lettere V D sassi vivi

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lettere V D sassi vivi
Liceo classico statale “Umberto I” – Palermo SASSI VIVI di Anna Rottensteiner Scritture creative della classe V ginnasiale D Prof. Mario Pintacuda CHIARA SORESI Dora, mia Lithops del Nord, così piccola e fragile all’esterno, cerchi di mimetizzarti con i sassi che ti circondano, ma non sei un sasso; ti nascondi, ti nascondi dalla luce del sole e nascondi radici che scendono sempre più giù nella terra dei ricordi, in cerca della tua acqua freatica, fonte di vita e di dolore. Ma poi fiorisci, senza bisogno di cure, di acqua, di sole; solo una volta all’anno, ma fiorisci, ti ricopri di fiori bianchi, rosa, gialli, che non manifesti a tutti e che non somigliano affatto al sasso che mostri. Dora, mia piccola Dora, ho visto questi fiori, li porti dentro, chiusi, rannicchiati. Li ho riconosciuti, li ho portati fuori, li ho accarezzati, abbracciati. In quel momento ti ho guardata dentro, fragile, indifesa, spaventata, ma eri tu, finalmente. Hai spezzato l’armatura di paure e hai compreso come essere te stessa, anche se incredibilmente fragile e imperfetta. Adesso li porto dentro, li porterò dentro i tuoi fiori. E come io porterò te dentro per sempre, tu tienimi con te adesso, fallo domani ed il giorno dopo ancora. Tienimi tra i tuoi pensieri, nel tuo cuore, tra le tue braccia. Tienimi anche quando i nostri cuori si allontanano, tienimi semplicemente perché mi ami. Io farò lo stesso con te. Ti abbraccerò, ti abbraccerò così forte da non lasciare spazio ai sentimenti né al ricordo di quel passato di sofferenze, di amore per un Duce e per il fascismo che forse non erano tanto da amare, di odio per un padre che era da stimare. Ne rimangono solo ricordi che logorano dentro, ma che non puoi eliminare, perché sono cosa che è stata, che è e sempre sarà in te. Avrei voluto evitare le tue sofferenze fin dall’inizio, se solo ti fossi fatta comprendere, se solo ti avessi compresa. E se per passare oltre a questo fiume di ricordi avrai bisogno di raccogliere altri sassi, metterli in ordine per farne le persone ormai lontane, sarò qui a portarti alla loro ricerca. Quando avrai bisogno della natura e del mare in burrasca per calmarti, del vento, tuo compagno di giochi, per liberarti dai tuoi pensieri e agonie, del mare in bonaccia per ricordare ciò che è stato, della neve per vedere le ferite che ti sei e ti hanno aperto e per chiuderle una volta per tutte, io sarò sempre lì. Ti riporterò qui a Roma o a Maria Lichtmoos o a Torsholma, dove l’oscurità non fa paura. Ti porterò ovunque avrai bisogno, perché tu stessa mi hai detto che “Dovunque andremo, ci andremo insieme”; ti starò accanto anche quando per la sofferenza vorresti rimaner sola, semplicemente perché vorrei gravarmi di tutti i tuoi problemi, di tutte le tue sofferenze e lasciare che si disegni sul tuo viso solo quel semplice e sereno sorriso che da sempre mi 1
rende felice. Ma so che non posso farlo, non posso prendere tutta la tua sofferenza, posso solo alleviarne una parte, standoti vicino, se solo me lo permetterai. Perché il mio posto, in un mondo che è come un ingranaggio, non è a Torsholma né a Maria Lichtmoos né in qualsiasi altro luogo che non sia dove sei tu, al tuo fianco, dove mi sento a casa, dove posso sfiorare i tuoi grigi e indistricabili ricci, dove posso immergermi nei tuoi profondi occhi verdi, dove ogni attimo vale una vita e io non provo semplice amore per te, ma ardo d’amore, sono amore. Eternamente tuo, Franz. PAOLA GAGLIARDO BRIUCCIA