Asilo e dignità - Libertà Civili

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Asilo e dignità - Libertà Civili
libertàcivili
BIMESTRALE
DI STUDI
E DOCUMENTAZIONE
SUI TEMI
DELL’IMMIGRAZIONE
Primo Piano /
Asilo e dignità
In questo numero interventi di:
Daniela Di Capua
Filippo Grandi
Christopher Hein
Laurens Jolles
Francesco Margiotta Broglio
Nadan Petrovic
Sandra Sarti
Rosetta Scotto Lavina
libertàcivili
6/12
BIMESTRALE
DI STUDI
E DOCUMENTAZIONE
SUI TEMI
DELL’IMMIGRAZIONE
libertàcivili
Primo Piano /
Asilo e dignità
In questo numero interventi di:
Daniela Di Capua
Francesco Margiotta Broglio
Filippo Grandi
Nadan Petrovic
Christopher Hein
Sandra Sarti
Laurens Jolles
Rosetta Scotto Lavina
libertàcivili
Rivista bimestrale del dipartimento
per le Libertà civili e l’Immigrazione
del ministero dell’Interno
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tel. 06 4 6 5 2 5 8 6 9
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generale - Università cattolica
del Sacro Cuore - Milano
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internazionali
Comunità di Sant’Egidio
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Professore emerito, già ordinario
di Demografia - “Sapienza”
università di Roma
libertàcivili
Stampa
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Via Tiburtina Valeria km 18,300
00012 Guidonia-Montecelio Roma
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Responsabile ufficio
comunicazione istituzionale
del ministero dell’Interno
Anno III
Sesto bimestre 2012
finito di stampare marzo 2013
Giuseppe Roma
Direttore generale CENSIS
BIMESTRALE
DI STUDI
E DOCUMENTAZIONE
SUI TEMI
DELL’IMMIGRAZIONE
2
Riccardo Compagnucci
Prefetto - vice capo dipartimento
vicario per le Libertà civili
e l’Immigrazione
Angelo Malandrino
Prefetto - Autorità responsabile
del “Fondo europeo
per l’integrazione di cittadini
di Paesi terzi” 2007- 2013
Mario Morcellini
Preside della facoltà di Scienze
della comunicazione - “Sapienza”
università di Roma
2 0 12 novembre - dicembre
Direttore editoriale
Angela Pria
Prefetto - capo dipartimento
per le Libertà civili
e l’Immigrazione
Direttore responsabile
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Redazione
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Claudia Svampa
Responsabile organizzativo
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n. 579 del 18.12.2009
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(conv. in L. 27.02.2004 n.46)
art.1, comma 1 DCB Milano
Copyright © 2 011
by Ministero dell’Interno
Editoriale
Una scelta che combatte la violenza con la giustizia
5
L’intervento
Una battaglia quotidiana di civiltà, accanto ai rifugiati palestinesi
Primo Piano
Intervista a Filippo Grandi
7
Indice
di Angela Pria
Quel diritto antico quanto l’uomo
di Sandra Sarti
15
Il dibattito sull’accoglienza: riflessioni e futuro
di Rosetta Scotto Lavina
26
Verso la modifica del Regolamento Dublino
di Antonella Dinacci
33
Lo Sprar, il possibile nucleo centrale
del futuro sistema unico d’asilo
di Daniela Di Capua
42
Crotone-Italia: l’esperienza sul campo
delle commissioni territoriali
di Fabrizio Gallo
47
L’informatica al servizio della protezione internazionale
di Alessandra Camporota
57
Rendere effettivo il diritto al lavoro dei rifugiati
di Christopher Hein
66
L’alfabeto delle donne con le ali
di Claudia Svampa
72
L’improrogabile riforma del sistema d’asilo
di Laurens Jolles
83
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
di Nadan Petrovic
89
I progetti Nautilus e la fotografia dei richiedenti asilo
di Valeria Lai
98
Per costruire un ponte fra l’Europa e il mondo arabo
106
La ricerca
La mobilità in Emilia-Romagna fra emigrazione,
immigrazione e turismo
di Centro studi e ricerche Idos (a cura di Franco Pittau)
112
Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità
religiose e culturali
di Francesco Margiotta Broglio
120
Buon esempio
Gli ingredienti per vivere insieme
di Maria Grazia Profeta
131
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Le Rubriche
di Paolo Iafrate
3
Imaginarium
Documentazione
e Statistiche
libertàcivili
Indice
Se Bollywood sbarca in Italia
4
2 0 12 novembre - dicembre
di Valeria Bordi
137
Sullo scaffale
14 3
I risultati della procedura di emersione 2012
dei rapporti di lavoro irregolari dei cittadini stranieri
14 8
di Angela Pria
Editoriale
Una scelta che combatte
la violenza con la giustizia
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
L
a tragedia rappresenta uno degli apporti più importanti
che la Grecia ha fornito alla civiltà europea. Fenomeno
al contempo religioso, politico e culturale essa consentì
l’elaborazione di nuove metodologie d’indagine su quello che
potremmo definire un classico fra i classici dei problemi, ovvero
sulla “drammaticità della condizione umana”, legata com’è
ai capricci di un cieco destino e all’incapacità dell’uomo
di spiegare a se stesso il significato e la funzione che il dolore
ha nella vita di tutti i giorni.
Uno dei topos più ricorrenti in questo genere letterario è proprio
quello della condizione dell’esule, doppiamente tragica
per l’abbandono forzato della propria Patria e per la diffidente
accoglienza riservatagli nella nuova terra di approdo. È questo
un tema che si ritrova nei Supplici di Eschilo, nell’Edipo a Colono
di Sofocle e nelle Eraclidi di Euripide.
In quest’ultima opera il signore di Atene, figlio del nobile Teseo,
è posto dinnanzi a una tragica scelta: dare asilo a Iolao e ai figli
di Eracle, fuggiti da Argo dove è stata per loro decisa una condanna
a morte, e accettare così di esporre Atene al rischio di una guerra
con quella città, oppure consegnare i fuggitivi nelle mani
dei loro persecutori. E Demofonte sceglie di dare asilo, anche a costo
di affrontare una guerra dolorosa.
C’è un piccolo brano, affidato al Coro, che mette in evidenza
i valori sui quali poggia tale scelta: “Spesso evento ripete evento.
Dicono che Atena abbia protetto il padre di questi supplici
e ora la sua città e il suo popolo li hanno salvati. Hanno fermato
la brutalità di un uomo che anteponeva violenza a giustizia.
Mi auguro di non conoscere mai né arroganza né eccessi”.
Le parole che spiccano in questi versi sono due e sono in netto
reciproco contrasto: dìkas (giustizia) e bìaios (violenza).
Sono parole che hanno oltrepassato i secoli, giungendo fino a noi,
popoli post moderni, per ricordarci che il riconoscere
il diritto d’asilo, a chi fugge da una minaccia alla propria vita
5
Una scelta che combatte la violenza con la giustizia
libertàcivili
Editoriale
e alla propria libertà, rappresenta sempre la scelta d’impedire
che la violenza sia anteposta alla giustizia.
Una scelta, questa, che precede il diritto formalizzato nelle
Costituzioni contemporanee, perché affonda le sue radici nell’anima
della civiltà europea.
In altri termini se, per assurdo, l’Italia non garantisse il diritto
d’asilo, non già solo violerebbe la propria Costituzione,
ma negherebbe se stessa e la propria storia.
Una storia dove sono evidenti le linee di una trama che dalla Roma
antica, cosmopolita e ospitale verso gli stranieri,
e da quella cristiana risale sino all’umanesimo, al periodo dei lumi,
a quello del liberalismo e, dopo la seconda guerra mondiale,
alla democrazia social-liberale; epoche in cui il valore ellenico
della dìke è stato coltivato e trasmesso nel pensiero e nell’azione.
Ma l’Italia ha un doppio dovere morale di ospitalità, soprattutto
verso chi è in fuga da una vita di persecuzione,
essendo stati anche gli italiani, lo si è ricordato ampiamente
in occasione dei festeggiamenti per il centocinquantesimo
dell’unità nazionale, a loro volta immigrati in terre lontane,
dove hanno conosciuto, prima del riscatto, l’umiliazione, la fatica
e il dolore per la lontananza dalla casa natia.
L’Italia deve essere come Teseo, grande sovrano della mitica Atene,
che accoglie Edipo a Colono con queste parole: “Le tue vesti,
lo squallore del tuo volto mi dicono chi sei, ed è con un senso
di viva compassione che vorrei domandarti, o sventurato Edipo,
perché sei venuto qua, per rivolgere quale supplica (…) a me
e alla città. Dovresti propormi una richiesta inaudita perché
mi tirassi indietro. Non ho dimenticato di essere stato, nella mia
fanciullezza, esule come te e di aver affrontato come nessun altro,
e a rischio della vita, ogni sorta di cimenti in terra straniera.
Perciò non posso esimermi dal soccorrere uno straniero, quale ora
sei tu; e del resto so bene di non essere che un uomo: non c’è attimo
del domani che appartenga più a me che a te”.
Ecco, ogni volta che riconosciamo il diritto d’asilo a uno sventurato
affermiamo, come atto di giustizia, che il suo domani è uguale
al nostro, che i suoi futuri attimi di vita hanno pari dignità
dei nostri.
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2 0 12 novembre - dicembre
L’intervento
Una battaglia quotidiana
di civiltà, accanto
ai rifugiati palestinesi
A colloquio con Filippo Grandi,
dal 2010 Commissario generale dell’Unrwa,
l’agenzia Onu che fornisce assistenza umanitaria,
servizi e opportunità di lavoro ai profughi
della Palestina in Medio Oriente
Intervista a cura di Stefania Nasso e Giuseppe Sangiorgi
Commissario Grandi, lei ha un’esperienza di oltre 25 anni
nel settore dell’assistenza e del soccorso umanitario. Come
è cambiata la situazione e la percezione che si ha di questo
problema rispetto a quando lei ha iniziato la sua esperienza
di lavoro?
In svariati modi ovviamente. Dirò una banalità ma mi sembra
importante ribadirlo: le questioni umanitarie e dei rifugiati
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
L’assistenza ai rifugiati che si trovano a vivere le condizioni
più disperate, come i profughi palestinesi sparsi nei Paesi del
Medio Oriente, è la frontiera su cui si misura l’avanzamento
del livello di civiltà del mondo intero e delle sue espressioni
organizzate in singoli Paesi e in organizzazioni internazionali. È dunque un legittimo
L’assistenza ai rifugiati
orgoglio sapere che, a combattere su questo
che vivono nelle condizioni
fronte, c’è un italiano che, con il cuore e
più disperate è la frontiera
l’intelligenza che contraddistingue la parte
su cui si misura l’avanzamento migliore del nostro popolo, partecipa quodel livello di civiltà del mondo, tidianamente a questa battaglia di civiltà.
Filippo Grandi, 55 anni, guida dal 2010,
dei singoli Paesi e delle
nel ruolo di Commissario generale, l’Unrwa
organizzazioni internazionali
(United Nations Relief and Works Agency
for Palestine refugees), l’agenzia Onu che
fornisce assistenza umanitaria, servizi essenziali e opportunità di lavoro a 4,6 milioni di profughi della Palestina in
Giordania, Libano, Siria, nella Striscia di Gaza e nella
Cisgiordania.
7
L’intervento
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
sono diventate molto più complesse negli ultimi 25-30 anni,
da quando me ne occupo. Per svariati motivi. Quando ho
cominciato, all’inizio degli anni Ottanta, eravamo ancora in
Guerra fredda, un contesto geopolitico completamente diverso.
Poi la natura dei conflitti è cambiata; da quelli tra blocchi si è
passati a conflitti interni che, per loro natura, purtroppo generano
molto più facilmente movimenti involontari di popolazione.
Il secondo cambiamento sostanziale sta nel fatto che i
movimenti di popolazione, soprattutto quando si tratta di flussi
migratori o di rifugiati in Paesi industrializzati – ma non solo –
sono diventati molto più politicizzati. Questo è anche un risultato
della necessità dei governi di dar conto al loro elettorato, di
dover tener conto del “pericolo dell’altro
che arriva”. Questo è un tema elettorale
La questioni umanitarie
molto sensibile in Europa, che condiziona i
e dei rifugiati sono cambiate
governi. Un aspetto, questo, che 25 anni fa era
negli ultimi 30 anni: i conflitti
meno rilevante, un po’ perché c’erano meno
sono perlopiù interni ai Paesi, flussi e un po’ perché erano probabilmente
i flussi più politicizzati
diverse le dinamiche politiche. Ma questo non
è solo un fenomeno del Nord. Vi racconto un
ed è aumentato il numero
piccolo
aneddoto. Julius Nyerere 1 il famoso
degli attori in campo
presidente tanzaniano grande leader africano
degli anni Sessanta e Settanta, che io visitai
quando era già molto anziano ormai ritirato dalla vita politica,
ci disse: quando io ero dittatore in Tanzania potevo accettare
qualsiasi numero di rifugiati, tanto decidevo io e nessuno
poteva obiettare. Quando è venuta la democrazia è diventato
molto più complicato. Capisce? È paradossale. Questo mi
sembra un grande cambiamento.
Il terzo cambiamento è nel numero degli attori: quando ero
molto giovane c’erano molte meno organizzazioni implicate nelle
situazioni di emergenza. Oggi tra Nazioni Unite, Croce Rossa,
interventi bilaterali, eserciti, organizzazioni non governative,
organizzazioni locali, è diventato complesso il coordinamento
dell’attività umanitaria. Questo certo porta più risorse, ma
dall’altro lato rende più complicato il lavoro.
libertàcivili
L’agenzia delle Nazioni Unite che lei dirige, la Unrwa
(United Nations Relief and Works Agency for Palestina
8
1
Julius Kambarage Nyerere stato un insegnante, economista e politico tanzaniano,
Presidente della Tanzania, e precedentemente del Tanganika, dalla fondazione del
Paese nel 19 6 4 fino al suo ritiro nel 19 8 5
2 0 12 novembre - dicembre
Refugees) si basa su un modello operativo valido solo per i
rifugiati palestinesi, o questo può essere utilizzato anche per
altre situazioni di crisi?
Il modello operativo dell’Unrwa è unico nel suo genere e ha
radici storiche e politiche molte profonde; fu stabilito prima
ancora che le Nazioni Unite creassero l’Alto commissariato
per i rifugiati, ed è relativo solo alla popolazione palestinese.
È un modello che praticamente si sostituisce agli Stati nel
fornire servizi a una popolazione di rifugiati.
Io credo che sia abbastanza straordinario e difficile da
replicare al giorno d’oggi, visti i costi e le dinamiche delle
situazioni dei rifugiati. Però ci sono molti elementi di questo
modello, soprattutto il fatto che noi lavoriamo con le comunità,
che possono dare molti spunti.
L’intervento
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
libertàcivili
Si può dire che le condizioni dei rifugiati palestinesi,
per i tanti decenni dai quali questa condizione esiste, sono
un paradigma generale riguardo alle vittime delle tante persecuzioni esistenti: politiche, ma anche religiose e razziali?
Io credo che in un certo senso sì, anche se ogni caso è
diverso dall’altro. Tutte le situazioni di rifugiati sono l’espressione
di un fallimento politico e in questo senso non c’è fallimento
più grande per la comunità internazionale di non essere riuscita
2 0 12 novembre - dicembre
9
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
L’intervento
a risolvere il conflitto arabo-israeliano e la questione dei rifugiati
palestinesi ad esso intimamente connessa: se non si risolve il
conflitto non si risolve la questione dei rifugiati palestinesi. E in
questo senso essa è un mega-paradigma di tutte le situazioni
dei rifugiati, perché la questione è vecchia di settant’anni,
quindi molto grave.
Nelle grandi aree di crisi africane e mediorientali quali
sono oggi le situazioni più esplosive dal punto di vista del
mancato rispetto dei diritti umani?
Io credo che oggi nel Medio Oriente – inteso in senso
allargato – ci sia esplosa fra le mani una lunga e trascurata
situazione di deficit di diritti umani, che è quella che ha prevalso
per decenni, con una certa complicità della comunità internazionale dell’occidente. La Primavera araba è in realtà
un’esplosione e in che direzione andrà è difficile dirlo.
Naturalmente poi questo ha generato altre situazioni molto
gravi, ad esempio la Siria, che forse oggi è l’esempio più grave
di conflitto, che genera flussi di rifugiati. Io
Nel Medio Oriente ci è esplosa sono stato recentemente in Kuwait, dove c’è
stata una grande conferenza per cercare di
fra le mani una situazione,
generare aiuti per i 700mila rifugiati siriani,
a lungo trascurata, di deficit
tra cui ci sono anche palestinesi. Questa è
di diritti umani, che è quella
la situazione centrale, che è risultato del
che ha prevalso per decenni,
fermento oggi presente nel mondo arabo
attorno alla questione dei diritti, dei privilegi,
con una certa complicità
della corruzione etc.
della comunità internazionale
Naturalmente questo ha delle ripercussioni
vastissime, perché quello che leggiamo
oggi riguardo al Mali – l’altro conflitto importante in atto – è
soltanto la punta dell’iceberg di una tensione grandissima
che c’è da molti anni fra l’Africa subsahariana e l’Africa
araba. Tutta quella cerniera del Sahel che va dal Mali fino al
Corno d’Africa è sempre stata un punto nevralgico. Oggi con
il fermento a Nord, con le armi che sono sparse dappertutto
nella regione, quella tensione sta diventando un altro snodo
cruciale.
libertàcivili
Il riferimento direi automatico va alla situazione della Libia
Certo. Lo scioglimento di quello che c’era prima in Libia
spero porterà cose buone per il Paese, ma ha anche liberato
armi, energie, persone che stanno cavalcando varie tigri molto
pericolose in quella regione. C’è una situazione fondamentale
che è la mancanza di diritti nel Medio Oriente in senso allargato
10
2 0 12 novembre - dicembre
Lei è a contatto personalmente con questa umanità
dolente. In base alla sua esperienza come vivono i profughi
la possibilità o l'obbligo di rimpatrio? Qual è il quadro che può
raccontarci?
Nella mia carriera ho incontrati migliaia di rifugiati nel senso
autentico della parola, cioè quelli che fuggono da conflitti,
persecuzioni, violenza. La stragrande maggioranza vuole tornare
a casa. Questo credo che sia profondamente insito nella natura
umana, nessuno di noi naturalmente vuole
andarsene via, lasciare i propri cari, le proprie
Molte volte ci si concentra
famiglie. Molte volte ci si concentra sull’aspetto
sull’aspetto “abusivo” dei
“abusivo” di questi movimenti di persone, si
movimenti di persone,
pensa che vogliano approfittare del benesma non si pensa che in realtà sere di altre persone. Non si pensa mai che
questi uomini e donne fanno
in realtà queste persone fanno dei sacrifici
sacrifici enormi, che non
enormi, che non vorrebbero fare se potessero
scegliere. E quindi per il rifugiato in particofarebbero se avessero scelta
lare – non parlo in generale delle migrazioni
ma dei rifugiati – il desiderio più profondo
è di tornare a casa, ma per molti non è possibile perché c’è
violenza, pericolo, miseria anche profondissima. Però è questo
il loro desiderio e credo sia il desiderio di ogni persona che
ha lasciato la propria terra perché è stato obbligato a farlo.
Quale modalità di intervento può suggerire l’esperienza
dell’Unrwa su tutti questi fronti per migliorare la gestione
dell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo in Italia?
È una domanda un po’ difficile perché non ci occupiamo di
asilo in Europa, questo è il compito dell’Alto commissariato
(Unhcr). Posso però dire che noi facciamo un’esperienza a
contatto con le comunità dei rifugiati li dove si trovano, quindi
nei Paesi di asilo immediato, la Siria, il Libano la Giordania etc.
Io credo che il nostro modello operativo sia molto radicato
nella comunità, nelle scuole, nei centri sociali. Noi facciamo
un lavoro sociale molto capillare “con” i rifugiati, abbiamo 30mila
dipendenti che sono quasi tutti rifugiati palestinesi, quindi
siamo integrati nella comunità che serviamo.
Questo modello potrebbe, mutatis mutandis, con gli opportuni
adattamenti, anche essere interessante per stabilizzare i flussi
di popolazione. È un intervento molto capillare della comunità
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
e questo sta provocando una serie di crisi che oggi sono al
centro dell’attenzione. Ci troviamo in una fase molto delicata
e difficile di questa evoluzione.
L’intervento
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
11
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
libertàcivili
L’intervento
internazionale dentro le comunità. Ora naturalmente ci sono
valenze politiche specifiche per il nostro lavoro, però questo tipo
di lavoro, che non è super ficiale, che non significa
semplicemente lasciare gli aiuti e andarsene, ma impegnarsi
con la comunità, è certamente un modello interessante. È
l’esempio di ciò che si intende quando si parla di portare aiuti
dove le popolazioni partono, per evitare flussi massicci e
ingestibili. Però è un modello costoso, che richiede pazienza,
tempo, investimenti, quindi non è facilissimo da replicare.
Tuttavia, quello che noi facciamo con una popolazione
rifugiata – investire nell’educazione, nella salute preventiva,
nella riduzione della povertà – può essere traslato come
modello di intervento nei Paesi poveri che generano flussi
migratori. Abbiamo molte cose da raccontare a quelli che
lavorano nello sviluppo perché lo facciamo a livello molto
pratico.
I grandi attori sovranazionali, le Nazioni Unite, ma anche
l’Unione Europea, sono sufficientemente attenti al tema dei
rifugiati, e sono in grado di determinare politiche concrete
di accoglienza e di concessione dell’asilo da parte dei Paesi
membri di questi organismi internazionali?
Quando gli Stati sovrani parlano di sicurezza nazionale
diventa molto difficile fare un discorso di cooperazione internazionale, perché la sicurezza nazionale passa
davanti a tutto, per motivi che si possono anche
Quando i flussi migratori,
capire. Quando purtroppo i flussi migratori,
soprattutto i flussi di rifugiati, e soprattutto i flussi di rifugiati, vengono
vengono legati in modo
legati al tema della sicurezza in modo strustrumentale al tema sicurezza, mentale, mettendo al centro dell’attenzione
allora diventa difficile
il tema della “minaccia“, allora diventa
difficilissimo fare dei discorsi di sistema, di
fare discorsi di sistema,
norme, di principi, di approcci comuni. Questa
di norme e principi comuni
è una delle grandi evoluzioni negative dell’atteggiamento internazionale verso i rifugiati.
Ovviamente le Nazioni Unite hanno degli organismi preposti
a questo, dedicano molta attenzione a tali aspetti, e lo stesso
le istituzioni europee; il problema si verifica quando si passa
dal livello intergovernativo, internazionale a quello nazionale,
dove purtroppo troppo spesso le considerazioni di sicurezza
prevalgono.
Con questo non sto sminuendo l’importanza delle considerazioni di sicurezza, sto solo dicendo che non bisogna renderle
strumentali per motivi politici, per motivi elettorali e questo
12
2 0 12 novembre - dicembre
Che cos’è l’Unrwa
Fondata nel 1949 per iniziativa dell’Assemblea generale
delle Nazioni Unite, con la risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre
1949, l’Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for
Palestine Refugees in the Near East) ha il compito di fornire
sostegno e opportunità di lavoro a coloro, tra i 700mila rifugiati
fuggiti dalla Palestina, che avevano perso sia l’abitazione che
i mezzi di sussistenza a causa della guerra arabo-israeliana
del 1948-49. L’Agenzia ha iniziato ad operare il 1 maggio 1950.
Negli anni e nel corso dei successivi conflitti, le attività di
Unrwa si sono ampliate, per rispondere all’aumento del
numero di rifugiati e al radicarsi della loro situazione. Nata
come organismo temporaneo, in assenza di una soluzione al
problema dei rifugiati palestinesi, l’Assemblea generale ha
rinnovato ripetutamente il mandato dell’Unrwa, che recentemente è stato prorogato al 30 giugno 2014.
Nel 2 011, è salito a 4,96 milioni il numero di rifugiati palestinesi che hanno diritto a usufruire dei servizi dell’agenzia.
Unrwa opera in 58 campi profughi riconosciuti e dislocati in
Giordania, Libano, Siria, Gaza e Cisgiordania, compresa
Gerusalemme Est. L’agenzia impiega circa 30mila persone,
di cui la maggior parte sono rifugiati essi stessi.
L’azione dell’Unrwa è fondata sull’impegno internazionale
per lo sviluppo umano dei palestinesi, aiutandoli a acquisire
conoscenze e competenze, avere un’aspettativa di vita sana e
longeva, raggiungere standard di vita dignitosi, godere dei
diritti umani nella misura più ampia possibile. Questo significa
creare e mantenere per tutti i rifugiati le premesse che garantiscano un minimo di stabilità e prosperità; una vita sana,
condizioni di vita dignitose, scolarizzazione e acquisizione
di competenze professionali, e la possibilità di poter godere dei
diritti umani fondamentali. Attualmente costituisce l’agenzia
maggiormente impegnata nella fornitura di assistenza di base
– beni di prima necessità, istruzione, servizi medici, servizi
sociali – ai rifugiati palestinesi che attualmente si trovano
nella propria area di competenza.
Le operazioni dell’Agenzia sono quasi interamente finanziate
da contributi volontari da parte dei donatori.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
avviene troppo spesso, spazzando via ogni possibilità per gli
organismi internazionali di intervenire in modo significativo, di
convincere gli Stati ad aderire a convenzioni e ad adottare
approcci comuni.
L’intervento
Intervista a Filippo Grandi, Commissario generale dell’Unrwa
13
Primo Piano
Asilo e dignità
Asilo e dignità sono due parole da concepire
come inseparabili: asilo ai rifugiati, alle vittime
delle persecuzioni; e asilo che rispetti
la dignità delle vittime, offrendo loro
la possibilità di nuova vita. È la frontiera
più esposta e tormentata delle infinite storie
legate alle migrazioni. l’Italia è chiamata a fare
la sua parte perché in gioco, nel concedere
l’asilo, c’è anche la nostra dignità
Primo Piano
Quel diritto antico
quanto l’uomo
L’evoluzione del diritto di asilo, dalle radici
filosofiche e concettuali rintracciabili
nell’antichità e nel Medio Evo
fino al Programma di Stoccolma dell’UE
di Sandra Sarti
Da quando
esiste l’uomo,
esiste
chi fugge
dalla sua
violenza,
ma esiste
anche chi
accoglie
il fuggitivo
Le radici del diritto di asilo
La parola “asilo” deriva dal termine greco “asylon” e indica
un luogo che non può essere violato in quanto sacro e, quindi,
sicuro per i fuggitivi. L’etimologia della parola, composta dalla
particella privativa “alfa” seguita dal verbo “sylào”, che significa
catturare, fare violenza, riconduce a un luogo senza cattura,
senza violenza.
La sua storia, a ben vedere, da sempre si intreccia con quella
dell’umanità poiché da quando esiste l’uomo, esiste chi fugge
dalla sua violenza, ma esiste anche chi accoglie il fuggitivo.
Inteso come accoglienza, l’asilo nasce dai popoli nomadi ove
la protezione dello straniero era legge. Lo testimoniano sia la
tradizione cristiana, che indica nell’aiutare lo straniero un precetto
morale che è anche condizione di salvezza, sia la tradizione
musulmana che prevedeva assistenza e asilo per coloro che
avevano scelto l’esilio sia la tradizione ebraica. Ed ecco che
il pensiero corre a figure bibliche come quella di Abramo e
Mosè e poi, più avanti nel tempo, anche a figure mitiche di
fuggitivi che, come Enea, raggiungono nuovi lidi per iniziare
una nuova vita lontano dalle guerre.
Il diritto di asilo è intrinseco alla storia dell’uomo perché
appartiene all’uomo in quanto tale, in quanto essere umano;
gli appartiene in modo oggettivo prescindendo da qualsiasi
elaborazione soggettiva di criteri ascrittivi come la cittadinanza,
il censo, l’appartenenza familiare o razziale.
Il primo esemplare concettuale di quelli che dopo secoli
sarebbero stati definiti ‘diritti dell’uomo’ venne enucleato da
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Direttore centrale Affari dei culti - Ministero dell’Interno
15
Il “Cilindro
di Ciro”
del 539 A.C.
è considerato
la “prima
carta dei diritti
dell’uomo”
che la storia
ci tramanda,
in quanto
contiene
in nuce
alcuni
principi
basilari
16
Ciro il Grande, nel 539 a.c. e scolpito su di un cilindro di marmo,
il c.d. “Cilindro di Ciro”, rinvenuto nel 1879 e conservato al
British Museum di Londra. Il testo recitava: “Io sono Ciro, re
del mondo, gran re, re legittimo, re di Babilonia, re di Sumer
e Akkad, re delle quattro estremità (della terra), figlio di
Cambise, ………..Non permetto a nessuno di spargere terrore
nel Paese di Sumer e Akkad. Voglio fermamente la pace a
Babilonia e in tutte le sue sacre città. Per gli abitanti di
Babilonia (…) io abolisco i lavori forzati [...] Da Ninive, Assur
e Susa, Akkad, Eshnunna, Zamban, Me-Turnu e Der fino alla
regione di Gutium, restituisco a queste sacre città dall'altro lato
del Tigri i templi di cui è stata fatta rovina per lungo tempo, le
immagini che una volta vi erano conservate e stabilisco che
essi siano i loro templi. Ho anche radunato gli abitanti di queste
regioni e ho restituito loro le case che avevano”.
Questo testo è stato considerato come la “prima carta dei
diritti dell’uomo” che la storia ci ha tramandato in quanto,
laddove con la restituzione dei Templi ha espresso, in nuce,
il concetto di tolleranza religiosa e il diritto dell’uomo alla
religione e al culto, con le disposizioni relative all’abolizione
dei lavori forzati e alla restituzione delle case agli abitanti ha
conferito espresso valore alla dignità dell’uomo. E ancora, con
il diniego di spargere terrore, ha riconosciuto alla “pace” il ruolo
politico di fattore di forte coesione e di sviluppo sociale, elementi
ritenuti entrambi necessari alla saggia ed equilibrata gestione
dell’Impero di Ciro.
Nonostante tale premessa il diritto di asilo non ebbe particolare rilievo nel diritto romano ma trovò, tuttavia, pratica
applicazione durante le persecuzioni dei cristiani e, sotto il
profilo dell’accoglienza, della carità, dell’aiuto, della solidarietà
e della fratellanza, costituì uno dei punti cardine della dottrina
cristiana.
Diritto di asilo come diritto dell’uomo in quanto tale
Il primo consolidamento della concezione del diritto di asilo
avvenne, comunque, nel Medio Evo quando San Tommaso
d’Aquino, tracciando il solco del giusnaturalismo, asserì che i
diritti umani appartengono all’uomo nell’ordine naturale del
creato. Egli definì i diritti naturali come un “insieme di primi
principi etici, generalissimi” che “condizionano il legislatore
nel diritto positivo, in quanto sono sigillo di Dio nella creazione
delle cose”. La visione giusnaturalistica scolastica determinò
un ribaltamento del concetto di asilo che fino ad allora era
stato inteso non come “diritto di ogni uomo in quanto tale, in
libertàcivili
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
2 0 12 novembre - dicembre
Il diritto di asilo dalla Prima guerra mondiale alla Costituzione
Il tema del diritto di asilo si impose poi all’attenzione del
mondo, nell’immediatezza del dopoguerra (la Prima guerra
mondiale), con il fenomeno di milioni di persone, russi, greci,
turchi, armeni, che erano state sradicate dai loro Paesi di
appartenenza a causa dei disastrosi eventi bellici e politici di
quel tempo. Su di loro si diresse l’attenzione del famoso
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Da San
Tommaso
d’Aquino
alla
Dichiarazione
dei diritti
dell’uomo
e del cittadino
del 1789
quanto creato”, bensì come concessione giuridicamente afferente
alle immunità gestite dal detentore del potere pubblico.
Mentre in Occidente, nel 1215, veniva adottata la Magna Charta
Libertatum, che recava il primo documento di riconoscimento
dei diritti dei cittadini e la prima limitazione del potere assoluto
del sovrano, in Oriente, nel 1222, fu solennemente proclamata
la Carta Manden, un documento recante statuizioni di valenza
così incredibilmente universale da poter confluire, attraverso
i secoli, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Il testo asseriva:
“ogni vita è una vita (valore della vita umana e dignità dell’uomo); il torto richiede una riparazione (valore sociale della
giustizia); aiutatevi reciprocamente (valore morale e sociale
del rispetto dell’altro e della solidarietà); veglia sulla patria
(valore della terra in cui ha radice la storia del popolo cui si
appartiene); combatti la servitù e la fame (tutela della vita e
della dignità dell’uomo); che cessino i tormenti della guerra
(valore della pace); chiunque è libero di dire, di fare e di
vedere (libertà di pensiero e di espressione)”.
Al periodo successivo alla scoperta delle Americhe, e quindi
al 15 0 0, risale il dibattito sulla riduzione in schiavitù degli
indigeni americani che i conquistatori consideravano alla
stregua di bestie: la drammaticità della situazione richiese
addirittura l’intervento di Papa Paolo III che, con la Bolla
‘Sublimis Deus’ dichiarò “l’umanità“ degli indigeni americani e
il loro “diritto alla libertà e alla proprietà”.
Nel Settecento il concetto di libertà dell'individuo animò
‘l’epoca dei lumi’ e la filosofia illuminista, contrapponendosi
alla politica centralistica e assolutistica del tempo, e aprì, nel
1789, le porte alla Rivoluzione francese i cui principi di libertà,
uguaglianza e fratellanza costituirono le basi delle moderne
Costituzioni.
L’art.1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
francese del 1789 - analogamente a quanto affermato nel
1776 con la Dichiarazione di indipendenza nordamericana stabiliva che “les hommes naissent e demeurent libres et egaux
en droits”.
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
17
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
libertàcivili
Il “primo
intervento
umanitario”
della storia:
l’esploratore
norvegese
Fridtjof
Nansen
fu incaricato
dalla Società
delle Nazioni
di soccorrere
i profughi
russi dopo
la Rivoluzione
d’Ottobre
18
2 0 12 novembre - dicembre
esploratore norvegese Fridtjof Nansen che, fino ad allora, aveva
condotto coraggiose spedizioni e sviluppato studi oceanografici.
Nel 1921, quando il Comitato internazionale della Croce
Rossa chiese alla Società delle Nazioni di soccorrere i profughi
russi costretti all’esodo dopo la Rivoluzione di ottobre,
Nansen venne chiamato a coordinare gli interventi in qualità
di “Alto commissario per conto della Società delle Nazioni”.
Con una totale dedizione alla causa, egli definì lo status giuridico
dei rifugiati russi, organizzò il loro inserimento lavorativo nei
Paesi ospitanti o il loro ritorno in Patria e costituì la prima
struttura di quello che, circa trenta anni più tardi, sarebbe
divenuto l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Si giunse così, per la prima volta nella storia, a garantire uno
status giuridico certo a favore di coloro che venivano definitivamente accolti in un Paese ospitante e ad adottare i primi
documenti di viaggio e d’identità per i rifugiati, per l’appunto
denominati “passaporti Nansen”, storici antesignani del documento di viaggio poi previsto dalla Convenzione di Ginevra.
Ma solo dopo la Seconda guerra mondiale, sull’onda dell’orrore della Shoah e dei milioni e milioni di morti, si giunse
alla consacrazione dei diritti umani con la costituzione
dell’“Organizzazione delle Nazioni Unite” (ONU) e l’adozione da
parte dell’Assemblea generale della “Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo” che venne firmata a New York il 10
dicembre del 1948. Un documento di portata storica, una pietra
miliare posta finalmente a difesa dei diritti umani, che in trenta
articoli ha sancito i diritti individuali, civili, economici, e culturali
di “ogni persona”. Tra questi, all’art. 13, in combinato disposto
con l’art.14, la Dichiarazione ha riconosciuto ad ogni individuo
il diritto di asilo inteso come “diritto alla libertà di movimento..
diritto a lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio… diritto di
cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni”.
Subito dopo, nel 1950, sulla base della Risoluzione
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite fu istituto l’Unhcr
(United Nations High Commissioner for Refugees) e in rapida
successione, il 28 luglio del 1951, una conferenza speciale
dell’Onu approvò la Convenzione di Ginevra relativa allo status
dei rifugiati.
La Convenzione, poi entrata in vigore il 22 aprile 1954, ha
per la prima volta enucleato il concetto di rifugiato indicando,
nel contempo, i presupposti per il riconoscimento dello specifico
status: “chi è fuori dal Paese di cui è cittadino e che non può
rientrare perché ha il fondato timore di essere perseguitato
per motivi di razza, di religione, nazionalità, per appartenenza
ad un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche”.
La fondatezza del timore costituisce la chiave di volta per il
riconoscimento dello status e per l’attuazione del conseguente
meccanismo di accoglienza e protezione, e i motivi della
persecuzione subìta o temuta hanno una forte valenza di
clausola di inclusione rispetto allo status e sono indicati in
modo tassativo (razza, religione, nazionalità o appartenenza
a un gruppo sociale, opinioni politiche). La Convenzione
disciplina altresì le circostanze che integrano, sempre in modo
tassativo, clausole di esclusione dal beneficio dello status nei
confronti: di coloro che hanno commesso un crimine contro la
pace, un crimine di guerra, o un crimine contro l’umanità, come
definito negli strumenti internazionali elaborati per stabilire
disposizioni riguardo a questi crimini; coloro che hanno commesso un crimine grave, di diritto comune, al di fuori del Paese
di accoglienza, prima di esservi ammessi in qualità di rifugiati;
coloro che si siano resi colpevoli di azioni contrarie ai fini e ai
principi delle Nazioni Unite.
La portata dei predetti documenti con cui, per la prima
volta nella storia moderna, è stata riconosciuta l’inalienabilità
e l’universalità di diritti, è stata completata prevedendo che
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
19
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
libertàcivili
Subito dopo
la guerra,
fra il 1945
e il 1952,
anche l’Italia
accolse
i “suoi”
rifugiati,
circa 120mila;
di questi,
10mila
rimasero
sul nostro
territorio
20
l’applicazione delle disposizioni non avrebbe più dovuto
essere geograficamente limitata ai soli Paesi occidentali, ma
essere, invece, definitivamente estesa alla popolazione
mondiale.
Intanto, mentre sullo scenario internazionale si susseguivano
i descritti avvenimenti che approdavano a una concezione
positiva dei diritti umani, in Italia, nell’immediato dopoguerra,
e più precisamente dal 1945 fino al 1952, erano arrivati oltre
120mila rifugiati ai quali la Nazione non era in grado di dare
assistenza con le proprie risorse. Si fece pertanto ricorso, in
quella circostanza, prima ai Fondi Unrra - United Nations Relief
and Rehabilitation Administration, e poi all’Iro - International
Refugee Organization. Questi rifugiati rimasero in Italia per
un periodo relativamente breve e la maggior parte di loro
andò a stanziarsi successivamente in Canada, negli Stati Uniti,
in Australia e in Nuova Zelanda.
Dei 120mila rifugiati iniziali ne rimasero, comunque, in Italia
circa diecimila. Intanto il 2 giugno del 1946 era nata la
Repubblica Italiana, basata sulla Costituzione democratica
che, entrata in vigore il 1 gennaio del 1948, aveva recepito tra
i “principi fondamentali” anche il diritto di asilo dimostrando
come lo Stato fosse calato pure in quella rilevante parte di
realtà internazionale che condizionava anche la vita interna
del Paese. L’art.10, comma 3 della Costituzione, invero, recita
“lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo
esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione
italiana, ha diritto di asilo sul territorio secondo le condizioni
previste dalla legge”. Questa nozione costituzionale del diritto
di asilo, per il riferimento specifico alle libertà garantite dal
nostro impianto ordinamentale, risulta caratterizzata da
un’ampiezza che supera quella della Convenzione di Ginevra
ma che viene poi contenuta dal rinvio effettuato alle “condizioni
previste dalla legge”.
La formulazione della disposizione va pertanto considerata
in un quadro di amplissima apertura verso i diritti fondamentali
dell’uomo e fu proprio in tale ottica che, alla fine del 1951, il
governo italiano, in collaborazione con l’Unhcr, si assunse la
responsabilità di dare assistenza diretta a quei 10mila rifugiati
che non si erano trasferiti in altri Stati.
Il diritto di asilo e la normativa in tema di accoglienza in Italia
Venne, dunque istituita l’Amministrazione per gli aiuti internazionali (AAI), che si occupò dell’assistenza dei rifugiati fino
a quando la competenza non fu trasferita al ministero
2 0 12 novembre - dicembre
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Fra i primi
istituti per il
riconoscimento
dello status
di rifugiato
c’è la
Commissione
paritetica
di eleggibilità
dell’Interno, e in particolare alla direzione generale dei Servizi
civili, antesignana dell’attuale dipartimento per le Libertà civili
e l’Immigrazione.
In quegli anni il riconoscimento dello status di rifugiato
veniva affidato alla “Commissione paritetica di eleggibilità”
(Cpe), che operò fino al 19 9 0 limitandosi ad esaminare solo
richieste di asilo di stranieri provenienti dai Paesi europei. Ma
poiché, a far data dagli anni Settanta, erano arrivati molti
richiedenti asilo anche da Paesi non europei, come nel caso
dei profughi dell’America latina che fuggivano da dittature
militari, tale scelta di metodo determinò delle diversificazioni
nell’esame delle domande. A questi rifugiati, infatti, lo status,
che non poteva essere riconosciuto dallo Stato italiano, veniva
concesso sul piano internazionale dall’Unhcr, prevedendo anche
un permesso di soggiorno temporaneo che però prescindeva
da qualsiasi forma di assistenza pubblica e dal diritto al lavoro.
In tal modo, dal 1980 al 1989, l’Unhcr ha conferito protezione
a circa 6.500 persone presenti in Italia.
Nel 1989, a seguito della caduta del muro di Berlino, si
determinò un riassetto degli equilibri politici europei che non fu
indolore (basti pensare al collasso dell’ex Jugoslavia che fece
ricomparire la “pulizia etnica”) e che provocò nuovi massicci
esodi. In quei momenti storici, in verità, si immaginava anche
che dall’Unione Sovietica sarebbero giunte in Europa decine
di migliaia di persone e, invece, nel 1990 un esodo di incredibile
portata vide protagonisti gli albanesi che arrivarono in Italia sulle
cosi dette “carrette del mare” affrontando viaggi ad altissimo
rischio attraverso l’Adriatico e sbarcando sulle coste della Puglia.
Le modalità di identificazione e di accoglienza per questa
ondata di profughi vennero organizzate, invero, in condizioni
minime, nell’ottica del transito sul nostro Paese e non della
permanenza.
Poi, per il moltiplicarsi dei focolai di guerra e della disperazione nei Paesi poveri dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia,
il nostro Paese, caratterizzato da una posizione geografica
strategica, è stato via via esposto a una sempre crescente
pressione migratoria. Tanto che la situazione emergenziale,
attorno al 19 9 0, spinse il governo a un riassetto normativo
dell’immigrazione che costituì oggetto della legge 39/1990
detta “legge Martelli”. Questa, vòlta a regolarizzare il fenomeno
migratorio con l’ingresso programmato degli stranieri, reintrodusse il tema del riordino della procedura di asilo e del sistema
di assistenza in favore dei richiedenti e soprattutto recepì, nel
rispetto dei diritti umani, il criterio del non respingimento e il
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
21
L’evoluzione del diritto di asilo
Primo Piano
divieto di espulsione dello straniero in uno Stato in cui esso
potesse essere oggetto di persecuzioni.
In seguito a tale riassetto normativo in tema d’asilo, venne
istituita, in sostituzione della precedente Commissione paritetica,
la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di
rifugiato, ai cui lavori l’Unhcr ha sempre preso parte con funzioni
consultive.
libertàcivili
In ambito UE,
il Consiglio
europeo
di Tampere
del 1999
ha posto
le basi
per le future
Direttive
europee
in materia
di asilo
e accoglienza
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2 0 12 novembre - dicembre
Il diritto di asilo in Europa,
da Tampere al Programma di Stoccolma
Nel 19 9 9 anche l’Europa, nell’acquisita consapevolezza
dell’inarrestabilità del fenomeno migratorio in atto e della
necessità di offrire protezione ai numerosi rifugiati presenti
sul territorio degli Stati membri, affrontò il tema dell’asilo,
convocando a Tampere, in Finlandia, un Consiglio europeo
straordinario e ponendo le basi per le future direttive europee.
L’Europa assunse, in quella sede, l’impegno di ancorare le
fondamenta dell’asilo a una piena e inclusiva applicazione
della Convenzione di Ginevra e si pose l’obiettivo di dare corso
al processo di armonizzazione dei quadri giuridici degli Stati
membri, attuando una omogeneizzazione delle disposizioni
vigenti in tema di asilo nei singoli Stati, mediante il recepimento
di “norme minime comuni”. Si apriva così la prima fase europea
del diritto di asilo (19 9 9 -20 0 5) durante la quale vennero
adottate, come vedremo, le prime direttive.
Nel contempo l’Italia esperiva concreti tentativi di ristrutturare
il proprio sistema di accoglienza e, in coerenza con le indicazioni
del Consiglio di Tampere, dalla collaborazione tra ministero
dell’Interno, Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e
Unhcr, nasceva il PNA (Piano nazionale asilo). Un progetto,
questo, che poneva in capo al ministero dell’Interno i compiti
di indirizzo e di raccordo con le strategie europee, affidando
all’Unhcr la funzione di monitoraggio del rispetto dei diritti dei
richiedenti asilo e all’Anci funzioni organizzative e di raccordo
delle attività di accoglienza, decentrata inizialmente in 62 enti
locali. Veniva così alla luce il primo sistema pubblico di accoglienza finanziato in via ordinaria dal ministero dell’Interno e
in via straordinaria dai fondi della Presidenza del Consiglio
dei ministri nonché dai primi fondi per rifugiati (Fer) messi a
disposizione dalla Commissione europea.
