sono ritrovati ami nello stomaco. Il corso
d’acqua analizzato con campionamenti dalla Regione Marche (fonte Carta Ittica Regionale)
sembra adatto ad ospitare una popolazione di trota fario in grado di riprodursi e di autosostenersi e
possiede anche un buona capacità portante: la presenza dei giovani dell’anno, seppure con un
numero molto limitato di individui, testimonia della capacità della popolazione di riprodursi nel
corso d’acqua indagato.
Infatti, l'analisi della CARTA ITTICA DELLA PROVINCIA DI MACERATA associa le acque in questione
alla CATEGORIA “A” ovvero si rinviene la presenza della trota.
La trota si colloca nel settore fluviale montano, caratterizzato da acque veloci, fresche e ben
ossigenate, turbolenti, con cascatelle. Il substrato è roccioso. La specie dominante è la Trota fario,
mentre le specie comuni sono lo Scozzone e il Vairone. Raramente è presente l’Anguilla.
64
Lo studio è stato condotto nella porzione di territorio della Provincia di Macerata attraversato dalle
acque di categoria A. In questo settore sono state scelte 30 stazioni di campionamento, la cui
lunghezza è stata decisa preventivamente (50 mt effettivi ciascuno). Per ogni asta (tratto
principale, affluente o subaffluente) è stato adottato il criterio dell'omogeneità tra le varie facies
fluviali, cioé ciascun tratto campione doveva presentare in misura simile "pools " (buche), "riffles "
(zone con superficie dell'acqua increspata e corrente veloce) e "runs " (piane con superficie
dell'acqua non increspata e corrente moderata).
65
ANALISI DEI SITI CAMPIONATI
- Chi2 - Pievetorina, Chienti 2, 520 mslm, 13 km
Categoria granulometrica (Cg) Punteggio
Ciottoli e blocchi rocciosi 4
Biodiversità Punteggio
Scarsa (1 specie) 0
Vegetazione ripariale (Vr) Punteggio
Abbondante 3
Idrofite di fondo (If) Punteggio
Modesta 1
Detriti vegetale (Dv) Punteggio
Buona 2
Questo tratto appartiene al ramo del Fiume Chienti proveniente dalla vallata che dalla località di
Appennino scende verso Pievetorina.
66
L’alveo è morfologicamente vario, con fondo ciottoloso e ghiaioso, le varie facies fluviali sono ben
rappresentate. La vegetazione ripariale è abbondante in tutte le sue componenti se si eccettuano
due brevi tratti in cui le sponde sono protette da manufatti in cemento.
La fauna ittica è costituita solo da trote far io, la biodiversità è quindi scarsa. Sono stati catturati 37
individui (45 stimati). La popolazione apparentemente mostra una buona capacità biogenica, con
una struttura di popolazione in cui le class i d’età 0+ e 1+ rappresentano il 78% del totale. Tuttavia
un solo esemplare superava i 22 cm, e questo dato, deleterio per le freghe future, è certamente
determinato dalla press ione di pesca; non a caso tra gli individui catturati, ne abbiamo trovato uno
con ben due ami nello stomaco. Un altro esemplare presentava una les ione grave sul fianco,
provocata verosimilmente dalla beccata di un airone, fattispecie rilevata anche nel tratto Pot3.
Zonazione: Trota superiore.
Proposta di classificazione: Cat. A.
La vallata che comprende il tratto di fiume in oggetto presenta le caratteristiche per ospitare
un'erpetofauna consistente come la rana verde dei fossi (Rana bergeri), il rospo comune (Bufo
bufo) e la rana appenninica (Rana italica). Nel versante sud della valle, quello soggetto a maggiore
irraggiamento, si rinvengono le specie di rettili più comuni: il ramarro (Lacerta viridis), la lucertola
muraiola (Podarcis muralis), la biscia dal collare (Natrix natrix) e il biacco (Hierophis viridiflavus).
La presenza della vipera comune (Vipera aspis) è occasionale e legata alle fasce ecotonali
comprese tra il bosco e il prato nei versanti maggiormente esposti all'irraggiamento solare.
L'ambiente ripariale (soprattutto nel tratto a monte e a valle dell'intervento) costituisce un ambiente
molto interessante per gli uccelli che vi nidificano e che vi svernano. E' importante sottolineare la
ricchezza specifica delle comunità di nidificanti e in particolare di alcuni ordini, come gli
Accipitriformi ed i Falconiformi. Queste specie trovano l'ambiente ideale per la nidificazione; la
poiana (Buteo buteo) il gheppio (Falco tinnunculus) e lo sparviere (Accipiter nisus) nidificano in
queste zone, mentre le potenzialità per il lodolaio (Falco subbuteo) sono piuttosto basse. La
massima diversità specifica viene comunque raggiunta lungo gli alvei fluviali; in questi ambienti
vivono l'usignolo (Luscinia megarhynchos), il merlo (Turdus merula) ed alcuni fringillidi canori
come il cardellino (Carduelis carduelis) e il verdone (Chloris chloris). Comuni sono anche
l'elegante upupa (Upupa epops) e tra i corvidi l'invadente cornacchia grigia (Corvus corone cornix),
la gazza (Pica pica) e la ghiandaia (Garrulus glandarius). Molto ricca ed abbondante potrebbe
essere la presenza di rapaci notturni come l'allocco (Strix aluco), la civetta (Athene noctua) ed il
barbagianni (Tyto alba); tale ricchezza è anche dovuta alla presenza massiccia e satellitare su
tutto il territorio di numerosi ruderi che costituiscono importanti siti riproduttivi per gli Strigiformi e
non solo (si pensi ai chirotteri). Anche gli ambienti agricoli, per quanto limitati, presentano una
notevole ricchezza di avifauna, grazie all'alternanza con siepi, alberi sparsi e boschi; le specie più
diffuse sono il picchio verde (Picus viridis), l'allodola (Alauda arvensis), l'averla piccola (Lanius
col/urlo), l'ortolano (Emberiza hortulana) e lo strillozzo (Mi/lana calandra).
La lista dei carnivori include specie relativamente comuni e ad ampia distribuzione nazionale,
come la volpe (Vulpes vulpes), il tasso (Meles meles), carnivori di taglia medio piccola,
caratterizzati da una notevole adattabilità e plasticità ecologica, che consente di occupare habitat
molto diversificati. Tra gli ungulati ricordiamo il cinghiale (Sus scrofa) ed il capriolo (Capreolus
capreolus).
67
In conclusione, le potenzialità nei confronti della comunità faunistica sono rivolte verso specie
comuni, di ampia valenza ecologica e di esteso areale distributivo che risultano essere
ampiamente rappresentative della realtà faunistica dell'Italia mediterranea. Il quadro faunistico
locale rispecchia i rapporti numerici esistenti tra le singole specie all'interno dei principali taxa del
contesto nazionale e pertanto non sembrano esserci elementi di criticità nella capacità di
rigenerazione delle risorse naturali (flora e fauna). Non si riscontrano specie di rilevante interesse
conservazionistico e gli habitat di maggiore interesse naturalistico sono localizzati a monte e a
valle dell'area di intervento.
La Tavola 04 Carta degli elementi di importanza naturalistica e ecosistemica riporta le connessioni
del sistema fluviale con la macroarea agricola e forestale di margine. Lo schema dei flussi di
connessione ecologica rileva come l'intera area sia caratterizzata da un'ottima permeabilità da
parte degli elementi faunistici e floristici per la presenza di spazi aperti e gangli di vegetazione a
contatto e ridotta presenza di barriere quali nuclei edificati di notevole estensione o infrastrutture
viarie che occupino porzioni notevoli del territorio.
B.4.11. Presenza di carenti stati di qualità dell'atmosfera vicino all'intervento proposto
(situazione "ante operam")
La qualità dell'atmosfera vicino all'area dell'intervento risulta buona.
B.4.12. Collocazione del progetto presso corpi idrici con problemi di qualità delle acque
superficiali (situazione "ante operam")
La qualità delle acque nell'area dell'intervento risulta buona. II progetto in discussione non
interferisce con la qualità delle acque attualmente presente.
B.4.13. Gli acquiferi sono caratterizzati da alta sensibilità nei confronti del progetto (p.e.
Attività idroesigenti alimentate da aquiferi con debole ricarica)?
Il progetto è dimensionato rispettando il D.M.V.. Inoltre non sono presenti sorgenti nell'area
interessata dal progetto.
B.4.14. Inserimento del progetto in ambienti ad elevata sensibilità degli acquiferi.
Non risultano, in fase preliminare, ambienti ad elevata sensibilità degli acquiferi nell'area di
intervento.
B.4.15. Presenza di frane e condizioni di instabilità potenziale di versanti vicino
all'intervento (situazione ante operam).
Nei dintorni delle aree impegnate e comunque più ampiamente esaminate, non sono presenti
movimenti gravitativi attivi (come visibile dalle cartografie allegate).