Lettera di Franz a Dora Mio fragile amore Ho sempre voluto proteggerti, o almeno ho cercato di farlo. Avrei voluto immedesimarmi nel tuo dolore, provarlo io al posto tuo. Avrei voluto poter assorbire i tuoi pensieri con un bacio, i tuoi tormenti stringendoti a me. Avrei voluto toccare con mano le tue paure per poter prenderle e gettarle via lontano. Ho quasi sperato di poter cancellare i tuoi più brutti ricordi, ma ho capito che senza quelli non saresti stata la Dora che tanto amo. Avrei voluto aiutarti a ricostruire tutto senza cancellare niente. Avrei voluto rinsegnarti l'ʹarte della vita, della gioia, della spensieratezza, ma tu non volevi mostrarti a me e nemmeno a te stessa, non volevi permettermi e permetterti di liberarti dai macigni che opprimevano la tua anima. Adesso so come ti sentivi: ingannata dalla vita, incapace di raccontare per non essere ferita ancora una volta. Volevi fuggire da ciò che si celava nella tua mente, ti vergognavi, e per questo a volte correvi via nei boschi e ti facevi avvolgere dalla dolcezza della natura. Io ti guardavo da vicino, ecco quello che ti sfuggiva: io ti avevo scelto, ero dalla tua parte e volevo combattere con te. Volevo essere portato nelle tue battaglie, volevo sentirle come le sentivi tu. Ricordo ancora quando arrivasti al maso, i tuoi capelli che sfuggivano da tutte le parti, il tuo sorriso. Io vidi in te una bambina così forte, ribelle, ostinata e impavida. Con il tempo sei sfiorita, ma sei sempre rimasta il fiore più bello dalle radici profonde. Eri a pezzi e insieme siamo riusciti a ricomporti. Le tue ferite non potevano essere curate se non dal tempo. Io ti ho dato tutta la mia pazienza, la mia comprensione, il mio appoggio, il mio ascolto e tutto l'ʹamore del mondo. Ti amo quando sei tra la gente, quando ti sento parlare lo svedese con quel tuo morbido accento, ti amo quando ti chiudi in te stessa e non mi lasci entrare, ti amo anche quando mi respingi, quando ridi, quando passeggi per le vie di Roma e con la mente viaggi nel tempo. Ti amo persino quando ti vedo raccogliere sassi e ordinarli dietro casa, ti amo quando giochi con il vento, quando entusiasta mi porti alla baia per mostrarmi le tue sculture. Amore mio, siamo tornati a ridere insieme, siamo tornati a guardare fuori nel mondo. Il tuo sguardo ora è così libero. Mi sembra di essere tornati bambini. Noi siamo imbattibili, noi siamo eterni. Siamo anime complici intrecciate fin dall'ʹinizio. Io voglio che tu sappia che io ti capisco, io ti ho sempre capita. 2
Tu lo sai, ovunque andremo, ci andremo insieme. Tuo, Franz GIULIA RACCAMPO Roma, 28 Dicembre 1944 Mio caro Franz, può sembrare strano che io ti scriva dopo tanto tempo, specialmente in questo periodo molto delicato. Per ora mi trovo nella camera di Claretta Petacci, quella donna viziata; mi chiedo come mai una persona come Benito Mussolini si sia innamorato di lei; sarà pure bella, ma è insopportabile: “Dora prendimi questo, Dora dove si trova il vestito”; quanto vorrei gridarle contro tutti i miei pensieri. Franz, vederti l’altra volta, dopo moltissimi anni, è stato un colpo improvviso, sono emersi tutti i sentimenti più profondi, tenuti sempre celati al tuo sguardo, coperto da quel ciuffo biondo. Ti ricordi il nostro primo incontro nell’ Estate del 1939? Io arrivavo da Roma per incontrare mio padre e la mia prima reazione vedendoti è stata: “ma come parla?”, mi misi a ridere e ricevetti quella terribile occhiata di rimprovero da parte di mio padre. Franz, era destino che ci rincontrassimo? Chissà se sapevano del nostro passato