Confcommercio Magazine n.2
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Confcommercio Magazine n.2
Dal boom alla soglia della depressione NORMATIVA Pag. 2 Pag. 4 » 6 » 8 » 10 di Alessandro Ambrosi Completata la disciplina sull’apprendistato nel Terziario di Mauro Portoso Le spese di manutenzione e riparazione ordinarie di Vito D’Ingeo Nuove pensioni e nuova cultura previdenziale a cura di ENASCO Mediazione civile in ambito RC auto: luci ed ombre ALIMENTAZIONE E SALUTE di Pierluigi Damiani Alimentazione e attività fisica ATTUALITAʼ Pag. 12 a cura di Giovanna Spilotros In copertina: La Chiesa del Purgatorio. Situata in Piazza A. Moro, fu costruita tra il 1722 e il 1758. Di stile barocco, è a una navata con cappelle laterali. La FACCIATA è tripartita da quattro lesene su zoccolo, aventi doppio toro e capitelli ionici. Il PORTALE, con stipiti cordonati, è sormontato da ovale, contornato da cornice a cordone, in cui è racchiuso un dipinto raffigurante la Madonna col Bambino sulle ginocchia e in basso le anime purganti. Nella parte posteriore si eleva il CAMPANILE di stile barocco in due piani smussati negli angoli e aperti in ogni lato da monofore; è terminato da piramide esagonale adorna da tre ordini di cornici. La chiesa è suddivisa in tre cappelle laterali, rispettivamente suddivise nel lato destro e sinistro. La nicchia centrale dell’ALTARE MAGGIORE racchiude la statua della Madonna del Carmine, in onore della quale in sacrestia sono conservati alcuni interessanti ex voto. ••• Iscritto presso ilTribunale di Bari in data 12/01/2009 - N. 69/2009 del Ruolo generale; N. 51 del Ruolo sezionale; N. 2 del registro stampa L’Italia ri-piace agli Italiani …ma servono le braccia per danzare? SPECIALE “CASAMASSMA” “Castrum-Maximi” CULTURA Violetta Valery ieri e oggi: la Traviata Il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese Il mare di lato » 25 » 28 » 30 » 32 » 34 » 36 di Vito Antonio Loprieno Una gita in Nuova Zelanda di Francesco Rossini Il riso tra storia, tradizione e cultura di Vittorio Polito “Mistero Sciacca” di Steven Tranquilli Elsa Schiaparelli rivive dopo 60 anni CONFCOMMERCIO INFORMA di Viviana Rubini a cura della Redazione Anatocismo e commissione di massimo scoperto Direttore Responsabile: PANTALEO CARRIERA EAT Ruvo di Puglia, un nuovo modo di fare consorzio Per le inserzioni pubblicitarie su “CONFCOMMERCIO MAGAZINE” rivolgersi alla redazione, oppure chiamare i segg. numeri: 393.7848124 – 334.3609779, oppure scrivere alla e-mail: [email protected] Pag. 22 di Magda De Pasuale Editore: Confcommercio della Provincia di Bari legale rappresentante ALESSANDRO AMBROSI Stampa: SEDIT S.r.l. Servizi Editoriali Via delle Orchidee n. 1, 70026 Modugno (BA) Tel. 080.5857439 - Fax 080.5857427 Pag. 18 di Sara Spagnoletti Anno IV n. 2 - 2012 Impaginazione e grafica: Saverio Matarrese [email protected] 16 a cura della Redazione Da Federdettaglianti Orafi a Federpreziosi: una evoluzione sostanziale Redazione: Via Amendola 172/c, 70125 Bari Tel. 080/5481110 - Fax 080/5481077 e-mail: [email protected] » di Alessia De Giosa Periodico di informazione, aggiornamento e cultura a cura della Confcommercio della Provincia di Bari – Distribuzione gratuita Coordinamento editoriale: EMANUELE PANZA Pag. 14 di Michele Carriera Pag. 38 » 39 » 40 » 42 » 44 » 46 » 47 » 47 di Alessandro Fusco di Emanuele Panza Donne e governance di Alessia De Giosa Contro la crisi FIDES scende in campo con Confcommercio a cura della Redazione ASSOORO, prezzi in vetrina a cura della Redazione Confederazione mondiale degli orafi – Congresso 2012 a cura della Redazione Scadenzario fiscale L@ POSTA a cura di Michele Carriera Lettere al Direttore: La direttiva