IMPIANTO DI SANT` ANGELO
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IMPIANTO DI SANT` ANGELO
UTILIZZO IDROELETTRICO DEL FIUME CHIENTI DI PIEVETORINA IMPIANTO DI SANT’ ANGELO SIA STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE 1 PREMESSA Il presente studio di impatto ambientale si riferisce all’ impianto idroelettrico denominato di Sant’Angelo che tende a sfruttare i potenziali idroelettrici della porzione più elevata di 12,8 Kmq del bacino imbrifero del torrente Sant’ Angelo, affluente di sinistra del Fiume Chienti di Pievetorina, mediante un’ opera di captazione dell’ acqua posta alla di 624,45, un sistema di convogliamento dell’ acqua costituito da una condotta interrata ed una centrale idroelettrica, ovviamente impostata all’ estremità della condotta che, dopo aver sottratto alla corrente fluida i suoi contenuti energetici, restituisce l’ acqua al corso naturale di cui il Torrente Sant’ Angelo è tributario, il Fiume Chienti di Pievetorina, alla quota di 436,0m s. l.m. L’ impianto ha una potenza nominale di 500 Kw cui corrisponde una potenza media annua di concessione di 352,88 Kw. e produce quindi energia elettrica in Media Tensione che viene immessa nella rete del distributore locale (Enel), secondo una precisa scelta industriale che prevede la cessione al GSE (gestore nazionale del sistema elettrico) l’ intera produzione energetica per conseguentemente acquisire la definizione di “ impianto dedicato “. Ai sensi della L.R. Marche n°3/2012 - “Disciplina regionale della procedura di Valutazione di impatto ambientale” - l’ impianto di che trattasi è inquadrabile nella tipologia progettuale di cui all’ allegato B1 – punto 2 – lettera e) - che ricomprende gli “ Impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza installata superiore a 100 Kw “, ovvero nella tipologia progettuale di cui all’ allegato B2 - punto 7 - lettera d) - che riguarda le “ Derivazioni di acque superficiali ed opere connesse che prevedono derivazioni superiori a 200 litri minuto secondo o di acque sotterranee che prevedono derivazioni di portate superiori a 50 litri minuto secondo “. Ricadendo il progetto nelle tipologie di cui agli elenchi B1 e B2 , ai sensi dell’ art. 3 della L.R. 3/2012, poiché esso prevede opere che non si sviluppano “ anche prevalentemente all’ interno di aree naturali protette” come definite dalla legge 6/XII/1991, dovrebbe essere sottoposto alla procedura di VIA (art. 9 della l.r. ) qualora lo richiedesse l’esito della procedura di verifica di cui all’art. 6 della stessa legge. Conseguentemente il progetto dovrebbe essere sottoposto preliminarmente al procedimento di verifica (screening) codificato dal predetto art. 6. Non va comunque sottaciuto che la società proponente, Hidrochienti s.r.l. di Comunanza (AP), ha anche proposto alla Regione Marche altri due progetti della stessa natura, denominati di “ Capriglia “ e “ di Pievetorina“, che utilizzano anche essi i potenziali idroelettrici del bacino del fiume Chienti di Pieve Torina, con opere di presa ubicate a quote inferiori a quella dell’ impianto in riferimento, ma che comunque tendono in un caso a sovrapporsi con quest’ultimo, ragione per la quale non può prescindere dal contenuto dell’ art. 14.8 del D.M. 10-09-2010 del Min. dello Sviluppo Economico, avente per oggetto “ Linee guida per l’ autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili “ il quale per gli impianti alimentati da “ fonti rinnovabili non termiche” di potenza nominale complessiva superiore ad 2 1Mw testualmente recita : “ è fatta salva la possibilità per il proponente di presentare istanza di VIA senza previo esperimento della procedura di verifica di assoggettabilità “. Orbene, la constatazione che i tre progetti di impianto sin qui redatti e proposti dalla società predetta, danno luogo ad una potenza nominale complessiva superiore ad 1Mw e che ragionevolmente non dovrebbe prescindere da una valutazione più approfondita dell’ intero sistema impiantistico proposto, anche se gli stessi possono essere riguardati e valutati singolarmente, nella successione che li vede dispiegarsi tra la prima opera di presa e l’ ultima opera di restituzione, ha convinto il richiedente a proporre da subito e per ciascuno dei tre progetti la procedura VIA come intesa dall’ art. 9 della L.R. 3/2012, col duplice obbiettivo di contenere i tempi procedurali entro limiti prevedibili e rendere disponibili “al gruppo di valutazione “ tutti gli elementi necessari e sufficienti ad esprimere un giudizio compito sotto ogni aspetto e globale nell’ insieme delle proposte, considerate anche unilateralmente. A tal fine si dispone sin d’ ora una tavola in scala 1:10 000 rappresentativa del bacino interessato del F. Chienti di Pievetorina con ubicazione schematica dei tre impianti proposti. La procedura VIA della quale lo studio di impatto ambientale costituisce lo strumento conoscitivo base, si ispira, per assumerlo quale modello di riferimento, allo schema DPISR (proposto dall’ agenzia europea per l’ ambiente) che considera 5 stadi di valutazione: Driving Force, Pressione, Stato, Impatto e Risposta, che investigano il progetto in tutti i suoi aspetti, fino all’ individuazione del controllo dell’ iniziativa in ogni suo aspetto e contenuto, per delineare la riduzione della “ Pressione”, i ripristini e le bonifiche, fino alle necessarie forme di compensazione ove ritenute necessarie ed indispensabili. I contenuti generali dello studio di impatto ambientale, d’ ora in poi chiamato sinteticamente SIA , sono definiti dall’ allegato D (art. 11) della L. R. 3/ 2012 che così li elenca: - Descrizione del progetto - Descrizione sommaria delle varie alternative; - Descrizioni delle componenti dell’ ambiente - Descrizioni dei probabili effetti del progetto proposto; - Descrizione delle misure di contenimento previste; - Riassunto non tecnico di tutte le informazioni; - Sommario delle eventuali difficoltà. Dovendosi considerare che gli aspetti fondamentali “ dell’ Ambiente“ cui far riferimento sono quelli considerati dalla direttiva CE 97/71 e nel DPCM del 27/12/88 e s.m.i., che in ulteriore analisi afferiscono a tre gradi di riferimento : programmatico, progettuale ed ambientale, per la cui composizione appare necessario a livello di SIA, prevedere attività di analisi, verifiche, individuazione di servizi, rilievi e modellazioni, tutti elencati nell’ ultimo capitolo del punto 7.3.1.1 delle linee guida. Per rendere disponibili elementi certi e pressoché definitivi dei contenuti progettuali e delle relative “ qualità “ , il proponente ha ritenuto di dover 3 sottoporre a valutazione il “progetto definitivo“ ritenendo lo stesso coerente con il livello di approfondimento del SIA. Nell’ ambito dello stesso studio ed in considerazione che il medesimo è solitamente preceduto dall’ analisi di “ screening “ codificata dall’ art. 8 della L.R., al fine di garantire al decisore pubblico la migliore lettura del progetto e del correlato sistema ambientale, si è ritenuto opportuno e conveniente anche riproporre le risposte ai quesiti posti dalle “linee guida” della Regione Marche nello specifico capitolo 7.1. titolato “procedura di verifica“, mediante uno specifico capitolo del SIA medesimo. In quanto alla composizione del gruppo di lavoro per la redazione del SIA si è fatto affidamento sulle prestazioni di un team composto dal progettista dell’ impianto, al quale peraltro è stato attribuito il ruolo di responsabile del gruppo di lavoro, da un dottore Geologo e da un dottore Agronomo, figure queste specialistiche e quindi necessariamente idonee allo studio degli aspetti propriamente ambientali impegnati dalle opere progettate, del “processo produttivo“ che le medesime innescano e del procedimento costruttivo che le medesime richiedono ed impongono. 1. DESCRIZIONE PROGETTO DELL’ IMPIANTO IDROELETTRICO L’ impianto delineato dal progetto cui la presente relazione si riferisce, utilizza i deflussi della porzione più elevata di 12,8 kmq del bacino imbrifero del torrente Sant’ Angelo, affluente di sinistra del Fiume Chienti di Pievetorina, mediante una captazione in prossimità ed immediatamente a valle della frazione di Fiume, a quota di 624,45 sul l.m.m. e relativa restituzione a quota 436,00 m s.l.m.m. nel Chienti di Pievetorina in località Quartignano , con un salto lordo di m 188,45 ed una potenza nominale di concessione di 352,88 Kw determinata dal prelievo in derivazione di una portata media annua di 191 lt / sec, pari a moduli 1,91. . All’ impianto viene attribuita una producibilità media annua attesa di 2 .501.818 Kwh. 1. 1 Opera di presa di Fiume Sul torrente Sant’ Angelo a valle dell’ abitato di Fiume esiste l’ opera di presa “ non più utilizzata “ già a servizio di un impianto irriguo realizzato negli anni ‘70 dello scorso secolo ed attualmente non più in esercizio. La relativa concessione di derivazione, rilasciata nell’ anno 1967 e della durata di anni ‘30, a scadenza non è stata più rinnovata, motivo per il quale deve ritenersi che l’opera di presa, previa specifica autorizzazione demaniale, possa essere riutilizzata ed adeguata alla nuova occorrenza. Per tale ragione anziché realizzare una nuova presa, si preferisce utilizzare l’ esistente, più che sufficiente allo scopo. In forza di tale situazione il progetto ha acquisito come 4 quota di derivazione quella della vecchia presa e prevede di riutilizzare le stesse strutture riparandole e , dove strettamente necessario, migliorandole ed integrandole. La vecchia presa è costituita da un tratto di alveo rivestito sul fondo e sui lati da robuste strutture in c.a. intercettato da una modesta traversa che rigurgita il profilo di corrente fino a fargli raggiungere una finestra praticata nel muro di rivestimento in sponda sinistra idrografica la cui base costituisce una soglia di sfioro laterale che alimenta la vasca di “calma “ alla cui estremità è posto il bottino di carico della condotta adduttrice dell’ impianto irriguo. Il progetto prevede in sostanza : l’ adeguamento dimensionale della soglia di sfioro laterale , l’ inserimento di una scaletta di risalita dei pesci, l’ istituzione di un sistema di controllo della portata in rilascio per il mantenimento della portata di minimo deflusso vitale ( Q dmv), la realizzazione di una appropriata vasca di carico della condotta forzata che valga anche a migliorare la capacità di trattenimento della sabbia trasportata dall’ acqua derivata ed altrimenti destinata ad entrare in condotta e la realizzazione di uno scarico della vasca di calma. Per quest’ultima , come per altre strutture minori della presa, stante il pessimo stato di conservazione delle murature in calcestruzzo è prevista la demolizione e contestuale ricostruzione con l’ ovvia conservazione delle caratteristiche dimensionali. In dettaglio sul muro andatore sinistro ove attualmente è presente la soglia di presa lunga ml 3,00, si procederà alla demolizione e ricostruzione del muro stesso per ricavare dal medesimo due luci di presa della lunghezza singola di ml 2,85 ed ampiezza verticale di mt 0,35. La “soglia di sfioro laterale “ conserverà la attuale quota assoluta di mt 624,45 che costituirà la quota di derivazione dell’ impianto idroelettrico anche ai fini di regolazione della concessione di derivazione. La luce di accesso alla vasca di calma verrà ampliata dagli attuali 1,50 a 2,50 mt, mentre sul lato destro della stessa vasca verrà praticata una apertura a tutta altezza, larga 80 cm e munita di una paratoia metallica normalmente chiusa, per dotare la medesima di uno scarico di fondo necessario a restituire al torrente la sabbia e le graniglie in essa depositatesi. Sul lato sinistro verrà aperta una luce con soglia di fondo a quota 624,20 dalla quale avrà inizio il breve tratto di canale che collega la vasca di calma con la vasca di carico, poste tra di loro ad una distanza di soli 2,5 mt . Il canale ha sezione rettangolare , larga 2,00 mt ed alta 1,00 mt. Poiché l’ asse del canale è inclinato di 45° rispetto l’ asse delle vasche, la soglia di presa , al netto dei raccordi curvilinei tra le murature costituenti le pareti della vasca e de canale , è lunga mt 2,82. Sul canale di collegamento è installato uno sgrigliatore automatico che ha la funzione di trattenere e raccogliere i materiali galleggianti ed in sospensione altrimenti destinati a raggiungere la vasca di carico per poi immettersi definitivamente in condotta. Lo sgrigliatore è costituito da una griglia fissa metallica realizzata da barre in profilato di acciaio distanti tra loro 20 mm e da un pettine meccanico azionato da un servomeccanismo temporizzato che, con cadenza prefissata, libera la griglia dai corpi da essa catturati, per depositarli in un “ bacino “di raccolta dove una coclea li spinge su un nastro trasportatore che li avvia “ a discarica “. Il nastro è disposto superiormente alla 5 vasca di calma ed in posizione tale che i materiali catturati vengono convogliati verso l’ alveo del torrente Sant’ Angelo dal quale peraltro provengono. Il breve tratto di canale a valle dello sgrigliatore è ovviamente coperto in quanto costituito da una struttura scatolare che ne conserva le dimensioni idrauliche e che si ricollega rigidamente alla struttura costituente la vasca di carico. Quest’ ultima è costituita da un involucro prismatico a base quadrata con dimensioni interne nette di mt. 5,50 di lato e divisa in tre scomparti che vengono percorsi in successione dalla corrente idrica in modo tale da favorire il deposito delle sabbie sottili sul fondo della stessa vasca e con più concretezza nello scomparto sul cui fondo e posizionato lo scarico di fondo che verosimilmente è anche utilizzato per evacuare i depositi sottili di matrice sabbiosa in esso avviati a sedimentazione. Infatti con l’ apertura della saracinesca dello scarico di fondo, l’acqua torna nell’ alveo naturale del torrente riconducendo in esso, per azione di trascinamento, anche la sabbia depositatasi nella vasca di carico. Nel terzo ed ultimo degli scomparti è posizionato il tubo di presa che della condotta di alimentazione della centrale rappresenta l’ elemento iniziale. In buona sostanza l’ acqua tramite il canale di collegamento, entra in vasca, percorre il primo scomparto in direzione verticale e senso verso il basso, passa nel secondo scomparto attraverso una luce praticata sul fondo del setto divisorio, per poi muovere verso l’ alto sino a portarsi a quota della soglia stramazzante ( completamente rigurgitata ) che separa il secondo scomparto dal terzo, per quindi definitivamente approdare nel bottino di carico della condotta di alimentazione della centrale. In questo modo si realizzano le migliori condizioni per il deposito della sabbia sul fondo del secondo scomparto ove agisce lo scarico di fondo e si creano le condizioni di sufficiente stabilità del livello di pelo libero nel bottino necessarie per il continuo rilevamento del livello stesso cui si fa affidamento per il controllo in automatico del funzionamento del gruppo turbogeneratore. La vasca di carico ha un’altezza interna di mt 4,50 e realizza un volume utile di circa 300 mc, sufficiente a sviluppare le funzioni che gli vengono richieste , ivi compresa la stabilizzazione del suo pelo libero cui è affidata la regolazione del funzionamento del gruppo turbogeneratore. In continuità strutturale con la vasca di carico è realizzato il pozzo di contenimento degli organi di manovra insistenti sulle condotte in uscita dalla vasca medesima, con le funzioni, come già detto, di alimentazione della centrale di Quartignano e di scarico di fondo. L’ imboccatura della condotta di alimentazione della centrale è protetta da una regolamentare griglia a sacco in rete metallica a maglia quadra avente 20 mm di lato, che impedisce ai pesci, eventualmente fossero presenti in vasca, di infilarsi nella condotta medesima. Il pozzo è necessariamente dotato di un vano di accesso e manovra che si eleva per mt 2,50 dall’ estradosso del solettone di copertura della vasca che consente, oltre all’ accesso, l’ effettuazione di tutte le operazioni possibili, ivi compresa la manutenzione straordinaria degli organi di ritenuta installati sulle condotte, compresa la loro sostituzione. Esso prevede un livello di accesso dal quale operare sul fondo posto mt 4,50 più in basso e dal quale muovere, a mezzo di una scala alla marinara, per raggiungere il fondo stesso. 6 In quanto alla necessità di assicurare il transito nell’ alveo del torrente, in corrispondenza sezione di presa, della portata di minimo deflusso vitale, per essa è stato concepito un sistema di evacuazione su due componenti, il cui contemporaneo e congiunto funzionamento , consente di risolvere pienamente il problema. Premesso che il piano annuale di utilizzo dell’ impianto prevede che mediamente, per circa trenta giorni l’ anno non sussistano le condizioni idrologiche, per insufficienza della portata stagionale, per esercire l’ impianto, è da considerarsi che nei periodi di scarsa portata del torrente, non effettuandosi alcun prelievo d’ acqua, la condizione di rispetto del minimo deflusso vitale è naturalmente e pacificamente rispettata. Nelle normali condizioni di attivazione dell’ impianto al rilascio della Qmdv si provvede, come dettagliatamente analizzato e chiarito con la relazione idraulica, mediante: - Una condotta del Dn 100 mm che pesca sul fondo della vasca di calma ed a quota inferiore a quella della soglia di alimentazione del canale e che quindi in ragione del livello in vasca pressochè costante in quanto correlato a quello fisso e stabilito nella successiva vasca di carico, è in condizioni di rilasciare nel torrente, e più precisamente nella vaschetta terminale della scala di risalita dei pesci, una portata sostanzialmente costante in ogni condizione di utilizzo dell’ impianto; - Il canale di alimentazione della scaletta di risalita dei pesci il cui incile è determinato da una soglia fissa ( 624,35 mt s.l.m.m. ) ed a quota inferiore rispetto alle soglie di presa posta invece a quota 624,40, che invece risente proporzionalmente della portata naturale dl torrente in ragione del pelo libero che si stabilisce , di volta in volta, sulla stessa soglia di presa. Quindi la Qmdv normalmente in transito è formata da una componente pressoché costante avente peraltro carattere di priorità assoluta in prelievo e da una componente variabile e proporzionale alla portata naturale del corso d’ acqua che congiuntamente risolvono il problema, con opportuno dimensionamento delle rispettive strutture idrauliche. La scaletta di risalita dei pesci è formata da un canale avente larghezza netta di 55 cm articolato in tre salti con ∆h di 30 cm e vaschette al piede profonde 40 cm e lunghe 65. 1. 2 Condotta di alimentazione della centrale idroelettrica di Quartignano La condotta di alimentazione della turbina posta nella centrale di Quartigliano é realizzata con l’ impiego di tubazioni del Dn 600 mm in lamiera di acciaio saldata con giunzioni saldate anch’esse all’ arco elettrico. La condotta ultimata avrà diametro nominale costante e sarà lunga mt 6.286,60 misurati tra la vasca di carico di Fiume e la valvola di ritenzione posta immediatamente a ridosso ma all’ esterno dell’ edificio centrale idroelettrica. La condotta sarà caratterizzata da spessore variabile, da 6,3 ad 8,0 mm, e crescente in ragione dei carichi statici progressivamente crescenti man mano che ci si avvicina alla 7 centrale e delle sollecitazioni aggiuntive dovute al moto vario in condotta ( colpo d’ ariete ) generato dal brusco arresto del macchinario idraulico. Essa ha inizio dalla vasca di carico di Fiume e scende verso valle, parallelamente allo stesso tracciato della vecchia condotta irrigua, sino in prossimità del centro abitato di Pievetorina per poi proseguire con un percorso autonomo per raggiungere il sito Centrale di Quartignano. Sino a Pievetorina il tracciato della condotta si mantiene vicino e sulla sinistra idrografica del torrente S. Angelo, fatta eccezione per un breve tratto, in comune di Muccia dove si sviluppa in destra; detto passaggio richiede un duplice attraversamento che avverrà in sub-alveo. Più in particolare alla progressiva 1720,89 mt, la condotta, fiancheggiando il torrente, sottopassa la strada provinciale Pievetorina-Colfiorito utilizzando la prima delle arcate in sinistra del ponte stradale che lo scavalca e che per ragioni di natura orografico-morfologica non viene mai impegnata dal corso acqua; indi procede secondo un percorso che la vede collocata tra l’ alveo del torrente e la vicina strada provinciale. Alla progressiva 3132,75 mt, in direzione quasi ortogonale attraversa, mediante la realizzazione di un sottopasso, la stessa strada per procedere verso il centro abitato di Pievetorina che non interessa direttamente ma sfiora, mantenendosi ad Ovest, tra le ultime case ed il piede delle incipienti alture. Così muovendo il tracciato si dispone parallelamente ma a distanza dal Fiume Chienti che notoriamente percorre la valle da Sud verso Nord. Superato il sito “ Case Popolari “ alla periferia Nord dell’ abitato, la condotta vira gradualmente di 90 gradi per attraversare in sottopasso , con la sperimentata tecnica ello spingi tubo, la SS Valnerina sino a raggiungere il fiume Chienti che scavalca a mezzo di un ponte tubo di dimensioni assai modeste. Indi procede sino ad incontrare, per quindi disporsi parallelamente ed alla sua destra, la condotta di alimentazione dell’ impianto di Pievetorina ( terzo salto della nostra previsione progettuale complessiva ) che in destra fiume procede verso valle sino al sito centrale idroelettrica. In quanto alle tecniche di posa e protezione della condotta interrata va precisato che la copertura minima, come verificabile dal profilo altimetrico di tracciato risulterà di mt 1,5 in presenza di terreni di posa caratterizzati da materiali sciolti e di mt 1,00 laddove la trincea di posa sarà scavata in presenza di materiali di consistenza prevalentemente rocciosa. L’ attraversamento aereo del fiume Chienti di Pievetorina sarà realizzato mediante un ponte tubo, in campata unica, direttamente materializzato dalla stessa condotta realizzata, nello specifico tratto fuori terra, con l’ impiego di acciaio tipo “Corten “, resistente alla corrosione. La condotta sarà sostenuta da apposita coppia di pile in c.a. munite in sommità di una forcella di alloggio ed alla base da un plinto di fondazione. Il fusto della pila avrà lunghezza di mt 4,00 e diametro finito di cm 80, mentre il plinto di fondazione, munito di sottostante palo in calcestruzzo del diametro di cm 100, avrà base quadrata con lato di mt 2.00 e spessore di cm 60. La condotta appoggiata all’ interno delle forcelle a mezzo di un fazzoletto di neoprene, assumerà il comportamento di campata unica con sbalzi laterali, quindi di trave continua , comunque caratterizzata da notevole capacità di adattamento alle vicissitudini del tempo ed alle sollecitazioni eventualmente imposte dall’ esterno, anche di natura sismica, in virtù di 8 una notevole elasticità complessiva. In ragione della necessità di conseguire tali caratteristiche , in presenza di una campata della luce teorica di mt 24,00, nel tratto fuori terra ed in acciaio Corten, alla condotta del diametro esterno di 609,9 mm è stato attribuito lo spessore di 10 mm. I sottopassi stradali verranno eseguiti con l’infissione di un tubo guaina in acciaio, del diametro di cm 80, posato, a seconda dei terreni attraversati, con la tecnica dello spingitubo o, in caso di impedimento “fisico“, con l’ ausilio di trivella. In quanto all’ attraversamento in sub-alveo del torrente Sant’ Angelo, in entrambi i casi la condotta verrà posata ad una profondità non inferiore ad 80 cm dal punto più depresso della sezione interessata, e sarà protetta da una soletta in c.a., munita di “ briglia a valle”, e soffolta nell’ alluvione di fondo che, oltre a proteggere la tubazione dalle offese esterne, contribuirà a stabilizzare il profilo di fondo del corso d’ acqua nel caso che si inneschino , per diverse ragioni, fenomeni erosivi. In corrispondenza della sezione di attraversamento del torrente, ove per posare la condotta e realizzare la struttura di protezione, fosse necessario tagliare le sponde, queste saranno ripristinate con la realizzazione di difese spondali del tipo radente , di adeguata lunghezza, costituite con gabbionate metalliche riempite di pietrame . L’ integrità della struttura metallica costituente la condotta sarà garantita l’ installazione di un impianto di protezione catodica a corrente impressa. mediante 1. 3 Centrale idroelettrica di Quartigniano - Sezione I° L’ edificio centrale idroelettrica , ubicato in località Quartigniano in comune di Pievetorina, è ubicato in sponda destra idrografica del Fiume Chienti di Pievetorina ed è concepito per ospitare, in forma nettamente separata, i sistemi di generazione dell’ impianto idroelettrico di S.Angelo (Sezione I°) e di quello di Pievetorina (Sezione II°), rispettivamente alimentati dal torrente omonimo e dal Fiume Chienti che porta lo stesso nome. Quindi il fabbricato deve considerarsi suddiviso in due comparti, o meglio in due sezioni, le quali sotto il profilo strutturale e degli impianti di supporto, come ad esempio il canale di scarico dell’ opera di restituzione dell’ acqua al fiume, il carro ponte di servizio, il collegamento elettrico di potenza alla rete di distribuzione locale e la viabilità, sono concepiti in termini meramente sinergici. Pertanto e per le ovvie ragioni, la descrizione del fabbricato, nella sua complessità, viene effettuata per l’ interezza del complesso ma non mancando di specializzarla in riferimento all’ impianto specifico oggetto del presente progetto. L’ edificio è costituito da un corpo di fabbrica principale ad un solo piano, posto in posizione centrale e concepito per contenere i gruppi di generazione ed i relativi impianti elettrici ed ausiliari e due appendici esterne aderenti ai prospetti Nord e Sud destinate ad essere utilizzate, uno per ogni sezione impiantistica, quali cabine di consegna dell’energia al distributore locale (ENEL). Esso è realizzato con strutture in c.a. e tamponato con 9 muratura in laterizio, intonacata e tinteggiata. Il corpo centrale è dotato di un tetto a due falde munito di manto di copertura in coppi tradizionali, mentre i corpi minori laterali sono muniti di copertura a falda unica, sempre con copertura in coppi tradizionali. Il corpo di fabbrica principale ha pianta rettangolare delle dimensioni esterne di mt 16,50 x 9,55 ed è alto tra la linea di colmo della copertura ed il piano del marciapiede mt 7,25. Tra i corpi laterali, entrambi a base rettangolare, quello posto a Nord ha dimensioni planimetriche lorde di mt 2,75 x 9, 55 mentre quello ubicato a Sud di mt 2,75 x 5,15; per entrambi l’ altezza dalla linea di gronda è pari a mt 2,80. Dovendosi considerare che l’edificio è ubicato sulla sponda destra del Fiume Chienti, e che quindi deve essere fondato su una formazione “alluvionale recente”, si è previsto di dotare lo stesso di fondazioni profonde costituite da una palificata in c.a. formata da pali del diametro di 80 cm, preforati e gettati in opera. Nella sua essenzialità il corpo di fabbrica centrale da luogo ad una grande sala, con il pavimento caratterizzato da una discontinuità altimetrica ( fossa a base rettangolare delle dimensioni di mt (5,10 x 4,50 ) destinata ad ospitare proprio il gruppo generatore dell’ impianto Sant’ Angelo ( Quartignano I°). In detta sala trovano luogo tutte le macchine idrauliche ed elettriche, i trasformatori elevatori di tensione, le batterie dei condensatori di rifasamento, i quadri di comando e controllo e gli impianti ausiliari, relativi all’ insieme dei due gruppi di generazione Quartignano I° e Quartignano II°, gruppi che comunque sotto il profilo funzionale e ed impiantistico sono diversi e separati, per essere quindi considerati autonomi l’ uno dall’ altro e perfettamente separati sotto il profilo “ fiscale ”. In adiacenza al prospetto Est dell’ edificio è altresì ricavato , con la realizzazione di una struttura aperta, ma ubicata al disotto del piano campagna, il vano di contenimento dei tratti terminali delle condotte forzate. In un apposito vano interrato delle dimensioni planimetriche di mt 5,00 x 5,00 , posto all’interno del sedime che ospita la centrale ma a monte della stessa, ed attraversato dalle condotte di alimentazione dei gruppi di generazione, trovano collocazione le saracinesche di linea di blocco delle stesse condotte e quelle in derivazione per lo scarico delle medesime. Nella fondazione dell’ edificio e secondo l’ allineamento del prospetto Ovest dello stesso, è ricavato il vano di scarico delle turbine dal quale ha inizio il canale che costituisce l’ opera di restituzione delle portate turbinate al fiume Chienti di Pievetorina. Quindi l’ opera di restituzione delle portate turbinate al corso d’ acqua naturale, è costituita da un canale completamente incassato nel terreno, avente sezione rettangolare della larghezza di mt 3,00, pendenza dello 0,5 % e lunghezza di mt 35,96 fino a raggiungere la sponda destra del corso d’ acqua naturale. L’ altezza delle sue pareti laterali sarà di mt 2,10. Anche esso sarà realizzato con una struttura in c.a. dotata di una fondazione profonda realizzata con pali preforati e gettati in sito. In corrispondenza dell’ innesto del canale di scarico con il fiume, la sponda destra del corso d’ acqua sarà irrobustita e protetta da una gabbionata metallica riempita di pietrame, alta 2.00 mt ed in doppio ordine, per mt 8,0, sia verso monte che verso valle. 10 L’ edificio centrale e le sue pertinenze sono racchiuse in un perimetro recintato ricollegato alla rete viaria di prossimità. Infatti il sito centrale si ricollega alla viabilità preesistente a mezzo di una nuova bretella stradale da realizzare lunga 333 mt che si congiungerà alla sezione terminale della strada comunale di Quartignano. In questo modo sarà possibile raggiungere la strada provinciale Valnerina a mezzo della suddetta strada comunale che scavalca il Fiume Chienti. La bretella da realizzare avrà profilo altimetrico sostanzialmente aderente al profilo naturale del terreno in sito, sarà caratterizzata da una piattaforma percorribile larga mt 4,0 ed avrà una pavimentazione in macadam. La realizzazione del nuovo tratto stradale richiederà inevitabilmente anche un’ azione manutentrice della strada comunale citata, almeno per il suo ultimo tratto a valle del sito logistico dell’ azienda zootecnica “ SAM “. La centrale Quartignano I° sarà equipaggiata con un unico gruppo turbogeneratore ad asse verticale composta da una turbina Pelton a due getti , con una velocità di rotazione di 600 giri / minuto nominali e generatore asincrono trifase , rigidamente accoppiato , con tensione di generazione di 400V e 50Hz. Alla portata di progetto di 300 lt/sec corrisponderà una potenza della turbina di 456,99 Kw, mentre la potenza elettrica ai morsetti del generatore risulterà pari a 434,14 Kw. Alle due macchine, per migliorare la prestazione complessiva dell’ impianto sarà attribuita la potenza di 500 Kw (Potenza nominale dell’ impianto ). Il trasformatore elevatore di tensione, sarà ovviamente del tipo trifase isolato a resina, avrà potenza apparente di 630 KVA. In quanto al funzionamento del gruppo turbogeneratore è previsto che esso sia regolato in automatico con lettura continua della quota di pelo libero nella vasca di carico della presa di Fiume. Il collegamento Telematico tra opera di presa e centrale avverrà mediante apposito cavo per la trasmissione dei segnali posato nel vano di scavo di adagiamento della condotta forzata e con un parallelo sistema di riserva con trasmissione di segnale “ via radio “. L’ impianto di generazione si ricollega alla rete del distributore locale a mezzo della cabina posta in adiacenza al prospetto Nord del fabbricato principale. Il collegamento tra la rete del distributore locale ed impianto idroelettrico sarà realizzato da ENEL giusto specifico atto convenzionale in attesa di perfezionamento generato da una “richiesta di connessione “ del 12 / 09 / 2011 . 