oppure è stato un semplice caso? E’ stato uno scherzo della sorte? Mi piacerebbe tanto fare qualcosa per materializzare i miei ricordi, non scrivendoli, ma realizzando qualcosa di più significativo, come dei sassi che insieme uniti facciano ricordare un fatto; questi, infatti, anche se statici, uniti possono sembrare vivi. Dovrei provarci, ma in questo clima non penso di farcela; c’è molta tensione per ora, non so se riuscirò a rimanere viva in questa storia. Quello che stiamo vivendo è un evento senza precedenti, vorrei che fosse soltanto un brutto sogno. Mi piacerebbe rivederci, parlare, ritornare in quel maso, che infondeva una grande tranquillità, ritornare ad essere quei ragazzi spensierati e avventati che, per le proprie idee e conoscenze, si influenzavano a vicenda e apparivano come due metà di un tutto. Non so se avrò il coraggio di mandarti questa lettera o se tu la leggerai mai. Non conosco i sentimenti che provi per me, ma ti ricordi quando ti dissi che mi sarei sacrificata per qualcosa di veramente importante? Quell'ʹoccasione è giunta e bisogna osare nella vita quando è il momento migliore, perché “del doman non c’è certezza”. Tua cara Dora Sophia Mangiacavallo Lettera per Dora Sommer 21 Juli 1989 Ultimo giorno a Roma Amore mio, mi soffermo a guardare i tuoi dolci occhi verdi, occhi di una donna fragile, ma allo stesso tempo forte. 3
Il tuo sguardo lo conosco bene: pieno di voglia di vivere mi ha affascinato dalla prima volta che ci siamo visti. Ti ringrazio di esserti finalmente aperta con me, nel tuo cuore si celava un segreto troppo pesante per permetterti di essere libera e come una farfalla poterti librare nel cielo. Non mimetizzarti più! E’ arrivato il momento di dimenticare il passato per poter tornare alla nostra vita a Torsholma e costruire insieme il nostro futuro, sasso dopo sasso. Ritorna a fiorire, fai risplendere la tua anima allegra e curiosa, come una volta. Dedico queste parole a te, Dora, meine Große liebe… per la bambina che eri e per la donna che è qui accanto a me. Ich werde dich immer lieben. Deine liebe , Franz. ADRIANA SOFIA Lettera da Dora a Franz Caro Franz, sono qui, accanto a te. Tu dormi. I secondi passano e trascinano nell’oblio lunghi attimi, attimi stracolmi d’amore. Nessun secondo mai è passato senza che io ti amassi da quell’estate del 1939. Ti scrivo perché il coraggio che non ho mai avuto per raccontarti tutto, continua a mancarmi. Davanti a te forse i miei occhi non sarebbero in grado di trattenere le lacrime. Sono passati quattro giorni dal nostro ritorno a Roma. Affrontare il passato, che per lungo tempo ho cercato di seppellire non è stato facile. Questa città ha risvegliato i fantasmi della mia storia, che non sono mai riuscita a distruggere. Il difficile rapporto con mio padre. La sua morte. Ho lasciato che ogni singola cosa mi facesse provare vergogna. Ancora adesso, ne provo. Inevitabile. Voleva soltanto proteggermi, ed io non gliene ho dato la possibilità. E di questo non mi sono potuta scusare e mai potrò.In questi anni, ho avuto tanta paura, Franz. Non volevo far diventare i miei problemi anche tuoi, volevo tenerti lontano senza farti sentire un estraneo nella mia vita, ma tu, prendendomi per mano mi hai accompagnata in questo cammino, senza esitare, fino al tramonto. Sono stata lunatica e così assente a volte, ma non ho mai smesso di sentirmi amata e non ho mai smesso di amarti. Tu c’eri. E questo era di fondamentale importanza. Ricordo la prima volta che ci incontrammo. Eravamo in sintonia. In qualche modo, sapevo che le nostre strade si sarebbero incrociate a tal punto da non dividersi più. Adesso, mi rimani solo tu. Siamo insieme. Tra passato, presente, futuro, lacrime, gioia. Ovunque andremo ci andremo insieme, ricordalo. Dora Laura Artale 4