Il successo dell’iniziativa indusse il legislatore a recepirla
nel contesto della nuova legge sull’immigrazione, la legge
189/2002, c.d. legge “Bossi Fini”. Questo testo normativo ebbe
il pregio di istituzionalizzare, per la prima volta nella storia del
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Con la legge
“Bossi-Fini”
venne
istituito
il Sistema
italiano
di accoglienza
definito Sprar
(Sistema
di protezione
per richiedenti
asilo
e rifugiati)
diritto di asilo in Italia, un sistema nazionale di accoglienza,
definito Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e
rifugiati), e di prevederne il sostentamento mediante la creazione
del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Il sistema
rispondeva non solo ai bisogni primari di accoglienza nel
rispetto degli standard minimi indicati dalla direttiva 2003/9/CE,
ma si poneva all’avanguardia avviando buone prassi sul piano
dell’integrazione.
Sulla strutturazione del sistema nazionale di accoglienza
venivano intanto a incidere, nel contesto europeo, le direttive
mirate ad avviare un processo di unificazione applicativa del
diritto di asilo nei vari Stati membri. In particolare la Direttiva
Dublino 343/2003/CE finalizzata a garantire che la domanda di
asilo sarebbe stata esaminata solo dal Paese di primo ingresso
del richiedente, per evitare l’asylum shopping; la Direttiva
Eurodac per l’identificazione dei richiedenti e l’efficace applicazione del regolamento Dublino; la Direttiva Accoglienza
2003/9/CE (successivamente recepita con il D.Lgs 30 maggio
2005, n.140) recante standard minimi di accoglienza per i
richiedenti asilo negli Stati membri e la Direttiva Qualifiche
2004/83/CE (successivamente recepita con il D.Lgs 19 novembre
2007, n. 251), recante norme minime per l’attribuzione della
qualifica di rifugiato o di persona bisognosa di protezione
internazionale.
Nell’adozione di tali direttive si è articolata la prima fase
del “percorso europeo verso un diritto di asilo comune che,
come si è detto, prese le mosse dal Consiglio straordinario di
Tampere. Un percorso durante il quale la Commissione ha
rilevato forti difficoltà e ha verificato la assoluta diversità delle
procedure di esame delle domande di asilo vigenti negli Stati
membri.
Occorreva dunque procedere al rafforzamento degli strumenti
necessari a conseguire l’originario obiettivo di Tampere,
avviando una seconda fase di direttive più capaci di incidere
sugli ordinamenti dei singoli Stati in tema di asilo. Così, con il
Programma dell’Aja del 2005, l’Europa si impegnava a perseguire
la creazione di una “procedura comune di asilo e la definizione
di uno status unico per coloro che hanno ottenuto l’asilo o la
protezione sussidiaria”. Si impegnava, inoltre, in questa seconda
fase del percorso (20 0 5-2010) a raggiungere un livello comune
di protezione più elevato e più uniforme all’interno dell’Unione,
garantendo una maggiore solidarietà tra gli Stati membri.
Da questi obiettivi scaturiva la Direttiva Procedure 2005/85/CE
inerente le procedure per il riconoscimento e la revoca dello
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
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Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
libertàcivili
Con il
Programma
di Stoccolma
si è dato corso
alla terza fase
del diritto
d’asilo
in ambito UE,
il cui obiettivo
è creare
“un’Europa
delle
responsabilità,
della
solidarietà
e del
partenariato”
in tema di
immigrazione
e asilo
24
2 0 12 novembre - dicembre
status di rifugiato (successivamente recepita con il D.Lgs 28
gennaio 2008, n. 25). Inoltre veniva pubblicato il “libro verde”
nel quale venivano indicate le linee del futuro assetto del sistema
europeo di asilo definito con l’acronimo “Ceas - Commom
european asylum system”. Nel libro venivano anche messe in
risalto le criticità del processo di armonizzazione in atto e,
pertanto, venivano avviati anche i processi di revisione di tutte le
direttive finora adottate in tema di accoglienza: Dublino,
Eurodac, Qualifiche e Procedure. A tal fine veniva affidato
all’Unhcr il compito di svolgere indagini comparative tra le
disposizioni normative in tema di asilo tra i vari Stati membri.
La scacchiera dei numerosi interventi per la realizzazione
dell’asilo unico europeo è stata poi ampliata con l’istituzione
di specifici Fondi europei a sostegno degli Stati membri nella
gestione dei fenomeni migratori. A partire dal 2007, con il
“programma solidarietà e gestione dei flussi migratori” sono
stati creati, per la programmazione annuale e pluriennale di
progetti a sostegno dei migranti, il Fondo europeo per le
frontiere esterne (Ebf); il Fondo europeo per l rimpatri (Fr); il
Fondo europeo per l’integrazione (Fei) e il Fondo europeo
per i rifugiati (Fer).
Nel contempo, sul fronte italiano il sistema di accoglienza
delineato dalla legge 189/2002 aveva raggiunto un livello di
efficienza tale che il 10 ottobre 2007 è stato presentato dal
Consiglio d’Europa come best practice, modello di riferimento
per gli altri Stati membri.
Cinque anni dopo il Programma dell’Aja si dava corso, con
il Programma di Stoccolma a una terza fase del diritto di asilo
europeo (2010- 2015) il cui obiettivo era individuato nella
necessità di creare “un’Europa delle responsabilità, della
solidarietà e del partenariato sul tema dell’immigrazione e
dell’asilo”. In questo contesto è prevista la creazione di un
Ufficio europeo di supporto all’Asilo – Easo (European Asylum
Support Office), con sede a La Valletta, Malta – al quale affidare
il coordinamento delle misure di capacity building tra gli Stati
e un’equa condivisione delle responsabilità, e demandare l’avvio
di una formazione comune sull’asilo, favorendo un comune
accesso alle informazioni sui Paesi di origine dei richiedenti
protezione internazionale.
Su questo sistema di sostanziale complessiva efficienza,
delineatosi alla fine del 2010 e tuttora operante, si è, tuttavia,
manifestato l’impatto della vasta crisi del mondo occidentale
che, sia sul piano nazionale che su quello europeo, ha alterato
gli equilibri raggiunti.
libertàcivili
In rapida successione, si sono infatti susseguiti fenomeni di
portata storica come la c.d. “Primavera araba” nei Paesi del
Nord Africa e la trasformazione dei rispettivi governi; la crisi
della Grecia all’interno dell’Europa; la crisi economica nazionale
e l’attuazione delle conseguenti politiche di riduzione dei costi
della spesa pubblica, che certo non hanno potuto incrementare
il livello delle risorse necessarie al sostentamento del complesso
sistema di accoglienza e di esame delle domande di protezione
internazionale. Inoltre la politica europea in materia di immigrazione non ha mai previsto per il nostro Paese finanziamenti
ad hoc che tenessero specifico conto della particolare esposizione geografica alla pressione degli sbarchi.
Dunque, fermi restando i risultati ad oggi conseguiti in termini
di adeguamento della normativa alle direttive europee e di
mantenimento degli standard di accoglienza sembra, in questo
periodo, di assistere a una fase di stand by di quella evoluzione
del diritto di asilo che, se sotto il profilo umanitario aveva contributo al salvataggio di milioni di vite, stava anche contribuendo
ad attuare il più generale processo di unificazione europea.
Primo Piano
L’evoluzione del diritto di asilo
2 0 12 novembre - dicembre
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Primo Piano
Il dibattito sull’accoglienza:
riflessioni e futuro
Bisogna lavorare a un potenziamento dell’attuale
sistema di accoglienza, elaborando processi
organizzativi che garantiscano una maggiore
efficacia e integrazione degli immigrati
e il coordinamento fra tutti i soggetti coinvolti
di Rosetta Scotto Lavina
Direttore centrale dei Servizi civili per l’immigrazione el’asilo - Ministero dell’Interno
libertàcivili
Accoglienza
è un concetto
che di norma
evoca
un pensiero
positivo,
ma non sempre
è così nel caso
delle
migrazioni
26
2 0 12 novembre - dicembre
Il tema dell’immigrazione è molto complesso e non è semplice
affrontarlo perché costituisce un tratto fondamentale di una
società caratterizzata da grandi trasformazioni. È un tema che
coinvolge passioni e dibattiti politici, di sicurezza nazionale,
tematiche giuridiche, economiche, religiose e sociali. Ma non è
solo questo, perché nel contempo è una questione che implica
accesi dibattiti sulla osservanza dei principi fondamentali di
libertà e dignità della persona e sulle sfide nuove da affrontare.
Il contesto nel quale ci muoviamo
Il diritto all’accoglienza è un diritto fondamentale dei popoli,
oggi più che mai in un periodo storico segnato da movimenti
globali che interessano i popoli che, fuggendo da guerre e
persecuzioni o per motivi economici, si muovono alla ricerca
di un futuro migliore in altri Paesi, come sempre è stato del
resto nella storia dell’umanità.
Anche la storia recente dell’Italia è fatta di esodi e migrazioni
di natura economica e il fatto che il nostro Paese – come è
stato confermato dal recente censimento – sia diventato terra
di migrazione non deve far dimenticare un passato di migranti.
Dobbiamo impegnarci – è quanto chiedono sia il mondo
cattolico sia chi opera nel terzo settore – per fare in modo che
la storia, anche recente, non si ripeta nella sua crudezza.
Accoglienza è un concetto che evoca un pensiero positivo
e però, se accostato al tema dell’immigrazione, non sempre
evoca riflessioni di questo genere. Ma proprio per tutti i riflessi
che il tema dell’immigrazione porta con sé dobbiamo abituarci
L’intervento dello Stato, delle regioni,
delle province e dei comuni
Una chiave di lettura positiva trova fonte nella Costituzione
all’articolo 10, ove è sancito il principio secondo cui “Lo straniero,
al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana,
ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalla legge”.
In questo senso si comprende che “l’immigrazione debba
essere affrontata, alla luce dei valori personalistici che caratterizzano la nostra Costituzione, come una grande questione
nazionale che contribuisce a ridurre i problemi prodotti dalla
accentuata denatalità del nostro Paese, con un anomalo suo
1
Durante la presentazione del Dossier statistico immigrazione 2012
2
Angela Pria, “Rapporto annuale del sistema di protezione per richiedenti asilo
e rifugiati 2011/2012”
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Un fenomeno
che non si può
contrastare
ma deve
essere guidato,
con un uso
efficace delle
risorse
e interventi
basati
sul principio
di sussidiarietà
a parlarne in positivo, come ha efficacemente ricordato
monsignor Schiavon, presidente della Commissione Cei per le
migrazioni e della fondazione Migrantes, che ha osservato come
appartenga alla natura stessa dell’uomo di essere viandante 1 .
Questa è la condizione che appartiene alla struttura stessa
dell’esistere.
Il tutto si muove da una consapevolezza: non è possibile
contrastare questo fenomeno ma occorre guidarlo, assicurando
un efficace utilizzo delle risorse disponibili con la piena
compartecipazione dello Stato, delle regioni, delle province,
dei comuni e del mondo dell’associazionismo, organizzati,
secondo il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale 2 .
I dibattiti sull’accoglienza, con i quali si dovranno confrontare
anche le future generazioni, costituiscono anche l’altra faccia
della medaglia del corrispondente diritto dell’uomo di vivere
nel proprio Paese. Tutto questo richiede la capacità di creare
integrazione coniugata con una strategia di controllo dei fattori
che spingono i popoli ad emigrare, interventi transnazionali
tesi alla cooperazione con i Paesi di partenza e contromisure
efficaci per contrastare il traffico di persone.
Ma va anche incrementato l’apporto prezioso che già proviene
dal mondo dell’associazionismo, con quello che il settore economico/produttivo e della cultura possono offrire in termini di
opportunità concrete di integrazione, per dare slancio e crescita
alla nostra società.
Primo Piano
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
27
Primo Piano
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
libertàcivili
L’attenzione
futura
alle tematiche
migratorie
misurerà
il livello
della nostra
democrazia,
verificando
il grado di
realizzazione
dei principi
costituzionali
che
garantiscono
il diritto
di accoglienza
allo straniero
28
notevole invecchiamento, e dalla sua stessa ‘fuga’ di molti italiani
da varie attività lavorative, tuttora importanti” 3 .
L’attenzione futura alle tematiche migratorie misurerà il livello
della nostra democrazia verificando il grado di realizzazione dei
principi costituzionali che garantiscono il diritto di accoglienza
allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo
esercizio delle libertà democratiche e misurerà quale sia,
anche in termini di cooperazione internazionale, l’approccio
nuovo a questo fenomeno.
In occasione della giornata mondiale del migrante e del
rifugiato, quest’anno il messaggio del Santo Padre Benedetto XVI
ha ricordato che “ogni migrante è una persona umana che, in
quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno
rispettati da tutti e in ogni situazione”. Nel contempo il Santo
Padre ha rammentato che nei confronti di migranti e rifugiati,
occorre evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire
l’autentica integrazione, in quanto coloro che migrano nutrono
la fiducia di trovare accoglienza, di ottenere un aiuto solidale
e di trovarsi a contatto con persone che, comprendendo il
disagio e la tragedia dei propri simili, e anche riconoscendo
i valori e le risorse di cui sono portatori, siano disposte a
condividere umanità e risorse materiali con chi è bisognoso
e svantaggiato.
Quindi partendo dalla necessità di “parlare in positivo
dell’immigrazione” si possono spiegare i fronti sui quali è
costante l’impegno del ministero dell’Interno, in particolare
del dipartimento per le Libertà civili e dell’immigrazione, in
materia di accoglienza e integrazione dell’immigrato.
Il Dipartimento ha come compito istituzionale quello di
svolgere funzioni di tutela dei diritti civili e dell’immigrazione,
compresi quelli concernenti l’asilo, la cittadinanza e le confessioni religiose. Sul piano della comunicazione – cui oggi va
prestata la necessaria attenzione – è estremamente importante
evidenziare quello che l’Amministrazione dell’Interno ha fatto
in materia di accoglienza, non trascurando di sottolineare che
sicuramente molto altro ancora andrà fatto in futuro.
Il sistema di accoglienza italiano è articolato su più fronti:
l’accoglienza assicurata dai Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), dai Centri di accoglienza (Cda) e dai Centri di
accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Altra accoglienza
3
Ugo De Siervo, “Immigrati, serve una legge più amichevole”, La Stampa, 4 gennaio 2013
2 0 12 novembre - dicembre
viene soddisfatta dai progetti del Sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) costituito da una rete di
comuni, province e organizzazioni del terzo settore, formato
in prevalenza da strutture di piccole dimensioni con un forte
radicamento sul territorio, che garantiscono interventi di
“accoglienza integrata” ai richiedenti asilo e titolari di protezione
internazionale; svolgono in particolare attività di accompagnamento sociale, finalizzate alla conoscenza del territorio e
all'effettivo accesso ai servizi locali, attività per l’apprendimento
dell’italiano e l’istruzione degli adulti, iscrizione scolastica dei
minori per l’adempimento dell’obbligo, interventi di informazione
legale sulla procedura per il riconoscimento della protezione
internazionale e sui diritti e doveri dei beneficiari in relazione
al loro status.
A queste strutture debbono aggiungersi i Centri polifunzionali
costituti a seguito di convenzioni sottoscritte dal ministero
dell’Interno in alcune città metropolitane interessate da una
maggiore pressione migratoria e che forniscono accoglienza
insieme a strumenti di integrazione attraverso corsi di alfabetizzazione e studio della lingua italiana, educazione alla cittadinanza, orientamento alla formazione professionale, supporto
medico-psicologico.
Sul sistema italiano di accoglienza, tuttavia, sono state
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Primo Piano
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
29
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
Primo Piano
avanzate anche critiche dovute ai limiti della disponibilità dei
posti e alla mancanza di omogeneità dei servizi offerti a livello
territoriale, pur emergendo segnali dei miglioramenti apportati
negli ultimi anni 4 .
La best
practice
del progetto
Praesidium,
basato
su un modello
operativo
multi-agenzia
in cui
ogni soggetto
fornisce
un contributo
in base
alla propria
competenza
istituzionale
La complessità del tema immigrazione
Il tema immigrazione è complesso e non può essere trattato
per settori; esso comprende il tema delle risorse, quello della
“diversita” dell’immigrazione a seconda dei Paesi provenienti
e delle cause che ne sono alla base. In questa sede sarebbe
lungo affrontare tutte le diverse problematiche; ma facciamo
cenno ad alcune.
libertàcivili
30
Il modello Praesidium
Un elemento positivo da segnalare nel vasto articolarsi di
interventi è dato anche dal progetto Praesidium. È giunto ormai
alla ottava edizione, e si tratta di un progetto che si ispira a un
modello multi-agenzia, ove ciascuna agenzia apporta la propria
competenza istituzionale per la creazione di un sistema efficace
di assistenza e di informazione legale sui diritti e doveri dei
migranti, individuando tra loro gruppi di persone vulnerabili,
bisognosi di particolare assistenza (minori non accompagnati,
vittime di tratta, migranti a rischio sfruttamento), in tutte le possibili
aree di sbarchi di migranti irregolari.
L’attività viene assicurata dall’Alto commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dalla Croce Rossa italiana
e da Save the children (Italia) con il sostegno del dipartimento
per le Libertà civili e l’Immigrazione.
Anche in occasione dell’emergenza umanitaria conseguente
all’eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dai Paesi
del Nord Africa nel 2011, la ben nota Primavera araba, è stata
confermata l’efficacia di questo modello operativo multi-agenzia,
che viene ormai considerato quale una vera e propria best
practice. In questa annualità un addendum alla convenzione
sottoscritta da tutte le agenzie ha previsto la costituzione di
una commissione presso ogni centro governativo di cui farà
parte anche un rappresentante designato dalle agenzie con il
compito di verifica e controllo degli standard di accoglienza
garantiti nei centri.
4
Raccomandazioni dell’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) sugli
aspetti rilevanti della protezione dei rifugiati in Italia (luglio 2012)
2 0 12 novembre - dicembre
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Il problema
della
immigrazione
è certamente
nazionale,
ma è anche
una questione
europea, che
coinvolge la
responsabilità
degli altri Stati,
dato che
la gran parte
degli immigrati
arrivati in Italia
aspira
a recarsi
altrove
Il tema dell’immigrazione si accompagna necessariamente
al tema delle risorse necessarie per farvi fronte; è un tema
delicato che va coniugato con l’attuale situazione economica
– caratterizzata da una carenza di risorse e dalla necessità di
un utilizzo finalizzato – e con i temi dell’accoglienza e di come
questa possa essere garantita e migliorata.
Una questione va comunque rilevata con attenzione; il
“problema” dell’immigrazione è certamente nazionale e trova
le proprie origini in considerazioni di più alto contesto cui si è
fatto cenno, ma è soprattutto un problema europeo che coinvolge
la responsabilità degli altri Stati, considerato che una buona
parte degli immigrati aspira a transitare in altri Paesi e l’Italia
funge – per la sua collocazione geografica – da ineludibile porta
di ingresso all’Europa.
Altro tema di questi giorni è quello della chiusura dell’emergenza umanitaria a seguito dei noti eventi della c.d. Primavera
araba; anche qui le recenti disposizioni normative improntate
a un maggior rigore di bilancio (art. 23, comma 12, del Dl 6
luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n.135) hanno previsto il rientro nella gestione
ordinaria da parte del ministero dell'Interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l’afflusso
di cittadini stranieri provenienti dal Nord Africa.
Con l’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione
civile n. 33 del 28 dicembre u.s. i prefetti delle province ove
insistono cittadini stranieri accolti ai sensi della Opcm 3933/2011,
sono stati individuati quali soggetti responsabili a porre in
essere le attività occorrenti per la prosecuzione, in regime
ordinario e nei limiti delle risorse disponibili, delle iniziative
finalizzate all’accoglienza e a favorire percorsi di uscita nelle
attività di assistenza ai cittadini stranieri.
Con circolare del 28 dicembre u.s. il dipartimento per le
Libertà civili e l’Immigrazione ha diramato ai prefetti le direttive
per garantire la continuità delle prestazioni, rinegoziando i
rapporti in essere al 31 dicembre 2012, omologando il costo
massimo unitario e onnicomprensivo a quello di 35 euro giornalieri per un periodo di 60 giorni, sino al 28 febbraio 2013. Si
tratta di un tema complesso, che trova origine nella diversità
di questo tipo di immigrazione che sinora è stata considerata
come una emergenza, ma che ora va affrontata con gli strumenti
ordinari.
Tuttavia, l’intervento non è solo di competenza statale, ma
necessita delle regioni e degli enti locali; un ambito ampio, di cui
in questa sede si fa solo cenno. La costituzione del tavolo di
Primo Piano
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
31
La fine della
Emergenza
Nord Africa
con il ritorno
alla gestione
ordinaria
chiama
in causa
non solo la
competenza
statale
ma anche
il ruolo
degli enti
locali
32
coordinamento nazionale per l’Emergenza Nord Africa e dei tavoli
di coordinamento regionali ha consentito – in questa fase
complessa del passaggio dalla emergenza all’amministrazione
competente in via ordinaria – di dare maggiore omogeneità
agli interventi nei territori. Il tema è peraltro di stretta attualità;
nel corso della Conferenza unificata del 7 febbraio scorso i
comuni, le regioni e le province hanno presentato un ordine del
giorno per chiedere al Governo, prima della chiusura del suo
mandato, di “definire punti fermi dai quali l’azione del prossimo
esecutivo possa ripartire con chiarezza e celerità”.
In particolare le richieste riguardano: lo sblocco delle risorse
già assegnate al ministero del Lavoro e Politiche sociali e di
quelle già assegnate alla Protezione civile, con particolare
riferimento alle persone più vulnerabili; la definizione di strumenti
per l’accompagnamento all’autonomia; l’assunzione di responsabilità da parte del ministero dell’Interno in merito all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo;
una maggiore operatività dei tavoli regionali.
Si tratta di temi sui quali il lavoro è “in corso” e sul quale è
ragionevole ipotizzare una soluzione nella collaborazione con
il sistema delle regioni, dei comuni e delle province che
hanno sempre contribuito ad affrontare con determinazione e
pragmatismo una questione così complessa.
Il futuro da affrontare
Questi brevi cenni sul tema dell’accoglienza evidenziano
perché esso assuma nel dibattito in corso un grande rilievo.
Lo testimonia l’interesse dimostrato – a tutti i livelli – non solo
in merito alla situazione della accoglienza garantita dal nostro
Paese, ma anche sui processi di integrazione e sulla tutela dei
diritti fondamentali, superando una visione solo emergenziale
del fenomeno immigrazione per fare posto a una prospettiva
nuova di accoglienza e di integrazione in un momento di crisi
economica, ove anche gli immigrati stanno pagando duramente
gli effetti arrivando a incidere per un quinto sui disoccupati.
Bisogna però affrontare un’idea nuova e positiva della
immigrazione e per fare questo occorre non sottrarsi ai cambiamenti, affrontando invece le future sfide che impegneranno la
comunità nazionale e quella internazionale; proprio per questo
bisogna lavorare per un potenziamento dell’attuale sistema di
accoglienza e per elaborare processi organizzativi che garantiscano una sempre maggiore efficacia e integrazione.
In quest’ottica occorre lavorare.
libertàcivili
Primo Piano
Il diritto all’accoglienza fra presente e futuro
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
Verso la modifica
del Regolamento Dublino
La principale fonte del diritto UE, che stabilisce
la competenza degli Stati membri sulle domande
d’asilo, sconta la mancata uniformità del sistema,
fra prassi e tradizioni divergenti. Le proposte
di riforma avanzate dalla Commissione europea
di Antonella Dinacci
L’Italia, insieme con altri Paesi come la Grecia e la Spagna,
costituisce frontiera esterna dell’Unione Europea. La sua posizione
geografica, infatti, favorisce l’accesso di cittadini extracomunitari
che, entrati nel nostro Paese, si dirigono successivamente negli
altri Stati UE, attratti da legami di amicizia o di parentela, da
un’assistenza diversa o da differenti possibilità di lavoro.
In tal modo, tuttavia, l’onere della sorveglianza della frontiera
esterna comune ricade sui Paesi meridionali del Mediterraneo e, di
conseguenza, risulta sfavorevole il principio
della responsabilità dello Stato di primo
La sorveglianza della frontiera ingresso o attraversamento ad esaminare una
domanda di asilo, previsto dal regolamento
esterna UE ricade sui Paesi
(CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003 del Sud del Mediterraneo;
Dublino II, che stabilisce i criteri e i meccanismi
all’Italia risulta sfavorevole il
principio della responsabilità di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo
dello Stato di primo ingresso presentata in uno degli Stati membri da un
o attraversamento a esaminare cittadino di un Paese terzo.
la domanda di asilo
Il sistema mira ad evitare da una parte il
fenomeno dell’asylum shopping – la stessa
persona presenta domanda in più Stati – e
dall’altra a garantire il principio di non refoulement (non
respingimento) in un Paese a rischio di persecuzione. Il criterio
principale della responsabilità dello Stato di primo ingresso o
attraversamento, peraltro, non tiene conto dei movimenti
secondari, ossia degli spostamenti dei richiedenti asilo dai
Paesi di primo ingresso a quelli, in genere del Nord Europa,
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Responsabile Unità Dublino - Ministero dell’Interno
33
libertàcivili
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
34
nei quali sono presenti parenti o amici, che possono favorire
un diverso inserimento socio-lavorativo.
D’altra parte, il considerando n.2.2 del regolamento prevede:
“…gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di Paesi terzi”.
L’enunciato si fonda sul rispetto delle norme poste a tutela dei
diritti fondamentali e, più in particolare, delle norme in materia
di asilo. Di conseguenza, dovrebbe venir meno l’interesse del
richiedente protezione internazionale a presentare la propria
domanda nello Stato ritenuto più favorevole.
In realtà, ancora non è stata raggiunta la piena armonizzazione
dei sistemi nazionali di asilo in un sistema europeo uniforme, determinando in tal modo il fenomeno dei cosiddetti rifugiati in orbita.
Infatti, vari fattori, fra cui la mancanza di
prassi comuni, le differenti tradizioni e la
diversità delle fonti di informazione sui Paesi
Mancanza di prassi comuni,
differenti tradizioni e diversità di origine intervengono a determinare risultati
divergenti. In tale contesto, la Commissione
delle fonti di informazione
europea si è impegnata a risolvere i problemi
sui Paesi d’origine: queste
emersi mediante una proposta di modifica
le cause della mancata
sia del Regolamento Dublino che del Regolaarmonizzazione dei sistemi
mento Eurodac - (CE) n. 2725/20 0 0 per il
di asilo e del fenomeno
confronto delle impronte digitali, allo scopo
dei rifugiati in orbita
di garantire una coerenza dei sistemi normativi nazionali in linea con l’evoluzione
dell’acquis sull’asilo.
Al fine di realizzare il Sistema europeo comune di asilo
(Ceas), inoltre, il Parlamento europeo in data 21 maggio 2010
ha approvato il Regolamento UE n. 439/2010 istitutivo dell’Ufficio
europeo di sostegno per l’asilo (Easo) che si pone come
obiettivo generale quello di contribuire a una migliore attuazione dello spazio comune di asilo, riducendo le differenze
presenti nei diversi Paesi e garantendo così standard più elevati
e più uniformi. In particolare, il compito principale dell’Ufficio
consiste nel rafforzare la cooperazione in materia di asilo tra
gli Stati membri, volta a migliorare e garantire la qualità
costante del processo decisionale a vantaggio tanto dei singoli
Paesi UE, quanto, e soprattutto, dei richiedenti asilo, al fine
di evitare oneri eccessivi per i primi e carenza di protezione per
i secondi.
A conferma dell’onere gravante in misura maggiore sui Paesi
di frontiera esterna dell’Europa, occorre considerare l’andamento
dei dati relativi all’applicazione del Regolamento Dublino in Italia.
2 0 12 novembre - dicembre
L’esame di tali dati, infatti, mostra un trend in crescita delle
richieste di presa/ripresa in carico dagli altri Stati membri
all’Italia, mentre il divario è evidente rispetto al canale inverso,
le richieste dall’Italia agli altri Stati membri.
Richieste di competenza (2009 -2011)
Periodo
Richieste
dall’Italia
ai Paesi membri
Gen-Dic 2009
Gen-Dic 2010
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
Gen-Dic 2011
1.377
1.607
1.275
Richieste
dai Paesi membri
all’Italia
10.596
9.673
13.715
Totale
11.973
11.280
14.990
Trasferimenti (2009 -2011)
Periodo
Trasferimenti
dall’Italia
ai Paesi membri
Gen-Dic 2009
Gen-Dic 2010
Gen-Dic 2011
47
113
14
Trasferimenti
dai Paesi membri
all’Italia
2.658
2.739
4.645
Totale
2.705
2.852
4.659
Nell’applicazione del Regolamento Dublino, dopo un periodo
di diminuzione, si registra dal 2007 una costante crescita di
attività collegata all’aumento delle domande di asilo. L’anno
2008 presenta in particolare una percentuale di incremento
dell’80% delle richieste dagli altri Paesi all’Italia e per il 2009
si continua a registrare un sensibile aumento, dovuto anche
all’entrata della Svizzera nel sistema dal mese di dicembre
2008. Nel 2010 si registra una lieve flessione, mentre nel 2011
le richieste di competenza dagli altri Stati UE aumentano in
misura esponenziale, triplicando rispetto all’anno 2008, a
seguito dell’eccezionale afflusso di stranieri extracomunitari
sul territorio nazionale, anche in conseguenza dei noti eventi
della “Primavera araba”.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno
35
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
Richieste di assunzione di competenza presentate dai Paesi membri all’Italia
nel periodo 1 gennaio - 31 dicembre 2011
Paese
Richiedente (*)
Accolte
In
istruttoria
Informazioni
acquisite
Rifiutate
e ritiro
domande
Austria
317
64
191
143
715
Belgio
219
228
0
53
500
Bulgaria
0
0
2
1
3
Cipro
0
0
0
0
0
Repubblica Ceca
5
0
2
0
7
150
14
54
26
244
1
1
0
0
2
Danimarca
Estonia
Finlandia
33
114
3
0
150
197
431
30
158
816
1.429
152
5
419
2.005
Grecia
3
0
0
10
13
Ungheria
1
0
3
0
4
Islanda
2
2
2
3
9
Irlanda
4
1
8
3
16
Lettonia
1
2
1
1
5
Lituania
0
0
1
0
1
Lussemburgo
9
26
0
2
37
Malta
1
1
0
4
6
Paesi Bassi
137
282
13
45
477
Norvegia
372
151
315
116
954
Polonia
3
1
2
0
6
Portogallo
1
1
0
0
2
Romania
6
0
0
1
7
Francia
Germania
Slovacchia
4
0
0
0
4
Slovenia
7
0
0
10
17
Spagna
5
2
0
2
9
744
357
218
127
1.446
2.473
2.410
377
546
5.806
356
6
18
74
454
6.480
4.246
1.245
1.744
13.715
libertàcivili
Svezia
36
Totale
Svizzera
Regno Unito
Totale
Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno
2 0 12 novembre - dicembre
Paese a cui è stata
presentata
la Richiesta (*)
Accolte
In
istruttoria
Informazioni
acquisite
Rifiutate
e ritiro
domande
10
46
0
47
103
Belgio
5
15
0
15
35
Bulgaria
1
1
0
4
6
Cipro
0
4
0
3
7
Repubblica Ceca
0
1
0
5
6
Danimarca
3
13
0
8
24
Estonia
0
0
0
0
0
Austria
Finlandia
Totale
1
5
0
2
8
Francia
15
33
0
33
81
Germania
13
41
0
25
79
Grecia
2
105
0
103
210
Ungheria
5
14
0
11
30
Islanda
4
9
4
1
18
Irlanda
2
2
1
0
5
Lettonia
12
6
1
5
24
Lituania
0
1
0
0
1
Lussemburgo
0
1
0
0
1
Malta
20
62
0
72
154
Paesi Bassi
16
9
0
16
41
Norvegia
41
26
0
48
115
Polonia
1
6
0
2
9
Portogallo
0
1
0
1
2
Romania
0
3
0
14
17
Slovacchia
1
6
0
11
18
10
6
0
7
23
Spagna
4
19
0
13
36
Svezia
6
31
0
16
53
Svizzera
12
31
1
24
68
Regno Unito
12
37
1
51
101
19 6
53 4
8
537
1.275
Slovenia
Totale
Fonte: Unità Dublino - Ministero dell’Interno
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Richieste di assunzione di competenza presentate dall'Italia agli altri Paesi
membri nel periodo 1 gennaio - 31 dicembre 2011
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
37
Un ruolo importante nell’interpretazione delle norme in
argomento è costituito dalla giurisprudenza sia della Corte
europea dei diritti dell’uomo (Cedu) sia della Corte di giustizia
dell’Unione Europea.
Al riguardo, è nota la sentenza M.S.S. c/ Belgio e Grecia in
data 21 gennaio 2011, con la quale la Cedu ha condannato
sia il Belgio che la Grecia, in quanto il primo Stato non avrebbe
dovuto trasferire il ricorrente nel Paese ellenico. In particolare,
la Grande Camera ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo
13 della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status
di rifugiato, letto unitamente all’articolo 3, a causa delle carenze
nell’esame, da parte delle autorità greche, della domanda di
asilo del ricorrente, con il conseguente rischio di rimpatrio nel
proprio Paese di origine senza un esame nel merito della sua
istanza e senza poter accedere a un ricorso effettivo.
Per quanto riguarda il Belgio, la Corte rileva che la protezione dei diritti fondamentali garantita dal diritto comunitario
è equivalente a quella prevista dal sistema
della Convenzione. Pertanto, secondo la Corte,
La giurisprudenza della Corte il Belgio avrebbe potuto applicare nel caso
di specie l’articolo 3.2 del Regolamento
europea dei diritti dell’uomo
Dublino che prevede, in deroga alla dispoe della Corte di giustizia UE;
sizione generale di cui all’articolo 3.1, la
il caso esemplare
possibilità per ogni Stato membro di esadella sentenza del 2011
minare un’istanza di asilo presentata da un
M.S.S. c/ Belgio e Grecia
cittadino di un Paese terzo, anche se tale
che ha condannato entrambi
esame, secondo i criteri definiti dal Regoi Paesi
lamento, non rientra nella sua competenza.
Si tratta della cosiddetta clausola di sovranità:
in tal caso, lo Stato interessato diventa lo
Stato membro competente ai fini del Regolamento, facendosi
carico degli obblighi connessi a tale competenza.
La Corte conclude che, ai sensi del Regolamento Dublino,
le autorità belghe avrebbero potuto astenersi dal trasferire il
ricorrente se avessero tenuto conto del fatto che il Paese ricevente, vale a dire la Grecia, non adempie ai propri obblighi ai
sensi della Convenzione. La Grande Camera rileva che il Belgio
non ha tenuto conto delle osservazioni del Commissario per i
diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e dell’ufficio dell’Alto
commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, come pure
dei rapporti di alcune organizzazioni non governative internazionali che hanno rilevato la non conformità del sistema d’asilo
greco ai criteri internazionali ed europei riguardanti la protezione
dei diritti umani, ma anche delle relazioni della Commissione
38
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
libertàcivili
Verso la modifica del Regolamento Dublino
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
sulla valutazione del sistema Dublino e delle proposte di rifusione del regolamento CE n. 343/2003 volte a rafforzare l’efficacia
di tale sistema e la tutela effettiva dei diritti fondamentali.
Conformemente alla precedente, la sentenza N.S. ed altri
(causa C-411/10) della Corte di Giustizia dell’Unione europea
del 21 dicembre 2011 ha dichiarato: “Il diritto dell’Unione osta
all’applicazione di una presunzione assoluta secondo la quale lo
Stato membro che l’articolo 3, n.1 del regolamento n. 343/2003
designa come competente rispetta i diritti fondamentali
dell’Unione Europea.
L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea deve essere interpretato nel senso che gli Stati
membri, compresi gli organi giurisdizionali
internazionali, sono tenuti a non trasferire
La questione delle carenze
un richiedente asilo verso lo ‘Stato membro
competente’ ai sensi del regolamento
sistemiche nella procedura
n.343/2003 quando non possono ignorare
di asilo di alcuni Paesi
che le carenze sistemiche nella procedura
dell’Unione Europea
di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei
e la mancanza di parametri
richiedenti asilo in tale Stato membro costidettati dalla Corte di giustizia tuiscono motivi seri e comprovati di credere
per individuare quali siano
che il richiedente corra un rischio reale di
le suddette carenze
subire trattamenti inumani o degradanti ai
sensi di tale disposizione.
Ferma restando la facoltà, di cui all’art. 3,
n. 2, del regolamento n. 343/2003, di esaminare esso stesso
la domanda, l’impossibilità di trasferire un richiedente asilo
verso un altro Stato membro dell’Unione Europea che risulti
essere lo Stato membro competente in base ai criteri enunciati
nel capo III di detto regolamento impone allo Stato membro
che doveva effettuare tale trasferimento di proseguire l’esame
dei criteri di cui al medesimo capo, per verificare se uno dei
criteri ulteriori permetta di identificare un altro Stato membro
come competente a esaminare la domanda di asilo.
È necessario, tuttavia, che lo Stato membro nel quale si
trova il richiedente asilo badi a non aggravare una situazione
di violazione dei diritti fondamentali di tale richiedente con una
procedura di determinazione dello Stato membro competente
che abbia durata irragionevole. All’occorrenza, detto Stato è
tenuto a esaminare esso stesso la domanda conformemente
alle modalità previste all’art. 3, n. 2 del regolamento n. 343/2003.”
Tuttavia, non sono stati dettati dalla Corte parametri attraverso
i quali individuare con esattezza una carenza sistemica in un
determinato Paese e, di conseguenza, quali carenze debbano
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
39
Verso la modifica del Regolamento Dublino
libertàcivili
Primo Piano
essere considerate sistemiche. Potrebbero essere considerate
tali, sulla base delle considerazioni della Corte, le violazioni
di norme di cui alle direttive asilo, unitamente alla violazione
dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, che in tal caso
correrebbero il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti
ai sensi dell’articolo 4 della Carta.
Al riguardo appare opportuno considerare la previsione nella
proposta del nuovo Regolamento Dublino di un meccanismo
di allerta rapido, di preparazione e di gestione della crisi.
Inizialmente la norma prevedeva una sospensione dei trasferimenti verso quello Stato che presentava delle criticità particolari,
in presenza dei requisiti espressamente indicati. Tuttavia, questa
soluzione non è stata condivisa dalla maggioranza dei Paesi membri e pertanto è stata
Tra le previsioni conenute
elaborata una formulazione secondo la quale,
su informazioni ottenute dall’Easo, se la
all’interno del testo
Commissione stabilisce che l’applicazione del
del nuovo Regolamento
Regolamento Dublino può essere ostacolata
Dublino c’è quella di un
meccanismo di allerta rapido da un rischio comprovato di speciale pressione
sul sistema di asilo di uno Stato membro e/o
per la gestione delle crisi
da problemi nel funzionamento del sistema
da parte dei Paesi sottoposti di asilo di un Paese UE, in cooperazione con
a forte pressione migratoria
l’Easo, essa rivolge raccomandazioni a tale
Stato, invitandolo a redigere un piano d’azione
preventivo.
Quando è redatto un piano di azione preventivo, lo Stato
membro interessato lo sottopone unitamente alle relazioni
periodiche sull’attuazione del medesimo al Consiglio e alla
Commissione, che informa il Parlamento europeo.
Lo Stato membro interessato adotta tutte le misure appropriate
per affrontare la speciale pressione sul suo sistema di asilo o per
assicurare che le carenze e/o i problemi nel funzionamento
del sistema di asilo siano risolti prima di un ulteriore deterioramento. Qualora la Commissione stabilisca l’insufficienza del
piano di azione preventivo, può chiedere allo Stato membro
interessato di redigere un piano di azione per la gestione della
crisi. Nonostante una puntuale indicazione degli strumenti da
adottare, i casi e l’entità delle eventuali misure di solidarietà
a favore dello Stato interessato non vengono espressamente
individuati, ma vengono lasciati alla valutazione del Parlamento
europeo e del Consiglio caso per caso.
Per quanto riguarda gli ulteriori punti di maggior rilievo
della proposta di modifica, si segnalano l’estensione del campo
40
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
di applicazione del Regolamento Dublino alla protezione
sussidiaria; il diritto del richiedente asilo all’informazione sul
Regolamento Dublino; il colloquio personale con lo straniero
al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato
membro competente; la specificazione delle circostanze e
delle procedure di applicazione della clausola di sovranità e
di quella umanitaria; la riduzione dei termini per rispondere
alle domande di informazioni e la previsione di termini per la
presentazione di domande di ripresa in carico.
Inoltre, nel nuovo Regolamento di particolare interesse è la
previsione relativa allo scambio delle informazioni utili e dei
dati sanitari dei richiedenti asilo prima del trasferimento.
Riguardo al primo, si sottolinea la necessità di fornire le informazioni idonee all’assistenza adeguata, comprese le cure
mediche immediate. Ancora, gli eventuali estremi di familiari o
parenti nello Stato membro destinatario e, nel caso di minori,
informazioni sulla loro istruzione.
Il successivo articolo dedica un’attenzione specifica allo
scambio di dati sanitari relativi a persone con vulnerabilità,
tutti protetti dalla normativa sulla privacy. In tal modo viene
codificata la necessità dello scambio di notizie idonee a tutelare
coloro ai quali prestare cure mediche o assistenza sanitaria.
Alla luce di quanto sopra, risulta che, negli ultimi anni, sono
stati compiuti molti progressi verso la creazione del Ceas, in
particolare con le proposte di modifica ai regolamenti Dublino ed
Eurodac e alle direttive relative alla protezione internazionale,
nonché con la previsione di un organismo, quale l’Easo, sorto
specificamente per le finalità dell’asilo. Permangono, tuttavia,
forti divergenze fra gli Stati membri e occorre, pertanto,
continuare sulla strada dell’effettiva armonizzazione, tramite
gli sforzi congiunti di tutti gli interlocutori coinvolti, a garanzia
di uno spazio comune di asilo, attraverso l’istituzione di
un’efficace procedura, conforme ai valori e alla tradizione
umanitaria dell’Unione Europea.
Primo Piano
Verso la modifica del Regolamento Dublino
2 0 12 novembre - dicembre
41
Primo Piano
Lo Sprar, il possibile
nucleo centrale del futuro
sistema unico d’asilo
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo
e rifugiati ha ricevuto il riconoscimento di buona
prassi dal Consiglio d’Europa, ma sconta ancora
due limiti: le risorse limitate e il mancato
coordinamento con altri sistemi di accoglienza
di Daniela Di Capua
Direttrice del Servizio centrale dello Sprar - Sistema di protezione per richiedenti
asilo e rifugiati
libertàcivili
Il sistema
è costituito
da una rete
di enti locali
che collabora
con le realtà
del terzo
settore
sviluppando
interventi di
accoglienza
e integrazione
42
L’Italia è un Paese giovane, ha da poco compiuto 150 anni
e il processo di unificazione culturale e sociale è tuttora in atto.
A maggior ragione, è un Paese molto giovane rispetto agli
interventi nazionali di accoglienza di coloro che, fuggendo
forzatamente dai Paesi di origine, chiedono protezione e asilo:
il 1990 è stato l’anno dei profughi che a decine di migliaia
arrivarono dall’Albania, il 1999 quello dei kossovari.
Ed è infatti il 2000 l’anno in cui, per la prima volta, il ministero
dell’Interno insieme all’Anci (Associazione nazionale dei comuni
italiani) e l’Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i
rifugiati), accomunati da una forte condivisione di intenti e una
illuminata lungimiranza, danno il via alla sperimentazione di un
progetto nazionale per l’accoglienza strutturata dei richiedenti
asilo e dei rifugiati in Italia. Si tratta del Pna (Programma nazionale asilo), il cui riconoscimento come buona prassi porta alla
sua istituzionalizzazione tramite la legge 189/2002 e il passaggio
allo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati)1.
Lo Sprar è costituito da una rete di enti locali che, in stretta
collaborazione con le preziose realtà del terzo settore, sviluppano interventi finalizzati all’accoglienza e all’integrazione di
1
Lo Sprar è stato istituito dalla legge n.189/2002 ed è costituito dalla rete degli
enti locali che accedono, tramite apposito bando triennale del ministero dell’Interno,
al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Il coordinamento del Sistema
di protezione è garantito dal Servizio centrale, una struttura operativa, costituita
dalla stessa legge istitutiva del Sistema, attivata dal ministero dell’Interno e affidata
con convenzione ad Anci, al fine di coordinare, assistere e monitorare i progetti
della rete)
2 0 12 novembre - dicembre
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
richiedenti asilo e rifugiati, realizzando progetti di piccole
dimensioni diffusi su tutto il territorio nazionale. I servizi attivati
da ogni singolo progetto prevedono in primo luogo l’erogazione
degli indispensabili mezzi di prima necessità, quali vitto, alloggio,
assistenza sanitaria, inserimento dei minori a scuola. Ma in
egual misura, in un’ottica di immediato avvio verso la costruzione di percorsi individuali di inserimento
socio-economico, i progetti provvedono
I progetti, di piccole dimensioni
anche misure di orientamento legale e sociale,
e diffusi su tutto il territorio,
servizi specialistici per la presa in carico dei
prevedono l’erogazione di vitto, più vulnerabili, mediazione culturale, apprenalloggio, assistenza sanitaria,
dimento della lingua italiana, orientamento al
ma anche percorsi
lavoro e alla formazione.