1.4 COSTO, VALUTAZIONE ECONOMICO- FINANZIARIA E TEMPI DI REALIZZAZIONE Il costo complessivo delle opere, al netto dell’ IVA, come emerge dal computo metrico estimativo che del progetto redatto è un elaborato fondamentale, è stato valutato pari ad € 2.500.000,00, dovendosi considerare che l’ importo dell’ imposta sul valore aggiunto, nella fattispecie di investimento deve considerarsi eminentemente partita di giro. 11 La valutazione economica finanziaria dell’ investimento ha dato esito positivo sulla base delle ipotesi attualmente formulabili sulla scorta degli attuali dei prezzi di cessione dell’energia ridotti del 5%, delle incentivazioni garantite per la produzione di energia elettrica da fonti alternative rinnovabili sino al traguardo di anni 15, vita operativa dell’ impianto stimata in 30 anni, produzione media netta vendibile inferiore del 6% a quella media statistica determinata in sede di relazione idrologica di progetto , di una cospicua diretta partecipazione della società proponente al sostegno dei costi di costruzione a fronte del ricorso al credito bancario di medio-lungo termine e di una gestione sinergica dell’ impianto nell’ ambito del più complesso sistema proposto di sfruttamento dei potenziali idroelettrici del fiume Chienti di Pievetorina. Secondo quanto debitamente dettagliato nell’ apposito elaborato progettuale denominato “crono programma dei lavori”, è stato considerato che la realizzazione dell’ impianto possa avvenire in 18 mesi solari consecutivi, a partire dalla data ultima di conseguimento delle autorizzazioni, dovendosi ipotizzare che: 3 mesi sono indispensabili per il perfezionamento del progetto esecutivo, l’ occupazione dei suoli necessari all’esecuzione dei lavori, per appalto delle opere civili e le ricerche di mercato relative alle componenti impiantistiche; 12 mesi per la mera esecuzione delle opere civili, posa della condotta forzata compresa; 1 mese per il montaggio delle macchine e degli impianti ad esse correlati ed infine 2 mesi per l’ avviamento, le prove di funzionamento ed i collaudi. 1.5 CONSIDERAZIONI E NOTIZIE COMPLEMENTARI Giova comunque ricordare che il progetto , in quanto complessivamente proponga ed identifichi un impianto industriale, non individua un “ processo produttivo “ in senso tradizionale, ma piuttosto definisce un sistema di evidenziazione ed estrazione energetica con riferimento all’ energia potenziale della corrente liquida del Torrente Sant’ Angelo affluente di sinistra del Fiume Chienti di Pievetorina. Infatti esso, accertata la pendenza motrice media del corso d’ acqua nel tratto compreso tra l’ opera di presa di Fiume - Centrale di Quartignano pari al 2,98% , propone il trasporto di una consistente frazione della portata disponibile nella sezione di presa, con una pendenza motrice che, pur restando funzione della stessa portata derivata, non supera il valore dello 0,23 %, accumulando sino al sito di restituzione dell’ acqua all’ alveo naturale un carico piezometrico che moltiplicato per la portata , realizza il potenziale energetico disponibile alla trasformazione. Il gruppo turbogeneratore mediante la turbina idraulica trasforma il potenziale in energia meccanica ed il generatore elettrico, trasforma l’ energia meccanica in energia elettrica da immettersi in rete per la distribuzione al consumo generalizzato. Come dianzi detto, non ci si trova di fronte ad un processo industriale con consumo di materia prima ed energia, prodotto finale e scarto, ma si individua solo un veicolo, quale l’acqua, per la valorizzazione di un’ energia potenziale, che viene poi opportunamente trasformata e resa disponibile al più generale utilizzo. 12 Pertanto non vi è alcun consumo di materiali né impiego di materie prime, fatta eccezione per la fase di realizzazione del complesso impiantistico per la cui costruzione sono da utilizzarsi i classici materiali comuni alle costruzioni civili ed agli impianti idraulici. Conseguentemente non sono in alcun modo previsti quantitativi di materiali residui né possibilità di inquinamento di acqua, aria e suolo, dovendosi ammettere che la semplice “ manipolazione “ dell’ acqua in un contesto impiantistico sostanzialmente chiuso, quindi privo di contatti eterogenei, qual è quello delineato principalmente dal sistema di trasporto ( condotta forzata ) e dal gruppo di generazione, non può comportare alcuna trasformazione alla quale addebitare possibili forme di inquinamento. Inoltre il sistema non induce vibrazioni sull’ ambiente circostanze . Le uniche vibrazioni registrabili sono quelle che possono rilevarsi sul mantello del gruppo turbogeneratore, installato nell’ edificio centrale idroelettrica, in quanto generate dai suoi supporti nel caso di un non perfetto allineamento in fase di montaggio delle due macchine componenti. Ma in tal caso , di norma, si interviene meccanicamente per eliminare un difetto che avrebbe come sicuro epilogo l’ accorciamento della vita operativa della macchina. Ove trovasse riscontro, ancorché di limitatissima ampiezza, il fenomeno sarebbe sicuramente ammortizzato dal sistema di fondazione del gruppo e comunque destinato ad estinguersi all’ interno del perimetro del sito centrale, ubicato in aperta campagna e distante centinaia di metri dalla più vicina costruzione. Né lungo il percorso della condotta forzata, né sugli impianti costituenti l’opera di presa possono innescarsi regimi vibratori a carattere permanente. Sebbene limitatissime, a giudizio di chi scrive, non debbono classificarsi vibrazioni quelle indotte sulla struttura di sbarramento dell’ opera di presa dal trasporto solido del torrente in occasione di piene importanti. In tale condizione, il materiale lapideo ciottoloso trasportato dalla piena, attraversa il manufatto di presa rotolando rumorosamente sulla sottostante platea ed inducendo perturbazioni nella massa strutturale che possono far vibrare la struttura. Ma il fenomeno è destinato a scomparire rapidamente con l’ attenuazione dell’ entità della piena. Il discorso fatto per le vibrazioni anticipa nella sostanza medesime considerazioni per le emissioni sonore. L’ unico rumore emesso è quello generato dalle macchine in rotazione, la turbina idraulica del tipo Pelton ed il generatore elettrico costituito da un alternatore asincrono trifase coassiale alla turbina e ad essa rigidamente accoppiato. Le macchine peraltro sono caratterizzate da una velocità di rotazione di 600 giri/minuto e quindi generano rumore a bassa frequenza. Normalmente in prossimità dei mantelli esterni di contenimento degli apparati in rotazione si misurano rumori di intensità sonora compresi tra 65 ed 80 Decibel, a secondo del livello di potenza in uso. Deve considerarsi che l’ edificio centrale idroelettrica, di buona consistenza strutturale, è munito di muratura di tamponamento di congruo spessore ed in condizioni di funzionamento del gruppo è chiuso verso l’ esterno. Solo nella stagione più calda, per evitare che la temperatura degli apparati elettrici ed elettronici possa salire oltre limiti in grado di condizionarne il corretto funzionamento, per favorire il ricambio d’ aria, si attiva una ventola di espulsione che così garantendo il ricambio mantiene le temperature in limiti di corretto funzionamento. E’ in tale condizione che all’ esterno dell’ edificio diviene più percepibile il rumore generato dalle macchine. Ma in condizioni meteo fisiche normali , 13 come constatabile in impianti analoghi , a 40, massimo 50 mt dall’ edificio , il rumore diventa pressoché impercettibile; ed il nostro edificio è ubicato in aperta campagna , in area agricola , ove il fabbricato più vicino dista più ml 100 circa ed è costituito da un opificio industriale posto sulla sponda opposta del fiume. L’ opera di presa diventa rumorosa in condizioni di piena del fiume, come peraltro diventa normalmente rumoroso un qualunque corso d’ acqua naturale quando è investito da una portata che eccede , per ordine di grandezza, i parametri normalmente rilevabili in alveo; ma in tal caso, come per le vibrazioni , l’ effetto cessa con la causa. In quanto alle emissioni di calore in aria esse sono ridottissime e direttamente legate al rendimento dell’ alternatore e del trasformatore elevatore di tensione. Complessivamente la “ perdita “ ammonta al 6 ÷ 7 % della potenza trasmessa dalla turbina al generatore elettrico . Tenuto conto che la potenza massima di esercizio della turbina è pari a 457 Kw, in condizioni di massima potenza la perdita di potenza è pari circa a 30 Kw, cui corrisponde una generazione di calore per 30 Kwh ( all’ ora ), sufficiente a riscaldare due unita abitative di 80 mq standard, che tranquillamente viene disperso in aria circostante e per ricambio e per trasmissione attraverso le pareti dell’ edificio. Analogamente , tenendo in debito conto che in condizioni di funzionamento di massima potenza della turbina, ad essa si assegna un rendimento dell’ 90 % , l’ energia idraulica persa nella conversione è pari a circa ∆ = 457 ( 1/ŋ-1 ) = 49,8 Kw cui corrisponde una perdita oraria di energia pari a 49,8 Kwh che equivalgono a 49,8 x 860 = 43 670 Cal. Insistendo con l’ analisi, è lecito supporre che la perdita debba considerarsi tutta trasformata in calore; ove si consideri che il regime di massima potenza è raggiunto con una portata turbinata di 0,3 mc/sec, la suddetta quantità di calore è destinata a diluirsi in un volume idrico V = 0,3 x 3600 = 1080 mc elevandone la temperatura di Cal 43.670 / lt 1.080.000 = 0,04 C° , valore questo sicuramente e sostanzialmente impercettibile, destinato comunque a perdere assolutamente significato quando la portata turbinata si reimmette nell’ alveo naturale per miscelarsi con acqua che, per gran parte dell’ anno, solitamente, possiede una temperatura più elevata. E’ infatti noto che viaggiando la condotta in sotterraneo essa mantiene più facilmente la temperatura a differenza dell’ acqua che si muove in alveo e che ha più occasioni di scambio con l’ ambiente circostante. 2. PRINCIPALI ALTERNATIVE PROGETTUALI ESAMINATE L’ impianto, per la sua natura, è intimamente legato al corso d’ acqua e quindi tende a svilupparsi nel suo intorno, stabilite la quota iniziale di presa e quella finale di restituzione dell’ acqua utilizzata. Il tracciato della condotta di alimentazione della centrale di produzione che di fatto, collegando l’ opera di presa con la suddetta centrale, costituisce la spina dorsale del sistema, tende a svilupparsi secondo tracciati di minimo percorso, e comunque sfuggendo o evitando difficoltà ambientali, geomorfologiche e comunque 14 situazioni impattanti, sempre nel rispetto delle condizioni idraulici alla base del suo corretto funzionamento. strutturali minime e dei parametri Nella fattispecie deve anche evidenziarsi, oltre alla scelta metodologica di filosofia ingegneristica corrispondente alla opportunità di utilizzare in ogni condizione di derivazione, il massimo salto geodetico ( lordo ) disponibile, anche quella aziendale di ricollocare l’ impianto per quanto possibile, pur in presenza di siffatta impostazione ingegneristica, su un unico territorio comunale, ovvero quello di Pieve Torina. In tale quadro le scelte effettuate sono scaturite da soluzioni pressoché univoche , comunque tutte tendenti a conciliare il miglior risultato impiantistico ed economico con la necessità di impegnare al minimo il territorio ospitante e le sue peculiarità ambientali in senso lato. In tale indirizzo , attesa la “ natura del processo industriale “ le scelte e quindi le possibili varianti hanno tutte interessato, come di seguito si illustra, principalmente problematiche di ubicazione. In via preliminare deve comunque riferirsi che l’ esistenza di un’opera di presa, praticamente in disuso, ubicata a valle del nucleo abitato di Fiume, ma sostanzialmente di facile riutilizzo a mezzo di opportune integrazioni strutturali, ha agevolato il compito del progettista che così, senza dispendio alcuno, ha potuto individuare il sito di testa dell’ impianto. Una diversa ubicazione della presa, a fronte di tale univoca e facilitata determinazione, non avrebbe avuto alcun senso se non quello di un aumento non indifferente dei costi e di un esito sicuramente impattante dei lavori di costruzione di quella porzione di impianto. Quindi va evidenziato che per quanto concerne l’ opera di presa ragionevolmente non si è posta alcuna necessità di trovare per essa alternative, né di natura ubicazionale che di impostazione strutturale, per la semplice ragione che essa c’èra già; infatti ci si è soltanto limitati ad progettare sulla stessa interventi di restauro strutturale, oltre che a dotarla di una vasca di carico, di dimensioni e conformazione impiantistica adeguate all’ uso specifico richiesto, e della scaletta di risalita dei pesci. L’ imposizione concettuale di utilizzare il massimo salto lordo possibile pur dovendosi limitare a sviluppare l’ impianto possibilmente tutto sul territorio di Pieve Torina e la previsione di realizzare , sempre nell’ ambito dello stesso programma impiantistico, un altro impianto (quello denominato di Pievetorina) caratterizzato dalla stessa impostazione progettuale, ma alimentato dalle fluenze del Fiume Chienti, ha utilmente suggerito di utilizzare lo stesso sito per la centrale idroelettrica, concentrando nello stesso complesso edilizio denominato “ centrale di Quartignano” e già concepito per l’ altro impianto, anche il gruppo di produzione dell’ impianto di Sant’ Angelo. La scelta, ancorché sostanzialmente imposta dalla configurazione complessiva del sistema impiantistico del Fiume Chienti di Pievetorina, si dimostra quanto mai opportuna giacchè consente di risparmiare la realizzazione di un edificio centrale, di un’ opera di restituzione e di un elettrodotto di collegamento in MT tra l” ulteriore centrale che si sarebbe dovuta realizzare e la rete del distributore locale (ENEL). La combinazione legata all’ opera di presa esistente di Fiume e al “ chiuso “ del fabbricato centrale idroelettrica di Quartignano ha di fatto ridotto la soluzione delle problematiche progettuali alla sola determinazione del tracciato della condotta forzata. 15 In verità, considerato di poter utilizzare il salto lordo esistente tra l’ opera di presa di Fiume sul torrente Sant’ Angelo e la restituzione di Quartignano, in ragione del valore dello stesso salto pari a 188m e dell’ impegno notevole da profondersi nella realizzazione della condotta forzata di considerevole lunghezza (m 6286), è stata anche presa in considerazione la soluzione di spezzare il salto in due parti, introducendo una centrale intermedia incorporante anche una vasca di carico per il successivo impianto sempre , quest’ ultimo, con centrale nel sito di Quartignano. Pertanto, a portata prelevata a Fiume e di valore identico “ Qo “, si ipotizzò di posizionare la centrale intermedia tra il tracciato della strada provinciale che da Pievetorina conduce a Colfiorito ed il corso d’ acqua, in prossimità del centro abitato di Pievetorina ed immediatamente a monte del ponte della citata strada sullo stesso corso d’ acqua, stabilendo la quota di restituzione a 488,0 mt sul l.m.m. Ne sarebbero scaturiti due salti, il primo di 136 mt ed il secondo di 62 mt, entrambi funzionanti con lo stesso valore di portata, giacché la restituzione non avrebbe avuto luogo in alveo ma bensì in una vasca che avrebbe funzionato anche da vasca di carico per l’ impianto successivo. Il primo salto sarebbe stato dotato di una condotta forzata in acciaio del Dn 500mm mentre per il secondo si sarebbe adottato il Dn 600mm, attenuando così le problematiche relative alla gestione di una condotta assai lunga e sottoposta già ad un battente statico ragguardevole. La soluzione è stata abbandonata e per ragioni di costo legate alla realizzazione di una centrale idroelettrica e di un elettrodotto di collegamento alla rete Enel in più e per la difficoltà di posizionare lo stesso edificio in uno spazio assai ristretto, fatto questo che certamente avrebbe suscitato perplessità nel momento autorizzativo. Inoltre l’impianto di valle, caratterizzato da un salto relativamente modesto e da una portata identica a quella dell’ impianto di monte avrebbe richiesto un gruppo turbogeneratore di potenza nominale assai ridotta (150 Kw) ma di costo specifico assai elevato. Atteso che l’ impianto di Pievetorina è caratterizzato da un salto lordo di 61 mt, praticamente identico a quello residuo di cui sopra, pari a 62,00m, si ipotizzò anche di immettere la portata scaricata dall’ impianto di primo salto nella condotta forzata di detto impianto (Pievetorina). Ciò avrebbe consentito di incrementare la potenza del gruppo turbogeneratore di quest’ ultimo impianto di 150Kw ma avrebbe richiesto di aumentare il diametro della condotta forzata di Pievetorina dal Dn 1100mm al Dn1200mm, aumentando consistentemente il suo impegno realizzativo. Sarebbe stato necessario realizzare comunque un tratto di condotta del Dn 600mm lungo circa ml 1350, per intercettare la condotta maggiore nel punto più vicino. L’ ipotesi è stata scartata e perché l’ adozione del diametro di 1200 mm per la condotta di Pievetorina avrebbe introdotto un più elevato livello di difficoltà nella realizzazione della stessa e perché comunque si sarebbe dovuto attraversare il centro abitato del capoluogo per raggiungere, col Dn600mm, il punto di immissione nella condotta principale, nel sito immediatamente a monte del cimitero. Si è quindi optato per un impianto su un unico salto con una condotta in acciaio del Dn 600mm, per utilizzare al meglio la potenzialità dello stesso. 16 In quanto al tracciato della condotta esso è, di fatto, univocamente determinato dalla necessità ovvia, data la morfologia e la geologia dei luoghi da attraversare, di seguire, prima e da presso, il tracciato del torrente Sant’Angelo sino alla periferia del centro abitato di Pievetorina, indi di disporsi parallelamente ed in affiancamento, alla più importante condotta dell’ impianto idroelettrico di Pievetorina. In quanto al superamento del centro abitato esso è stato risolto evitando ovviamente di attraversarlo ed individuando un possibile tracciato ad Ovest tra la periferia dell’ incasato e le prime pendici collinari. Il passaggio dalla sponda sinistra alla sponda destra del fiume Chienti è stato individuato immediatamente all’ uscita Nord del paese, laddove ha termine la zona artigianale, per l’ ovvia considerazione di riportarsi a ridosso del tracciato della condotta forzata dell’ altro impianto, quanto prima possibile. In quanto all’ attraversamento del corso d’ acqua, si è valutata anche la possibilità di attraversare il fiume mediante la posa della condotta in sub-alveo. Detta ipotesi è stata scartata in quanto di difficile realizzazione, in considerazione che il fiume, a valle dell’ abitato di Pievetorina, assume, in virtù delle caratteristiche dimensionali e morfologiche del letto e della portata che lo impegna, dimensioni ragguardevoli che rendono sicuramente difficoltose, se non impossibili, operazioni di posa di una condotta in sub-alveo. Si è preferito quindi adottare la soluzione più facile, più elegante e sicura del ponte tubo. Quest’ultimo potrà essere realizzato senza interessare direttamente l’ alveo e le sue sponde, semplicemente dilatando, secondo necessità, l’ unica campata che lo costituisce e caratterizza. Di contro, la posa della condotta in sub-alveo richiederebbe oltre al taglio delle sponde, anche un temporaneo e consistente ampliamento dell’ alveo, da ricondurre successivamente alla sua normale configurazione mediante la costruzione di difese spondali, sicuramente impegnative e di non facile riassorbimento ambientale, almeno ai tempi brevi. 3 . LISTA DI CONTROLLO GENERALE DELLA PROCEDURA Come anticipato in premessa, atteso che il progetto non è stato sottoposto alla procedura di “ screening “ e ritenuto di non poter in alcun modo esimersi dall’ esprimere valutazioni relative alle componenti programmatiche, progettuali , dei fattori sinergici, di riferimento ambientale e di impatto, che sono chiamate in causa dalla medesima proposta progettuale, si propongono , in questa sede, le risposte ai quesiti correlabili alle citate argomentazioni seguendo le linee guida proprie della “ procedura di verifica”, anche in considerazione che il progetto di impianto, considerato singolarmente, dovrebbe essere sottoposto proprio a quello specifico tipo di indagine. 17 B.1 IL QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO B.1.1. La natura di beni e servizi offerti L'impianto progettato esprime una produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile stimata, in termini di produzione media annua , pari a 2,50 Gwh. La produzione di energia elettrica della centrale in progetto consentirà un risparmio di circa 468 TEP ( tonnellate equivalenti /anno di petrolio ) , quantità occorrente ad una centrale termoelettrica per produrre un quantitativo di energia elettrica annuale pari a quello medio prodotto dalla centrale in oggetto. Ciò determinerebbe, di conseguenza, la mancata emissione in atmosfera di 1473 tonnellate/anno di anidride carbonica (gas cui principalmente si attribuisce l’effetto serra). B. 1.2. Descrizione del livello di copertura della domanda d'intervento L'intervento, così come progettato, risulta in linea con le normative tecniche relative agli impianti idroelettrici ed è incentivato ai sensi del DM 18 dicembre 2008 che dà attuazione ai meccanismi di incentivazione già introdotti dalla Legge 24 dicembre 2007 n. 244 (Legge Finanziaria 2008) e dalla Legge 29 novembre 2007, n. 222 (Collegato alla Finanziaria 2008), alle quali si è aggiunto il D.M. Sviluppo Economico 5 / 07 / 2012 . B. 1.3. Descrizione del bacino d'utenza del progetto La realizzazione della nuova centrale comporterà un impegno occupazionale: - nella fase di cantiere, quindi con esclusione delle operazioni di realizzazione del complesso puramente impiantistico al quale si provvede in stabilimento di produzione, con l'impiego di almeno 11 unità lavorative per circa 12 mesi, di cui 6 impiegate nella realizzazione delle opere civili e 5 mediamente nei montaggi delle condotte e delle macchine; - nella fase di gestione dell’ impianto, con 1 unità di conduzione. L'Energia elettrica prodotta verrà totalmente ceduta ed immessa nella Rete Elettrica Nazionale gestita dall'Enel, conseguentemente il bacino d'utenza non può che essere l'intera area coperta da detta Rete. B. 1.4. Motivazioni che hanno guidato le scelte progettuali, in relazione alle trasformazioni territoriali di breve e lungo periodo Il progetto dell’ impianto idroelettrico di Sant’ Angelo è stato concepito nel più ampio disegno relativo allo sfruttamento idroelettrico dei potenziali del bacino imbrifero del Fiume Chienti di Pievetorina che, come noto, costituisce uno dei due rami di testa del Fiume Chienti che si forma stabilmente nella piana di Muccia dove si congiungono i due Chienti , rispettivamente denominati di Pievetorina e di Gelagna. Nel bacino del Chienti di 18 Pievetorina, l’ impianto cui il presente studio si riferisce, è il terzo di una serie , composta da altri due impianti , entrambi sull’ asta principale: il primo ubicato a monte ed utilizzante 36 Kmq del bacino imbrifero del Fosso di Capriglia o Caspreano, che del più ampio bacino imbrifero del Chienti di Pievetorina è parte molto importante, ed il secondo, in cascata col primo che utilizza un bacino imbrifero di 89 Kmq. L’ impianto di Sant’ Angelo, a sua volta, utilizza un bacino imbrifero di 12,8 Kmq corrispondente alla porzione più elevata del bacino imbrifero dell’ omonimo torrente, con captazione ubicata immediatamente a valle della frazione di Fiume. In quanto all’ ubicazione dell’ opera di presa, essa di fatto è stata imposta dall’ esistenza di una presa preesistente ed in buona sostanza inutilizzata, ubicata in posizione comoda e facilmente raggiungibile e sufficientemente proporzionata, anche se in stato di conservazione mediocre. In quanto all’ ubicazione della centrale idroelettrica di produzione, sempre col preciso fine di utilizzare il massimo salto possibile contenendo il sistema impiantistico sul territorio comunale di Pievetorina, si è opportunamente deciso di allocare il gruppo turbogeneratore di competenza nello stesso edificio destinato ad ospitare li gruppo di generazione dell’ impianto di Pievetorina, il cui sito di impostazione è stato individuato in sponda destra Chienti di P.T., sul territorio di Pievetorina in loc. Quartignano ed in prossimità del confine comunale con Pieve Bovigliana. Tale scelta ha ovviamente richiesto l’ adeguato dimensionale dello stesso edificio, ma ha consentito di risparmiare la realizzazione di un’ altra officina elettrica, ottenendo contestualmente la concretizzazione del massimo salto lordo utilizzabile. Le caratteristiche dell’ impianto di produzione vero e proprio sono state determinate dalla combinazione dei valori di portata e di salto disponibili; la combinazione dei due parametri, nelle dimensioni disponibili, hanno portato alla adozione, in sede progettuale, di un gruppo turbogeneratore ad asse verticale, composto da una turbina tipo Pelton a due iniettori ed un generatore costituito da un alternatore asincrono trifase. Le scelte dimensionali hanno anche, necessariamente, tenuto conto del rilascio in alveo del deflusso minimo vitale, DMV, ossia della "quantità minima di portata d’acqua” che deve essere assicurata in alveo per la sopravvivenza delle biocenosi acquatiche, la salvaguardia del corpo idrico e, in generale, per gli usi generalizzati che il fiume è destinato a sostenere". L'obbligatorietà della considerazione del DMV nasce dal D.Lgs 275/93 (art.5) laddove si prescrive che: "...il provvedimento di concessione tiene conto del minimo deflusso costante vitale da assicurare nei corsi d'acqua, ove definito, delle esigenze di tutela della qualità e dell'equilibrio stagionale del corpo idrico, delle opportunità di risparmio, riutilizzo e riciclo della risorsa..." Il dimensionamento dell'impianto ha tenuto conto del DMV calcolato secondo i criteri stabiliti nel PTA della Regione Marche. B. 1.5. Descrizione delle aree potenzialmente idonee per la localizzazione delle opere Tenendo in debita considerazione la necessità, tutta di natura tecnica ed economica di massimizzare il salto lordo utilizzabile, l’ area di ubicazione della centrale è rimasta 19 convenientemente stabilita in prossimità del confine comunale tra Pieve Torina e Pieve Bovigliana , immediatamente sulla in sponda destra Chienti, e comunque sul margine territoriale di una importante azienda agricola che in tal modo viene coinvolta dall’ intervento, dal punto di vista eminentemente espropriativo, solo in termini assolutamente marginali. Una qualunque diversa posizione dell’ edificio, dovrebbe vedere lo stesso più vicino al centro abitato di Pievetorina e comporterebbe una diversa e superiore incidenza territoriale e nel territorio comunale ed in quello aziendale, tale da pesare negativamente sul costo dell’ iniziativa, sulla gestione dell’ azienda agricola e sulla profilatura del paesaggio. Per quanto concerne l’ opera di presa, come sopra detto, non si è proceduto ad effettuare una scelta propriamente autonoma ma si è ritenuto di dover ripiegare su un’ opera esistente; non si può, né si deve, nascondere che la decisione è sicuramente frutto di una conoscenza che ha dato luogo ad una opportunità non facilmente ripetibile ove si consideri che la decisione di proporre la realizzazione di tale impianto, che qualche difficoltà esecutiva pur presenta, è stata determinata dall’ esistenza, a quota più che opportuna, di un’ opera di presa in grado di evidenziare un salto lordo utile difficilmente rinvenibile in altri siti dell’ Appennino umbro-marchigiano. In quanto alla condotta di collegamento tra opera di presa e centrale, essa è stata posta tutta in sponda sinistra del Torrente Sant’ Angelo sino raggiungere il centro abitato di Pieve Torina, indi per aggirare a ponente il paese prosegue in sinistra Chienti sino a scavalcare il corso d’ acqua per portarsi alla sua destra i idrografica in corrispondenza del sito “ Casa Cantoniera” per poi avvicinarsi e portarsi infine nel sito di Quartignano, ultima propaggine del territorio comunale di Pievetorina prospiciente il confine con il limitrofo comune di Pieve Bovigliana. B.1.6. Descrizione delle alternative per la localizzazione delle opere Per le motivazioni sopra espresse non è ragionevolmente possibile ipotizzare alternative di “ processo “; in quanto alla localizzazione delle opere vale quanto già diffusamente illustrato nel capitolo precedente e che qui si riepiloga. L’ impianto, per la sua natura, è intimamente legato al corso d’ acqua e quindi tende a svilupparsi nel suo intorno, stabilite la quota iniziale di presa e quella finale di restituzione dell’ acqua utilizzata. Il tracciato della condotta di alimentazione della centrale di produzione che di fatto , collegando l’ opera di presa con la suddetta centrale , costituisce la spina dorsale del sistema, tende a svilupparsi secondo tracciati di minimo percorso, e comunque sfuggendo o evitando difficoltà ambientali , geomorfologiche e comunque situazioni impattanti, sempre nel rispetto delle condizioni strutturali minime e dei parametri idraulici alla base del suo corretto funzionamento. Nella fattispecie deve anche evidenziarsi, oltre alla scelta metodologica di filosofia ingegneristica corrispondente alla opportunità di utilizzare in ogni condizione di derivazione, il massimo salto geodetico (lordo) disponibile, anche quella aziendale di ricollocare l’ 20 impianto per quanto possibile, pur in presenza di siffatta impostazione ingegneristica, su un unico territorio comunale, ovvero quello di Pievetorina. In tale quadro le scelte effettuate sono scaturite da soluzioni pressoché univoche , comunque tutte tendenti a conciliare il miglior risultato impiantistico ed economico con la necessità di impegnare al minimo il territorio ospitante e le sue peculiarità ambientali in senso lato. In tale indirizzo , attesa la “ natura del processo industriale “ le scelte e quindi le possibili varianti hanno tutte interessato, come di seguito si illustra, principalmente problematiche di ubicazione. In via preliminare deve comunque riferirsi che l’esistenza di un’opera di presa, praticamente in disuso, ubicata a valle del nucleo abitato di Fiume, ma sostanzialmente di facile riutilizzo a mezzo di opportune integrazioni strutturali, ha agevolato il compito del progettista che così, senza dispendio alcuno, ha potuto individuare il sito di testa dell’ impianto. Una diversa ubicazione della presa, a fronte di tale univoca e facilitata determinazione, non avrebbe avuto alcun senso se non quello di un aumento non indifferente dei costi e di un esito sicuramente impattante dei lavori di costruzione di quella porzione di impianto. Quindi va evidenziato che per quanto concerne l’ opera di presa ragionevolmente non si è posta alcuna necessità di trovare per essa alternative né di natura ubicazionale che di impostazione strutturale, per la semplice ragione che essa c’èra già; infatti ci si è soltanto limitati ad progettare sulla stessa interventi di restauro strutturale, oltre che a dotarla di una vasca di carico, di dimensioni e conformazione impiantistica adeguate all’ uso specifico, e della scaletta di risalita dei pesci. L’ imposizione concettuale di utilizzare il massimo salto lordo possibile pur dovendosi limitare a sviluppare l’ impianto possibilmente tutto sul territorio di Pievetorina e la previsione di realizzare , sempre nell’ ambito dello stesso programma impiantistico, un altro impianto (quello denominato di Pievetorina) caratterizzato dalla stessa impostazione progettuale, ma alimentato dalle fluenze del Fiume Chienti, ha utilmente suggerito di utilizzare lo stesso sito per la centrale idroelettrica, concentrando nello stesso edificio della centrale di Quartignano già concepito per l’ altro impianto, anche il gruppo di produzione dell’ impianto di Sant’ Angelo. La scelta, ancorché sostanzialmente imposta dalla configurazione complessiva del sistema impiantistico del Fiume Chienti di Pievetorina, si dimostra quanto mai opportuna giacché consente di risparmiare la realizzazione di un edificio centrale, di un’ opera di restituzione e di un elettrodotto di collegamento in MT tra la centrale che si sarebbe dovuta realizzare e la rete del distributore locale ( ENEL ). La combinazione legata all’ opera di presa esistente di Fiume e al “ couso “ del fabbricato centrale idroelettrica di Quartignano ha di fatto ridotto la soluzione delle problematiche progettuali alla sola determinazione del tracciato della condotta forzata. In verità, considerato di poter utilizzare il salto lordo esistente tra l’ opera di presa di Fiume sul torrente Sant’ Angelo e la restituzione di Quartignano, in ragione del valore dello stesso salto pari a 188 mt e dell’ impegno notevole da profondersi nella realizzazione della condotta forzata di considerevole lunghezza (m 6286 ), è stata presa in considerazione la soluzione di spezzare il salto in due parti introducendo una centrale intermedia incorporante anche una vasca di carico per il successivo impianto sempre , quest’ ultimo, con centrale nel sito di Quartignano. 