B.4.16. Presenza di pendii che possono essere soggetti ad erosioni (situazione ante
operam).
Le zone interessate dall'opera di presa e di rilascio sono poste in aree di bordo fluviale che non
sono soggette a fenomeni di erosione. In particolare l’ opera di presa di Fiume è posizionata
in area caratterizzata da una formazione calcarea mentre quella di restituzione in Loc.
68
Quartignano interessa una piana alluvionale piuttosto stabile, sia per la natura litologica dei
terreni presenti che per la morfologia sub-pianeggiante.
B.4.17. Sensibilità degli ecosistemi nei confronti del progetto (p.e. capacità portante
prossima al nuovo carico complessivo generato)
L'ecosistema fluviale, così come tutti i sistemi naturali, è il risultato della interazione di un
complesso di fattori, biotici ed abiotici, che concorrono alla determinazione di uno o più particolari
habitat. Nel caso di un ecosistema fluviale, l'equilibrio delle caratteristiche ambientali è in continua
evoluzione e determina, in particolar modo nei corsi d'acqua, talvolta a regime torrentizio, tipici
dell'Appennino, habitat particolarmente instabili e sensibili alle minime variazioni dei parametri
idrologici e della qualità delle acque. Il fattore più evidente che condiziona e caratterizza un corso
fluviale è costituito dalla variazione delle portate lungo l'asta fluviale nel corso dell'anno, ed in
particolare tra la stagione invernale e quella estiva.
Tra i numerosi fattori che concorrono ad alterare la naturale evoluzione e diversità degli ambienti
fluviali, particolare rilevanza assumono le opere di derivazione e di ritenuta per scopi idroelettrici,
irrigui ed idropotabili che modificano, generalmente in modo in modo sostanziale e talvolta
radicale, il naturale deflusso delle acque.
La realizzazione di tali opere, in generale, comporta delle modificazioni evidenti dei parametri
idrologici, della morfologia dell'alveo, delle caratteristiche del substrato, delle variazioni dei
parametri chimico-fisici delle acque che si riflettono su tutte le comunità animali e vegetali del
corso d'acqua.
Il concetto di deflusso minimo vitale (DMV) è stato introdotto nella legislazione nazionale con la
Legge n. 183 del 18 maggio 1989 - Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa
del suolo - che si menziona il "minimo deflusso costante vitale". In particolare la lettera i) del punto
1 dell'articolo 3 di detta legge, relativo alle attività di pianificazione, di programmazione e di
attuazione dei Piani di Bacino, indica tra queste "la razionale utilizzazione delle risorse idriche
superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque,
che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi,
nonché la polizia delle acque".
Lo stesso concetto viene ripreso dalla Legge n. 36 del 5 gennaio 1994, la quale al punto 3
dell'articolo 3, prevede che "nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da
trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da
garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli
equilibri degli ecosistemi interessati".
I criteri generali di stima del deflusso minimo vitale seguono essenzialmente due procedure di
calcolo differenti: l'indagine di tipo teorico si basa sull'applicazione di una variabile posta in
relazione alla portata, oppure di tipo sperimentale in cui vengono raccolti una serie di dati in
riferimento ad un preciso obiettivo di tutela ambientale. In quest' ultimo caso le portate sono
ricavate dalla relazione tra una variabile idraulica o strutturale del corso d'acqua, rilevata
sperimentalmente, e la portata.
69
L'analisi critica delle metodologie precedentemente descritte evidenzia come quelle di tipo
sperimentale, in cui i dati biologici sono posti in relazione con quelli idrologici, siano le più
qualificate per ottenere valori attendibili di portata residua tali da permettere un soddisfacente
mantenimento dell'ecosistema fluviale. In particolare il PHABSIM (Physical HABitat Simulation) è
risultato il metodo più efficace, soprattutto per l'ampio uso in tutto il mondo ed in Italia.
L'applicazione in territorio italiano, presuppone la conoscenza delle curve di idoneità (probability of
use curves) per le specie ittiche tipiche del corso d'acqua interessato. Nonostante che tali curve di
idoneità si basino, nel metodo originario, sull'ecologia di alcune specie salmonicole americane,
successive verifiche effettuate in Francia sulla trota fario hanno evidenziato una generale
accettabilità anche per i salmonidi europei. Pertanto, si reputa che tali valori siano adeguati anche
in Italia per le acque a salmonidi.
La Regione Marche, per garantire il minimo impatto sull'ecosistema fluviale di opere di
derivazione, ha dettato norme per il calcolo del D.M.V. , norme alle quali si è fatto costante
riferimento in sede di progettazione, da garantire in alveo in fase di esercizio della centrale.
B.4.18. Sono presenti carenti stati di qualità del clima acustico vicini all'intervento proposto
(situazione ante operam)
La qualità del clima acustico vicino all'area dell'intervento risulta buono. Detto stato è certificato
dalla Classificazione Acustica del Territorio del Comune di Pievetorina avvenuta nel Giugno
2006 per iniziativa del comune (Legge n.44711995 "Legge quadro sull'inquinamento acustico" e
legge regionale 14 novembre 2001, n.28 "Norme per la tutela dell'ambiente esterno e
dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico nella Regione Marche").
70
B.4.19. Bacino visivo degli interventi, con le foto degli elementi caratteristici del paesaggio
attuale.
Foto n°1: Torrente S. Angelo: Opera di presa esistente in Località Fiume – Vista d’insieme
Foto n°2: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Luci di cattura dell’acqua
71
Foto n°3: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Vasca di sedimentazione
Foto n°4: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Bottino di carico
72
Foto n°5: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Area da impegnare con la realizzazione della vasca
di carico
Foto n°6: Sito di Quartignano in destra idrografica del Fiume Chienti di P.T.
73
Foto n°7: Quartignano
Area di impostazione della centrale idroelettrica
Foto n°8: Sponda Dx CHIENTI di P.T. Area di impostazione del canale di restituzione - Zona del punto di rilascio
B.4.20. Caratterizzazione del paesaggio da un'alta sensibilità nei confronti del progetto
Il progetto non sarà invasivo dal punto di vista estetico e si collocherà nel paesaggio in modo
possibilmente armonico, introducendo elementi “architettonici “ ovvero tipologie edilizie
emergenti dal suolo, di normale ricorso e visione in zona.
74
B.4.21. Collocazione del progetto presso unità di paesaggio degradate (situazione ante
operam)
Il paesaggio dell'area risulta sufficientemente integro, come si può evincere dalla documentazione
fotografica. Il PTC della provincia di Macerata non segnala, peraltro, situazioni di degrado
paesaggistico nell'areale di intervento.
B.4.22. Collocazione del progetto presso presenze architettoniche, culturali e/o storiche
significative
Non esistono, nell'area di progetto, elementi architettonici, storici o culturali di particolare rilievo. Il
centro abitato di Pievetorina viene aggirato in sinistra idraulica dalla condotta comunque
posta nel sottosuolo.
B.4.23. Collocazione del progetto presso aree ad elevata densità demografica
Le aree dove sorgeranno rispettivamente la centrale e l’ opera di presa sono in aperta
campagna la prima e immediatamente a valle della frazione di Fiume di Pieve Torina la
seconda. In particolare quest’ ultima non molto abitata nell’ arco dell’ anno, si anima in
qualche misura solo d’ estate.
B.4.24. Collocazione del progetto presso ambiti con problemi legati ai livelli di benessere e
di salute della popolazione
L'area dove sorgerà la centrale non risulta interagire con problemi di benessere e di salute della
popolazione e comunque non è interessata da definizione di "aree depresse" o simili
provvedimenti.
B.4.25. Collocazione del progetto presso ambiti con usi plurimi del territorio reciprocamente
poco compatibili (situazione ante operam)
L'ambito di progetto non ha usi plurimi o incompatibili con le opere in progetto. L'unica interferenza
è rappresentata dalla concessione esistente ma è stato superato tramite un accordo tra l'attuale
concessionario della derivazione ed il soggetto proponente (Hidrochienti srl).
B.4.26. Considerazioni sulle evoluzioni significative dello stato ambientale attuale in
assenza di intervento (p.e. aumento demografico, estensione di contaminazioni, ecc.)
L'intervento non interagisce sullo stato ambientale presente e futuro, né
introdurre evoluzioni di qualche significato.
è
in
grado
di
75
B.4.27. Descrizione di tutte le infrastrutture pubbliche e private che ricadono o sono
prossime all'area di intervento (linee elettriche aeree, linee elettriche interrate, captazioni e
linee acquedottistiche, condotte fognarie, linee telefoniche, metanodotti, oleodotti, strade
private, strade pubbliche, abitazioni private, strutture ad uso collettivo, linee ferroviarie,
fossi, corsi d'acqua, ecc.)