Da qui la definizione di interventi di “accodi inserimento socio-economico
glienza
integrata” che hanno portato alla
e mediazione culturale
valutazione dello Sprar come buona prassi
da parte dei Commissari per i diritti umani
del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg per l’anno 2011
e Nils Mulznieks, tuttora in carica, per l’anno 2012.
Le caratteristiche principali del Sistema sono:
il carattere pubblico delle risorse messe a disposizione e
degli enti politicamente responsabili dell’accoglienza, ministero
dell’Interno ed enti locali, nonché l’adesione a una rete decentrata sull’intero territorio nazionale, coordinata a livello centrale
e in sinergia con i soggetti del terzo settore, che contribuiscono
in maniera determinante alla realizzazione degli interventi,
secondo una logica di governance multilivello e nel rispetto del
principio della sussidiarietà orizzontale; tale modello garantisce
standard di qualità dei servizi di accoglienza e integrazione in
continua crescita, sulla base di linee guida condivise da tutti i
progetti territoriali
l’offerta di un’accoglienza diffusa e in rete: la maggior parte
degli enti locali aderenti al Sistema sono comuni medi e piccoli
disseminati su tutto il territorio nazionale, operando una distribuzione di beneficiari anche verso zone meno interessate al
fenomeno, elemento determinante al fine sia di una più fluida
inclusione sociale all’interno delle comunità autoctone, sia di
una più probabile possibilità di inserimento lavorativo e abitativo
il coinvolgimento a titolo strettamente volontario, che permette
agli enti locali di scegliere se entrare o meno a far parte della
rete e quindi di preparare gli attori del proprio territorio ad
accogliere al meglio la nuova progettualità. Nonostante ciò,
e anzi proprio grazie a questo, il numero di enti locali che
chiedono di entrare nella rete è cresciuto di anno in anno.
Primo Piano
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)
43
libertàcivili
Primo Piano
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)
44
Distribuzione geografica degli enti locali finanziati dal Fondo nazionale per le politiche
e i servizi dell’asilo negli anni 2011-13
151 progetti territoriali
(rappresentati nella cartina)
128 enti locali
3000 posti di accoglienza
Progetti territoriali
per categorie ordinarie
Progetti territoriali
per categorie vulnerabili
Enti locali
in cui sono attivi sia progetti
per categorie ordinarie,
che per categorie vulnerabili
Progetti territoriali
per categorie vulnerabili/
disagio mentale
2 0 12 novembre - dicembre
Il Sistema di protezione, però, ha due forti limiti. Un limite
di carattere numerico: 3.000 posti di accoglienza complessivi,
che consentono di accogliere ogni anno circa 6.500 persone,
a fronte di un numero di richieste superiore di almeno due
volte. Altro limite è costituito dalla moltiplicazione di sistemi
di accoglienza, che le situazioni di afflussi migratori straordinari
portano con sé a causa dell’attuazione di interventi di carattere
emergenziale. Ne è stato un esempio significativo la cosiddetta Emergenza Nord Africa,
I 3mila posti di accoglienza
che ha visto il circuito di accoglienza attivato
complessivamente disponibili dalla Protezione civile aggiungersi a quello
consentono l’assistenza
dei Cara (Centri di assistenza per i richiedenti
di circa 6.500 persone l’anno,
asilo), dello Sprar ordinario, dello Sprar con
ma sono insufficienti rispetto
posti aggiuntivi straordinari, dei Centri polifunzionali delle aree metropolitane, senza
al numero delle richieste,
poi citare l’accoglienza organizzata e gestita
che è almeno il doppio
direttamente dai comuni con presenze particolarmente significative di richiedenti asilo
e rifugiati sul proprio territorio.
Da un punto di vista generale, va detto che l’aspetto di criticità
non risiede tanto nella quantità degli interventi, quanto nella
mancanza di coerenza e coordinamento fra essi: costi, criteri,
tempi e intenti differenti che inevitabilmente producono azioni
disomogenee e onerose, con risultati e ricadute estremamente
difformi l’uno dall’altro.
L’esperienza dell’Emergenza Nord Africa ha avuto però anche
il merito di riaprire con forza il dibattito sul sistema di accoglienza in Italia e sul ruolo che i diversi attori nazionali e locali
vi dovrebbero ricoprire e a questo proposito molto è stato detto
e scritto anche in documenti ufficiali, condivisi da ministero
dell’Interno, Anci, Upi (Unione delle province italiane), regioni,
ministero del Lavoro.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Anche questo è un elemento essenziale di garanzia della qualità
degli interventi, poiché da un lato assicura una adesione e una
dedizione all’iniziativa senza riserve di sorta e, dall’altro, agevola
i rapporti interistituzionali necessari per mantenere e ampliare
la rete di sostegno al progetto, necessaria per favorire i percorsi
di integrazione dei rifugiati
l’arricchimento del territorio anche in termini di aggiornamento e di apprendimento di nuove conoscenze e competenze
per tutti gli attori, istituzionali e non, attraverso iniziative locali
ma anche nazionali, attivate sia dal Servizio centrale che dagli
stessi progetti.
Primo Piano
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)
45
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)
libertàcivili
Primo Piano
Per quanto ci riguarda, da operatori dell’accoglienza, riteniamo
che le intenzioni dichiarate vadano nella direzione giusta. In
particolare, crediamo nella concreta possibilità di pensare a un
sistema unico e uniforme, in grado di definire a parità di risorse
il percorso che un richiedente asilo possa affrontare nel nostro
Paese, dal primissimo momento del suo arrivo fino all’avvio di
una nuova vita possibilmente autonoma.
Crediamo che il nucleo centrale di tale percorso debba e
possa essere lo Sprar, con un adeguato potenziamento delle sue
caratteristiche d’eccellenza sia dal punto di vista economico
che di standard di servizi e di modello di accoglienza diffusa.
Crediamo che un coordinamento centrale, con una propria
rappresentanza anche a livello locale, costituirebbe uno strumento strategico nell’ottica della costituzione di un vero
sistema unico nazionale, all’interno del quale individuare priorità,
uniformare criteri e procedure, confrontarsi con le esigenze
dei richiedenti asilo e dei rifugiati, ma anche con quelle dei
territori e degli operatori, allargare la condivisione degli interventi ad altri livelli, istituzionali e non.
In altre parole un sistema di asilo nazionale in grado di
garantire protezione e “accoglienza integrata” in egual misura
a tutti i migranti forzati in arrivo in Italia. Nessuno (mai più)
escluso.
46
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
Crotone-Italia:
l’esperienza sul campo
delle commissioni
territoriali
A partire del caso di Crotone, sede di uno
degli organismi nazionali per il riconoscimento
dello status di rifugiato, un excursus sugli aspetti
giuridici e pratico-operativi del lavoro di questi
importanti uffici sparsi sul territorio italiano
di Fabrizio Gallo
Nel 2004, la
commissione
di Crotone
fu istituita
insieme
ad altre sei,
costituendo
il primo
novero
di autorità
dislocate
sul territorio
nazionale
incaricate
di decidere
sulle istanze
dei richiedenti
asilo
La vicenda della Commissione territoriale di Crotone
Il percorso della Commissione territoriale per il riconoscimento
della protezione internazionale di Crotone (allora Commissione
territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato) ha inizio
nel 2004, quando tale organismo fu costituito insieme con altri
sei similari, venendo a crearsi il primo novero di “autorità”
dislocate sul territorio, incaricate, in Italia, di decidere sulle
istanze dei richiedenti asilo.
In realtà, quella storia traeva le mosse da vicende precedenti,
risalenti al 1999, quando in provincia di Crotone fu realizzato
un grande Centro di accoglienza, ai sensi della L. 563/1995
(c.d. Legge Puglia), inizialmente utilizzato per assistere i profughi
provenienti dal Kosovo e successivamente impegnato senza
soluzione di continuità per accogliere immigrati extracomunitari
provenienti via mare sulle coste calabresi e poi siciliane.
La maggior parte di quelle persone fuggiva da teatri di aspri
conflitti in Africa ed Asia e, per tale ragione, gli stessi presentavano richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. In
tal modo, il centro di accoglienza crotonese divenne uno dei
poli italiani di maggiore concentrazione di richiedenti asilo,
tanto che, in diverse occasioni, l’allora Commissione centrale
per il riconoscimento dello status di rifugiato, unica autorità
competente alla decisione di tali richieste, dovette recarsi nella
predetta struttura al fine di velocizzare i tempi di decisione e
consentire un più rapido deflusso degli ospiti dal Centro.
Così, quando con la legge 189/2002 e con il successivo
regolamento di attuazione, Dpr 303/2004, si sono poste le basi
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Presidente della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione
internazionale di Crotone
47
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
Primo Piano
per una prima, organica revisione del sistema organizzativo
finalizzato all’esame e decisione delle istanze di status di rifugiato,
la piccola provincia di Crotone è stata inclusa nei territori destinati
ad ospitare i nuovi, importanti uffici, insieme a Foggia, Gorizia,
Milano, Roma, Siracusa e Trapani 1 .
Quello di Crotone è dunque un punto di riferimento privilegiato
per potere seguire le tappe evolutive del sistema di protezione
internazionale degli stranieri in Italia. L’operatività delle commissioni territoriali ha avuto, infatti, una visibile evoluzione nell’arco
del primo periodo quasi decennale di attività, derivante da una
serie di fattori, in primo luogo normativi, ma anche connessa
alle tecniche di intervista e di redazione delle decisioni, ai
sistemi di reperimento delle informazioni sui Paesi d’origine,
agli sviluppi di carattere logistico e strumentale.
libertàcivili
La legge
189/2002
segna
la prima
organizzazione
delle autorità
in materia
di rifugiati,
delineando
la struttura
basata sulla
Commissione
nazionale
asilo
e su sette
commissioni
locali
48
L’evoluzione normativa
Sotto il profilo normativo, le commissioni territoriali che
iniziavano a operare nel 2005 trovavano i fondamentali parametri
per la propria attività nella già citata legge 189/2002 (e nel
regolamento attuativo, Dpr 303/2004). In quegli anni, la fonte
fondamentale del diritto d’asilo era data dalla legge Martelli
(legge 39/1990) che, avendo abolito la riserva geografica alla
Convenzione di Ginevra del 1951, dava inizio a un nuovo corso,
giuridico e concreto, nella materia in esame.
Il sistema introdotto dalla legge 189/2002 dava luogo a una
prima organizzazione delle autorità competenti in materia di
status di rifugiato, delineando una struttura composta da un
organo di coordinamento – la Commissione nazionale per il
diritto d’asilo – e da sette commissioni territoriali. La procedura
disegnata allora dal legislatore prevedeva una forma semplificata,
destinata ai richiedenti per i quali veniva disposto il trattenimento negli appositi centri di identificazione (antesignani degli
odierni centri di accoglienza per richiedenti asilo) che doveva
esaurirsi in un massimo di venti giorni.
Istituto peculiare di quella procedura, che era senz’altro quella
maggiormente utilizzata, era il riesame. Lo straniero richiedente,
infatti, aveva la possibilità di promuovere, entro cinque giorni
dalla comunicazione della decisione, un’istanza di riesame la
cui valutazione era affidata alla stessa commissione territoriale,
integrata da un componente della Commissione nazionale per il
1
Sui criteri della scelta, v. Marco Benvenuti, La protezione internazionale degli
stranieri in Italia, Jovene, 2011, p.126
2 0 12 novembre - dicembre
2
V., tra le altre, Cass. Sez. VI, Ord. N. 10686/12 del 29 maggio 2012
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Le tre forme
di protezione
riconoscibili
o concedibili
al richiedente
in base
alle norme
e alla giurisprudenza:
lo status
di “rifugiato”,
quello di
“protezione
sussidiaria”,
la “protezione
umanitaria”
diritto d’asilo. Avverso la decisione della commissione territoriale
era comunque previsto il ricorso giurisdizionale e, peraltro, il
gravame non sospendeva il provvedimento di allontanamento
dal territorio nazionale.
Tra il 2005 ed il 2008, i parametri normativi per l’attività delle
commissioni territoriali sono profondamente mutati, in attuazione
dei provvedimenti di normazione comunitaria sull’asilo. Nel 2005,
infatti, è stato emanato il D.Lgs 140/2005 sull’accoglienza dei
richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato; nel 2007
il D.Lgs 251/2007, che definisce le forme e il contenuto della
protezione internazionale e, nel 2008, il D.Lgs 25/2008 che ha
ridefinito le procedure per l’accesso alla suddetta protezione
internazionale.
In particolare, gli ultimi due testi legislativi costituiscono un
corpus completo di definizione sostanziale e procedurale della
materia della protezione internazionale, tanto che la giurisprudenza afferma ormai costantemente che “il diritto d’asilo è oggi
interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle
situazioni finali previste nei tre istituti di protezione ad opera
della esaustiva normativa di cui al D.Lgs 251/2007 e dell’art. 5
c. 6 del Testo unico approvato con D.Lgs 286/1998 sì che non
si scorge alcun margine di residuale diretta applicazione” dell’art.10 della Costituzione che reca la nozione del c.d. asilo
costituzionale 2 .
Tra le innovazioni più rilevanti del nuovo sistema, vi è
senz’altro la protezione sussidiaria, un istituto per il quale è
riconosciuta una forma di protezione internazionale a coloro
che, non possedendo i requisiti per il riconoscimento dello status
di rifugiato, se ritornassero nel proprio Paese d’origine, correrebbero un rischio effettivo di subire un grave danno, nelle
forme indicate dalla stessa fonte legislativa (art. 2, lett. g,
D.Lgs 251/2007).
L’ambito delle forme di protezione riconoscibili o concedibili
al richiedente, secondo quanto stabilito dalla nuova normativa
e dall’interpretazione amministrativa e giurisdizionale sono ora,
dunque, tre:
lo status di rifugiato, così come definito dalla convenzione di
Ginevra del 1951
lo status di protezione sussidiaria, nel senso sopra indicato
la protezione umanitaria, ai sensi dell’art. 5, comma 6, D.Lgs
286/1998.
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
49
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
libertàcivili
Occorre, inoltre, notare, ai fini delle presenti riflessioni, che
la nuova normativa ha abolito l’istituto del riesame amministrativo
e ha introdotto l’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale
contro il diniego della domanda, fatte salve alcune eccezioni
espressamente indicate.
Specifica è anche la disciplina delle domande reiterate,
ovvero quelle istanze di protezione internazionale riproposte
dopo che la Commissione territoriale abbia già deciso. Per esse,
l’art. 29, comma 2, del D.Lgs 25/2008 prevede che, qualora
nell’istanza stessa non si adducano nuovi elementi, la Commissione territoriale provveda a dichiarare l’inammissibilità.
Un particolare impatto sull’attività delle commissioni territoriali
deriva anche dalla disciplina del rinnovo del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. L’art. 23 del D.Lgs 251/2007
prevede infatti che il permesso di soggiorno per protezione
sussidiaria abbia validità triennale e che lo stesso sia rinnovabile previa verifica delle condizioni che hanno consentito il
50
2 0 12 novembre - dicembre
L’evoluzione delle tecniche di intervista e decisorie
La prima esperienza delle commissioni territoriali, negli anni
immediatamente successivi alla riforma della c.d. legge
Martelli, è stata caratterizzata dalla necessità di appropriarsi di
un modus operandi del tutto specifico (fatto sia di tecnicalità
formali–amministrative sia di metodologie di ricerca e analisi
delle informazioni dei Paesi d’origine) il quale, pur travasato
dalla Commissione centrale, poi nazionale, attraverso gli
appositi corsi di formazione, necessitava di tempo adeguato
per l’affinamento.
La comparazione dei verbali di audizione stesi in quei primi
anni di attività con quelli attuali fornisce una prima, chiara
indicazione in tal senso. Si evidenzia, infatti, come, a fronte
di testi connotati da uno sforzo di sintesi e di omogeneità,
anche nell’articolazione delle domande, si palesano oggi atti
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Il numero di
commissioni
territoriali
è passato
da sette
a dieci,
e ad esse
sono state
affiancate,
nel periodo
della
Emergenza
Nord Africa,
14 sezioni
aggiuntive
riconoscimento. Per prassi amministrativa, introdotta con
indicazioni della Commissione nazionale per il diritto d’asilo, le
questure, all’approssimarsi della scadenza del permesso di
soggiorno, richiedono alle commissioni territoriali competenti
l’avviso sul permanere delle suddette condizioni.
Occorre infine segnalare che il panorama organizzativo delle
commissioni territoriali si è significativamente evoluto negli ultimi
anni e infatti il numero delle stesse è passato dalle sette originarie
a dieci; inoltre, nell’ambito dei provvedimenti emessi nel quadro
dello stato d’emergenza deliberato, dapprima, per il generale
afflusso di cittadini extracomunitari alle coste italiane e poi per
la specifica situazione relativa all’emergenza prodottasi in Nord
Africa nel 2 011, fino allo scorso 31 dicembre 2012 erano operative
anche 14 sezioni aggiuntive che avevano recato un indubbio
giovamento alle perfomance del sistema in generale.
Da ultimo, l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri
(Opcm) 33 del 28 dicembre 2012, finalizzata a regolare la
chiusura del predetto stato d’emergenza, ha prescritto la prosecuzione dell’operatività delle sole cinque sezioni istituite ai
sensi dell’art. 2 dell’Opcm 3958/2 011, relativa all’Emergenza
Nord Africa, e comunque non oltre il 30 giugno 2013.
Le innovazioni sopra indicate hanno avuto, come detto, un
impatto rilevante sull’operatività delle commissioni territoriali,
in parte migliorandone i tempi di lavoro e, nel contempo,
aumentandone il grado di approfondimento delle questioni (è
il caso dell’istituzione di nuove commissioni e delle sezioni), in
parte facendo sorgere nuovi problemi operativi che, auspicabilmente, dovranno trovare una soluzione.
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
51
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
Le attività
istruttorie
delle
commissioni
e la tecnica
di redazione
dei provvedimenti sono
sempre più
adeguate
alla
delicatezza
delle funzioni
espletate
L’evoluzione logistica e informatica
L’attività delle commissioni territoriali ha anche vissuto, nei
pochi anni maturati di esperienza, rilevanti evoluzioni di
carattere logistico e informatico.
Sotto il primo profilo, proprio l’esperienza della commissione
di Crotone è esemplare di uno sforzo di rendere sempre più
confacente e funzionale la delicata attività decisionale, grazie
al continuo, mirato impegno di investimenti del ministero
dell’Interno – dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.
Si è passati, così, dalla primissima fase di operatività, nel
2005, in cui la Commissione era ospitata in tre locali, peraltro
libertàcivili
52
più complessi e articolati nei quali è possibile riconoscere
un’attenta valutazione, mediante l’ascolto del richiedente,
dei profili rilevanti della vicenda narrata, sia sotto il profilo
della situazione oggettiva del Paese d’origine sia per ciò che
concerne la vicenda soggettiva.
La stessa analisi delle informazioni sui Paesi d’origine, al
momento attuale, si fonda su un insieme di fonti qualificate,
quali le indicazioni della Commissione nazionale e dell’Unhcr
(Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ma anche
su una pluralità di contributi di diversa origine e, ovviamente,
da sottoporre a vaglio critico, ma che pongono le commissioni
territoriali veramente in grado di formarsi un’idea compiuta,
non solo su specifiche aree territoriali oggetto d’indagine, ma
anche sulle vicende soggettive narrate.
Una tale evoluzione, prodotta da diversi fattori, tra i quali
primeggiano la formazione continua, fondata sia sulle sessioni
presso la Ssai (Scuola superiore dell’Amministrazione civile
dell’Interno) sia sullo sforzo di approfondimento in loco, e l’enorme
sviluppo tecnologico intervenuto negli ultimi anni e che permette
di acquisire via internet ogni tipo di informazione, consente di
ritenere che l’attività istruttoria delle commissioni sia sempre
più adeguata alla delicatezza, anche morale, delle funzioni ad
esse affidate.
Parimenti, la tecnica di redazione dei provvedimenti ha
conosciuto un significativo sviluppo. Se, infatti, gli atti decisori,
nei primi anni di esperienza delle commissioni, erano ispirati a
una logica di sintesi e uniformità, pur nel pieno rispetto degli
obblighi di motivazione, oggi si nota a prima vista lo sforzo di
differenziare i provvedimenti, specialmente quelli che negano il
riconoscimento dello status di rifugiato, dando conto delle
argomentazioni sviluppate dal richiedente e delle ragioni in fatto
e diritto che inducono a una specifica determinazione.
2 0 12 novembre - dicembre
I problemi attuali
A circa otto anni dall’inizio dell’attività delle commissioni
territoriali, avendo constatato il percorso notevole già compiuto,
è ora possibile chiedersi quale sia la situazione e soprattutto
quali sono gli aspetti problematici avvertiti nella pratica quotidiana.
Muovendosi per tale riflessione è opportuno definire, in sintesi,
quale sia il “nucleo duro” della mission di tali organismi. Esso
sembra potersi individuare nella necessità di decidere presto
e bene (rectius, con il massimo approfondimento possibile) le
istanze di protezione internazionale. Il fondamento di una tale
affermazione può essere individuato nell’undicesimo considerando
della Direttiva 2005/85/CE del 1° dicembre 2005, secondo il
quale è nell’interesse, sia degli Stati membri sia dei richiedenti
asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande
d’asilo, nonché del decimo, per il quale è indispensabile che
l’autorità decidente disponga di conoscenze adeguate in materia
di asilo e diritto dei rifugiati.
Se ciò è vero, se dunque anche l’aspetto temporale della
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
La
Commissione
di Crotone,
in questi anni,
ha subito
una
evoluzione
sia dal punto
di vista
logistico che
degli strumenti
informatici
dignitosi e ben disposti, all’interno del Centro d’accoglienza,
alla situazione attuale, in cui dispone di una nuova autonoma
sede, dotata di numerosi locali attrezzati. La Commissione, così,
è messa in condizione, per ciascuno dei propri componenti, di
utilizzare gli strumenti più adeguati per una celere e approfondita
attività istruttoria.
Si pensi, al riguardo, alla possibilità di accedere a fonti
d’informazione qualificate e diversificate in modo semplice e
immediato attraverso internet, ma anche alla possibilità di
acquisire con tempestività elementi informativi sulla geografia
delle zone d’interesse, sulla conformazione delle città fino a
immagini delle vie e dei luoghi più significativi, così utili nel
saggiare la veridicità dei racconti; una possibilità oggi resa
virtualmente reale attraverso gli strumenti di mappatura elettronica rinvenibili su internet.
Nell’ambito degli sviluppi informatici che hanno profondamente
cambiato l’attività delle commissioni vi è senz’altro l’implementazione e la piena attuazione di Vestanet (vedi in questo numero
l’articolo di Alessandra Camporota, ndr), un piattaforma informatica e telematica sulla quale sono veicolati gli atti del procedimento e le relative informazioni, collegando in tempo reale il
lavoro delle questure e delle commissioni. Si tratta di un salto
di qualità lavorativo che produce un notevole risparmio di lavoro
cartaceo e un netto miglioramento nella certezza e condivisione
del patrimonio informativo procedimentale.
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
53
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
libertàcivili
L’enorme
mole di lavoro
burocratico
che le
commissioni
sono costrette
ad affrontare
rischia
di distogliere
energie
dallo sforzo
di approfondimento
qualitativo
delle domande,
che è
un obiettivo
fondamentale
54
2 0 12 novembre - dicembre
decisione ha una sua fondamentale rilevanza, si pongono, allo
stato attuale, alcune questioni problematiche.
La prima, attiene alle modalità dell’esame del richiedente. In
particolare ci si riferisce alla necessità, a normativa vigente, che
la commissione provveda collegialmente a sentire l’interessato.
Sul punto, è esperienza comune che un tale assetto sia difficilmente sostenibile: è sufficiente considerare il numero delle
richieste di protezione che gravano su di una commissione
mediamente impegnata, rapportarlo al numero massimo di
giornate che si possono dedicare in un anno alle audizioni e
alla durata media di un esame per esprimere perplessità al
riguardo. Inoltre, sia la considerazione della cornice normativa
europea sia il confronto comparato con altri sistemi giuridici
non rende impossibile una riponderazione del dato normativo
interno ai fini di una maggiore coerenza con la prassi amministrativa sin qui sviluppata.
Nel merito, sembra essere ormai acquisizione comune,
quantomeno tra i pratici del settore, che la peculiarità del funzionamento delle commissioni stia nel momento della discussione
collegiale, in cui diverse sensibilità e diverse formazioni culturali
si vanno a fondere al fine di concorrere alla migliore decisione
possibile, che è relativa tanto ad aspetti sostanziali quanto a
eventuali opportune indicazioni per seguiti istruttori mirati.
La seconda questione da rilevare è la mole di lavoro burocratico che sempre più grava le commissioni e che rischia,
soprattutto negli ambiti in cui vi è maggiore carenza di personale,
di distogliere energie dallo sforzo di approfondimento qualitativo
che pure deve essere un obiettivo fondamentale.
Il primo flusso di lavoro cartaceo è relativo ai rinnovi. In proposito, ferma l’esigenza delle verifica dei presupposti che
hanno dato luogo a una forma di protezione diversa dallo
status di rifugiato, occorre valutare se non sia possibile
approntare soluzioni normative tali per le quali sia reso
necessario un pronunciamento espresso delle commissioni
solo in caso di sopravvenienza di motivi sfavorevoli al rinnovo.
Ulteriore, notevole aggravio dell’attività amministrativa della
commissione è dato dal contenzioso giurisdizionale. Nell’esperienza di una commissione notevolmente impegnata, come
quella di Crotone, si tratta di poco meno di mille processi civili
all’anno, con una conseguente movimentazione cartacea che
assorbe una parte importante delle energie lavorative del
personale di supporto.
Il sensibile aumento del contenzioso nel nuovo sistema può
trovare qualche elemento di spiegazione in due elementi che
3
V., in questo senso ancora Marco Benvenuti, op.cit., p.710
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Sul notevole
aumento del
contenzioso
giurisdizionale
che si è
sviluppato
in merito
alle decisioni
delle
commissioni
incidono
l’effetto
sospensivo
dei ricorsi
e l’assenza
di filtri precontenzioso
che riducano
il ricorso
alla giustizia
sembrano essere costituiti dall’effetto sospensivo del ricorso
giurisdizionale e dall’assenza di filtri tesi a ridurre il ricorso alla
giustizia. Nel sistema pregresso, come detto, era operativo
l’istituto del riesame. Tale strumento, che non ha avuto buona
accoglienza in dottrina ed è stato espunto dall’ordinamento
dalla nuova disciplina legislativa, aveva dato dei risultati che
avrebbero meritato maggiore attenzione.
Rilevante incidenza sembra avere anche l’effetto sospensivo
della decisione di diniego che la normativa vigente riconnette
alla proposizione del ricorso giurisdizionale. E in effetti, fermo
il pieno diritto dell’interessato di fruire di ogni strumento messo
a disposizione dall’ordinamento, un richiedente destinatario di
diniego ha la possibilità di prolungare legittimamente il proprio
soggiorno in Italia con la proposizione del ricorso, attenderne
l’esito e successivamente, nel caso di avversa fortuna anche in
sede giurisdizionale, proporre una domanda reiterata che lo
ricondurrà nella posizione di richiedente asilo, fatta salva la
possibilità, ex art. 29 del D.Lgs 25/2008, che la commissione
territoriale dichiari l’inammissibilità della nuova istanza, con
preclusione dell’effetto sospensivo, sempre che l’interessato
non adduca nuovi elementi soggettivi od oggettivi.
In relazione a tale tematica, senza voler promuovere ritorni
al passato, sembra auspicabile individuare idonei e congrui
sistemi di filtro precontenziosi, in linea con le tendenze generali
delle politiche di deflazione del processo, che possano raggiungere un giusto equilibrio tra l’esigenza prioritaria di poter ricorrere
efficacemente alla giustizia e quella di evitare ricorsi dilatori.
In una tale situazione d’impegno anche quantitativo, in cui si
avvertono le difficoltà che derivano dalla mancata previsione di
una dotazione organica specifica, si è sviluppata, come notato
in precedenza, l’esperienza molto positiva delle sezioni di
commissione che, nate nel regime emergenziale, ci si augura
possano assumere un ruolo stabile nella legislazione primaria.
In conclusione, l’esperienza delle commissioni territoriali per il
riconoscimento della protezione internazionale, vista dalla
prospettiva del “pratico”, è complessivamente positiva. Si può
affermare che, pur considerate alcune perplessità originarie della
dottrina e del mondo che segue il settore dell’immigrazione 3
relative alla composizione di tali organi, proprio la diversa
provenienza, sensibilità e formazione dei membri ha dato
Primo Piano
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
55
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale
libertàcivili
Primo Piano
luogo, gradualmente, a una cultura di fondo comune da cui
scaturiscono decisioni quasi sempre unanimi e con un grado
di celerità che, considerati i fattori sopra indicati, può indurre
a valutazioni positive 4 .
Si tratta di strumenti utili per una sempre maggiore tutela di
principi fondamentali dei nostri sistemi giuridici, che potranno
essere ulteriormente perfezionati, anche promuovendo forme
di collaborazione sempre più costanti con il mondo scientifico,
tenendo presenti i dati ormai disponibili sull’attività espletata e
curando di introdurre rimedi concreti agli aspetti problematici
che abbiamo di fronte.
56
4
Cfr. AA.VV., Procedure e garanzie del diritto d’asilo, Cedam, 2 011, p.192, e
Sandra Sarti, L’Italia dei rifugiati, ed. Anci, p. 57
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
L’informatica al servizio
della protezione internazionale
Il dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione
del ministero dell’Interno ha messo in campo
uno sforzo notevole per l’informatizzazione
delle procedure di sua competenza riguardanti
il sistema asilo e l’immigrazione in generale
di Alessandra Camporota
Introduzione
Il fenomeno migratorio ha assunto negli ultimi decenni
proporzioni notevoli in gran parte degli Stati europei, tali da
costituire un banco di prova per i rispettivi governi, sia nella
gestione dell’immigrazione regolare, sia nel contrasto all’immigrazione irregolare, sia nello svolgimento del complesso e
delicato compito dell’esame delle richieste di protezione internazionale. Tra le misure ad ampio raggio utili a supportare tali
attività vanno contemplati gli interventi di innovazione tecnologica volti a ridurre la complessità degli adempimenti burocratici
esistenti e a ottimizzare tempi e interventi.
Al riguardo, presso il dipartimento per le Libertà civili e
l’Immigrazione, con il coordinamento dell’ufficio VI di staff Sistema informatico del Dipartimento, è in
fase di avanzata realizzazione un progetto
Gli interventi di innovazione
teso al riassetto e consolidamento tecnologico,
tecnologica sono volti a ridurre
architetturale, procedurale e organizzativo,
la complessità degli
per l’omogeneizzazione dei processi che
adempimenti burocratici
afferiscono all’immigrazione. Tale progetto –
e a ottimizzare tempi
avviato nel 2009 – mira a conseguire l’obiettivo
e interventi nella gestione
dell’automazione completa di tutti i procedimenti amministrativi gestiti dagli uffici centrali
dell’immigrazione
e periferici coinvolti nel trattamento delle
problematiche inerenti l’immigrazione e le
libertà civili, attraverso le seguenti realizzazioni:
la creazione della Banca dati anagrafica unificata dell’immigrazione (BAI)
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Viceprefetto - Capo di gabinetto del dipartimento Libertà civili e Immigrazione
57
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
libertàcivili
Primo Piano
l’interconnessione attraverso SPC (Sistema pubblico di
connettività) e i servizi di cooperazione applicativa fra tutte le
amministrazioni pubbliche e gli enti coinvolti per lo scambio
informatizzato di dati e informazioni sui processi amministrativi
riguardanti l’immigrazione
l’avvio in modalità totalmente informatizzata delle istanze
da parte degli utenti (domanda di protezione internazionale,
richiesta di nulla osta al lavoro, emersione, cittadinanza, etc.)
la creazione di un portale unico di accesso alle informazioni
sullo stato di avanzamento della propria pratica.
La piattaforma comprende anche i collegamenti verso il dipartimento di Pubblica sicurezza, l’Agenzia delle entrate, il ministero
del Lavoro e le direzioni territoriali del lavoro, il ministero degli
Affari esteri, l’Inps, le Poste italiane, il casellario giudiziale.
L’utilizzo della Banca dati anagrafica dell’immigrazione
Il Dpr 242/04 (Regolamento per la razionalizzazione e la
interconnessione delle comunicazioni tra amministrazioni
pubbliche in materia di immigrazione), all’art. 2 stabilisce che:
“Ai fini della razionalizzazione del trattamento e dello scambio
delle informazioni relative ai procedimenti di cui al testo unico
e al regolamento, sono istituiti e tenuti dal ministero
dell’Interno-dipartimento per le libertà civili e l’Immigrazione
archivi automatizzati in materia di immigrazione e di asilo. A
tali archivi accedono le pubbliche amministrazioni interessate, individuate con decreto
La BAI ha consentito
del ministro dell’Interno”. In attuazione di
di unificare in un solo archivio tale normativa, il complesso progetto della
le anagrafiche dei cittadini
Banca anagrafica dell’immigrazione (BAI),
stranieri soggetti
individuata anche dall’art. 60 del Codice
a procedimenti amministrativi dell’amministrazione digitale (D. Lgs 7 marzo
2005, n. 82) come base dati di interesse
gestiti dai sistemi applicativi
nazionale, ha consentito di unificare in un
del Dipartimento
unico archivio le anagrafiche degli stranieri
soggetti dei procedimenti amministrativi
gestiti dai sistemi applicativi del Dipartimento.
La BAI si sostanzia nella razionalizzazione e centralizzazione
delle informazioni anagrafiche degli stranieri e delle relative
tabelle tipologiche, registrate attraverso i diversi sistemi
applicativi gestiti dal sistema informativo del Dipartimento
(richiedenti la protezione internazionale, Unità Dublino, Sportello
unico per l’immigrazione, cittadinanza etc.), consentendo di
rendere disponibile, in maniera univoca e non frammentata,
tutte le informazioni anagrafiche dello straniero.
58
2 0 12 novembre - dicembre
I vantaggi nell’utilizzo della BAI
L’immediato vantaggio apportato dall’utilizzo della Banca
anagrafica dell’immigrazione è la disponibilità dei riferimenti
che costituiscono la “storia dello straniero”, che spesso ha inizio
proprio con la richiesta di protezione internazionale. Attraverso
l’accesso alla BAI, infatti, l’utente/operatore abilitato, nel ricercare
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
La BAI e la richiesta di protezione internazionale
Per quanto riguarda, in particolare, gli stranieri potenziali
richiedenti asilo, la gestione delle procedure amministrative
avviene attraverso il sistema applicativo “Centri”, di ausilio
all’attività degli enti gestori, che conterrà, a regime, le generalità
e le altre informazioni raccolte dagli uffici immigrazione delle
questure.
Successivamente, nell’ipotesi in cui lo straniero censito
richieda la protezione internazionale, il sistema applicativo
“VestanetC3” consente, dallo scorso anno, la compilazione e la
trasmissione on-line della domanda di protezione internazionale
(c.d. modello C3) dalla questura alla commissione territoriale
per il riconoscimento della protezione internazionale competente. Alla procedura partecipa
Centri, Vestanet C3, Dublinet,
anche l’Unità Dublino, ufficio competente, in
SPI, Sicitt: questi i nomi
attuazione del Regolamento CE n 343/2003,
dei principali sistemi informativi alla determinazione dello Stato membro cui
che sovrintendono alle diverse spetta l’esame della richiesta di protezione
procedure relative
internazionale, attraverso l’utilizzo del sistema
applicativo “Dublinet”.
alle migrazioni gestite
Per completezza di informazione, sul fronte
dal ministero dell’Interno
dell’immigrazione regolare, la domanda di
lavoro dello straniero che intenda entrare in
Italia per motivi di lavoro o per ricongiungimenti familiari viene
inoltrata allo Sportello unico per l’immigrazione competente
dal suo potenziale datore di lavoro che deve registrarsi, come
il familiare che richiede il ricongiungimento, sul portale web per
poter compilare e inviare la domanda (Portale “Ali”), mentre il
sistema applicativo “SPI” gestisce, in ausilio dei vari attori
coinvolti nel procedimento (Sportello unico, direzione territoriale
del lavoro, questura, ministero Affari esteri) la procedura
informatica. Infine lo straniero, in presenza dei requisiti previsti
dalla normativa vigente, può richiedere la cittadinanza italiana
all’ufficio territoriale del governo-prefettura competente per
territorio e, in un prossimo futuro, potrà inviare la domanda
on-line. La gestione della procedura avviene attraverso l’utilizzo
del sistema applicativo “Sicitt”.
Primo Piano
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
59
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
libertàcivili
Primo Piano
un’anagrafica, può visualizzare le informazioni complessive che
fanno riferimento allo straniero, potendo quindi rappresentare
la sua “storia”, attraverso la ricostruzione del suo percorso
amministrativo.
In precedenza, a causa della distribuzione frammentata
delle pratiche presenti sui diversi sistemi applicativi che non
dialogavano tra loro, tale possibilità di integrazione non era
conseguibile mentre, a realizzazione della BAI completata,
l’attività di caricamento delle informazioni anagrafiche potrà
essere demandata solo all’operatore della prima richiesta di
accesso alla procedura da parte dello straniero, mentre gli
operatori competenti alla gestione delle altre procedure
dovranno solo aggiornare le informazioni integrative di cui
siano in possesso, se necessario.
Il risultato positivo di tale modalità operativa è costituito sia
dalla centralità e univocità delle informazioni relative allo
straniero, sia dalla possibilità di ottenere la “fotografia” del
singolo straniero e di conoscerne la storia. La realizzazione della
BAI rappresenta pertanto un primo passo verso l’importante
obiettivo del cambiamento dell’approccio alla gestione delle
procedure amministrative relative agli stranieri, attraverso il
capovolgimento del punto di vista della “singola pratica” in
quello di “persona destinataria di più pratiche che ne rappresentano la storia”.
Il sistema di alimentazione automatica delle pratiche
e la sua applicazione alla procedura di asilo
Il sistema è stato realizzato in origine per permettere la
compilazione e l’invio telematico allo Sportello unico per l’immigrazione delle domande di nullaosta al lavoro,
di ricongiungimento familiare, di conversione
Nella logica della
del permesso di soggiorno e di emersione
dematerializzazione si iscrivono
dal lavoro per cittadini extracomunitari.
il sistema per l’invio telematico Questo sistema, via via perfezionato e
delle domande allo Sportello
semplificato, è stato utilizzato con successo
unico per l’immigrazione
fin dal 2007 per le operazioni legate sia ai
e per la prenotazione
decreti flussi sia alle c.d. “emersioni dal lavoro
irregolare”, nel 2009 e nel settembre-ottobre
e gestione dei test d’italiano
dell’anno scorso, e ha consentito di eliminare
la compilazione manuale delle domande.
Dalla stessa logica di dematerializzazione sono derivate le
implementazioni di sistemi applicativi relative alle procedure
per la prenotazione e la gestione del test di italiano. In particolare, nel corso del 2010, è stato predisposto, in adesione
60
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
Il progetto “modello C3 on-line”…
La realizzazione riguarda l’informatizzazione dell’intera
procedura per il riconoscimento dello stato di protezione
internazionale, con particolare riferimento all’invio on-line del c.d.
“modello C3” (domanda di protezione internazionale) da parte
della questura competente alla commissione territoriale per il
riconoscimento della protezione internazionale di riferimento.
La piena operatività del nuovo sistema, dopo una fase
sperimentale, è avvenuta a decorrere dal mese di luglio
2012 e ha comportato il coinvolgimento nell’utilizzo del
sistema informatico di tutti gli attori dell’iter procedurale
amministrativo: le commissioni territoriali, che già utilizzavano
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
alla normativa vigente, un sistema informatico di supporto alle
prefetture che consente di ricevere le richieste degli stranieri, di
organizzare lo svolgimento del test e di acquisirne gli esiti.
Nel corso del 2011 è stata poi implementata una funzionalità
di estremo interesse realizzando l’applicativo demandato a
gestire sia la sottoscrizione che la verifica dello stato
dell’Accordo di integrazione, strumento disciplinato dal Dpr
14 settembre 2011 n.179.
61
un sistema informatico per le attività di competenza, le questure
e l’unità Dublino.
La nuova procedura informatizzata sta consentendo il raggiungimento dell’obiettivo di semplificazione del procedimento
amministrativo relativo alle richieste di protezione internazionale
attraverso l’eliminazione del cartaceo, la riduzione dei tempi
di svolgimento del procedimento e una maggiore tracciabilità
del complesso delle operazioni necessarie da parte dei diversi
attori coinvolti.
Nel momento in cui l’immigrato richiedente asilo giunge sul
territorio nazionale vengono attivate, da parte delle questure,
le procedure di accertamento riferite sia al
La nuova procedura informatica Regolamento “Dublino” (Regolamento CE
n. 343/03 del Consiglio che stabilisce “i criteri
per il riconoscimento dello stato e i meccanismi di determinazione dello Stato
di protezione internazionale
membro competente per l’esame di una
sta consentendo una
domanda di asilo presentata in uno degli
semplificazione grazie
Stati membri da un cittadino di un Paese
terzo”) sia al D.Lgs 28 gennaio 2008 n. 25,
all’eliminazione della carta e
alla riduzione dei tempi d’attesa relativo alle procedure di riconoscimento
dello status di protezione internazionale. In
particolare, la questura avvia il procedimento
compilando il modello C3 tramite il sistema applicativo
“Vestanet” (130 le postazioni tecnologiche messe a disposizione delle questure da parte del dipartimento Libertà civili e
Immigrazione), effettua le verifiche di competenza e perfeziona
la pratica coinvolgendo, nei casi previsti dalla normativa, l’Unità
Dublino, con la compilazione informatizzata del “formulario
Dublino”, chiude la fase istruttoria della pratica e la trasferisce,
sempre attraverso il sistema, alla commissione territoriale
competente.
L’applicativo supporta la commissione e la questura nella
fissazione della data di audizione e nella notifica di convocazione,
nel rispetto della data di consegna del permesso di soggiorno
temporaneo. Il richiedente riceve la notifica della convocazione.
Il sistema gestisce, attraverso un flusso informatizzato, l’iter
procedurale di competenza che si conclude con l’emissione
del decreto di riconoscimento o rigetto della domanda. Il decreto
viene notificato al richiedente tramite la questura e, successivamente, la commissione territoriale chiude la pratica sul
sistema. Nelle ipotesi previste dalla normativa, inoltre, l’analisi
viene trasferita, attraverso il sistema, all’Unità Dublino, che
esamina il fascicolo e determina l’eventuale competenza dell’Italia
nell’esame. Nel caso di competenza estera, la domanda è
62
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
libertàcivili
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
…e il “sistema Dublino”
Come si è già illustrato con riferimento al progetto “modello
C3 on-line”, negli ultimi due anni il dipartimento Libertà Civili
e Immigrazione si è fatto promotore delle realizzazioni informatiche anche a favore degli altri enti coinvolti, in particolare
il dipartimento della Pubblica sicurezza, soprattutto con riferimento ai sistemi applicativi concernenti le procedure di asilo.
In questo periodo, infatti, è in atto lo studio e la realizzazione
della completa informatizzazione della “procedura Dublino”,
che vede coinvolti, oltre all’Unità Dublino, anche la Polizia
scientifica e la direzione centrale Immigrazione e Polizia delle
frontiere.
In particolare, con la Polizia scientifica nel corso del 2011
si è già realizzato il colloquio diretto, nell’ambito dei servizi di
cooperazione applicativa, per l’acquisizione del codice Eurodac,
colloquio che è in fase di ulteriore perfezionamento. Inoltre, dal mese di novembre
È in atto il progetto della
dello scorso anno, è stato istituito presso il
completa informatizzazione
Dipartimento un tavolo tecnico per l’approfondella “procedura Dublino”,
dimento del processo di scambio di inforche vede coinvolti l’omonima
mazioni tra l’Unità Dublino e la polizia di
Unità, la Polizia scientifica
frontiera, al fine di una completa informatize la direzione centrale
zazione della procedura, già supportata dal
sistema applicativo “Dublinet”, realizzato a suo
Immigrazione e Frontiere
tempo in conformità allo standard europeo,
sistema che colloquia da anni con gli altri
Stati membri.
L’implementazione prevede che, dopo la risposta della
polizia scientifica, l’utente dell’Unità Dublino renda visibile la
pratica da trattare alla direzione centrale Frontiere. La polizia
di frontiera, dal canto suo, accede al sistema, visualizza la
pratica da lavorare e inserisce i dati richiesti in un’apposita
maschera che trasmette all’Unità Dublino attraverso il sistema
“Dublinet”.
È stato richiesto, inoltre, di poter avere una visualizzazione
immediata delle pratiche in visione alla polizia di frontiera
delle quali non si è ancora avuto risposta e delle pratiche evase
dalla stessa polizia, oltre all’inserimento del semaforo che
segnala l’urgenza della pratica, mentre il progetto prevede
anche la realizzazione del colloquio tra il sistema “Dublinet” e
la Polaria.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
automaticamente trasferita alla questura che provvede agli
adempimenti normativi sempre con il supporto del sistema.