Lettera di Franz a Dora BOLZANO, 23/01/2001 Cara Dora, In tutti questi anni passati insieme non ti ho mai detto realmente cosa ho provato per te e ora, durante la mia vecchiaia, in cui i ricordi riaffiorano, sento il bisogno di scriverti due righe con le ultime forze che mi rimangono. Sin dalla prima volta che ti ho vista mi hai subito colpito con quella tua voglia di vivere ed esplorare la natura con le lunghe e interminabili passeggiate nel bosco alla ricerca di sassi da poter mettere insieme per comporre, rappresentando figure umane, un po'ʹ della tua vita. Il tuo essere così sveglia, spontanea, curiosa, lunatica e anche a volte ribelle mi ha sempre di più affascinato; ho visto nei tuoi begli occhi verdi una luce che mi ha coinvolto mentalmente a tal punto da farmi innamorare di te. Nonostante la mia timidezza che spesso mi impediva di relazionarmi con le altre ragazzine, la tua spontaneità mi ha aiutato ad aprirmi nei tuoi confronti. Il tuo sguardo ipnotico ha catturato la mia attenzione e ti ha permesso di far parte della mia vita; quella vita un po'ʹ vuota prima di aver conosciuto te. Avevo solo mia madre, niente amici; tu mi hai arricchito,mi hai fatto sentire importante quando mi sentivo solo e di questo non smetterò mai di ringraziarti Al di là di lingue e culture diverse, c'ʹera qualcosa che univa la nostra ingenuità adolescenziale, la quale ci portava a scherzare e discutere del più e del meno e soprattutto ci portava a litigare raramente e ad essere molto vicini, ma mai così vicini che l'ʹaltro avesse la sensazione di non poter più avere alcuno spazio per sè. Ho voluto ascoltarti quando mi sommergevi di storie emozionanti, starti accanto anche quando perdevi la pazienza, sostenerti quando ne avevi il bisogno, abbracciarti quando sentivi freddo, quel freddo interiore che hai sei sempre portato dentro di te e che ti opprimeva. Per rispetto dell'ʹamore che provavo per te accettavo i tuoi sbalzi d'ʹumore quando diventavi apatica, scostante, rispondendo in modo aggressivo; nonostante questo mi piacevi ancora perchè mi rendevo conto di aver trovato una ragazza con mille sfaccettature Ammiravo la tua determinazione a seguire il tuo idolo Mussolini, nonostante avessi il padre contro, e seguire la tua passione per i sassi, quella passione che ti ha fatto continuare a vivere. Avevi una grande dote, cara Dora: il coraggio, quello che a me manca e mi impedisce di esternare i miei sentimenti; per questo ho deciso di scriverti, che forse mi riesce meglio. Grazie ancora di tutto l'ʹamore che mi hai dato! IL TUO FRANZ Giuseppe D’ARPA Lettera di Franz a Dora 5
Mia dolce Dora, sono trascorsi fin troppi anni da quando i miei occhi così innocenti da ragazzino, non incontrano i tuoi. Lucenti smeraldi verdi incastonati in fragili fessure, coperte da morbidi boccoli neri. Eppure quelle rare pietre preziose custodiscono al loro interno un enigma così arduo da risolvere, da incutere timore al più audace degli avventurieri. Oh mia dolce Dora. Il passato premeva nei nostri giovani cuori. E noi cosa fare? Appena ventenni, catapultati in un sistema discriminatorio, inaccettabile, non nostro. La tua espressione tanto amareggiata quanto sconfitta dalle circostanze, riemerge ancora nella mia mente. La figura invincibile del tuo Duce era svanita, e con essa la dittatura fascista. Non erano