Nell'area di progetto o nelle sue immediate prossimità sono individuate le seguenti infrastrutture:
- Strade provinciali: Valnerina ( ex SS 209 ) e SP
comunali minori;
Pieve Torina
- Col Fiorito ; strade
- linee ENEL in BT, MT ed AT e relative cabine di trasformazione;
- Acquedotto di rilevante importanza ( Ac. Del Nera )
- Metanodotto ad uso locale
B.4.28. Analisi dell'ambiente di riferimento
Al fine di dettagliare l'ambiente di riferimento sono state allestite le seguenti cartografie: - Tav. 01 Carta dei vincoli - estratto del PRG
- Tav. 02 Carta della vegetazione e uso del suolo
- Tav. 02 A Interferenze dell'opera di presa e della centrale sulla vegetazione
-Tav. 03 Carta degli Habitat della fauna
- Tav. 04 Carta degli elementi di importanza naturalistica ed ecosistemica
- Tav. 05 Carta dell'uso del suolo nei 200 metri contigui il tracciato e viste fotografiche
Da essi si desume che l'ambiente di riferimento è caratteristico degli habitat vallivi, sia per quanto
riguarda l'uso del suolo, sia per gli elementi botanico-vegetazionale, sia per quelli di tipo faunistico.
B.5. VALUTAZIONI DEGLI IMPATTI AMBIENTALI POTENZIALI A BREVE, MEDIO E LUNGO
PERIODO
B.5. 1. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela
delle acque sotterranee
Nell'area in esame non sono presenti sorgenti o pozzi di qualche significato; ciò ha permesso di
ipotizzare che solo nell' esiguo spessore dei depositi alluvionali di fondo valle è possibile l’
instaurazione di una modesta circolazione idrica basale, peraltro alimentata sostanzialmente
dallo stesso corso d’ acqua.
76
B.5.2. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela
delle acque superficiali
La particolare situazione del fondo valle, induce considerazioni pressoché identiche a quelle
fatte per le acque sotterranee.
B.5.3. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela
dell'atmosfera
Il progetto in esame non ha nessun effetto sull'atmosfera in quanto non comporta emissioni
gassose di alcun tipo, se non limitatamente alla fase di cantiere.
B.5.4. Potenziali influssi negativi sulla salute e sul benessere degli esseri umani dovute alla
produzione di polvere in fase di cantiere
Il cantiere comporterà una produzione di polvere minima in quanto non si avranno demolizioni di
opere murarie e gli scavi avverranno su terra compatta e umida e a distanze di centinaia di metri
dalle più vicine abitazioni.
B.5.5. Valutazione di eventuali impatti ambientali fuori Regione o a grande distanza.
L'unica possibile influenza del progetto considerato a grande distanza è l'immissione di energia
elettrica nella rete dell'Enel cui esso sarà collegato, rete che per essere estesa all’ intero
Paese può estendere gli effetti dell’ impianto, più che modesto, anche a regioni limitrofe,
B.5.6. Verifica degli impatti in relazione alle varie alternative progettuali
Non sono previste soluzioni alternative
B.5.7. Verifica dell'esistenza di soluzioni alternative non analizzate di minore impatto
Vista la conformazione del sito non si ritengono possibili altre soluzioni progettuali rispetto a quelle
elencate al punto precedente.
77
B.5.8. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela della stabilità dei
versanti
L' Impianto si sviluppa sostanzialmente e complessivamente tra le località di Fiume e
Quartignano rispettivamente lungo la valle del torrente Sant’ Angelo a monte e lungo la
valle del Chienti di Pievetorina a valle del centro abitato di Pievetorina dove non sono
presenti movimenti gravitativi attivi. Sia il rilevamento geologico-geomorfologico di dettaglio,
effettuato dal geologo incaricato, che la visione delle cartografie edite dalla Regione Marche
(Carta geologica e geomorfologica) non hanno evidenziato aree in dissesto, ma solo un
modesta manifestazione di un “ movimento quiescente “ ad Ovest del centro abitato di
Pieve T. che investe una modesta area attraversata dalla condotta. Alla luce di quanto sopra
riportato si può affermare che il sito oggetto dell'intervento (punto di derivazione, percorso e punto
di rilascio) è morfologicamente stabile.
B.5.9. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dall'erosione
Non sono state rinvenute manifestazioni di erosione nei tratti interessati dal complesso di opere
( tracciato condotta, zona di presa e di rilascio).
B.5. 10. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dalla vegetazione
Dall'analisi dei vincoli relativi al sottosistema Botanico risulta che l'opera in esame comporta
interventi diretti o indiretti a piante protette. Sia l'opera di presa, sia i manufatti a valle della stessa,
durante la loro realizzazione intercettano superfici a bosco di carpino nero, ripariale in filare e
esemplari di specie protette da abbattere quali n° 2 Cupressus sempervirens sopra il paese di
Pievetorina e n° 2 Quercus pubescens lungo un siepe.
CALCOLO DELLA SUPERFICIE BOSCHIVA DA COMPENSARE
L’articolo 6, comma 4, e dall’allegato A della l.r. 71/1997 prevede:
a) l’analisi dendrologico-forestale del popolamento da sacrificare;
b) l’individuazione della provvigione dendrometrica ad ettaro a maturità convenzionale di 100 anni
se alto fusto, o di 25 anni se ceduo;
c) il calcolo della superficie da compensare, rapportando la provvigione ad ettaro all'area da
sacrificare e dividendo per 10.
La compensazione in termini di C02 si fonda sul rendimento fotosintetico di un giovane impianto a
circa 1280 p/ha per cui si può ipotizzare un incremento minimo iniziale di 1mc/medio/annuo.
78
Considerando che le tre aree sono di limitata estensione, addirittura inferiore alla dimensione di
un’eventuale area di saggio di 20 metri di lato e che sono molto disomogenee, si è preferito, invece
che eseguire l’analisi dendrologico-forestale, ricorrere ai dati sull’incremento medio annuo riportati
ne “I tipi forestali delle Marche”.
La tipologia di bosco interessata in questo tratto è esclusivamente a carpino nero. Nella zona di
fondovalle non si eliminanto fasce boscate ripariali ma si tratta di vegetazione rarefatta in filare. In
due attraversamenti vengono abbattute piante singole protette in base alla legge regionale: n° 2
Quercus pubescens (roverelle) e n° 2 Cupressus sempervirens (cipresso comune) non avendo
altre alternative progettuali.
BOSCO DI CARPINO NERO
Nel caso del bosco di carpino nero la forma di gestione è ceduo non matricinato
Si tratta di un bosco inquadrabile nell’associazione Scutellario columnae – Ostryetum carpinifoliae
codificato da I tipi forestali delle Marche come OS21 – Ostrieto mesoxerofilo sottotipo su substrati
cartonatici con un incremento medio annuo di 3,1 m3/ha.
L’ostrieto mesoxerofilo, dai dati riportati ne I tipi forestali delle Marche è quello con l’incremento
medio annuo più elevato per cui, in via cautelativa, viene riconosciuto per valido tale valore.
La provvigione a maturità convenzionale è paria 3,1 m3/ha* anno x 25 anni = 77,5 m3/ha
Secondo l'allegato A della L.R. 71/1997 la superficie da compensare si ottiene dividendo per 10 la
provvigione ad ettaro moltiplicata per la superficie da sacrificare:
3
Provv. * Sup. sacrificata
Sup. da compensare =
77,5 m /ha * 0,52ha
= 4,03 ha
=
10
10
Dovranno quindi essere reimpiantati 7,75 volte gli ettari da sacrificare, valore in linea con le
prescrizioni di legge "superficie almeno doppia di quella del bosco dissodato" indicate nell'art. 6
comma 4 della L.R. 71/1997.
Complessivamente vanno a compensazione totale ettari: 4,03
In totale verranno asportati circa 43 metri di filare con compensazione 1:1.
Gli esemplari singoli appartenenti a specie protette sono pari a 4 di cui n° 2 cipressi comuni e n° 2
roverelle con compensazione 1:2.
79
TIPOLOGIA DI IMPIANTO
Lo scopo del presente progetto è la compensazione in termini ecologici della superficie boscata da
sacrificare con la coltivazione della cava. Viene scelto l’impianto di essenze arboree autoctone che
costituiranno un “bosco da alto fusto” nel quale, ai sensi dell’Art. 10 della Legge Forestale
Regionale n° 6 del 23/02/2006, sarà vietata la riduzione di superficie, la trasformazione in altra
qualità di coltura e la conversione in ceduo; la superficie imboschita sarà inoltre sottoposta a
vincolo idrogeologico secondo l’Art. 11 della medesima legge. L'utilizzo di uno schema d'impianto
naturaliforme risulterebbe migliore dal punto di vista dell'integrazione con gli altri soprassuoli
boscati dell'intorno; viene proposto, invece, uno schema regolare quadrato con sesto 3x3: tale
scelta si rende necessaria per garantire gli spazi minimi di manovra delle macchine agricole con le
quali verranno eseguite le cure colturali nei primi anni dopo la messa a dimora delle piante a
garanzia della riuscita dell'impianto.