21 Pertanto, a portata prelevata a Fiume e di valore identico “ Qo “, si ipotizzò di posizionare la centrale intermedia tra il tracciato della strada provinciale che da Pieve Torina conduce a Colfiorito ed il corso d’ acqua, in prossimità del centro abitato di Pieve Torina ed immediatamente a monte del ponte della citata strada sullo stesso corso d’ acqua, stabilendo la quota di restituzione a 488,0 mt sul l.m.m. Ne sarebbero scaturiti due salti, il primo di 136 mt ed il secondo di 62 m, entrambi funzionanti con lo stesso valore di portata, giacché la restituzione non avrebbe avuto luogo in alveo ma bensì in una vasca che avrebbe funzionato anche da vasca di carico per l’ impianto successivo. Il primo salto sarebbe stato dotato di una condotta forzata in acciaio del Dn 500 mm mentre per il secondo si sarebbe adottato il Dn 600mm, attenuando così le problematiche relative alla gestione di una condotta assai lunga e sottoposta già ad un battente statico ragguardevole. La soluzione è stata abbandonata e per ragioni di costo legate alla realizzazione di una centrale idroelettrica e di un elettrodotto di collegamento alla rete Enel in più e per la difficoltà di posizionare lo stesso edificio in uno spazio assai ristretto, fatto questo che certamente avrebbe suscitato perplessità nel momento autorizzativo. Inoltre l’impianto di valle, caratterizzato da un salto relativamente modesto e da una portata identica a quella dell’ impianto di monte avrebbe richiesto un gruppo turbogeneratore di potenza nominale assai ridotta (150 Kw) ma di costo specifico assai elevato. Atteso che l’ impianto di Pievetorina è caratterizzato da un salto lordo di 61m, praticamente identico a quello residuo di cui sopra, pari a 62,00 mt , si ipotizzò anche di immettere la portata scaricata dall’ impianto di primo salto nella condotta forzata di detto impianto (Pievetorina). Ciò avrebbe consentito di incrementare la potenza del gruppo turbogeneratore di quest’ ultimo impianto di 150 Kw ma avrebbe richiesto di aumentare il diametro della condotta forzata di Pievetorina dal Dn 1100mm al Dn 1200mm, aumentando consistentemente il suo impegno realizzativo. Sarebbe stato necessario realizzare comunque un tratto di condotta del Dn 600mm lungo circa ml 1350, per intercettare la condotta maggiore nel punto più vicino. L’ ipotesi è stata scartata e perché l’ adozione del diametro di 1200 mm per la condotta di Pievetorina avrebbe introdotto un più elevato livello di difficoltà nella realizzazione della stessa e perché comunque si sarebbe dovuto attraversare il centro abitato del capoluogo per raggiungere, col Dn 600 , il punto di immissione nelle condotta principale, nell’ area immediatamente a monte del cimitero. Si è quindi optato per un impianto su un unico salto con una condotta in acciaio del Dn 600 mm, per utilizzare al meglio la potenzialità dello stesso. In quanto al tracciato della condotta esso sarebbe di fatto univocamente determinato dalla necessità ovvia, data la morfologia e la geologia dei luoghi da attraversare, di seguire prima il tracciato del torrente Sant’ Angelo e poi quello del Fiume Chienti fino a raggiungere la condotta dell’ impianto di Pievetorina per disporsi in parallelo alla stessa sino al sito centrale di Quartignano. Semmai si è posto il problema di aggirare il centro abitato di Pievetorina ad Ovest ovvero ad Est per conseguire il predetto parallelismo quanto prima possibile, per le ovvie ragioni di ridurre i costi di occupazione dei suoli e di imposizione di servitù. Lo scavalcamento del Fiume Chienti sarebbe stato comunque inevitabile in entrambe le soluzioni. Si è optato per il passaggio ad Ovest perché lo stesso, oltre ad evitare il diretto coinvolgimento del centro abitato che invece con la soluzione adottata è appena sfiorato, avrebbe richiesto uno sviluppo di tracciato decisamente inferiore. 22 Per lo scavalcamento del fiume Chienti si è fatto ricorso alla soluzione “ ponte Tubo”, ritenendo questa più idonea in quanto realizzata senza impegnare direttamente l’ alveo fluviale, più elegante sotto il profilo strutturale e comunque facilmente celabile con semplici cortine vegetali. Una diversa soluzione che prevedesse il superamento della singolarità con un attraversamento sub-alveo sconterebbe difficoltà legate ad operare nell’ alveo e sulle sponde di un fiume sicuramente dimensionato ed ormai molto concreto dal punto di vista idraulico per apportare allo stesso ferite, in quelle condizioni, rimarginabili solo con impegno economico consistente e di tempo lungo. B. 1.7. Descrizione degli usi del suolo presenti ante operam L'uso del suolo è stato analizzato a livello comunale in scala 1:10.000 con riferimento ad un significativo intorno in un tratto del fiume tra il punto di presa e il punto di rilascio (tav. 02 bot). La cartografia allegata riporta uno stralcio del PRG Studio Botanico aggiornato a livello di dettaglio nel tratto interessato dall'opera. Ci si è concentrati, poi su di un buffer di 100m ai lati delle sponde del fiume, sempre per la lunghezza sopra indicata. I risultati dell'analisi, condotta con foto interpretazione e successiva verifica sul campo ha reso possibile la stesura della Carta della Vegetazione e dell'uso del suolo. Da una sintesi di dati ISTAT riportati nell'ultimo censimento inoltre risulta che Comune Seminativi Ha Coltivazioni legnose agrarie ha Pievetorina 1355,79 28,85 Prati permanenti e pascoli ha 1289,95 Totale ha 2674,59 Arboricoltura da legno Ha Boschi SAU non utilizzata Ha Totale Superficie 1258,90 228,65 4202,69 Si nota come il sistema agricolo e quello naturale siano prevalenti, nella zona relativa all'alveo del fiume prevale la presenza di seminativi e di vegetazione ripariale in filare, spesso frammentata e solo in corrispondenza dell'opera di presa si presenta come bosco non assimilabile comunque a fustaia. Infatti se si guarda con puntualità ai siti interessati dai manufatti si osserva che: - nel punto di prelievo siamo all'interno del sistema naturale e più precisamente lungo il sentiero che affianca per gran parte del tratto il corso d’acqua tra seminativi e superfici occupate da boscaglia ascrivibile al tipo forestale di bosco a dominanza di carpino nero con caratteri mesofili. L'attuazione del progetto non muta l'uso del suolo, se non limitatamente alle porzioni di terreno occupate dai manufatti e delle piste di accesso alle stesse (si tratta di circa 5200 mq di superficie boscata e 48 metri lineari di filare di ripariale da compensare). 23 B. 1.8. Descrizione d'inquadramento del piano territoriale regionale P.I.T. L'area complessivamente interessata all'intervento non risulta investita da opere esistenti o di prevista realizzazione inserite nel PIT. B.1.9. Descrizione d'inquadramento del piano paesistico regionale PPAR a) Sottosistema geologico, geomorfologico, idrogeologico (Art. 5-9 PPAR): La Carta dei vincoli del PPAR evidenzia il fatto che l ‘ impianto per la sua parte ricompresa tra il centro abitato di Pieve Torina e l’ opera di presa in loc. Fiume e costituita dalla condotta forzata, impegna il sito n° 44 ( loc. Romitorio ( o Eremo ) dei Santi - comune Pieve Torina ma con delimitazione che si sovrappone anche al territorio di Muccia) superfici ricomprese in Area GB di “ rilevante valore “ (Tav. 3 del PPAR). b) Sottosistema Botanico-vegetazionale (Art. 10-14 PPAR): l ‘impianto per la sua parte comprendente l’ opera di presa in loc. FIUME e la condotta forzata fino alla centrale, non ricade in zone di a Tutela Integrale. Non insistono zone di valore ma nella parte terminale della centrale di Quartignano ricade all’interno di un’area BC di qualità diffusa a Tutela Orientata. Le superfici a bosco zonale e la vegetazione ripariale azonale in quanto elemento diffuso del paesaggio ricade nella Tutela Integrale. c) Sottosistema storico culturale (Art. 15-19 PPAR): Nelle aree impegnate dall’ impianto non si impegnano emergenze de sottosistema storico-culturale. Ad ogni buon conto si ritiene utile segnalare la presenza del: - Romitorio dei Santi (n°1) posto in quota , sulla pendice Nord di monte Capecchiara, in sponda destra del torrente Sant’ Angelo la cui valle ,in sponda sinistra è percorsa dalla condotta forzata proveniente dalla presa di Fiume. Inoltre la condotta , sulla sponda sinistra del Fiume Chienti, evita, lambendolo da ponente, l’ abitato di Pievetorina, che sommamente si sviluppa in sinistra idrografica ed è classificato Centro con ambito di tutela cartograficamente delimitata. d) Sottosistemi territoriali (Art. 20 PPAR): l'impianto ricade in area di tipo C di “ qualità diffusa” e, limitatamente al tratto a valle del centro abitato di Pievetorina, in area di tipo V ad alta percettività visuale relativa alle vie di comunicazione stradale di maggiore intensità di traffico (Tavv. 6 e 7 del PPAR) per la presenza della strada Valnerina ex SS. e) Emergenze geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche (Art. 28 PPAR cat.cost.paes.): La condotta forzata nel tratto immediatamente a valle della presa di Fiume , scendendo lungo la forra del Torrente Sant’ Angelo attraversa “ Facies “ caratterizzate dalla scaglia Rosata. Il territorio nel tratto Fiume - Pieve Torina è considerato di rilevante Valore; il sub tratto in forra, a valle di Fiume è definito di “eccezionale valore”. 24 f) Corsi d'acqua (Art. 29 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto, dalla trasposizione passiva degli ambiti di tutela individuati dal PPAR, risulta per la sua porzione in val Sant’ Angelo e ad Ovest del centro abitato di Pieve Torina in zona A Appenninica e per la restante parte all'interno dell'area PA pedappenninica, in corso d'acqua di classe 1???? ordine di appartenenza 5 (Tav. 12 del PPAR). L'impianto in progetto si trova in buona parte all'interno della fascia di tutela del corso d'acqua. g) Crinali (Art. 30 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto, per essere posto essenzialmente sul fondo valle del torrente Sant’ Angelo e del fiume Chienti di Pieve Torina, risulta al di fuori dell'ambito di tutela dei crinali presenti. h) Versanti (Art. 31 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto in progetto non risulta all'interno di aree di versante con pendenza superiore al 30%, per essere essenzialmente posizionato nei due predetti fondo valle. i) Aree Floristiche (Art. 33 PPAR cat.cost.paes.): L'impianto non risulta interessare perimetri di aree floristiche (vedi Tav. A-4 Carta dei vincolinaturalistici.). j) Boschi e Pascoli (Art. 34 e 35 PPAR cat.cost.paes.): La zona non risulta inclusa in aree classificate dalle Tavv. 5 e 14 del PPAR come Boschi e Pascoli. Si rimanda alla carta della vegetazione e dell’uso del suolo per individuare queste tipologie che sono state rilevate in sito. L’opera attraversa in alcuni tratti il bosco ripariale a tutela integrale e il bosco di carpino nero anch’esso a tutela integrale e sottoposto a compensazione in caso di eliminazione per lavori di realizzazione dell’opera. k) Zone Umide (Art. 36 cat.cost.paes.) La zona non risulta inclusa in aree classificate dal PPAR come zone umide. I) Paesaggio agrario di interesse storico-ambientale (Art. 38 cat.patr.sto.cult.): L'impianto in progetto non risulta, dalla trasposizione passiva degli ambiti di tutela individuati dal PPAR, inserito in aree di interesse storico ambientale (vedi Tav. 8. del PPAR). m) Zone Archeologiche e strade consolari (Art. 41-42 cat.patr.sto.cult.): L'impianto in progetto non risulta, dalla trasposizione passiva degli ambiti di tutela individuati dal PPAR, propriamente inserito in zone archeologiche o su strade consolari (vedi Tav. 10 del PPAR) anche se la condotta forzata, nel tratta Fiume – Pievetorina si colloca sulla sponda opposta del Torrente Sant’ Angelo, a quella in cui è ubicato i siti “ Romitorio dei Santi “ e “ Ponte Romano “ . Ad ogni buon conto deve tenersi in debita considerazione la segnalazione di cui alla nota 8412 del 24 Giugno 1999 emessa dalla Soprintendenza Archeologica per le Marche ed indirizzata al comune di Pievetorina con la quale si segnalano aree di interesse archeologico ubicate in quel territorio comunale, sia in Val sant’ Angelo che intorno al centro abitato di Pievetorina, col preciso fine di sottoporre alla preventiva segnalazione ogni intervento di scavo o sterro che possa interessare le stesse. L’ impianto che si propone non appare interessi le aree in questione; comunque, data la sommaria indicazione fornita dalla sopraintendenza, l’approfondimento potrebbe rivelarsi opportuno. 25 B. 1.10. Descrizione del progetto in relazione ai piani per le aree naturali protette di cui alla legge 394/91 Le aree interessate dal progetto non ricadono in aree naturali protette, pur essendo ubicate in prossimità del Parco nazionale dei Sibillini ed alla Riserva naturale della Montagna di Torricchio. Il parco infatti investe in modo assolutamente limitato e marginale il territorio comunale di Pievetorina e si mantiene ben distante dall’ area investita dall’ interventi progettato. La riserva naturale della montagna di Torricchio invece , pur investendo la modesta superficie di 317 Ha , si sviluppa per 315 Ha sul territorio del comune , ma rimane localizzata verso il territorio di Monte Cavallo ed a quote ricomprese tra 820 e 1491 mt sul l.m.m. quindi ben superiori e lontane, sia per distanze orizzontali che verticali, a quella impegnata dalla presa fluviale posta a 497,0 mt sul l.m.m. , che dell’ impianto idroelettrico è la prima manifestazione, almeno dal punto di vista altimetrico. B.1.11. Descrizione del progetto in relazione al piano per l'assetto idrogeologico (P.A.I.) La visione della cartografia del P.A.I. (Piano di Assetto Idrogeologico — Autorità di Bacino della Regione Marche) aggiornata al Decreto del Segretario Generale n.22/SABN del 09/06/2011 evidenzia che il fondovalle del Torrente Sant’ Angelo, nel tratto Fiume - centro abitato di Pievetorina, non è caratterizzato da aree inondabili. Il tratto di fiume Chienti, a valle di Pievetorina sino al sito di Quartignano è invece contraddistinto da un’ area perimetrata priva di codice identificativo E - 19 – 0019 ed indicata mediante descrizione cromatica “AREA INONDABILE A RISCHIO MEDIO “ cui, secondo norma, è associato un unico livello di pericolosità definito elevata- molto elevata. Detta area è collocata nell’ intorno dell’alveo fluviale antistante la piana di Quartignano che è percorsa dalle condotta forzata dell’ impianto Sant’Angelo che in quel tratto corre parallela è vicina a quella dell’ impianto di Pievetorina. La posizione assegnata al fascio tubiero non interferisce ed evita comunque l’ area definita inondabile. In ogni modo le aree perimetrale, come quella appena citata, sono normate dalle NTA del Piano di Assesto Idrogeologico della Regione Marche riportate nell'Elaborato d all'Art. 7 . Il comma 6 - paragrafo c) letteralmente chiarisce che in dette aree ( fasce inondabili ) sono consentite “ opere pubbliche o di interesse pubblico connesse alla captazione delle risorse idriche superficiali o alla loro utilizzazione nel rispetto dei principi dell’ art. 22 del D. lgs. 152 / 1999, compatibilmente con l’ assetto morfologico e previo parere vincolante dell’ autorità di bacino.” Inoltre,in quanto ad interessare aree potenzialmente franose, il rilevamento geologicogeomorfologico di dettaglio ha evidenziato che solo la condotta forzata, nel tratto in cui aggira ad Ovest il centro abitato di Pievetorina attraversa un’ area “ in frana “ di modesta estensione, contraddistinta dal codice F – 19 – 1722 ( P3 – R1) e classificata a rischio elevato. Lo stesso rilevamento, riassunto nella relazione geologica che del progetto è parte integrante, ha definito l’ area in questione “ attualmente stabile”. Sotto il profilo normativo, la realizzazione della condotta, in quanto infrastruttura tecnologica, è consentita con l’ adozione di interventi per la mitigazione della pericolosità, previo parere vincolante dell’ autorità di bacino. Pertanto, ove ad integrazione del parere geologico sopra richiamato, la predetta autorità ritenesse necessario provvedere all’ introduzione di misure di mitigazione del rischio, vi si provvederà nei modi stabiliti dalle norme richiamate. 26 B.1.12. Descrizione del progetto in relazione alla zona di rispetto e di protezione di acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano erogate a terzi di cui al DPR 236/1988 Nell'area complessivamente investigata , in quanto sede delle opere da realizzare non sono presenti sorgenti o pozzi chiamati ad alimentare infrastrutture destinate a garantire il consumo umano. La falda è sicuramente presente nel più che modesto alluvione di fondovalle, sia del torrente Sant’Angelo che del fiume Chienti, più per essere alimentata dagli stessi corsi d’ acqua che da contributi provenienti dalle pendici dei limitrofi versanti anche sedi di modesti depositi detritici e alluvionali con scarse manifestazioni di circolazione idrica basale. B.1.13. Descrizione d'inquadramento del piano territoriale di coordinamento P.T.C. Per quanto riguarda la struttura Botanico-Vegetazionale il PTC nelle tavole EN 2 (Carta del sistema ambientale) e EN 3 EN 8 (Mappa delle aree per la salvaguardia e il potenziamento della biodiversità) in evidenziano gli aspetti peculiari del settore. Le strutture ambientali principali individuata è quella relativa al corso d’acqua dell Chienti che viene definito dal PTC nella categoria: - micro connessioni locali secondarie (Art.10.2.6. N.T.A. Parte II, Titolo I), rappresentate dai corsi d’acqua principali e dai fossi minori. Essi costituiscono un corridoio ecologico importantissimo poiché mettono in comunicazione ambienti diversi consentendo e favorendo lo scambio ecobiologico e lo sviluppo della biodiversità, termine utilizzato dal PTC nella medesima eccezione ad esse attribuita dall’art.2 della convenzione sulla biodiversità (Rio de Janeiro 5.6.1992) nel testo ratificato con la legge 14.2.1994, n.124; La tavola allegata alla presente relazione estratto del PTC in scala 1:10.000 dove si evidenziano in particolare la presenza della confluenza fluviale e dei varchi fluviali in corrispondenza di tutta la rete idrografica comunale. Il P.T.C. nella tav. EN8 indica le aree da tutelare per la salvaguardia e il potenziamento della biodiversità nei seguenti tematismi tutti a tutela integrale eccetto le aree coltivate di valle per cui si danno disposizioni di tutela orientata: • aree coltivate di valle : sono definite nell’ Art. 31.2 del PTC come zone di supporto agli elementi diffusi del paesaggio agrario: esse seguono l’andamento dei principali corsi d’acqua che solcano il territorio nella zona di pertinenza del Fiume Chienti e dei corsi d’acqua minori. • boschetti e gruppi arborei (Art. 31.1) 27 • boschi ripariali ed aree golenali (Art. 28) • corsi d’acqua (Art. 23) • confluenza fluviale (Art. 23.10 bis) • varchi fluviali (Art. 23.10 bis) Questi ambiti sono relativi a reti ecologiche presenti nell’agro-ecosistema ovvero a un sistema di connessioni tra aree di interesse ambientale , non contigue, costituite da linee preferenziali di movimento nei quali avvengono dei flussi biotici (sia animali che vegetali). L'opera di presa ricade interamente nel vincolo di confluenza fluviale e la condotta ricade nel vincolo di varco fluviale lungo gran parte del proprio tracciato. Bisogno però fare delle considerazioni sulla presenza di reti all’interno del territorio comunale come elementi di grande valore ambientale ai fini della conservazione della biodiversità. La realizzazione dell'opera non va ad interrompere la continuità del corridoio ecologico principale e a ridurre la funzionalità dei flussi biotici animali e vegetali. Il mosaico paesaggistico e gli elementi di interconnessione sono notevolmente presenti in qualità di sources areas nella rete ecologica locale e dalla analisi della macroarea si nota come la presenza degli elementi diffusi del paesaggio con funzione di stepping stones siano due fattori importanti per valutare la qualità ecologica del territorio. La verifica di conformità ai vincoli del PTC può risultare positiva in quanto la permeabilità agli scambi ecologici non viene alterata dalla realizzazione delle strutture di presa e adduzione mentre la centrale ricade quasi interamente su area a seminativo e marginalmente interessa la vegetazione ripariale che si presenta rarefatta in prossimità dell’arrivo della condotta. Lungo il percorso che si snoda su un vecchio sentiero interessa marginalmente il bosco laddove la pista si è con gli anni parzialmente richiusa con vegetazione mista arborea- arbustiva ascrivibile comunque alla categoria bosco. L’art. 7.1.20 del PTC ai fini dell’individuazione degli ambiti di tutela definitivi, previsti dall’Art. 27 delle N.T.A. del PPAR, per area bosco (o boscata) intende: ogni superficie di terreno non inferiore a mq 5.000 in cui sono presenti organismi vegetali, legnosi, arborei, arbustivi, determinanti – a maturità- un’area di incidenza (calcolata con riferimento alla proiezione sul terreno delle chiome) di almeno il 50% della superficie ; il PTC individua come aree a bosco anche i terreni, pubblici o privati, di qualunque estensione sui quali esista o sia in via di costituzione un popolamento di specie legnose, arboree e/o arbustive autoctone, a qualsiasi stadio di sviluppo si trovino. Sono inoltre da considerarsi boschi i terreni pertinenti ad un complesso boscato che, per cause naturali o 28 artificiali, siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia in attesa o in corso di rinnovazione o ricostituzione. Sono qualificate come area a bosco anche le foreste demaniali e tutti i compendi che così vadano qualificati a norma di vigenti disposizioni di legge. Le formazioni arbustive costituiscono stadi iniziali di formazione boschive, compatibili pertanto- con tutti gli interventi connessi alle dinamiche evolutive del bosco, ivi compresa la messa a dimora di specie arboree autoctone e la protezione delle bordure. La definizione di bosco a livello regionale deve rispettare la NUOVA LEGGE REGIONALE FORESTALE N° 6/2005 e l’Applicazione delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale Regionale e delle Norme di Gestione dei Boschi la definizione che ne da il D.G.R. 2585 del 06/11/2001 – Allegato “D” che intende per bosco formazioni vegetali (forestale arborea associata o meno a quella arbustiva) e terreni su cui esse sorgono con estensione non inferiore ai 2000 metri quadrati, larghezza media non inferiore ai 20 metri e copertura non inferiore al 20% con misurazione effettuata sulla base esterna dei fusti. Inoltre assimila a bosco i fondi gravati dall’obbligo del rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale; le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea ed arbustiva a causa delle utilizzazioni forestali, avversità biotiche e abiotiche, eventi accidentali, incendi; le radure e tutte le altre superfici di estensione inferiore ai 2000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco. Tali caratteristiche sono rilevabili solo in corrispondenza dell'opera di presa per una superficie complessiva di 2000 mq e in corrispondenza dell'entrata del tubo in galleria per 75 mq. La condotta lungo il tracciato interferisce con la vegetazione ripariale definibili come formazioni in filare per le caratteristiche di ampiezza e frammentazione e che sono soggette a una compensazione 1:1. Per quanto riguarda la compensazione delle superfici a bosco si riporta quanto segue: L. R. 6/05 - CAPO II - Tutela e gestione del bosco e demanio forestale regionale Art. 12 - (Riduzione e compensazione di superfici boscate) 1. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 6 della l.r. 1° dicembre 1997, n. 71 (Disciplina delle attività estrattive), la riduzione di superficie del bosco e la trasformazione dei boschi in altra qualità di coltura sono autorizzate dalla Provincia, sentita la Comunità montana per gli interventi ricadenti nel proprio territorio, esclusivamente nei seguenti casi: a) realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità; b) realizzazione di strade e piste forestali connesse all’attività selvicolturale, alla protezione dei boschi dagli incendi e alla realizzazione di opere pubbliche. 29 2. La riduzione di superficie boscata è soggetta a misure di compensazione ambientale, consistenti in rimboschimenti compensativi su terreni nudi, di accertata disponibilità, da realizzarsi prioritariamente con specie autoctone, sulla base di uno specifico progetto esecutivo e per una superficie calcolata secondo quanto disposto dall’articolo 6, comma 4, e dall’allegato A della l.r. 71/1997. I terreni da destinare a rimboschimento compensativo devono essere individuati prioritariamente all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale ricadono le superfici boscate da compensare. 3. Le Province, con l’autorizzazione alla riduzione della superficie boscata, prescrivono le modalità ed i tempi di attuazione del rimboschimento compensativo e, a garanzia della sua esecuzione, richiedono il deposito cauzionale di una somma commisurata al costo delle opere. 4. Le Province, qualora non siano disponibili terreni da destinare al rimboschimento compensativo, determinano un indennizzo pari al costo dell’acquisizione della disponibilità dei terreni, dell’esecuzione del rimboschimento e delle cure colturali per i primi cinque anni e stabiliscono le modalità e i tempi per il pagamento dell’indennizzo medesimo. 5. Gli indennizzi confluiscono in un fondo provinciale destinato alla realizzazione di rimboschimenti, miglioramenti boschivi, opere di sistemazione idraulico forestale e di prevenzione e lotta agli incendi boschivi nonché all’acquisizione e demanializzazione di superfici boscate. Nella definizione di bosco rientrano: - il bosco di carpino nero in corrispondenza del punto di ingresso (a monte) della galleria; il bosco di carpino nero in corrispondenza del punto di uscita (a valle) della galleria; il bosco ripariale di pioppo nero e salice bianco nella zona dell’opera di presa. Per quanto riguarda la formazione ripariale in filare assimilabile a siepe si fa riferimento a quanto cita la legge: L. R. 6/05 - CAPO IV - Tutela delle formazioni vegetali non ricomprese nei boschi e nei centri abitati Art. 23 - (Compensazione) 1. Al fine di garantire la conservazione e la rinnovazione del patrimonio arboreo regionale, per ogni albero abbattuto ai sensi dell’articolo 21 è prevista la piantagione di due alberi appartenenti alle specie elencate all’articolo 20, comma 1. La posa a dimora degli alberi comporta anche l’obbligo di assicurare gli eventuali risarcimenti, le cure colturali e la loro conservazione. 2. Nell’autorizzazione all’abbattimento sono indicate le caratteristiche degli alberi da mettere a dimora, le modalità ed i luoghi di impianto. 3. La piantagione compensativa di cui al comma 1 deve essere effettuata entro dodici mesi dalla data dell’autorizzazione all’abbattimento. 30 Art. 24 - (Tutela delle siepi) 1. Al fine di salvaguardare l’integrità ecologica e paesistico-ambientale del territorio regionale, la tutela della fauna selvatica, di prevenire la degradazione e l’erosione dei suoli, sono sottoposte a tutela le siepi ad eccezione di quelle che si trovano nelle zone A, B, C, D e F del territorio comunale così come delimitate dagli strumenti urbanistici vigenti, di quelle poste lungo le autostrade e di quelle facenti parte di cimiteri e di giardini pubblici o privati. 