Lettera V ginnasiale D_Prof Pintacuda

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Lettera V ginnasiale D_Prof Pintacuda
Gen$le professor Pintacuda, cari ragazzi della V D!
Vorrei ringraziarvi di cuore per le bellissime le<ere che avete scri<e, le<ere di Dora a Franz o di Franz a Dora. Che idea meravigliosa il vostro proge<o! -­‐ nella classica tradizione del romanzo epistolare; vorrei solo ricordarvi “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang von Goethe: le<ere di aman$ che non si possono vedere di persona e che sono separa$ per lunghi periodi. Anche Dora e Franz dopo il primo incontro restano separa$ per un bel po’ prima di rincontrarsi. E pure nella loro vita comune rimangono in qualche modo distan$ l’uno dall’altra, più in un modo interiore che esteriore. Perché Dora non riesce a condividere il suo trauma più profondo proprio con la persona che le sta più a cuore. Forse conoscete anche voi questa esperienza: per $more di essere respin$, di fallire non si può parlare, non si riesce ad aprirsi proprio alle persone più amate. Perché se loro $ respingessero, il trauma si ripeterebbe …
Le le<ere perciò rappresentano una possibilità di esprimere i propri sen$men$, di rivolgersi all’altro che fisicamente è assente ma for$ssimamente presente nell’anima e nel cuore di colui o colei che scrive. Come seconda cosa vorrei dirvi che sono felicissima e vi sono grata, perchè avete accolto il so<otesto emo$vo del mio romanzo. Vis$ superficialmente, i miei protagonis$ possono dare l’impressione di essere introversi, luna$ci, ma dentro di loro arde un fuoco, il fuoco della vita stessa che però minaccia di bruciarli. E voi avete compreso questo fuoco, questa energia vitale – sarà perché c’è anche in voi! Voi avete “riconosciuto” Dora e Franz, e riconoscersi negli an$chi tes$, forse il vostro professore ve lo avrà già spiegato, può essere un sinonimo di “amarsi”. Avendo guardato nelle loro anime avete stabilito un rapporto di comprensione, si, forse di amore, con loro, così come ho fa<o io durante la fase della stesura del romanzo. In ognuna delle vostre le<ere ho trovato idee oppure singole frasi che mi hanno impressionato e affascinato mol$ssimo, che mi hanno fa<o comprendere che un testo vive dei suoi le<ori, e che sono i le<ori a con$nuare il romanzo. Mi è piaciuto tan$ssimo che avete scelto diversi periodi, andando perfino oltre la vita e la morte. La metafora dei sassi, delle radici che collegano ognuno di noi con il proprio passato ma anche con la terra su cui viviamo; mi ha intenerito Dora che sta seduta vicino a Franz dormiente, e solo allora riesce a parlargli; Dora che già a Salò porta in sé l’idea di materializzare il suo dolore, Franz che per lei è l’ul$ma scultura (che forse non riuscirà mai a completare…). L’amore di Armando per la sua terra, per la vostra terra, la vostra bedda Sicilia … E poi il rapporto tra Dora e suo padre: con quanta comprensione vi siete immersi in questo confli<o! Avete trovato parole di conforto e di consolazione per Dora, le avete tolto la paura dell’oscurità.
In ogni singolo testo ho potuto leggere la vostra forte fiducia nel sen$mento dell’amore, nelle sue potenzialità. Ho potuto leggere la vostra convinzione – che è anche la mia – che l’amore nelle sue migliaia di sfumature, l’amore come caritas, come eros, come agapé, può rimuovere e dissolvere, “smarginare” le restrizioni e costrizioni della vita. Nessun testo è mai finito, ogni testo si riferisce ad altri. E i vostri tes$ sono un per me commovente esempio di come la le<eratura possa tramandarsi da una persona ad altre.
Grazie ancora a tu_ voi!
Anna Ro<ensteiner
Innsbruck, 21.02.2017