uomini, mia dolce Dora. I veri uomini non uccidono gli altri uomini. Le bestie uccidono le altre bestie per sopravvivere. L’uomo uccide un suo simile per sete e fame di potere. E questo, l’hai imparato dai lividi ricevuti nella tua pelle, dalle violenze subite, dal trauma di tuo padre. La sua morte ti consumò l’anima, il senso di colpa il cuore. Ma quale senso di colpa, mia dolce Dora? Eri semplicemente una ragazzina che seguiva la sua filosofia di vita. Chi può giudicare? Nessuno. L’amore per il tuo Duce era fonte di litigio con tuo padre. Me lo ricordo bene il signor Armando con la sua Sicilia. Nonostante le avversità, riusciva a trasformare rabbia, frustrazione e malinconia in colori inspiegabilmente accesi. Colori vivi, come i tuoi sassi. “Questa è la mia bedda Sicilia” diceva. E poi, tu piansi. Piansi di quelle lacrime amare. “ Ho fallito Frank, sono persa…persa!” continuavi ad urlarmi contro. Arianna Bazzano Roma 16 maggio 1988 Caro Franz, beh, da dove iniziare? Finalmente questo pomeriggio ho trovato il coraggio di scrivere una lettera per dirti ciò che a parole non sono in grado di fare. Ho deciso che ti racconterò il motivo del mio più grande rimorso: un errore che non potrò mai perdonarmi. Come ben sai da ragazzina ero innamorata di Mussolini, l'ʹuomo che definivo “Il Mio Duce”; mio padre non condivideva il mio modo di pensare e ha sempre tentato di farmi comprendere ciò che io, essendo ancora troppo ingenua ed immatura, non capivo. Per moltissimi anni, mi sono sentita soffocata e accerchiata da lui fino a quando, a diciotto anni, decisi di partire per il servizio ausiliario femminile e lo abbandonai. Quel giorno feci l'ʹerrore più grande della mia vita. Poco prima della fine della guerra, un nostro amico di famiglia mi aveva comunicato che mio padre era stato fatto prigioniero dalla Gestapo ed era stato fucilato. Ti rendi conto che io non ho mai detto a mio padre “ti voglio bene papà”? Lui, che mi ha amato solo come un padre può amare un figlio. Lui, che ha cercato di farmi aprire gli occhi. Lui, che ha consumato tutte le sue forze per educare una figlia così testarda. Lui, che per me avrebbe dato tutta la vita. 6
Franz, io ho sempre considerato quest'ʹuomo un pazzo, un debole, colui che ha sempre voluto proteggermi invece di lasciarmi crescere e non mi ha mai permesso di vivere la mia vita. Adesso mi rendo conto del grandissimo errore che ho compiuto: ora e per sempre mi pentirò di non avere mai detto a mio padre quanto lo amassi. Se adesso sono così, è solo grazie a lui che, nonostante tutti i litigi, nonostante avessimo pensieri opposti, mi è sempre stato vicino ed è stato la mia roccia, la mia famiglia, il mio tutto. Ora che conosci il motivo per cui mi sono sentita ingannata dalla vita, spero che tu capisca e possa perdonarmi per averti tenuto nascosto questo fatto per tutto questo tempo. Tu sei tutto ciò che mi rimane, l'ʹunico regalo che la vita mi abbia mai fatto. Qualsiasi posto insieme a te è sempre casa. Ti amo Franz Tua Dora FRANCESCA SCOZZARI Mia amata Dora, tu ormai non ci sei più e non leggerai questa mia lettera, ma sento il bisogno di dirti tante cose che non ti ho mai detto perché rispettavo i tuoi lunghi silenzi e i tuoi dolori che intuivo, ma non comprendevo. Solo alla fine della nostra lunga vita insieme tanti misteri mi si sono svelati. Che immenso dolore! Mi sento afflitto per quello che ti è successo: la morte di tuo padre, il tuo mito disilluso per Mussolini e la violenza subita da parte di quegli uomini così brutali...se solo me ne avessi parlato prima! Amore