2. E’ vietata l’estirpazione delle siepi senza l’autorizzazione del Comune. In zona montana l’autorizzazione è rilasciata dalla Comunità montana qualora delegata dal Comune. Nella nozione di estirpazione rientra, oltre ad ogni ipotesi di taglio e sradicamento, ogni altra grave menomazione delle capacità e potenzialità vegetative delle siepi. 3. L’autorizzazione all’estirpazione è concessa nei seguenti casi: a) realizzazione di opere pubbliche; b) realizzazione di opere di pubblica utilità; c) edificazione e ristrutturazione di costruzioni edilizie; d) siepi che arrecano danno a costruzioni, manufatti o a reti tecnologiche; e) siepi irrimediabilmente danneggiate da eventi calamitosi, atmosferici, da malattie o da parassiti; f) siepi che minacciano rovina e rappresentano pericolo per la pubblica o privata incolumità. 4. Per ogni siepe è prevista la piantagione di una o più siepi per una lunghezza minima pari a quella estirpata. La piantagione compensativa deve essere effettuata entro dodici mesi dalla data dell’autorizzazione all’estirpazione. Nell’autorizzazione gli enti competenti indicano le caratteristiche delle siepi a mettere a dimora, le modalità ed i luoghi di impianto. 5. Non è necessaria l’autorizzazione per il taglio di rinnovo e la potatura delle siepi. I filari, in virtù della funzione di corridoio ecologico che svolgono, al pari o meglio delle siepi, vengono correntemente compensati come le siepi, ovvero con la piantagione per una lunghezza minima pari a quella estirpata di nuovi filari. Segue successivamente il calcolo della compensazione Le differenti tipologie individuate sul territorio costituiscono delle unità naturali relitte di varia natura capaci di costruire una rete ecologica di riferimento locale di fondamentale importanza ai fini della valutazione delle compatibilità dell'opera di presa e della centrale in quanto le potenzialità naturali 31 del territorio quali le aree boscate riparali e i boschetti e gruppi arborei evidenziati nella Carta della Vegetazione e Uso del suolo sono diffuse e in connessione continua con l'asta fluviale non interrompendo l'interconnessione ambientale con la collina e la montagna. Tutto il territorio Comunale di Pievetorina e la modesta porzione interessata del comune di Muccia sono inseriti in un'Area di riequilibrio idrogeologico (art.10.2.5. — Tav. En02). Si tratta di un'area che, pur presentando una forte propensione al dissesto (per erosione del suolo), è destinata, con opportuni interventi di miglioramento del suolo e di regimazione delle acque, a svolgere una funzione di riequilibrio del sistema idrico e idrogeologico della media e bassa collina. L'Art.15 del PTC indica Direttive per la salvaguardia e la difesa del suolo e, per l'area di riequilibrio idrogeologico vengono definite le seguenti direttive specifiche. 15.1.- Direttiva specifica n.1: attuazione ed incentivazione di interventi di bioingegneria per il recupero e la difesa del suolo. 15.2.- Direttiva specifica n.2: attuazione ed incentivazione di interventi di ricostituzione del manto vegetale. 15.3.- Direttiva specifica n.3: attuazione ed incentivazione di interventi di messa in sicurezza dei terreni al fine di assicurare la protezione civile. Il PTC in queste aree (art.19.4) detta indicazioni per la redazione degli strumenti urbanistici e nulla di dice riguardo le captazioni. La Tav. En03 segnala la vicinanza con aree a bosco e arbusteti, situazione peraltro ben dettagliata nella Tavola allegata dell'uso del suolo. B.1.14. Descrizione del progetto in relazione agli strumenti urbanistici comunali vigenti che interessano i siti d'intervento Il progetto,tra l’opera di presa di Fiume e la centrale di Quartignano, interessa aree che al momento, dal punto di vista più immediato e diretto sono caratterizzate dall’ uso agricolo e, in parte non trascurabile da aree incolte già agricole. Dal punto di vista dello strumento urbanistico vigente, anche per un recente aggiornamento del 2010 che lo ha adeguato al PTC provinciale, esso così si sviluppa: - L’ opera di presa di Fiume come già più volte riferito impegna un tratto dell’ alveo del torrente Sant’ Angelo ed una modesta area ad esso prospicente, valutata alcune centinaia di mq, del più ampio territorio impegnato dalla frazione di Fiume complessivamente racchiudente comparti classificati AO e definiti di “ risanamento nuclei frazionali “. Detta area si pone sul limite esterno della più vasta area agricola che caratterizza dal punto di vista urbanistico l’intera vallata del torrente sino all’ abitato di Pievetorina. L’ intervento di risanamento strutturale e di integrazione 32 con la nuova vasca di carico dell’ opera di presa di fatto ben sposa il concetto alla base di previsione del piano di risanamento di nucleo, ove si condivida che il significato di nucleo non è da riferirsi esclusivamente all’ uso abitativo e si consideri che la frazione di Fiume è storicamente agricola, quindi urbanisticamente composta da abitazioni ed accessori finalizzati alla pratica agricola e di attività ricollegate nel senso più ampio. - Il tracciato della condotta forzata, tra l’ opera di presa predetta e la centrale idroelettrica di Quartignano è, dal punto di vista urbanistico frazionabile in tre tratte: la prima tra l’opera di presa di Fiume e la strada per Gagliole, a ridosso del centro abitato di Pievetorina in cui il tracciato si sviluppa essenzialmente in zona agricola; la seconda, tra la citata strada e l’ incrocio per sottopasso della ex SS Valnerina in cui la condotta, pur movendo in area a prevalenza agricola, intercetta all’ inizio una modestissima area ( B ) di “ completamento “, ed alla fine un’ area relativamente poco estesa di “ espansione “ preceduta da una più ridotta area di completamento PEEP ; che implementano un esistente complesso abitativo la terza, dalla strada ex SS sino alla centrale di Quartignano, scavalcando il Fiume Chienti , per portarsi dalla sua sinistra alla sua destra, si svolge tutta su area agricola ad eccezione di u tratto che intercetta un’ area “Produttiva “ di espansione posta nel bel mezzo della pianura antistante un consistente raggruppamento di fabbricati rurali a prevalente indirizzo zootecnico in destra Chienti. - La centrale idroelettrica di Quartignano impegna un’ area agricola, posta nel cuneo finale del territorio di Pievetorina ricompreso tra il fiume ed il limitrofo territorio di Pieve Bovigliana. B.1.15. Descrizione d'inquadramento di altri strumenti di pianificazione territoriale che interessano i siti d'intervento Il sito non rientra in nessun altro strumento di pianificazione territoriale. B. 1.16. Descrizione di inquadramento del progetto in relazione a strumenti di pianificazione settoriali Si ritiene importante sottolineare che il P.E.A.R., pur non ritenendo importante la quota aggiuntiva che potrà derivare dallo sviluppo ulteriore del settore idroelettrico, afferma la seguente linea di concetto: "Poiché si ritiene che, di norma, non esistano le condizioni per la realizzazione di nuovi sbarramenti ed invasi di grandi dimensioni sulle aste fluviali, la capacità residua andrà rintracciata nello sfruttamento a fini idroelettrici delle traverse esistenti, dei salti degli acquedotti e dei salti dei consorzi di bonifica e su siti in cui le potenze installabili sono caratteristiche degli impianti MiniHydro (<3MW)". Nel nostro caso è stato individuato un sito (tratto fluviale) il cui sfruttamento consente la realizzazione di un impianto idroelettrico di potenza inferiore a 0,5 MW, requisito questo che lo rende compatibile con le previsioni del PEAR. 33 B. 1.17. Descrizione di inquadramento dei vincoli naturalistici La superficie complessivamente interessata dal progetto non è inclusa all'interno di siti della Rete Natura 2000, ne' ha rapporti funzionali di qualsiasi tipo con essi. I SIC più vicini sono: - IT5330021 Boschetto a tasso presso Montecavallo : E 12 57 - - IT5330022 Montagna di Torricchio E 13 01 - N N 42 58 42 58 B.1.18. Descrizione dei vincoli paesaggistici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti d'intervento Alcuni siti del progetto : Opera di presa di Fiume e la parte del tracciato della condotta lungo la val Sant’ Angelo sono contenuti nella fascia di rispetto dell'alveo del torrente Sant’ Angelo mentre la centrale di Quartignano ricade nella fascia di rispetto del fiume Chienti di Pieve Torina, corsi d’ acqua questi tutelati ope legis ai sensi dell'art. 142 comma 1 lettera c del D. Lgs. Nr. 42/2004 (già art. 1 della legge nr. 431/1985). B.1.19. Descrizione dei vincoli architettonici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti d'intervento L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata dal vincolo architettonico. B.1.20. Descrizione dei vincoli archeologici (D.lgs 42/2004) che interessano i siti d'intervento L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata dal vincolo archeologico. B.1.21. Descrizione dei vincoli storico-culturali (D.lgs 42/2004) che interessano i siti d'intervento L'area complessivamente impegnata dal progetto non è interessata da vincoli storico-culturali. B. 1.22. Descrizione delle zone demaniali che interessano i siti d'intervento L'area dell'alveo del Fiume Chienti di Pievetorina e quello del torrente Sant’ Angelo sono zona demaniale. Nell’ ambito complessivo impegnato dal progetto non ci sono Foreste Demaniali, come peraltro risulta dall'elenco allegato al P.P.A.R. (Art. 34). B.1.23. Descrizione dei vincoli idrogeologici (R.D.L. n. 3267/1923) che interessano i siti d'intervento Il progetto interessa aree soggette a vincolo idrogeologico; precisamente con la condotta forzata per il suo primo tratto ricompreso tra l’ opera di presa di Fiume e la progressiva stabilita a circa 200 m a valle del ponte sulla strada provinciale Pievetorina - Colfiorito , in buona parte ricadente sul territorio comunale di Muccia. 34 B.1.24. Considerazioni di eventuali modifiche intervenute rispetto alle ipotesi di sviluppo assunte dalla pianificazione settoriale, territoriale, urbanistica Non risultano che siano state programmate o attuate modifiche rispetto alla pianificazione territoriale, settoriale o urbanistica. B.1.25. Descrizione delle disarmonie reciproche eventuali di previsioni contenute in distinti strumenti programmatori, piani o normative Nessuna. B. 1.26. Autorizzazioni, pareri, nulla osta necessari perla realizzazione delle opere La realizzazione di una centrale idroelettrica, oltre alla necessaria procedura d'impatto ambientale, segue l'iter autorizzativo semplificato previsto dal D. Lgs. 387/03 che prevede una procedura unica, sotto il controllo della Regione, per ottenere tutti i nulla osta previsti, tra i quali: - Autorizzazioni paesaggistiche; - Autorizzazione del Genio Civile per la concessione di derivazione delle acque; - Autorizzazioni edilizie comunali; - Autorizzazioni provinciali per i ripetuti attraversamenti de i corsi d’ acqua : il torrente Sant’ angelo ed il fiume Chienti; e delle strade Ex SS Valnerina e provinciale Pievetorina Col Fiorito - Autorizzazioni autorità forestali e per il superamento del vincolo idrogeologico. B.2. IL QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE B.2.1. Crono programma dei lavori Il lavori saranno realizzati nell'arco di circa 15 mesi, di cui 12 mesi per la completa realizzazione delle opere civili e dei relativi montaggi industriali, 1 mese per il montaggio del gruppo turbogeneratore e l’ arredo impiantistico della centrale idroelettrica, 1 mese per l’avviamento del gruppo ed 1 mese per prove di funzionamento e collaudi, secondo Quanto dettagliato nello specifico elaborato denominato cronoprogramma. L’ inizio effettivo delle operazioni di cantiere sconta un periodo di mesi tre, a far data dalle ottenute autorizzazioni, per il perfezionamento della progettazione esecutiva e per l’ occupazione dei suoli necessari allo sviluppo dei cantieri. 35 B.2.2. Programma temporale di gestione delle opere L’ impianto idroelettrico in progetto ha una vita tecnica usualmente molto lunga e non inferiore ad anni 50, a patto e condizione che le opere civili siano tenute sotto controllo con gli inevitabili interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. In quanto agli equipaggiamenti elettromeccanici ed impiantistici essi di norma nel citato periodo subiscono almeno un rifacimento completo per l’ inevitabile logoramento degli apparati meccanici e per l’ altrettanto inevitabile rimessa a norma di quelli elettrici. Comunque il tempo minimo stimato per l'analisi del rendimento dell'investimento pone la vita dell'opera a 30 anni. Al momento, ovvero in costanza di legislazione vigente, l 'incentivazione statale per la produzione di energia elettrica grazie a fonti rinnovabili (tariffa omnicomprensiva) ha una durata di 15 anni. B.2.3. Programma temporale di dismissione delle opere Qualora si decidesse di definitivamente disattivare non necessariamente si dovrà provvedere a demolire le opere. Come chiarito nell’ apposita relazione avente titolo “ STIMA DEI COSTI DI REINSERIMENTO E RECUPERO AMBIENTALE IN CASO DI DISMISSIONE“ ( Allegato n° 7 di progetto ) che tratta lo specifico argomento, sarà sicuramente necessario tamponare la luce di emungimento dell’ opera di presa senza peraltro manomettere lo sbarramento , rinterrare il breve canale di alimentazione della vasca di carico della medesima opera, rimuovere il macchinario elettromeccanico dello sgrigliatore automatico . In quanto alla condotta ed al fabbricato della centrale, le loro caratteristiche ne consentono facilmente il riutilizzo per altri scopi. Ove invece dovesse essere necessario smantellare completamente l'impianto si provvederà all'abbattimento di tutti i fabbricati costruiti, al recupero della condotta interrata ed al ripristino delle aree. B.2.4. Progetto DEFINITIVO Il progetto definitivo si compone dei seguenti elaborati: - Relazioni • Relazione tecnica generale • Relazione idrologica • Relazione idraulica • Relazione Geologica • Computo metrico Estimativo • Relazione economico finanziaria • Stima dei costi di reinserimento e recupero ambientale - Elaborati grafici 36 • TAV. N°1 : Individuazione impianto su carta tecnica regionale 1/10.000: corografia d’insieme • TAV. N°2 : Opera di presa di Fiume - Stato attuale • TAV. N°3 : Opera di presa di Fiume - Stato modificato • TAV. N°4 : Opera di presa di Fiume - Stato modificato : particolari • TAV. N°5 : Opera di presa di Fiume - Vasca di carico • TAV. N°6 : Opera di presa di Fiume - Canale della vasca di carico e sgrigliatore • TAV. N°7a : Condotta di alimentazione della centrale – tracciato catastale 1^ parte • TAV. N°7b : Condotta di alimentazione della centrale – tracciato catastale 2^ parte • TAV. N° 8a : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto A • TAV. N° 8b : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto B • TAV. N° 8c : Condotta di alimentazione della centrale- profilo altimetrico - Tratto C • TAV. N° 9 : Centrale di Quartignano - Planimetria generale • TAV. N° 10 : Centrale di Quartignano - Edificio : Piante e prospetti • TAV. N° 11 : Centrale di Quartignano - Edificio : Piante e sezioni • TAV. N° 12 : Condotta di alimentazione della centrale : attraversamenti stradali • TAV. N° 13 : Condotta di alimentazione della centrale : attraversamenti stradali • TAV. N° 14 : Condotta di alimentazione della centrale : attraversamento aereo f. Chienti • TAV. N° 15 : Cronoprogramma dei lavori B.2.5. Soluzioni alternative realistiche per metodi costruttivi di cantiere impiegati Premesso che gli equipaggiamenti impiantistici vengono realizzati in officine altamente specializzate per poi essere installati nelle collocazioni finali normalmente costituite da infrastrutture civili , i cantieri da apprestare si riferiscono proprio alla realizzazione di queste ultime. Essi sono in numero di tre, due fissi ed uno mobile: quest’ ultimo segnatamente per la realizzazione della condotta forzata, mentre gli altri rispettivamente per la costruzione dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica . I cantieri fissi, attesi gli ingombri propri delle opere da realizzare, saranno impostati con l'obiettivo di ridurre al minimo gli spazi occupati dai materiali e dai mezzi d'opera. La dislocazione delle strutture di cantiere che sono riassumibili nelle seguenti: - Le Aree di cantiere dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica saranno opportunamente recintate, prima con apprestamenti a carattere provvisorio e poi a carattere definitivo e fungeranno anche da area per il carico e lo scarico dei materiali. In particolare i materiali di 37 risulta degli scavi per il posizionamento delle strutture e per le opere di fondazione saranno in esse accantonati per essere immediatamente riutilizzati per la “ ricostituzione dei piani di movimento e lavoro “ attorno alle medesime strutture realizzate. - Aree di cantiere della galleria, zone di imbocco e sbocco, saranno recintate anche esse con opere a carattere definitivo. ll materiale di risulta dello scavo della galleria, per la sua qualità litoide e granulare potrà essere facilmente riutilizzato in opere di ingegneria civile, quali rilevati , sottofondi stradali, ecc. ragione per la quale il materiale una volta estratto potrà essere trasferito nei siti di impiego anche senza stazionamento intermedio. Simile sorte potrà avere il materiale in esubero dalle operazioni di posa della condotta, che in ragione del notevole diametro di quest’ ultima dovrà essere valutato in circa 3500 mc. Esso, attesa la necessità di mantenere i franchi di coltivazione delle aree agricole interessate, apparterrà alla porzione più profonda dell’ altezza di scavo, ragione per la quale il materiale in esubero , sempre di natura sciolta, potrà facilmente essere riutilizzato per terrapieni e rinterri di sorta. B.2.6. Soluzioni alternative realistiche per la gestione delle opere e le tecnologie impiegate La tecnologia idroelettrica è ormai ampiamente collaudata ed altamente efficiente anche per le basse potenze installate. L'entità delle portate derivabili e il valore del salto motore dell'impianto , decisa l’ installazione di un unico gruppo turbogeneratore , impongono l'installazione dì una turbina Pelton a due ugelli (o iniettori), come determinato con la relazione idraulica a mezzo del numero di giri caratteristico (Nc). Nella fattispecie si è optato per una turbina ad asse verticale, con scarico direttamente sul canale di restituzione della centrale e velocità di rotazione di 600 giri minuto primo. La turbina Pelton, come noto, è caratterizzata dal fatto di essere una turbina ad azione dove, a mezzo dell’ iniettore Doble, tutta l’ energia posseduta dalla colonna liquida in movimento nella condotta forzata viene trasformata in energia cinetica, energia poi trasferita sulla palettatura a doppio cucchiaio della ruota Pelton. ll principio funzionale vede, in ragione della presenza dei due iniettori : uno a portata costante e pari a Qmax/2, l’altro a portata variabile tra Q min e Qmax/2 . Per portate maggiori di Qmax/2 funzionano entrambi gli iniettori, mentre per portate inferiori a Qmax/2 ne funziona un solo , ovviamente quello a regolazione continua di portata. Il relativamente più che modesto valore del termine cinetico allo scarico, sconsiglia il recupero dell'energia residua, dalla quota di asse turbina fino al livello del tirante nel canale di restituzione, per mezzo di tubo di “ aspirazione , opportunamente dimensionato. 38 B.2.7. Interventi connessi, complementari o a servizio di quelli proposti L’ impianto di generazione deve essere collegato alla rete di distribuzione, quindi l'unico intervento complementare connesso alla costruzione della nuova centrale idroelettrica è l'allaccio alla rete ENEL. Nelle vicinanze sono presenti due possibili punti di allaccio : il primo con la rete in MT che alimenta la zona industriale di Muccia posta sulla sponda opposta del fiume Chienti di P.T.; il secondo è costituito da una linea in AT che percorre parallelamente al corso d’ acqua la sua sponda DX e passa a poche decine di metri dal sito della centrale idroelettrica. HIDROCHIENTI srl ha proposto ad Enel Distribuzione, in data 21 / 06 / 2011, domanda di allaccio; sarà l'Enel a decidere quale sia la soluzione progettuale più opportuna per l'allaccio che comunque si auspica sia realizzato tramite cavidotto interrato. Il tutto anche in visione sinergica con l’ analoga necessità di collegare alla rete Enel la centrale Quartignano II dell’ impianto idroelettrico di Pievetorina alloggiata nello stesso fabbricato . Non va inoltre dimenticato in ogni modo che il sito centrale idroelettrica di Quartignano dovrà essere collegato alle rete viaria in zona mediante la realizzazione di una modesta bretella necessaria a raggiungere la vicina strada comunale detta di Quartignano, per mezzo della quale e possibile arrivare alla strada ex Statale Val Nerina, dopo aver scavalcato il fiume Chienti di P.T. La bretella di che trattasi sarà lunga ml 333 e sarà caratterizzata da una piattaforma stradale larga m 4,00, al netto di cunette e banchine, è sarà pavimentata in macadam. Il profilo stradale, sostanzialmente adagiato su quello del profilo naturale, prevede la realizzazione di una pavimentazione costituita da una fondazione in tout-venant di cava dello spessore di cm 50, on sovrapposta base in misto di cava granulometricamente corretto e stabilizzato con calce idrata e chiusura superficiale in macadam all’ acqua. Con la realizzazione della citata bretella stradale si ravviserà l’ opportunità anche di eseguire un accurato intervento di manutenzione della strada comunale, ovviamente propedeutico all’ avvio dei lavori di costruzione della centrale, per poter disporre della viabilità indispensabile alla realizzazione dei lavori e quindi alla successiva gestione dell’ impianto B.2.8. Attualità del progetto e delle tecniche scelte Il progetto è quanto mai attuale per la necessità del paese Italia di disporre di energia “ pulita “ in quanto prodotta da fonte alternativa rinnovabile qual’ è quella idraulica, che come noto è anche tra le possibili forme una delle più economiche e convenienti. In quanto alla tecnologia costruttiva delle centrali idroelettriche essa è certa e consolidata, ma anche di estrema attualità grazie alla continua e positiva evoluzione che i produttori di turbine idrauliche e di componentistica elettromeccanica hanno ottenuto. Nel caso specifico, come già anticipato, ci si avvarrà di una turbina Pelton a due getti ovvero una macchina idraulica in grado di garantire il proprio funzionamento al variare della portata disponibile mantenendo comunque elevata la resa energetica dell'impianto. Al fine di gestire al meglio la centrale idroelettrica, il controllo, la regolazione la supervisione della stessa è basato su un PLC in centrale connesso con un PC dotato di software idoneo a risolvere le varie 39 problematiche poste dai parametri idraulici, elettrici e meccanici in gioco. La centrale, a sua volta, può essere supervisionata da presso dal personale addetto, e da remoto tramite diversi sistemi di connessione (via satellite, linea telefonica, GSM, ecc.). Il PLC, Controllore Logico Programmabile, è in grado di gestire l'automazione e la supervisione della centrale idroelettrica e di svolgere il controllo dello stato funzionale di tutti i parametri dell'impianto, garantendo al medesimo la sicurezza e l'efficienza dell'impianto. Principalmente le funzioni poste sotto monitoraggio e controllo sono: • controllo dei guasti; • controllo dell'intervento delle protezioni elettriche; • controllo delle temperature; • controllo della velocità gruppo turbina-generatore; • controllo delle grandezze elettriche; • controllo dei parametri idraulici. Inoltre il PLC al fine di gestire le fasi operative, le regolazioni secondo i vari modi di operare, i valori di ritorno dai trasduttori e sensori di campo, svolge le seguenti funzioni: • acquisizione di ingressi analogici e digitali dal campo; • attuazione delle uscite digitali verso gli attuatori in campo; • esecuzione delle logiche relative alle sequenze di gestione dell'impianto; • monitoraggio delle varie periferiche controllate; • interfacciamento con il posto operatore per consentire l'acquisizione dei comandi eseguiti da consolle, la visualizzazione delle informazioni relative allo stato delle apparecchiature ed alle relative anomalie; • comunicazione con l'interfaccia di telecontrollo situata in una postazione locale/remota (pc di centrale o pc remoto); • invio di allarmi in caso di anomalia/blocco impianto. Il sistema di invio allarmi nelle centrali è strutturato: • tramite modem, combinatore telefonico, modem GSM, ecc; • tramite e-mail di allarme (tramite il PC collegato alla rete internet) ad un indirizzo definito. 40 B.2.9. Metodi costruttivi delle opere Le varie opere da realizzare si avvarranno di metodologie costruttive come sotto indicate : OPERA DI PRESA: posto che la stessa, per la parte propriamente insistente nell’ alveo torrentizio esiste già, su di essa si dovrà intervenire per demolire prima e ricostruire poi alcune modeste parti strutturali, per aggiungere la più che modesta scaletta di risalita dei pesci e per adeguare la luce di presa. In tali operazioni si dovrà avere particolare cura nella confezione del conglomerato cementizio per conferire allo stesso le necessarie qualità di durevolezza e resistenza ai cicli di gelo e disgelo. I n quanto alla vasca di carico ed al breve canale di collegamento della medesima con la presa vera e propria, si provvederà con strutture in calcestruzzo armato fondate direttamente a congrua profondità determinata dalla quota della sezione di presa e dalla stessa funzione che le varie parti componenti sono chiame a svolgere, su un substrato in calcestruzzo magro dello spessore non inferiore a 10 ÷ 15 cm. A strutture eseguite , è previsto il rinterro delle murature di vasche e canali avendo cura di assecondare le pendenze medie preesistenti e di far sporgere dal suolo le stesse di quel tanto sufficiente all’ installazione dei necessari congegni meccanici ( sgrigliatore automatico ) dei parapetti necessari a garantire la sicurezza operativa attorno alle strutture idrauliche. CONDOTTA FORZATA DI ALIMENTAZIONE DELLA CENTRALE IDROLETTRICA: è realizzata con l’ utilizzo di tubazioni in acciaio, ottenute per saldatura all’ arco sommerso di lamiere di acciaio, solidarizzate tra loro per giunzione saldata di elementi tubolari contigui. Ha diametro nominale di 600 mm, costante lungo tutto il suo sviluppo e spessore variabile ricompreso tra il minimo di mm 6,3 ed il massimo di mm 8,0 In ragione dei carichi statici e delle sovrappressioni indotte da moto vario in condotta. E’ dotata da protezione passiva contro la corrosione elettrolitica dal rivestimento di tipo bituminoso pesante applicato in officina di produzione e reso continuo per rivestimento in cantiere dei tratti di condotta, impegnati dalla giunzione saldata, a mezzo di manicotti termo restringibili sempre in materiale bituminoso. Allorché sarà completamente realizzata, la condotta sarà anche sottoposta a protezione attiva mediante un impianto di protezione catodica “ a corrente Impressa “. Ovviamente la condotta è destinata ad essere posata in sotterraneo seguendo il profilo altimetrico assegnatole dal progetto e conseguito con operazioni di scavo ad opera di mezzi meccanici. Nell’ eseguire lo scavo si avrà particolare attenzione a che le pareti abbiano pendenze, rispetto alla verticale, in grado di assicurare la massima stabilità. In particolare durante le operazioni di scavo, al fine di restituire ai suoli agricoli la preesistente “ qualità “ del “ franco di coltivazione “ si avrà cura di asportare in primis il terreno vegetale per accantonarlo tutto sullo stesso lato della trincea, indi di proseguire lo scavo in profondità , sino al raggiungimento della quota prestabilita, asportando il terreno “ minerale “ ed accantonandolo sul lato opposto della trincea. In tal modo, posata la condotta si procederà al rinterro avendo cura di utilizzare prima il terreno minerale e poi quello vegetale sino a raggiungere il piano campagna dopo aver ricostituito lo spessore di terreno vegetale proprio del franco di coltivazione. In presenza di terreni roccioso o detritico tra la condotta ed il fondo scavo, ed il successivo rinterro, dovrà interporsi uno spessore di appoggio costituito da materiale a matrice sabbiosa. Le dimensioni della condotta determineranno , a posa avvenuta, un esubero di materiale rimosso, di natura 41 assolutamente minerale, che dovrà essere asportato ed avviato “ discarica, o meglio a riutilizzo per rilevati e riempimenti, anche fuori cantiere, attesa la natura dello stesso materiale che ben si presterà ad essere riutilizzato. L’attraversamento in aereo dell’ alveo del fiume Chienti di Pievetorina avverrà mediante la realizzazione di un ponte tubo, ad unica campata della luce teorica di 24,0 m, ove la struttura orizzontale sarà costituita dalla sola tubazione , che in quel tratto impiegherà acciaio Corten , del dn600 mm e spessa mm 10,0, mentre le strutture verticali di sostegno, le due pile-spalle di estremità saranno realizzate in calcestruzzo. Queste ultime avranno fusto circolare del diametro di cm 80 sovrastato da una forcella, sempre in c.a. , destinata a contenere ed a mantenere in posizione la tubazione, e fondazione profonda costituita da un palo in c.a. preforato e raccordato al pilastro sovrastante a mezzo di un dado di fondazione delle dimensioni planimetriche di m 2,0 x 2,0 e spessore di 60 cm. La luce della campata è sufficiente ad assicurare alle due pile- spalla un posizione di tutta sicurezza dietro il ciglio delle scarpate della “ forra “ d’alveo, in quella sezione ampia in sommità non più di 14 m. Ad ogni buon conto va rimarcato che lo spessore della condotta costituente “ l’ impalcato “ del ponte tubo, è stato fissato anche in ragione della necessità di mantenere in posizione la condotta pure in condizioni di cedimento di uno dei due sostegni di estremità. Ove ritenuto necessario , si potrà anche provvedere alla coloritura delle strutture in calcestruzzo per la parte emergente dal suolo , che della condotta, anche se deve ricordarsi che l’ acciaio Corten allo stato “ grezzo “ , per la sua capacità di resistere alla corrosione dieci volte più di un normale acciaio tende ad assumere nel tempo una coloritura giallo bruno, assai gradevole e comunque ben accetta negli ambiti rustici e boschivi. CENTRALE IDROELETTRICA: è realizzata mediante struttura in c.a. tamponata con muratura di laterizio debitamente intonacata. E’ comunque dotata di una copertura a due falde con manto in coppi tradizionali che, unitamente ad una tinteggiatura esterna a colore tenue , contribuisce a conferirle un aspetto decisamente prossimo a quello di un fabbricato accessorio agricolo ad un solo piano. Ad ogni buon conto, considerato che lo stesso è destinato a contenere macchine “ pesanti ed in movimento rotatorio” animato da cospicue velocità, per esso e quindi per la sua porzione posta al disotto del piano campagna , è stata adottata una robusta struttura di fondazione costituita da un solettone di elevato spessore, caratterizzato da più dislocazioni altimetriche, sopportato da una fondazione profonda costituita da palificata composta da pali preforati in c.a. del diametro nominale di 80 cm. Il solettone , nella sua complessità costituisce una cassa rigida ed impermeabile, la quale ripartisce i carichi verticali sul pacco di fondazione e distribuisce, attenuandoli, i fenomeni vibratorii, ove dovessero insorgere. Il canale di restituzione delle acque al fiume Chienti di P.T. anche esso è realizzato in strutta di c.a. gettata in sito su fondazione profonda costituita da un doppio ordine di pali , anche essi del tipo preforato ed in c.a., per l’ esigenza di ancorare al sottosuolo la struttura medesima, in ragione di possibili sollecitazioni indotte dal fiume in caso di piene di dimensioni e durate eccezionali. I necessari giunti di costruzione tra canale e fabbricato e di dilatazione lungo lo stesso canale, saranno realizzati mediante interposizione tra getti continui di un giunto Water- stop costituito da nastro di adeguate dimensioni in gomma sintetica. In quanto agli scavi di fondazione dell’ edificio centrale che potranno raggiungere e superare il livello previsto di falda, essi saranno eseguiti a palificata “ matura “ ed eventualmente all’ occorrenza , con aggottaggio meccanico. 