Le essenze scelte saranno presenti all'interno del modulo d'impianto con le seguenti frequenze:
Quercus pubescens:
50 %
Ostrya carpinifolia:
16,67 %
Fraxinus ornus:
16,67 %
Acer campestre:
16,67 %
Lo schema prevede dunque un sesto d'impianto quadrato con distanza delle piante tra le file e
sulla fila pari a 3 m.
Il modulo, e cioè la disposizione delle piante che andrà ripetuta n volte nell'esecuzione
dell'impianto fino a coprire l’intera superficie, prevede l'alternanza di una fila di roverella e carpino,
una fila di roverella ed orniello ed una fila di roverella ed acero come di seguito illustrato:
Legenda: R = roverella; C = carpino; O = orniello; A = acero
3m
3m
R
O
R
O
A
R
A
R
R
C
R
C
O
R
O
R
R
A
R
A
C
R
C
R
80
Vista la distanza tra le piante pari a 3 m sia sulla fila che tra le file la superficie specifica assegnata
ad ogni pianta è pari a 3 x 3 = 9 m2 . Ciò comporta la messa a dimora di un numero di piante ad
ettaro pari a 1.111.
La formazione boschiva impiantata, classificabile come fustaia coetanea a prevalenza di roverella,
potrà essere trattata con tagli successivi a strisce, secondo quanto previsto dalle Prescrizioni di
Massima e di Polizia Forestale emanate con D.G.R. n. 2585 del 06/11/2001, fino ad ottenere, a
maturità, un bosco ad alto fusto di roverella.
R
4,2m
R
R
R
4,2m
R
R
R
R
R
R
R
R
Primo intervento di diradamento – 556 piante/ha
B.5.11. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dalla fauna
Si deve muovere partendo dal presupposto che solo la fauna ittica può essere
ragionevolmente interessata dall’ intervento, dovendosi lavorare in alveo per la realizzazione
delle opere di presa, di attraversamento e di restituzione. I lavori e di realizzazione
dell’ edificio centrale idroelettrica e di posizionamento della condotta forzata , e questi ultimi
investono un fronte lineare di circa 6,2Km, che si svolgono su un territorio sostanzialmente
agricolo, quindi caratterizzato da un habitat “povero di occasioni”, non sono in grado di
apportare disturbi ambientali di qualche consistenza e di non facile riassorbimento. La
realizzazione dell’ opera di restituzione , sulla sponda destra del Fiume a Quartignano
impegna circa 20m di sponda e la fascia antistante dell’ alveo per una larghezza di poco
inferiore a metà. Ad eccezione della dimensione di affaccio del canale di scarico, la difesa
di sponda e la sua platea di fondazione sono realizzati con gabbioni e materassi metallici
81
riempiti di pietrame, strutture queste che bene ed immediatamente ripropongono la
morfologia e la costituzione spondale. Considerato che la durata dei lavori in alveo sarà di
qualche settimana dopo di che le stesse strutture saranno parzialmente sommerse dall’
acqua e quindi di nuovo invase dalla vegetazione, si ha motivo di ritenere che l’ habitat
preesistente tornerà immediatamente a ristabilirsi.
Come si è avuto modo di chiarire la realizzazione dell’ opera di presa, utilizza per la parte
propriamente fluviale strutture esistenti ed in gran parte reimpiegabili che investono un
tratto di fiume lungo circa 30m. Su di esse si realizzeranno interventi di adeguamento
dimensionale, di integrazione con la introduzione di una minuscola scaletta di risalita dei
pesci e di semplice restauro senza produrre scavi di sorta o altre operazioni chiaramente
invasive. E’ innegabile che in genere le modalità di esecuzione dei lavori comportano la perdita
temporanea di habitat destinato alla riproduzione od a qualunque altra attività del ciclo biologico e
comunque una limitazione temporanea allo spostamento lungo il fiume delle specie ittiche
presenti ed interessate alla mobilità. Ma la modestia delle operazioni che si andranno ad
eseguire, alla conclusione dei lavori e con il transito della prima onda di piena, determinerà
il ristabilirsi delle condizioni proprie della situazione locale ante operam e quindi che
l’ habitat torni ad essere quello che caratterizza il corso d’ acqua in quella zona.
Nel
suo complesso si ritiene che l'intervento sia destinato a determinare una
sicuramente
temporanea e molto trascurabile alterazione dell'ecosistema.
B.5.12. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela della qualità degli
ecosistemi
L’ impianto non emette inquinanti di alcun genere, né rumori rilevanti, e prevedendo, in caso di
guasti al modesto sistema oleodinamico e di lubrificazione, un pozzetto di sicurezza, per le
eventuali perdite, l'opera non modifica gli equilibri degli ecosistemi locali.
B.5.13 Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela
della qualità degli elementi paesaggistici
Le zone interessate in successione appartengono all'area di tutela degli elementi paesaggistici
associata a fiumi e corsi d'acqua. Il progetto non interferisce in nessun modo con la qualità degli
elementi paesaggistici. Per le ragioni dianzi discusse, l'opera di presa esistente e da integrare
con modestissime strutture, non turba in alcun modo l'attuale stato dei luoghi.
B.5.14. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela
della qualità dei valori del patrimonio socio-culturale
Non sono presenti particolari valori del patrimonio socio culturale.
Dal punto di vista architettonico, non sono presenti particolari vincoli secondo gli strumenti di
pianificazione vigenti.
82
B.5.15 Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela del
benessere e della salute umana
L'intervento è compatibile con gli standard ed i criteri per la tutela del benessere e della salute
umana.
B.5.16. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la
prevenzione del rischio di incidente
L'intervento è compatibile con gli standard ed i criteri per la prevenzione del rischio di incidente.
B.5.17. Potenziale accrescimento del rischio di incendio
Non si registrano, statisticamente, particolari rischi di incendio legati alla presenza di una centrale
idroelettrica.
L’elaborato prende in considerazione sia la Carta del Rischio Incendi Boschivi (C.R.I.B.), elaborata
dal Corpo Forestale dello Stato e dal Servizio di Protezione Civile della Regione Marche sia una
valutazione del Rischio perdita Biodiversità scaturita dall’analisi territoriale precedentemente
svolta. La metodologia applicata è quella di una griglia spaziale rettangolare agganciata ai vertici
chilometrici del reticolo Gauss – Boaga con ampiezza di celle pari a 1 Kmq (100 ettari) considerato
quale unità di lavoro.
Il territorio di Pievetorina è interessato da differenti tipologie di vegetazione che va da quella dei
pascoli, dei boschi zonali e azonali, legati ai corsi d’acqua, nonché dagli elementi diffusi del
paesaggio oltre che da nuclei di rimboschimenti di conifere. Il Piano Regionale per la
Programmazione delle Attività di Previsione e Lotta Attiva contro gli Incendi Boschivi (BUR n° 103
del 17/09/02) individua le seguenti classi di rischio espressa in percentuale di territorio comunale
interessato:
Trascurabile
Basso
Medio
Alto
Estremo
0,0
5,7
56,2
35,3
2,7
Nella Carta del Rischio Ambientale , Sottosistema Botanico – Vegetazionale, è stata realizzata una
interpretazione del rischio in base a differenti cenosi, alla loro copertura, alla vicinanza a nuclei
abitati e all’esposizione del versante. Il rischio basso di incendio è legato al tematismo dei pascoli,
il medio a tutte le forme boschive mentre il rischio alto viene riferito ai boschi termofili e ai
rimboschimenti di conifere. Per quanto riguarda gli elementi diffusi del paesaggio sono a basso
rischio logicamente le formazioni ripariali.
83
Al rischio incendi boschivi è stato sovrapposto il rischio di perdita biodiversità: per la ricchezza
floristica del territorio e la enorme variabilità non siamo in presenza di habitat particolarmente fragili
e a rischio di modifiche per un impatto antropico non rilevante e sempre più in lieve.
Nonostante la vicinanza al Parco Nazionale dei Monti Sibillini Pievetorina rimane sempre ai
margini dei circuiti turistici, poco conosciuto e poco frequentato anche dal turismo pendolare della
domenica.
B.5.18. Potenziali peggioramenti dei rischi riguardanti la salute della popolazione e dei
lavoratori
Un impianto idroelettrico non presenta emissioni inquinanti di alcun genere che possano nuocere
alla salute della popolazione limitrofa, né a maggiore distanza da essa. I lavoratori in fase di
cantiere saranno tutti attrezzati con opportuni D.P.I. e il cantiere stesso sarà adeguato alle norme
pertinenti. In fase di esercizio verranno verificate le eventuali condizioni di rischio per la salute dei
lavoratori secondo le vigenti norme di pertinenza. La gestione dell'impianto non comporta
ordinariamente manovre pericolose e l'uso della migliore tecnologia (automazione e
antinfortunistica) disponibile attualmente allo stato dell'arte per opere di questo genere sarà volta a
minimizzare i rischi per chi vi lavora.