Primo Piano
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
63
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
Primo Piano
A regime si otterrà, oltre all’informatizzazione completa
della procedura – come già realizzato con il progetto “modello
C3 on-line” – anche una stretta interrelazione tra sistemi
applicativi, in una visione fortemente avanzata, creando tra
l’altro un colloquio informatico costante tra diversi attori, italiani
ed europei.
libertàcivili
Il portale di accesso alle informazioni
sullo stato di avanzamento di una istanza
Altra innovazione già da tempo realizzata presso il
Dipartimento è la possibilità, per i soggetti interessati, utilizzando le credenziali ottenute in fase di invio della domanda
o ricevute, ad esempio, dallo Sportello unico all’atto della
sottoscrizione dell’Accordo di integrazione, di accedere a
un portale che consente di consultare in tempo reale lo stato
della propria domanda. In tal modo si è ridotto in maniera
sostanziale l’accesso agli sportelli finalizzato alla sola
richiesta di informazioni.
Conclusioni
Come si evince da quanto illustrato, il Dipartimento si è fatto
promotore da anni, con una forte accelerazione negli ultimi
due, in particolare nel settore dell’asilo, della realizzazione di
un complessivo progetto di informatizzazione delle procedure
amministrative relative agli stranieri, facendosi carico anche delle implementazioni
L’informatizzazione di molte
della parte di competenza di altre strutture,
procedure ha fatto superare
in un’ottica di proficua collaborazione finale possibili remore dovute
lizzata al raggiungimento della maggiore
soltanto a scarsa conoscenza efficienza del sistema e del sistema asilo, in
dell’accessibilità e delle
particolare, nel suo complesso.
potenzialità offerte
Tale impostazione è in linea con le evoluzioni avviate già in precedenza relative alla
dal collegamento in rete
realizzazione della BAI, che può essere
considerata un primo obiettivo di un più
ampio progetto di integrazione di tutti i dati anagrafici provenienti da procedimenti amministrativi di pertinenza anche di
altri dipartimenti del ministero dell’Interno (rilascio/rinnovo
dei permessi di soggiorno, anagrafe del cittadino), nonché di
altri
enti
e
pubbliche
amministrazioni
(situazione
contributiva/assicurativa, situazione fiscale, doganale, etc.).
È evidente che si tratta di un percorso ambizioso, lungo e
complesso, che non rappresenta esclusivamente una innovazione di carattere informatico, ma che comporta un cambia-
64
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
mento nell’approccio e nella gestione dei procedimenti relativi
allo straniero, la cui realizzazione potrà essere completata
solo con la collaborazione e il concreto interesse da parte di
tutti gli attori coinvolti.
Nel settore della protezione internazionale, poi, la collaborazione assume caratteristiche di grande concretezza, attraverso
l’approfondimento, in appositi tavoli tecnici, di tutte le fasi del
procedimento, consentendo alla realizzazione informatica di
ottimizzare e semplificare spesso anche aspetti burocratici
non approfonditi in precedenza, con grande soddisfazione e
coinvolgimento dei soggetti partecipanti. Si può parlare, con
orgoglio, di una felice esperienza di “buone prassi” da enfatizzare e diffondere.
Infine, un altro risultato non trascurabile ottenuto è relativo
alla circostanza che il successo delle realizzazioni sopra illustrate, alle quali si aggiungerà, nel corso del 2013, l’invio on-line
della domanda di cittadinanza, ha determinato senz’altro il
definitivo superamento, nel perseguimento di una informatizzazione “spinta”, di ogni possibile remora dovuta soltanto a
una scarsa conoscenza dell’accessibilità e delle potenzialità
offerte dal collegamento in rete.
Primo Piano
Le procedure informatiche nell’ambito del sistema asilo
2 0 12 novembre - dicembre
65
Primo Piano
Rendere effettivo
il diritto al lavoro
dei rifugiati
La possibilità di essere riconosciuti per ciò che
si fa è determinante per l’integrazione dei
richiedenti asilo. In un contesto di crisi, il supporto
all’avviamento di un’attività imprenditoriale
autonoma può essere una via d’uscita
di Christopher Hein
Direttore del Cir - Consiglio italiano per i rifugiati onlus
libertàcivili
Il diritto
di lavorare
è un diritto
umano
che prescinde
dalla
nazionalità
o dallo status
giuridico
della persona
66
Il diritto di lavorare è innanzitutto un diritto umano, ovvero
un diritto di tutti, indipendentemente dalla nazionalità o dallo
status giuridico della persona 1 . Tuttavia, gli Stati possono
restringere tale diritto, possono stabilire condizioni e requisiti,
e possono privilegiare i propri cittadini nell’accesso al lavoro.
Non possono invece discriminare certe categorie di persone,
cittadini stranieri, per esempio in quanto alle condizioni di
lavoro e alla remunerazione 2 .
La Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati,
agli articoli 17 e 18, garantisce il diritto al lavoro dipendente
e autonomo ai rifugiati, comunque per coloro che hanno meno
di tre anni di residenza nel Paese, con la restrizione di applicare
“il trattamento più favorevole accordato, nelle stesse circostanze, ai cittadini di un Paese straniero”. L’Italia aveva posto
una riserva a questi articoli al momento della firma della
Convenzione. Assieme all’abolizione della limitazione geografica
nell’applicazione della Convenzione – che permetteva di
richiedere lo status di rifugiato ai soli stranieri di provenienza
europea – il Governo italiano ritirò la riserva al diritto di lavoro
nel 1990. Si può dire che solo da quel momento l’Italia diventò
un Paese d’asilo.
Con la Direttiva dell’Unione Europea sulla qualifica per la
1
Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 16 dicembre 1966,
articolo 6
2
2 0 12 novembre - dicembre
Articolo 7 del Patto cit.
protezione internazionale del 2004, recepita in Italia dal decreto
legislativo n. 251 del 19 novembre 2007, il diritto al lavoro per
i rifugiati viene garantito in modo più ampio rispetto alla
Convenzione di Ginevra, garantendo il medesimo trattamento
previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato,
lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la
formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro 3 .
Inoltre, il diritto al lavoro viene concesso anche ai beneficiari
della protezione sussidiaria, con l’eccezione dell’accesso
all’impiego pubblico, previsto invece per i rifugiati. Nell’attuale
realtà italiana il diritto diventa effettivo dopo sei mesi dal rilascio
del primo permesso di soggiorno.
La riforma della Direttiva “qualifiche” del dicembre 2011 4 ,
ancora non recepita dall’Italia, tende ad equiparare maggiormente il diritto dei beneficiari della protezione sussidiaria con
quello dei rifugiati e rafforza il diritto di accesso all’occupazione
nonché alla formazione professionale, precisando che il diritto
è fruibile a partire dal momento dell’avvenuto riconoscimento
della protezione internazionale.
Tutto sommato, si può affermare che i rifugiati 5 godono
degli stessi diritti dei cittadini italiani nell’ambito del lavoro e
della formazione professionale. Ma una cosa è il diritto sulla carta,
un’altra cosa è l’effettiva fruizione del diritto. I titolari della
protezione internazionale si trovano in condizioni di svantaggio
oggettivo e soggettivo rispetto ai nazionali, e, su certi aspetti,
anche di svantaggio rispetto ai lavoratori immigrati.
I maggiori svantaggi sono: mancanza o insufficiente conoscenza della lingua; mancanza di conoscenza del “sistema
Paese” con le sue regole, le sue istituzioni, la sua storia e le sue
abitudini; perdita del proprio ruolo professionale e sociale;
mancanza di una rete familiare, amicale e di conoscenti; una
condizione psicologica di angoscia, di senso di perdita, di
nostalgia, legata ai traumi vissuti nel Paese di origine e durante
il viaggio, a volte il senso di colpa per aver abbandonato i familiari
e i propri contesti sociali; un senso di disorientamento causato
dall’inserimento in una realtà completamente diversa in cui
non si hanno radici, né storia né ricordi; la consapevolezza
3
Articolo 25 del Patto
4
Direttiva 2011/95/UE del 13 dicembre 2011
5
D’ora in avanti, il termine “rifugiati” sarà utilizzato per indicare anche i titolari di
protezione sussidiaria
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
I rifugiati
godono
degli stessi
diritti
dei cittadini
italiani
nell’ambito
del lavoro
e della
formazione
professionale
Primo Piano
I rifugiati e il diritto al lavoro
67
Primo Piano
I rifugiati e il diritto al lavoro
In Italia
l’accesso
al mercato
del lavoro
avviene solo
in minima
parte
attraverso
canali
istituzionali
quali centri
per l’impiego
e uffici di
collocamento,
e in massima
parte
attraverso
canali
informali
e conoscenze
personali
che non c’è una “marcia indietro”, che il ritorno nel proprio Paese
non dipende dalla propria volontà.
Sono proprio questi vissuti che alimentano la perdita di
un’immagine di sé positiva e che influiscono sull’integrazione
sociale e lavorativa nel Paese d’asilo. La possibilità, invece,
di essere riconosciuti per ciò che si fa e di uscire dall’invisibilità
acquistando un ruolo nella nuova società diventa quindi determinante e “terapeutico” per i rifugiati.
In Italia, l’accesso al mercato del lavoro avviene solo in minima
parte (2%) 6 attraverso canali istituzionali, centri per l’impiego,
uffici di collocamento, e in massima parte attraverso canali
informali, conoscenze personali. È proprio la carenza di questi
canali informali che caratterizza la condizione dell’esilio, se non
lì dove esistono comunità di connazionali che effettivamente
assumono un ruolo di primaria importanza per la ricerca di un
posto di lavoro.
Risultato della situazione svantaggiata dei rifugiati è il loro
elevatissimo tasso di disoccupazione. Gli immigrati – che
dividono con i rifugiati alcuni, anche se non tutti gli elementi
di svantaggio menzionati – hanno, all’inizio del 2012, un tasso
di disoccupazione del 12,1%, quattro punti in più rispetto agli
italiani 7 . Statistiche precise sulla disoccupazione dei rifugiati
non esistono. Tuttavia, una recente ricerca basata su un campione
ampio, ma non necessariamente rappresentativo, effettuata dal
Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) con varie organizzazioni
partner 8 dimostra una disoccupazione di rifugiati, titolari di
protezione internazionale, presenti in Italia da oltre tre anni,
del 49%, e anche quelli che lavorano dichiarano nel 22% dei
casi di essere privi di contratto 9 .
È evidente che l’attuale crisi del mercato del lavoro incide
in modo particolare sull’occupazione degli immigrati e dei
rifugiati, e rischia di far aumentare ulteriormente l’impiego nel
mercato del lavoro sommerso, già da molti anni caratterizzato
da un tasso sovra-proporzionale di impiego informale di questa
categoria di persone, in particolare nei settori dell’agricoltura
6
libertàcivili
K. Scannavini in: “Le Strade dell’Integrazione” ricerca sperimentale (pg . 167),
finanziata dal Fondo europeo per i rifugiati, annualità 2012, Ed. CIR
68
7
Dossier statistico immigrazione Caritas Migrantes, 2012, pg. 234
8
“Le Strade dell’Integrazione”, op. cit., con partner: “Sapienza” università di Roma,
dipartimento di Scienze sociali, Roma; associazione Comitato per il centro sociale,
Caserta; Associazione Xenia, Bologna
9
2 0 12 novembre - dicembre
“Le Strade dell’Integrazione”, op. cit., pg. 49
e dell’edilizia 10. Il lavoro irregolare, saltuario, senza diritti, mal
pagato che spesso comporta sfruttamento estremo, rifiuto di
pagare i compensi da parte dei datori di lavoro e perfino
schiavismo è, per la maggior parte dei rifugiati, l’unica alternativa, considerando che non avendo mai potuto lavorare
regolarmente non hanno i requisiti per beneficiare di cassa
integrazione, sussidi per disoccupati o altri ammortizzatori
sociali.
In questo preoccupante scenario, una delle vie di uscita,
almeno per un certo numero di rifugiati, potrebbe essere l’avviamento al lavoro indipendente, in proprio, attraverso un’attività
micro-imprenditoriale. Facendo di nuovo il paragone con gli
immigrati, si può constatare, in questo settore, una sorprendente
controtendenza rispetto al mercato del lavoro dipendente o
semi-autonomo.
Nel 2011, il numero di imprese individuali e di micro-imprese11
condotte da cittadini stranieri si colloca per la prima volta
sopra le 400mila unità, con un aumento dell’8,3% rispetto
all’anno precedente, e quasi il doppio rispetto al 2005 12 .
Mentre il lavoro autonomo in generale si trova in tutta l’Europa
da tempo in un “progressivo declino storico” 13 , quello fatto da
migranti è – non solo in Italia – in costante e lieve aumento,
perfino in periodi di recessione economica.
Non è stato ad oggi dimostrato fino a che punto questi dati
possono essere validi anche per i rifugiati. Si può avere qualche
dubbio, non solo a causa di fattori soggettivi dei rifugiati
diversi da quelli degli immigrati, ma anche a causa di alcuni
fattori oggettivi: i dati sull’imprenditoria di immigrati in Italia
indicano, in primis, una forte concentrazione delle imprese
nelle regioni del Nord e del Centro. Inoltre, più della metà dei
micro-imprenditori stranieri provengono da soli quattro Paesi:
Marocco, Romania, Asia e Albania – Paesi non rappresentati
nelle statistiche di rifugiati e richiedenti asilo. E, infine, più
del 70% delle imprese opera in soli due settori: costruzioni e
10 v. Cnel “Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012” del 18 dicembre 2012,
pg.136 -141
11 Si definiscono imprese individuali quelle senza dipendenti; micro-imprese invece
sono quelle con meno di 10 dipendenti. “Small Business Act for Europe”, Commissione
europea, giugno 2008
12 Dossier Caritas Migrantes, pg. 265, su dati elaborati dalla Confederazione
nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) e di Unioncamere
13 Cnel, Il Profilo nazionale dei migranti imprenditori in Italia, nov. 2011, pg. 27
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Nel 2011
il numero
di imprese
individuali
e di microimprese
condotte
da cittadini
stranieri
si è collocato
per la prima
volta sopra
le 400mila
unità, quasi
il doppio
rispetto
al 2005
Primo Piano
I rifugiati e il diritto al lavoro
69
I rifugiati e il diritto al lavoro
Primo Piano
commercio 14 . Un’attività imprenditoriale richiede quasi sempre
un minimo di capitale per l’investimento iniziale e i rifugiati,
ancor più degli immigrati, non dispongono di conoscenze o reti
in grado di assistere finanziariamente, mentre l’accesso al credito
bancario ordinario è impossibile per mancanza di garanzie.
Nel 2011, l’Associazione microfinanza e sviluppo (AMS),
con i partner Micro Progress onlus e la Oim (Organizzazione
internazionale per le migrazioni), ha pubblicato uno “Studio di
fattibilità sulle opportunità di microcredito in favore di titolari
di protezione internazionale” 15 . Lo studio conclude affermando
che “sussiste uno spazio operativo, ancorché sperimentale,
nel quale offrire prodotti di micro-credito dedicati a questo
specifico target di popolazione 16 .
Lo studio attribuisce particolare importanza al “fattore
soggettivo”: le capacità imprenditoriali del richiedente il
micro-credito, l’abilità non solo di presentare un “business
plan” valido ma di implementare il progetto nel tempo.
Il progetto
“RE-LAB:
start up your
business”
realizzato
dall’Oil con
Microprogress
onlus, Ams
e il comune
di Venezia
14 Dossier statistico immigrazione Caritas Migrantes, 2012, pg. 266
libertàcivili
70
A seguito dei risultati della propria ricerca sull’integrazione
dei rifugiati nonché dello Studio di fattibilità di Ams, il Cir
collabora dalla fine del 2012 al progetto “RE-LAB: start up
your business” presentato dall’Organizzazione internazionale
per il lavoro (Oil) con Microprogress onlus, Ams e il comune
di Venezia. Tale progetto è finanziato dal Fondo europeo per i
rifugiati, annualità 2011/2012.
Promuovere iniziative imprenditoriali di titolari della protezione
internazionale, fornire competenze e strumenti utili all’avvio di
tale attività, assicurare l’accompagnamento sociale in un percorso
di orientamento e formazione e sostenere economicamente la
creazione di nuove imprese sono gli obiettivi che si inseriscono
in una prospettiva più ampia.
Un progetto, limitato nel tempo e nella dimensione geografica,
non può certamente di per sé cambiare una situazione di
grande difficoltà dei rifugiati per l’integrazione lavorativa.
Quello che conta non è solo assistere un determinato numero
15 Lo studio è stato effettuato grazie ad un progetto finanziato dal Fondo europeo per
i rifugiati, annualità 2009
16 Il micro-credito viene definito come credito inferiore a 25.000 euro, ma nella
prassi la media dei crediti erogati in Europa occidentale è di 10.000 euro. “Studio
di fattibilità sulle opportunità di microcredito in favore di titolari di protezione
internazionale”, pg. 265
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
di persone ma anche creare un modello, trasformare uno studio
di fattibilità in un esperimento sul campo, presentare i risultati
per influenzare scelte politiche ed economiche. Se viene confermata l’ipotesi “yes, we can”, che la micro-imprenditorialità di
rifugiati è un’opzione valida, quello che adesso è un “progetto”
domani dovrà essere un “programma”, un’iniziativa messa
a regime.
Questo include naturalmente anche un orientamento per
l’utilizzo dei futuri fondi europei nel periodo 2014-2021 e dei
co-finanziamenti nazionali. L’auspicato futuro programma
nazionale per favorire l’integrazione dei titolari della protezione
internazionale e umanitaria dovrà tenerne conto e prevedere
incentivi per l’avviamento di attività micro-imprenditoriali,
per garantire la necessaria formazione nonché l’accompagnamento sociale durante un primo periodo, insieme ad altre
iniziative atte a rendere efficace il diritto al lavoro.
Primo Piano
I rifugiati e il diritto al lavoro
2 0 12 novembre - dicembre
71
Primo Piano
L’alfabeto
delle donne con le ali
Le donne rifugiate: uno spaccato dei problemi
della sanità relativi ai richiedenti asilo
di Claudia Svampa
A volte
solo ferite,
a volte
spezzate,
queste donne
ricordano
a se stesse
e al mondo
il lungo volo
fatto per
giungere
in Italia
dai loro
Paesi natali
Questa testimonianza firmata S.B.B., molto recente, appare tra
i commenti dell’articolo “Donne del Kosovo, vittime di una
vergogna immeritata” pubblicato dalla testata giornalistica
on-line “Osservatorio Balcani e Caucaso” (http://www.balcanicaucaso.org) ed è la più nitida fotografia dell’anima sfregiata
nella galleria di ritratti del dolore e della sofferenza che molto
spesso ci camminano di fianco lungo il nostro stesso marciapiede.
Sono donne con le ali. A volte solo ferite, a volte spezzate ma
che ricordano a se stesse e al mondo il lungo volo fatto per
giungere fino qui, dai loro Paesi natali.
libertàcivili
72
“Io sono una kosovara ke ha vissuto in kosovo per molti
anni, ho subito violenza, insulti per come e cosa sono. Mi
dispiace scrivere ma mi dispiace anche per la mia vita che e stata
rovinata da gente molto... come dire…? Ma adesso sto meglio
che sono in Italia. Ogni santo giorno mi ricordo, e forse vi
chiedete e state pensando poverina e quanto è dura o forse dite
ma esiste qualche cura per lei. Sì, ve lo dico subito: quando
morirò! E devo dire una cosa: che in Italia ho trovato un calore
immenso da parte di italiani, li ringrazio con tutta anima,
sono loro che mi hanno sciolto il ghiaccio che mi bloccava
per raccontare queste righe dal mio passato. Loro sempre
sono stati per me e i miei bambini disponibili ad aiutare per
ogni cosa e io cosa posso fare per loro? Per il momento solo
grazie, per più avanti non ho idea cosa posso fare e se avrò
opportunità miglior modo possibile per renderli contenti come
loro stanno facendo per me. Grazie mille, grazie s.b.b”
2 0 12 novembre - dicembre
Quelle ali, sporcate, ferite o spezzate, ma pur sempre da
risanare, abbiamo cercato di osservarle più da vicino di una
pagina web, entrando in uno dei luoghi di accoglienza e cura
di questa donne, un nodo di protezione e aiuto che si chiama
“Servizio sanità e tutela della donna” operativo a Roma dal
novembre 2011 presso l’Inmp, l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto
delle malattie della povertà. Abbiamo incontrato la psicologa
del servizio che si occupa di queste donne, la dottoressa
Sonia Viale, che ce le ha raccontate e spiegate. E grazie al
suo mosaico di esperienze cliniche e di vissuti declinato in un
racconto alfabetico dalla A alla Z delle donne migranti –
irregolari o rifugiate, o richiedenti asilo, o con visti umanitari –
scopriamo come si ancorino a un aiuto psicologico per non
mollare gli ormeggi dell’anima che con immensa difficoltà ha
seguito le ali spiegate nel lungo viaggio.
Primo Piano
L’alfabeto delle donne con le ali
Ci sono tanti motivi per i quali queste donne arrivano da noi:
o su segnalazione di un centro, o accompagnate da altre donne
che sono già state qui, o inviate dai medici che rilevano una
situazione problematica di qualsiasi tipo da sondare magari
da un punto di vista psicologico, o dai mediatori culturali stessi.
L’accesso sanitario per loro è gratuito nel momento in cui
hanno la documentazione sanitaria come straniero temporaneamente presente, oppure hanno il permesso di soggiorno
ma vi è attestazione che non percepiscono reddito in quanto
disoccupate. Lo stesso vale per le italiane: se prive di reddito
accedono alle cure gratuitamente con esenzione, in caso
diverso pagando la quota di ticket prevista dal sistema sanitario
nazionale. A livello di cure psicologiche ci sono dei pacchetti di
otto sedute il cui ticket complessivo è di 50 euro. I primi tre colloqui servono per inquadrare queste donne, poi in base alla
richiesta che portano, rispetto al bisogno di cui sono consapevoli,
in base a quello che è più importante in quel momento di vita, si
inizia a lavorare da un punto di vista psicologico. Considerando
che si tratta di una struttura pubblica sono contraria alle lunghissime prese in carico nel senso che, pur trattandosi di situazioni
multi-problematiche, credo sia un dovere etico cercare di dare
più posti possibili e più possibilità a tutti. Quindi anche i
percorsi di psicoterapia sono focalizzati su nuclei specifici.
B come Base giuridica
Sono gli “avvocati di strada” la base giuridica verso cui
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
A come Accoglienza
73
L’alfabeto delle donne con le ali
Primo Piano
confluiscono tutti i bisogni di patrocinio gratuito. Loro sono un
organizzazione nazionale con una propria struttura e sono
presenti nell’Istituto con uno sportello aperto tre volte a settimana.
Lavorano davvero alacremente e il pomeriggio quando lo
sportello è aperto c’è un’affluenza incredibile, perché ovviamente
i bisogni sono tanti: dai senza dimora alle richieste di asilo,
dalla residenza alla tutela dei diritti all’accesso ai servizi, alla
perdita del lavoro, alla discriminazione, a tutte quelle che sono
le dinamiche in un Paese burocratizzato come il nostro.
C come Cifre
Tiriamo le somme di quello che abbiamo fatto in questo
servizio, che è nato da poco, nell’anno appena trascorso: io dal
primo gennaio al 31 dicembre del 2012 ho trattato 85 donne –
sia italiane che straniere e tutte maggiorenni – per un totale di
535 colloqui.
D come Diritti
libertàcivili
Quel foglio che sancisce il diritto all’asilo e ti riconosce uno
status, per queste donne è un simbolo di identità, inutile
negarlo. Uno Stato ti dà il diritto di esistere o non ti fa esistere,
dove per esistere intendo accedere al mondo del lavoro, dei
servizi sanitari. Ma il foglio è anche un simbolo di riconoscimento di un vissuto traumatizzante. Le donne, tuttavia, non
si buttano mai giù anche quando non l’ottengono: hanno quella
forza della vita mirabile, per cui riescono a rivolgersi a un
avvocato, riescono tante volte ad avere ragione della loro
situazione e della loro verità. Proprio recentemente una ragazza
che aveva avuto il diniego in commissione per la richiesta
d’asilo, si è vista riconoscere dal tribunale la sussidiaria per
tre anni. Del resto in un’audizione c’è una situazione così
difficile emotivamente da affrontare che spesso non si riesce a
spiegare, a far capire il proprio caso. Oppure, al contrario,
attraverso un errato passaparola si crede di poter ottenere
l’asilo senza invece averne diritto. In questo caso è importante
dare a queste donne il dato di realtà, dare la consapevolezza
di quello che è possibile fare, perché quando sanno cosa
possono fare è anche più semplice indirizzare le proprie
energie per tentare di ottenerlo.
74
E come Emozioni
Ogni emozione che vivi ha due canali possibili, o un senso
costruttivo o un senso distruttivo: la valenza dell’esperienza
negativa o ti chiude ancora di più rendendoti più fragile o, se
2 0 12 novembre - dicembre
usata costruttivamente, ti rinforza. Tutto può essere una perdita
o un arricchimento, dipende dagli strumenti che in corso d’opera
entrano in gioco. Tutte le emozioni se ci pensiamo bene
possono essere le più costruttive o le più distruttive. La rabbia:
quali vissuti percepisce una rabbia enorme, una rabbia che
serve anche per non contattare la profondità del dolore. Ora
la rabbia, o la vivi in maniera costruttiva o distruttiva. Costruttiva
può essere un propulsore enorme.
Primo Piano
L’alfabeto delle donne con le ali
F come Ferite
Le donne che vengono qui sono sempre ferite, nel corpo o
nell’anima. O in entrambi i luoghi, come nella storia della
donna africana che ha avuto il coraggio di uscire dalla tratta
subendone conseguenze fisiche forti. Una sorta di vendetta,
di codice d’onore piuttosto crudele che l’ha marchiata anche
fisicamente. Denunciare ha richiesto coraggio – anche il
coraggio della disperazione e della sopravvivenza è coraggio
– ma ha anche lasciato dei segni sul corpo tangibili, che ti
ricordano in ogni momento, quando ti vesti, quando fai la doccia,
quello che hai vissuto e subìto e con cui dovrai fare i conti per
sempre, perché tu sei sempre quella, sei sempre la prostituta,
sei sempre quella che ha pagato sulla propria pelle in senso
fisico e mai abbastanza, perché continui a pagare con te
stessa e le ferite che vorresti dimenticare ce le hai marchiate
a fuoco sul corpo. Si tratta di una donna dal ritorno impossibile,
un ritorno impossibile alla normalità, un ritorno impossibile
alla propria terra, quindi gioco forza un doversi ricostruire.
G come Gruppo
L’intermediazione della struttura stessa, fortunatamente,
contribuisce alla creazione al suo interno di una catena di
solidarietà, un gruppo autonomo tra queste donne. Ed è una
grande risorsa per loro e un grande momento di forza e di
rivalsa su dei meccanismi di vita che ti annullano.
Ancora una storia che abbiamo trattato: una madre subsahariana parte lasciando i figli alla sorella. In Italia si integra
benissimo, lavora, riesce ad accedere ai servizi sociali, riesce
ad ottenere una casa del comune di Roma, un alloggio popolare.
A quel punto, uno alla volta, porta i propri figli qui. L’ultima figlia
che va a prendere è quella che ha lasciato piccolissima, ed è
quella che ha dato più problemi alla sorella: non voleva andare
a scuola e sembrava la più difficile e la più svogliata. Salvo poi
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
H come Handicap
75
L’alfabeto delle donne con le ali
Primo Piano
scoprire, una volta in Italia, che questa ragazza, che oggi ha
21 anni, ha un ritardo mentale grave. Presumibilmente deve aver
contratto una meningo-encefalite in occasione di un episodio
febbrile severo intorno agli otto mesi; in seguito a ciò ha avuto
un grave ritardo dello sviluppo intellettivo e adesso questa
madre si ritrova disperata e in preda ai sensi di colpa, oltre
alla difficoltà di accettare una figlia con un handicap. Il modularsi
nel suo caso oggi oscilla fra smarrimento, rabbia e dolore di fronte
a questa figlia che ha dei livelli di attenzione e di memoria di un
bimbo di quattro anni.
I come Italiane
Ci sono anche loro, naturalmente, fra le donne che accedono
ai servizi di cura dell’Istituto. Le loro problematiche sono
prevalentemente legate alla violenza subita o a vissuti familiari
difficili. Probabilmente si rivolgono a questa struttura perché
gli viene suggerita dal medico durante una visita, o chiedono
una consulenza psicologica. La sentono come un posto di
aperture in cui c’è tanto di tutto e non esclusivamente uno
sportello anti-violenza, cui poi per casi specifici vengono
giustamente indirizzate. Anche qui la rete, con i centri antiviolenza, con le associazioni del territorio che a vario titolo si
occupano della violenza contro le donne, è indispensabile.
K come Kosovara
libertàcivili
Questa è la vicenda più recente che stiamo trattando. La
signora in questione è una donna che ha fatto richiesta di asilo
in Italia, provenendo dal Kosovo. Sappiamo tutti che oltre un
decennio fa lì c’è stata una grave guerra, ma non è che terminata la guerra ne terminano gli esiti. Le ripercussioni su una
popolazione sono naturalmente gravissime, soprattutto su chi ha
meno possibilità e a quel punto cerca di darsi un’altra possibilità
altrove.
La posizione di questa donna si configura in maniera particolarmente complessa, perché è una donna che ha affrontato
questo viaggio con tre bambini piccoli al seguito ed è arrivata
da sola in Italia. Ha fatto con noi tutto il percorso previsto per
la richiesta di asilo e ha poi ottenuto il permesso di soggiorno
umanitario perché, pur non essendoci attualmente cause
ostative al ritorno per l’incolumità fisica sia della signora che
dei bambini, la Convenzione di Ginevra riconosce la povertà,
l’indigenza, lo stato di bisogno come motivo di riconoscimento
di asilo, quindi la signora con i bambini ha avuto il permesso
di soggiorno umanitario.
76
2 0 12 novembre - dicembre
La difficoltà del caso è che una persona che fa questo tipo
di percorso si porta dietro la complessità della propria vita:
c’è un marito che sta altrove, non ci sono possibilità di ricongiungimento perché non ci sono possibilità economiche per
stare insieme. I bambini sono inseriti all’interno di una scuola,
la signora è attualmente ospitata in una casa di accoglienza
del comune di Roma in attesa della presa in carico dal segretariato sociale, per cercare una soluzione alloggiativa adeguata
a una mamma con tre bambini.
Ma non è tutto. Questa signora ha un disturbo post traumatico
da stress cronicizzato, Ha vissuto con le bombe che le passavano
sulla testa mentre un carro armato era puntato verso la finestra
di casa sua. Si è ritrovata a vivere tutto questo mentre era
incinta. E quando il suo bambino aveva tre mesi gli ha visto
puntare una baionetta alla gola, mentre gli uomini venivano
trascinati di notte per strada e le case venivano bruciate.
Questa donna ha già fatto la sua enorme rivoluzione partendo
da sola con i bambini. Ha già infranto dei tabù culturali perché
comunque in quella società è l’uomo che decide. Però lei, non
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Primo Piano
L’alfabeto delle donne con le ali
77
L’alfabeto delle donne con le ali
Primo Piano
sapendo più come dare da mangiare ai figli, non potendosi far
aiutare in quella povertà assoluta neanche dalla sua famiglia
di origine, ha fatto un gesto disperato e di enorme coraggio
partendo, ma la sua energia è finita lì. Ora dentro ha solo un
senso di morte. Sicuramente questa donna da sola non ce la
fa. Quindi cercare un ricongiungimento familiare è, in un caso
come questo, quanto meno necessario perché lei si senta
sostenuta e poi per ridarle proprio il suo ruolo culturale. Il
senso di appartenenza, anche culturale, è parte della salute
mentale in ciascuno di noi.
L come Lingua
Anche a livello simbolico la conoscenza di una lingua esprime
l’appartenere. Se io padroneggio una lingua so comunicare, so
chiedere e so comprendere una risposta. Per fortuna si è arrivati a capire che la barriera linguistica va abbattuta e che questo è fondamentale per chi arriva nel nostro Paese. In secondo
luogo, parlando con gli strumenti che ho, che sono quelli della
psicologa, è fondamentale che uno riconosca se stesso, i sensi
di appartenenza e che il mantenimento della propria lingua e
della propria cultura non venga mai sottodimensionato.
M come Mediazione
libertàcivili
Nel mio vissuto e nella pratica di lavoro di tutti i giorni se
mancasse la mediazione sarebbe come camminare senza una
gamba. È importantissimo imparare a tradurre non tanto le
parole, ma il significato delle parole, altrimenti aggiungiamo
violenza a violenza. Proprio perché non è la traduzione linguistica, ma è la possibilità che si ha, in campo psicologico, di
tarare un intervento sulla persona e sulla sua realtà. Il mediatore
non è soltanto un tramite linguistico, ma anche un tramite dei
significati culturali. Anche se arrivano donne che parlano perfettamente l’italiano io chiedo comunque la presenza del mediatore,
proprio perché sottolineo nel lavoro di tutti i giorni che non è
rilevante solamente il fattore linguistico, ma lo sono anche
valenze e significati altri, che io non potrei conoscere senza
intermediazione culturale. Anche la figura dell’antropologa è
una specificità dell’Istituto e rappresenta un valore aggiunto
enorme, una preziosità irrinunciabile. Diciamo che mi aiuta a
inquadrare determinati contesti culturali per i quali ha studiato
e si è formata, dandomi una lettura delle valenze specifiche,
dei significati diversi ad esempio di una mutilazione genetica
compiuta in età neonatale o in pre-adolescenza. Sono sfumature
che sembrano di secondo ordine, però poi rispetto ai vissuti che
78
2 0 12 novembre - dicembre
porta quella persona sono fondamentali e per me è importante
che un antropologo mi chiarisca questi nessi.
N come Naturalizzati
Nelle seconde generazioni, quelle naturalizzate italiane,
sono più le madri che le figlie che vivono il loro appartenere
a entrambe le culture come un tradire comunque: o tradiscono
il gruppo dei pari o tradiscono la propria provenienza, sono
senza scelta. Ricordo l’esempio di una madre stupenda,
marocchina. Venuta in Italia con i primi flussi migratori, negli
anni Ottanta, quindi con la prima generazione di migranti dal
Marocco, con il marito adottò questa scelta illuminata, di mandare la femminuccia a scuola senza capo velato. Ovviamente
ricevendo come contraccolpo tutte le critiche della cultura di
origine. Tornare in estate dalle proprie famiglie in Marocco e
sentirsi rimproverare molto severamente da madri, padri e fratelli
per questo. Questo ha un prezzo per una donna no? Benché
sia appartenuta a una diversa cultura, questa donna ha scelto di
naturalizzare la sua bambina pensando ‘sei mia figlia, ti ho
partorito qui in Italia, vivi tra gli italiani, voglio che tu studi,
voglio che tu abbia un futuro qui’. Un’aspirazione legittima di
una madre che vuole il meglio, che vuole il miglioramento
sociale per la propria figlia, dovendo affrontare il conflitto tra
questo desiderio e il desiderio di non tradire le proprie radici,
anzi di mantenerle. Anche questo crea un profondo malessere
entrando in conflitto con i propri sensi di appartenenza, che
invece per forza devono essere molteplici.
Primo Piano
L’alfabeto delle donne con le ali
L’operatività attraverso l’interdisciplinarietà è proprio una
caratterizzazione del nostro gruppo di lavoro in cui confluiscono
figure professionali diverse. Spesso questa condivisione coinvolge anche i medici: se prendiamo l’esempio dell’Hiv parte
del setting viene diviso anche con l’infettivologo, nel caso di
una gravidanza con il ginecologo, per le mutilazioni genitali
con il dermatologo, o con il neuropsichiatra infantile in caso
di presa in carico di donna con figli e così via. Noi che crediamo
in quello che facciamo, insieme siamo una forza. In questo
lavoro quello che si impara immediatamente è che uno da
solo non fa niente. Da soli si sente di contare poco, è proprio
la sinergia, il lavoro insieme a permetterci di andare avanti.
P come Ponti
Spesso utilizzo la metafora del ponte perché le donne sono
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
O come Operatività
79
L’alfabeto delle donne con le ali
Primo Piano
un ponte e la struttura dei pilastri è fondamentale. Sono un
ponte proprio per loro natura, perché rispetto agli uomini
migranti per i quali la focalizzazione sul lavoro è assoluta, i
contatti con i servizi e con il sociale sono deputati alle donne.
Le donne quando sono incinte, quando avendo bambini si
relazionano con i servizi sanitari, sociali, scolastici, svolgono
e sostengono il ruolo di collegamento. Però l’ingegneria ci
insegna che un ponte è forte se c’è un pilastro forte da una
parte e un secondo altrettanto forte dall’altra. Quindi in qualche
modo a livello simbolico il mio lavoro è quello di aiutarle ad
avere i sensi di appartenenza. Il senso di quello che si è avuto
e che non si deve tradire, che deve rimanere, perché fa parte
di te, ed è importante anche che tu lo tramandi ai tuoi figli.
Però è altrettanto importante ancorarti qui, perché tu stai vivendo
qui. Le donne questo smarrimento nel passaggio ce l’hanno.
Q come Quo Vadis
Quo vadis? Dove vai? Gran parte di queste donne o prima
del loro percorso migratorio, o durante o dopo hanno subito o
continuano a subire violenza di qualsiasi tipo. Un vissuto di
migrazione cambia anche i rapporti di ruolo all’interno della
famiglia, e tutto ciò corrisponde a un disagio e questo disagio,
purtroppo, si traduce tante volte, troppe volte in violenza.
Soprattutto domestica.
R come Rotte
Un’altra fotografia di storia vissuta che si snoda lungo le rotte
migratorie via mare. È una speranza che si trasforma in tragedia.
Partiti dall’Africa insieme con tutta la famiglia, mamma, papà e
bimba piccolissima al seguito, durante un naufragio la giovane
donna perde il compagno che annega e si ritrova da sola, in
un mondo altro, con una bambina di 18 mesi e un polpaccio
maciullato durante il viaggio perché nel frattempo anche i pesci
hanno voluto la loro parte. Una volta arrivata qui, in tutto questo
racconto tragico, la ragazza dice: ‘vedi, non potrò mai portare
una gonna con una gamba ridotta così’. Ecco, dietro la sua
attenzione verso la gamba ferita c’è un mondo di dolore che deve
ancora esprimersi e che noi dobbiamo aiutarla ad accogliere.
libertàcivili
S come Sacrificio
80
Le migrazioni sudamericane sono migrazioni diverse. Sono
scelte dal nucleo di provenienza che, nel corso di una riunione
di famiglia, elegge il membro che verrà sacrificato per la
partenza. La prescelta è colei che dovrà compiere il sacrificio
2 0 12 novembre - dicembre
per il benessere della famiglia. Generalmente, infatti, si tratta
di donne, e tutto ciò che guadagnano in Italia deve essere
puntualmente inviato al mittente, quindi sono le sorelle che
faranno studiare i fratelli, le mamme che consentiranno più agi
ai figli, portando però con se stesse un disagio che è difficile
descrivere, anche in relazione alla solitudine esistenziale
nell’affrontare questo percorso.
Primo Piano
L’alfabeto delle donne con le ali
T come Tornare
Altra storia. Una mamma migrante proveniente dal Sud
America lascia la sua bambina piccola a casa perché prescelta
dalla famiglia a venire in Italia e mandare rimesse economiche.
Dopo 10 anni, fa ritorno a casa aspettandosi che la piccola
l’accolga a braccia aperte, ma la figlia è una preadolescente
di 12 anni che in realtà non l’ha mai vista come madre, ma
come bancomat ed è chiaro che non si relaziona con lei ma
con la nonna. A quel punto queste donne non appartengono
più a nulla, né al passato né al presente, e ritornano qui in
Italia così come sono venute: scappando da quella realtà,
ritornando in quella realtà e riscappando ancora. Non hanno
più un posto loro e non si riconoscono più il diritto ad averlo,
che è la cosa peggiore, non sentono più di avere il diritto a un
posto nel mondo perché non se lo riconoscono più.
U come Umanità
V come Vittime
Le vittime di violenza sono le protagoniste di quelle storie
terribili e tragiche che ci fanno toccare con mano come fuori
dalla porta dei nostri studi avvengano questi crimini, senza
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Nella tutela della salute della donna è proprio l’umanità quel
collante attraverso il quale si riescono a muovere insieme i vari
servizi, le varie figure professionali, e tutta una serie di interventi
che volgono verso lo stesso obiettivo, ossia la stessa donna.
Non essere una cartella clinica, un numero ma una persona
con tutto il senso di umanità che l’essere persona comporta è
premessa di riuscita nella presa in carico del paziente che,
soprattutto, vuole sentirsi compreso. La prima cosa importante
del mio lavoro è la comprensione, nel senso umanitario di
‘prendere con’, e non la comprensione del ‘capire con la testa’.
Del resto anche il più grande esperto di salute mentale, se non
ha un contatto prima di tutto umano con una persona, che cosa
vede? Rischia di fare valutazioni assolutamente parziali se non
addirittura inadeguate.
81
L’alfabeto delle donne con le ali
Primo Piano
bisogno di immaginarli lontani da noi. Anche lì la presa in carico
del femminile è delicatissima perché in quel caso c’è una
devastazione a tutti i livelli. Chi ha vissuto esperienze di questo
genere, come la prostituzione ad esempio, non sempre è stata
anche costretta con la forza a mercificare il proprio corpo. A
volte tutto è iniziato con l’idea ‘vado in Italia, faccio questo
mestiere per un po’, anche in un club privè, sistemo tutta la
mia famiglia e poi torno a casa’. Quando poi ci si pone di fronte
a un non ritorno, che non è un non ritorno geografico, ma un
non ritorno di dignità di sé, di coscienza di sé, di ruolo, questo
non ritorno da se stessi è la peggiore delle violenze, perché
significa non tornare più alla propria illusione, alla propria
dimensione, a viversi il proprio femminile.
Z come Zonizzazione
libertàcivili
Le zonizzazioni di provenienza delle donne straniere che si
rivolgono al servizio “Sanità e tutela della donna” si riferiscono
prioritariamente alle aree continentali africane e centro o
sudamericane. Le nazionalità più presenti sono state le africane
subsahariane con la Nigeria in primo luogo, poi il Camerun, il Mali,
la Costa D’Avorio, l’Etiopia e, dal Nord Africa, tanto il Marocco
quanto la Tunisia. Per quel che riguarda le centro e sudamericane
le migranti provengono invece dal Perù, dal Brasile, dalla
Colombia, dall’Honduras e dal Paraguay.
82
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
L’improrogabile riforma
del sistema d’asilo
Nel corso degli ultimi vent’anni l’asilo in Italia
è molto cambiato, ed è emersa la necessità
di intraprendere riforme che portino alla creazione
di un sistema in grado di rispondere al bisogno
di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati
di Laurens Jolles
Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) - Delegato per il Sud
Europa
Dall’approvazione della “Legge Martelli” nel 1990, con la
quale fu abolita la riserva geografica alla Convenzione di
Ginevra del 1951, sono state presentate in Italia circa 320mila
domande d’asilo 1 . Dal 2000, le richieste di protezione sono
aumentate e hanno raggiunto una media annua di circa
19mila 2 , portando l’Italia al livello di altri Paesi europei, e
quarta tra i Paesi industrializzati nel 2011. Si stima inoltre che
siano circa 61mila oggi i rifugiati in Italia, un numero esiguo
se comparato ad altri Paesi europei come ad esempio la
Germania, la Francia e il Regno Unito.
L’Italia, a causa della posizione geografica, è stata esposta
ad arrivi via mare dal Nord Africa. Il Mediterraneo è diventato
il crocevia dei cosiddetti “flussi migratori misti”, rifugiati e
migranti che si spostano insieme diretti verso l’Italia e l’Europa.
A tale proposito, si ritiene che circa tre quarti delle domande
d’asilo presentate nel corso degli ultimi anni in Italia provengano
da persone giunte via mare. Corre l’obbligo di ricordare che
durante la traversata dal Nord Africa, spesso descritta come
il “viaggio della speranza”, migliaia sono le persone che hanno
perso la vita.
Nello stesso periodo, nell’ambito dell’Unione Europea, si è
1
Ministero dell’Interno, Quaderno Statistico per gli anni 1990-2011, disponibile su:
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/asilo/sottotema009.html
2
Con valori che oscillano da un minimo di 10.026 domande nel 2006 a un massimo
di 37.350 nel 2011
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Dal 1990
in Italia
sono state
presentate
circa 320mila
domande
di asilo;
il nostro
Paese risulta
al quarto posto
fra le nazioni
industrializzate
83
Primo Piano
Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr
libertàcivili
Nonostante i
miglioramenti,
lo sviluppo
del sistema
di asilo
in Italia è stato
frenato
dalla adozione
di un
approccio
prevalentemente
emergenziale
84
avviato, in particolare dal Consiglio europeo di Tampere del
1999, un processo di armonizzazione delle politiche in materia
d’asilo e di costituzione di un Sistema comune europeo di asilo,
al quale l’Italia ha partecipato attivamente, avendo per altro
trasposto le relative direttive. In questo quadro complessivo
di rafforzamento delle politiche relative ai controlli alle frontiere,
all’asilo e all’immigrazione, il dibattito sui principi di solidarietà
e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri
ha assunto un’importanza crescente 3 .