42 B.2.10. Descrizione dei processi gestionali aventi rilevanza ambientale Non è previsto che durante la vita dell’ impianto debbano affrontarsi problematiche di rilevanza ambientale relativi all’ esercizio ed alle manutenzione di tutti gli apparati oleodinamici e meccanici. I gruppi turbogeneratori costituiscono nei fatti sistemi compatti e pressoché chiusi ; la loro efficienza è legata alla perfetta lubrificazione dei cuscinetti e degli organi meccanici in movimento ed alla tenuta di pressione dei modesti circuiti oleodinamici di comando della turbina e degli organi di sezionamento della condotta forzata (valvola di macchina). Per evitare ogni forma d'inquinamento accidentale è stato previsto l'utilizzo di oli e grassi lubrificanti biodegradabili e l'installazione di una vasca di contenimento per raccolta del fluido oleodinamico nella vicinanza ed al di sotto della centralina oleodinamica. B.2.11. Norme Tecniche di riferimento che regolano la realizzazione delle opere La opere elettro-meccaniche saranno realizzate conformemente alle seguenti direttive comunitarie: 98/37/CEE, 73123/CEE e successive integrazioni (93/68/CEE) 891336/CEE e successive modificazioni ed integrazioni (92/31/CEE e 93/61/CEE). Inoltre saranno conformi alle seguenti norme armonizzate: UNI EN ISO 12100:2005 parte 1-2 (sicurezza del macchinario) EN -60204-1 (sicurezza degli apparati elettrici) ed alle seguenti norme e regole tecniche: CNR-UNI 10011-88 (costruzioni in acciaio) DIN 2545 (dimensionamento flange delle tubazioni) UNI-EN 10025 (qualità degli acciai ). B.2.12. Regime di proprietà delle aree interessate dall'intervento Le opere da realizzare occuperanno aree principalmente costituite da suoli privati fatta eccezione per le aree demaniali costituenti gli alvei fluviali interessati e loro pertinenze. Il piano particellare di esproprio che del progetto è parte essenziale, elenca e descrive, sotto il profilo catastale, i suoli interessati dalla costruzione delle opere, indicando con ogni necessaria precisione quelle da acquisire in via definitiva, quelle da occupare provvisoriamente in quanto indispensabili per l’ esplicazione delle operazioni di cantiere e quelle da asservire per la protezione del tracciato delle condotte. In quanto all’ acquisizione dei suoli, mentre per le aree demaniali si ricorrerà all’ istituto della concessione temporanea, per i suoli privati, ove non fosse possibile raggiungere l’ obbiettivo mediante trattativa bonaria, si procederà per esproprio. B.2.13. Demolizione di manufatti esistenti Non è prevista la demolizione di manufatti esistenti, ad eccezione di alcune membrature in calcestruzzo dell’ opera di presa di fiume che, in ragione del loro pessimo stato di conservazione saranno demolite e puntualmente ricostruite. 43 B.2.14. Vicinanza dell'opera a usi territoriali o attività incompatibili Il progetto si sviluppa su aree ad uso sostanzialmente agricolo. Non sono pertanto ravvisabili incompatibilità tra l'opera in progetto e le attività nelle zone circostanti. B.2.15. Opere necessarie per garantire la viabilità di cantiere In quanto agli accessi dell’ opera di presa e della centrale si utilizzeranno strade preesistenti , avendo cura , soprattutto per l’ area centrale idroelettrica di Quartignano di realizzare, quale primo approccio operativo all’ area medesima, la realizzazione della modesta bretella di collegamento con la viabilità preesistente ( strada com. di Quantignano ). Nei fatti l’ accesso ai siti di cantiere predetti è da porsi in relazione diretta e preliminare con la stessa viabilità di accesso definitivo ai siti impiantistici da concretizzare. Per quanto invece attiene al cantiere mobile per la realizzazione della condotta forzata, l’ accesso verrà garantito “ dall’ occupazione temporanea “ della fascia di terreno necessaria alla posa della condotta ( pista di cantieraggio ), fascia che avrà larghezza utile a contenere gli spazi necessari alle operazioni di posa ma anche a garantire la continuità di traffico lungo la pista stessa. L'accesso in pista avverrà soprattutto in coincidenza delle intersezioni della pista in questione con la viabilità locale ovviamente preesistente. B.2.16. Movimenti di terra e volumi movimentati Gli scavi previsti in fase di cantiere sono i seguenti: • Opera di presa: complessivamente 890, di cui 880 per la costruzione della vasca di carico e 10 per il canale di adduzione di collegamento con la presa. • Condotta forzata : 30.820mc • Edificio di Centrale: 340mc • Canale di scarico: 360mc Per complessivi 32.410mc Del volume scavato la maggior quantità verrà risistemata in loco; i volumi in eccedenza per un totale di mc 1506, di cui mc346 provenienti dalla vasca di carico dell’ opera di presa, 760 dalla posa della condotta e dallo scavo della galleria, mc160 dalla centrale e mc240 dal canale di scarico, dovranno essere avviati a discarica o meglio, vista la qualità del materiale, a riutilizzo come materiale da costruzione per opere in terra. Deve sempre tenersi in debito conto che i conteggi relativi ai volumi di movimento terra per la centrale ed il canale di restituzione dovrebbero essere valutati al 50 % di quanto sopra calcolato per tener conto che la centrale in realtà ospita due impianti . 44 B.2.17. Movimenti di terra e volumi movimentati nella fase di esercizio Durante l’ esercizio dell’ impianto non avverranno movimenti terra. A meno di interventi di manutenzione straordinaria dei tratti di alveo in corrispondenza della presa e dello scarico a seguito di un eventi di piena. In ogni modo non si assisterà ad asportazioni di materiale dall’ alveo, potendosi sicuramente provvedere a ridistribuire lo stesso a monte ed a valle del tratto interessato. B.2.18. Modalità di trasporto e frequenza dei trasporti in fase di cantiere I materiali di risulta degli scavi, quelli da costruzione e tutte le apparecchiature elettromeccaniche saranno trasportate mediante autocarri cassonati di dimensioni standard. Le frequenze di passaggio nelle aree di cantiere, tenuto in debita considerazione per il recupero del materiale di scavo in eccesso sono così valutati: - Da e per il cantiere dell’ opera di presa : 2 ÷ 3 passaggi giornalieri - Dal fronte di avanzamento della condotta forzata - Dal cantiere della centrale 4 ÷ 6 passaggi giorno. 2 ÷ 4 passaggi giorno. In tale conteggio sono compresi i trasporti di calcestruzzo preconfezionato che viaggerà in autobetoniera e quelli delle tubazioni in acciaio il cui sfilamento lungo il tracciato di condotta sarà eseguito mediante carrelli trainati da trattori. Per la posa della condotta, gli scavi effettuabili con mezzi meccanici saranno delegati a due scavatori cingolati, una pala meccanica cingolata e un carro porta attrezzi, che transiteranno all'interno della apposita pista di posa. Durante il periodo di scavo, i mezzi saranno parcheggiati in prossimità delle aree di intervento. B.2.19. Modalità e frequenza di trasporto dei materiali in fase di esercizio Con la centrale in esercizio non sarà generato traffico, se non per questioni di guardiania, controllo di esercizio e manutenzione ordinaria. La modestia e la posizione del canale di collegamento della presa con la vasca di carico, ove è inserito lo sgrigliatore automatico non inducono ad ipotizzare necessità di trasporto legate al recupero del materiale recuperato dallo sgrigliatore automatico posto sul canale . Nel periodo autunnale e primaverile, quando le piene sono più probabili, sarà sufficiente l’ ispezione quotidiana, in quanto sicuramente programmata per raccogliere e restituire al corso d’ acqua il materiale raccolto dallo sgrigliatore. Il sistema automatico e centralizzato di controllo del funzionamento dell’ impianto non richiede interventi diretti del personale sulla presa. B.2.20. Descrizione delle misure di dismissione delle opere E' improbabile che si renda necessario dismettere le opere. 45 Il tempo minimo stimato per l'analisi del rendimento dell'investimento pone la vita dell'opera a 30 anni, ma si ritiene plausibile una sicura durata di 40 anni al termine oltre il quale si dovrà provvedere ad una revisione delle opere civili. In quanto agli impianti elettromeccanici essi mediamente subiscono revisioni totali ogni 15 anni e sostituzione integrale ogni 30 anni. Ove si debba considerare la dismissione, nel caso di specie, come descritto ampiamente nell’ apposito elaborato progettuale si passerà per la sterilizzazione del’ opera di presa, da conseguirsi mediante sbarramento della sezione iniziale del canale di collegamento posto tra la vasca di calma e la vasca di carico, previo smontaggio ed accantonamento dello sgrigliatore automatico, dovendosi considerare che le altre strutture, propriamente localizzate in alveo, già da lungo tempo definiscono e caratterizzano lo stesso tanto da non poter essere demolite. La vasca di carico e la condotta forzata, per la loro riutilizzabilità e per il loro valore intrinseco non dovrebbero e non potrebbero essere demolite, tenuto anche conto del fatto che sono interrate. In quanto all’ edificio centrale idroelettrica, esso , come noto, é destinato a contenere anche il gruppo di generazione dell’ impianto di Pievetorina; per tale ragione le problematiche relative alla sua dismissione si potrebbero porre solo allorquando si decidesse di dismettere anche l’ impianto di Pievetorina. Ciò detto , nell’ ipotesi che il problema si ponesse, va ricordato che il fabbricato centrale idroelettrica, sotto il profilo architettonico è conformato a fabbricato rurale, ragione per la quale, liberato degli impianti in esso contenuti può essere facilmente riattato ad uso agricolo. In quanto all’ ampio canale costituente il vano di scarico della centrale posto in fondazione, esso può facilmente e proficuamente essere adibito a magazzino per la conservazione anche di prodotti agricoli di pregio. In quanto al canale di restituzione dell’ acqua all’ alveo naturale esso può essere tranquillamente tombato mediante riempimento con materiale granulare di cava e ricoperto con terreno vegetale. B.2.21. Descrizione delle soluzioni progettuali alternative per la dismissione delle opere Non esistono soluzioni alternative a quelle sopra descritte, a meno che non si ipotizzi di demolire tutte le strutture sino al recupero della condotta forzata. In tale estrema ipotesi altre al costo dovrà tenersi in debita considerazione l’ offesa che si arrecherà al sistema ambientale che, dopo alcuni anni dalla costruzione dell’ impianto, sicuramente si sarà riguadagnato alla mera normalità. B.2.22. Consumi di materiali di costruzione I materiali di costruzione utilizzati saranno calcestruzzi di vario dosaggio, ferro per armature, laterizi, pietrame per gabbioni e reti zincate a filo ritorto, pietre di rivestimento, guaine impermeabili, acciaio per la condotta forzata e tubi di PE e calcestruzzo centrifugato per le opere minori di convogliamento. Inoltre profilati in acciaio, rame, acciai fusi ed altre componenti minori per la parte propriamente impiantistica. Non è previsto il consumo di risorse naturali da prelevarsi nei siti . 46 B.2.23. Alternative per l'utilizzo di risorse naturali o di materie prime nelle varie fasi del progetto Non si possono considerare alternative per l’ utilizzo di risorse naturali o di materie prime, proprio per la natura del progetto e per le motivazioni sopra evidenziate. B.2.24. Apporti idrici per realizzare il progetto Il progetto prevede lo sfruttamento della risorsa idrica che, come descritto al punto B.1.1.,consiste nella derivazione dal torrente Sant’ Angelo con completa restituzione di una portata del di cui lo stesso torrente è affluente. Fiume Chienti di Pievetorina. Il “ processo produttivo “ si estrinseca proprio nella coltivazione e nello sfruttamento del potenziale idroelettrico esistente tra la sezione di derivazione e quella di restituzione lungo il fiume. La portata media prevista in derivazione risulta di 191 lt/s con una portata massima derivabile di 300 l/s. Durante la realizzazione del progetto non è necessario alcun apporto idrico, fatta eccezione per le prove di tenuta delle condotte. Ma in tal caso l’ acqua prelevata direttamente dall’ alveo ad esso viene completamente restituita a prove ultimate per semplice vuotatura. B.2.25. Impiego di acqua in modo da influenzare la disponibilità di risorse idriche a livello locale La derivazione d'acqua nella zona oggetto del presente progetto non influenzerà la disponibilità di risorsa idrica a livello locale, giacché non ci sono particolari esigenze di ulteriore utilizzo nel tratto di torrente sotteso, atteso che ormai lungo lo stesso corso d’ acqua, sino alla confluenza col Fiume Chienti, non si esercitano più attività di sorta. B.2.26. Eliminazione di acque effluenti Il progetto non prevede l'eliminazione di acque effluenti. B.2.27. Quantità e caratteristiche dei rifiuti prodotti in fase di cantiere I rifiuti prodotti in fase di cantiere sono limitati ai soli materiali di risulta in eccesso dalle operazioni di scavo , come indicato al punto B.2.16.; tali materiali saranno poi destinati al riutilizzo. Altri rifiuti, di piccola entità e scarsamente rilevabili, saranno quelli residuati dalla costruzione edile e dalla installazione degli impianti all'interno della centrale; come tali, se metallici saranno recuperati per essere rilavorati e riutilizzati, altrimenti saranno avviati a discarica. 47 B.2.28. Quantità e caratteristiche dei rifiuti prodotti in fase di esercizio Una centrale idroelettrica non produce rifiuti, né solidi né liquidi né gassosi, in fase di esercizio. Quello idroelettrico è un sistema di produzione di energia da fonte rinnovabile e quindi ad "emissioni zero". B.2.29. Rumori prodotti durante la fase di cantiere Il rumore prodotto dai mezzi d'opera per le varie operazioni sarà il seguente: • Scavo su terra: < 80 decibel; • Trasporti: < 80 decibel; • Tutte le altre operazioni previste: < 70 decibel. Per mitigare la rumorosità degli scavi, particolarmente elevata, si organizzeranno le attività di cantiere in modo tale da non sovrapporre mai a tale scavo altre operazioni con produzione di rumore. Per ciascun cantiere, le operazioni di scavo si stima che saranno effettuate nelle prime 5 giornate lavorative di ciascuna settimana e nell’ arco del normale orario giornaliero di lavoro da un unico mezzo d'opera. Ove si consideri che i cantieri investono aree essenzialmente agricole e sono , in qualche caso , anche prossimi ad aree industriali, non verranno adottate altre misure di mitigazione che si rivelerebbero sproporzionate rispetto alla reale entità del rumore prodotto, soprattutto in relazione alla durata. Saranno comunque adottate misure di sicurezza per gli operatori incaricati delle operazioni di scavo mediante l'utilizzo di opportuni DPI e l'allontanamento di tutti gli altri operatori non necessari all'operazione. B.2.30. Rumori prodotti durante la fase di esercizio I rumori prodotti in fase di esercizio sono relativi al moto rotatorio del gruppo turbogeneratore installato in centrale idroelettrica. La condotta forzata (interrata) tra la vasca di carico e la centrale per la sua posizione non è in condizione di generare rumore di livello significativo. Lo scarico d'acqua dalla macchina nel sottostante vano interno alla centrale che del canale di scarico è la parte iniziale, avverrà a bassa velocità e senza alcun salto: è dunque presumibile che il rumore di basso livello non sia percepibile, considerata anche la distanza dagli edifici abitati più vicini che distano almeno 250 m. D’ altro canto la massa strutturale dell’ edificio di contenimento è tale da assorbire gran parte del rumore generato al suo interno, e buona parte del contenitore ove si sviluppano i rumori è parzialmente interrata. Ad ogni modo sarà opportuno prevedere una adeguata prestazione acustica delle porte di accesso per ottenere nel complesso un sufficiente isolamento dal rumore generato all'interno della centrale. Per quanto riguarda la trasmissione del rumore per il tramite di vibrazioni, il fenomeno potenzialmente considerabile, nella reale condizione di impostazione e fondazione dell’ edificio centrale idroelettrica, assume scarsissimo significato ed irrilevante consistenza. 48 La movimentazione meccanica di tutte le opere di regolazione e grigliatura dell'acqua è effettuata mediante motori elettrici di bassa potenza che saranno in funzione per brevi intervalli di tempo valutabili in minuti primi. Il livello sonoro equivalente ponderato A, legato a tali dispositivi è per questa ragione molto limitato. (rif. D.P.C.M. 14/11/97). B.2.31. Vibrazioni prodotte in fase di cantiere Le vibrazioni saranno prodotte essenzialmente dalle operazioni di scavo. Per mitigare l'effetto delle vibrazioni prodotte si organizzeranno le attività di cantiere in modo tale da non sovrapporre mai a tale scavo altre lavorazioni nella stessa area. Lo scavo si stima che sarà effettuato in 5 giornate lavorative da un unico mezzo d'opera quindi, essendo l'area poco abitata (area industriale ed agricole), non verranno adottate altre misure di mitigazione che si ritengono sproporzionate rispetto alla reale entità delle vibrazioni prodotte, soprattutto in relazione alla durata. Saranno invece adottate misure di sicurezza per gli operatori incaricati allo scavo mediante l'utilizzo di opportuni DPI e l'allontanamento di tutti gli altri operatori non necessari all'operazione. Va ricordato che il territorio comunale di Pievetorina è stato sottoposto a classificazione acustica nel Giugno del 2006; dalla lettura si evidenzia che la zona della centrale di Quartignano appartiene alla sezione censuaria n°33, mentre quella di impostazione dell’ opera di presa di Fiume appartiene alla sezione censuaria n°36. Il sito centrale è zona agricola a tutti gli effetti e sostanzialmente disabitata, quindi secondo lo studio eseguito, appartiene alla CLASSE II per la quale vale la seguente definizione: “ Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale. L’ opera di presa di Fiume ricade anche essa in zona di II classe ed è assai prossima all’ abitato di fiume che, per sua caratteristica di centro abitato è classificato di III classe. Rientrano comunque in II classe “ le aree urbane interessate da prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività artigianali e industriali”. Ancorché la medesima definizione di classe II non aiuti a comprenderne le ragioni, lo studio di classificazione ne fornisce la motivazione ricordando che nelle aree agricole è ricorrente l’ uso di macchine operatrici. B.2.32. Vibrazioni prodotte in fase di esercizio Come indicato al precedente punto 2.30 le vibrazioni prodotte si manifesteranno prevalentemente in rumore mentre non saranno apprezzabili le vibrazioni vere e proprie se non all'interno della centrale. Le misure di mitigazione proposte nel punto B.2.30. si ritengono sufficienti a limitare al minimo tale problema in fase di esercizio. 49 B.2.33. Scarichi idrici prodotti in fase di cantiere Di norma le operazioni di cantiere non producono scarichi idrici. Le uniche operazioni che richiedono utilizzo di acqua sono i getti di calcestruzzo che dovrà essere bagnato, durante i 15 giorni di maturazione, per evitare le fessurazioni da ritiro tipiche della maturazione in ambiente non sufficientemente umido. Si ritiene che tali scarichi siano ininfluenti, per la loro entità e per l'assenza di sostanze inquinanti, sull'equilibrio idrico della zona. In quanto alle operazioni di lavaggio dei mezzi di cantiere, con particolare riferimento alle autobetoniere di trasporto del calcestruzzo preconfezionato, sarà normativamente imposto che i lavaggi del contenitore possano avvenire in cantiere di utilizzo a mezzo dell’ acqua normalmente disponibile con la stessa autobetoniera fino ad arrestare il fenomeno di presa del cemento, ma che l’ eliminazione dei residui di lavaggio avvenga nello stesso stabilimento di preconfezione che si ritiene certamente dotato di idonee vasca di recupero e sedimentazione dei residui medesimi. Ove si dovessero ipotizzare operazioni di pressatura di prova della condotta una volta realizzata, detta operazione non produrrà in alcun modo uno scarico di natura inquinante poiché le tubazioni impiegate per la formazione della condotta medesima sono fornite di verniciatura interna di adeguata qualità e spessore sufficiente ad impedire lo scadimento qualitativo dell’ acqua utilizzata per la prova di pressione. B.2.34. Scarichi idrici prodotti in fase di esercizio In fase di esercizio lo scarico idrico principale sarà determinato dall'opera di restituzione, ovvero il flusso di acqua in uscita dalla centrale che viene restituito al fiume. Tale flusso, di portata non superiore a 300 I/s, sarà costituito da acqua pulita che, grazie alla caratteristica costruttiva della Turbina che impiega acciai di qualità ed Inox, verrà in contatto solo con le parti in acciaio della turbina e quindi non subirà inquinamenti di alcun genere né riscaldamento apprezzabile. B.2.35. Scarichi in atmosfera prodotti in fase di cantiere Emissioni di polvere verranno generate solo in fase di scavo nella stagione secca. Tali lavorazioni saranno limitate sia nelle quantità che nel tempo di emissione. Non si ritiene quindi necessaria l'adozione di misure di mitigazione che, vista l'area disabitata e la difficoltà di organizzarle, risulterebbero sproporzionate rispetto alla quantità effettivamente prodotta. I gas inquinanti prodotti saranno limitati ai gas di scarico dei motori dei mezzi d'opera utilizzati e, vista la vastità dell'area in cui saranno prodotti e la lontananza del sito da edifici residenziali, non si ritiene necessario alcun intervento di mitigazione. B.2.36. Scarichi in atmosfera prodotti in fase di esercizio Non saranno prodotti scarichi in atmosfera in fase di esercizio. 50 B.2.37. Rischi d'incidente in fase di cantiere Durante la stesura del progetto esecutivo verrà redatto il piano di sicurezza e coordinamento e successivamente all'affidamento dei lavori i relativi POS (Piano Operativo di Sicurezza) delle ditte subappaltatrici. B.2.38. Rischi d'incidente in fase di esercizio In fase di esercizio sarà considerato il rischio di elettrocuzione generato da maldestre operazioni all'interno dei quadri di comando e gestione della centrale. Altri rischi possono derivare dal possibile contatto di operatori con gli organi meccanici in movimento ( giunto turbina generatore ). Per entrambi questi rischi la centrale sarà dotata di sicurezze automatiche e di componenti meccaniche in grado di proteggere l'operatore in caso di errata manovra o di superamento di zone a rischio, ma comunque isolando in appositi contenitori e recinti le parti di impianto più pericolose. B.2.39. Luoghi con rischio di esplosione o incendio Nei comparti di centrale, ove sono posti l'alternatore ed i trasformatori elettrici, potrebbero generarsi incendi dovuti a cortocircuito. Per limitare al minimo tali rischi la linea elettrica ed i relativi circuiti saranno opportunamente protetti con interruttori magnetotermici differenziali e sonde di temperatura poste nei punti critici d'impianto. All'interno dell'edificio di centrale è prevista la presenza di un estintore e di un sacco di sabbia per il soffocamento di eventuali principi d'incendio. B.2.40. Utilizzo di agenti chimici Il progetto non prevede l'utilizzo di agenti chimici. B.2.41. Utilizzo o produzione di materiali instabili, infiammabili o esplosivi Il progetto non prevede l'utilizzo ne la produzione di materiali esplosivi. B.2.42. Utilizzo di processi chimici Il progetto non prevede l'utilizzo di processi chimici. 51 B.2.43. Accessori d'intervento sugli organi d'intercettazione delle tubazioni Il sistema di controllo del funzionamento del gruppo turbogeneratore sarà equipaggiato con un PLC che gestirà l'apertura e la chiusura del distributore di turbina e se necessario della valvola di macchina in ragione della portata in arrivo, mediante il rilevamento del livello nella vasca di carico dell’ opera di presa. Il PLC tende a mantenere detto livello costante, al variare della portata derivata dal torrente ed avviata alla centrale, mediante la regolazione di apertura degli ugelli (iniettori) della turbina. Eventuali blocchi di produzione, saranno gestiti in maniera da restituire la portata derivata alla presa direttamente al corso d’ acqua nell’ ambito della stessa presa per automatica attivazione dello sfioro posto sulla pareste Est della vasca di calma (dissabbiatore) che immediatamente precede la vasca di carico. Analogamente La scarsa portata in derivazione sarà rilevata dal sensore di livello che agirà sull'apertura o la chiusura degli iniettori di macchina fino ad arrestare il funzionamento. B.2.44. Utilizzo di sostanze tossiche Il progetto non prevede l'utilizzo di sostanze tossiche. B.2.45. Analisi dei fenomeni di corrosione Il fenomeno corrosivo è strettamente correlato con le masse metalliche esposte al fenomeno stesso. Per limitare gli effetti della corrosione sulla condotta forzata, si è valutata positivamente l'opportunità d'installare un dispositivo di protezione catodica a corrente impressa. In quanto al tratto di condotta esposta direttamente in aria, per esso si è adottato l’ acciaio Corten che possiede la proprietà di resistere molto bene alla corrosione atmosferica. B.2.46. Sfiati, valvole di sicurezza o dischi di rottura di apparecchi in pressione Normalmente il flusso in condotta viene interrotto dalla chiusura degli ugelli di alimentazione della turbina, comandati dal PLC (controllore logico programmabile) di controllo dell’ impianto cui è associata, per chiusura in cascata, la valvola di macchina. Detto complesso provvede al blocco del flusso in condotta da valle, quindi impedendo la vuotatura della stessa per poter riprendere immediatamente il funzionamento in automatico al cessare della causa che aveva determinato il fermo. La condotta può anche essere chiusa all’ imboccatura mediante manovra della saracinesca appositamente ubicata immediatamente a valle della vasca di carico dell’ opera di presa. Il gruppo turbogeneratore è altresì dotabile di uno scarico sincrono destinato ad attivarsi (per apertura) quando il distributore della turbina volge alla chiusura totale; in tal caso la turbomacchina si arresta senza che il flusso in condotta abbia a subire grandi modificazioni. La manovra contraria del distributore ovviamente produce la chiusura dello scarico sincrono. Tale dotazione consente, nel migliore dei modi, di proteggere l’ integrità della condotta dalle sovrappressioni generate dal moto vario (colpo d’ ariete). La condotta forzata, lungo il suo sviluppo, subordinatamente alle 52 singolarità altimetriche del suo profilo scarichi. longitudinale, è dotata degli indispensabili sfiati e B.2.47. Sistemi di allarme, di blocco, di diagnostica delle anomalie e guasti Il PLC, cuore e cervello del sistema di controllo dell’ impianto, acquisisce da una complessa serie di sensori ubicati nei punti significativi dell’ impianto, i valori dei parametri incidenti sul normale funzionamento permettendo la gestione integrata della centrale e monitorando eventuali anomalie. Sono sottoposte a controllo le seguenti grandezze: - Velocità di rotazione della turbomacchina - Temperatura dei supporti della turbina - Temperatura di ciascuna fase dell’ alternatore - Temperatura del trasformatore elevatore di tensione di macchina - Portata di funzionamento - Sistema antincendio - Livello fluidi oleodinamici Il PLC , in caso di anomalia di produzione, chiude progressivamente gli iniettori e la valvola di macchina, arrestando il flusso in condotta, ovvero deviando il flusso direttamente al corso d'acqua per mezzo dello scarico sincrono, se esistente. Inoltre al PLC è asservito il sensore di livello della vasca di carico mediante il quale regola la rata di funzionamento della macchina generatrice. Stabilito il livello standard di funzionamento con livello che volge al basso viene regolata progressivamente la chiusura degli organi di regolazione della turbina (iniettori). Quando il livello dell’ acqua nella vasca di carico si abbassa oltre la soglia di minima produzione, il PLC arresta la macchina affidando all'operatore l’ accertamento delle motivazioni cui addebitare la carenza di acqua. Quando invece il livello in vasca di carico supera quello standard di regolazione, in condotta affluirà la portata massima di funzionamento del gruppo turbogeneratore, mentre l’ eccesso di portata affluito nell’ opera di presa viene restituito al corso d’ acqua a mezzo dello sfioratore posto nella vasca di calma a monte della vasca di carico. Il PLC di gestione delle apparecchiature elettromeccaniche in centrale, in caso di anomalia di produzione, chiude progressivamente l’ alimentazione della turbina e la relativa valvola immediatamente a monte, deviando il flusso direttamente al corso d'acqua a mezzo dello scarico sincrono. B.2.48. Sistemi di protezione individuali o collettivi nell'ipotesi di eventi anomali, pericolosi o incidenti Non sono ipotizzabili incidenti o eventi anomali che possano creare la necessità di sistemi o procedure di protezione collettiva. 