voglio dirti, anche se in fondo l’hai sempre saputo, che io, anche nei momenti più bui, ero al tuo fianco, pronto a sorreggerti se mai fossi caduta. Tra me e te c’è sempre stato un tacito patto: lasciare all’altro il suo spazio quando sembrava opportuno, ed io non l’ho mai infranto. Quando mi hai spiegato perché eri tanto inquieta, sono rimasto basito, non immaginavo motivi così terribili. Ti sei addossata la responsabilità della morte di tuo padre e ti sei colpevolizzata anche per la violenza patita, ma sei stata ingiusta con te stessa. Tuo padre ti amava profondamente ed io so per certo che, la mattina in cui partisti, lui non era arrabbiato con te; infatti, da uomo saggio qual era, sapeva che non avrebbe potuto averti per sé tutta la vita: volere la felicità di chi si ama significa anche lasciare l’altro libero di percorrere la strada che ha scelto. Lui, inoltre, era consapevole dei rischi cui si era esposto quando aveva scelto da che parte stare e, forse, aveva immaginato che, prima o poi, sarebbe morto per mano di un tedesco; la sua onestà intellettuale e la sua coscienza, però, gli avrebbero impedito di agire diversamente. Tu, col tempo, hai dimostrato di essere forte come lui e ne hai imitato l’esempio: hai seguito sempre i tuoi sogni e non hai permesso alla brutalità e alla violenza di uccidere la tua voglia di vivere. Mi conforta il pensiero che negli ultimi tempi eri tornata ad essere solare come quella ragazzina vitale che avevo conosciuto tra le mie montagne, in quello sperduto villaggio: questa è la donna di cui mi sono innamorato e che amerò per sempre. Conserva anche lassù quella luce che ti faceva splendere dal profondo e aspettami per venirmi incontro con il tuo sorriso e quella luce magnetica dei tuoi splendidi occhi verde oliva. 7
Con immenso amore Il tuo Franz GABRIELLA GROSSO Lettera di Dora a Franz Roma, 28 ottobre 1981 Caro Franz, ormai non siamo più giovani come un tempo, le cose sono molto cambiate da allora, da quando a quattordici anni giocavamo liberi nei dintorni del maso. Sono passati tanti anni e questi ci sono serviti a raccogliere quei ricordi che tutt'ʹora risiedono in noi. Sei stato quella persona che invece di farmi affondare mi ha accompagnato nei momenti bui e mi ha mostrato un bagliore di luce,una porta aperta in mezzo a tante chiuse... Sei stato la prima persona in cui credere dopo la morte del Duce, il mio mentore,ucciso con così poca pietà da aver reso quegli uomini simili a coloro che stavano combattendo per poi umiliarlo davanti a chi come me credeva in lui, ma quel dolore che non andrà mai via è la perdita del padre con il quale, dopo tanti anni, il mio unico rimpianto è non aver avuto la possibilità di salutarlo un'ʹultima volta . Dopo la loro morte pensavo non mi sarei più ripresa; ancora oggi non riesco a dimenticare quei bruttissimi giorni in cui non ebbi pace, ricordo quel dolore fortissimo di cui ti ho parlato e che ha lasciato del freddo nel mio cuore. In tutto questo tempo non mi sono dimostrata come la gioiosa e curiosa ragazza che incontrasti e della quale ti innamorasti, quando ancora potevamo correre senza dolori alla schiena; ammetto di essere stata un libro chiuso, ma fortunatamente tra noi c'ʹè sempre stata un'ʹintesa speciale. Ho provato a mettere ordine tra i miei ricordi e sentimenti, li in quella baia finlandese, ogni mese dell'ʹanno, alle prime luci dell'ʹalba, con il sole o la pioggia, in cerca dei sassi che avrebbero reso vive le mie opere. Non ti ho dimostrato l'ʹamore che meriti per aver salvato quella che oggi è la nostra vita. Ma solo ora mi accorgo che tu sei l'ʹultima scultura da completare, quella per riordinare finalmente il mio caos. Franz, sei la persona più importante e ora, lasciandomi il passato alle spalle posso dire: “ovunque andremo, ci andremo insieme” sempre... La tua Dora ANDREA LUPARELLI ALBION 8