L’Italia si è distinta in questi anni per un grande ed encomiabile
sforzo nel contesto delle operazioni di salvataggio in mare. È
stata inoltre istituita una procedura decentralizzata per il riconoscimento della protezione internazionale con soddisfacenti
standard di garanzia, raggiungendo livelli di riconoscimento
adeguati. La trasposizione della Direttiva europea sulle qualifiche ha apportato, sotto il profilo normativo, diversi e rilevanti
sviluppi positivi per quanto riguarda la definizione dello status
di protezione internazionale e i diritti ivi connessi. È stato inoltre
creato, nel 2002, il Sistema di protezione per richiedenti asilo
e rifugiati (Sprar, vedi articolo di Daniela Di Capua in questo
numero, ndr), che ha istituzionalizzato l’esperienza del Piano
nazionale asilo, a sua volta frutto di un accordo di cooperazione
tra il ministero dell’Interno, i comuni, l’Anci e l’Unhcr.
A fronte di questi e altri importanti miglioramenti, lo sviluppo
del sistema d’asilo in Italia è stato, in qualche modo, frenato
dall’adozione di un approccio di carattere prevalentemente
emergenziale, che ha lasciato situazioni di gravi lacune e vuoti
normativi. In tal senso, l’asilo raramente è stato considerato
come una priorità, ed è stato a volte trattato in modo strumentale rispetto ad altri temi, all’interno del dibattito politico.
Sono quindi mancate sia la volontà di procedere a riforme
strutturali sia una vera pianificazione, in via ordinaria, degli
interventi. A questo si aggiunga che, alla trasposizione delle
direttive europee, non è ancora seguito un riordino organico
della normativa. Di conseguenza, non si sono create le basi per
sviluppare una governance capace di rispondere pienamente
ai bisogni e ai diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
3
Articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: “Le politiche
dell'Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio
di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche
sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù
del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale
principio”
2 0 12 novembre - dicembre
4
Per una visione d’insieme: Asgi, Caritas Italiana, Cespi, Consorzio Communitas,
Aiccre, Il diritto alla protezione, (2012), disponibile su: http://www.asgi.it/home_
asgi.php?n=2040&l=it
Unhcr, Raccomandazioni dell’Unhcr sugli aspetti rilevanti della protezione dei
rifugiati in Italia, (2012), disponibile su: http://www.unhcr.it/cms/attach/editor/PDF/
Adv-Paper-IT-FINALE_1.pdf
5
Già nel marzo del 2012, gli enti di tutela riuniti nel Tavolo asilo avevano lanciato
un appello per un piano d’uscita, disponibile su: http://www.unhcr.it/news/dir/
26/view/1163/appello-al-governo-per-i-migranti-giunti-dalla-libia-116300.html
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
L’Emergenza
Nord Africa
del 2011
ha posto
in risalto
in modo
definitivo
le lacune
del sistema,
rendendo
quindi non più
rinviabile
una risposta
alle criticità
evidenziate
A partire dal febbraio del 2011, l’arrivo di un flusso significativo
di migranti e richiedenti asilo dal Nord Africa, a seguito della
Primavera araba, ha fatto emergere, in maniera inequivocabile,
le lacune del sistema 4 . Sotto la particolare pressione di questi
nuovi arrivi, alcune di queste criticità si sono ulteriormente
aggravate, soprattutto per quanto riguarda le condizioni
d’accoglienza dei richiedenti asilo e l’integrazione dei rifugiati.
Inoltre, alcuni aspetti positivi della gestione emergenziale, tra cui
l’istituzione di cabine regionali e di organismi di monitoraggio,
non sono stati pienamente sviluppati.
Il piano di accoglienza dei migranti, sebbene abbia consentito di ospitare un numero elevato di persone giunte in un
arco di tempo ristretto, introducendo un innovativo sistema di
distribuzione su base regionale, ha portato a una spesa sproporzionata rispetto al sistema ordinario, senza peraltro garantire,
in molti casi, servizi adeguati e prospettive di inserimento
socio-lavorativo. In aggiunta agli aspetti strutturali di criticità
del sistema, una valutazione complessiva sulla gestione
emergenziale non può, inoltre, non interrogarsi sull’inspiegabile
ritardo con cui è stato pianificato il passaggio in ordinario 5 .
Va segnalata, infine, come nota positiva, l’istituzione di un tavolo
di coordinamento nazionale presso il ministero dell’Interno,
che potrebbe e dovrebbe diventare una sede permanente per
la gestione integrata del sistema d’asilo.
Alla luce anche dell’esperienza dell’emergenza Nord Africa,
un’adeguata risposta alle criticità del sistema d’asilo non può
quindi più essere rinviata. L’Italia dovrebbe mettere a sistema
le rilevanti competenze maturate negli ultimi anni e contribuire,
con autorevolezza, al dibattito a livello europeo su questi temi,
anche in previsione del proprio turno alla Presidenza del Consiglio
dell’Unione Europea nel secondo semestre del 2014. L’asilo,
dunque, dovrebbe rientrare tra i temi che il Parlamento e il
Governo dovranno affrontare nella prossima legislatura. A tal
fine, il mio ufficio ha ritenuto necessario formulare, nell’ambito
del proprio mandato istituzionale di supervisione della
Primo Piano
Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr
85
Primo Piano
Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr
Le raccomandazioni
dell’Unhcr
per il
miglioramento
del sistema
d’asilo
riguardano
vari temi
fra cui la
procedura,
la tutela
dei minori non
accompagnati,
la cittadinanza,
l’accesso
al territorio
Convenzione di Ginevra e con il consueto spirito di fattiva collaborazione con le autorità italiane, alcune raccomandazioni
per il miglioramento del sistema asilo 6 .
Vorrei richiamare qui di seguito le raccomandazioni in merito
alle criticità sopra citate dell’accoglienza e dell’integrazione,
e quelle legate ad altri temi che hanno assunto un rilievo particolare nella passata legislatura, tra cui la procedura d’asilo,
la tutela tempestiva ed effettiva dei minori non accompagnati,
la cittadinanza e infine l’accesso al territorio, gravemente
compromesso in passato dalla politica dei respingimenti, per
la quale l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei
diritti dell’uomo (Cedu) nel febbraio 2012 7. Altri aspetti prioritari
per la prossima legislatura restano la disciplina del trattenimento,
la comunicazione, l’apolidia e la sopra citata questione della
governance.
Accesso al territorio. Al fine di contribuire al rispetto del principio
di non-refoulement (non respingimento), negli accordi finalizzati
al contrasto dell’immigrazione irregolare dovrebbero essere
inserite adeguate clausole di protezione per i richiedenti asilo
e i rifugiati, in particolare nell’accordo con la Libia. Nell’ambito
dei meccanismi di controllo delle frontiere, dovrebbe essere
garantita un’informazione tempestiva sull’asilo, prima dell’eventuale adozione di qualsiasi provvedimento di allontanamento.
In particolare, i servizi di assistenza e informazione, previsti
dal Testo unico sull’immigrazione dovrebbero essere resi
disponibili a tutte le persone potenzialmente bisognose di una
forma di protezione internazionale, e non soltanto a coloro
che hanno già espresso l’intenzione di chiedere asilo, ed
estesi anche alle zone degli sbarchi in Puglia, Calabria,
Sicilia e Sardegna.
Procedura di protezione internazionale. Per migliorare l’attuale
sistema dovrebbe essere valutata la possibilità dell’istituzione
6
Unhcr, Italia Paese di protezione?, (2013), disponibile su: http://www.unhcr.it/cms/
attach/editor/PDF/Italia%20paese%20di%20protezione.pdf
7
libertàcivili
Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - Ricorso n.27765/09 del 23
febbraio 2012 - Hirsi Jamaa e altri c. Italia, disponibile su: http://www.giustizia.it/
giustizia/it/mg_1_20_1.wp?previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU743291
Le raccomandazioni dell’Unhcr relative alla sentenza sono disponibili su:
http://www.unhcr.it/news/dir/91/view/1304/raccomandazioni-dell-unhcr-relative-allesecuzione-della-sentenza-della-grande-camera-della-corte-europea-dei-dirittidell-uomo-nel-procedimento-hirsi-jamaa-e-altri-c-italia-sentenza-del-23-febbraio2012-ricorso-n-2776509-130400.html
86
2 0 12 novembre - dicembre
I minori stranieri non accompagnati. Maggiore attenzione
dovrebbe essere rivolta agli specifici bisogni di protezione
dei minori non accompagnati che giungono in Italia anche
attraverso l'adozione di procedure di identificazione idonee,
incluso l'accertamento dell’età, qualora necessario, effettuato
in maniera multidisciplinare; la pronta designazione di un
tutore con le necessarie competenze e in grado di esercitare
efficacemente il proprio ruolo; nonché la predisposizione di
procedure appropriate per la determinazione del loro superiore
interesse.
L’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Per evitare
che vi siano condizioni e standard disomogenei sarebbe
necessario provvedere a una riorganizzazione del sistema
d’accoglienza, che è attualmente composto da varie tipologie
di strutture. Allo stesso tempo, l’assistenza e i servizi offerti ai
richiedenti asilo e ai rifugiati dovrebbero essere maggiormente
distinti, offrendo ai primi l’assistenza adeguata in attesa della
decisione sul loro status e ai rifugiati misure di supporto per
facilitare il loro inserimento nella società italiana. A questo
proposito, sarebbe auspicabile un potenziamento della rete
Sprar nell’ottica di una specializzazione verso la seconda
accoglienza. Dovrebbe essere garantita un’adeguata disponibilità
di posti in accoglienza per i richiedenti asilo privi di mezzi,
anche in caso di arrivi straordinari, con un’omogenea distribuzione in tutto il Paese. Per questo motivo, l’attuale capacità
ricettiva dell’accoglienza dovrebbe essere aumentata in via
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Le proposte
relative
alla riforma
della
procedura
di riconoscimento della
protezione
internazionale
di un’autorità amministrativa indipendente, competente sulla
procedura per il riconoscimento della protezione internazionale,
che valorizzi gli aspetti positivi dell’attuale modello. Con
riferimento al sistema vigente dovrebbero essere introdotte
adeguate misure legislative per garantire la conformità ai
necessari requisiti di esperienza e competenza dei componenti
delle commissioni territoriali. Inoltre, per garantire l’efficienza
del sistema, mantenendo un ragionevole livello qualitativo,
andrebbero introdotte norme che consentano in via ordinaria
l’ampliamento delle commissioni in base al numero delle
domande. Dovrebbe essere finalmente emanato il regolamento
attuativo del decreto legislativo sulla procedura d’asilo (D.Lgs
25/2008). Infine, dovrebbero essere adottate misure specifiche
per assicurare l’accesso senza ritardi alla procedura per il
riconoscimento della protezione internazionale, in particolare
per i casi più vulnerabili.
Primo Piano
Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr
87
Riforma del sistema d’asilo: il punto di vista dell’Unhcr
Primo Piano
ordinaria 8 , nell’ambito di un sistema d’accoglienza in grado di
adattarsi al numero di domande di asilo e alla durata della
procedura. Infine, dovrebbero essere rafforzati i sistemi di monitoraggio e controllo della qualità delle condizioni d’accoglienza.
L’integrazione. Al fine di favorire l’integrazione dei titolari di
protezione internazionale dovrebbe essere prevista una revisione
del quadro normativo e delle prassi amministrative, anche per
rimuovere gli ostacoli burocratici, in relazione ad esempio
all’accesso alla residenza anagrafica e al riconoscimento dei
titoli di studio, che hanno un impatto negativo sul processo di
inserimento socio-economico dei rifugiati. Inoltre, dovrebbe
essere introdotto un sistema strutturato e coordinato di azioni
positive per sostenere i rifugiati, in particolare quelli maggiormente vulnerabili, nella prima fase del percorso di integrazione,
attraverso misure di sostegno all’ingresso nel mercato del
lavoro e all’alloggio. In ultimo appare opportuno favorire l’accesso
dei beneficiari di protezione internazionale al permesso di
soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
La cittadinanza. In vista di una piena integrazione dei rifugiati
nella società italiana, dovrebbe essere ulteriormente facilitata
la loro naturalizzazione, come previsto dall’art. 35 della
Convenzione di Ginevra. L’attuale legislazione italiana prevede
che un rifugiato o un apolide possano chiedere di acquisire la
cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza. Tale criterio
dovrebbe essere esteso anche ai titolari di protezione sussidiaria.
Inoltre, in occasione della eventuale riforma complessiva
della cittadinanza, la naturalizzazione per residenza dovrebbe
essere legata a criteri certi e procedure trasparenti, nonché
determinata in tempi ragionevoli.
8
libertàcivili
Stefano Manservisi, Direttore della Direzione generale Affari inter ni della
Commisisone Europea, ha recentemente scritto: “In particolare i posti in accoglienza
disponibili per questa categoria di migranti (i.e., richiedenti asilo), che gode di garanzie
specifiche nel quadro internazionale, sembrano essere significativamente limitati
rispetto alle esigenze riscontrate a seguito della crisi nordafricana“, in Governare un
bene condiviso – la prospettiva europea sul sistema Schengen dopo l’esperienza
della primavera araba, Africa e Mediterraneo, n.77, (2012), Edizioni Lai-momo. Si veda
anche l’intervista a Manservisi nel numero 5/2012 di libertàcvili
88
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
Le lessons learned
dell’Emergenza Nord Africa
Il massiccio arrivo di profughi dalle coste della
Libia ha prodotto un sostanziale “collasso” degli
strumenti “ordinari” d’accoglienza, accentuando
una serie di contraddizioni già presenti
e accelerando le necessità di riforma del sistema
di Nadan Petrovic
Responsabile Unità SID - Organizzazione internazionale per le immigrazioni
La c.d. Emergenza Nord Africa del 2011 riguardante l’arrivo
di diverse decine di migliaia di richiedenti protezione internazionale sancisce definitivamente la trasformazione dell’Italia in
terra d’asilo. Un’attenta analisi delle domande d’asilo pervenute
negli ultimi anni indica, infatti, una complessiva e sensibile
crescita, iscrivendo l’Italia tra i Paesi maggiormente esposti ai
flussi per richieste di asilo tra i paesi industrializzati; nel 2 011
l’Italia si è collocata – con 37.350 domande – al quarto posto
tra i Paesi industrializzati tra le mete prescelte dai richiedenti
protezione internazionale, subito dopo Stati Uniti, Germania e
Francia.
Tale passaggio è avvenuto molto gradualmente. Mentre in tutto
il periodo tra gli anni Cinquanta e il 1989 vengono presentate
in Italia solo 188.188 domande d’asilo 1 , la situazione cambia
radicalmente all’inizio degli anni Novanta. Il cambiamento
avviene per un duplice ordine dei motivi: da un lato attraverso
l’adozione della c.d Legge Martelli 2 viene abolita la c.d. riserva
1
Tuttavia secondo i dati dell’Acnur aggiornati al 31 dicembre 1991, soltanto
12.203 rifugiati riconosciuti dal Governo italiano risultavano “stabiliti in Italia”,
scegliendo la stragrande maggioranza il c.d. reinsediamento verso Paesi di più
lunga tradizione migratoria (in particolare Stati Uniti, Canada e Australia)
2
Il decreto legge n. 416 del 30 dicembre 1989, convertito nella legge n. 39 del
28 febbraio 1990 contenenti le “norme urgenti in materia di asilo politico, ingresso
e soggiorno dei cittadini extracomunitari e apolidi” rappresenta un importante
passo avanti, ancorché non esaustivo, verso una regolamentazione complessiva
della materia
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
L’Italia
si è definitivamente
trasformata
in una terra
d’asilo
con l’arrivo
delle decine
di migliaia
di migranti
nel periodo
dell’Emergenza
Nord Africa
89
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
Di fronte
ai mutamenti
di scenario,
il nostro Paese
ha intrapreso
varie iniziative
sia sul piano
legislativo
che su quello
organizzativo
geografica 3 , dall’altro lato, a partire dal 1990 l’Italia inizia ad
essere investita da un sempre più crescente flusso di persone
in fuga sia da persecuzioni individuali sia da situazioni di
violenza generalizzata 4 .
Di conseguenza, nell’ultimo ventennio la tutela del diritto
d’asilo in Italia ha conosciuto profonde trasformazioni. Si è
trattato tanto di un cambiamento “numerico” quanto normativo
e sociologico, con inevitabili ricadute sulle politiche di accoglienza e integrazione degli stranieri che chiedono protezione.
Di fronte a uno scenario completamente mutato – anche alla
luce degli obblighi UE in materia 5 – sono state infatti intraprese
iniziative sia sul piano legislativo 6 che sul piano organizzativo.
L’evoluzione e la crescita del fenomeno, alla luce di un
crescente interesse da parte dell’opinione pubblica, ha reso
infatti necessario predisporre diverse misure d’intervento relativamente all’esame delle domande d’asilo e al rafforzamento
dei diversi circuiti di accoglienza. Ciò è avvenuto attraverso la
costituzione di una rete articolata di centri (Cda, Cara, Sprar e
Centri delle aree metropolitane ecc.) a partire dai quelli allestiti
per accogliere chi arriva via mare in condizioni di fortuna.
3
In base alla legge 722/54 di ratifica della Convenzione di Ginevra, il riconoscimento dello status di rifugiato ex Convenzione di Ginevra è attribuito ai soli
individui di provenienza europea
4
In parallelo all’esponenziale aumento del numero delle richieste d’asilo, dall’inizio
degli anni Novanta l’Italia viene investita dal notevole flusso delle persone che
pur non rientrando nelle fattispecie contemplate dalla Convenzione di Ginevra,
avevano bisogno di una qualche forma di protezione ancorché di carattere
straordinario. Per affrontare tali situazioni, e in particolare le questioni relative
allo status e agli aspetti assistenziali dei cittadini appartenenti a Stati particolari
o provenienti da zone belliche, viene solitamente riconosciuto uno “status umanitario”
di carattere temporaneo, che consente agli stessi non solo un soggiorno regolare
in Italia, ma anche la possibilità di studiare e di lavorare
5
Ci si riferisce in particolare all’obbligo di garantire accoglienza per richiedenti
asilo, n.a.
6
libertàcivili
Mentre di fronte a emergenze degli anni Novanta, i diversi governi preferiscono
ricorrere all’emanazione di leggi o decreti ministeriali ad hoc (anziché affrontare
il problema dell’assenza di una normativa organica in materia di asilo o quello più
generale della mancanza di un vero e proprio sistema d’accoglienza in Italia), i
rilevanti interventi normativi vengono introdotti dalla c.d. legge Bossi- Fini adottata
nel 2002, in particolare attraverso gli articoli 31 e 32 che definiscono le tematiche
relative alla materia d’asilo. In parallello, il processo di unificazione comunitaria
in materia d’asilo – volto all’istituzione del c.d. Spazio unico europeo in materia
d’asilo – inizia ad influenzare fortemente le politiche italiane. Quest’ultimo processo,
avviato dall’adozione della c.d. Convenzione di Dublino – approvata nel 1990 ed
entrata in vigore in Italia a partire dal 1° settembre 1997 – si è materializzato in
particolare attraverso l’adozione dei decreti legislativi in attuazione delle Direttive
UE in materia di protezione temporanea, di standard minimi d’accoglienza, di procedure d’asilo e di status di protezione internazionale, e ha contribuito in maniera
sempre più determinante all’avvio di una politica italiana maggiormente responsabile nei confronti delle migliaia di rifugiati approdati nel Paese a partire dalla
fine degli anni Novanta
90
2 0 12 novembre - dicembre
La riorganizzazione di cui sopra è passata sia dal potenziamento della complessiva capacità ricettiva che dal graduale
miglioramento della gestione del fenomeno, in merito, ad
esempio, agli standard di accoglienza realizzati, alle problematiche emerse nella tutela dei casi vulnerabili nonché alla
predisposizione di alcune iniziative di seconda accoglienza e
integrazione a favore di quanti ottengono una forma di protezione
da parte dello Stato 7 .
Tuttavia, nonostante gli indubbi e numerosi progressi, il
completamento di un sistema nazionale d’asilo si può considerare tutt’altro che compiuto. Del resto, già prima della
Emergenza Nord Africa sono diventati sempre più frequenti
fenomeni di disagio sociale che interessano numerosi titolari
della protezione internazionale (che si manifestano particolarmente nelle principali aree urbane), ma di fronte a un rilevante
impatto migratorio causato dal conflitto in Libia, si è assistito
a una sostanziale “collasso” dei sistemi “ordinari” d’accoglienza.
In altre parole, l’Emergenza Nord Africa ha solo accentuato
una serie di contraddizioni che hanno caratterizzato il sistema
nazionale già prima del 2011 8 .
A fronte di un elevato numero di arrivi nell’arco dei primi
otto mesi del 2011, si è reso infatti necessario predisporre il c.d.
Piano per l’accoglienza dei migranti, basato sulla distribuzione
dei richiedenti protezione internazionale tra le 19 regioni italiane
(Abruzzo esentato). Nell’ambito del suddetto Piano, originariamente pensato per accogliere 50mila persone, sono state attivate
quasi 1.000 strutture d’accoglienza (di norma di dimensioni
medio-piccole) per un totale di quasi 25mila posti letto, gestiti
dalla Protezione civile tramite il sistema delle regioni.
Nell’ambito del suddetto Piano sono stati realizzati interventi
di accoglienza, che talvolta hanno presentato e tuttora presentano
7
Nell’ambito di tali attività non sono mancate le forme di valorizzazione delle
iniziative nate dal basso dalle organizzazioni del terzo settore e degli enti locali
che, a livello territoriale, cercano di rispondere alle necessità dei richiedenti asilo
e dei rifugiati in stato di bisogno. Tali attività, inizialmente spontanee e non
coordinate, che cercano di rispondere nell’immediato all’urgenza del problema
gettano in seguito, con l’avvio di forme di coordinamento o di rete (in tal senso
merita par ticolare attenzione l’esperienza del progetto Azione comune, del
Programma nazionale asilo e del Sistema di protezione per richiedenti asilo e
rifugiati) le basi di quello che diventerà il “modello italiano d’accoglienza”
8
Del resto, una situazione simile si è registrata già nel 2009 (gli arrivi nella sola
isola di Lampedusa in quell’anno superano le 35mila unità) con la apertura di
oltre 40 centri di prima accoglienza aggiuntivi distribuiti sull’intero territorio
nazionale
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Nonostante
gli indubbi
e numerosi
progressi,
il completamento
di un sistema
nazionale
d’asilo è
tutt’altro che
compiuto
e la crisi
nordafricana
ha accentuato
i problemi
nella gestione
ordinaria
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
91
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
L’accoglienza
ai rifugiati
è garantita
dai Cara
e dai circuiti
di seconda
accoglienza,
ma si tratta di
sistemi distinti
e paralleli,
non coordinati
fra loro,
per cui si pone
da tempo
l’esigenza di
riorganizzare
il settore
elementi di forte criticità 9; tuttavia nell’ambito della stessa sono
stati introdotti anche interventi di estremo interesse in relazione
ad alcune criticità “strutturali” del sistema ordinario d’asilo.
In particolare, nell’ambito dell’Emergenza vengono infatti
introdotti nel panorama nazionale elementi di estrema novità
in relazione all’organizzazione del sistema d’accoglienza. Allo
stesso tempo, oltre agli aspetti più prettamente riconducibili
all’accoglienza e all’integrazione, tale esperienza offre interessantissimi spunti di riflessione in relazione al governance
territoriale e nazionale degli interventi e sull’organizzazione
generale del sistema, quanto mai necessari per uscire dell’attuale “impasse” delle iniziative in tali ambiti.
Per quanto riguarda l’accoglienza ai richiedenti protezione
internazionale viene di norma garantita dai nove Cara 10
attualmente in funzione, che sono dislocati in varie regioni e
possono ospitare complessivamente circa duemila persone 11 .
Oltre a queste strutture, sul territorio nazionale sono presenti
diversi circuiti di seconda accoglienza (rete Sprar; circuiti di
accoglienza di alcune aree metropolitane; circuiti di accoglienza
privati e degli enti locali).
Tuttavia, si tratta di sistemi sottodimensionati e – aspetto
ancora più rilevante – distinti e paralleli tra loro. Di conseguenza,
oltre alla necessità di potenziamento dei singoli circuiti e di
rafforzamento del collegamento funzionale tra gli stessi (e più
in generale di un maggior coordinamento delle misure di
accoglienza tra quanto disposto dal D.Lgs 140/05 e le misure
in materia di accoglienza successivamente introdotte con il
D.Lgs 25/08 e con il D.Llgs 159/08 e in ultima analisi sul legame
tra il sistema di accoglienza nei Cara, il sistema Sprar e alcune
realtà territoriali dalle caratteristiche peculiari - zone di arrivi,
compresi valichi aeroportuali, aree metropolitane, come ad
esempio. Roma, Milano, Torino, Firenze ecc.), si pone già da
molto tempo il tema del riorganizzazione complessiva del settore.
Tale riorganizzazione – che assume una rilevanza ancora
9
Una parte delle strutture allestite non ha garantito i servizi equivalenti a quelli
previsti dalla normativa nazionale sugli standard di accoglienza nei Cara
libertàcivili
10 I Cara sono gestiti in base al c.d. Capitolato per la gestione dei Centri di
accoglienza (DM 21 novembre 2008)
92
11 Talvolta, tuttavia, i richiedenti protezione internazionale sono ospitati anche
nei Cda (Centri di accoglienza), che por tano a circa 5mila posti la capacità
complessiva del sistema Cara/Cda (alcuni centri svolgono la medesima funzione,
n.a.). I richiedenti asilo che si trovano in particolari circostanze, laddove ad
esempio sono già destinatari di un ordine di espulsione, possono anche essere
trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie)
2 0 12 novembre - dicembre
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
12 A partire anche dalla riflessione su una certa “regressione” rispetto al processo
di costruzione del dispositivo nazionale dell’accoglienza avviato tramite c.d.
PNA - Programma nazionale asilo del 2000/2001
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
maggiore in presenza di elevati numeri di titolari in condizione
di emarginazione dopo la permanenza nei circuiti di seconda
accoglienza (Sprar, circuiti delle aree metropolitane, ecc.) –
dovrebbe avvenire attraverso un ripensamento dell’attuale
impostazione 12 , a partire dalla maggiore “calibrazione” dei
servizi in base allo status legale dei migranti (ovvero in base
alla probabilità della loro successiva permanenza in Italia),
nonché in base alla loro reale vulnerabilità, dalla quale deriverebbe la necessità dei beneficiari di essere inseriti nei percorsi
di seconda accoglienza e più in generale dei percorsi gestiti
dai servizi sociali dei comuni. Allo stesso tempo, le misure
assistenziali devono essere predisposte in modo da tener conto
delle fasi d’accoglienza precedenti, in un’ottica di gradualità
della presa in carico delle persone e attraverso la messa in
93
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
Primo Piano
rete, attraverso riunioni periodiche, dei vari attori coinvolti nel
processo d’accoglienza.
In questo senso l’esperienza dell’Emergenza Nord Africa
ha non solo apportato “sul campo dell’asilo” rilevanti energie
nuove di stampo pubblico e privato (tra cui il mondo della
cooperazione sociale), ma ha introdotto notevoli elementi di
interesse in relazione ad esempio al “burden sharing” regionale
e talvolta provinciale, e in relazione al ruolo delle regioni nella
loro funzione di coordinamento, armonizzazione e, talvolta, del
monitoraggio degli interventi. Per quanto riguarda quest’ultimo
aspetto, si ritiene che il ruolo svolto dalle regioni – per loro funzioni istituzionali e per la loro vicinanza territoriale – potrebbe
essere la “chiave di volta” per risolvere una delle maggiori
criticità del settore dell’accoglienza, quella relativa alla
necessità di assicurare il controllo sull’effettiva erogazione
dei servizi, che presentano un peso economico di rilievo
per l’erario 13 .
libertàcivili
La necessità
di interventi
volti a favorire
un più veloce
inserimento
sociolavorativo
dei migranti
sul territorio,
per evitare
le situazioni di
emarginazione
sociale
94
Allo stesso tempo, per quanto potenziata, la capacità da
parte dei summenzionati circuiti d’accoglienza di “assorbire”
il numero sempre più elevato di titolari di protezione internazionale in uscita dai centri di accoglienza continuerà ad essere
molto limitata. Difatti, molte delle persone che escono dai
centri, seppur munite di un permesso di soggiorno di validità
pluriannuale, in assenza di un sistema strutturato di accesso
alle politiche e ai servizi per il lavoro, finiscono in situazioni di
emarginazione sociale (stazioni ferroviarie, stabili occupati ecc.).
Di conseguenza, oltre agli interventi di potenziamento e
razionalizzazione del sistema nazionale d’accoglienza –
considerata peraltro la ristrettezza delle risorse finanziarie
disponibili – si ritiene debbano essere predisposti ulteriori
interventi (ivi compresa la necessità di misure che promuovano
un maggior numero di uscite dallo Sprar “per motivi di integrazione” nonché una maggiore attenzione ai servizi per
l’integrazione nella definizione del prossimo bando del Fondo
nazionale per le politiche i i servizi d’asilo), volti a favorire un
13 In questo senso, creazione di “embrionali” meccanismi di monitoraggio nazionale
e regionale, avviati nell’ambito del c.d. Gma - Gruppo di monitoraggio e assistenza
costituito dal Commissario delegato in data 8 luglio 2011 (quale “organismo di
coordinamento centrale [...] incaricato di definire le modalità con cui verrà effettuato il monitoraggio sul territorio, garantire l’organizzazione generale del lavoro e
mantenere l’uniformità nelle risultanze delle verifiche”), pur di breve durata, è stato
di grande importanza
2 0 12 novembre - dicembre
14 Attraverso questi strumenti, organizzati in modo da sfruttare al massimo il
periodo di accoglienza dei beneficiari nei centri di accoglienza tramite la realizzazione di iniziative propedeutiche alla piena integrazione e in par ticolare
all’inserimento nel tessuto lavorativo, si centrerebbe il duplice obiettivo di rispondere
da un lato alle esigenze di soggetti già presenti sul territorio nazionale, portatori
di professionalità e conoscenze linguistiche, dall’altro a un fabbisogno di manodopera straniera particolarmente accessibile in quanto non rientrante nei classici
meccanismi dei “flussi”. Si sottolinea come questi soggetti non solo sono già
presenti sul territorio nazionale e nella maggior parte dei casi già possiedono la
conoscenza degli elementi di base della lingua italiana, ma al momento dell’uscita
dai centri, ottengono un regolare titolo di soggior no di durata quinquennale o
triennale, rinnovabile al momento della scadenza
15 Negli ultimi due anni, sono state realizzate in via sperimentale in alcuni contesti
attività quali la registrazione dei c.d. profili delle competenze dei richiedenti/titolari
di protezione internazionale ospitati nei centri, volta a sostenere, sotto il profilo
lavorativo, la loro uscita dai centri medesimi e la loro integrazione lavorativa (ad.
es, il Progetto “Mare Nostrum”, vedi libertàcivili n.1/2010). A tal fine, sono stati
istituiti degli sportelli in alcuni Cara per orientare gli stranieri ai servizi del territorio,
per il loro accompagnamento nella elaborazione di piani di inserimento lavorativo
nonché per l’individuazione di possibili forme di incontro tra domanda e offerta di
lavoro. Tale attività, realizzata attraverso il collegamento degli sportelli stessi con gli
uffici provinciali del lavoro, le agenzie interinali e le altre realtà territoriali interessate
alla tematica, necessiterebbe tuttavia di essere portata a regime
16 Particolarmente rilevante in questo senso, il coinvolgimento anche dei vertici
del Confcooperative e Lega delle Cooperative, n.a.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Potenziamento
della
formazione
professionale
e un
programma
di integrazione
che individui
forme
di incontro
fra domanda
e offerta
di lavoro
più veloce inserimento socio-lavorativo sul territorio per quanti
non riescano a trovare un posto nei circuiti di seconda accoglienza e/o comunque non siano interessati a tale inserimento.
Tali interventi dovrebbero riguardare sia il potenziamento
delle attività di formazione professionale già durante la fase
della prima accoglienza – anche attraverso il raccordo con il
sistema di formazione professionale delle regioni e delle province
sul cui territorio insistono i centri – che la realizzazione di un
programma di integrazione che individui, tra l’altro, possibili forme
di “job-matching” tra domanda e offerta di lavoro a favore
della popolazione rifugiata o titolare di protezione sussidiaria
e/o umanitaria 14 .
Nonostante questo tipo di attività sia in sperimentazione
anche nell’ambito di alcuni progetti finanziati dalle risorse del
c.d. Fondo europeo per i rifugiati 15 , è proprio nell’ambito
dell’Emergenza che essa acquisisce il suo vero valore. Ciò
sia in relazione al fatto che molte delle strutture territoriali
sono gestite dal mondo della cooperazione 16 , che – ancora di
più – in relazione al fatto che nell’ambito dell’Emergenza inizia
a profilarsi una strategia d’intervento che prevede un fattivo
coinvolgimento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
e del sistema delle regioni.
Non a caso, la parte più innovativa del Documento relativo
alla c.d. Exit strategy dell’Emergenza Nord Africa – più ancora
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
95
Il nodo
centrale: la
governance
e il coordinamento degli
interventi
a livello
nazionale
e regionale
libertàcivili
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
96
2 0 12 novembre - dicembre
sul piano metodologico e culturale che sul pur importante piano
numerico – prevede l’attivazione dei percorsi di inserimento
lavorativo tramite le c.d “doti formative individuali”.
Un’ultimo aspetto rilevante, è rappresentato infine dalla
necessità di assicurare un maggiore governance degli interventi. Data la complessità del problema nonché l’eterogeneità
degli interventi s’impone l’esigenza di un coordinamento sia a
livello nazionale che a livello regionale, al fine di assicurare
una sinergia tra le diverse azioni ed evitare la sovrapposizione
di iniziative uguali o simili, ma anche al fine di valorizzare le
esperienze positive (le cosiddette buone prassi replicabili in
altri/diversi contesti territoriali).
Per implementare ulteriormente questa forma di governance
nel contesto attuale, è indispensabile ridisegnare la “mappa
della governance” anche al fine di assicurare il pieno e stabile
coinvolgimento di quei soggetti che fino all’Emergenza Nord
Africa ricoprivano un ruolo del tutto marginale (quando non
del tutto inesistente) nel panorama nazionale d’asilo, nello
specifico valorizzando il ruolo del ministero del Lavoro e delle
Politiche sociali e delle regioni, ma anche sollecitando un collegamento proficuo col mondo del lavoro e della cooperazione
sociale.
In questo senso è risultata estremamente positiva l’istituzione
recente, nell’ambito dell’Emergenza Nord Africa, di un tavolo di
coordinamento sulla accoglienza per i richiedenti e titolari di
protezione internazionale, presieduto dal ministero dell’Interno,
cui al momento partecipano il dipartimento della Protezione
civile, in particolare per le responsabilità di soggetto attuatore
nazionale rispetto alla accoglienza, il ministero del Lavoro, le
Regioni, l’Upi e l’Anci, l’Unhcr e l’Oim.
Non è di minore importanza anche la decisione di avviare
per la prima volta le attività di coordinamento e monitoraggio
degli interventi territoriali affidate a tavoli di coordinamento
regionali (di cui faranno parte regioni, province, comuni, soggetti
attuatori regionali, prefetture e questure coinvolte e – ci si augura
– principali enti gestori e enti di tutela presenti sul territorio).
L’esperienza dei tavoli di cui sopra, in una prospettiva non
lontana, potrebbe evolvere anche verso l’individuazione e il
relativo potenziamento delle strutture a livello regionale e
centrale aventi un compito di coordinamento delle complessive
attività in materia di asilo. Mentre a livello regionale tale maturazione dovrebbe portare alla creazione di specifici uffici
regionali, a livello nazionale – alla luce della probabile crescente
importanza del tema di asilo nel dibattito politico, mediatico e
1 7 Ipotesi del resto già sperimentata con successo in molti altri Paesi industrializzati
e non, n.a.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
istituzionale – si dovrebbe con ogni probabilità procedere
attraverso l’individuazione di una specifica struttura pubblica
con i compiti del coordinamento del sistema (attraverso la
creazione di una direzione per le Politiche e i Servizi dell’asilo,
oppure, di una vera e propria Agenzia nazionale sull’asilo con
forte autonomia operativa) 17 .
Le misure di cui sopra, alla maturazione delle quali
l’Emergenza Nord Africa ha dato un notevole impulso, contribuirebbero in maniera determinante a un migliore funzionamento
del sistema d’asilo (concretizzando finalmente gli alti ideali
che hanno ispirato i Padri costituenti) e più in generale
all’esigenza di rafforzamento della coesione sociale che
costituisce, nell’ambito del quadro strategico nazionale, una
delle specifiche priorità a cui ricondurre tutti gli investimenti
pubblici ordinari e straordinari. Del resto, l’importanza, le
dimensioni e la strutturalità del fenomeno dell’asilo in Italia di
oggi non permettono più che tale tematica continui ad essere
trattata come una questione secondaria nel quadro dell’elaborazione delle politiche nazionali.
Primo Piano
Le lessons learned dell’Emergenza Nord Africa
97
Primo Piano
I progetti Nautilus
e la fotografia
dei richiedenti asilo
Nell’ambito dei due progetti curati da Connecting
People, il dipartimento di Comunicazione
e Ricerca sociale della “Sapienza” ha realizzato
un’indagine utile per conoscere dati, storie
e progetti di vita dei migranti sbarcati in Italia
di Valeria Lai
“Sapienza” Università di Roma
libertàcivili
È difficile
conoscere
realmente
chi sono
i migranti che
arrivano
in Italia
e qual è
la loro storia,
anche per
la tendenza
dei media
a narrare
il fenomeno
in chiave
negativa
98
L’immigrazione si presenta oggi nei suoi molteplici volti.
Uomini, donne, ragazzi e ragazze vivono nelle città italiane
costruendo giorno dopo giorno la propria vita, tra difficoltà e
opportunità. Hanno lasciato alle spalle la loro patria, il lavoro
e la famiglia per sfuggire a persecuzioni e guerre e, con un
bagaglio di culture, professionalità e aspirazioni, hanno intrapreso il viaggio con l’aspettativa di migliorare la loro condizione.
Sono testimonianze delle grandi crisi umanitarie e ambientali,
narrazione della stessa storia dell’umanità, popolazioni in fuga,
che con sofferenze e rinunce chiedono protezione, mostrando
la propria identità ai Paesi che, inevitabilmente, stanno assumendo nuove fisionomie, frutto dell’intreccio di culture e persone
diverse.
Chi sono realmente e qual è la loro storia è difficile da
sapere. I mezzi di informazione narrano spesso l’immigrazione
come fenomeno negativo della società italiana1, quando diventa
purtroppo notizia di cronaca nera nel linguaggio dell’emergenza e del pericolo di invasione quando si deve raccontare
la tragedia perpetuata nelle coste italiane. Nella quotidianità,
invece, nelle più naturali interazioni – rapporti di lavoro e di
1
Morcellini M. (2004), “Alle porte della cittadella mediale”, in Binotto M., Martino V.
(a cura di), Fuoriluogo. L’mmigrazione e i media italiani, Rai-Eri Pellegrini Editore,
Cosenza; Morcellini M. (2010), Il tema delle migrazioni nuova sfida alla comunicazione,
in “libertàcivili”, FrancoAngeli, Milano, n.3/2010, Gianturco G., Lai V., L’immigrazione nel
giornalismo italiano: immagini a confronto, in “libertàcivili”, FrancoAngeli, Milano,
n.5/2010
2 0 12 novembre - dicembre
I due progetti
Nautilus,
ideati da
Connecting
People,
sono nati
per migliorare
i servizi di
accoglienza
dei
richiedenti
asilo
e dei rifugiati,
protagonisti
di un
percorso che,
fra traumi,
rischi e
opportunità,
segna le loro
vite in modo
indelebile
I progetti Nautilus
I progetti “Nautilus” e “Nautilus2” sono nati proprio con
l’obiettivo di migliorare i servizi di accoglienza dei richiedenti
asilo e dei rifugiati, protagonisti di un percorso che, fra traumi,
rischi e opportunità segna indelebilmente la loro vita. I progetti,
ideati da Connecting People, consorzio leader nei servizi di
accoglienza e in quelli di orientamento e integrazione, nel quale
centinaia di italiani e stranieri sono coinvolti nelle strutture di
numerose città italiane, hanno inteso sviluppare interventi e
azioni in grado di accompagnare i richiedenti e i titolari di protezione internazionale verso l’indipendenza e l’integrazione
socioeconomica.
Oltre alle principali attività dei progetti Nautilus e Nautilus2,
Connecting People ha deciso di sviluppare una ricerca finalizzata
a individuare i profili dei richiedenti protezione internazionale in
Italia, affidandola al dipartimento di Comunicazione e Ricerca
sociale della “Sapienza” università di Roma, con l’obiettivo di
offrire, tanto ai cittadini quanto alle istituzioni pubbliche, elementi utili per migliorare la normativa che governa il sistema
d’asilo e di accoglienza nel nostro Paese.
Le storie, la formazione pregressa, gli affetti e i progetti di
vita diventano ulteriori aspetti da considerare per conoscere
a tutto tondo il fenomeno e intervenire con politiche pubbliche
adeguate. Valorizzando le esperienze maturate nel tempo sul
territorio dal consorzio Connecting People e le competenze e
professionalità dei partner impegnati nel progetto, si è scelto
di raccogliere alcune informazioni sui percorsi di vita dei
richiedenti di protezione internazionale: qual è il percorso
formativo sviluppato nel tempo, quali le professionalità e le
competenze apprese? Qual è il titolo di studio conseguito? Il
mestiere appreso?
2
Caritas/Migrantes, XXII° Dossier statistico immigrazione, Idos Edizioni, Roma, 2012
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
vicinato ad esempio – è possibile cogliere il volto umano
dell’Altro.
Negli ultimi anni, la società italiana ha assistito a una sensibile
crescita del numero dei rifugiati e dei richiedenti asilo, posizionando il nostro Paese, nell’ambito di quelli industrializzati,
tra i più esposti a tali flussi 2 . Di conseguenza, la normativa
sul diritto d’asilo ha subito evoluzioni e cambiamenti così da
rispondere alle esigenze e necessità determinate dal fenomeno
e migliorare le politiche di accoglienza e di integrazione.
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
99
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
Cosa sono i progetti Nautilus
Il progetto Nautilus dall’accoglienza all’integrazione, realizzato con i Fondi Fer 2009, ha visto il coinvolgimento dei
seguenti partner: Connecting People, l’Organizzazione
internazionale per le migrazioni (OIM), il Consorzio Mestieri,
l’Aiccre (Associazione italiana per consiglio dei Comuni e
delle Regioni d’Europa) e il dipartimento di Comunicazione
e Ricerca sociale di “Sapienza” Università di Roma. Il progetto
Nautilus2 verso l’integrazione socio-economica, Fondi Fer
2010, invece è frutto della collaborazione di OIM, Consorzio
Mestieri-Agenzia di intermediazione al lavoro, dipartimento
di Comunicazione e Ricerca sociale della “Sapienza”,
Aiccre, ITC-Interpreti e traduttori in cooperativa, Consorzio
Communitas.
Tra le attività svolte nell’ambito dei progetti Nautilus e
Nautilus2 si ricordano: l’apertura di sportelli di informazione,
orientamento e consulenza per i richiedenti e i titolari di protezione internazionale, attività formativa per gli operatori
degli sportelli, raccolta di informazioni socio-anagrafiche,
esperienze e competenze professionali e aspettative di vita
utili alla creazione di una banca dati, azioni di job matching,
attività di analisi e mappatura territoriale delle realtà impegnate
sull’integrazione e costruzione di un network di comunità.
Per conoscere il Consorzio Connecting People, i progetti e
le attività si rinvia al sito http://www.connecting-people.it/
libertàcivili
A questi fondamentali interrogativi sono seguite domande
incentrate sul nucleo familiare, sulla questione abitativa vissuta
in Italia, così come quelle sul rapporto con i servizi sanitari e
di accoglienza. Un altro aspetto di rilievo riguarda il tentativo
di conoscere le aspirazioni e i progetti di vita futuri. Il contributo
della ricerca è anche quello di concorrere a restituire un’immagine della realtà migratoria nelle sue molteplici dimensioni,
presentando le esperienze, i sentimenti e le professionalità
dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale.
Infatti, il fenomeno migratorio, pur essendo un processo che
coinvolge la realtà italiana da tempo, ancora oggi viene erroneamente percepito come unidimensionale: richiedenti e titolari di
protezione internazionale, rifugiati politici, profughi e migranti
economici si caratterizzano e differenziano sulla base delle
diverse motivazioni di un viaggio, di un progetto migratorio
segnato da una dolorosa partenza – e dalle fasi che ne sono
100
2 0 12 novembre - dicembre
3
M. Morcellini, “Oltre gli sbarchi. I richiedenti e titolari di protezione internazionale
verso l’integrazione socioeconomica”, in Gianturco G., Lai V., (a cura di), Nautilus2
verso l’integrazione socio economica. Rapporto di ricerca, Scripta Web, Napoli, 2012
4
La somministrazione delle interviste individuali e la raccolta dei dati attraverso il
questionario è stata effettuata da operatori e mediatori culturali appositamente
preparati grazie ai corsi di formazione previsti dal progetto. Le interviste sono state
raccolte nei Cara (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo), nei centri di
accoglienza, negli Sprar e presso le sedi di associazioni presenti nei territori in cui
sono stati istituiti gli sportelli delle seguenti città: Milano,Torino, Gradisca d’Isonzo
(GO), Roma, Foggia, Bari, Brindisi, Crotone, Cagliari, Catania, Caltanissetta,
Trapani. A questi punti fissi di rilevazione si è affiancato il team mobile, costituito da
sei mediatori culturali e da un responsabile, che ha supportato temporaneamente il
lavoro di somministrazione di questionari degli operatori nei Cara dove risultava
esservi un maggior numero di presenze di richiedenti protezione internazionale
(in particolare presso il centro di Mineo)
libertàcivili
Sono stati
2.400
i beneficiari
dei corsi di
educazione
alla
cittadinanza;
altri cento
hanno
partecipato
a corsi di
formazione
professionale
seguite – e dalle prospettive per il futuro. Un processo che non
è mai concluso e che riguarda anche la continua costruzione
della propria identità.