53 Per quanto riguarda la protezione individuale, l'accesso alla centrale sarà riservato solo a personale altamente specializzato, equipaggiato con gli opportuni D.P.I. e dotato di tutte le attrezzature e a conoscenza delle procedure necessarie per operare in sicurezza sull'impianto. Non va dimenticato, che anche dal punto di vista eminentemente elettrico , oltre che da quello meccanico, l’ impianto e dotato di “protezioni standardizzate “ che gli conferiscono un buon livello di sicurezza intrinseca. Una specifica valutazione del rischio andrà fatta anche per l’ opera di presa, per la presenza in essa di canali, vasche di sedimentazione e vasche di carico, per evitare il rischio di annegamento. L’ opera di presa e la centrale saranno sicuramente recintate , mentre canali e vasche saranno dotate di regolamentari parapetti. B.2.49 Bacini di contenimento nell'ipotesi di sversamenti di liquidi tossici o pericolosi Il rischio di sversamento di oli lubrificanti e fluidi oleodinamici pericolosi (descritto anche nel punto B.2.10.) non esiste in quanto si utilizzano lubrificanti e fluidi biodegradabili. Al di sotto della centralina oleodinamica è comunque prevista una vaschetta di raccolta delle eventuali perdite dell’ impianto B.2.50. Piani di emergenza e sistemi d'intervento nell'ipotesi di manifestazione di emergenze particolari o incidenti La centrale non emergenza. è in condizione di generare rischi tali da rendere necessari di piani di B.2.51. Descrizione dei bacini di contenimento nell'ipotesi di sversamenti di liquidi tossici o pericolosi Vedere punto B.2.49. e B.2.10. B.2.52 Analisi economica dell'investimento II costo di realizzo dell'impianto, così come risultante dal Computo metrico estimativo inserito nella relazione generale, è di € 2.500.000,00 + IVA. La relazione economico finanziaria , che è parte integrante del progetto, prevede per lo stesso: - Una vita operativa di 30 anni - L’ incentivazione, secondo norma vigente, cosiddetta “ tariffa omnicomprensiva “ - La cessione al distributore acquirente di energia per 2,3Gwh l’ anno per quindici anni sulla scorta della 54 - Un utile medio annuo lordo di 92.000,00 €, a fronte di un immobilizzo certo di capitale pari al 20% del costo iniziale di impianto. Non è previsto alcun recupero di materiale ed energia all’ infuori della produzione energetica netta vendibile. B.2.54. Analisi e verifica delle condizioni di equilibrio a breve, medio e lungo termine dei versanti, delle masse di materiali movimentati e più in generale delle opere in terra in fase di cantiere L' impianto, come più volte riferito è posizionato sul fondo valle del Torrente Sant’ Angelo prima e del fiume Chienti di Pievetorina dove non sono presenti movimenti gravitativi attivi o quiescenti. Sia il rilevamento geologico-geomorfologico di dettaglio effettuato dal geologo specialista incaricato, che la visione delle cartografie edite dalla Regione Marche (Carta geologica e geomorfologica) non hanno evidenziato aree in dissesto. Alla luce di quanto sopra riportato si può affermare che il sito oggetto dell'intervento (punto di derivazione, percorso e punto di rilascio) è morfologicamente stabile. B. 3. FATTORI SINERGICI Nell’ area interessata dal progetto, né lungo l’ asta fluviale di pertinenza , esistono inziative industriali di tipo idroelettrico quale quella che si propone, nè vecchi impianti di tipo molitorio in funzione, motivo per il quale non si evidenziano possibili fattori sinergici. Né peraltro si evidenziano altre attività che possano in qualche modo interferiscono con l'installazione proposta. B.3.1. Esistenza di altri impianti simili nell'area (ante Operam) Non esistono in zona, come sopra detto impianti simili. Il primo impianto che si incontra, scendendo verso valle è quello Enel che si origina dall’ invaso artificiale di Polverina sul Fiume Chienti (unito) e che impegna i territori comunali di Pieve Bovigliana e Camerino e restituisce la portata al fiume con la centrale di Valcimarra in comune di Caldarola (MC). B.3.2 Previsione della Presenza di altri impianti simili nell'area (ante Operam) Non si hanno informazioni sulla presenza futura di altri impianti simili in zona e/o di richieste analoghe alla presente ad eccezione di altre proposte della stessa proponente Hidrochienti, peraltro già enunciate ed illustrate in questo stesso elaborato. 55 B.3.3. Presenza di altre attività antropiche ad elevato rischio di incidente (ante operam) Nell'area non sono presenti attività pericolose B.3.4. Previsione della presenza di altre attività antropiche ad elevato rischio di incidente (post operam) Allo stato attuale delle conoscenze, non sono previste o prevedibili nell'area attività umane che possano generare particolari rischi di incidente. B.4. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE B.4.0 DESCRIZIONE DELL'AMBIENTE DI RIFERIMENTO (ante operam) 3.1.2.1 Bosco di carpino nero (Ostrya carpinifolia) e orniello (Fraxinus ornus) Descrizione botanico-vegetazionale come da PRG vigente Si tratta di un bosco misto di caducifoglie in cui dominano il carpino nero (Ostrya carpinifolia) e l’orniello (Fraxinus ornus). Dal punto di vista sintassonomico, vengono riferiti all'associazione Scutellario-Ostryetum carpinifolioae ampiamente studiato nell'Appennino umbro-marchigiano nelle diverse varianti (BALLELLI, BIONDI, PEDROTTI, 1982), (FRANCALANCIA, ORSOMANDO 1982). Oltre al carpino nero e all'orniello, fanno parte di queste cenosi diverse altre caducifoglie quali: acero di Ungheria (Acer obtusatum), tiglio selvatico (Tilia cordata), ciliegio selvatico (Prunus avium), ciavardello (Sorbus torminalis), sanguinella (Cornus sanguinea), maggiociondolo (Laburnum anagyroides), nocciolo (Corylus avellana). Abbastanza ricco risulta anche lo strato arbustivo e lianoso in cui si osservano: caprifoglio etrusco (Lonicera etrusca), berretta da prete (Euonymus europes), biancospino comune (Crataegus monogyna), corniolo (Cornus mas), emero (Coronilla emerus), rovi (Rubus sp.pl.), sanguinella (Cornus sanguinea), edera (Hedera helix), vitalba (Clematis vitalba), tamaro (Tamus comunsi). Sulle pendici a prevalente esposizione Nord, l'ostrieto si presenta generalmente nell'aspetto tipico; invece nei versanti più termofili, esposti prevalentemente a Sud, si osserva una marcata diversificazione del corteggio floristico con una presenza notevole di roverella e cerro che ha 56 indotto a distinguere una variante nuova dello Scutellario-Ostryetum denominata a Quercus pubescens e Quercus cerris,. Habitat e zone di maggiore distribuzione Queste formazioni sono molto diffuse in tutta la dorsale appenninica, interessando buona parte del piano collinare sulle pendici dei versanti più freschi e acclivi, con substrato di tipo calcareo. La fascia altitudinale in cui si sviluppa questa vegetazione é compresa tra 500 e 1100 metri di altezza, con propaggini anche fino a 1200m. Grado di naturalità Molto elevato. Gli ostrieti costituiscono un tipo di vegetazione primario e ad essi viene riconosciuto il rango di serie dal momento che costituiscono lo stadio verso cui tendono le successioni secondarie di pascolo e di mantello, insediate sulla dorsale calcarea dell’orizzonte collinare e pedemontano dell’Appennino. Stato di conservazione Buono Lo stato di conservazione é nel complesso buono pur tenendo conto che si tratta sempre di boschi cedui regolarmente sfruttati dall’uomo. Situazioni di un certo degradato si osservano in versanti più acclivi, con substrato poco profondo e con esposizioni meno fresche (E, O, S-O, S-E). Grado di sensibilità Medio La sensibilità é in funzione dell’entità delle ceduazione soprattutto nelle zone più acclivi e con le esposizioni intermedie sopra citate. Potenzialità Anche per gli ostrieti l’evoluzione non é da considerare seriale perché si ritiene che rappresentino il termine ultimo della serie (serie del carpino nero). Una loro evoluzione di tipo fisionomico strutturale é da considerare solo nei casi di maggiore depauperamento del bosco a causa delle eccessive ceduazioni. Va rilevato che il rinnovamento di queste fitocenosi procede abbastanza rapidamente anche dopo energici tagli, per lo meno nei versanti rivolti a nord o insediati su pendici fresche. Linee mirate di intervento Nei casi di esposizioni più termofile e di cedui troppo diradati, si propone una diminuzione delle entità di taglio e una regolamentazione con turni più lunghi. 57 3.1.2.2. Ostrieto termofilo e/o rupestre: bosco a domiinanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus) e roverella (Quercus pubescens) Si tratta di una variante termofila all'ornostrieto precedentemente descritto e caratterizzata da una notevole partecipazione di querce caducifoglie (cerro e roverella). 3.1.2.3 - Vegetazione arbustiva Descrizione botanico-vegetazionale Si tratta di cenosi arbustive di sostituzione che costituiscono di solito stadi di transizione verso la vegetazione forestale. A volte si tratta di stadi durevoli a causa di fattori limitanti che ne ostacolano o quanto meno rallentano il processo evolutivo. L’inquadramento degli arbusteti non va considerato dal punto di vista esclusivamente fitosociologico, ma come é stato accennato, va visto in funzione del tipo di bosco, in relazione al quale essi formano il cosiddetto «mantello», il quale evolvendo in una vegetazione più stabile determinerà un ampliamento del bosco stesso. Questo aspetto verrà meglio chiarito nei capitoli successivi dove le varie serie saranno rappresentate ciascuna con gli arbusteti di pertinenza. Nelle aree di campo e pascolo abbandonato, il mantello tende a proiettarsi verso queste aree (in cui é cessata l’attività antropica) dando origine ad arbusteti veri e propri. Nelle aree di ex coltivi, questo fenomeno mostra una successione diacronica evidente. Dopo un primo stadio di colonizzazione con vegetazione erbacea a dominanza di falasco (Brachypodium rupestre), segue la diffusione di fruticeti dominati da arbusti, diversi a seconda delle condizioni climatiche ed edafiche. Nel piano collinare (aree di ex coltivi su substrato marnoso arenaceo) le tipologie più diffuse sono le formazioni a ginestra (Spartium junceum) che il più delle volte tendono ad essere monospecifiche. Nel settore alto collinare e montano, su substrato calcareo, sono frequenti le formazioni a ginepro comune (Juniperus comunsi) e ginepro rosso (J. oxycedrus) talvolta compenetrate tra di loro. Diversi altri sono gli arbusti presenti nella fascia di mantello tra cui: rosa selvatica (Rosa canina), citiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius), sanguinella (Cornus sanguinea), biancospino selvatico (Crataegus oxyacantha) e non infrequenti dei pruneti a prugnolo (Prunus spinosa). In prossimità di boschi localizzati su substrati acidofili, come i castagneti o i boschi misti a cerro e castagno, si riscontrano anche altri arbusti fra cui: ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), erica (Erica arborea), agazzino (Pyracantha coccinea), ginestra dei tintori (Genista tinctoria). Habitat e zone di maggiore distribuzione Gli arbusteti sono frequentissimi nelle aree di ex coltivi su substrati marnoso arenacei perché nelle zone collinari si è assistito ad un marcato fenomeno di abbandono dei campi e dei pascoli che ha favorito la loro diffusione. 58 Il fenomeno é particolarmente evidente nella zona alto collinare e pedemontana, dove queste unità costituiscono degli orli abbastanza estesi nelle fasce perimetrali di boschi. I ginestreti costituiscono la formazione nettamente dominante e stanno a significare soprattutto nuove aree di espansione dei querceti di roverella. Grado di naturalità Medio-elevato Il Grado di naturalità di queste formazioni é da considerare elevato dal momento che costituiscono il termine che nella serie evolutiva precede la formazione boschiva (testa di serie). Infatti in numerosi rilievi si é avuto modo di riscontrare che quasi sempre la compagine floristica, oltre che da essenze arbustive é costituita da un certo numero di piantine arboree. Stato di conservazione Soddisfacente Non si rilevano particolari problemi legati alla loro conservazione. Grado di sensibilità Basso Potenzialità E’ stato precisato che queste formazioni tendono nel tempo a formare tipologie vegetali più complete dal punto di vista strutturale che portano alla formazione del bosco. I modelli di espansione sono stati studiati da diversi autori (BIONDI, 1990; CANULLO 1992 E 1993; CANULLO ET ALII, 1993; BALLERINI, BIONDI E CALANDRA, 1997) e mostrano che le popolazioni arbustive sono particolarmente attive nei processi di recupero in situazioni edafo-climatiche più favorevoli come nei casi di pendii freschi e poco acclivi. Linee mirate di intervento In linea generale, per queste formazioni é opportuno non intervenire lasciando che il processo di recupero si attui spontaneamente. Un caso particolare é costituito dai ginestreti, nei quali si verifica frequentemente un’eccessiva compattazione degli individui; é consigliabile prima che si arrivi a questo stadio duraturo effettuare degli interventi di posa a dimora con essenze arboree legnose autoctone al fine di facilitare una formazione strutturale complessa (arbustivo/arborea) in cui gli individui arborei potranno gradualmente prendere il sopravvento. 3.2.1 Bosco ripariale a salice bianco e pioppo nero Descrizione botanico-vegetazionale La vegetazione ripariale, é costituita da aggruppamenti misti formati prevalentemente da saliceti, pioppeti e ontaneti. Molto comuni sono le specie a portamento arbustivo che colonizzano la parte prossimale della riva del fiume: salice rosso (Salix purpurea), salice triandra (Salix ceste), salice di ripa (Salix eleagnos): alle specie arbustive, seguono altre specie arboree: salice bianco (Salix alba), pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco (Populus alba), pioppo cipressino (Populus nigra 59 var. italica) e non infrequente ontano nero (Alnus glutinosa). Dal punto di vista fitosociologico viene riferita all'associazione Salicetum albae. Spesso, queste cenosi, sono frammiste a vari elementi arborei ed arbustivi di origine antropica rappresentati esclusivamente da robinia (Robinia pseudoacacia) e ailanto (Ailanthus altissima). Habitat e zone di maggiore distribuzione La vegetazione ripariale si insedia lungo le sponde dei corsi d’acqua, fiumi o piccoli torrenti. Le aree a maggiore diffusione, si riscontrano lungo le aste fluviali del Fiume Chienti, e i relativi affluenti più importanti . Grado di naturalità Elevato Il grado di naturalità é elevato soprattutto nei casi in cui non si osservano penetrazioni da parte della vegetazione infestante (robinia e ailanto). Stato di conservazione Scarso-sodisfacente Grado di sensibilità Elevato Potenzialità La vegetazione ripariale in condizioni normali, non é suscettibile di evoluzione di tipo seriale, perché costituisce essa stessa una serie di vegetazione: la serie del salice ripariolo e del salice bianco che comprende foreste e boscaglie a prevalenza di Salix sp, Populus nigra, Populus alba, Alnus glutinosa ecc; si inquadra nei seguenti ordini e alleanze: Salicetalia purpureae, Populetalia albae, Alno-Ulmion. Di conseguenza gli aggruppamenti ripariali tendono ad evolvere verso queste unità nei casi in cui vengono sottoposti a forme di degrado che hanno variato la compagine floristica originaria. Linee mirate di intervento Nonostante l’esiguità e l’estrema riduzione, questa vegetazione igrofila svolge una notevole funzione di sostegno e stabilità per gli argini fluviali, oltre che un’importante funzione estetica nel caratterizzare il paesaggio di fondovalle già scarso di formazioni vegetali. In linea generale, queste fitocenosi ripariali debbono essere attentamente tutelate data l'importanza e il ruolo estetico-funzionale che rivestono. Nei tratti di riva dove la vegetazione riparia é stata completamente diradata o si presenta troppo diradata, é opportuno ripristinarla ponendo a dimora essenze igrofile del tipo sopra specificato. 60 3.2.2 Elementi di Importanza Naturalistica ed Ecosistemica Tutti gli elementi della vegetazione sono definiti come “corridoi ecologici”: sono distinti nella carta degli elementi di importanza naturalistica ed ecosistemica in base a tipo di unità. L’elaborato classifica le varie categorie in base all’importanza ecosistemica, alle caratteristiche biotiche che ne caratterizzano lo stato di conservazione. Più specificatamente i corridoi ecologici possono essere costituiti da fasce vegetate, dai filari di alberi lungo le strade di campagna, dalle capezzagne interpoderali, dalla rete idrica, dalle scoline con vegetazione idrofila. Le zone di transizione per la riduzione degli impatti dagli agenti esterni sono le fasce vegetate stesse, le capezzagne inerbite, i complessi vegetazionali di margine (ad esempio, recenti superfici incolte e/o saltuariamente rimaneggiate, nuclei di arbusti ecc.) insomma tutto quello che può assumere la funzione di filtro e protezione verso le attività che si svolgono all’esterno della rete. Le unità di connessione del paesaggio individuate sono le seguenti: • UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA LINEARI (asta fluvial, ripariale e elementi diffusi del paesaggio agrario) ELEMENTI DIFFUSI DEL PAESAGGIO (P.T.C. ART. 31) e VEGETAZIONE RIPARIALE (P.T.C.-Art. 23) TUTELA INTEGRALE GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO • UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DEI GANGLI DI VEGETAZIONE (macchie boscate e gruppi arborei, rimboschimenti) BOSCHETTI E GRUPPI ARBOREI (P.T.C.-Art. 31.1) TUTELA INTEGRALE GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO • UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DEGLI SPAZI APERTI (coltivi) AREE COLTIVATE DI VALLE(P.T.C.-Art.31.2) TUTELA ORIENTATA GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO • UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA LINEARI (CORRIDOI) ELEMENTI DIFFUSI DEL PAESAGGIO (AGGIUNGERE TUTTI GLI ELEMENTI DIFFUSI DA CARTA VEG.) (P.T.C. ART. 31) GRADO DI CONSERVAZIONE MEDIO • UNITA’ DI CONNESSIONE ECOLOGICA DI TRANSIZIONE (arbusteti e pascoli) GRADO DI CONSERVAZIONE BASSO Gli ecosistemi presenti nell’area esaminata sono raggruppabili in due tipologie riconducibili a diversi gradi di naturalità. 61 1. Ecosistemi agricoli: denominati nello schema riportato “MATRICE AGRICOLA”; 2. Elementi biotici di connessione: Corridoi ecologici primari legati ai corsi d’acqua e flussi di connessione ecologica legata alla permeabilità ovvero la capacità di diffusione di flora e fauna all’interno della porzione di territorio. Gli ecosistemi agricoli, caratterizzati dalla presenza di colture erbacee (mais, cereali autunno vernini, girasole e foraggere) ed arboree ( arboreti e tartufaie) che richiedono frequenti interventi da parte dell’uomo presentano ridotti livelli di naturalità con conseguente semplificazione della biodiversità. Gli elementi biotici di connessione costituiscono “corridoi ecologici”, differenti dall’intorno agricolo o antropico in cui si collocano, coperti almeno parzialmente da vegetazione naturale o naturaliforme. La loro presenza nel territorio è positiva, in quanto consente gli spostamenti faunistici da una zona relitta all’altra e rende raggiungibili le zone di foraggiamento connettendo anche ambiti a forte antropizzazione . La presenza di una rete ecologica viene ritenuta essenziale per la salvaguardia del sistema naturalistico ambientale in quanto contrasta la frammentazione degli habitat, causa principale della perdita della biodiversità. Si rimanda alla Tav. 4 che mostra il mantenimento della permeabilità del sito agli scambi di fauna e flora anche dopo la realizzazione dell’impianto. B.4.1. Presenza di zone di tutele a parco, zone protette dalla normativa o altre zone naturali sensibili connesse con l'intervento proposto (oasi, zone di protezione, ecc.) Non sono presenti zone protette da normativa, fatta eccezione per gli ambiti di protezione fluviale previsti dal D.Lsg. 42/2004. B.4.2. Appartenenza ad aree a rischio idrogeologico individuate dal PAI Vedi i punti B.1.11 e B.2.54 B.4.3. Ubicazione del progetto in zone ambientali particolari Il progetto non ricade in ambientali particolari. B.4.4. Ubicazione del progetto in un'area che presenta elementi naturali unici (p.e. specie rare) Non sono presenti elementi naturali unici. 62 B.4.5. Ubicazione del progetto in ambiti ove i limiti di qualità ambientale stabiliti dalla normativa sono superati (p.e. rumorosità eccessiva ante operam) L'area di progetto è al di fuori da ambiti ove i limiti di qualità ambientale sono superati. B.4.6. Ubicazione del progetto in ambiti che presentano attualmente alti livelli d'inquinamento o rischi ambientali (p.e. falde e terreni contaminati ante operam) L'area di progetto è al di fuori da ambiti che presentano alti livelli d'inquinamento o rischi ambientali. B.4.7. Ubicazione del progetto in un'area che presenta aspetti naturali caratteristici (p.e. boschi o morfologie tipiche) L'area non presenta aspetti geomorfologici particolari e non ricade in aree cartografate dal PPAR come Emergenze Geomorfologiche. L'area è caratterizzata da alternanza di seminativi e macchie boscate connesse alla vegetazione ripariale del fiume che nel breve tratto sotto la frazione di Fiume assume la tipologia di bosco ma che essenzialmente si snoda lungo un vecchio sentiero esistente e parzialmente ricolonizzato dalla vegetazione nel tratto iniziale. Nei pressi del punto di presa e di rilascio, la vegetazione è quella tipica del pioppeto saliceto ripariale, con un piano dominante dovuto al pioppo nero e al salice bianco, ma anche con la roverella, la robinia, l'olmo, l'ontano nero, e un piano dominato caratterizzato in prevalenza dalla presenza dei salici arbustivi, del sanguinello, del sambuco, del rovo, dell'edera. B.4.8. Ubicazione del progetto in ambiti con problemi legati al degrado degli habitat terrestri, acquatici o palustri (situazione ante operam) Il progetto si colloca in aree in cui non sono presenti degradi degli habitat terrestri, acquatici o palustri. B.4.9. Collocamento del progetto in ambiti con significative patologie delle specie animali o vegetali (situazione ante operam) Non risultano significative patologie delle specie animali e vegetali presenti nell'area d'intervento. 63 B.4.10. Elementi di criticità della capacità di rigenerazione delle risorse naturali (p.e. nell'area sono presenti specie rare o minacciate) Il sito in questione non sembra rappresentare un sito di importanza strategica per la fauna dell'Appennino e non è inserito in nessuna direttiva comunitaria (SIC, ZPS ed Important Bird Area) o nazionale. L'ambito fluviale si colloca nella zona dei ciprinidi superiori del settore pedemontano collinare, caratterizzato da acque mediamente veloci, fresche e ossigenate, con eventuale modesta presenza di inquinanti. L’alveo è morfologicamente vario, con fondo ciottoloso e ghiaioso, le varie facies fluviali sono ben rappresentate. La fauna ittica è costituita solo da trote fario, la biodiversità è quindi scarsa. I dati raccolti dai campionamenti della regione rilevano i questo tratto del fiume una forte pressione di pesca e non a caso tra gli individui catturati nei campionamenti si sono ritrovati ami nello stomaco. Il corso d’acqua analizzato con campionamenti dalla Regione Marche (fonte Carta Ittica Regionale) sembra adatto ad ospitare una popolazione di trota fario in grado di riprodursi e di autosostenersi e possiede anche un buona capacità portante: la presenza dei giovani dell’anno, seppure con un numero molto limitato di individui, testimonia della capacità della popolazione di riprodursi nel corso d’acqua indagato. Infatti, l'analisi della CARTA ITTICA DELLA PROVINCIA DI MACERATA associa le acque in questione alla CATEGORIA “A” ovvero si rinviene la presenza della trota. La trota si colloca nel settore fluviale montano, caratterizzato da acque veloci, fresche e ben ossigenate, turbolenti, con cascatelle. Il substrato è roccioso. La specie dominante è la Trota fario, mentre le specie comuni sono lo Scozzone e il Vairone. Raramente è presente l’Anguilla. 64 Lo studio è stato condotto nella porzione di territorio della Provincia di Macerata attraversato dalle acque di categoria A. In questo settore sono state scelte 30 stazioni di campionamento, la cui lunghezza è stata decisa preventivamente (50 mt effettivi ciascuno). Per ogni asta (tratto principale, affluente o subaffluente) è stato adottato il criterio dell'omogeneità tra le varie facies fluviali, cioé ciascun tratto campione doveva presentare in misura simile "pools " (buche), "riffles " (zone con superficie dell'acqua increspata e corrente veloce) e "runs " (piane con superficie dell'acqua non increspata e corrente moderata). 65 ANALISI DEI SITI CAMPIONATI - Chi2 - Pievetorina, Chienti 2, 520 mslm, 13 km Categoria granulometrica (Cg) Punteggio Ciottoli e blocchi rocciosi 4 Biodiversità Punteggio Scarsa (1 specie) 0 Vegetazione ripariale (Vr) Punteggio Abbondante 3 Idrofite di fondo (If) Punteggio Modesta 1 Detriti vegetale (Dv) Punteggio Buona 2 Questo tratto appartiene al ramo del Fiume Chienti proveniente dalla vallata che dalla località di Appennino scende verso Pievetorina. 66 L’alveo è morfologicamente vario, con fondo ciottoloso e ghiaioso, le varie facies fluviali sono ben rappresentate. La vegetazione ripariale è abbondante in tutte le sue componenti se si eccettuano due brevi tratti in cui le sponde sono protette da manufatti in cemento. La fauna ittica è costituita solo da trote far io, la biodiversità è quindi scarsa. Sono stati catturati 37 individui (45 stimati). La popolazione apparentemente mostra una buona capacità biogenica, con una struttura di popolazione in cui le class i d’età 0+ e 1+ rappresentano il 78% del totale. Tuttavia un solo esemplare superava i 22 cm, e questo dato, deleterio per le freghe future, è certamente determinato dalla press ione di pesca; non a caso tra gli individui catturati, ne abbiamo trovato uno con ben due ami nello stomaco. Un altro esemplare presentava una les ione grave sul fianco, provocata verosimilmente dalla beccata di un airone, fattispecie rilevata anche nel tratto Pot3. Zonazione: Trota superiore. Proposta di classificazione: Cat. A. La vallata che comprende il tratto di fiume in oggetto presenta le caratteristiche per ospitare un'erpetofauna consistente come la rana verde dei fossi (Rana bergeri), il rospo comune (Bufo bufo) e la rana appenninica (Rana italica). Nel versante sud della valle, quello soggetto a maggiore irraggiamento, si rinvengono le specie di rettili più comuni: il ramarro (Lacerta viridis), la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la biscia dal collare (Natrix natrix) e il biacco (Hierophis viridiflavus). La presenza della vipera comune (Vipera aspis) è occasionale e legata alle fasce ecotonali comprese tra il bosco e il prato nei versanti maggiormente esposti all'irraggiamento solare. L'ambiente ripariale (soprattutto nel tratto a monte e a valle dell'intervento) costituisce un ambiente molto interessante per gli uccelli che vi nidificano e che vi svernano. E' importante sottolineare la ricchezza specifica delle comunità di nidificanti e in particolare di alcuni ordini, come gli Accipitriformi ed i Falconiformi. Queste specie trovano l'ambiente ideale per la nidificazione; la poiana (Buteo buteo) il gheppio (Falco tinnunculus) e lo sparviere (Accipiter nisus) nidificano in queste zone, mentre le potenzialità per il lodolaio (Falco subbuteo) sono piuttosto basse. La massima diversità specifica viene comunque raggiunta lungo gli alvei fluviali; in questi ambienti vivono l'usignolo (Luscinia megarhynchos), il merlo (Turdus merula) ed alcuni fringillidi canori come il cardellino (Carduelis carduelis) e il verdone (Chloris chloris). Comuni sono anche l'elegante upupa (Upupa epops) e tra i corvidi l'invadente cornacchia grigia (Corvus corone cornix), la gazza (Pica pica) e la ghiandaia (Garrulus glandarius). Molto ricca ed abbondante potrebbe essere la presenza di rapaci notturni come l'allocco (Strix aluco), la civetta (Athene noctua) ed il barbagianni (Tyto alba); tale ricchezza è anche dovuta alla presenza massiccia e satellitare su tutto il territorio di numerosi ruderi che costituiscono importanti siti riproduttivi per gli Strigiformi e non solo (si pensi ai chirotteri). Anche gli ambienti agricoli, per quanto limitati, presentano una notevole ricchezza di avifauna, grazie all'alternanza con siepi, alberi sparsi e boschi; le specie più diffuse sono il picchio verde (Picus viridis), l'allodola (Alauda arvensis), l'averla piccola (Lanius col/urlo), l'ortolano (Emberiza hortulana) e lo strillozzo (Mi/lana calandra). La lista dei carnivori include specie relativamente comuni e ad ampia distribuzione nazionale, come la volpe (Vulpes vulpes), il tasso (Meles meles), carnivori di taglia medio piccola, caratterizzati da una notevole adattabilità e plasticità ecologica, che consente di occupare habitat molto diversificati. Tra gli ungulati ricordiamo il cinghiale (Sus scrofa) ed il capriolo (Capreolus capreolus). 