B.5.19. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela
delle possibilità di svago della popolazione
L'opera in esame non lede in alcun modo le possibilità di svago della popolazione. L'area in esame
non è infatti meta di particolare interesse; la sola attività di qualche importanza praticata in
zona è la pesca fluviale, ma come detto l’ ecosistema è minimamente turbato dalla
costruzione dell’ impianto, mentre in fase di esercizio, anche quando le fluenze sono al
minimo stagionale, l’ ecosistema fluviale è garantito dal rilascio della portata di MDV.
B.5.20 Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela del valore dei beni
materiali
Il progetto in esame non lede in alcun modo la tutela del valore dei beni materiali. Secondo il D.
Lgs. 387/03 l'opera è considerata di "Pubblica Utilità" e di conseguenza gli espropri dei terreni che
ne permettano la realizzazione sono considerati e consentiti dalla legge. Il progetto comunque
prevede solo servitù di passaggio per la condotta forzata ed espropri limitati alla realizzazione
dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica.
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B.5.21. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela degli usi plurimi
delle risorse materiali
L’ Impianto idroelettrico in esame non preclude l'utilizzo dell'area circostante sia per fini agricoli
che per fini ricreativi. L'acqua derivata ed interamente poi restituita al fiume sarà di nuovo
disponibile per tutti i suoi possibili utilizzi con proprietà e qualità immutate.
B.5.22. Potenziali danni di aree turisticamente importanti
L'area complessivamente interessata dall’ impianto non presenta siti particolarmente rilevanti
dal punto di vista turistico. Dal punto di vista culturale, un Impianto idroelettrico, in quanto
utilizzatore di fonte energetica rinnovabile, può essere considerato occasione di interesse per
visite a scopo educativo e dimostrativo di volontà valorizzatrice del territorio.
B.5.23. Potenziali danni di aree importanti dal punto di vista ricreativo
Ove si voglia osservare il sistema complessivo corso d’ acqua - impianto dal punto di vista
ricreativo, esso non subisce menomazioni di sorta , giacché l'accesso alle sponde del fiume
non viene ostacolato in alcun modo anche dalla presenza dell’ opera di presa e di quella di
restituzione. Non può non essere elusa l’ argomentazione correlata alla riduzione della
portata in alveo nel tratto di corso d’ acqua, significativamente il torrente S. Angelo,
determinata dalla sottrazione imposta dall’ opera di presa dell’ impianto idroelettrico ed in
relazione alla pratica della pesca sportiva. La risposta a detta problematica va
immediatamente individuata
nella definizione di PORTATA DI MINIMO DEFLUSSO
VITALE e nella capacità propria del corso d’ acqua di riguadagnare il suo regime di
portata man mano che dalla presa si procede verso valle, almeno fino alla confluenza col
fiume Chienti di P.T. come debitamente chiarito e dimostrato nel capitolo 6.1.a del
presente studio.
B.5.24. Potenziali danni a terreni di rilevante valore agricolo
Escluse quelle dove verranno realizzate la centrale e la vasca di carico dell’ opera di
presa, che ovviamente perderanno la definizione di aree agricole, le superfici agricole
interessate dall'opera sono quelle riconducibili alla posa della condotta forzata e valgono
complessivamente circa 7Ha. Come però precedentemente descritto, le operazioni di scavo
e rinterro saranno eseguite con modalità tali da non mescolare tra di loro i terreni
superficiali che individuano il cosiddetto “ franco di coltivazione” con quelli di sottofondo
aventi caratteristiche sostanzialmente minerali, in maniera tale che i rinterri, eseguiti con
successione inversa, tornino a collocare i materiali scavati nella loro originaria posizione,
avviando a discarica (o meglio a riutilizzo) solo il volume in eccesso determinato dalla
dimensione della condotta. A lavori ultimati, rispettando tale procedura esecutiva , non
risulterà alcun scadimento della qualità e delle caratteristiche pedologiche dei suoli
interessati.
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B.5.25. Influenza sul mercato del lavoro dell'area
Il mercato del lavoro nell'area risentirà positivamente della realizzazione dell'opera e per la
necessità di assicurarsi in zona le prestazioni di mezzi , di mano d’opera e di materiali da
costruzione, e per la necessità di una persone adibita alla vigilanza e alla conduzione degli
impianti.
B.5.26. Influenza sul mercato immobiliare dell'area
Non sono razionalmente prevedibili effetti sul mercato immobiliare della zona.
B.5.27. Verifica della compatibilità dell'intervento con la capacità delle infrastrutture viarie
L’ esercizio
dell’ impianto non genererà traffico significativo nelle strade dell’ area
complessivamente investita. La manutenzione con personale e attrezzature specializzate avrà
una frequenza tale da risultare scarsamente percepibile. Le strade di accesso all'area, ancorché
se ne ravvisi la necessità,permettono e permetteranno il transito di mezzi di trasporto di tipo
industriale, senza particolari problemi.
B.5.28. Interazioni con altre eventuali pressioni ambientali che cumulativamente possono
esercitare impatti o rischi significativi
Non essendo la zona in esame soggetta a particolari pressioni ambientali, né attuali né
nell'immediato futuro, secondo quanto attualmente ipotizzabile, la realizzazione del progetto in
questione non presenta interazione con altre attività con significativo impatto ambientale.
B.5.29. Misure di emergenza per rischio di potenziali incidenti
La strada d'accesso alla centrale prevista sarà sufficientemente ampia per l'ingresso di eventuali
mezzi di soccorso. L'opera eventuale dei soccorritori non incorre quindi in ostacoli particolari.
B.5.30. Mitigazione e compensazione degli impatti ambientali
Il periodo critico nel quale è necessaria una maggiore attenzione per il mantenimento del D.M.V.
riguarda l'arco temporale marzo-giugno in cui ha luogo la riproduzione dei ciprinidi e nel quale si
esplica l'attività riproduttiva degli anfibi. La rana appenninica può maggiormente risentire delle
fluttuazioni/diminuzioni dei flussi idrici, in quanto hanno ovodeposizione riacofila ed epilitica. Si
ritiene di poter garantire la certa sopravvivenza dell'ittiofauna mantenendo il DMV previsto.
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B.5.31. Mitigazione nel tempo degli impatti ambientali
In quanto all’ impatto arrecato con la realizzazione dei lavori , soprattutto in alveo, attese le
precauzioni da adottarsi nel corso delle operazioni, esso è destinato ad essere sicuramente
assorbito nel tempo, rappresentando lo stesso fattore temporale il miglior rimedio possibile
in quel tipo di ambiente. In fase di esercizio potenziali problematiche possono determinarsi
con possibili malfunzionamenti dei meccanismi di regolazione della portata d'acqua prelevata. I
programmi di manutenzione di routine, che prevedono visite molto frequenti all’ opera di presa,
tenderanno a minimizzare tale rischio, limitandolo nell'entità e nella possibile durata.
B.5.32. Impatti e rischi residui dopo l'applicazione degli interventi di mitigazione
Non si prevedono impatti e rischi residui dopo l'applicazione degli interventi di mitigazione.
B.5.33. Impatti ambientali residui dopo la dismissione delle opere e sistemazione
Sarà possibile, dopo eventuale dismissione e sistemazione, ripristinare significativamente le aree
interessate alle condizioni iniziali, ritenendo opportuno
non provvedere al recupero della
condotta posata in sotterraneo. Non avrebbe infatti alcun senso riaprire una ferita lungo i
6200 metri di tracciato, atteso anche il fatto che l’ abbandono della condotta al non utilizzo
non corporta ragionevolmente alcun rischio ambientale.
B.5.34. Rischi e impatti ambientali significativi per le alternative di progetto
Non sono previste alternative di progetto
B.5.35. Programmi di monitoraggio degli impatti ambientali
Al fine di conoscere in dettaglio gli esiti e gli impatti dell'opera, si ritengono opportune le seguenti
operazioni:
- monitoraggio dell' ittiofauna e dell' erpetofauna a monte e a valle della presa ad un anno dal
funzionamento dell’ impianto idroelettrico a pieno regime.
- misurazione della temperatura nel punto di presa e in quello di rilascio dell'acqua con frequenza
almeno mensile e per un periodo di dodici mesi.
Qualora si dovessero registrare mutamenti significativi nei parametri sopra citati (temperatura e
popolamento ittico), dovranno essere adottate misure di mitigazione che potranno prevedere
anche il ripopolamento delle specie ittiche ed il controllo delle portate di MDV.
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B.5.36. Raccolta, coordinamento ed esame dei dati per la valutazione degli impatti
ambientali
Per l'effettuazione del presente Screening sono state utilizzate cartografie ufficiali relative agli
strumenti di pianificazione del territorio a livello regionale, provinciale e comunale. Le informazioni
risultanti dall'insieme di tali fonti, dai sopralluoghi e dai rilievi in situ, dalle statistiche e da tecnici
esperti in questo tipo di opere, sono in definitiva risultate sufficienti al fine di ottenere un quadro
coerente e completo relativo all'area in esame.