Eppure nelle immagini dei media e nelle percezioni dell’opinione pubblica non sembrano esserci sfumature, peraltro
rilevanti, che contribuirebbero a delineare la realtà sociale
italiana. Incontrare l’Altro nei luoghi dell’accoglienza e provare
a recepire le esperienze passate e i progetti di vita dei protagonisti, è l’occasione offerta dalla realizzazione dei cosiddetti
“sportelli di contatto” realizzati con Nautilus che, dislocati dal
Nord al Sud dell’Italia, dimostrano come sia necessario porsi
di fronte alla “vita vera” 3 .
È proprio l’apertura di questi luoghi di incontro e di accoglienza per le persone appena arrivate in Italia che ha permesso
di fornire adeguate informazioni sulla normativa italiana in
materia di immigrazione e asilo e sui servizi presenti sul territorio,
coinvolgendo attivamente, oltre ai ragazzi e alle ragazze selezionati e formati nel nostro Paese, coloro che hanno un’esperienza
di immigrazione alle spalle (titolari di protezione internazionale
e mediatori culturali). Nell’ambito dei progetti Nautilus, 2.400
beneficiari hanno partecipato a corsi di educazione alla cittadinanza, cento hanno partecipato a corsi di formazione professionale e ottantuno a tirocini formativi. Sessanta beneficiari
sono stati avviati al lavoro e otto sono stati coinvolti nel progetto
“Start it Up”, promosso da Unioncamere e finalizzato allo sviluppo
di percorsi di auto imprenditorialità.
Nei due anni del progetto Nautilus – dal 2010 al 2012 –
sono state intervistate oltre dodicimila persone (12.085), con la
compilazione di un questionato strutturato e grazie al lavoro
degli orientatori sociali e mediatori culturali 4 . Si presentano in
questa sede i principali risultati dell'indagine conoscitiva.
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
2 0 12 novembre - dicembre
101
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
Uomo, d’età
compresa
fra 18
e 34 anni,
in Italia
da meno
di un anno:
questo
l’identikit tipo
del
richiedente
asilo
I risultati delle rilevazioni
Rispetto all’analisi della prima serie di interviste (4.037 casi) 5
è emerso che i richiedenti sono principalmente uomini – quasi
nove individui su dieci (3.618 soggetti, pari all’89,6%) – un dato
in linea con il Rapporto annuale dello Sprar che nell’anno
2009-2010 ha registrato il 94% di popolazione maschile e il 6%
di quella femminile. Sono per la maggior parte giovani: circa
l’88% del campione è costituito da soggetti che appartengono
alla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni (i 18-26enni sono 2.180, pari
al 54% e i 27-34enni sono 1.371, il 34%), seguiti dai 35-45enni
(426 casi, il 10,6% degli intervistati), mentre le rimanenti tre
classi di età (46-57, 58-64 e oltre 65 anni) sono sostanzialmente residuali (1,4%).
La provenienza geografica è molto differenziata, infatti
sono state registrate circa sessanta distinte nazionalità: sono
prevalentemente nigeriani (10,2% del totale degli intervistati),
tunisini (10%), pakistani (9,9%), afghani (9,6%) e ghanesi
(l’8,7%). Queste cinque nazionalità di provenienza insieme
compongono quasi la metà della popolazione (1,949 casi),
cioè il 48,4% degli intervistati raggiunti dall’indagine 6 .
Per quanto riguarda il periodo di permanenza in Italia, si
evidenziano alcune differenze: quasi tutto il campione dei
tunisini e pakistani dichiara di vivere nella penisola da un
periodo pari o inferiore a un anno (99,5% e 96,2%), con valori
inferiori seguono i nigeriani (85,3%) e gli afghani (81,5%).
Questi ultimi, quindi, dichiarano di vivere in Italia da un periodo
più lungo se si considera anche che il restante 10,9% dichiara
una permanenza compresa tra uno e tre anni e il 7,6% è in Italia
da un periodo più lungo. Come è noto, l’arrivo in Italia non è
immediato ma è l’ultima tappa di un viaggio complesso, peri-
5
Si tratta di un'analisi di 4.037 casi rilevati e imputati in banca dati raccolti sino
al 30 luglio 2011 e risponde alla necessità di esplorare le caratteristiche dei rifugiati
e dei richiedenti asilo, allo scopo di individuare le principali evidenze empiriche
– esplicitando cioè i dati che si mostrano maggiormente rilevanti ai fini dell’analisi – e
di delineare alcune possibili ipotesi sull’intero universo della rilevazione effettuata
e caricata sulla banca dati costruita ad hoc sotto la supervisione del capofila del
progetto Connecting People. Per un approfondimento si rinvia a Gianturco G., Lai V.,
(a cura di), Nautilus2 verso l’integrazione socio economica. Rapporto di ricerca,
ScriptaWeb, Napoli, 2012
6
libertàcivili
Nell’esporre i risultati si è deciso di tenere disgiunte le nazionalità con frequenze
pari o superiori alle 50 unità e raggruppare quelle con numerosità inferiore, per una
migliore interpretazione delle risultanze e per facilitare la lettura dei dati, in quattro
diverse macro-aree: altri Paesi dell’Africa (236 casi, 5,9% del totale degli intervistati);
altri Paesi dell’Asia (72, 1,8%); altri Paesi dell’Europa (8, 0,2%) altri Paesi
dell’America centro-meridionale (4, 0,1%). Per un approfondimento sulla proven i e n z a g e o g r a f i c a d e i r i c h i e d e n t i d i p ro t e z i o n e i n t e r n a z i o n a l e s i r i n v i a
Gianturco G. Lai V., op. cit.
102
2 0 12 novembre - dicembre
7
In particolare, il 77,1% di coloro che sono in Italia da un periodo compreso tra
i sei mesi e un anno ha lasciato il proprio Paese da un periodo equivalente e il
32,9% da un periodo superiore all’anno. Ad esempio, prendendo in considerazione
le risposte dei nigeriani coinvolti nell'indagine, un modesto 4,4% dichiara di aver
abbandonato il proprio Paese da meno di sei mesi e di vivere in Italia da un periodo
altrettanto breve (secondo il 73,6%). Anche i ghanesi affermano di vivere nella
penisola italiana per un periodo inferiore ai sei mesi (il 93,1%), ma solo il 5,7% di
loro ha lasciato il Ghana da un periodo simile, mentre si registrano in prevalenza
periodi di abbandoni medi (da uno a due anni, 35,7%) e medio-lunghi (da tre a
quattro anni, 29,7%). Tendenze simili si registrano rispetto alle esperienze di coloro
che provengono dalla Costa d’Avorio, dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Burkina Faso,
dal Senegal e dal Sudan. Cfr. Gianturco G. Lai V., op. cit.
8
Ambrosini M. Sociologia delle migrazioni, il Mulino, Bologna, 2005
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Per il 70%
i richiedenti
asilo sono
musulmani,
i cattolici
sono uno
su dieci;
oltre il 60%
sono celibi
o nubili,
ma tra
le donne
prevalgono
le coniugate
coloso e doloroso: più del 69,1% dei protagonisti dell’indagine,
nella penisola italiana da meno di sei mesi, è effettivamente
partito dal proprio Paese anche da più di un anno, mentre il
12,3% è partito da un tempo compreso fra i sei mesi e un anno 7 .
Il rapporto fra i tempi della permanenza in Italia e quelli
della partenza dal Paese di origine con la nazionalità fornisce
interessanti informazioni sulle dinamiche dei flussi migratori.
E così il percorso migratorio degli intervistati provenienti dai
Paesi centro-africani è particolarmente lungo, riproponendo
il noto modello della “migrazione a tappe” 8 . La posizione
geografica e la condizione economica e politica del Paese
di origine influenzano, inevitabilmente, le caratteristiche e le
dinamiche dei flussi migratori.
I profili dei richiedenti di protezione internazionale si arricchiscono e si completano con l’acquisizione di informazioni
relative alla religione, allo stato civile e alla struttura familiare
e al lavoro: un modo questo per scendere più in profondità e
conoscere la vita e le identità delle persone che compongono
la società italiana. Nella maggior parte dei casi gli intervistati
sono musulmani (70,7%, 2.830 intervistati), seguiti dal 27,8%
di cristiani con una netta prevalenza di non cattolici (che pesano
per il 16,7% del totale delle interviste) sui cattolici (11,1%),
mentre non vi sono risultati rilevanti rispetto alle altre confessioni.
Dal punto di vista dello stato civile degli intervistati, prevalgono
i celibi e le nubili (64,8%, 2.605 intervistati), mentre si registra
il 32,2% (1.295) di coniugati, e le rimanenti modalità (convivente,
separato/divorziato, vedovo) sono da considerare residuali,
contando complessivamente il 2,9% del totale (119). Le donne
che scelgono di vivere in Italia sono in prevalenza coniugate
(58,3% contro il 29,2% degli uomini), di esse solo un terzo è
nubile, mentre dichiarano di essere separate il 4,3%, conviventi
il 2,4% e vedove l’1,9%.
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
103
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
libertàcivili
L’Italia, dalle testimonianze raccolte, appare una meta
definitiva per l’89,2% del campione, mentre il 10,8% vorrebbe
cambiare Paese. In particolare, questa tendenza si registra tra
coloro che hanno più di 11 anni di formazione: di questi l’8,9%
ha conseguito un titolo universitario o superiore, il 41,9% un
titolo di scuola media inferiore e/o superiore. Presumibilmente,
proprio per le caratteristiche della rilevazione – le interviste
sono state realizzate nei luoghi di prima accoglienza – la
situazione giuridica della maggior parte degli intervistati
appare precaria: l’85,3% è in “attesa della protezione internazionale”, contro il 3,3% di coloro che dichiara di essere già in
possesso di tale protezione; il 6,1% gode della “protezione
sussidiaria” e il 2,2% di quella “umanitaria”. Infine, il 3,1% di
intervistati ha effettuato ricorso a seguito di un primo esito
negativo alla domanda di protezione.
Racconti e storie di vita, attività di ricerca e solidarietà contribuiscono a formulare nuove narrazioni sui viaggi dei migranti.
Il lavoro degli studiosi e degli operatori impegnati sul tema
delle migrazioni deve mettere in luce le buone pratiche di una
società multiculturale, in modo tale da dare centralità alla cultura
dell’accoglienza, così da poter essere una caratteristica distintiva
della società italiana.
104
2 0 12 novembre - dicembre
I due progetti Nautilus, nelle loro diverse direttrici di analisi e
di intervento, sono stati un ulteriore contributo finalizzato anche
a diffondere e mettere in chiara evidenza l’importanza della
conoscenza della realtà italiana, sensibilizzando il pubblico a
prestare adeguata attenzione alla cultura dei dati statistici,
che oggi è ancora debole nel contesto italiano, ma quanto più
necessaria per individuare e migliorare le politiche di accoglienza e integrazione.
La conoscenza della realtà e delle persone che vivono e
vogliono contribuire a costruire le nostra civiltà non può che
migliorare il riconoscimento della dignità e del valore di ogni
singolo individuo. Nautilus, nello specifico, è stata un’esperienza unica e concreta, valorizzata dalla messa in rete di
professionalità e competenze di soggetti impegnati nell’accoglienza, nella ricerca e nei servizi. Un progetto, certo, ma anche
un passo importante verso la costruzione di una rinnovata
convivenza.
Primo Piano
L’esperienza dei progetti Nautilus
Bibliografia
Morcellini M., “Alle porte della cittadella
mediale”, in Binotto M., Martino V. (a cura
di), Fuoriluogo. L’immigrazione e i media
italiani, Rai-Eri Pellegrini Editore, Cosenza,
2004
Morcellini M., Il tema delle migrazioni
nuova sfida alla comunicazione, in
“liber tàcivili”, FrancoAngeli, Milano,
vol. 3, 2010
Morcellini M., “Pensieri Migranti tra
realtà e media”, in Technology Review,
n.1, 2011
Sarti S., L’Italia dei rifugiati, Stabilimenti Varigrafica Alto Lazio Srl, Nepi,
2010
libertàcivili
Ambrosini M. Sociologia delle migrazioni, il Mulino, Bologna, 2 0 0 5
Caritas/Migrantes, XXII° Dossier statistico immigrazione, Idos Edizioni, Roma,
2012
Fondazione Cittalia - Anci Ricerche,
I volti dell’integrazione. Il ruolo delle
comunità locali, dei cittadini e dei mass
media nei processi di integrazione dei
rifugiati in Italia, 2010
Gianturco G., Lai V., L’immigrazione
nel giornalismo italiano: immagini a
confronto, in “libertàcivili”, FrancoAngeli,
Milano, n. 5, 2010
Gianturco G., Lai V., (a cura di), Nautilus2
verso l’integrazione socio economica.
Rapporto di ricerca, Scripta Web, Napoli,
2012
2 0 12 novembre - dicembre
105
Primo Piano
Per costruire un ponte
fra l’Europa
e il mondo arabo
La pubblicazione della versione araba
del Glossario in materia di immigrazione e asilo è
uno strumento per la realizzazione di un modello
democratico comune, attraverso la definizione
esauriente e chiara dei termini dell’immigrazione
di Paolo Iafrate
Dottore di ricerca in Diritto musulmano - università di Roma Tor Vergata
libertàcivili
Il volume
è stato
realizzato
dal ministero
dell’Interno dipartimento
Libertà civili e
Immigrazione,
con il
supporto
del Centro
studi
e ricerche
Idos,
nell’ambito
del
programma
comunitario
Emn
106
2 0 12 novembre - dicembre
Per presentare il primo Glossario in arabo su immigrazione
e asilo realizzato dal ministero dell’Interno - dipartimento
Libertà civili e Immigrazione, con il supporto del Centro studi
e ricerche Idos nell’ambito del programma comunitario European
Migration Network (Emn) che fa capo alla Commissione europea,
torna opportuna una premessa. Sempre più spesso operatori
giuridici, funzionari della Pubblica Amministrazione, autorità
diplomatiche, consolari e la società nella sua globalità si
devono confrontare con problemi nuovi che nascono proprio
dalle regole che governano l’organizzazione delle singole
comunità religiose. L’Islam non solo è una religione, che detta
regole spirituali e temporali organizzate in modo tale da dar
vita a un ordinamento giuridico, ma è anche “cultura” in quanto
si relaziona con tradizioni, governi diversi e, di conseguenza,
con realtà diverse. Lo Stato musulmano deve darsi oggi norme
e principi che gli consentano di partecipare alla Comunità
delle nazioni e custodire insieme le caratteristiche che lo
compongono.
Paolo Branca, uno studioso italiano, nel sottotitolo del suo
celebre volume dedicato ai musulmani (I Musulmani, Il Mulino,
Bologna 2000), scrive: “Per secoli li abbiamo temuti, ora dobbiamo
conoscerli”, ed è proprio questa espressione che spinge ad
approfondire questa materia. Tale forma di conoscenza non
può che derivare dall’integrazione tra i musulmani presenti in
Europa e nel nostro Paese. L’Italia è dunque chiamata, a motivo
della sua stessa collocazione geografica, a svolgere un ruologuida nel governo dei flussi migratori su scala regionale.
1
Per un maggior approfondimento si veda http://paigrain.debatpublic.net/wp-content/
uploads/lezione_zagrebelsky.pdf
2
Al-Maghrib (o al-Maghreb). Nome (“Occidente”) con il quale gli arabi designano
complessivamente i Paesi dell’Africa settentrionale, a Ovest dell’Egitto, spesso in
opposizione a Mashriq “Oriente”. Varie le accezioni, dalla più comune (Tunisia,
Algeria, Marocco) a una più ampia (Tunisia, Algeria, Marocco, Libia e Mauritania)
a una più ristretta (Marocco). La regione, che non ha mai costituito un’entità politica
unitaria, è abitata da popolazioni di stirpe araba e berbera; l’elemento comune e
aggregante è l’Islam. Nel 1989 è stata istituita, al fine di avere un mercato comune,
l’Unione del M. Arabo (con sede a Rabat) tra Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e
Mauritania. Le principali lingue parlate nell’area maghrebina sono l’arabo, nelle sue
particolarità dialettali, e il berbero. L’arabo comprende infatti i dialetti di Marocco,
Mauritania, Algeria, Tunisia, Libia e di parte della regione del delta del Nilo.
L’insieme dei dialetti che costituiscono l’arabo maghrebino rivelano comunque una
sostanziale unitarietà a livello fono-morfologico e lessicale, sebbene la comprensione
tra parlanti di zone diverse non sia sempre garantita
Il Mashrek, detto anche Mashriq o Mashreq, è l'insieme dei Paesi arabi che si
trovano a est rispetto al Cairo e a nord rispetto alla penisola arabica. Si tratta della
libertàcivili
Un approccio
multilaterale
e integrato
al governo
dei flussi
migratori
richiede
un supporto
conoscitivo
vasto,
complesso
e aggiornato
in modo
costante
Un approccio multilaterale e integrato, ovvero non settoriale,
al governo dei flussi migratori su scala regionale richiede un
supporto conoscitivo vasto, complesso e costantemente
aggiornato e la realizzazione di un glossario in arabo rappresenta
il primo passo verso un’inclusione reciproca con il mondo
arabo.
L’Italia sarà dunque il primo Paese dell’Unione Europea a
realizzare un “ponte” tra l’Europa e il mondo arabo, ovvero a)
far conoscere il modello democratico occidentale fondato sui
principi della “casa comune europea”, b) promuovere l’integrazione tra Paesi Arabi e l’Europa, c) favorire la cooperazione
nella gestione delle migrazioni. In particolare, è indispensabile
favorire la semplificazione delle procedure e rispettare i diritti
fondamentali dell’immigrato, i trattati internazionali e gli accordi
di cooperazione internazionale tra i suddetti Paesi.
Gustavo Zagrebelsky nel corso di una sua lezione al
“Biennale della democrazia” sottolineava che “il numero di
parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al
grado di sviluppo della democrazia e dell’uguaglianza delle
possibilità. Poche parole e poche idee, poche possibilità e poca
democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è
la discussione politica e, con essa, la vita democratica” 1 .
Ebbene proprio la pubblicazione di una versione in arabo
del Glossario in materia di immigrazione e asilo intende essere
anche uno strumento per la realizzazione di un modello democratico comune attraverso una definizione dei termini dell’immigrazione, esauriente e chiara senza ricorrere ad eccessivi
tecnicismi, bensì insistendo su una facile comprensione sia
nella aree geografiche del Maghreb 2 che del Mashreq 3 . Infatti
Primo Piano
Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo
2 0 12 novembre - dicembre
107
3
Primo Piano
Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo
in ciascuna delle aree geografiche viene presentato il corrispettivo delle lingue europee, attraverso un termine uniforme,
salvaguardando la loro comparabilità ed evitando eventuali
contrasti originati dagli equivoci terminologici.
L’obiettivo del Glossario in arabo è di arrivare a un’opera
speculare rispetto a quella della Commissione, ma con un
valore aggiuntivo determinato dal fatto che Emn Italia, con il
sostegno scientifico dell’Istituto per l’Oriente “C.A.Nallino”, si
fa mediatore per adattare l’opera al mondo arabo per conto
della Commissione Europea. Un tale impegno, infatti, è in grado
di assicurare una corretta comunicazione tra gli Stati membri
libertàcivili
macroregione orientale del mondo arabo, in opposizione al Maghrebed è sinonimo
- al-Sham,
di Bilad
ma comprende anche l’Iraq e Kuwait. Talvolta è utilizzato come
sinonimo di “non-Maghreb” e in questi casi comprende Egitto, Sudan, e la penisola
arabica. Il ter mine deriva dalla radice araba sh-r-q, che significa “est” o anche
“luogo dell’alba”. Il Mashrek comprende: Libano, Stato di Palestina, Siria, Iraq,
Kuwait, Turchia, ma solo le province di Hatay e Kilis e parte delle province di
Gaziantep e Sanlıurfa,
Giordania, ma solo i governatorati di Ajlun, al-Zarqa, Balqa,
¸
Irbid, Jerash, Madaba, Mafraq e parte dei governatorati di al-Karak e Amman,
Arabia Saudita, ma solo le Provincie di Al-Jawf e Al-Hudud al-Shamaliyya. Il
“Mashreq non Maghreb” comprende anche Bahrain, Qatar, Emirati Arabi Uniti,
Oman, Yemen, Egitto, Sudan
108
2 0 12 novembre - dicembre
Comitato esperti traduttori lingua araba dell’Ipocan (Istituto per l’Oriente Carlo
Alfonso Nallino). Daniela Amaldi, Raoudha Mediouni e Alma Salem. Comitato esperti
giuridici: Massimo Papa, cattedra Diritto musulmano e dei Paesi Islamici presso
università degli studi di Roma Tor Vergata, Deborah Scolart, ricercatrice e Paolo
Iafrate, dottore di ricerca presso la stessa Università
libertàcivili
Il glossario
sarà utile
a funzionari
diplomatici
e consolari,
ministeriali,
giudici,
avvocati,
ricercatori,
studenti
e operatori
del settore,
come
strumento
di pronta
consultazione
e i Paesi arabi, nonché tra le rispettive opinioni pubbliche.
Non è neppure trascurabile la fonte di diritto internazionale,
comunitaria o di altra origine, alla quale si riconnette il termine
utilizzato.
La pubblicazione di una versione in arabo del Glossario in
materia di immigrazione e asilo rappresenta quindi un’attività
straordinaria, realizzata grazie al forte convincimento del
ministero dell’Interno, nei riguardi della quale la Commissione
europea, sensibilmente interessata a tali tematiche, ha disposto
la sua approvazione con un’apposita previsione finanziaria.
Il sussidio sarà utile ai funzionari diplomatici, a quelli consolari,
ai ministeriali, ai giudici, agli avvocati, ai ricercatori, agli studenti
e gli stessi operatori del settore, tanto più che i termini sono
ordinati alfabeticamente per rendere la ricerca più agevole.
Esso sarà agevole e di pronta consultazione e mirerà a semplificare e unificare la base della comunicazione con la messa a
punto di uno strumento di lavoro adeguato e puntuale. Il fine
è di fornire una corretta comunicazione, evitando quanto meno
problemi terminologici.
Esaminiamo ora brevemente il lavoro svolto dal Comitato
giuridico e da quello preposto alla traduzione 4 . L’attività svolta da quest’ultimo ha riguardato la revisione di lemmi, fonti,
termini correlati attraverso un’armonizzazione dei termini. Il
lavoro scientifico, correttamente impostato, è stato svolto da
traduttori madrelingua con ampia conoscenza della lingua
italiana, lessico specialistico e istituzionale. Talvolta è stata
richiesta la delucidazione di esperti giuristi specializzati in
ogni settore (giuristi internazionalisti, giuslavoristi, penalisti,
amministrativisti). A differenza delle altre lingue europee,
nell’arabo si ha omogenizzazione di categorie.
Per quanto concerne le lingue/varianti dell’arabo ci si è trovati
di fronte a una pluralità di ordinamenti, che privilegiano la
tecnica pur ricorrendo a un arabo standardizzato. Stante la
differenza tra le aree geografiche del mondo arabo, ciò ha
determinato inevitabilmente delle scelte metodologiche,
mediante l’utilizzo di un arabo standardizzato in uso sulle
Gazzette Ufficiali, siti governativi, senza trascurare le specificità
più evidenti che di volta in volta sono state segnalate.
Primo Piano
Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo
2 0 12 novembre - dicembre
109
4
Il Glossario su immigrazione e asilo in arabo
libertàcivili
Primo Piano
Si è trattato di un lavoro sperimentale in lingua araba, poichè
non esistono prontuari e manuali di riferimento, né tanto meno
dizionari specifici (neppure quelli più aggiornati contengono
questi termini).
Il lavoro della commissione di redazione è stato quello di
adattare e di estrapolare dalle fonti le singole voci/categorie
nella prospettiva del diritto dell’Unione. Particolare attenzione
è stata dedicata altresì alle citazioni, quali bibliografia, fonti
bibliografiche ad esempio siti web. Allorchè si tratti di neologisimi si è proceduto a una traduzione letterale più fedele
possibile, ad esempio espressioni coniate nell’arabo standard
(“sfollato per problemi ambientali”, “sfollato per problemi di
ordine interno”).
L’importanza di un linguaggio diretto, lineare e meno tecnico
è sottolineata anche dallo scrittore-giurista Gianrico Carofiglio 5:
“Noi giuristi possediamo solo le parole. In un processo di stesura
di una lettera, nella redazione di un contratto, in una trattativa,
le parole sono l’unico strumento di lavoro. Quando si scrive,
quando si parla l’unico vero obiettivo è la chiarezza”.
La pubblicazione si articola in sezioni. La prima prevede, in
versione bilingue italiano e arabo:
una prefazione del DG della Commissione europea per gli
Affari interni
una prefazione da parte del ministero dell’Interno italiano
un’introduzione al Glossario
una nota redazionale all’edizione in arabo che spiega la
metodologia applicata e i problemi incontrati.
La sezione terminologica contiene circa 330 lemmi, con
l’apparato dei corrispettivi nelle 22 lingue comunitarie, e presenta
la traduzione in arabo secondo il seguente schema:
Definizione – Termini correlati (più specifici, più ampi-sinonimi,
ecc) – Nota – Fonte - Nota all’edizione italiana - Nota all’edizione
araba. Infine, il volume è completato dagli indici in arabo,
italiano, inglese e francese (in quanto lingue più diffuse nell’area mediterranea). Il Glossario in arabo, un volume di circa
240 pagine, dopo la pubblicazione sarà disponibile sul sito
del ministero dell’Interno (www.interno.it) e della rete europea
Emn (www.emn.europa.eu).
110
5
2 0 12 novembre - dicembre
Carofiglio Gianrico, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano, 2 0 10
Le Rubriche
La ricerca
La mobilità
in Emilia-Romagna
fra emigrazione,
immigrazione e turismo
In un’analisi del Centro studi e ricerche Idos
il ritratto di una regione, fra le prime in Italia
per flusso di immigrati, che si distingue anche
per il numero di turisti stranieri e per la
consistenza del fenomeno dei residenti all’estero
di Centro studi e ricerche Idos (a cura di Franco Pittau)
libertàcivili
La mobilità
internazionale
costituisce
parte
integrante
della realtà
italiana
odierna
e l’EmiliaRomagna è
anticipatrice
del futuro
del Paese
per la
consistenza
del fenomeno
112
La mobilità internazionale costituisce parte integrante della
realtà italiana odierna e l’Emilia-Romagna è anticipatrice del
futuro del Paese per la consistenza del fenomeno. Questa regione
è una tra le prime in Italia per numero di immigrati, ma si
distingue per il numero di viaggiatori in provenienza dall’estero e
per la consistenza degli emiliani-romagnoli che vivono all’estero.
A livello nazionale, all’inizio del 2012 gli immigrati in Italia sono
stati stimati in cinque milioni, gli emigrati italiani all’estero in 4,2
milioni (fonte Aire), almeno 60 milioni gli oriundi (stima) e oltre
76 milioni le persone che nel corso di un anno hanno attraversano
le frontiere per entrare in Italia (Banca d’Italia).
Oggi le migrazioni, seppure di durata più breve, sono tutt’altro
che finite, tra forme tradizionali (insediamento) e quelle nuove
(di breve durata) e ricordano il nostro grande passato migratorio.
Il mondo odierno si caratterizza per la relatività delle frontiere
e la facilità degli spostamenti non solo delle imprese e dei prodotti,
ma anche delle persone. Dal livello nazionale bisogna passare
a quello territoriale e interrogarsi sul molteplice significato di
questa “globalizzazione umana” e individuare le sue implicazioni,
economiche, culturali e religiose di cui tenere conto a livello
informativo e formativo. Anche la presenza dei turisti, per quanto
breve, va considerata un ponte in grado di collegare diverse
culture e la temporaneità del soggiorno non deve indurre alla superficialità e rafforzare stereotipi, anziché concorrere a superarli.
L’emigrazione dall’Emilia-Romagna
A emigrare dall’Italia sono stati inizialmente gli abitanti del
2 0 12 novembre - dicembre
Il fenomeno
della
emigrazione
emilianoromagnola
verso l’estero,
durato fino
agli anni
CinquantaSessanta
del ‘900
Settentrione, inclusi quelli dell’Emilia e della Romagna (in particolare dell’Appennino tosco-emiliano). Il flusso è continuato
fino all’ultimo dopoguerra, per iniziare ad arrestarsi solo con lo
sviluppo avviato negli anni Cinquanta e decisamente affermatosi
negli anni Sessanta. I Paesi europei costituirono lo sbocco principale, segnatamente la Svizzera e la Germania. Gli abitanti
della regione riuscirono a superare il tradizionale attaccamento
alla terra, rimasto per tanto tempo legato alla forma della mezzadria. Se prima del secondo conflitto mondiale si emigrava per
vincere letteralmente la fame, dopo si continuò a farlo per
superare la disoccupazione o un’occupazione insoddisfacente
(paghe basse e mancato rispetto delle garanzie contrattuali e
contributive).
All’esodo pose fine il profondo processo di trasformazione
socio-economica che portò l’Emilia-Romagna a superare la
povertà e a diventare una delle regioni più sviluppate
dell’Unione Europea, specialmente tra il 1970 e il 1980, decennio
in cui rientrarono dall’estero 1 milione e 600mila connazionali,
trovando un’Italia più ricca e più egoistica rispetto a quella
lasciata. Questa evoluzione viene raccontata in un bel libro
dedicato alle storie degli emigrati rientrati in Emilia-Romagna
(Zina Righi, Il coraggio dei sogni, Fara Editore, Santarcangelo di
Romagna 2005), mentre un volume più recente è stato dedicato
all’emigrazione delle donne emiliano-romagnole (Lisa Mazzi,
Donne mobili. L’emigrazione femminile dall’Italia alla Germania
(1890-2010), Cosmo Iannone Editore, Isernia, marzo 2012).
I 146.743 emiliani-romagnoli (per il 48,4% donne), registrati
al 31 dicembre 2011 dall’Aire, sono così ripartiti: Europa 79.970,
America 53.116, Africa 3.120, Asia 2.648, Oceania 1.889. La
prima collettività si trova in Argentina (21.185), seguita dalla
Svizzera (17.465) e da significative presenze (oltre 4.000 persone)
in Francia, Regno Unito, Brasile, San Marino, Germania, Belgio,
Spagna e Stati Uniti d’America.
La ricerca
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
Ripartizione dei 140.743 emiliani-romagnoli residenti all’estero (31 dicembre 2011)
America
Africa
Asia
Oceania
Tutti Argentina
i Paesi
Svizzera
Francia
79.970
53.116
3.120
2.648
1.889
140.743
21.185
17.465
14.182
56,8%
37,8%
2,2%
1,9%
1,3%
100
15,1%
12,4%
10,1%
L’emigrazione dall’Italia continua ancora oggi ma a ritmi
ridotti rispetto alle diverse centinaia di migliaia di esodi l’anno.
libertàcivili
Europa
2 0 12 novembre - dicembre
113
Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati Aire
La ricerca
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
libertàcivili
Il flusso
annuale
di cittadini
in uscita
dalla regione
è di circa
50mila
persone,
a cui vanno
aggiunti
gli “emigrati
in prova”
e qualche
decina
di migliaia
di pendolari
che lavorano
all’estero
114
2 0 12 novembre - dicembre
I flussi annuali in uscita, desumibili dalle cancellazioni per
l’estero registrate nelle anagrafi comunali, riguardano meno di
50mila persone e ancora di meno sono quelli che rimpatriano.
Naturalmente, i flussi effettivi sono superiori perché molti preferiscono trasferirsi all’estero “in prova” e formalizzare il cambio
di residenza dopo aver accertato la stabilità del loro inserimento
nel nuovo Paese. Vi sono anche i pendolari che lavorano all’estero (qualche decina di migliaia secondo stime) e vi abitano,
senza alcuna intenzione di cancellare la loro residenza in Italia
dove ritornano di frequente (forme di pendolarismo si riscontrano
anche tra immigrati venuti in Italia dai Paesi vicini). Mentre sugli
emigrati “in prova” e sui pendolari non è possibile acquisire
notizie dagli archivi ufficiali, qualche informazione in più la
abbiamo sui 67mila frontalieri che si dirigono verso la Svizzera,
verso la Francia e verso la Repubblica di San Marino (6.500).
I flussi più consistenti sono però di tipo nuovo e sono stati
evidenziati dalle statistiche sugli spostamenti internazionali
per breve periodo per turismo, vacanze e motivi personali, ma
anche per lavoro, sui quali la Banca d’Italia cura annualmente
un’accurata indagine.
Nel 2011 si sono recati all’estero 57.532.000 viaggiatori
dall’Italia, dei quali circa la metà (28.026.000) ha effettuato
almeno un pernottamento all’estero. I motivi del viaggio sono
stati diversi: vacanze, motivi religiosi, cure, viaggi di nozze,
shopping, studio e frequenza di corsi (1.096.000), motivi religiosi
(1.096.000) e anche lavoro. A spostarsi per lavoro sono stati
15.226.000 viaggiatori. In particolare vi sono stati 4.914.000
attraversamenti delle frontiere a motivo di un rapporto di lavoro
transfrontaliero e 956.000 per partecipare a convegni e congressi,
mentre gli altri viaggi sono legati ad altri motivi lavorativi.
I pernottamenti complessivi sono stati 247.751.000 (8,8 notti
in media per i viaggiatori che si sono trattenuti all’estero, mentre
i pernottamenti di quelli che si sono spostati per lavoro sono stati
63.125.000, quindi di durata più breve). Non hanno fatto ricorso
ad alberghi o altre strutture ricettive 3.023.000 viaggiatori
venuti per visitare parenti e 1.937.000 arrivati per visitare amici,
mentre altri 1.631.000 si sono sistemati presso case di proprietà.
La spesa complessiva degli italiani all’estero è stata di
20.583 milioni di euro, di cui 1.675 milioni sostenuta dai viaggiatori partiti dell’Emilia-Romagna (Bologna 601 milioni di euro,
Modena 191 milioni e Parma 188 milioni).
I viaggiatori in uscita dall’Emilia-Romagna sono stati
2.554.000 (da Bologna 875mila, da Modena 304mila, Parma
303mila e in numero inferiore dalle altre province). Di essi,
La regione
EmiliaRomagna
è la terza
assoluta
in Italia
per numero
di immigrati,
ma si
distingue
anche per
la sua
attrattività
turistica,
legata al suo
potenziale
ricettivo
Le statistiche turistiche sull’afflusso in Italia
e in Emilia-Romagna
L’Italia è stato nel passato il primo Paese del mondo per
afflusso di turisti e attualmente, pur avendo perso posizioni,
è rimasto al quarto posto.
La regione Emilia-Romagna non è solo la terza regione per
numero di immigrati ma si distingue anche per la sua attrattività
turistica, sia grazie al potenziale delle strutture che al volume
degli arrivi. Secondo l’apposito censimento Istat del 2009, dei
4.598.682 posti letto disponibili in Italia (di cui quasi un quarto
negli esercizi alberghieri e gli altri in strutture come campeggi
e villaggi turistici, alloggi in affitto, strutture agro-turistiche,
ostelli per la gioventù, case per ferie, rifugi alpini e bed and
breakfast), 137.871 si trovano in Emilia-Romagna ripartiti in
4.076 esercizi (il 3% del totale nazionale).
Questi flussi turistici senz’altro trovano un incentivo nelle
collettività italiane insediate all’estero e, da ultimo, anche nelle
collettività di cittadini stranieri che vivono in Italia, come attesta
la sistemazione di molti turisti “presso parenti e amici” e anche
in “case di proprietà”; ciò richiede una maggiore attenzione
quando si valuta l’impatto economico del fenomeno migratorio.
Nel 2011 sono state rilevate in entrata attraverso le frontiere
italiane 76.378.000 persone (in costante aumento dal 2008,
quando furono 71.701.000) e ciò porta a considerare anticiclico
l’apporto finanziario del turismo. Sei persone su dieci venute
in Italia (46.338.000) hanno effettuato almeno un pernottamento
e diversi si sono trattenuti in più regioni (si spiega così perché,
rispetto ai poco più di 76 milioni di persone registrate alle frontiere, nelle regioni siano state 95.596.000 persone che hanno
soggiornato provenendo dall’estero).
Il motivo prevalente dell’arrivo (otto casi su dieci) sono state
le vacanze e i motivi personali (ad esempio 1.189.000 sono
venuti per studio, 675mila su navi da crociera, 463mila per
motivi religiosi) ma non sono trascurabili i motivi di lavoro, che
hanno interessato 14.421.000 viaggiatori (di cui 512mila fontalieri/
stagionali, mentre quelli spostatisi per congressi e convegni sono
stati 1.109.000).
I pernottamenti effettuati sono stati 327.304.000 (in ripresa
nonostante la persistenza della crisi, ma ancora 4,6 milioni in
meno rispetto al 2008). 1.249.000 viaggiatori hanno pernottato in
libertàcivili
216mila sono tornati in Italia in giornata senza effettuare alcun
pernottamento e 435mila, anziché sistemarsi in albergo o presso
altre strutture ricettive, sono stati ospiti di parenti e amici.
La ricerca
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
2 0 12 novembre - dicembre
115
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
La ricerca
case di proprietà. Anche la spesa effettuata da questi viaggiatori
(30.891 milioni di euro) è aumentata ma senza raggiungere il
livello del 2008 (31.090 milioni di euro).
In Emilia-Romagna sono stati 3.991.000 i viaggiatori venuti
dall’estero (il 4,2% dei viaggiatori rilevati nelle diverse regioni),
con la maggiore rilevanza di tre province: Bologna 1.445.000,
Modena 443mila e Parma 361mila. Più di un terzo dei viaggiatori
(1.536.000) è venuto per lavoro (e quindi in misura percentuale
più elevata rispetto alla media nazionale) e 2.445.000 lo hanno
fatto per vacanza o altri motivi personali. La spesa effettuata in
Emilia-Romagna è stata di 1.713 milioni di euro (Bologna 567,
Parma 139, Ravenna 137 e Modena 135 milioni di euro).
In Italia, in media, sono stati 7,1 i pernottamenti per viaggiatore
e in Emilia-Romagna 5,4. I pernottamenti per motivi di lavoro
sono ridotti sia a livello italiano (5,4) che in regione (3,5). Non
è stato rilevato a livello regionale il numero dei viaggiatori che
hanno pernottato in case di proprietà ma, facendo riferimento
ad altri parametri dell’indagine, si può ipotizzare che siano stati
all’incirca 10 0mila i viaggiatori dall’estero interessati a questa
forma di sistemazione, che impone di far riferimento alla passata
emigrazione e anche al più recente fenomeno dell’immigrazione
straniera.
Vacanza
e motivi
personali
- di cui presso
parenti/amici
Totale
pernottamenti
- di cui
pernottamenti
per lavoro
- di cui
pernottamento
in casa
N.R.
3.991
44
2.455
1.536
723
21.738
5.487.000
N.R.
76.378
46.338
30.040
61.958
14.421
7.717
327.304
63.125
1.249
Lavoro
Senza
pernottamento
Italia
Con almeno
un pernottamento
EmiliaRomagna
Rilievi
all’ingresso
Viaggiatori dall’estero arrivati in Italia e in Emilia-Romagna (2 011)
Dati in migliaia di euro
Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati della Banca d’Italia
libertàcivili
L’immigrazione di cittadini stranieri in Emilia -Romagna
In Emilia-Romagna, area di forte attrazione per gli immigrati,
è concentrato più di un decimo della popolazione straniera,
che vi è attirata dalle maggiori opportunità di lavoro e da una
efficiente rete di servizi. I dati riportati sono relativi al 2010,
perché quelli del 2011 ancora non sono disponibili e sussistono
difficoltà a collegare i risultati del censimento con quelli delle
anagrafi comunali.
116
2 0 12 novembre - dicembre
Nel periodo
2002-2010
le presenze
in regione
risultano
triplicate;
i poli di
attrazione
maggiori sono
le province
di Bologna,
Modena
e Reggio
Emilia, dove è
concentrata
oltre la metà
degli immigrati
2 0 12 novembre - dicembre
117
La ricerca
L’incidenza percentuale degli stranieri sulla popolazione
residente nel 2010 (461.321 residenti) è stata superiore alla
media nazionale (10,5% rispetto a 7%) ed era solo del 4,1%
nel 2002. In due province l’incidenza è stata dell’11% (Modena
e Parma) e in due il 12% (Piacenza e Reggio Emilia); nelle altre
province, ad eccezione di Ferrara (6,8%), è stata superata la
media nazionale (7%).
L’incidenza alla fine del 2011 è aumentata ulteriormente al
12,4% su una popolazione residente di circa 4,5 milioni di residenti: secondo la stima del Dossier statistico immigrazione
Caritas/Migrantes le presenze regolari (immigrati non comunitari
e comunitari) sono state 555mila. La regione si colloca al terzo
posto della graduatoria nazionale, appaiata con il Veneto (che
supera di appena mille unità) e preceduta dalla Lombardia
(più di 1 milione di presenze di stranieri) e il Lazio (più di
600mila). Nel periodo 2002-2010 le presenze in regione risultano triplicate: quadruplicate a Ferrara, aumentate di 3,5 volte
a Forlì, Piacenza e Ravenna e cresciute meno della media nei
tradizionali poli migratori di Bologna, Modena e Reggio Emilia,
dove comunque continua a essere concentrata oltre la metà
degli immigrati (nel passato si trattava dei due terzi).
La componente femminile, che era minoritaria nel 2002
(46,9%), è diventata maggioritaria (51,7%) ma non ancora tra
gli immigrati non comunitari, dove comunque il dato si avvicina
all’equilibrio. Sono oltre duemila l’anno i matrimoni misti, che
coinvolgono in prevalenza donne immigrate.
La propensione alla stabilità è attestata anche dal numero
dei nuovi nati (9.677 nel 2010) e dei 114.128 minori (incidenza
media in regione, nel 2010, del 22,8%, del 24,1% a Piacenza,
del 24,5% a Modena e del 25,3% a Reggio Emilia). Il gruppo
delle seconde generazioni comprende circa 90mila persone,
quasi un sesto rispetto alla presenza immigrata totale. Gli anziani
ultra65enni, che sono un quarto della popolazione italiana, tra
gli stranieri incidono per circa il 2%.
Tra i continenti di provenienza si impone l’Europa (48,9% dei
residenti nel 2010), seguita dall’Africa con il 29,3%, dall’Asia
con il 17,5% e dall’America con il 4,2%, mentre la presenza di
persone provenienti dall’Oceania è residuale (0,1%).
La graduatoria delle collettività nel 2011 vede in testa quella
marocchina (81.623). Tra i dieci gruppi che seguono solo due
sono comunitari: romeni (66.062 nel 2010), albanesi (62.681),
moldavi (31.703), ucraini (30.646), cinesi (32.792), tunisini
(28.307), pakistani (20.119), indiani (18.558) e polacchi
(12.747 nel 2010). Secondo una stima di Idos, riportata nel
libertàcivili
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
La ricerca
Dossier statistico immigrazione 2010 (da ritenere vicina alla
situazione attuale) gli immigrati sono stati così ripartiti per
appartenenza religiosa: maggioranza dei musulmani con il 41,3%,
seguiti dai cristiani con il 40,7% (di cui il 23,6% spettante agli
ortodossi), da fedeli di religioni orientali (3% induisti e 2,2%
buddisti) , dai fedeli di religioni tradizionali (1,8%), dagli ebrei
(0,2%) e infine dal gruppo dei non credenti e dei non classificati
(10,7%).
Nel 2011, secondo l’archivio Inail, sono risultati occupati,
almeno con una giornata di lavoro, 356.825 lavoratori nati
all’estero, nel 41,7% dei casi donne, all’incirca un quinto (19,2%)
del totale degli occupati. I titolari di impresa con cittadinanza
straniera, ulteriormente aumentati, sono stati 27.245, un decimo
del totale nazionale (249.464) e il 5,7% delle imprese operanti
in regione: in oltre i due terzi dei casi si tratta di artigiani,
mentre per un sesto alla fonte di queste iniziative si trova il
protagonismo femminile. Nel 2011 dall’Emilia-Romagna sono
stati inviati all’estero 476.142 milioni di euro come rimesse, più
del doppio rispetto al 2005 (227.460).
libertàcivili
118
Stranieri
fine 2010
Var. %
2002-2009
Inc. stranieri
% 2000
donne su tot.
% 2011
donne non com.