67 In conclusione, le potenzialità nei confronti della comunità faunistica sono rivolte verso specie comuni, di ampia valenza ecologica e di esteso areale distributivo che risultano essere ampiamente rappresentative della realtà faunistica dell'Italia mediterranea. Il quadro faunistico locale rispecchia i rapporti numerici esistenti tra le singole specie all'interno dei principali taxa del contesto nazionale e pertanto non sembrano esserci elementi di criticità nella capacità di rigenerazione delle risorse naturali (flora e fauna). Non si riscontrano specie di rilevante interesse conservazionistico e gli habitat di maggiore interesse naturalistico sono localizzati a monte e a valle dell'area di intervento. La Tavola 04 Carta degli elementi di importanza naturalistica e ecosistemica riporta le connessioni del sistema fluviale con la macroarea agricola e forestale di margine. Lo schema dei flussi di connessione ecologica rileva come l'intera area sia caratterizzata da un'ottima permeabilità da parte degli elementi faunistici e floristici per la presenza di spazi aperti e gangli di vegetazione a contatto e ridotta presenza di barriere quali nuclei edificati di notevole estensione o infrastrutture viarie che occupino porzioni notevoli del territorio. B.4.11. Presenza di carenti stati di qualità dell'atmosfera vicino all'intervento proposto (situazione "ante operam") La qualità dell'atmosfera vicino all'area dell'intervento risulta buona. B.4.12. Collocazione del progetto presso corpi idrici con problemi di qualità delle acque superficiali (situazione "ante operam") La qualità delle acque nell'area dell'intervento risulta buona. II progetto in discussione non interferisce con la qualità delle acque attualmente presente. B.4.13. Gli acquiferi sono caratterizzati da alta sensibilità nei confronti del progetto (p.e. Attività idroesigenti alimentate da aquiferi con debole ricarica)? Il progetto è dimensionato rispettando il D.M.V.. Inoltre non sono presenti sorgenti nell'area interessata dal progetto. B.4.14. Inserimento del progetto in ambienti ad elevata sensibilità degli acquiferi. Non risultano, in fase preliminare, ambienti ad elevata sensibilità degli acquiferi nell'area di intervento. B.4.15. Presenza di frane e condizioni di instabilità potenziale di versanti vicino all'intervento (situazione ante operam). Nei dintorni delle aree impegnate e comunque più ampiamente esaminate, non sono presenti movimenti gravitativi attivi (come visibile dalle cartografie allegate). B.4.16. Presenza di pendii che possono essere soggetti ad erosioni (situazione ante operam). Le zone interessate dall'opera di presa e di rilascio sono poste in aree di bordo fluviale che non sono soggette a fenomeni di erosione. In particolare l’ opera di presa di Fiume è posizionata in area caratterizzata da una formazione calcarea mentre quella di restituzione in Loc. 68 Quartignano interessa una piana alluvionale piuttosto stabile, sia per la natura litologica dei terreni presenti che per la morfologia sub-pianeggiante. B.4.17. Sensibilità degli ecosistemi nei confronti del progetto (p.e. capacità portante prossima al nuovo carico complessivo generato) L'ecosistema fluviale, così come tutti i sistemi naturali, è il risultato della interazione di un complesso di fattori, biotici ed abiotici, che concorrono alla determinazione di uno o più particolari habitat. Nel caso di un ecosistema fluviale, l'equilibrio delle caratteristiche ambientali è in continua evoluzione e determina, in particolar modo nei corsi d'acqua, talvolta a regime torrentizio, tipici dell'Appennino, habitat particolarmente instabili e sensibili alle minime variazioni dei parametri idrologici e della qualità delle acque. Il fattore più evidente che condiziona e caratterizza un corso fluviale è costituito dalla variazione delle portate lungo l'asta fluviale nel corso dell'anno, ed in particolare tra la stagione invernale e quella estiva. Tra i numerosi fattori che concorrono ad alterare la naturale evoluzione e diversità degli ambienti fluviali, particolare rilevanza assumono le opere di derivazione e di ritenuta per scopi idroelettrici, irrigui ed idropotabili che modificano, generalmente in modo in modo sostanziale e talvolta radicale, il naturale deflusso delle acque. La realizzazione di tali opere, in generale, comporta delle modificazioni evidenti dei parametri idrologici, della morfologia dell'alveo, delle caratteristiche del substrato, delle variazioni dei parametri chimico-fisici delle acque che si riflettono su tutte le comunità animali e vegetali del corso d'acqua. Il concetto di deflusso minimo vitale (DMV) è stato introdotto nella legislazione nazionale con la Legge n. 183 del 18 maggio 1989 - Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo - che si menziona il "minimo deflusso costante vitale". In particolare la lettera i) del punto 1 dell'articolo 3 di detta legge, relativo alle attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione dei Piani di Bacino, indica tra queste "la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi, nonché la polizia delle acque". Lo stesso concetto viene ripreso dalla Legge n. 36 del 5 gennaio 1994, la quale al punto 3 dell'articolo 3, prevede che "nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati". I criteri generali di stima del deflusso minimo vitale seguono essenzialmente due procedure di calcolo differenti: l'indagine di tipo teorico si basa sull'applicazione di una variabile posta in relazione alla portata, oppure di tipo sperimentale in cui vengono raccolti una serie di dati in riferimento ad un preciso obiettivo di tutela ambientale. In quest' ultimo caso le portate sono ricavate dalla relazione tra una variabile idraulica o strutturale del corso d'acqua, rilevata sperimentalmente, e la portata. 69 L'analisi critica delle metodologie precedentemente descritte evidenzia come quelle di tipo sperimentale, in cui i dati biologici sono posti in relazione con quelli idrologici, siano le più qualificate per ottenere valori attendibili di portata residua tali da permettere un soddisfacente mantenimento dell'ecosistema fluviale. In particolare il PHABSIM (Physical HABitat Simulation) è risultato il metodo più efficace, soprattutto per l'ampio uso in tutto il mondo ed in Italia. L'applicazione in territorio italiano, presuppone la conoscenza delle curve di idoneità (probability of use curves) per le specie ittiche tipiche del corso d'acqua interessato. Nonostante che tali curve di idoneità si basino, nel metodo originario, sull'ecologia di alcune specie salmonicole americane, successive verifiche effettuate in Francia sulla trota fario hanno evidenziato una generale accettabilità anche per i salmonidi europei. Pertanto, si reputa che tali valori siano adeguati anche in Italia per le acque a salmonidi. La Regione Marche, per garantire il minimo impatto sull'ecosistema fluviale di opere di derivazione, ha dettato norme per il calcolo del D.M.V. , norme alle quali si è fatto costante riferimento in sede di progettazione, da garantire in alveo in fase di esercizio della centrale. B.4.18. Sono presenti carenti stati di qualità del clima acustico vicini all'intervento proposto (situazione ante operam) La qualità del clima acustico vicino all'area dell'intervento risulta buono. Detto stato è certificato dalla Classificazione Acustica del Territorio del Comune di Pievetorina avvenuta nel Giugno 2006 per iniziativa del comune (Legge n.44711995 "Legge quadro sull'inquinamento acustico" e legge regionale 14 novembre 2001, n.28 "Norme per la tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico nella Regione Marche"). 70 B.4.19. Bacino visivo degli interventi, con le foto degli elementi caratteristici del paesaggio attuale. Foto n°1: Torrente S. Angelo: Opera di presa esistente in Località Fiume – Vista d’insieme Foto n°2: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Luci di cattura dell’acqua 71 Foto n°3: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Vasca di sedimentazione Foto n°4: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Bottino di carico 72 Foto n°5: Opera di presa sul Torrente S. Angelo in Località Fiume – Area da impegnare con la realizzazione della vasca di carico Foto n°6: Sito di Quartignano in destra idrografica del Fiume Chienti di P.T. 73 Foto n°7: Quartignano Area di impostazione della centrale idroelettrica Foto n°8: Sponda Dx CHIENTI di P.T. Area di impostazione del canale di restituzione - Zona del punto di rilascio B.4.20. Caratterizzazione del paesaggio da un'alta sensibilità nei confronti del progetto Il progetto non sarà invasivo dal punto di vista estetico e si collocherà nel paesaggio in modo possibilmente armonico, introducendo elementi “architettonici “ ovvero tipologie edilizie emergenti dal suolo, di normale ricorso e visione in zona. 74 B.4.21. Collocazione del progetto presso unità di paesaggio degradate (situazione ante operam) Il paesaggio dell'area risulta sufficientemente integro, come si può evincere dalla documentazione fotografica. Il PTC della provincia di Macerata non segnala, peraltro, situazioni di degrado paesaggistico nell'areale di intervento. B.4.22. Collocazione del progetto presso presenze architettoniche, culturali e/o storiche significative Non esistono, nell'area di progetto, elementi architettonici, storici o culturali di particolare rilievo. Il centro abitato di Pievetorina viene aggirato in sinistra idraulica dalla condotta comunque posta nel sottosuolo. B.4.23. Collocazione del progetto presso aree ad elevata densità demografica Le aree dove sorgeranno rispettivamente la centrale e l’ opera di presa sono in aperta campagna la prima e immediatamente a valle della frazione di Fiume di Pieve Torina la seconda. In particolare quest’ ultima non molto abitata nell’ arco dell’ anno, si anima in qualche misura solo d’ estate. B.4.24. Collocazione del progetto presso ambiti con problemi legati ai livelli di benessere e di salute della popolazione L'area dove sorgerà la centrale non risulta interagire con problemi di benessere e di salute della popolazione e comunque non è interessata da definizione di "aree depresse" o simili provvedimenti. B.4.25. Collocazione del progetto presso ambiti con usi plurimi del territorio reciprocamente poco compatibili (situazione ante operam) L'ambito di progetto non ha usi plurimi o incompatibili con le opere in progetto. L'unica interferenza è rappresentata dalla concessione esistente ma è stato superato tramite un accordo tra l'attuale concessionario della derivazione ed il soggetto proponente (Hidrochienti srl). B.4.26. Considerazioni sulle evoluzioni significative dello stato ambientale attuale in assenza di intervento (p.e. aumento demografico, estensione di contaminazioni, ecc.) L'intervento non interagisce sullo stato ambientale presente e futuro, né introdurre evoluzioni di qualche significato. è in grado di 75 B.4.27. Descrizione di tutte le infrastrutture pubbliche e private che ricadono o sono prossime all'area di intervento (linee elettriche aeree, linee elettriche interrate, captazioni e linee acquedottistiche, condotte fognarie, linee telefoniche, metanodotti, oleodotti, strade private, strade pubbliche, abitazioni private, strutture ad uso collettivo, linee ferroviarie, fossi, corsi d'acqua, ecc.) Nell'area di progetto o nelle sue immediate prossimità sono individuate le seguenti infrastrutture: - Strade provinciali: Valnerina ( ex SS 209 ) e SP comunali minori; Pieve Torina - Col Fiorito ; strade - linee ENEL in BT, MT ed AT e relative cabine di trasformazione; - Acquedotto di rilevante importanza ( Ac. Del Nera ) - Metanodotto ad uso locale B.4.28. Analisi dell'ambiente di riferimento Al fine di dettagliare l'ambiente di riferimento sono state allestite le seguenti cartografie: - Tav. 01 Carta dei vincoli - estratto del PRG - Tav. 02 Carta della vegetazione e uso del suolo - Tav. 02 A Interferenze dell'opera di presa e della centrale sulla vegetazione -Tav. 03 Carta degli Habitat della fauna - Tav. 04 Carta degli elementi di importanza naturalistica ed ecosistemica - Tav. 05 Carta dell'uso del suolo nei 200 metri contigui il tracciato e viste fotografiche Da essi si desume che l'ambiente di riferimento è caratteristico degli habitat vallivi, sia per quanto riguarda l'uso del suolo, sia per gli elementi botanico-vegetazionale, sia per quelli di tipo faunistico. B.5. VALUTAZIONI DEGLI IMPATTI AMBIENTALI POTENZIALI A BREVE, MEDIO E LUNGO PERIODO B.5. 1. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela delle acque sotterranee Nell'area in esame non sono presenti sorgenti o pozzi di qualche significato; ciò ha permesso di ipotizzare che solo nell' esiguo spessore dei depositi alluvionali di fondo valle è possibile l’ instaurazione di una modesta circolazione idrica basale, peraltro alimentata sostanzialmente dallo stesso corso d’ acqua. 76 B.5.2. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela delle acque superficiali La particolare situazione del fondo valle, induce considerazioni pressoché identiche a quelle fatte per le acque sotterranee. B.5.3. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela dell'atmosfera Il progetto in esame non ha nessun effetto sull'atmosfera in quanto non comporta emissioni gassose di alcun tipo, se non limitatamente alla fase di cantiere. B.5.4. Potenziali influssi negativi sulla salute e sul benessere degli esseri umani dovute alla produzione di polvere in fase di cantiere Il cantiere comporterà una produzione di polvere minima in quanto non si avranno demolizioni di opere murarie e gli scavi avverranno su terra compatta e umida e a distanze di centinaia di metri dalle più vicine abitazioni. B.5.5. Valutazione di eventuali impatti ambientali fuori Regione o a grande distanza. L'unica possibile influenza del progetto considerato a grande distanza è l'immissione di energia elettrica nella rete dell'Enel cui esso sarà collegato, rete che per essere estesa all’ intero Paese può estendere gli effetti dell’ impianto, più che modesto, anche a regioni limitrofe, B.5.6. Verifica degli impatti in relazione alle varie alternative progettuali Non sono previste soluzioni alternative B.5.7. Verifica dell'esistenza di soluzioni alternative non analizzate di minore impatto Vista la conformazione del sito non si ritengono possibili altre soluzioni progettuali rispetto a quelle elencate al punto precedente. 77 B.5.8. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela della stabilità dei versanti L' Impianto si sviluppa sostanzialmente e complessivamente tra le località di Fiume e Quartignano rispettivamente lungo la valle del torrente Sant’ Angelo a monte e lungo la valle del Chienti di Pievetorina a valle del centro abitato di Pievetorina dove non sono presenti movimenti gravitativi attivi. Sia il rilevamento geologico-geomorfologico di dettaglio, effettuato dal geologo incaricato, che la visione delle cartografie edite dalla Regione Marche (Carta geologica e geomorfologica) non hanno evidenziato aree in dissesto, ma solo un modesta manifestazione di un “ movimento quiescente “ ad Ovest del centro abitato di Pieve T. che investe una modesta area attraversata dalla condotta. Alla luce di quanto sopra riportato si può affermare che il sito oggetto dell'intervento (punto di derivazione, percorso e punto di rilascio) è morfologicamente stabile. B.5.9. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dall'erosione Non sono state rinvenute manifestazioni di erosione nei tratti interessati dal complesso di opere ( tracciato condotta, zona di presa e di rilascio). B.5. 10. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dalla vegetazione Dall'analisi dei vincoli relativi al sottosistema Botanico risulta che l'opera in esame comporta interventi diretti o indiretti a piante protette. Sia l'opera di presa, sia i manufatti a valle della stessa, durante la loro realizzazione intercettano superfici a bosco di carpino nero, ripariale in filare e esemplari di specie protette da abbattere quali n° 2 Cupressus sempervirens sopra il paese di Pievetorina e n° 2 Quercus pubescens lungo un siepe. CALCOLO DELLA SUPERFICIE BOSCHIVA DA COMPENSARE L’articolo 6, comma 4, e dall’allegato A della l.r. 71/1997 prevede: a) l’analisi dendrologico-forestale del popolamento da sacrificare; b) l’individuazione della provvigione dendrometrica ad ettaro a maturità convenzionale di 100 anni se alto fusto, o di 25 anni se ceduo; c) il calcolo della superficie da compensare, rapportando la provvigione ad ettaro all'area da sacrificare e dividendo per 10. La compensazione in termini di C02 si fonda sul rendimento fotosintetico di un giovane impianto a circa 1280 p/ha per cui si può ipotizzare un incremento minimo iniziale di 1mc/medio/annuo. 78 Considerando che le tre aree sono di limitata estensione, addirittura inferiore alla dimensione di un’eventuale area di saggio di 20 metri di lato e che sono molto disomogenee, si è preferito, invece che eseguire l’analisi dendrologico-forestale, ricorrere ai dati sull’incremento medio annuo riportati ne “I tipi forestali delle Marche”. La tipologia di bosco interessata in questo tratto è esclusivamente a carpino nero. Nella zona di fondovalle non si eliminanto fasce boscate ripariali ma si tratta di vegetazione rarefatta in filare. In due attraversamenti vengono abbattute piante singole protette in base alla legge regionale: n° 2 Quercus pubescens (roverelle) e n° 2 Cupressus sempervirens (cipresso comune) non avendo altre alternative progettuali. BOSCO DI CARPINO NERO Nel caso del bosco di carpino nero la forma di gestione è ceduo non matricinato Si tratta di un bosco inquadrabile nell’associazione Scutellario columnae – Ostryetum carpinifoliae codificato da I tipi forestali delle Marche come OS21 – Ostrieto mesoxerofilo sottotipo su substrati cartonatici con un incremento medio annuo di 3,1 m3/ha. L’ostrieto mesoxerofilo, dai dati riportati ne I tipi forestali delle Marche è quello con l’incremento medio annuo più elevato per cui, in via cautelativa, viene riconosciuto per valido tale valore. La provvigione a maturità convenzionale è paria 3,1 m3/ha* anno x 25 anni = 77,5 m3/ha Secondo l'allegato A della L.R. 71/1997 la superficie da compensare si ottiene dividendo per 10 la provvigione ad ettaro moltiplicata per la superficie da sacrificare: 3 Provv. * Sup. sacrificata Sup. da compensare = 77,5 m /ha * 0,52ha = 4,03 ha = 10 10 Dovranno quindi essere reimpiantati 7,75 volte gli ettari da sacrificare, valore in linea con le prescrizioni di legge "superficie almeno doppia di quella del bosco dissodato" indicate nell'art. 6 comma 4 della L.R. 71/1997. Complessivamente vanno a compensazione totale ettari: 4,03 In totale verranno asportati circa 43 metri di filare con compensazione 1:1. Gli esemplari singoli appartenenti a specie protette sono pari a 4 di cui n° 2 cipressi comuni e n° 2 roverelle con compensazione 1:2. 79 TIPOLOGIA DI IMPIANTO Lo scopo del presente progetto è la compensazione in termini ecologici della superficie boscata da sacrificare con la coltivazione della cava. Viene scelto l’impianto di essenze arboree autoctone che costituiranno un “bosco da alto fusto” nel quale, ai sensi dell’Art. 10 della Legge Forestale Regionale n° 6 del 23/02/2006, sarà vietata la riduzione di superficie, la trasformazione in altra qualità di coltura e la conversione in ceduo; la superficie imboschita sarà inoltre sottoposta a vincolo idrogeologico secondo l’Art. 11 della medesima legge. L'utilizzo di uno schema d'impianto naturaliforme risulterebbe migliore dal punto di vista dell'integrazione con gli altri soprassuoli boscati dell'intorno; viene proposto, invece, uno schema regolare quadrato con sesto 3x3: tale scelta si rende necessaria per garantire gli spazi minimi di manovra delle macchine agricole con le quali verranno eseguite le cure colturali nei primi anni dopo la messa a dimora delle piante a garanzia della riuscita dell'impianto. Le essenze scelte saranno presenti all'interno del modulo d'impianto con le seguenti frequenze: Quercus pubescens: 50 % Ostrya carpinifolia: 16,67 % Fraxinus ornus: 16,67 % Acer campestre: 16,67 % Lo schema prevede dunque un sesto d'impianto quadrato con distanza delle piante tra le file e sulla fila pari a 3 m. Il modulo, e cioè la disposizione delle piante che andrà ripetuta n volte nell'esecuzione dell'impianto fino a coprire l’intera superficie, prevede l'alternanza di una fila di roverella e carpino, una fila di roverella ed orniello ed una fila di roverella ed acero come di seguito illustrato: Legenda: R = roverella; C = carpino; O = orniello; A = acero 3m 3m R O R O A R A R R C R C O R O R R A R A C R C R 80 Vista la distanza tra le piante pari a 3 m sia sulla fila che tra le file la superficie specifica assegnata ad ogni pianta è pari a 3 x 3 = 9 m2 . Ciò comporta la messa a dimora di un numero di piante ad ettaro pari a 1.111. La formazione boschiva impiantata, classificabile come fustaia coetanea a prevalenza di roverella, potrà essere trattata con tagli successivi a strisce, secondo quanto previsto dalle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale emanate con D.G.R. n. 2585 del 06/11/2001, fino ad ottenere, a maturità, un bosco ad alto fusto di roverella. R 4,2m R R R 4,2m R R R R R R R R Primo intervento di diradamento – 556 piante/ha B.5.11. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela dalla fauna Si deve muovere partendo dal presupposto che solo la fauna ittica può essere ragionevolmente interessata dall’ intervento, dovendosi lavorare in alveo per la realizzazione delle opere di presa, di attraversamento e di restituzione. I lavori e di realizzazione dell’ edificio centrale idroelettrica e di posizionamento della condotta forzata , e questi ultimi investono un fronte lineare di circa 6,2Km, che si svolgono su un territorio sostanzialmente agricolo, quindi caratterizzato da un habitat “povero di occasioni”, non sono in grado di apportare disturbi ambientali di qualche consistenza e di non facile riassorbimento. La realizzazione dell’ opera di restituzione , sulla sponda destra del Fiume a Quartignano impegna circa 20m di sponda e la fascia antistante dell’ alveo per una larghezza di poco inferiore a metà. Ad eccezione della dimensione di affaccio del canale di scarico, la difesa di sponda e la sua platea di fondazione sono realizzati con gabbioni e materassi metallici 81 riempiti di pietrame, strutture queste che bene ed immediatamente ripropongono la morfologia e la costituzione spondale. Considerato che la durata dei lavori in alveo sarà di qualche settimana dopo di che le stesse strutture saranno parzialmente sommerse dall’ acqua e quindi di nuovo invase dalla vegetazione, si ha motivo di ritenere che l’ habitat preesistente tornerà immediatamente a ristabilirsi. Come si è avuto modo di chiarire la realizzazione dell’ opera di presa, utilizza per la parte propriamente fluviale strutture esistenti ed in gran parte reimpiegabili che investono un tratto di fiume lungo circa 30m. Su di esse si realizzeranno interventi di adeguamento dimensionale, di integrazione con la introduzione di una minuscola scaletta di risalita dei pesci e di semplice restauro senza produrre scavi di sorta o altre operazioni chiaramente invasive. E’ innegabile che in genere le modalità di esecuzione dei lavori comportano la perdita temporanea di habitat destinato alla riproduzione od a qualunque altra attività del ciclo biologico e comunque una limitazione temporanea allo spostamento lungo il fiume delle specie ittiche presenti ed interessate alla mobilità. Ma la modestia delle operazioni che si andranno ad eseguire, alla conclusione dei lavori e con il transito della prima onda di piena, determinerà il ristabilirsi delle condizioni proprie della situazione locale ante operam e quindi che l’ habitat torni ad essere quello che caratterizza il corso d’ acqua in quella zona. Nel suo complesso si ritiene che l'intervento sia destinato a determinare una sicuramente temporanea e molto trascurabile alterazione dell'ecosistema. B.5.12. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela della qualità degli ecosistemi L’ impianto non emette inquinanti di alcun genere, né rumori rilevanti, e prevedendo, in caso di guasti al modesto sistema oleodinamico e di lubrificazione, un pozzetto di sicurezza, per le eventuali perdite, l'opera non modifica gli equilibri degli ecosistemi locali. B.5.13 Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela della qualità degli elementi paesaggistici Le zone interessate in successione appartengono all'area di tutela degli elementi paesaggistici associata a fiumi e corsi d'acqua. Il progetto non interferisce in nessun modo con la qualità degli elementi paesaggistici. Per le ragioni dianzi discusse, l'opera di presa esistente e da integrare con modestissime strutture, non turba in alcun modo l'attuale stato dei luoghi. B.5.14. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela della qualità dei valori del patrimonio socio-culturale Non sono presenti particolari valori del patrimonio socio culturale. Dal punto di vista architettonico, non sono presenti particolari vincoli secondo gli strumenti di pianificazione vigenti. 82 B.5.15 Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la tutela del benessere e della salute umana L'intervento è compatibile con gli standard ed i criteri per la tutela del benessere e della salute umana. B.5.16. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standard ed i criteri per la prevenzione del rischio di incidente L'intervento è compatibile con gli standard ed i criteri per la prevenzione del rischio di incidente. B.5.17. Potenziale accrescimento del rischio di incendio Non si registrano, statisticamente, particolari rischi di incendio legati alla presenza di una centrale idroelettrica. L’elaborato prende in considerazione sia la Carta del Rischio Incendi Boschivi (C.R.I.B.), elaborata dal Corpo Forestale dello Stato e dal Servizio di Protezione Civile della Regione Marche sia una valutazione del Rischio perdita Biodiversità scaturita dall’analisi territoriale precedentemente svolta. La metodologia applicata è quella di una griglia spaziale rettangolare agganciata ai vertici chilometrici del reticolo Gauss – Boaga con ampiezza di celle pari a 1 Kmq (100 ettari) considerato quale unità di lavoro. Il territorio di Pievetorina è interessato da differenti tipologie di vegetazione che va da quella dei pascoli, dei boschi zonali e azonali, legati ai corsi d’acqua, nonché dagli elementi diffusi del paesaggio oltre che da nuclei di rimboschimenti di conifere. Il Piano Regionale per la Programmazione delle Attività di Previsione e Lotta Attiva contro gli Incendi Boschivi (BUR n° 103 del 17/09/02) individua le seguenti classi di rischio espressa in percentuale di territorio comunale interessato: Trascurabile Basso Medio Alto Estremo 0,0 5,7 56,2 35,3 2,7 Nella Carta del Rischio Ambientale , Sottosistema Botanico – Vegetazionale, è stata realizzata una interpretazione del rischio in base a differenti cenosi, alla loro copertura, alla vicinanza a nuclei abitati e all’esposizione del versante. Il rischio basso di incendio è legato al tematismo dei pascoli, il medio a tutte le forme boschive mentre il rischio alto viene riferito ai boschi termofili e ai rimboschimenti di conifere. Per quanto riguarda gli elementi diffusi del paesaggio sono a basso rischio logicamente le formazioni ripariali. 83 Al rischio incendi boschivi è stato sovrapposto il rischio di perdita biodiversità: per la ricchezza floristica del territorio e la enorme variabilità non siamo in presenza di habitat particolarmente fragili e a rischio di modifiche per un impatto antropico non rilevante e sempre più in lieve. Nonostante la vicinanza al Parco Nazionale dei Monti Sibillini Pievetorina rimane sempre ai margini dei circuiti turistici, poco conosciuto e poco frequentato anche dal turismo pendolare della domenica. B.5.18. Potenziali peggioramenti dei rischi riguardanti la salute della popolazione e dei lavoratori Un impianto idroelettrico non presenta emissioni inquinanti di alcun genere che possano nuocere alla salute della popolazione limitrofa, né a maggiore distanza da essa. I lavoratori in fase di cantiere saranno tutti attrezzati con opportuni D.P.I. e il cantiere stesso sarà adeguato alle norme pertinenti. In fase di esercizio verranno verificate le eventuali condizioni di rischio per la salute dei lavoratori secondo le vigenti norme di pertinenza. La gestione dell'impianto non comporta ordinariamente manovre pericolose e l'uso della migliore tecnologia (automazione e antinfortunistica) disponibile attualmente allo stato dell'arte per opere di questo genere sarà volta a minimizzare i rischi per chi vi lavora. B.5.19. Verifica della compatibilità dell'intervento con gli standards ed i criteri per la tutela delle possibilità di svago della popolazione L'opera in esame non lede in alcun modo le possibilità di svago della popolazione. L'area in esame non è infatti meta di particolare interesse; la sola attività di qualche importanza praticata in zona è la pesca fluviale, ma come detto l’ ecosistema è minimamente turbato dalla costruzione dell’ impianto, mentre in fase di esercizio, anche quando le fluenze sono al minimo stagionale, l’ ecosistema fluviale è garantito dal rilascio della portata di MDV. B.5.20 Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela del valore dei beni materiali Il progetto in esame non lede in alcun modo la tutela del valore dei beni materiali. Secondo il D. Lgs. 387/03 l'opera è considerata di "Pubblica Utilità" e di conseguenza gli espropri dei terreni che ne permettano la realizzazione sono considerati e consentiti dalla legge. Il progetto comunque prevede solo servitù di passaggio per la condotta forzata ed espropri limitati alla realizzazione dell’ opera di presa e della centrale idroelettrica. 84 B.5.21. Verifica della compatibilità dell'intervento con i criteri per la tutela degli usi plurimi delle risorse materiali L’ Impianto idroelettrico in esame non preclude l'utilizzo dell'area circostante sia per fini agricoli che per fini ricreativi. L'acqua derivata ed interamente poi restituita al fiume sarà di nuovo disponibile per tutti i suoi possibili utilizzi con proprietà e qualità immutate. B.5.22. Potenziali danni di aree turisticamente importanti L'area complessivamente interessata dall’ impianto non presenta siti particolarmente rilevanti dal punto di vista turistico. Dal punto di vista culturale, un Impianto idroelettrico, in quanto utilizzatore di fonte energetica rinnovabile, può essere considerato occasione di interesse per visite a scopo educativo e dimostrativo di volontà valorizzatrice del territorio. B.5.23. Potenziali danni di aree importanti dal punto di vista ricreativo Ove si voglia osservare il sistema complessivo corso d’ acqua - impianto dal punto di vista ricreativo, esso non subisce menomazioni di sorta , giacché l'accesso alle sponde del fiume non viene ostacolato in alcun modo anche dalla presenza dell’ opera di presa e di quella di restituzione. Non può non essere elusa l’ argomentazione correlata alla riduzione della portata in alveo nel tratto di corso d’ acqua, significativamente il torrente S. Angelo, determinata dalla sottrazione imposta dall’ opera di presa dell’ impianto idroelettrico ed in relazione alla pratica della pesca sportiva. La risposta a detta problematica va immediatamente individuata nella definizione di PORTATA DI MINIMO DEFLUSSO VITALE e nella capacità propria del corso d’ acqua di riguadagnare il suo regime di portata man mano che dalla presa si procede verso valle, almeno fino alla confluenza col fiume Chienti di P.T. come debitamente chiarito e dimostrato nel capitolo 6.1.a del presente studio. B.5.24. Potenziali danni a terreni di rilevante valore agricolo Escluse quelle dove verranno realizzate la centrale e la vasca di carico dell’ opera di presa, che ovviamente perderanno la definizione di aree agricole, le superfici agricole interessate dall'opera sono quelle riconducibili alla posa della condotta forzata e valgono complessivamente circa 7Ha. Come però precedentemente descritto, le operazioni di scavo e rinterro saranno eseguite con modalità tali da non mescolare tra di loro i terreni superficiali che individuano il cosiddetto “ franco di coltivazione” con quelli di sottofondo aventi caratteristiche sostanzialmente minerali, in maniera tale che i rinterri, eseguiti con successione inversa, tornino a collocare i materiali scavati nella loro originaria posizione, avviando a discarica (o meglio a riutilizzo) solo il volume in eccesso determinato dalla dimensione della condotta. A lavori ultimati, rispettando tale procedura esecutiva , non risulterà alcun scadimento della qualità e delle caratteristiche pedologiche dei suoli interessati. 