Lettera di Franz a Dora Cara Dora, mi manchi molto. Non riesco a togliermi dalla testa tutte le nostre avventure, tutte le nostre giornate colme di sentimenti, a volte amore, a volte angoscia, a volte paura. Mi piaceva vederti giocare col vento, vederti stare tra la gente, vederti sfogare la tua fantasia su quei sassi a cui davi una vita, come quella di tuo padre Armando. Eppure eravamo così diversi. Hai profondamente cambiato il mio modo di vedere la vita. Che periodaccio ci è capitato di affrontare... A volte mi chiedo perché il destino ci abbia fatto incontrare proprio durante quei freddi e duri anni di guerra. Ricordo ancora dello shock che provai scoprendo del tuo lavoro con la Petacci, o di quelle giornate a Roma dove riscoprivi la tua infanzia. Quanto vorrei poter tornare indietro e rivivere quei momenti, soltanto per riaverti accanto, per sentire di nuovo la tua voce che mi conforta. Adesso di te mi è rimasto solamente il ricordo, spero possa ricordare anche tu quei momenti che hanno lasciato in me qualcosa di indescrivibile e che mi porterò per sempre. Spero che anche tu sia riuscita a portarti dietro qualcosa dei nostri giorni che ancora vive in te. Ci rincontreremo? Lo lascerò decidere al tempo. Per il momento, l'ʹ unica cosa certa che posso prometterti è che non mi dimenticherò mai di te. Tuo per sempre, Franz FRANCESCO PELLERITO Torsholma. 23 maggio l999 Cara Dora, mi ricordo ancora la prima volta in cui ci siamo incontrati quell'ʹestate del 1930, in cui correvi spensierata per i prati, agile e veloce. giocavi con il tuo vento e lo consideravi un tuo amico, filrse il piu fidato. Ormai abbiamo una certa età, ma nonostante cio sei ancora attiva e bella e la tua voglia di vivere ò ritornata piu forte che mai. Forse ti chiederai perche non ti ho lasciata quando ho conosciuto il tuo terribile passato; non lo so neanche io, ma sono sicuro che c'ʹè un legame fra noi due, che si è rafforzato sempre di più dopo la morte di Mussolini. Appena ti guardo il mio mondo smette di esistere per far spazio ad una costruzione di sassi più grande e piu significativa, quella che ci rappresenta ora felici e spensierati e che non si logorerà mai. Dora. io ti ho sempre ammirata fin dal momento in cui ci siamo conosciuti quando, fèlice, parlavi del Duce, del suo coraggio e della sua forza. Dopo quel momento ti ho conosciuta sempre di più. Trasformando la mia ammirazione in amore. Oggi, giorno del tuo settantacinquesimo compleanno, ti amo più di prima : sono felice di aver intrapreso con te questa sfida tanto pericolosa e misteriosa quanto insicura. Non ricordo una sensazione più bella di quando ti ho vista dopo anni a casa di Clara Petacci; quasi non mi sembrava vero averti ritrovata, anche se non potendo 9