Inc. minori 2010
991.924
38.720
102.809
265,5
10,4
52,8
50,7
21,4
Ferrara
259.994
6.163
27.294
442,8
7,6
56,0
55,1
22,3
6.087
4.175
Forlì/
Cesena
395.489
12.046
41.587
345,2
10,5
50,0
47,3
22,6
9.417
6.479
Modena
700.913
33.146
89.346
260,6
12,7
50,1
49,1
24,5
21.857 14.532
Parma
442.120
16.822
55.069
327,4
12,5
51,4
50,2
22,2
12.238
Iscritti scuola
2011- 2012
Str. 2002
Bologna
Minori 2 010
Pop. totale
Gine 2010
L’immigrazione in Emilia-Romagna (dati 2010)
21.972 15.575
8.215
Piacenza
289.875
11.007
38.727
351,8
13,4
49,7
49,3
24,1
9.344
6.373
Ravenna
392.458
12.011
43.611
363,1
11,1
50,7
47,1
20,9
9.125
6.092
Reggio
Emilia
539.343
23.877
69.060
289,2
13,0
50,5
48,0
25,3
Rimini
329.302
10.046
33.114
329,6
10,1
54,5
53,5
20,0
4.432.418
163.838
500.597
305,5
11,3
51,5
49,7
22,8
EmiliaRomagna
17.470 11.624
6.618
5.110
114.128 78.175
Fonte: “Dossier statistico immigrazione” Caritas/Migrantes - Elaborazioni Centro studi e ricerche Idos su dati
Istat e ministeri dell’Interno e Istruzione
2 0 12 novembre - dicembre
Indici di integrazione degli immigrati
Tra gli studiosi si riscontra una certa consonanza sui principali
fattori ritenuti atti a favorire una situazione di integrazione. Il Cnel
ha ricercato gli indicatori statistici più adatti, li ha raggruppati
in indici specifici e ha elaborato un indicatore sintetico per
misurare il potenziale di integrazione delle regioni e delle
province e assegnare loro un punteggio con relativa graduatoria
e fasce d’intensità (massima, alta, media, bassa, minima). In
questo modo è possibile individuare gli ambiti in cui è stato
fatto di più e quelli dove si impone un recupero. L’EmiliaRomagna e le sue province si collocano in fascia alta per il
potenziale d’integrazione. Per l’indice di inserimento sociale,
fatta eccezione per la provincia di Rimini, la fascia d’intensità
è quella media e ciò indica che molto si può fare ancora per
far fruire agli stranieri pari opportunità di sviluppo.
La ricerca
Un’analisi sulla mobilità in Emilia-Romagna
Indici di integrazione degli immigrati
Province
Indice
attrattività
Indice inserim.
sociale
Province
Graduat. Indice Graduat. Indice
Bologna
Ferrara
Forlì
Modena
Parma
Province
27- M
53 - M
23 - M
9-A
19 - M
52,3
41,6
54,4
63,7
56,2
Indice
attrattività
82 - M
88 - M
86 - M
66 - M
28 - M
48,9
47,0
47,4
51,7
58,0
Indice inserim.
sociale
7- A
71 - M
43 - M
15 - A
10 - A
70,2
44,3
56,4
67,3
68,8
26 - M
82 - M
62 - M
28 - M
12 - A
59,5
45,7
51,9
59,5
63,4
Indice inserim.
sociale
Graduat. Indice
Graduat. Indice
Piacenza
Ravenna
Reggio E
Rimini
Emilia R.
16 - M
21 - M
4-A
13 - A
3-A
Province
Indice
attrattività
Indice inserim.
sociale
Graduat. Indice
Graduat. Indice
Graduat. Indice Graduat. Indice
Bologna
Ferrara
Forlì C
Modena
Parma
Indice
attrattività
Piacenza
Ravenna
Reggio E
Rimini
Emilia R.
5-A
19 - A
1-A
27- A
2-A
59,3
54,5
67,0
61,4
79,0
71,7
65,9
79,4
63,6
69,6
39 - M
41 - M
29 - M
5-A
13 - M
9-A
21 - A
3-A
8-A
5-A
56,1
55,6
57,5
64,4
56,7
63,9
60,8
68,4
64,0
63,1
Glossario
Indice di attrattività: 1. Incidenza, 2. Densità
per kmq, 3. Ricettività migratoria, 4. Stabilità
(% minori), 5. Appartenenza familiare (almeno
un membro immigrato).
Indice di inserimento sociale: 1. Accessibilità al
mercato immobiliare, 2. Istruzione liceale: stabilità
del soggiorno (permessi lavoro e famiglia
rimasti in vigore); 4. Naturalizzazione; 5. Iniziativa
familiare (capofamiglia immigrato).
Indice di inserimento occupazionale: 1. Incidenza
sugli occupati dei nati all’estero, 2. Rapporto tra
assunti e cessati; 3. Reddito medio pro capite;
4. Tenuta dell’occupazione femminile; 5. Lavoro
in proprio.
Potenziale d’integrazione o indice sintetico: sintesi
dell’indice di inserimento sociale e dell’indice di
inserimento occupazionale
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Fonte: elaborazioni Centro studi e ricerche Idos sugli indicatori di integrazione del Cnel (VIII Rapporto)
119
Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza
e la tutela delle diversità
religiose e culturali
È necessario verificare, caso per caso,
il reale significato attribuito ai simboli
dalle diverse culture/religioni e la loro eventuale
valenza consuetudinaria al di là delle pratiche
di culto a cui sono normalmente collegati
di Francesco Margiotta Broglio
libertàcivili
Università di Firenze
120
È del tutto evidente che il mutamento della geografia etnica
e religiosa che si è verificato in Europa da circa mezzo secolo
(effetti della decolonizzazione, crescenti flussi migratori da
Paesi islamici e loro incidenza sugli assetti interni, diaspora
di fedeli appartenenti ai riti e alle chiese
“autocefale” ortodosse dopo la fine della
guerra fredda, libera circolazione dei cittadiIl mutamento della geografia
ni nell’UE, etc.) ha aperto la strada, a livello
etnica e religiosa in Europa
nazionale ed europeo, alla tutela delle divernegli ultimi 50 anni ha aperto
sità come componente essenziale del princila strada, in Italia e nell’UE,
pio di uguaglianza sostanziale, mettendo,
alla tutela della diversità,
però, alla prova il paradigma della razionalità
quale componente essenziale di origine illuminista e la neutralità degli ordidel principio di uguaglianza
namenti giuridici e delle istituzioni, la coesione sociale, la garanzia della sicurezza,
degli interessi pubblici, dei diritti dei terzi
(spesso divergenti) e della stessa convivenza pacifica nelle
società europee. Società rimaste tradizionalmente monoculturali e religiosamente omogenee, anche in presenza, ad esempio, in Gran Bretagna di chiese anglicane “dissidenti”, antiche
e nuove, in Francia e in Germania di cattolici, luterani e riformati
di tradizione calvinista, in Italia della storica chiesa valdese e in
molti Stati di antiche comunità ebraiche di particolare rilevanza
religiosa e culturale, nonostante nel mondo vi siano soltanto
circa tredici milioni di ebrei.
Come ha scritto Loredana Sciolla, negli stessi anni si sono
presentati “sulla scena politica e sociale… soggetti, gruppi e
2 0 12 novembre - dicembre
Dialogo interculturale
movimenti che rivendicano il proprio diritto all’essere piuttosto
che al fare o all’avere”, e che sono, in definitiva interessati a
“ridefinire e modificare… il sistema di riferimento entro cui
interessi e preferenze acquistano significato” (L. Sciolla in
AA.VV., Identità, Torino, 1983). All’interno di un abusato e
indeterminato concetto di “multiculturalismo”, il termine “identità”
è venuto gradualmente ad essere applicato anche con riferimento
a gruppi etnici, razziali e religiosi, ai loro interessi collettivi e
alla loro tendenza ad autoevidenziarsi, senza, ovviamente,
pretermettere gli interessi individuali degli appartenenti, sempre
liberi di abbandonare l’area di “appartenenza” senza conseguenza alcuna su di essi e sulle loro identità “civili” (si veda
in proposito S. Benhabib, La rivendicazione dell’identità culturale, Bologna, Il Mulino, 2005). Segnalerei, inoltre, le “nuove
minoranze” create da recenti movimenti religiosi (che alcuni
ordinamenti definiscono “sette”) a vocazione universale, come,
ad esempio, i Pentecostali, la Chiesa dell’Unificazione del
reverendo Moon, la Chiesa di Scientology di Ron Hubbard o
i sincretisti del New Age, che si ritrovano un po’ dappertutto
nell’Europa secolarizzata.
È quasi superfluo citare, in proposito, l’art.14 della Convenzione europea dei diritti del’uomo che interdice la discriminazione
sulla base di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche
o di altra natura, origine nazionale o sociale, fortuna, nascita,
appartenenza a una minoranza.
È invece necessario richiamare la ricca legislazione del
Regno Unito che è stata riorganizzata
nell’“Equality Act 2010” (una sorta di testo
Tra i gruppi che rivendicano
unico) e che era stata preceduta dai regolala loro identità ci sono anche
menti del 2003 che hanno recepito le note
i movimenti religiosi
direttive comunitarie del 2000 (n.43 e n.78 CE),
– da alcuni definiti “sette” –
e dall’“Equality Act 2006”, anche perché “le
a vocazione universale, come numerose e dettagliate eccezioni ai divieti
di discriminazione, giustificate da esigenze
i Pentecostali, Scientology,
la chiesa del reverendo Moon religiose, testimoniano il tentativo delle diverse
ipotesi che possono emergere di conciliare
le varie sfere del diritto antidiscriminatorio”,
mentre, in prospettiva, “l’introduzione di un equality duty
relativo alla religione… fa intravedere una nuova responsabilità
dei pubblici poteri nella gestione del problema della uguaglianza
e delle diversità religiose” (S. Coglievina, Divieti di discriminazione
e fattore religioso, in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”,
2011, n.2; si veda anche il volume curato da N. Ghanea, The
Challenge of Religious Discrimination, Leiden-Boston, Nijhoff,
libertàcivili
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
2 0 12 novembre - dicembre
121
Dialogo interculturale
libertàcivili
122
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
2003). Un caso, quello del Regno Unito, che sarebbe molto utile
tenere presente, anche se il modello “comunitarista” si adegua
con difficoltà alle nuove dinamiche determinate da culture e
religioni in quanto fenomeni identitari.
I culti di minoranza storicamente presenti nei diversi Paesi
(ebraismo, protestantesimo e ortodossia negli Stati a maggioranza
cattolica; cattolicesimo, piccole chiese protestanti “libere” o
separate, e comunità “dissidenti” come gli
“antichi calendaristi” nei Paesi a maggioranza
I culti di minoranza presenti
in diversi Paesi, nella seconda protestante o ortodossa) avevano comunque
trovato, nella seconda metà del secolo
metà dell’800, grazie alle norme scorso, soprattutto grazie alla normativa di
internazionali sui diritti
derivazione internazionale sui diritti dell’uomo,
dell’uomo, avevano trovato
statuti accettabili nei sistemi costituzionali
statuti accettabili nei sistemi
delle democrazie pluraliste europee, sempre
più condizionati dalle regole internazionali
costituzionali europei
(generali e “regionali”, vincolanti e non vincolanti) sulla libertà di coscienza e di religione
o convinzione e di espressione pubblica delle medesime.
Del resto già per il secolo XIX – che in realtà si chiude solo
con la prima Guerra mondiale – la storia religiosa e la storia
culturale dei Paesi europei (caratterizzati anche da livelli
profondamente diversi di alfabetizzazione: Napoli, ad esempio,
aveva nel 1901 il 43% di analfabeti) avevano condizionato la
formazione delle identità nazionali, mentre il nuovo disegno
geopolitico del Continente – derivato dai Trattati di pace e dalla
dissoluzione degli imperi austro-ungarico e turco e, all’Est,
dalle conseguenze della Rivoluzione di ottobre – aveva iniziato
a situare in primo piano la questione delle minoranze nazionali,
etniche, religiose e linguistiche.
In società di “immigrazione permanente” (Casanova) e di
frammentazione delle identità (Taylor), come quelle europee
di oggi, fortemente segnate anche da una crescente secolarizzazione – che non dà vita, però, a una pertinente identità –
e da un evidente “disincanto” della vita sociale (Max Weber,
Marcel Gauchet), alcune “questioni” hanno acquistato, non
sempre appropriatamente, una maggiore visibilità di fronte
alle opinioni pubbliche europee non predisposte, in alcuni
contesti nazionali, a raccogliere le sfide della convivenza
multiculturale. Luc Ferry ha parlato di “umanizzazione del
divino” e di “divinizzazione dell’umano” (L’Homme Dieu, Paris,
Grasset, 1996), Marcel Gauchet di “religiosità che ignora se
stessa” (La condition historique, Paris, Stock, 2003): insieme
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
si sono interrogati sul “Religieux après la religion” (Paris, Grasset,
2004). Si deve, comunque, tener presente che i processi di
secolarizzazione hanno spinto la religione e le sue organizzazioni dalla “sfera” pubblica verso quella “privata”, all’interno
della quale, però, esse hanno sviluppato le loro dimensioni
assistenziale, scolastica, culturale e caritativa nello “spazio”
pubblico in ragione della utilità sociale – crescente e in continua
evoluzione – che esse rappresentano di fronte a uno “Stato
sociale” sempre più in crisi.
E le religioni, che si stanno trasformando in centri di “servizio
sociale”, hanno bisogno di simboli evidenti più delle “chiesemadri” tradizionali che, in quanto tali, fruiscono di una molteplicità
di “simbologie” stratificate le quali sopravvivono nei contesti
secolarizzati, che le emarginano, grazie alle loro valenze storiche
e culturali, mentre le articolazioni “sociali” dei culti godono di
una crescente accoglienza nello “spazio” pubblico, in controtendenza rispetto alla perdita di rilievo delle “chiese-madri”
nella “sfera” pubblica.
Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
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Dialogo interculturale
libertàcivili
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Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
Venendo alle “questioni” maggiormente visibili e maggiormente
percepite dalle opinioni pubbliche occidentali e prescindendo
da temi come quello della cripto-poligamia (in
Francia sarebbero oltre ventimila le relative
Tra le questioni indotte nelle
famiglie) e ovviamente, dall’inaccettabile
nostre società dalla presenza
parere del Consiglio di Stato italiano sul
di altri gruppi religiosi ci sono numero minimo di appartenenti per l’approi matrimoni forzati, il problema vazione dei ministri di culto da parte del minidegli edifici di culto, il rapporto stero dell’Interno, è possibile evidenziare, tra
le molte, le seguenti:
fra libertà di espressione
matrimoni forzati (che il premier Cameron
e vilipendio della religione
ha definito “forme di schiavitù) contro i quali
il Regno Unito ha approvato una legge di
“protezione” e sta per approvarne una che li definisce “reati”
e punisce con gravi pene i genitori (in questo Stato ogni anno
10mila ragazzi e ragazze – rispettivamente 2mila e 8mila –
con passaporto inglese sono costretti a sposarsi contro la loro
volontà: il 30% minorenni, il 15% con meno di quindici anni)
edifici di culto e reparti sepolcrali nei cimiteri comunali
delle religioni di recente insediamento
rapporto tra benessere animale e macellazioni rituali, con
obbligo di etichettatura delle carni provenienti dalle medesime
(si veda in proposito il recente volume di Eric Baraty, Le point
de vue animal, Seuil, Parigi, 2012)
rapporto tra libertà di espressione e vilipendio delle religioni
posto, solitamente, “a scudo dei valori della cultura maggioritaria”
ma in trasformazione in “spada…per punire atti di intolleranza
nei confronti della diversità culturale e delle sue manifestazioni”
(A. Bernardi, L’ondivaga rilevanza penale del “fattore culturale”,
in “Politica del diritto”, 2007, 1)
punizione dei c.d. reati “culturalmente motivati” e previsione
di esimenti per fatti giustificati da regole del gruppo culturale
o religioso di appartenenza, o di aggravanti per reati commessi
per ragioni etniche, religiose o culturali (A. Bernardi, op.cit.)
separazione delle donne dagli uomini nelle pratiche
“miste” come quelle sportive (ad esempio palestre scolastiche
e corsi di nuoto)
riconoscimento in alcune situazioni (quella ad esempio
dello Stato del Rhode Island) di regole matrimoniali religiose
in conflitto con l’ordinamento giuridico (il matrimonio tra zio e
nipote femmina di religione ebraica non è considerato, in quello
Stato, incestuoso) (si veda P. Renteln, The Cultural Defense,
New York, 2004, p.121)
adeguamento dei servizi alimentari collettivi alle regole
2 0 12 novembre - dicembre
Dialogo interculturale
dettate dalle confessioni religiose
chiusura di esercizi commerciali nei giorni festivi per un
determinato culto e apertura durante le festività di altri culti
civilmente riconosciute (ad esempio la domenica)
rilevanza delle festività di religioni “minoritarie” nei rapporti
di lavoro e nei calendari scolastici
simboli religiosi forti, evidenti o esteriori, immediatamente
riconoscibili, indossati o esposti in sedi o spazi pubblici: in
proposito non riterrei che si possano distinguere “esposizioni
statali” da “esposizioni pubbliche” per quanto riguarda il
significato “culturale o religioso” dei medesimi, mentre si deve
tener conto della distinzione tra “spazio comune”, “spazio
politico” e “spazio istituzionale”, come propone Silvio Ferrari
richiamando Dominique Wolton (Il “burqua” e la sfera pubblica
in Europa, in “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”
2012, n.1). E ricorderei, sempre in proposito, la questione del
turbante e del pugnale dei Sikh nel Regno Unito, quella dei
copricapi degli uomini di religione ebraica e quella, fin troppo
agitata, dei “veli” islamici, alla quale il recente fasc.1 del 2010
dei “Quaderni di diritto e politica ecclesiastica”,
curato da Roberto Mazzola, ha dedicato uno
Tema centrale è anche quello
specifico volume monografico con contributi,
dei simboli religiosi forti,
italiani e stranieri, di livello particolarmente alto
evidenti o esteriori, indossati
(aggiungerei la recentissima decisione della
o esposti in sedi o spazi
procura della Repubblica di Torino che ha
pubblici, su tutti la questione
riconosciuto la legittimità del burqua indossato
per manifestare la propria appartenenza
dei veli islamici in rapporto
alle norme sull’ordine pubblico religiosa – ma assimilato dal denunciante a
un “passamontagna” – da una signora egiziana
a Chivasso a condizione che, a richiesta
delle autorità e per i necessari controlli, acconsenta a scoprire
il volto).
A problemi come quello dei crocefissi cristiani in Italia e
nella Repubblica federale tedesca si può collegare la sentenza
che ha imposto la rimozione di una preghiera affissa sul muro
di una scuola pubblica a Cranston (Rhode Island), e si può
citare il caso della statua di Gesù nel comprensorio sciistico
dello Stato del Montana, dove l’organizzazione laicista
“Freedom from Religion” ha recentemente chiesto la rimozione
della medesima alla competente Corte distrettuale, o la sentenza
2010 della Corte suprema degli Stati Uniti che ha legittimato
la presenza di una croce nella riserva naturale del Mojave,
contea di S. Bernardino in California.
Pochi sembrano preoccuparsi, invece, di questioni altrettanto
libertàcivili
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
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125
urgenti e pertinenti come quella degli insegnamenti confessionali
nelle scuole pubbliche e dell’assistenza spirituale nelle strutture
obbliganti (l’autorizzazione a esporre immagini o simboli religiosi
nelle celle carcerarie – prevista dal Dpr 230/2000 e oggetto di
una recentissima ricerca del Csps dell’università di Roma-Tor
Vergata sui diritti al culto negli istituti di pena del Lazio –
potrebbe, ad esempio, essere estesa anche ai luoghi d i
degenza) per i fedeli di confessioni religiose senza intesa o
senza riconoscimento ai sensi della legge 1159/1929, nonché di
quelle assai delicate derivanti dalle pratiche religiose che
comportano mutilazioni genitali femminili e
maschili (si pensi alla recente sentenza del
La questione del crocefisso
Tribunale di grande istanza di Colonia che
esposto nei luoghi pubblici
condanna la pratica della circoncisione rituale
ha sviato l’attenzione da temi
dei bambini, i quali hanno un diritto all’integrità
più sostanziali quali
fisica che deve prevalere sui diritti “religiosi”
gli insegnamenti confessionali dei genitori e che ha spinto il governo tedesco
a predisporre agli inizi di ottobre 2012 una
nelle scuole statali
o le pratiche religiose mutilanti proposta di legge sugli standard medici
da rispettare in materia) o anche piccole
incisioni sfregiative sulla pelle che indicano
l’appartenenza a una determinata comunità (ad esempio la c.d.
scarification in uso presso popoli come Nuba, Nuer e Yoruba).
Venendo specificamente al tema dei simboli (che non può
essere isolato dalle delicate questioni che, tra le molte, ho
sopra elencato) vorrei, anzitutto, precisare che il problema
non è tanto quello del simbolo in sé, quanto quello della
“società, dei suoi principi, della sua storia, delle sue specificità”
(S. Allievi, La laicità imposta per legge, in “Vita e Pensiero”,
2004, n.2), tanto è vero che esso si pone ed è percepito in termini
molto diversi nei Paesi europei, sia sul piano del loro utilizzo,
sia su quello delle proibizioni. Inoltre deve essere verificato,
caso per caso, il reale significato attribuito ai simboli dalle
diverse culture/religioni e l’eventuale valenza consuetudinaria
di un simbolo al di là di pratiche di culto che alcune persone
(i cosiddetti “credenti etnici”) potrebbero non volere esercitare,
pur continuando ad indossare o esporre un determinato simbolo
che non induca, però, comportamenti offensivi.
Sembra superfluo, in materia, soffermarsi sulla posizione, nella
gerarchia delle fonti interne, delle norme emanate in Italia in
esecuzione di trattati internazionali, anche con riferimento
all’articolo 117, comma 1, della Costituzione, novellato nel 2001,
e alle sentenze 348 e 349/2007 della Corte costituzionale. Mi
libertàcivili
Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
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2 0 12 novembre - dicembre
Dialogo interculturale
sia consentito, invece, di segnalare l’Osservazione generale
n. 22 del Comitato diritti dell’uomo Onu all’articolo 18 del
Patto internazionale sui diritti civili e politici, nella quale viene
specificato che “l’adempimento dei riti e la pratica della religione o della credenza possono… comprendere non soltanto atti
cerimoniali, ma anche costumi e regole consuetudinarie, quali
l’osservanza di prescrizioni alimentari, l’uso di vestiti o copricapo distintivi”, e una molto puntuale considerazione della
Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nella decisione della
sua Grande Camera sul noto caso “Sahin c. Turchia” del 2005,
che richiama anche gli ormai ben conosciuti precedenti della
propria giurisprudenza in materia:
“Lorsque se trouvent en jeu des questions sur les rapports entre
l’Etat et les religions, sur lesquelles de profondes divergences
peuvent raisonnablement exister dans une société démocratique,
il y a lieu d’accorder une importance particulière au role du
décideur national. Tel est notamment le cas lorsqu’il s’agit
de la réglémentation du port de symboles religieux dans les
établissements d’enseignement, d’autant plus…au vu de la
diversité des approches nationales quant à
cette question. En effet il n’est pas possible
La sentenza del 2005 della
de discerner à travers l’Europe une conception
Grande Camera della Corte
uniforme de la signification de la religion
europea dei diritti dell’uomo
dans la société et le sens ou l’impact des
sul caso Sahin c. Turchia,
actes correspondant à l’expression publique
rappresenta un vero e proprio d’une convinction religieuse ne sont pas les
compendio della
memes suivant les époques et les contexts….
La règlementation en la matière peut varier
giurisprudenza in materia
par conséquent d’un pays à l’autre en function
des traditions nationales et des exigences
imposées par la protection des droits et libertés d’autrui et le
maintien de l’ordre public. Dès lors, le choix quant’ à l’étendue
et aux modalités d’une telle réglementation doit, par la force
des choses, etre dans une certain mesure laissé à l’Etat
concerné, puisqu’il depend du contexte national concerné”.
Margine di apprezzamento nazionale che non è, però, illimitato
e che la Corte si riserva di valutare e “misurare” caso per
caso, come è avvenuto con la successiva pronuncia “Arslan
ed altri c. Turchia” (2010), proprio in materia di abbigliamento
religioso nei luoghi pubblici. Con essa si esclude la conformità
alla Convenzione del 1950 di divieti generalizzati adottati da
singoli Stati, e non giustificati da specifiche circostanze (come
ad esempio l’identificazione o i controlli di sicurezza e lo svolgimento di pubbliche funzioni), dell’uso negli spazi pubblici aperti
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Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
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Dialogo interculturale
libertàcivili
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Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
di determinati simboli “vestimentari” di carattere “credenziale”.
Avviandomi a concludere, vorrei osservare che, dal punto
di vista del diritto, non si possono distinguere, sul piano della
protezione o su quello dei divieti, comportamenti e simboli
culturali e comportamenti o simboli religiosi – giustificati in
base a regole proprie della comunità di appartenenza –
tenendo anche conto che la “non credenza”, che si esprime
sul piano culturale, è garantita allo stesso livello delle credenze
di religione e che il Trattato sul funzionamento dell’UE (art.17, 3)
riconosce allo stesso modo l’identità e il contributo delle confessioni religiose e delle organizzazioni filosofiche e non confessionali e prevede un dialogo aperto e regolare dell’Unione con
entrambe.
Inoltre il medesimo Trattato (art.19, 1) consente l’adozione di
speciali misure per lottare contro ogni tipo di discriminazione
fondata, tra l’altro, sulla religione o le convinzioni non religiose
e l’origine etnica, della quale la cultura è componente imprescindibile. Infatti nel diritto internazionale dei diritti dell’uomo
(Onu e Consiglio d’Europa) e, appunto, ora in quello dell’UE
la dimensione culturale e quella religiosa sono prese in considerazione sempre unitariamente. Non solo, ma in tutti i
numerosi atti internazionali prodotti dall’Unesco – organizzazione
internazionale culturale per eccellenza, che nella Dichiarazione
sulle politiche culturali del 1982 si è impegnata a promuovere
unitariamente i relativi diritti e che ha prodotto
convenzioni per la protezione del patrimonio
Nel diritto internazionale e UE, culturale mondiale, materiale e immateriale,
la dimensione culturale
le quali garantiscono anche i beni di carattere
e quella religiosa sono prese
religioso – le identità etniche, culturali e reliin considerazione sempre
giose sono prese in considerazione insieme
quali
elementi essenziali per la conservazione
unitariamente, quali elementi
essenziali per la conservazione e lo sviluppo delle culture in tutti i loro
aspetti, con riferimento specifico ai gruppi
e lo sviluppo delle culture
minoritari che devono essere garantiti contro
ogni tentativo di assimilazione alla cultura
o alla religione della maggioranza.
Aggiungerei che la Convenzione quadro del Consiglio
d’Europa per la protezione delle minoranze nazionali (1995)
parla espressamente (art. 5) – come del resto molti Atti dell’Osce
seguiti a quello finale di Helsinki del 1975 – di garanzie per la
conservazione e lo sviluppo delle loro culture e degli elementi
essenziali della loro identità, in particolare della religione,
lingua, tradizioni e patrimonio culturale. E lo stesso si può dire
2 0 12 novembre - dicembre
Non entro, ovviamente, nel merito della già menzionata e
vexata quaestio, dei vari veli e copricapi islamici o ebraici
(segnalo, in proposito, che in occasione della recente visita
pontificia a Milano sono state fotografate
alcune suore di clausura eccezionalmente
A proposito del velo, la Francia,
fuori convento, ma integralmente velate). Vorrei
dopo avere vietato nel 2004
ricordare, però, che la questione interessa
i simboli religiosi nelle scuole, molti Paesi dell’Europa occidentale, in primis
ha approvato nel 2010
la Francia che, dopo aver vietato nel 2004
una legge che interdice
l’ostentazione di simboli nelle scuole, ha
per prima, con l’apposita e “simbolica” legge
la dissimulazione del volto
11 ottobre 2010, interdetto la dissimulazione
nello spazio pubblico
del volto nello spazio pubblico e ha visto lo
scorso anno le prime condanne (Tribunale
di Meaux, settembre 2011), mentre il velo non integrale è
ammesso in gran parte dei Paesi ex-comunisti, ma continua a
libertàcivili
per quanto riguarda la Convenzione del 1989 sui diritti del
fanciullo (art. 30) che aggiunge alle persone appartenenti alle
minoranze classiche, le persone di indigenous origin le quali
hanno il diritto, individuale e collettivo, di fruire della propria
cultura, di usare la propria lingua e di praticare la loro religione
e che, comunque, mette in primo piano i Bests Interests of the
Child e cerca di armonizzare l’eventuale istanza di differenziazione culturale della prole con la richiesta dei genitori di
educarli secondo la cultura o la religione cui essi appartengono
(i problemi diventano complessi nel caso di genitori appartenenti
a culture o religioni diverse).
Tornando all’UE si deve osservare che tutta la ricca normativa,
vincolante e non vincolante, contro la discriminazione diretta
e indiretta, soprattutto nel settore dell’occupazione, contempla
la religione e le convinzioni personali sempre insieme all’origine
etnica della quale, è opportuno ripeterlo, la cultura è uno degli
elementi portanti. Una normativa che valorizza, inoltre, ma a mio
avviso con qualche eccesso, le chiese e le altre organizzazioni
la cui “etica” sia fondata sulla religione o le convinzioni personali
quando prevede clausole derogatorie nei casi in cui religione
o convinzioni rappresentino un requisito essenziale e legittimo
per lo svolgimento delle attività di chiese e organizzazioni c.d. di
tendenza, ovviamente anche di natura culturale o filosofica.
Preciserei, ancora, che nel decreto legislativo 215/2003, che
ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva CE 2000/43,
sulla parità di trattamento, si fa espresso e unitario riferimento a
“forme di razzismo a carattere culturale e religioso”.
Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
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Dialogo interculturale
Il principio di uguaglianza e la tutela delle diversità religiose e culturali
creare, in diverse situazioni, serie difficoltà alla laicità turca, su
alcune delle quali si è pronunciata anche la Corte europea di
Strasburgo.
E segnalerei, anche, che la stessa questione ha finito per
lambire la lontana Australia dove, nonostante la recente presenza
islamica rappresenti soltanto l’1,7% della popolazione, nel 2010
il deputato conservatore Fred Niles ha proposto, richiamandosi
all’esempio francese, ma per ora senza esito, l’adozione di una
legge che vieti il burqua.
Ricorderei, infine, che i diversi tipi di velo, integrale e non, in
uso nell’Islam stanno creando non pochi problemi alle società
emerse dalle Primavere arabe, nelle quali la competizione
elettorale starebbe favorendo i movimenti politici fondamentalisti
e soffocando le connessioni dei primi fermenti rivoluzionari
con i principi di libertà e con i diritti civili maturati e proclamati
nel mondo occidentale.
libertàcivili
Concludo ribadendo che non si possono distinguere – sul
piano della protezione dei diritti fondamentali, dei limiti posti al
loro esercizio o di illeciti penali riconducibili all’appartenenza
a comunità (autoctone o immigrate) culturali/confessionali
(cultural offences) – simboli religiosi e simboli culturali e
facendo presente che proprio la necessità di conciliare principio
di uguaglianza e rispetto della diversità permette di valorizzare
concretamente le potenzialità del pluralismo costituzionale
italiano e di gestire le questioni pratiche in base ai sistemi
giuridici interno, internazionale e comunitario che vietano la
discriminazione basata sulle appartenenze religiose e culturali.
Regole concrete di compatibilità tra l’uguaglianza e una
diversità essenzialmente “mobile” devono assicurare un equilibrio
impossibile da definire astrattamente, ma da ricercare “in presa
diretta con i problemi pratici che la società multiculturale pone
incessantemente” (Colajanni), soprattutto attraverso l’opera
del giudice destinato a svolgere un ruolo sempre più rilevante,
come è stato anche recentemente sottolineato (Zatti, Urso,
d’Usseaux, Il diritto di famiglia nell’Unione Europea, Padova,
Cedam, 2005 e in “Politica del diritto”, 2011, n.4).
130
2 0 12 novembre - dicembre
Buon esempio
Gli ingredienti
per vivere insieme
Il programma “Arzillamente con ribollita
e cous cous” realizzato da una tv comunitaria
toscana coinvolge anziani e assistenti familiari,
coniugando due competenze chiave
della vita in comune: comunicare e cucinare
Come
trasformare
in risorsa
l’aumento
del flusso
migratorio
e la crescita
del numero
di anziani,
soprattutto
non autosufficienti
Nella provincia di Arezzo il 30% dei cittadini ha già compiuto
60 anni di età. In più di 25mila hanno festeggiato 80 anni e sono
soprattutto donne (64%), che spesso vivono sole. Negli ultimi
quattro anni la popolazione straniera è cresciuta del 20% e oggi
conta 37.691 cittadini stranieri di 120 nazionalità diverse, con
un’incidenza di oltre il 10%, più alta rispetto alla media italiana
ed europea.
Come trasformare in risorsa l’aumento del flusso migratorio
e la crescita del numero di anziani, soprattutto non autosufficienti?
Si può creare un circolo virtuoso di interazione tra anziani,
istituzioni, terzo settore e assistenti familiari, per potenziare la
qualità dell’assistenza? Sono questi gli obiettivi del progetto
Arzillamente, promosso dalla direzione toscana dell’InpsInpdap e dalla provincia di Arezzo, in collaborazione con la
Usl 8 di Arezzo, le zone socio sanitarie e vari soggetti del
terzo settore.
L’iniziativa, rispondendo ai bisogni di tanti anziani in difficoltà
e delle numerose assistenti in cerca di lavoro, ha riscosso da
subito un enorme successo. Ma per fare rete, a maglie strette
e fitte, è importante che sempre più persone vengano a conoscenza del progetto per essere coinvolte direttamente. La
sfida viene raccolta dalla giovane emittente comunitaria aretina
Tsd, che interpreta gli obiettivi del progetto con il format televisivo
Arzillamente con ribollita e cous cous, un “laboratorio di vita
domestica” che coniuga due competenze chiave della vita in
comune: comunicare e cucinare. Infatti, per chi entra in famiglia
come sostegno alle persone non autosufficienti, gestire la casa,
libertàcivili
di Maria Grazia Profeta
2 0 12 novembre - dicembre
131
Buon esempio
Arzillamente, un laboratorio di vita domestica
cucinare e comunicare sono competenze strategiche per
padroneggiare anche le regole del vivere insieme. E il programma
va in onda proprio nel 2012, “Anno europeo dell’invecchiamento
attivo e della solidarietà tra le generazioni”.
Tsd - Da tv locale a regionale, anche sul web
libertàcivili
Le puntate di “Arzillamente”, in onda sul canale 85
(provincia di Arezzo), si possono rivedere all’indirizzo
www.tsdtv.it/arzillamente-con-ribollita-e-cous-cous/. Sul sito
della tv anche un blog con notizie, approfondimenti e backstage e gli altri programmi dedicati al tema dell'immigrazione
e dell'integrazione, come il notiziario in sei lingue Tsd Week
World con lo speakeraggio affidato ai giovani di seconda
generazione, La tavola delle religioni sul dialogo interreligioso
e La Carta dei valori per approfondire diritti, doveri e Costituzione. Nel mese di novembre è nato il consorzio Toscana Link,
collaborazione tra Tv Prato, Tsd e agenzia multimediale Toscana
Oggi, così ben presto i programmi raggiungeranno i cittadini
di tutta le regione. Intanto gli stranieri possono seguire la diretta
tv anche sui cellulari.
132
2 0 12 novembre - dicembre
Come accade nelle cucine degli italiani, anche vicino ai fornelli
c’è sempre una televisione accesa. È l’espediente narrativo per
inserire tra le ricette dei piatti, altre “ricette” che contribuiscono
al benessere delle persone anziane. Mentre le donne cucinano
quello che va in onda in tv cattura la loro attenzione e quella dei
telespettatori.
In ogni puntata due cuoche portano a cottura un piatto
della tradizione locale e uno contaminato dal gusto di una
comunità straniera residente nel territorio. Anche tra i conduttori
si mettono in gioco persone di nazionalità diverse, che insaporiscono il racconto con storie e aneddoti del proprio Paese.
Varie le rubriche di approfondimento dedicate alla salute
e realizzate con il contributo di medici specialisti (geriatri,
nutrizionisti, dietisti, psicologi ecc), come la conservazione
dei cibi, alimentazione e farmaci, le età in cucina, la cucina
che cura (diete e patologie) ecc. Tra le rubriche anche una
dedicata al vocabolario in cucina, sugli equivoci alimentari,
con risultati esilaranti.
Buon esempio
Arzillamente, un laboratorio di vita domestica
La presenza discreta di una troupe
televisiva in una classe del corso di
italiano per stranieri del CTP “M.
Buonarroti” di Arezzo ha permesso di
chiarire il significato di espressioni come
“pasta al dente”, “pollo alla diavola”,
“pesce al cartoccio” o “riso saltato”.
Sono nati mini-reportage esilaranti,
che hanno immortalato il divertimento
del confronto reciproco e lo stupore
degli studenti di fronte a modi di dire
italiani a loro avviso improbabili e buffi.
“Inizialmente non tutti gli studenti
hanno accolto con favore l’iniziativa”,
rivela il docente Eustachio Del Piano.
“Quelli con una competenza linguistica
più deficitaria vivevano il confronto con
il mezzo televisivo con preoccupazione.
Ma superato il primo momento di comprensibile imbarazzo tutti si sono lasciati
coinvolgere. Nessuno pensava che
potesse essere commestibile un pollo
‘alla diavola’ perché il diavolo non è
una cosa buona e ugualmente sono
rimasti perplessi di fronte ai ‘topini’,
scoprendo che sono gnocchi e non ratti.
Questi episodi hanno reso le lezioni
di cucina divertenti e interattive. Inoltre
la consapevolezza di partecipare attivamente a un programma che entra
nelle case di tutti ha giocato a favore
ed è la prova tangibile di come i cittadini
stranieri, se coinvolti adeguatamente,
siano tutt’altro che chiusi e capaci di
superare timori e pudori. Ma ovviamente
la cosa che ha fatto più colpo è stato
rivedersi in tv perché ha fatto toccare
con mano l’efficacia della lingua che si
sta imparando, nonostante le difficoltà.”
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Equivoci alimentari
Il “pollo alla diavola” non può essere una cosa “buona” da mangiare
133
Buon esempio
Arzillamente, un laboratorio di vita domestica
“Parlare di immigrazione in tv significa parlare di uno dei
principali temi d'attualità”, spiega il direttore di Tsd Andrea
Fagioli. “L'immigrazione è un fenomeno che ormai da tempo
ci riguarda da vicino e in modo costante. E non solo per gli
sbarchi a Lampedusa o per le centinaia, forse migliaia, di morti
nel braccio di mare tra le nostre coste e quelle dell'Africa
settentrionale. Tutti i giorni ci troviamo a contatto con immigrati.
Episodi come quello capitato a Firenze nel dicembre 2 011,
con l'uccisione di due senegalesi e il ferimento di altri loro
connazionali, sono sicuramente gesti di un folle, ma bisogna
stare attenti alla cultura che può generare quella follia. La
nostra, soprattutto in Toscana dove noi operiamo, è sostanzialmente una cultura d'accoglienza, ma c’è ancora molto da
fare per contribuire a una mentalità davvero aperta all'integrazione. Con il format “Arzillamente” pensiamo di aver lavorato
in questa direzione. E lo abbiamo fatto con l’espediente della
cucina, intesa come luogo di ritrovo, di condivisione, di confidenza, di vicinanza”.
libertàcivili
La storia di Lejdi
Diplomazia in cucina: “L’integrazione passa anche per la gola”
134
Lejdi Dervishi, 29 anni, di origine
albanese, ha già collaborato con Tsd
per la traduzione del notiziario in sei
lingue Tsd Week World ma con il programma “Arzillamente” si è cimentata
per la prima volta nel ruolo di conduttrice, aiutata dal sorriso contagioso e
la parlantina vivace. “Ho trovato davvero
geniale l’idea di integrare popoli diversi
passando anche per la gola”.
A Tirana Lejdi era docente universitaria alla facoltà di Lingue. Nel 2008
vince una borsa di studio del ministero
degli Affari esteri presso l’università
degli studi di Firenze e decide di rimanere in Toscana. Nonostante difficoltà
burocratiche e pregiudizi, riesce
presto a farsi strada, fino a ricoprire la
carica di consigliere con delega
all’internazionalizzazione di impresa
2 0 12 novembre - dicembre
presso la Ascom di Arezzo. Consegue
una seconda laurea all’università degli
studi di Siena e collabora con la procura
della Repubblica e il tribunale di Arezzo,
dove oggi è iscritta all’Albo dei periti
e consulenti d’ufficio. Frequenta la
specialistica in Relazioni internazionali
e Scienze diplomatiche e opera nel
terzo settore (lezioni di intercultura con
l’associazione Rondine e accoglienza
come civilista nel pronto soccorso
dell’ospedale San Donato). Da pochi
mesi Lejdi, sposata con un italiano, ha
ottenuto anche la cittadinanza italiana.
Un passo fondamentale verso il suo
sogno più grande: la carriera diplomatica.
La provincia di Arezzo ha immediatamente colto le potenzialità
intrinseche nella collaborazione con Tsd per una diffusione
capillare del progetto Arzillamente e Mirella Ricci, vicepresidente
dell’ente, nonché assessore alle Politiche sociali, sanitarie e alla
multiculturalità, è convinta che investire nella comunicazione
sia fondamentale: “La trasmissione televisiva di Tsd fa arrivare il
progetto ai destinatari entrando nelle loro case, facendo passare
con semplicità e chiarezza messaggi importanti per gli anziani e
chi li assiste. È un modo per formare e formarsi. Conoscere chi
sono le assistenti familiari, quali sono le loro culture di appartenenza, come cucinano e quali ingredienti utilizzano è il tramite
Buon esempio
Arzillamente, un laboratorio di vita domestica
Al programma tv hanno partecipato anche i soggetti del
territorio che offrono servizi agli anziani e a chi li assiste,
tra cui la Cna provinciale di Arezzo. “Al di fuori del sistema
di welfare si è costituito un particolare mercato sociale,
luogo di incontro tra domanda privata (famiglie) e offerta
di lavoro (badanti)”, spiega Barbara Bennati, responsabile
delle Politiche sociali di Cna. “Il contatto con le famiglie
avviene mediante un servizio pubblico o un’agenzia solo
per una minima parte delle assistenti familiari. Le donne
straniere più anziane di 40-55 anni, le più numerose, possiedono un titolo di studio e spesso una professionalità
definita. In genere sono sposate, con figli grandicelli, e
hanno un progetto di guadagno-massimo risparmio che
considera le esigenze della famiglia allargata e che prevede
un ritorno programmato. Le più giovani, 23-33 anni, fresche
di studi spesso interrotti dopo il diploma, sono in genere
nubili o già separate, con figli piccoli che vengono curati
da parenti e con progetti matrimoniali di radicamento sociale
e di non ritorno”. Alla luce dell’aumento esponenziale
della popolazione anziana e del ritirarsi dello Stato sociale,
Cna Arezzo ha aperto uno sportello per informare su vari
adempimenti, dall’inquadramento contrattuale agli incentivi
per l’assunzione. “Non dimentichiamo”, sottolinea Bennati,
“che tra famiglie-datori di lavoro e colf o badanti in servizio
spesso nascono insidiosi e costosi contenziosi, causati,
nella maggior parte dei casi, da una gestione superficiale
del rapporto di lavoro”. Un ulteriore servizio è lo sportello
Cna World rivolto a lavoratori stranieri e datori di lavoro.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Il mercato sociale e la Cna - Lo sportello apre anche in tv
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Buon esempio
Arzillamente, un laboratorio di vita domestica
libertàcivili
giusto per far incrociare anche culture molto diverse. Non è
semplice, ma la strategia di squadra è quella vincente. Più
soggetti con un unico obiettivo: raggiungere più persone possibile e far scoprire loro, anche nei media, un mezzo utile per la
loro vita”.
È Giuseppe Conte, direttore regionale Inps Toscana, che
anticipa le nuove sfide: “Sul fronte informativo la copertura dei
media è stata fondamentale per la buona riuscita del progetto,
riuscendo da un lato a comunicarne le opportunità e le potenzialità e dall'altro ad essere parte integrante dell’iniziativa.
Analogo ruolo i mezzi di informazione possono svolgere in relazione ai nuovi servizi che l’Istituto sta lanciando. Dopo due anni
di sperimentazione progettuale, nei quali Arzillamente si è distinto
a livello nazionale quale buona pratica, l’Inps sta avviando un
nuovo servizio di assistenza per non autosufficienti. L’esperienza
della rete territoriale di Arzillamente sarà fondamentale per
portare il servizio a regime”.