85 B.5.25. Influenza sul mercato del lavoro dell'area Il mercato del lavoro nell'area risentirà positivamente della realizzazione dell'opera e per la necessità di assicurarsi in zona le prestazioni di mezzi , di mano d’opera e di materiali da costruzione, e per la necessità di una persone adibita alla vigilanza e alla conduzione degli impianti. B.5.26. Influenza sul mercato immobiliare dell'area Non sono razionalmente prevedibili effetti sul mercato immobiliare della zona. B.5.27. Verifica della compatibilità dell'intervento con la capacità delle infrastrutture viarie L’ esercizio dell’ impianto non genererà traffico significativo nelle strade dell’ area complessivamente investita. La manutenzione con personale e attrezzature specializzate avrà una frequenza tale da risultare scarsamente percepibile. Le strade di accesso all'area, ancorché se ne ravvisi la necessità,permettono e permetteranno il transito di mezzi di trasporto di tipo industriale, senza particolari problemi. B.5.28. Interazioni con altre eventuali pressioni ambientali che cumulativamente possono esercitare impatti o rischi significativi Non essendo la zona in esame soggetta a particolari pressioni ambientali, né attuali né nell'immediato futuro, secondo quanto attualmente ipotizzabile, la realizzazione del progetto in questione non presenta interazione con altre attività con significativo impatto ambientale. B.5.29. Misure di emergenza per rischio di potenziali incidenti La strada d'accesso alla centrale prevista sarà sufficientemente ampia per l'ingresso di eventuali mezzi di soccorso. L'opera eventuale dei soccorritori non incorre quindi in ostacoli particolari. B.5.30. Mitigazione e compensazione degli impatti ambientali Il periodo critico nel quale è necessaria una maggiore attenzione per il mantenimento del D.M.V. riguarda l'arco temporale marzo-giugno in cui ha luogo la riproduzione dei ciprinidi e nel quale si esplica l'attività riproduttiva degli anfibi. La rana appenninica può maggiormente risentire delle fluttuazioni/diminuzioni dei flussi idrici, in quanto hanno ovodeposizione riacofila ed epilitica. Si ritiene di poter garantire la certa sopravvivenza dell'ittiofauna mantenendo il DMV previsto. 86 B.5.31. Mitigazione nel tempo degli impatti ambientali In quanto all’ impatto arrecato con la realizzazione dei lavori , soprattutto in alveo, attese le precauzioni da adottarsi nel corso delle operazioni, esso è destinato ad essere sicuramente assorbito nel tempo, rappresentando lo stesso fattore temporale il miglior rimedio possibile in quel tipo di ambiente. In fase di esercizio potenziali problematiche possono determinarsi con possibili malfunzionamenti dei meccanismi di regolazione della portata d'acqua prelevata. I programmi di manutenzione di routine, che prevedono visite molto frequenti all’ opera di presa, tenderanno a minimizzare tale rischio, limitandolo nell'entità e nella possibile durata. B.5.32. Impatti e rischi residui dopo l'applicazione degli interventi di mitigazione Non si prevedono impatti e rischi residui dopo l'applicazione degli interventi di mitigazione. B.5.33. Impatti ambientali residui dopo la dismissione delle opere e sistemazione Sarà possibile, dopo eventuale dismissione e sistemazione, ripristinare significativamente le aree interessate alle condizioni iniziali, ritenendo opportuno non provvedere al recupero della condotta posata in sotterraneo. Non avrebbe infatti alcun senso riaprire una ferita lungo i 6200 metri di tracciato, atteso anche il fatto che l’ abbandono della condotta al non utilizzo non corporta ragionevolmente alcun rischio ambientale. B.5.34. Rischi e impatti ambientali significativi per le alternative di progetto Non sono previste alternative di progetto B.5.35. Programmi di monitoraggio degli impatti ambientali Al fine di conoscere in dettaglio gli esiti e gli impatti dell'opera, si ritengono opportune le seguenti operazioni: - monitoraggio dell' ittiofauna e dell' erpetofauna a monte e a valle della presa ad un anno dal funzionamento dell’ impianto idroelettrico a pieno regime. - misurazione della temperatura nel punto di presa e in quello di rilascio dell'acqua con frequenza almeno mensile e per un periodo di dodici mesi. Qualora si dovessero registrare mutamenti significativi nei parametri sopra citati (temperatura e popolamento ittico), dovranno essere adottate misure di mitigazione che potranno prevedere anche il ripopolamento delle specie ittiche ed il controllo delle portate di MDV. 87 B.5.36. Raccolta, coordinamento ed esame dei dati per la valutazione degli impatti ambientali Per l'effettuazione del presente Screening sono state utilizzate cartografie ufficiali relative agli strumenti di pianificazione del territorio a livello regionale, provinciale e comunale. Le informazioni risultanti dall'insieme di tali fonti, dai sopralluoghi e dai rilievi in situ, dalle statistiche e da tecnici esperti in questo tipo di opere, sono in definitiva risultate sufficienti al fine di ottenere un quadro coerente e completo relativo all'area in esame. B.5.37. Informazioni da reperire utili alla completezza dello Screening Tutte le informazioni utili per l'effettuazione della verifica ambientale sono state reperite. B.5.38. Complessità degli effetti del progetto sull'ambiente: sinergia degli impatti Non sono rilevabili particolari fenomeni o interazioni tra gli impatti ambientali che possano generare conseguenze non direttamente valutabili o prevedibili. B.5.39. Incertezza e difficoltà nella stima degli impatti La valutazione degli impatti sui sistemi viventi, essendo essi sistemi complessi ed essendo numerosissime le variabili in gioco, presentano per loro natura delle difficoltà previsionali cui si è cercato di ovviare facendo riferimento puntuale alla normativa e alle direttive delle Autorità competenti. B.5.40 AEVIA (Valutazione di impatto per le attività estrattive) Le uniche attività estrattive legate all'opera in esame sono rappresentate dai materiali in eccesso e di risulta degli scavi. Gran parte del terreno che ne deriverà verrà riutilizzato nell’ ambito dei cantieri mentre una parte assai ridotta, quella eccedente, potrà utilmente essere destinata ad attività limitrofe o smaltita in apposita discarica. Rientra in tale ultima categoria il materiale “ profondo “ e di natura sostanzialmente minerale, potendosi invece affermare che il terreno di risulta avente qualità di natura ed origine superficiale, sarà necessariamente riutilizzato soprattutto in opere di ricostituzione del manto vegetale e per rinverdimento al fine di minimizzare l'impatto derivante dalle stesse operazioni di scavo. 4. - EFFETTI RILEVANTI DEL PROGETTO PROPOSTO SULL’ AMBIENTE 4.1 - Effetti dovuti all’ esistenza del progetto Gli effetti dovuti alla realizzazione del progetto sono essenzialmente di due tipi: il primo, di gran lunga il più significativo, è riconducibile alla riduzione di portata del corso d’acqua 88 nei periodi di “ magra “ e di “ morbida “ ed il secondo alla presenza di opere significative quali l’ opera di presa dell’ acqua che investe direttamente un tratto di alveo fluviale e la centrale idroelettrica che si posiziona in prossimità della sponda del fiume e che comunque raggiunge con la sezione terminale del canale di scarico che configura l’ opera di restituzione dell’ acqua all’ alveo naturale. In questa sede si ritiene di dover attribuire minor significato alla condotta forzata, anche se per dimensione (diametro 600 mm) e per cospicua lunghezza (6264 m) essa configura una importante infrastruttura idraulica, giacchè la stessa, posata principalmente in sotterraneo e per un breve tratto in aereo in corrispondenza dello scavalcamento del f. Chienti di Pievetorina, con le tecniche esecutive proposte, non potrà essere oggetto di sostanziali osservazioni, per il semplice fatto di non essere più osservabile se non per un tratto di 30m circa, né in qualche modo rilevabile, se non con il ricorso a tecniche e strumenti di natura specialistica. In termini di assoluta concretezza deve infatti riconoscersi che una attenta esecuzione della posa, rispettosa delle condizioni di salvaguardia ambientale enunciate per le operazioni di scavo e rinterro, è normalmente sufficiente a riconferire ai terreni attraversati l’ aspetto e le caratteristiche possedute ante operam. 4.1.a Riduzione di portata in alveo. Sulla scorta delle enunciazioni della relazione idrologica, Il progetto prevede , dipendentemente dalla effettiva disponibilità in alveo, il prelievo, normalmente continuo per 11 mesi , di portate ricomprese tra il valore massimo di 300 e quello minimo di 50 lt/sec. ( portata media annuale in prelievo di 191 lt/sec ), avendo cura di rilasciare in alveo, comunque ed in ogni condizione, valori di portata che nei periodi di maggior portata naturale (Febbraio e Marzo) non siano inferiori a 75,6l/sec e nel periodo caratterizzato da basse fluenze (Luglio ÷ Ottobre) non siano inferiori a 50,3l/s. Potrebbe osservarsi che nel tratto di alveo del torrente ricompreso tra la presa di Fiume e la confluenza nel Chienti, in corrispondenza del centro abitato di Pievetorina, lungo circa 4400m, il corso d’ acqua, anche in presenza della Q dmv, possa correre dei rischi ambientali. A tale obiezione deve opporsi che il progetto questa problematica se l’ è già posta, laddove si consideri che l’ esercizio dell’ impianto, oltre a considerare una portata minima turbinabile di 50 lt/sec, è previsto per 11 mesi l’anno proprio per non deprimere oltre limiti considerati inopportuni la portata in transito a valle dell’ opera di presa. Per effetto di tale impostazione la combinazione delle due disposizioni, Qmd (min) = 50 ,3 l/s e portata minima turbinabile > 50 l /s porta a considerare che in condizioni minime di deflusso del corso d’ acqua, ad impianto fermo, la portata in transito oltre la sezione di presa risulterà ben maggiore della Qdmv per puntare verso i 100l/s. Inoltre quando si osservi che, anche in condizioni di minimo deflusso naturale il contributo minimo specifico del bacino è, secondo il SIN, pari a non meno di 3,0 l/s x Kmq, essendo la superficie del bacino scolante tra Fiume e Pievetorina pari a 10,3 kmq, sempre in condizioni pari al Qmdv, la portata del torrente tra Fiume sino alla confluenza col Chienti, è destinata ad aumentare gradatamente di almeno 30 l/s. In ogni modo e come noto, la portata di minimo deflusso vitale è considerata sufficiente a garantire i necessari equilibri di salvaguardia ambientale, quindi nessun pericolo è 89 ravvisabile per la flora e per l’ ittiofauna, anche se indubbiamente si assisterà ad una notevole contrazione della larghezza degli specchi liquidi assicurati dalla vena attiva fluviale. Nessun pericolo correrà comunque l’ Habitat dal punto di vista riproduttivo e nutrizionale. 4.1.b Presenza di opere infrastrutturali in alveo. Il progetto prevede innanzi tutto il riutilizzo di un’opera di captazione a servizio di presa esistente ed utilizzata in passato per alimentare una derivazione ( irrigua ) scaduta e non rinnovata. Detta opera si concretizza in un tratto di alveo torrentizio, completamente rivestito in calcestruzzo, sia nel fondo che sulle pareti laterali, e munito di una modestissima traversa di sbarramento che consente, a mezzo di una luce praticata sul muro di rivestimento in sponda sinistra, di alimentare una vasca di calma utilizzata a mo’ di dissabbiatore, posta a tergo. Il progetto prevede, in ragione del degrado di alcuni elementi strutturali componenti la medesima, di restaurarla, di dotarla di una scaletta di risalita dei pesci, e di realizzare, a valle della vasca di calma, una vasca di carico della condotta forzata. Le due vasche saranno collegate da un modesto canaletto, lungo qualche metro sul quale troverà ubicazione uno sgrigliatore automatico. L’ opera esistente in alveo, realizzata non meno di 35 anni fa, anche se caratterizzata da un pesante impiego di calcestruzzo deve ritenersi ormai più che acquisita al contesto circostante. Essa ha acquisito la colorazione grigio bruna del calcestruzzo gettato in ambienti umidi ed è coperto da muschio ed in qualche tratto, per la presenza di sedimenti , di vegetazione acquatica. Gli interventi, più che modesti, che si andranno a realizzare nell’ alveo “ artificiale, non potranno turbare e per la loro modestia e per i loro contenuti esecutivi, lo stato dell’ opera e comunque, sotto il profilo eminentemente visivo, saranno soggetti ad una più che facile integrazione che determinerà un sicuro e rapido riassorbimento. In tali condizioni non appare né necessario né significativo adottare opere di mitigazione e di mimetizzazione. Problemi certamente poco rilevanti saranno generati dalla presenza della centrale idroelettrica di Quartignano che, pur essendo collocata ad alcune decine di metri dalla sponda destra del Fiume Chienti ricade nel bel mezzo di un’ area agricola impegnata normalmente da seminativi. Sotto il profilo tipologico e strutturale l’ edificio è conformato ad accessorio agricolo, motivo per il quale è destinato , se non a passare inosservato, a non destare particolare curiosità. Inoltre la sistemazione a verde del sedime circostante , e quindi dell’ intera area di impostazione della centrale , contribuirà all’ accentuazione dell’ aspetto rurale della costruzione. Resta da ricordare la presenza del canale di scarico realizzato con una struttura in c.a. complessivamente lunga ml 48 di cui 13 al disotto dell’edificio centrale idroelettrica, e larghezza utile di 3.00 m e totale di 3,60 m, ma comunque sicuramente incassato al disotto del piano medio di campagna, che ricollega l’ edificio con il fiume in sponda destra idrografica. Detto canale è essenzialmente osservabile per visioni dall’ alto salvo quando, per raggiungere l’ alveo, si affaccia sulla sponda dove però trova una apposita difesa radente, realizzata sulla sponda fluviale con gabbionate metalliche riempite di pietrame, che oltre a contenere gli effetti idrodinamici dovuti alla portata idrica scaricata, protegge il canale nella 90 zona di innesto del corso d’ acqua dall’ effetto delle piene e ne mitiga considerevolmente l’ impatto visivo. 4. 2 Effetti dovuti all’ utilizzazione delle risorse naturali In prima definizione si deve osservare che l’ impianto idroelettrico, per sua costituzione funzionale non utilizza risorse naturali. Esso infatti si limita a prelevare acqua dal torrente Sant’ Angelo, nella località di Fiume, ed a restituirla più a valle in una sezione del f. Chienti di Pievetorina in prossimità del confine comunale tra i comuni di Pievetorina e Pieve Bovigliana, nella stessa quantità prelevata e con immutate caratteristiche chimico-fisiche. A chi obiettasse che la temperatura dell’ acqua allo scarico della centrale, potrebbe essere diversa da quella di immissione in condotta, o meglio da quella della corrente in alveo nella sezione di restituzione, si risponde che se differenza vi fosse essa non è certo apprezzabile sul piano sensitivo, giacché il percorso in sotterraneo della condotta tende sicuramente a conservarne la temperatura, mentre i fenomeni energetico-dissipativi ad opera del turbogeneratore normalmente ingenerano incrementi di temperatura dell’ ordine del decimo di grado Celsius. Il “ processo produttivo”, come noto, tende a valorizzare prima, per quindi poi sottrarre e trasformare il potenziale idroelettrico determinato dalla presenza in “quota“ (geodetica) di volumi idrici naturalmente destinati a trasferirsi verso valle, e quindi a quote inferiori, dando luogo a portate, più o meno variabili nel tempo alle quali , come noto, si associa un potenziale trasformabile in energia. Ove l’ estrapolazione concettuale di detto fenomeno consentisse di individuare una “risorsa naturale”, si potrebbe affermare che l’ impianto idroelettrico utilizza quella risorsa naturale. Ma la stessa risorsa, per la sua natura intrinseca, ove non utilizzata sarebbe sicuramente persa, in quanto consumata dallo stesso moto migratorio e naturale dell’ acqua verso il basso, motivo questo per affermare che il consumo di risorsa naturale, almeno nel senso propriamente tradizionale , è nullo. 4.3 Effetti dovuti all’ emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive ed allo smaltimento dei rifiuti. L’ impianto come già descritto e riferito in altri capitoli del presente studio , non emette inquinanti, non crea sostanze nocive né determina condizioni di smaltimento di rifiuti da processo produttivo. Esso tratta l’ acqua dal punto di vista essenzialmente meccanico in “ ambiente chiuso “, per poi restituirla al corpo idrico al quale l’ ha sottratta, senza che essa subisca modificazioni qualitative e quantitative. Di fatto la portata derivata, trattata e restituita, rimane strettamente confinata nel sistema impiantistico che di fatto deve considerarsi “ impermeabile “ dalla sezione iniziale della condotta forzata nella vasca di carico dell’ opera di presa sino alla sezione terminale del cono di scarico della turbina. Le uniche possibilità di alterazione di detta condizione generale sono determinate da rotture di impianto che possano comportare perdite di fluido oleodinamico o anche 91 lubrificante che per qualche ragione allo stato non ipotizzabile finiscano nel canale di raccolta e scarico della centrale. Ma in quanto al fluido oleodinamico esso è presente in quantità modesta ( al massimo 60÷ 70 l) ed è concentrata in massima parte nel serbatoio di carico della centralina oleodinamica, e questa, come già riferito è appoggiata in una cassa di contenimento di capienza più che sufficiente a contenere il volume totale del fluido sia in circolo che di riserva. Comunque la rottura della centralina o di alcuno dei tubi di trasporto rilascerebbe mai il fluido nel circuito idrico di processo, ma lo riporterebbe comunque nella cassa di contenimento , magari dopo averlo disperso sul pavimento costituente la base di appoggio della turbina. In quanto ai lubrificanti, in genere costituiti da “grasso“, essi sono contenuti nei contenitori dei supporti della turbina e del generatore. Essi, presenti in quantità dell’ ordine di qualche kg, hanno viscosità tale da non consentire usualmente dispersioni. Per le ragioni di cui sopra, non è ipotizzabile, se non in caso di un solo teorico incidente, che il fluido oleodinamico ed il lubrificante possano entrare in contatto con l’ acqua turbinata per poi finire in alveo fluviale per il tramite del canale di scarico. Altre problematiche in fatto di emissione di inquinanti o sostanze nocive non sono ragionevolmente evidenti 5. DESCRIZIONE DELLE MISURE PREVISTE PER EVITARE, RIDURRE E SE POSSIBILE COMPENSARE I RILEVANTI EFFETTI NEGATIVI DEL PROGETTO SULL’ AMBIENTE. Gli effetti negativi sull’ ambiente indotti dal progetto sono pochi e sono di duplice natura : - la diminuzione della portata naturale del fiume nel tratto interessato dal progetto e quindi ricompreso tra la sezione di presa e quella di restituzione; - le modificazioni , per lo più a carattere temporaneo, indotte dalla realizzazione delle opere. Il progetto in entrambi i casi ha considerato gli effetti ed ha proposto, con opere e modalità di operazioni di cantiere e gestione di impianto, il contenimento degli stessi e l’ introduzione di possibili mitigazioni. 5.1 riduzione delle portate naturali. Il progetto considera che l’ impianto , in considerazione della prevista idrologia, possa funzionare per 335 giorni l’ anno con la previsione di derivare la portata massima di 300 l/s; tale prelievo, in termini probabilistici, come deducibile dal diagramma di utilizzo della portata naturale del torrente, è possibile per non più di 90 giorni l’ anno. Nel 92 restante periodo di 245 giorni l’ anno, prescindendo dai periodi di fermo per manutenzione od altre poche occasioni, la portata in prelievo risulterà inferiore a detto valore fino ad un minimo “ statistico “ di 50 l/s. In ogni condizione di funzionamento i sistemi idraulici dell’ opera di presa garantiranno il rilascio in alveo della portata non inferiore al minimo deflusso vitale ( Qmdv ) che, a secondo dei periodi dell’ anno , varierà dal minimo di 50,3 ad un massimo di 76,5 l/s. Tenuto conto della curva della durate delle portate del torr. Sant’ Angelo per il periodo di 90 giorni, come sopra detto , la portata esitata complessivamente dalla traversa sarà maggiore di Qmdv. Per il restanti 245 giorni la portata sarà pari a alla Qmdv. Convenientemente deve comunque riferirsi che, essendo il solo gruppo turbogeneratore di prevista installazione dotato di una turbina Pelton a due getti, quando per ragioni idrologiche la sua portata di alimentazione tenderà a scendere sotto dei 50 l/s, pari al 16,6% del valore massimo, non vi sarà più alcuna convenienza a mantenere l’ impianto in funzione, quindi si approfitterà per eseguire manutenzione e comunque si valuterà la non convenienza a mantenere in esercizio l’ impianto per evitarne l’ usura a fronte di rese assai scarse se non nulle. In tale circostanza non si avrà alcun interesse a mantenere in carico l’ opera di presa è quindi la portata in arrivo alla sezione di presa supererà indisturbata la traversa di sbarramento rimanendo interamente in alveo. Ragionevolmente, per le ragioni sopra dette , la durata delle portate in alveo pari alla Qmdv, rispetto ai 245 giorni sopra dichiarati, può ridursi anche di alcune settimane. In quanto alla certezza che comunque la Qmdv sia effettivamente rilasciata il progetto, introducendo la scaletta di risalita dei pesci, ha proporzionato e posizionato quest’ ultima proprio in modo di affidarle tale compito. In ogni modo, come chiarito precedentemente al punto 4.2.a, il tratto di alveo eventualmente in sofferenza tende ad essere breve per la continua alimentazione della modesta falda presente nei suoli posti ai lati dell’ alveo posto che lo stesso si innesta, in corrispondenza del centro abitato di Pieve Torina, nel fiume Chienti. 5.2 Modificazioni indotte dalla realizzazione delle opere In quanto alle modalità edificatorie , il progetto necessariamente prevede , per la realizzazione dell’ opera di presa e del fabbricato centrale idroelettrica principalmente il ricorso a strutture murarie in calcestruzzo armato, materiale questo insostituibile sia per le funzioni statiche richieste, sia per le sue caratteristiche di durata nel tempo. Ciò premesso , lo stesso progetto considera, per quanto possibile, di interrare le stesse per mimetizzarle col ricorso a mitigazioni costituite da integrazioni architettoniche e cortine verdi naturali. Infatti nel caso del fabbricato centrale idroelettrica allo stesso si è attribuita sembianza di fabbricato, o accessorio agricolo, intonacando lo stesso ed adottando pitturazioni caratterizzate da coloriture tenui, e comunque dotando lo stesso di tetto principale a due falde inclinate con copertura di coppi tradizionali, a mo’ di tradizione locale. Nel caso dell’ opera di presa, per la parte di essa già esistente e costituita dalle strutture intimamente posizionate e legate al corso d’ acqua ove si opererà eminentemente con modalità di restauro ed impieghi di materiali e tecniche più che consolidate, agendo su strutture vecchie, che ragionevolmente ormai debbono restare come sono. Per la parte da 93 aggiungersi ex novo , costituita dalla vasca di carico della condotta e dal canaletto di collegamento risulta sostanzialmente incassata sotto il piano campagna, emergendo da quest’ ultimo, peraltro ristabilito rispetto al piano naturale mediante sbancamenti e riporti, dell’ altezza necessaria per il corretto posizionamento de l vano di accesso e degli incamminamenti indispensabili. In quanto al sedime di contenimento delle suddette opere, centrale idroelettrica e presa fluviale, si provvederà all’ inerbimento delle scarpate di nuova introduzione ed alla piantumazione con essenze locali sempre verdi di tutte le aree libere, ovvero non coperte da impianti e non impegnate dalla viabilità. Tutte le aree saranno munite di recinzioni con rete metallica zincata e plasticata, munita di sostegni , di color verde, integrata , ad accezione dei lati che si affacciano verso il fiume, di siepe di altezza adeguata per eventualmente nascondere alle osservazioni esterne, gli assetti impiantistici. In tal modo procedendo si potrà conseguire un buon livello di mitigazione. Per quanto riguarda la realizzazione della condotta forzata, di collegamento dell’ opera di presa con la centrale idroelettrica, è previsto che la stessa, lunga mt 6264 sia posata completamente nel sottosuolo, ad eccezione di un breve tratto di poche decine di metri coincidente con lo scavalcamento del fiume Chienti di Pieve Torina. Il posizionamento corrente della tubazione in sotterraneo da la miglior garanzia di conservazione e comunque importa il minor impatto ambientale possibile. La tecnica di scavo ipotizzata, consistente nel depositare separatamente i materiali di risulta , siano essi appartenenti allo strato più superficiale, detto anche franco o spessore di coltivazione, siano essi appartenenti al sottofondo minerale sostanzialmente di carattere eminentemente alluvionale grossolano, consente di avviare a risulta il materiale alluvionale eccedente in ragione del volume occupato dalla condotta, e di riposizionare assolutamente in superficie il terreno vegetale appositamente accantonato. In pratica il metodo consente di realizzare il tombamento dei vani di scavo con successione inversa a quella di scavo, per ricostituire la coltre vegetale in appena una, o al massimo due, stagioni colturali successive. E’ evidente che il materiale di risulta, alluvionale grossolano e comunque granulare, potrà essere utilmente reimpiegato, in ragione anche delle sue qualità geotecniche, per terrapieni e rilevati strutturali azzerando il ricorso alla discarica. Laddove la condotta attraversa il corso d’ acqua (Torrente Sant’ Angelo), si avrà cura di portare condotta e sue strutture di protezione ben al disotto del profilo di fondo , per consentire a quest’ ultimo di naturalmente ristabilirsi ricoprendo le stesse strutture di protezione con il materiale alluvionale normalmente veicolato . Le sponde del corso d’ acqua intercettate e tagliate per far passare la condotta, saranno ripristinate mediante i necessari rinterri e quindi protette con difese radenti costituite da gabbionate metalliche riempite di pietrame, strutture queste che, in ambiente fluviale, meglio di ogni altro provvedimento, consentono di conseguire l’ effetto statico e quello ambientale , in virtù della loro capacità di assestamento plastico e di adattamento a trattenere il trasporto solido del fiume indispensabile alla riattivazione della coltre vegetale preesistente. Con le descritte modalità si ha ragione di ritenere che l’ intero fronte cantierato per la posa della condotta, possa essere ricondotto alla normalità ambientale preesistente in tempi ragionevoli e verosimilmente inferiori ad anni due. 94 6. DIFFICOLTÀ INCONTRATE NELLA RACCOLTA ED INVESTIGAZIONE DI DATI ALLA BASE DEGLI STUDI RICHIESTI La modestia dimensionale dell’ impianto, ma soprattutto la sua tipologia progettuale che lo identifica come impianto di produzione di energia elettrica da fonte alternativa rinnovabile, quale quella idraulica, ridimensiona considerevolmente il campo della ricerca, giacchè come chiarito nell’ ambito dello studio ambientale, l’ unico effetto rilevante indotto dal prelievo dal fiume Chienti è quello di ridurre la portata residua in un tratto di alveo, per periodi anche lunghi, a valori prossimi a quelli “ stagionalmente stabiliti “ per la portata di minimo deflusso vitale (Qmdv). Quindi la difficoltà vera, sia a livello progettuale che in ambito ambientale la si è incontrata in fase di determinazioni dei flussi naturali (portate) del fiume, nelle sezioni e nei tratti interessati dalle opere e più in generale del progetto, sulla base dei tempi stabiliti dall’ anno statistico medio. Infatti se da un lato può ammettersi che nell’ intero bacino del fiume Chienti , ed in particolare nella sua porzione più elevata corrispondente ai bacini del Chienti di Pievetorina e del Chienti di Gelagna, esiste un congruo numero di stazioni pluviometriche e pluviografiche installate per rilevare entità e caratteristiche delle precipitazioni atmosferiche, lungo le aste fluviali più “ interessanti “ non sono più attive stazioni di misura della portata. Le ultime due stazioni idrometriche gestite dal SIN (Servizio idrografico nazionale), quella di Ponte Giove sul Chienti di Gelagna e quella Pievetorina sull’ omonimo ramo del Fiume Chienti, sono state dismesse nel 1978. In ragione di tale ultimo accadimento , a più di 30 anni di distanza, tentare di fare il bilancio idrologico dei relativi bacini sottesi è cosa piuttosto ardua, dovendosi considerare di assumere taluni parametri disponibili in quanto determinati sulla scorta di analisi statistiche svolte su campioni di dati rilevati ovviamente nel periodo di attività delle stesse stazioni di misura, quindi negli anni antecedenti alla loro dismissione (1930 ÷ 1979). Nella fattispecie è il caso del coefficiente di deflusso (φ) , definito come rapporto tra il volume idrico defluente in una generica sezione del corso d’ acqua e l’ afflusso meteorico nel bacino imbrifero sotteso dalla stessa sezione, ovviamente nel medesimo periodo di riferimento. Orbene il Sin da alla stazione di Pievetorina, per l’ intero periodo di osservazioni relativo a tutto il suo funzionamento stima un valore del coefficiente di deflusso inferiore del 30% rispetto a quello calcolato nei bacini contigui (Tenna, Aso , Nera ) di caratteristiche idrogeologiche assai identiche , per solcare lo stesso massiccio calcareo dei Sibillini, ed a quote geodetiche molto prossime; dato questo che suscita perplessità allorquando, a conoscenza piena ed attuale degli afflussi meteorici, si tenta di ricostruire i deflussi di un dato bacino scolante. Evidentemente l’ analisi statistica propedeutica alla formulazione della curva delle durate di portata in sezioni di studio, sconta ipotesi , quale quella relativa all’ assunzione dei valori competenti del coefficiente di deflusso, in grado di “pesare“ consistentemente sul risultato, e quindi sui valori di portata utilizzabili ai fini progettuali e conseguentemente sui valori di portata residua da lasciare il alveo per il soddisfo di altre esigenze, in primo luogo quelle ambientali. 95 ALLEGATI TAV.1 CARTA DEI VINCOLI - estratto del PRG scala 1: 10.000 TAV.2 CARTA DELLA VEGETAZIONE E D'USO DEL SUOLO scala 1:10.000 TAV.3 CARTA DEGLI HABITAT DELLA FAUNA scala 1:10.000 TAV.4 CARTA DEGLI ELEMENTI DI IMPORTANZA NATURALISTICA ED ECOSISTEMICA SCALA 1:10.000 TAV. 5 INTERFERENZA DELL'OPERA SULLA VEGETAZIONE SCALA 1:1000 96