B.5.37. Informazioni da reperire utili alla completezza dello Screening
Tutte le informazioni utili per l'effettuazione della verifica ambientale sono state reperite.
B.5.38. Complessità degli effetti del progetto sull'ambiente: sinergia degli impatti
Non sono rilevabili particolari fenomeni o interazioni tra gli impatti ambientali che possano
generare conseguenze non direttamente valutabili o prevedibili.
B.5.39. Incertezza e difficoltà nella stima degli impatti
La valutazione degli impatti sui sistemi viventi, essendo essi sistemi complessi ed essendo
numerosissime le variabili in gioco, presentano per loro natura delle difficoltà previsionali cui si è
cercato di ovviare facendo riferimento puntuale alla normativa e alle direttive delle Autorità
competenti.
B.5.40 AEVIA (Valutazione di impatto per le attività estrattive)
Le uniche attività estrattive legate all'opera in esame sono rappresentate dai materiali in eccesso
e di risulta degli scavi. Gran parte del terreno che ne deriverà verrà riutilizzato nell’ ambito dei
cantieri mentre una parte assai ridotta, quella eccedente, potrà utilmente essere destinata ad
attività limitrofe o smaltita in apposita discarica. Rientra in tale ultima categoria il materiale “
profondo “ e di natura sostanzialmente minerale, potendosi invece affermare che il terreno
di risulta avente qualità di natura ed origine superficiale, sarà necessariamente riutilizzato
soprattutto in opere di ricostituzione del manto vegetale e per rinverdimento al fine di
minimizzare l'impatto derivante dalle stesse operazioni di scavo.
4. - EFFETTI RILEVANTI DEL PROGETTO PROPOSTO SULL’ AMBIENTE
4.1 - Effetti dovuti all’ esistenza del progetto
Gli effetti dovuti alla realizzazione del progetto sono essenzialmente di due tipi: il primo,
di gran lunga il più significativo, è riconducibile alla riduzione di portata del corso d’acqua
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nei periodi di “ magra “ e di “ morbida “ ed il secondo alla presenza di opere significative
quali l’ opera di presa dell’ acqua che investe direttamente un tratto di alveo fluviale e la
centrale idroelettrica che si posiziona in prossimità della sponda del fiume e che
comunque raggiunge con la sezione terminale del canale di scarico che configura l’ opera
di restituzione dell’ acqua all’ alveo naturale.
In questa sede si ritiene di dover attribuire minor significato alla condotta forzata, anche se
per dimensione (diametro 600 mm) e per cospicua lunghezza (6264 m) essa configura
una importante infrastruttura idraulica, giacchè la stessa, posata principalmente in
sotterraneo e per un breve tratto in aereo in corrispondenza dello scavalcamento del f.
Chienti di Pievetorina, con le tecniche esecutive proposte, non potrà essere oggetto di
sostanziali osservazioni, per il semplice fatto di non essere più osservabile se non per un
tratto di 30m circa, né in qualche modo rilevabile, se non con il ricorso a tecniche e
strumenti di natura specialistica.
In termini di assoluta concretezza deve infatti riconoscersi che una attenta esecuzione
della posa, rispettosa delle condizioni di salvaguardia ambientale enunciate per le operazioni
di scavo e rinterro, è normalmente sufficiente a riconferire ai terreni attraversati l’ aspetto
e le caratteristiche possedute ante operam.
4.1.a Riduzione di portata in alveo.
Sulla scorta delle enunciazioni della relazione idrologica, Il progetto prevede ,
dipendentemente dalla effettiva disponibilità in alveo, il prelievo, normalmente continuo per
11 mesi , di portate ricomprese tra il valore massimo di 300 e quello minimo di 50 lt/sec. (
portata media annuale in prelievo di 191 lt/sec ), avendo cura di rilasciare in alveo,
comunque ed in ogni condizione, valori di portata che nei periodi di maggior portata
naturale (Febbraio e Marzo) non siano inferiori a 75,6l/sec e nel periodo caratterizzato da
basse fluenze (Luglio ÷ Ottobre) non siano inferiori a 50,3l/s. Potrebbe osservarsi che nel
tratto di alveo del torrente ricompreso tra la presa di Fiume e la confluenza nel Chienti, in
corrispondenza del centro abitato di Pievetorina, lungo circa 4400m, il corso d’ acqua, anche
in presenza della Q dmv, possa correre dei rischi ambientali. A tale obiezione deve
opporsi che il progetto questa problematica se l’ è già posta, laddove si consideri che l’
esercizio dell’ impianto, oltre a considerare una portata minima turbinabile di 50 lt/sec, è
previsto per 11 mesi l’anno proprio per non deprimere oltre limiti considerati inopportuni
la portata in transito a valle dell’ opera di presa.
Per effetto di tale impostazione la combinazione delle due disposizioni, Qmd (min) = 50 ,3 l/s
e portata minima turbinabile > 50 l /s porta a considerare che in condizioni minime di
deflusso del corso d’ acqua, ad impianto fermo, la portata in transito oltre la sezione di
presa risulterà ben maggiore della Qdmv per puntare verso i 100l/s. Inoltre quando si
osservi che, anche in condizioni di minimo deflusso naturale il contributo minimo specifico
del bacino è, secondo il SIN, pari a non meno di 3,0 l/s x Kmq, essendo la superficie
del bacino scolante tra Fiume e Pievetorina pari a 10,3 kmq, sempre in condizioni pari al
Qmdv, la portata del torrente tra Fiume sino alla confluenza col Chienti, è destinata ad
aumentare gradatamente di almeno 30 l/s.
In ogni modo e come noto, la portata di minimo deflusso vitale è considerata sufficiente a
garantire i necessari equilibri di salvaguardia ambientale, quindi nessun pericolo è
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ravvisabile per la flora e per l’ ittiofauna, anche se indubbiamente si assisterà ad una
notevole contrazione della larghezza degli specchi liquidi assicurati dalla vena attiva
fluviale. Nessun pericolo correrà comunque l’ Habitat dal punto di vista riproduttivo e
nutrizionale.
4.1.b Presenza di opere infrastrutturali in alveo.
Il progetto prevede innanzi tutto il riutilizzo di un’opera di captazione a servizio di presa
esistente ed utilizzata in passato per alimentare una derivazione ( irrigua ) scaduta e non
rinnovata. Detta opera si concretizza in un tratto di alveo torrentizio, completamente
rivestito in calcestruzzo, sia nel fondo che sulle pareti laterali, e munito di una
modestissima traversa di sbarramento che consente, a mezzo di una luce praticata sul
muro di rivestimento in sponda sinistra, di alimentare una vasca di calma utilizzata a mo’ di
dissabbiatore, posta a tergo. Il progetto prevede, in ragione del degrado di alcuni elementi
strutturali componenti la medesima, di restaurarla, di dotarla di una scaletta di risalita dei
pesci, e di realizzare, a valle della vasca di calma, una vasca di carico della condotta
forzata. Le due vasche saranno collegate da un modesto canaletto, lungo qualche metro
sul quale troverà ubicazione uno sgrigliatore automatico.
L’ opera esistente in alveo, realizzata non meno di 35 anni fa, anche se caratterizzata da
un pesante impiego di calcestruzzo deve ritenersi ormai più che acquisita al contesto
circostante. Essa ha acquisito la colorazione grigio bruna del calcestruzzo gettato in
ambienti umidi ed è coperto da muschio ed in qualche tratto, per la presenza di sedimenti ,
di vegetazione acquatica. Gli interventi, più che modesti, che si andranno a realizzare
nell’ alveo “ artificiale, non potranno turbare e per la loro modestia e per i loro contenuti
esecutivi, lo stato dell’ opera e comunque, sotto il profilo eminentemente visivo, saranno
soggetti ad una più che facile integrazione che determinerà un sicuro e rapido
riassorbimento. In tali condizioni non appare né necessario né significativo adottare opere
di mitigazione e di mimetizzazione.
Problemi certamente poco rilevanti saranno generati dalla presenza della centrale
idroelettrica di Quartignano che, pur essendo collocata ad alcune decine di metri dalla
sponda destra del Fiume Chienti ricade nel bel mezzo di un’ area agricola impegnata
normalmente da seminativi. Sotto il profilo tipologico e strutturale l’ edificio è conformato
ad accessorio agricolo, motivo per il quale è destinato , se non a passare inosservato, a
non destare particolare curiosità. Inoltre la sistemazione a verde del sedime circostante ,
e quindi dell’ intera area di impostazione della centrale , contribuirà all’ accentuazione
dell’ aspetto rurale della costruzione. Resta da ricordare la presenza del canale di scarico
realizzato con una struttura in c.a. complessivamente lunga ml 48 di cui 13 al disotto
dell’edificio centrale idroelettrica, e larghezza utile di 3.00 m e totale di 3,60 m, ma
comunque sicuramente incassato al disotto del piano medio di campagna, che ricollega
l’ edificio con il fiume in sponda destra idrografica.