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2 0 12 novembre - dicembre
Imaginarium
Se Bollywood
sbarca in Italia
Tra i fenomeni legati alla presenza dei cittadini
indiani non va trascurato il ruolo del cinema di
“Bollywood”, che si fonda sul trapianto del mondo
hollywoodiano nella città di Bombay e che ora
riscuote successo anche nel nostro Paese
di Valeria Bordi
India, terra di sapori e odori speziati, di sacralità e di misticismo, cui l’Italia è legata da forti interessi economici, tanto
da essere annoverata come partner strategico oltre che quinto
fornitore europeo, anche in virtù di consistenti importazioni verso
il continente indiano di macchine utensili, apparati elettronici,
perfino di navi, mentre la progettazione condivisa sembra incentrarsi sulle automobili di
I flussi migratori dall’India
piccola cilindrata e sul food processing,
verso il nostro Paese
ancora poco conosciuto in una economia che
non accennano a diminuire;
può vantare la posizione di primo produttore
nel 2006 gli indiani residenti
di cibo al mondo.
in Italia erano circa 70mila,
Citando l’ex Presidente di Confindustria
Emma
Marcegaglia, questi “sono gli anni
un numero quasi raddoppiato
dell’India”
ma, a dispetto dell’unanime
cinque anni dopo
considerazione di “Paese emergente”, i flussi
migratori da queste terre verso il nostro
Paese non accennano a diminuire e anzi la crescita di residenti
nei diversi comuni italiani è sempre sostenuta. Nel 2006 gli
indiani residenti in Italia si aggiravano sulle 70mila unità,
quasi raddoppiate nel 2010 e disseminate in circa 4mila
comuni, con maggiore concentrazione in Lombardia (circa
50mila), seguita da Emilia-Romagna (17mila), Veneto e Lazio
(15mila), impiegati prevalentemente nei settori della ristorazione,
del turismo alberghiero e del commercio ambulante. Un piccolo
rivolo del miliardo e duecento milioni di indiani che popola le
terre sud-asiatiche, secondi, con il 17% della popolazione
mondiale, solo ai cinesi.
libertàcivili
Presidente di Integra Onlus
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libertàcivili
Imaginarium
Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia
138
Praticamente assenti dalle cronache per fatti di criminalità,
gli indiani hanno una spiccata vocazione per l’agricoltura,
nella quale esprimono un impegno stakanovista e un comportamento generalmente rispettoso, che li rende particolarmente
apprezzati dai datori di lavoro, che in molti casi sono protagonisti
di uno sfruttamento sistemico. Non a caso la concentrazione
di comunità indiane si registra in macroaree caratterizzate
dalle coltivazioni intensive: tra le prime 15 località per residenti
indiani figurano Sabaudia, Fondi, Terracina e Anzio, tutte in
posizione rivierasca e interessate da un bacino orto-frutticolo
di rilievo.
Nel 2011 l’International Herald Tribune ha dedicato un lungo
reportage, con il titolo “I contadini indiani permettono al latte
italiano di continuare a scorrere”, alla realtà della provincia di
Cremona dove ancora oggi si continua a registrare una copiosa
presenza di immigrati indiani del Punjab, per lo più sikh. Ad
essi va riconosciuto un ruolo predominante nel mantenimento
di quella cultura agricola e rurale che andava scomparendo,
sostituendosi ai giovani italiani “che non vogliono lavorare
con le vacche”.
Ecco cosa ha creato l’incontro con gli indiani, da sempre
annoverati tra i destinatari dei decreti flussi stagionali che ogni
anno permettono l’accesso a una manovalanza apprezzata
dall’imprenditoria nostrana. Quindi un successo sotto il profilo
economico ma soprattutto nell’ottica dell’integrazione, che si
realizza solamente in presenza del rispetto
reciproco delle identità culturali e politicoIl successo dell’integrazione
religiose tra comunità accogliente ed etnia
indiana sotto il profilo
ospitata, senza alcun tentativo di sovraordieconomico favorisce anche
nazione o di imposizione dell’una da parte
lo scambio fra le due culture
dell’altra.
nei loro diversi aspetti: arte,
In questi termini risulta possibile l’integrazione e quindi uno scambio simbiotico tra le
cinema, ballo, gastronomia,
civiltà coinvolte, che comprende arte, cultura,
stili di comportamento
cinema, ballo, gastronomia e quant’altro,
includendo talvolta anche gli stili comportamentali e le concezioni filosofiche ad essi correlate. Certo è
che, in presenza di una convivenza integrata, non sempre le
reazioni sono indolori e non è raro avvertire negli indiani giunti
nel nostro territorio una fisiologica diffidenza verso il popolo
ospitante, quasi si sentissero violati o derubati di qualcosa che
appartiene solo a loro e che un occidentale può solo sminuire
o non comprendere.
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
La costruzione di templi induisti in Italia può essere invece
letta come un segnale chiaro di disponibilità e di fiducia da
parte delle pubbliche amministrazioni italiane nei confronti di
questa popolazione immigrata. Prossima al completamento,
nel mantovano, è la costruzione di uno dei più grandi templi
induisti, fortemente voluto dall’associazione locale Shri Hari
Om Mandir. Un altro evento significativo in ordine al processo
di integrazione in atto è l’inaugurazione del tempio sikh di
Pessina Cremonese, uno dei Gurdwara più grandi d’Europa e alla
cui apertura hanno partecipato circa seimila sikh provenienti da
tutto il Nord Italia. I Gurdwara sono luoghi aperti a tutti, perché
alla base del sikhismo c’è proprio il concetto dell’accoglienza
nei confronti dell’altro, tant’è vero che annessa a ogni tempio
c’è sempre una grande cucina, chiamata langar, dove chiunque
arriva deve essere sfamato e ospitato gratuitamente, come segno
del fatto che Dio accoglie tutti, a prescindere dalla religione
o dalla etnia.
Imaginarium
Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia
2 0 12 novembre - dicembre
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libertàcivili
Imaginarium
Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia
140
Nel contesto integrativo dei cittadini indiani in Italia non
va trascurata una componente, apparentemente lontana e
marginale, che si chiama “Bollywood”, un fenomeno che si
fonda sul trapianto del lucente mondo hollywoodiano nella
città di Bombay, che ha avuto un impatto dirompente sulla
popolazione indiana, letteralmente stregata dalle storie cantate
e ballate nella cinematografia dei registi made in India.
Tra intermezzi di balli coinvolgenti e di musiche festose, le
storie d’amore si intrecciano, con tonalità garbate e gradevoli
siparietti, alle tematiche sociali più disparate, con epiloghi
spesso a lieto fine. Un cinema/musical decisamente particolare,
spesso manicheo per la marcata riconoscibilità delle presenze
positive rispetto a quelle malvagie nell’intreccio proposto,
un’arte/industria che proprio quest’anno compie il suo centesimo
anno di vita. In tutto il mondo impazzano celebrazioni, festival,
rassegne e galà che non possono essere in alcun modo ignorati
dagli indiani sparsi in ogni angolo del pianeta.
La data del primo vero lungometraggio è in realtà controversa,
essa dovrebbe orientarsi intorno al 1912 o il 1913, tuttavia
l’esplosione del cinema popolare cominciò dopo l’indipendenza,
con una differenziazione tra il cinema
impegnato, quello girato a Calcutta, e quello
L’esplosione del cinema
di “cassetta” prodotto in altre location. La
popolare in India cominciò
produzione nazionale è in grado di sfornare
dopo l’indipendenza, con una circa 1.500 film l’anno, un numero da capogiro,
differenziazione fra il cinema
inducendo milioni di persone a fare file
impegnato, girato a Calcutta,
estenuanti per avere un “pass” per assistere
all’ultimo film, per vivere un altro sogno indiano.
e quello di “cassetta”
Paradossale appare, però, il fatto che questo
prodotto in altre location
business per anni sembra essere stato finanziato e gestito dalla mafia locale, i cui boss
riciclavano i proventi del contrabbando e del traffico d’armi e droga.
Le star sono venerate al pari degli dei e l’importanza di
queste celebrities è stata confermata anche dall’annuale lista
della rivista Forbes che ha incoronato Shahrukh Khan come il
più grande “divo” indiano sia per successo che per guadagni.
I personaggi dei film si muovono tra identità tradizionale e
confronto con la società occidentale, i modelli proposti sono
in gran parte tradizionali, data la prevalenza dell’autorità
paterna, della famiglia numerosa e delle sue esigenze; il tempio,
le cerimonie e le feste continuano a occupare un posto molto
importante malgrado l’apertura e la contaminazione verso generi
più occidentali, come thriller o fantascienza, non accenni a
fermarsi.
2 0 12 novembre - dicembre
Tra i nomi di attori di questi ultimi anni come non citare
Salman Khan, spesso impegnato in ruoli di macho imperturbabile
ma con quell’ironia e quella giusta dose di scazzottate che
richiamano tanto alla memoria le avventure delle pellicole nostrane
interpretate da Bud Spencer. Tra le stelle bollywoodiane figura
anche Shahid Kapoor, straordinario ballerino che ha tentato di
uscire dallo stereotipo di bravo ragazzo che ha sempre interpretato, con una toccante interpretazione nel film “Mausam”.
Tra le attrici affermate, spesso venerate, vanno citate Madhuri
Dixit, Kajol, Rani Mukherjee, cui si affiancano
le nuove promesse Anushka Sharma e Sonashki
Malgrado l’affermazione
Sinha.
sul mercato interno, l’industria
Malgrado l’affermazione sul mercato interno,
cinematografica di Bollywood l’industria cinematografica indiana è sempre
è sempre più rivolta a un
più rivolta a un pubblico mondiale e questo
pubblico mondiale e questo
ha determinato da un po’ di tempo lo sviluppo
determina lo sviluppo di trame di trame più elaborate, ma anche più impegnate nel sociale e in tematiche controverse
più elaborate e impegnate
come nel film “Dil se” dove la storia d’amore
tra i due protagonisti diventa il pretesto per
dipingere la dolorosa situazione del terrorismo kashmiro.
Un'altra pellicola che ha ottenuto un grandissimo riscontro in
Occidente è “Il mio nome è Khan”, storia ambientata sullo
sfondo della tragedia dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle,
incentrata sulle vicende di un giovane affetto dalla Sindrome
di Asperger, che scoprirà, oltre all’amore, anche il dolore per
la morte del figlio acquisito, picchiato solo per quel cognome
che gli occidentali continuano ad associare automaticamente al
terrorismo islamico. Da quel momento comincerà un lungo
viaggio del protagonista in tutti gli Stati dell’America solo per
raggiungere il Presidente e riferire “il mio nome è Khan e non
sono un terrorista”. Il lungometraggio ha peraltro riconfermato
al vertice dell’Olimpo cinematografico la coppia d’oro Sharhukh
Khan-Kajol.
Negli ultimi tempi le produzioni indiane hanno cominciato
ad apprezzare come location anche il nostro Bel Paese, in
particolare la Puglia, considerando anche il fatto che a Cisternino,
noto centro del brindisino, risiede una rigogliosa comunità
indiana. L’ashram di Cisternino, noto come Centro Bhole Baba,
oggi Fondazione Bhole Baba, è sorto nel 1979 per volere del
Mahavatar Babaji. La vita del Centro si svolge seguendo il
modello dell’ashram di Herakhan, alternando la meditazione e
la preghiera col lavoro comunitario. Nell’ashram di Cisternino,
dal 1986, è presente un tempio identico a quello di Herakhan.
libertàcivili
Imaginarium
Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia
2 0 12 novembre - dicembre
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Imaginarium
Il cinema di Bollywood e la comunità indiana in Italia
libertàcivili
Babaji stesso volle questo tempio come simbolo di unione
profonda col suo ashram in India.
Chiunque può partecipare ai riti o risiedere nell’ashram per
un determinato periodo, soprattutto nei mesi estivi, periodo in
cui si svolgono vari seminari, attività o incontri. Per chi è
intenzionato a un approccio più ravvicinato a tale affascinante
mondo o è desideroso di imparare la lingua hindi in modo leggero
o desidera solamente godere della gioiosità ma anche della
profonda spiritualità dei film bollywoodiani, si segnala a Roma,
nel quartiere multietnico di Piazza Vittorio, la presenza di
negozietti in grado di fornire, in dvd, il meglio della cinematografia indiana, oppure vestiti tradizionali per potersi calare
ancor di più nell’atmosfera “speziata” del cinema indiano.
Proprio qui si può toccare con mano il crescente interesse
per tale fenomeno anche da parte degli italiani.
Nella Capitale sono molte le iniziative che testimoniano il
grande interesse verso questa cultura, anche per quanto
riguarda la danza tradizionale. Una su tutte la compagnia
Apsaras dance company, concepita nel 2005 dalla fondatrice
Valentina Manduchi, specializzata in “Bollywood dance” insieme
a ballerine professioniste qualificate in danza classica indiana,
balletto classico, danza del ventre e altre discipline. Il grande
pregio di tale compagnia risiede non solo nelle colorate e
coinvolgenti esibizioni, ma anche nel portare esponenti dei
diversi stili di danza indiana nel nostro Paese, proponendo interessanti e entusiasmanti stage, aperti a tutti gli appassionati. Tra
questi merita una citazione il masterclass di banghra con Ravi
Deep Kundan e la sua affascinante moglie italiana, che hanno
fondato una delle prime compagnie in Italia di questo caratteristico ballo del Punjab, e avviato una vera attività di servizi di
intrattenimento ed esibizioni nei matrimoni indiani celebrati
nel nostro Paese, e quello di Karan Pangali, giovane ballerino,
già partecipante al programma “just dance India” e ora coreografo e insegnante, pronto a condividere le sue abilità nei
diversi stili di danza indiana e non solo. Al teatro degli
Arcimboldi di Milano, nel 2010, un grande successo ha salutato il musical “Bharati”, con 60 ballerini e 900 costumi.
Il cinema indiano, come la cultura e la comunità indiana,
avanza senza sosta e strizza l’occhio al mondo occidentale. Un
mondo che, nel nostro Paese, ha trovato lavoro e vive, in piena
libertà, le proprie feste, le proprie tradizioni, e festeggia le proprie ricorrenze religiose e che noi dobbiamo rispettare evitando
di cadere continuamente nel becero stereotipo di chiamare un
sikh con la barba “Osama Bin Laden”.
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2 0 12 novembre - dicembre
Cosa pensano
gli americani
(e perché sono così
diversi da noi)
di Francesco Antinucci
Laterza 2012
Sullo scaffale
Un immigrato negli Stati Uniti è destinato a diventare
un cittadino americano. Un immigrato in Europa, in Italia,
è destinato a restare un immigrato, sia pure inserito e
magari pienamente integrato. Il forte peso dei valori etnico
culturali dei Paesi europei fa ancora oggi una differenza di
fondo rispetto agli Stati Uniti, dove ciò che è in gioco non
è l’etnia di provenienza ma la condivisione del credo
democratico di quel Paese. Paradossalmente gli Stati Uniti,
proprio perché basati storicamente sull’immigrazione,
attraverso i criteri della cittadinanza e dell’adesione ai valori
fondamentali della Costituzione sono stati in grado di
accogliere questa massa di gente rendendola a pieno titolo
parte del Paese: rendendola cittadini americani.
Negli ultimi vent’anni sono immigrate legalmente negli
Stati Uniti circa un milione di persone l’anno. Tre quarti
di queste persone diventano cittadini americani pleno iure.
E i loro figli attraverso lo ius soli sono anch’essi subito
americani. L’Italia, all’opposto, sembra superare qualunque
altro Stato nella rigidità dell’appartenenza etnica come
criterio di cittadinanza. Nell’unico caso in cui è costretta
ad accettare lo ius soli lo fa con estrema riluttanza: oltre a
essere nati in Italia bisogna averci vissuto 18 anni di seguito
senza avere lasciato mai il Paese per poterlo invocare. E si
ha una finestra di un solo anno di tempo per poterlo fare,
poi si resta stranieri.
L’interesse del nuovo libro di Francesco Antinucci,
intellettuale e direttore di ricerca all’istituto di Scienze e
Tecnologie della cognizione al Cnr, è nel far riflettere sulla
serie di elementi di base attraverso i quali comprendere
la profonda differenza tra la mentalità e la cultura dell’
“essere europei” rispetto a quella dell’“essere americani”:
un principio di identità secondo il quale, scrive l’autore,
“l’appartenenza alla nazione non avviene su base etnica
bensì per adesione a un credo ideologico-politicoistituzionale; un principio che diverge radicalmente da
quello europeo”. Antinucci spiega il come e il perché di
tutto questo per i Saggi tascabili di Laterza attraverso
una serie di coinvolgenti dialoghi sulla cittadinanza,
sull’uguaglianza, sulla filantropia e sulla menzogna. Un
manuale di conoscenza e di riflessione davvero da non
perdere.
libertàcivili
Sullo scaffale
2 0 12 novembre - dicembre
143
Sullo scaffale
Sullo scaffale
libertàcivili
L’islam radicale
in Africa
a cura di Daniele Cellamare,
Roberto Angiuoni,
Maria Egizia Gattamorta
Editrice Apes 2012
144
2 0 12 novembre - dicembre
“L’Islam radicale in Africa” è un lungo e completo viaggio
che Daniele Cellamare - docente di Storia delle istituzioni
militari presso l’università “Sapienza” di Roma e direttore
dell’Istituto studi ricerche, informazione difesa (Istrid) insieme agli altri due autori Roberto Angiuoni - studioso
di Storia delle relazioni internazionali - e Maria Egizia
Gattamorta - esperta di questioni mediterranee e africane
- racchiudono in un volume di studi approfonditi. Tale
volume percorre storicamente, geograficamente e politicamente il continente africano attraverso i processi di
espansionismo islamico e le analisi geopolitiche di un
fenomeno che dopo l’11 settembre 2011 ha aperto un
dibattito sempre più acceso in Europa su cause ed effetti
del fondamentalismo religioso.
I tre autori attraversano il variegato sistema di compenetrazione storica politica e socio culturale che l’Islam
radicale sponsorizza in maniera crescente nei Paesi a forte
componente religiosa musulmana, partendo da ricerche
storiche e analisi geopolitiche di quei fenomeni che
l’Europa ha iniziato a guardare con crescente attenzione
solo quando il fondamentalismo religioso ha costituito
una minaccia diretta per i Paesi della sponda nord del
Mediterraneo attraverso il terrorismo islamico, le crisi
politico economiche parallele alla Primavera araba o gli
esodi di massa dai Paesi colpiti dall’instabilità politica.
Un dibattito aperto sul ruolo dell’islamismo accompagna
le ricerche approfondite che spesso sfatano i luoghi
comuni più scontati, ripercorrono i processi di arabizzazione
del Maghreb, le influenze coloniali nel Nord Africa, o i
modelli sociali depauperanti sul piano culturale del radicalismo islamico. Ed è ancora “l’ombra lunga del fondamentalismo” ad essere oggetto degli studi di Cellamare
che ne traccia con precisione e accuratezza percorsi
geografici e strategie paramilitari. Con un risalto significativo al rapporto di giugno 2011 di Amnesty International
per l’Africa che si conclude con una drammatica considerazione sul destino degli adolescenti somali: “Se sei un
bambino in Somalia rischi la vita in ogni momento, puoi
essere ucciso, reclutato e spedito al fronte, punito dagli
al-shabab perché ti hanno trovato mentre ascoltavi musica
o indossavi vestiti sbagliati, costretto ad arrangiarti solo
perché hai perso i genitori o puoi morire perché non hai
accesso alle cure mediche”.
Per comprendere appieno i meccanismi dell’espulsione e
dell’estradizione, al giorno d’oggi, bisogna essere
profondamente consapevoli della difficoltà di giudizio e
applicazione di questi sistemi, legati come sono da una
parte all’antica storia della collocazione dello straniero
all’interno di sovranità statali dirette e, dall’altra, all’evoluzione etica, politica e sociale che ha arricchito il nostro
mondo reale della tutela dei diritti umani. Diritti umani
goduti non solo dai residenti o dai cittadini, ma da tutte le
persone in quanto individui, in quanto umani.
È questo l’approccio seguito dalla monografia “Estradizione, espulsione e tutela dei diritti umani” (Aracne,
Roma 2012), curata da Sandro Valletta, docente in Diritto
delle migrazioni all’università “Guglielmo Marconi” di
Roma. Si tratta del quinto volume di una collana sul Diritto
delle migrazioni che intende coniugare la ricerca e l’interpretazione della normativa con l’individuazione della natura
e della tipologia dei “conflitti” più ricorrenti che l’immigrazione
ha alimentato e alimenta.
Il volume intende offrire una fotografia dello stato attuale
degli istituti dell’espulsione e dell’estradizione, collocata
all’interno delle tutele dei diritti umani, sia nazionali sia
internazionali, pur non tralasciando alcuni istituti maggiori
ad essi collegati quali il respingimento o l’asilo, in relazione
alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale.
Parlare di diritti umani significa ritrovare i fili di un tessuto
che oggi è un unico e variegato arazzo, ma che parla di
migliaia di esperienze e di vita di gente di tutto il mondo. I
concetti di universalità, globalità, multiculturalità e migrazione
sono alla base dei vissuti storici e sociali che sono stati
riportati attraverso la ricostruzione della genesi di tutti quei
documenti che hanno costituito la base delle attuali convenzioni internazionali sull’argomento. Proprio perché non è
possibile parlare di “qui e oggi”, senza far riferimento al
resto del mondo e al passato, la ricostruzione dell’evoluzione dei diritti umani è stata affrontata narrando la storia
delle istituzioni internazionali e regionali e gli strumenti di
tutela adottati nei vari contesti, fino ad arrivare allo Stato
italiano, per affrontare più dettagliatamente lo stato di fatto
nell’ambito nazionale, in particolare degli istituti dell’espulsione
e dell’estradizione.
Gli argomenti sono stati ripartiti in quattro capitoli. Nel
primo viene illustrata la tutela dei diritti umani nella sua
accezione più generica, cercando di offrire una panoramica
storica della genesi dei vari tipi di garanzie sviluppatesi a
tutela dei diritti della persona. A completamento, viene
offerta una carrellata di tutti quegli organismi istituzionalmente preposti che costituiscono una rete di strumenti,
talvolta anche sovrapposti, i quali concorrono al manteni-
libertàcivili
Estradizione, espulsione
e tutela dei diritti umani
Sandro Valletta
Aracne 2012
Sullo scaffale
Sullo scaffale
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Sullo scaffale
Sullo scaffale
libertàcivili
mento, ma soprattutto alla tutela dei diritti umani nei loro
mille volti.
Nel secondo capitolo si affrontano gli argomenti dell’asilo
e dell’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale,
apparentemente in antitesi tra loro, ma ineludibilmente
interconnessi, mentre il terzo capitolo verte sull’espulsione
nell’ambito della disciplina dell’emigrazione, mettendone
in risalto gli elementi che più incidono sulla sfera della
libertà e sulla vita della persona: un complesso di divieti e
limitazioni controbilanciati, quasi sempre, da garanzie
poste a salvaguardia di quei diritti umani, faticosamente
acquisiti, che costituiscono tutele irrinunciabili. Nell’ultimo
capitolo si affronta l’estradizione all’interno delle complesse
regolamentazioni nazionali, comunitarie e internazionali.
Si opera, infine, un distinguo relativo alla recente introduzione del nuovo istituto del mandato di arresto europeo.
Da un lato l’UE si è dotata di uno strumento snello ed efficace
per gli obiettivi di cooperazione di giustizia, dall’altro ha
finito per sacrificare le libertà individuali in nome della
sicurezza pubblica. Volgere l’attenzione all’espulsione e
all’estradizione, soprattutto nell’universo Italia, permette di
sottolineare quel gap che contrappone una reale e fattiva
tutela del diritto umano al bisogno collettivo di sicurezza.
Le conclusioni del volume evidenziano come la diatriba
circa la scelta operata dalle istituzioni sul tipo di interessi
meritevoli di tutela possa farsi risalire all’assenza di universalità nell’interpretazione dei diritti umani. L’ago della
bilancia in queste scelte è rappresentato dall’importanza
della valenza dei diritti umani ed è evidente come solo
attraverso il dibattito tra culture diverse, istituzioni e singoli
individui, sia possibile trovare quell’equilibrio, sentito e
accettato da tutti, che costituisce la giusta espressione
e tutela dell’universalità dei diritti umani. Tuttavia, pur
riconoscendo l’esistenza di numerose certezze, è indubbio
che il cammino da percorrere sia ancora molto lungo.
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2 0 12 novembre - dicembre
Documentazione
e Statistiche
a cura di Stefania Nasso
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura
di emersione 2012
dei rapporti di lavoro irregolari
dei cittadini stranieri
a cura di Stefania Nasso
libertàcivili
Presentiamo di seguito i dati della procedura di emersione
dal lavoro irregolare dei cittadini stranieri extracomunitari del
2012.
La dichiarazione di emersione poteva essere presentata a
partire dal 15 settembre 2012 fino al 15 ottobre 2012 dai datori
di lavoro (italiani, comunitari o extracomunitari con permesso
di soggiorno di lungo periodo) che occupavano irregolarmente,
da almeno tre mesi, lavoratori stranieri extracomunitari presenti
in Italia almeno dal 31 dicembre 2 011. Non sono state stabilite
quote massime di ammissione e non si è verificata quindi la
necessità di inoltrare le istanze con l’urgenza di solito necessaria
in occasione del decreto flussi.
La domanda di regolarizzazione ha riguardato esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato a tempo pieno e quelli
del settore del lavoro domestico e di assistenza alla persona
(colf e badanti) anche part-time. Ai datori di lavoro è stato
richiesto il pagamento di un contributo forfetario di mille euro
in fase di avvio della procedura di emersione. Successivamente
alla presentazione dell’istanza, lo Sportello unico per l’immigrazione, dopo aver proceduto a una serie di verifiche e
acquisizioni di pareri, in caso di esito positivo, convoca le parti
per la stipula del contratto di soggiorno e per la presentazione
della richiesta di soggiorno per lavoro subordinato.
La chiusura definitiva della procedura è stata il 31 dicembre
2012, avendo il ministero dell’Interno concesso la possibilità
di inviare le domande a quei datori di lavoro che, pur avendo
versato nei tempi stabiliti il contributo forfetario di mille euro,
non avevano provveduto a completare la procedura.
I moduli telematici compilati sono stati 141.498. Di questi,
le domande effettivamente inviate sono state 134.743 di cui
116.085 per la regolarizzazione di colf e badanti e 18.658
per la regolarizzazione di lavoro subordinato, con una netta
prevalenza delle domande di emersione per lavoro domestico
e di assistenza alla persona.
148
2 0 12 novembre - dicembre
Totale istanze presentate
Modello
Numero domande
MOD. EM-DOM
116.085
MOD. EM-SUB
18.658
Totale
134.743
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
Totale istanze per settore produttivo
Modello
Settore
produttivo
Settore
produttivo
Agricoltura
4.9 02
*ND
Alberghi
e ristoranti
1.632
Organismi
associativi
Assicurazioni
Attività
professionale
Attività
professionale infor.
Attività ricreative
8
495
5
164
Numero
domande
211
2
Pesca
30
Rapporto
di agenzia
24
Servizi
61
Servizi assistenziali
53
Carta - Stampa
85
Servizi collettivi
14
Chimico
35
Servizi domestici
91
Commercio
Modello EM-SUB
Numero
domande
Commercio dirigenti
Conciario-Calzaturiero
Costruzioni
2.916
5
93
3.3 40
Servizi in agricoltura
Servizi istruzione
2
11
Servizi locali
4
Servizi pubblici
3
Estrattivo
23
Servizi pulizia
Gomma
56
Servizi sanitari
Industria
51
Tessile
Industria dirigenti
15
Trasporto attività connesse 175
Intermediazione
Legno
Manifatturiera
Metalmeccanico
Minerali non metalliferi
7
174
21
1.115
998
24
626
Trasporto Comunicazione
Trasporto marittimo
Trasporto terrestre
Turismo
24
2
460
16
28
Modello EM-DOM
Servizi domestici
116.0 8 5
Totale: 116.085
libertàcivili
Totale: 18.658
2 0 12 novembre - dicembre
149
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
La distribuzione delle domande per nazionalità vede al primo
posto il Bangladesh, seguito nell’ordine da Marocco, India, Ucraina,
Pakistan, Egitto e Cina.
Totale istanze per nazionalità
Nazionalità lavoratore
Afghanistan
13
3
Albania
2.764
1.128
Algeria
1.3 3 3
451
Andorra
2
Angola
2
Apolide
3
Arabia Saudita
2
58
9
Armenia
11
1
Australia
5
Azerbaigian
2
Bahama
6
Bangladesh
Barbados
Benin
1
5
2
14.3 6 5
1.411
3
27
4
Bielorussia
207
8
Bolivia
335
71
33
13
Brasile
970
123
Brunei
1
Bosnia ed Erzegovina
Burkina Faso
181
59
Burundi
2
1
Cambogia
3
Camerun
Canada
Capo Verde
libertàcivili
2
Argentina
Bahrein
150
Numero di domande
Modello EM-DOM
Modello EM-SUB
141
13
4
1
74
Centrafrica
2
Christmas
1
Ciad
Cile
Cina Popolare
3
1
43
8
8.8 4 9
1.3 9 0
(segue)
2 0 12 novembre - dicembre
Totale istanze per nazionalità
Cina Repubblica Nazionale
Cocos
Colombia
Congo
Corea del Nord
Corea del Sud
Costa d’Avorio
Costarica
Croazia
Cuba
Dominica
Ecuador
Egitto
El Salvador
Emirati Arabi Uniti
Eritrea
Etiopia
Figi
Filippine
Gambia
Georgia
Ghana
Giamaica
Giappone
Gibuti
Giordania
Groenlandia
Guadalupa
Guatemala
Guinea
Guinea Bissau
Haiti
Honduras
Hong Kong
India
Indonesia
Numero di domande
Modello EM-DOM
Modello EM-SUB
458
130
1
115
14
2
32
101
6
36
122
40
471
8.3 0 2
925
1
11
45
2
2.687
45
2.73 5
966
3
20
1
13
1
1
45
50
6
3
277
7
10.6 0 8
10
18
6
22
17
12
19
4
102
2.418
81
5
70
8
13
107
1
13
3
1
5
1
10
1
2.703
1
(segue)
libertàcivili
Nazionalità lavoratore
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
2 0 12 novembre - dicembre
151
Documentazione e Statistiche
libertàcivili
152
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
Totale istanze per nazionalità
Nazionalità lavoratore
Iran
Iraq
Isole Vergini
Israele
Jugoslavia
(Ex-Serbia e Montenegro)
Kazakistan
Kenia
Kirghuzistan
Kosovo
Libano
Liberia
Libia
Macao
Macedonia
Madagascar
Malawi
MalaAysia
Maldive
Mali
Malvine
Marianne
Marocco
Marshall
Mauritania
Maurizio
Messico
Micronesia Stati Federali
Moldavia
Monaco
Mongolia
Montenegro
Mozambico
Namibia
Nepal
Nicaragua
Numero di domande
Modello EM-DOM
Modello EM-SUB
41
4
1
10
7
6
3
104
30
66
147
181
55
15
20
1
104
23
2
5
1
27
1
7
12.664
2
16
289
33
2
2.852
1
3
12
2
1
194
36
97
3
3
4
141
14
2
16
49
1
1
7
3
2.963
1
21
6
139
1
16
4
(segue)
2 0 12 novembre - dicembre
Totale istanze per nazionalità
Nazionalità lavoratore
Numero di domande
Modello EM-DOM
Modello EM-SUB
Niger
Nigeria
Oman
Pakistan
Palau Repubblica
Palestuna
Panama
Paraguay
Perù
Rep. Dominicana
Rep. Democratica del Congo
Ruanda
Russia
Samoa
S.Christopher e Nevis
Seicelle
Senegal
Serbia
Sierra Leone
Singapore
Siria
46
3.271
5
10.4 9 9
7
8
2
108
1.647
221
12
2
717
1
1
12
5.83 5
130
11
1
67
15
3 51
1
1.243
Somalia
Sri Lankka (Ceylon)
Stati Uniti d’America
Sud Africa
Sudan
Tagikistan
Tanzania
Thailandia
Timor
Togo
Tunisia
Turchia
Tuvalu
Ucraina
Uganda
3
2.677
32
3
7
2
20
31
2
44
3.164
156
6
12.6 4 3
7
1
15 6
11
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
2
8
127
31
30
468
36
2
10
4
3
(segue)
libertàcivili
13
1.4 57
16 6
1
518
2 0 12 novembre - dicembre
153
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
Totale istanze per nazionalità
Nazionalità lavoratore
Numero di domande
Modello EM-DOM
Modello EM-SUB
Uruguay
Uzbekistan
Vanuatu
Venezuela
Vietnam
Yemen
Zambia
Zimbabwe
Totale
19
10
1
86
5
2
1
3
116.0 8 5
5
12
2
18.658
Le province che hanno registrato il maggior numero di
domande sono Milano, Roma e Napoli.
Totale istanze per provincia
Provincia
libertàcivili
Agrigento
Alessandria
Ancona
Aosta
Arezzo
Ascoli Piceno
Asti
Avellino
Bari
Belluno
Benevento
Bergamo
Biella
Bologna
Bolzano
Brescia
Brindisi
Cagliari
Caltanisetta
154
Numero domande
Modello EM-DOM
211
501
617
48
671
544
174
201
1.6 9 0
176
132
3.3 9 8
77
2.986
587
4.689
141
512
79
Numero domande
Modello EM-SUB
49
73
129
12
107
80
28
55
249
11
19
4 41
4
282
51
534
24
57
24
(segue)
2 0 12 novembre - dicembre
Totale istanze per provincia
Provincia
Campobasso
Numero domande
Modello EM-DOM
88
Numero domande
Modello EM-SUB
67
Caserta
2.4 2 8
618
Catania
523
112
Catanzaro
290
73
Chieti
14 6
36
Como
1.0 6 6
187
Cosenza
626
288
Cremona
84 6
85
Crotone
147
97
Cuneo
472
69
19
3
Enna
Ferrara
830
93
Firenze
2.253
333
Foggia
534
378
Forlì
61 9
30
Frosinone
Genova
Gorizia
280
40
1.280
235
91
13
Grosseto
273
26
Imperia
322
34
18
8
L’Aquila
402
169
La Spezia
333
55
Latina
2.012
924
Lecce
553
51
Lecco
639
42
Livorno
597
57
Isernia
Lodi
478
85
Lucca
392
38
Macerata
Mantova
717
68
1.8 8 3
179
21 6
16
Matera
15 6
110
Messina
Milano
(segue)
libertàcivili
Massa Carrara
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
2 0 12 novembre - dicembre
155
690
74
15.5 6 7
3.5 21
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
Totale istanze per provincia
Provincia
Modena
Monza Brianza
Napoli
Novara
Nuoro
Oristano
315
2
-
10.261
853
755
123
73
8
26
5
1.409
218
Palermo
1.180
113
Parma
1.397
106
Pavia
1.083
173
Perugia
791
91
Pesaro
313
31
Pescara
310
37
624
53
1.210
91
Pistoia
281
49
Pordenone
221
13
Potenza
161
100
Prato
928
12 8
Ragusa
974
525
Ravenna
608
43
Reggio Calabria
1.3 2 6
10 5
Reggio Emilia
2.652
251
Rieti
145
12
Rimini
613
79
Roma
12.17 3
1.6 5 5
386
91
Salerno
2.341
1.11 5
Sassari
468
48
Savona
536
59
Siena
4 07
25
Siracusa
112
89
Sondrio
137
22
Tranto
212
66
Teramo
316
63
Pisa
Rovigo
libertàcivili
2.578
Numero domande
Modello EM-SUB
Padova
Piacenza
156
Numero domande
Modello EM-DOM
(segue)
2 0 12 novembre - dicembre
Totale istanze per provincia
Provincia
Numero domande
Modello EM-DOM
Terni
Torino
Numero domande
Modello EM-SUB
223
26
2.762
355
Trapani
168
65
Trento
383
43
Treviso
1.227
146
Trieste
200
38
Udine
246
50
Varese
1.734
167
Venezia
1.534
111
172
24
Verbano Cusio Ossola
Vercelli
159
7
Verona
2.605
268
Vibo Valentia
Vicenza
89
11
2.086
112
Vitebo
268
37
Totale
116.085
18.658
Documentazione e Statistiche
I risultati della procedura di emersione dei rapporti di lavoro irregolari 2012
I datori di lavori hanno in gran par te inviato la domanda
direttamente, oltre ad avvalersi degli altri soggetti abilitati
all’inoltro telematico.
Modalità di compilazione dei moduli
Privati
83.618
Associazioni e patronati
53.269
Comuni
Totale
4.19 6
415
141.4 9 8
libertàcivili
Consulenti del lavoro
2 0 12 novembre - dicembre
157
Hanno collaborato a libertàcivili
Francesca Locatelli
Cristiano Marini
Enrico Melis
Mario Morcone
Marco Omizzolo
Luca Pacini
Giuseppe Roma
Stefano Sampaolo
Augusto Venanzetti
Mario Morcone
Maria Assunta Rosa
Alfonso Rosolia
Peter Schatzer
Le interviste
Isabella Bertolini
Alberto Bombassei
Gianclaudio Bressa
Michel Camdessus
Domenico Lucano
Morena Piccinini
Consuelo Rumi
Maurizio Sacconi
Fouad Twal
libertàcivili 1/10
libertàcivili 4 /10
Gian Carlo Blangiardo
Enzo Cheli
Luigi De Andreis
Guerino Di Tora
Renato Franceschelli
Daniela Ghio
Mario Giro
Antonio Golini
Nunzia Marciano
Mario Morcone
Vinicio Ongini
Nadan Petrovic
Stefano Rolando
Giulio M. Salerno
Volker Türk
Antonio Maria Vegliò
Foad Aodi
Carlo Cardia
Anna Di Bartolomeo
Ester Dini
Antonio Golini
Pina Lalli
Agostino Marchetto
Bruno Mazzara
Enrico Melis
Mario Morcone
Carlo Nicolais
Maruan Oussaifi
Anna Prouse
Francesca Rinaldo
Maria Virginia Rizzo
Maria Assunta Rosa
libertàcivili
libertàcivili 2/10
Carlo Borgomeo
Vincenzo Cesareo
Federico Cingano
Giuseppe De Rita
Renato Franceschelli
Antonio Golini
Cristiano Marini
Alessio Menonna
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili 3/10
Rita Bichi
Arianna Caporali
Enrico Cesarini
Antonella Dinacci
Andrea Fama
Paolo Garimberti
Daniela Ghio
Chiara Giaccardi
Giovanna Gianturco
Guia Gilardoni
Giampiero Gramaglia
Roberto Natale
Viorica Nechifor
Mario Morcelini
Mario Morcone
Angela Oriti
Nando Pagnocelli
Antonello Petrillo
Lorenzo Prencipe
Maria Vittoria Pontieri
Serenella Ravioli
Alessandra M.Straniero
Le interviste
Fedele Confalonieri
Sergio Zavoli
Le interviste
Elisabetta Belloni
Carolina Lussana
Cecilia Malmström
libertàcivili 6/10
Alberto Bordi
Piero Alberto Capotosti
Klodiana C¸ uka
Andrea De Martino
Antonio Golini
Marco Lombardi
Manuela Lo Prejato
Antonio Marzano
Massimiliano Monnanni
Mario Morcone
Gabriele Natalizia
Piero Raimondi
Giovanni Giulio Valtolina
Marco Villani
Le interviste
Marou Amadou
Howard Duncan
Franco Frattini
Demetrios
Papademetriou
libertàcivili 5 /10
Alfredo Alietti
Alfredo Agustoni
Alberto Bordi
Vasco Errani
Andrea Fama
Giovanna Gianturco
Antonio Golini
Maurizio Guaitoli
Anna Italia
Valeria Lai
2010
Le interviste
Gianni Amelio
Zygmunt Bauman
Maria Stella Gelmini
Roberto Maroni
158
Le interviste
Sergio Chiamparino
Flavio Tosi
Hanno collaborato a libertàcivili
libertàcivili 1/11
libertàcivili 4 / 11
Maurizio Ambrosini
Elena Besozzi
Gian Carlo Blangiardo
Guia Gilardoni
Graziella Giovannini
Antonio Golini
Gaia Peruzzi
Angela Pria
Stefania Rimoldi
Maria Virginia Rizzo
Maria Assunta Rosa
Mariagrazia Santagati
Milena Santerini
Mohamed A.Tailmoun
Giovanni Giulio Valtolina
Attilio Balestrieri
Corrado Beguinot
Alberto Bordi
Raffaele Bracalenti
Alessia Damonte
Andrea Fama
Massimiliano Fiorucci
Chiara Giaccardi
Mario Giro
Alfonso Molina
Roberto Mongardini
Ban Ki Moon
Maria Paola Nanni
Marco Omizzolo
Franco Pittau
Angela Pria
Enzo Rossi
Vincenzo Scotti
Francesco Vecchio
Luca Vitali
Berna Yilmaz
Le interviste
Erri De Luca
libertàcivili 3/11
Vincenzo Cesareo
Enrico Cesarini
Enzo Cheli
Ennio Codini
Andrea Fama
Monia Gangarossa
Antonio Golini
Nelly Ippolito Macrina
Angelo Malandrino
Massimo Montanari
Lara Olivetti
Marco Omizzolo
Nadan Petrovic
Mariavittoria Pisani
Angela Pria
Gianfranco Ravasi
Giuseppe Roma
Le interviste
Graziano Delrio
Le interviste
Sonia Viale
libertàcivili 2/ 11
Paula Baudet Vivanco
Marinella Belluati
Alberto Bordi
Emanuela Casti
Andrea Fama
Guia Gilardoni
Anna Italia
Marcello Maneri
Anna Meli
Mario Morcellini
Angela Pria
Enrico Pugliese
Serenella Ravioli
libertàcivili 5 / 11
Miguel Angel Ayuso
Guixot
Valeria Benvenuti
Maria Bombardieri
Alberto Bordi
Marco Bruno
Paolo Cavana
Andrea Fama
Alessandro Ferrari
Silvio Ferrari
Stefania Fragapane
Antonio Golini
Alessandro Iovino
Giovanni la Manna
Roberto Mazzola
Enrico Melis
Cesare Mirabelli
Mario Morcellini
Vincenzo Paglia
Angela Pria
Veronica Riniolo
Annavittoria Sarli
Sandra Sarti
Claudio Siniscalchi
Le interviste
Riccardo Di Segni
Adnane Mokrani
libertàcivili 6/11
Valeria Benvenuti
Vincenzo Cesareo
Ennio Codini
Giuseppe Del Ninno
Andrea Fama
Antonio Golini
Roberto Leone
Maria Paola Nanni
Stefano Pelaggi
Franco Pittau
Maria Vittoria Pontieri
Angela Pria
Enrico Quintavalle
Giuseppe Roma
Francesca Serva
Laura Zanfrini
Le interviste
Gregorio Arena
Otto Bitjoka
Stefano Zamagni
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili
Le interviste
Luca Artesi
Antonello Folco Biagini
Carmelo M. Bonnici
Natale Forlani
Andrea Segre
2011
Laura Zanfrini
159
Hanno collaborato a libertàcivili
Veronica Riniolo
Giuseppe Roma
Andrea Stuppini
Maurizio Trabuio
Carla Collicelli
Marta Cordini
Joshua Evangelista
Antonio Golini
Maurizio Mastrolembo
Enrico Melis
Maria Pangaro
Maria Vittoria Pontieri
Angela Pria
Sandra Rainero
Isaac Tesfaye
Le interviste
Andrea Riccardi
libertàcivili 1/12
libertàcivili 4/12
Gianluca Bascherini
Alberto Bordi
Antonello Ciervo
Andrea Fama
Natascia Marchei
Raffaele Miele
Paolo Morozzo
della Rocca
Stefano Pelaggi
Daniele Pellegrino
Paolo Pomponio
Angela Pria
Luisa Prodi
Andrea Romano
Valeria Benvenuti
Alberto Bordi
Maria Carolina Brandi
Antonella Cammisa
Mattea Capelli
Andrea Carteny
Marco Cilento
Delfina Licata
Stefano Menon
Mario Morcellini
Giovanna Motta
Giuseppe Motta
Gabriele Natalizia
Carla Pasquinelli
Stefano Pelaggi
Alessandro Pistecchia
Franco Pittau
Francesco Pongiluppi
Maria Vittoria Pontieri
Lino Posteraro
Angela Pria
Antonio Ricci
Marco Rotelli
Nino Sergi
Isaac Tesfaye
Gabriele Vargiu
Le interviste
Franco Ferrarotti
libertàcivili 3/12
Costanza Bargellini
Jonis Bascir
Simona Bodo
Chiara Bonasso
Rita Calvo
Sivana Cantù
Gianni Capuzzi
Ennio Codini
Andrea Fama
Antonio Lauritano
Eugenio Marchina
Silvia Mascheroni
Maria Paola Nanni
Angela Pria
Giovanni Romeo
Isaac Tesfaye
Francesco Vecchio
Le interviste
Giuseppe Mazza
Ermanno Olmi
Moni Ovadia
Le interviste
Ilkka Laitinen
Massimo Livi Bacci
Stefano Manservisi
Rodolfo Ronconi
Le interviste
Antonello Folco Biagini
Tullio De Mauro
Giuseppe Scopelliti
160
Alfredo Alietti
Stefania Aristei
Laura Cicinelli
Stefania Dall’Oglio
Carlo Devillanova
Flavio Felice
Natale Forlani
Oscar Gaspari
Rodolfo Giorgetti
Carlo Melegari
Marco Omizzolo
Mariavittoria Pisani
Lorenzo Prencipe
Angela Pria
2 0 12 novembre - dicembre
libertàcivili 5/12
Ennio Codini
2012
libertàcivili
libertàcivili 2 /12
Papa Benedetto XVI
NEL PROSSIMO NUMERO
Un’agenda per la legislatura
Realizzato con il contributo del Fondo Europeo per l’Integrazione
dei cittadini di Paesi terzi
libertàcivili
“Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale,
possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno
rispettati da tutti e in ogni situazione”.
BIMESTRALE
DI STUDI
E DOCUMENTAZIONE
SUI TEMI
DELL’IMMIGRAZIONE