stringerti tra le mie braccia. Ti amo e ti amerò per sempre e guardando i tuoi occhi liberi finalmente dalla paura non posso che esserne sempre più sicuro. TOTI M. GERACI Franz, non voglio che tu venga a parlarmi dopo aver scritto questa lettera, dicendomi che non c'ʹera bisogno di scriverla o facendomi altre domande. Tu leggila e fai finta che non l'ʹabbia mai scritta. Ti sto, per l'ʹultima volta spero, ossessionando con me e col mio passato, con le mie emozioni e con i miei stati d'ʹanimo, foglie di un albero che ciclicamente cadono senza far rumore e vengono rimpiazzate da altre. Ti scrivo perché non ho il coraggio di parlarti e riaffrontare ancora una volta il mio passato, che ancora mi tormenta, ma non voglio dilungarmi troppo. Voglio chiederti scusa per tutte le volte in cui ti ho risposto male, mi sono indisposta, per tutte quelle volte che invano mi hai inseguito nella penombra del bosco, in cui cercavo di rifugiarsi con il peso delle colpe di cui tu non sapevi nulla. Sì, perché la morte di mio padre ha lasciato in me un vuoto che non riuscirò mai a colmare, le mie ultime parole verso di lui sono state irriconoscenti: lui mi amava come nessuno al mondo, è stato la guida della mia vita, e io ancora adesso non riesco a immaginare la grandezza del dolore che gli ho provocato. Non me lo sono mai perdonata Franz, e mai ci riuscirò. Quando è morto avevo solo lui, anche se lontano, e ho pensato che sarei rimasta sola; ho pianto, sommessa, per giorni. Invece sei riapparso tu, come dal nulla, quel giorno a pranzo dalla Petacci; tu che hai dato speranza alla mia vita, che mi hai sopportato per quello che sono e mi hai aiutato sempre. Per questo ti ringrazio Franz, è grazie a te se adesso ho una nuova vita qui a Torsholma. Proprio questo posto è il simbolo del nostro presente e del nostro futuro; questo luogo ormai ci appartiene e noi apparteniamo ad esso. Grazie alle statue della baia esso ci ricorda anche il nostro passato, con le figure che ci hanno segnato la vita. Non ce n'ʹè una però che ci rappresenti, voglio farla: lì quei sassi ricorderanno la nostra esistenza; la ricorderanno al vento con cui io giocavo e con cui ho condiviso le mie fughe con i miei sentimenti. Lui soffierà in eterno su quei sassi, su questo nostro amore; non ci dimenticherà mai. GIULIA PIA LI CANDRO Caro Franz, questa lettera nasce dalla voglia di dirti tante cose… tutti i giorni mi tormento di questa cosa, ma ora è venuto il momento. Ancora ricordo quando nel 1939 tu e tua madre avete accolto mio padre in casa vostra nonostante le voci che giravano nel paese voi ci siete stati accanto e da lì tutto è iniziato abbiamo subito fatto amicizia, ricordi?. Ho pensato molto a quanto scriverti e a cosa scriverti sperando che tu capisca; voglio che questa lettera sia unica per te e soprattutto voglio che sia vera come lo è stato il nostro rapporto nonostante gli alti e bassi. Franz tu per me sei tutto; mi hai aiutato a superare i momenti difficili con mio padre e non scorderò mai quei brividi che ho provato durante i nostri viaggi e le sere passate insieme a 10
te in silenzio; ricorderò sempre la tua delicatezza nel parlare di mio padre; non sono molto brava a scrivere ma tu sei la persona che mi fa sorridere nei momenti difficili e che mi fa rialzare come quando mi hanno massacrata perché stavo dalla parte di Mussolini e della Signora Petacci, sei la persona che mi fa andare avanti verso il mio cammino infinito anche se penso che senza di te non raggiungerò il mio traguardo di felicità. Il tempo sta passando e ho paura che cancelli tutto.. paura ma forse anche bisogno, perché solo io e te sappiamo i momenti difficili che abbiamo attraversato ma allo stesso tempo conosciamo i nostri momenti tranquilli e felici. In questi giorni ho pensato molto e sono arrivata ad una conclusione.. la soluzione è mettersi accanto qualcuno, qualcuno che ti completi, che ti capisca e che sappia accettarti. Scrivo questa lettera e, non so perché, forse sono un po’ disperata e in imbarazzo ma avevo bisogno di farti capire quello che sentivo dentro. 11