Detto canale è essenzialmente osservabile per visioni dall’ alto salvo quando, per
raggiungere l’ alveo, si affaccia sulla sponda dove però trova una apposita difesa radente,
realizzata sulla sponda fluviale con gabbionate metalliche riempite di pietrame, che oltre a
contenere gli effetti idrodinamici dovuti alla portata idrica scaricata, protegge il canale nella
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zona di innesto del corso d’ acqua dall’ effetto delle piene e ne mitiga considerevolmente
l’ impatto visivo.
4. 2 Effetti dovuti all’ utilizzazione delle risorse naturali
In prima definizione si deve osservare che l’ impianto idroelettrico, per sua costituzione
funzionale non utilizza risorse naturali. Esso infatti si limita a prelevare acqua dal torrente
Sant’ Angelo, nella località di Fiume, ed a restituirla più a valle in una sezione del f.
Chienti di Pievetorina in prossimità del confine comunale tra i comuni di Pievetorina e Pieve
Bovigliana, nella stessa quantità prelevata e con immutate caratteristiche chimico-fisiche.
A chi obiettasse che la temperatura dell’ acqua allo scarico della centrale, potrebbe essere
diversa da quella di immissione in condotta, o meglio da quella della corrente in alveo nella
sezione di restituzione, si risponde che se differenza vi fosse essa non è certo
apprezzabile sul piano sensitivo, giacché il percorso in sotterraneo della condotta tende
sicuramente a conservarne la temperatura, mentre i fenomeni energetico-dissipativi ad
opera del turbogeneratore normalmente ingenerano incrementi di temperatura dell’ ordine del
decimo di grado Celsius.
Il “ processo produttivo”, come noto, tende a valorizzare prima, per quindi poi sottrarre e
trasformare il potenziale idroelettrico determinato dalla presenza in “quota“ (geodetica) di
volumi idrici naturalmente destinati a trasferirsi verso valle, e quindi a quote inferiori, dando
luogo a portate, più o meno variabili nel tempo alle quali , come noto, si associa un
potenziale trasformabile in energia.
Ove l’ estrapolazione concettuale di detto fenomeno consentisse di individuare una “risorsa
naturale”, si potrebbe affermare che l’ impianto idroelettrico utilizza quella risorsa naturale.
Ma la stessa risorsa, per la sua natura intrinseca, ove non utilizzata sarebbe sicuramente
persa, in quanto consumata dallo stesso moto migratorio e naturale dell’ acqua verso il
basso, motivo questo per affermare che il consumo di risorsa naturale, almeno nel senso
propriamente tradizionale , è nullo.
4.3 Effetti dovuti all’ emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive ed
allo smaltimento dei rifiuti.
L’ impianto come già descritto e riferito in altri capitoli del presente studio , non emette
inquinanti, non crea sostanze nocive né determina condizioni di smaltimento di rifiuti da
processo produttivo. Esso tratta l’ acqua dal punto di vista essenzialmente meccanico in
“ ambiente chiuso “, per poi restituirla al corpo idrico al quale l’ ha sottratta, senza che
essa subisca modificazioni qualitative e quantitative. Di fatto la portata derivata, trattata e
restituita, rimane strettamente confinata nel sistema impiantistico che di fatto deve
considerarsi “ impermeabile “ dalla sezione iniziale della condotta forzata nella vasca di
carico dell’ opera di presa sino alla sezione terminale del cono di scarico della turbina.
Le uniche possibilità di alterazione di detta condizione generale sono determinate da
rotture di impianto che possano comportare perdite di fluido oleodinamico o anche
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lubrificante che per qualche ragione allo stato non ipotizzabile finiscano nel canale di
raccolta e scarico della centrale.
Ma in quanto al fluido oleodinamico esso è presente in quantità modesta ( al massimo
60÷ 70 l) ed è concentrata in massima parte nel serbatoio di carico della centralina
oleodinamica, e questa, come già riferito è appoggiata in una cassa di contenimento di
capienza più che sufficiente a contenere il volume totale del fluido sia in circolo che di
riserva. Comunque la rottura della centralina o di alcuno dei tubi di trasporto rilascerebbe
mai il fluido nel circuito idrico di processo, ma lo riporterebbe comunque nella cassa di
contenimento , magari dopo averlo disperso sul pavimento costituente la base di appoggio
della turbina.
In quanto ai lubrificanti, in genere costituiti da “grasso“, essi sono contenuti nei contenitori
dei supporti della turbina e del generatore. Essi, presenti in quantità dell’ ordine di qualche
kg, hanno viscosità tale da non consentire usualmente dispersioni.
Per le ragioni di cui sopra, non è ipotizzabile, se non in caso di un solo teorico
incidente, che il fluido oleodinamico ed il lubrificante possano entrare in contatto con
l’ acqua turbinata per poi finire in alveo fluviale per il tramite del canale di scarico.
Altre problematiche in fatto di emissione di inquinanti o sostanze nocive non sono
ragionevolmente evidenti
5. DESCRIZIONE DELLE MISURE PREVISTE PER EVITARE, RIDURRE E SE
POSSIBILE COMPENSARE I RILEVANTI EFFETTI NEGATIVI DEL PROGETTO
SULL’ AMBIENTE.
Gli effetti negativi sull’ ambiente indotti dal progetto sono pochi e sono di duplice natura :
-
la diminuzione della portata naturale del fiume nel tratto interessato dal progetto e
quindi ricompreso tra la sezione di presa e quella di restituzione;
-
le modificazioni , per lo più a carattere temporaneo, indotte dalla realizzazione delle
opere.
Il progetto in entrambi i casi ha considerato gli effetti ed ha proposto, con opere e
modalità di operazioni di cantiere e gestione di impianto, il contenimento degli stessi e
l’ introduzione di possibili mitigazioni.
5.1 riduzione delle portate naturali.
Il progetto considera che l’ impianto , in considerazione della prevista idrologia, possa
funzionare per 335 giorni l’ anno con la previsione di derivare la portata massima di
300 l/s; tale prelievo, in termini probabilistici, come deducibile dal diagramma di utilizzo
della portata naturale del torrente, è possibile per non più di 90 giorni l’ anno. Nel
92
restante periodo di 245 giorni l’ anno, prescindendo dai periodi di fermo per manutenzione
od altre poche occasioni, la portata in prelievo risulterà inferiore a detto valore fino ad un
minimo “ statistico “ di 50 l/s. In ogni condizione di funzionamento i sistemi idraulici dell’
opera di presa garantiranno il rilascio in alveo della portata non inferiore al minimo
deflusso vitale ( Qmdv ) che, a secondo dei periodi dell’ anno , varierà dal minimo di 50,3
ad un massimo di 76,5 l/s.
Tenuto conto della curva della durate delle portate del torr. Sant’ Angelo per il periodo di
90 giorni, come sopra detto , la portata esitata complessivamente dalla traversa sarà
maggiore di Qmdv. Per il restanti 245 giorni la portata sarà pari a alla Qmdv.
Convenientemente deve comunque riferirsi che, essendo il solo gruppo turbogeneratore di
prevista installazione dotato di una turbina Pelton a due getti, quando per ragioni
idrologiche la sua portata di alimentazione tenderà a scendere sotto dei 50 l/s, pari al
16,6% del valore massimo, non vi sarà più alcuna convenienza a mantenere l’ impianto in
funzione, quindi si approfitterà per eseguire manutenzione e comunque si valuterà la non
convenienza a mantenere in esercizio l’ impianto per evitarne l’ usura a fronte di rese assai
scarse se non nulle. In tale circostanza non si avrà alcun interesse a mantenere in carico
l’ opera di presa è quindi la portata in arrivo alla sezione di presa supererà indisturbata la
traversa di sbarramento rimanendo interamente in alveo. Ragionevolmente, per le ragioni
sopra dette , la durata delle portate in alveo pari alla Qmdv, rispetto ai 245 giorni sopra
dichiarati, può ridursi anche di alcune settimane.
In quanto alla certezza che comunque la Qmdv sia effettivamente rilasciata il progetto,
introducendo la scaletta di risalita dei pesci, ha proporzionato e posizionato quest’ ultima
proprio in modo di affidarle tale compito.
In ogni modo, come chiarito precedentemente al punto 4.2.a, il tratto di alveo
eventualmente in sofferenza tende ad essere breve per la continua alimentazione della
modesta falda presente nei suoli posti ai lati dell’ alveo posto che lo stesso si innesta, in
corrispondenza del centro abitato di Pieve Torina, nel fiume Chienti.
5.2 Modificazioni indotte dalla realizzazione delle opere
In quanto alle modalità edificatorie , il progetto necessariamente prevede , per la
realizzazione dell’ opera di presa e del fabbricato centrale idroelettrica principalmente il
ricorso a strutture murarie in calcestruzzo armato, materiale questo insostituibile sia per le
funzioni statiche richieste, sia per le sue caratteristiche di durata nel tempo. Ciò premesso ,
lo stesso progetto considera, per quanto possibile, di interrare le stesse per mimetizzarle col
ricorso a mitigazioni costituite da integrazioni architettoniche e cortine verdi naturali.
Infatti nel caso del fabbricato centrale idroelettrica allo stesso si è attribuita sembianza di
fabbricato, o accessorio agricolo, intonacando lo stesso ed adottando pitturazioni
caratterizzate da coloriture tenui, e comunque dotando lo stesso di tetto principale a due
falde inclinate con copertura di coppi tradizionali, a mo’ di tradizione locale.
Nel caso dell’ opera di presa, per la parte di essa già esistente e costituita dalle strutture
intimamente posizionate e legate al corso d’ acqua ove si opererà eminentemente con
modalità di restauro ed impieghi di materiali e tecniche più che consolidate, agendo su
strutture vecchie, che ragionevolmente ormai debbono restare come sono. Per la parte da
93
aggiungersi ex novo , costituita dalla vasca di carico della condotta e dal canaletto di
collegamento risulta sostanzialmente incassata sotto il piano campagna, emergendo da
quest’ ultimo, peraltro ristabilito rispetto al piano naturale mediante sbancamenti e riporti,
dell’ altezza necessaria per il corretto posizionamento de l vano di accesso e degli
incamminamenti indispensabili.
In quanto al sedime di contenimento delle suddette opere, centrale idroelettrica e presa
fluviale, si provvederà all’ inerbimento delle scarpate di nuova introduzione ed alla
piantumazione con essenze locali sempre verdi di tutte le aree libere, ovvero non coperte
da impianti e non impegnate dalla viabilità. Tutte le aree saranno munite di recinzioni con
rete metallica zincata e plasticata, munita di sostegni , di color verde, integrata , ad
accezione dei lati che si affacciano verso il fiume, di siepe di altezza adeguata per
eventualmente nascondere alle osservazioni esterne, gli assetti impiantistici. In tal modo
procedendo si potrà conseguire un buon livello di mitigazione.
Per quanto riguarda la realizzazione della condotta forzata, di collegamento dell’ opera di
presa con la centrale idroelettrica, è previsto che la stessa, lunga mt 6264 sia posata
completamente nel sottosuolo, ad eccezione di un breve tratto di poche decine di metri
coincidente con lo scavalcamento del fiume Chienti di Pieve Torina.
Il posizionamento corrente della tubazione in sotterraneo da la miglior garanzia di
conservazione e comunque importa il minor impatto ambientale possibile. La tecnica di
scavo ipotizzata, consistente nel depositare separatamente i materiali di risulta , siano essi
appartenenti allo strato più superficiale, detto anche franco o spessore di coltivazione,
siano essi appartenenti al sottofondo minerale sostanzialmente di carattere eminentemente
alluvionale grossolano, consente di avviare a risulta il materiale alluvionale eccedente in
ragione del volume occupato dalla condotta, e di riposizionare assolutamente in superficie
il terreno vegetale appositamente accantonato.
In pratica il metodo consente di realizzare il tombamento dei vani di scavo con
successione inversa a quella di scavo, per ricostituire la coltre vegetale in appena una, o
al massimo due, stagioni colturali successive. E’ evidente che il materiale di risulta,
alluvionale grossolano e comunque granulare, potrà essere utilmente reimpiegato, in
ragione anche delle sue qualità geotecniche, per terrapieni e rilevati strutturali azzerando il
ricorso alla discarica.
Laddove la condotta attraversa il corso d’ acqua (Torrente Sant’ Angelo), si avrà cura di
portare condotta e sue strutture di protezione ben al disotto del profilo di fondo , per
consentire a quest’ ultimo di naturalmente ristabilirsi ricoprendo le stesse strutture di
protezione con il materiale alluvionale normalmente veicolato . Le sponde del corso d’
acqua intercettate e tagliate per far passare la condotta, saranno ripristinate mediante i
necessari rinterri e quindi protette con difese radenti costituite da gabbionate metalliche
riempite di pietrame, strutture queste che, in ambiente fluviale, meglio di ogni altro
provvedimento, consentono di conseguire l’ effetto statico e quello ambientale , in virtù
della loro capacità di assestamento plastico e di adattamento a trattenere il trasporto
solido del fiume indispensabile alla riattivazione della coltre vegetale preesistente. Con le
descritte modalità si ha ragione di ritenere che l’ intero fronte cantierato per la posa della
condotta, possa essere ricondotto alla normalità ambientale preesistente in tempi ragionevoli
e verosimilmente inferiori ad anni due.
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6. DIFFICOLTÀ INCONTRATE NELLA RACCOLTA ED INVESTIGAZIONE DI DATI
ALLA BASE DEGLI STUDI RICHIESTI
La modestia dimensionale dell’ impianto, ma soprattutto la sua tipologia progettuale che lo
identifica come impianto di produzione di energia elettrica da fonte alternativa rinnovabile,
quale quella idraulica, ridimensiona considerevolmente il campo della ricerca, giacchè come
chiarito nell’ ambito dello studio ambientale, l’ unico effetto rilevante indotto dal prelievo
dal fiume Chienti è quello di ridurre la portata residua in un tratto di alveo, per periodi
anche lunghi, a valori prossimi a quelli “ stagionalmente stabiliti “ per la portata di
minimo deflusso vitale (Qmdv).
Quindi la difficoltà vera, sia a livello progettuale che in ambito ambientale la si è incontrata
in fase di determinazioni dei flussi naturali (portate) del fiume, nelle sezioni e nei tratti
interessati dalle opere e più in generale del progetto, sulla base dei tempi stabiliti
dall’ anno statistico medio.
Infatti se da un lato può ammettersi che nell’ intero bacino del fiume Chienti , ed in
particolare nella sua porzione più elevata corrispondente ai bacini del Chienti di Pievetorina
e del Chienti di Gelagna, esiste un congruo numero di stazioni pluviometriche e
pluviografiche installate per rilevare entità e caratteristiche delle precipitazioni
atmosferiche, lungo le aste fluviali più “ interessanti “ non sono più attive stazioni di
misura della portata. Le ultime due stazioni idrometriche gestite dal SIN (Servizio
idrografico nazionale), quella di Ponte Giove sul Chienti di Gelagna e quella Pievetorina
sull’ omonimo ramo del Fiume Chienti, sono state dismesse nel 1978. In ragione di tale
ultimo accadimento , a più di 30 anni di distanza, tentare di fare il bilancio idrologico dei
relativi bacini sottesi è cosa piuttosto ardua, dovendosi considerare di assumere taluni
parametri disponibili in quanto determinati sulla scorta di analisi statistiche svolte su
campioni di dati rilevati ovviamente nel periodo di attività delle stesse stazioni di misura,
quindi negli anni antecedenti alla loro dismissione (1930 ÷ 1979).
Nella fattispecie è il caso del coefficiente di deflusso (φ) , definito come rapporto tra il
volume idrico defluente in una generica sezione del corso d’ acqua e l’ afflusso meteorico
nel bacino imbrifero sotteso dalla stessa sezione, ovviamente nel medesimo periodo di
riferimento. Orbene il Sin da alla stazione di Pievetorina, per l’ intero periodo di osservazioni
relativo a tutto il suo funzionamento stima un valore del coefficiente di deflusso inferiore
del 30% rispetto a quello calcolato nei bacini contigui (Tenna, Aso , Nera ) di caratteristiche
idrogeologiche assai identiche , per solcare lo stesso massiccio calcareo dei Sibillini, ed a
quote geodetiche molto prossime; dato questo che suscita perplessità allorquando, a
conoscenza piena ed attuale degli afflussi meteorici, si tenta di ricostruire i deflussi di
un dato bacino scolante.
Evidentemente l’ analisi statistica propedeutica alla formulazione della curva delle durate
di portata in sezioni di studio, sconta ipotesi , quale quella relativa all’ assunzione dei valori
competenti del coefficiente di deflusso, in grado di “pesare“ consistentemente sul risultato, e
quindi sui valori di portata utilizzabili ai fini progettuali e conseguentemente sui valori di
portata residua da lasciare il alveo per il soddisfo di altre esigenze, in primo luogo quelle
ambientali.
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ALLEGATI
TAV.1 CARTA DEI VINCOLI - estratto del PRG scala 1: 10.000
TAV.2 CARTA DELLA VEGETAZIONE E D'USO DEL SUOLO scala 1:10.000
TAV.3 CARTA DEGLI HABITAT DELLA FAUNA scala 1:10.000
TAV.4 CARTA DEGLI ELEMENTI DI IMPORTANZA NATURALISTICA ED ECOSISTEMICA
SCALA 1:10.000
TAV. 5 INTERFERENZA DELL'OPERA SULLA VEGETAZIONE SCALA 1:1000
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