Bolkestein a cura di Leo Carriera Pag. 48 SOMMARIO EDITORIALE 19 2 EDITORIALE Dal boom alla soglia della depressione di Alessandro Ambrosi C inque anni di storia del mercato automobilistico disegnano alla “perfezione” la debacle del sistema economico italiano. Un sistema “schizofrenico”, quello che appare sulle riviste specializzate del settore, alla spasmodica ricerca di suggerimenti per ridare ossigeno ad una delle voci trainanti del nostro Paese, per occupazione, indotto e giro d’affari. Non può essere altrimenti, nella terra di grandi passioni motoristiche, patria della Rossa di Maranello e del Tridente della Maserati, in quest’Italia che fino a qualche anno fa era il secondo Paese d’Europa per numero di vetture in circolazione rispetto alla popolazione residente munita di La 500L è l’ultimissima versione della rinnovata utilitaria di FIAT, su cui la Casa torinese punta molto per dare una spallata alla crisi del mercato dell’auto patente, dietro solo alla corazzata Germania. Numeri che forse non faranno contenti gli ambientalisti più estremi, ma che hanno permesso la modernizzazione del territorio, lo sviluppo del turismo, un posto di lavoro – quasi – assicurato per tutti e, infine, un fiume di denaro nelle tasche dello Stato sotto forma di imposte, ad onor del vero sempre più opprimenti. Tutto in crescita, fino al 2007, l’anno del boom appunto. Poi di colpo il meccanismo si è inceppato, la crisi ha iniziato a mordere il freno, banche e finanziarie hanno stretto i rubinetti, le fabbriche hanno dovuto chiudere i battenti e licenziare, le famiglie si sono tenuti stretti i propri sempre più poveri risparmi. Risultato: in soli tre anni si è scesi di quasi 800mila automobili immatricolate in dodici mesi, anzi le auto in meno superano il milione se il raffronto è con il “mitico” 2007. A questo punto si sono azzardate le ipotesi più varie: meno passione, propensione ad usare mezzi alternativi sia per gli spostamenti brevi che per i tragitti più lunghi, troppe vessazione contro gli automobilisti e la “seccatura” dei controlli fiscali per chi azzarda in città anche a bordo di una medio-grossa cilindrata. Colpa, s’è pure ipotizzato, dei designer alle prese con un appiattimento progettuale che non sforna più prodotti particolarmente eccitanti e per i quali possa valere la pena staccare un assegno da migliaia di euro. Infine, la sentenza di quelli che sanno sempre tutto: colpa delle case automobilistiche che propongono modelli scadenti a prezzi sempre più alti. Eppure, mai affermazione sarebbe più falsa di quest’ultima. Di auto se ne vendono sempre di meno, ma i listini sono in costante calo. Gli esperti del settore hanno fatto un raffronto tra i modelli più popolari del 2007 e le versioni aggiornate e sempre più cariche di tecnologia a favore di sicurezza e comodità, e le sorprese sono davvero molte. Affermano i redattori di Quattroruote, per esempio, che la Fiat Grande Punto 1.2 tre porte, cinque anni fa costava 11.300 euro; oggi per acquistare la Nuova Punto con la stessa cilindrata, occorrono secondo i listini dichiarati 11.650 euro, ma la vettura è dotata di serie dell’Esp (un indispensabile sistema antisbandamento). La Nissan Micra 1.2 nel 2007 costava 12.300 euro, oggi 11.060. E la modaiola Mini One? 17.550 euro cinque anni fa, 16.150 adesso. Ancora, la Kia Sportage Crd Vgt Active: il suo prezzo è calato di più di 5mila euro. E l’intramontabile Golf, nella sua ultimissima versione, si porta in garage risparmiando circa mille euro. Alla fine sono stati esaminati più di quaranta modelli: i rincari – è il risultato dell’analisi – non c’entrano con la Caporetto delle vendite semplicemente perché non ci sono stati, e anzi acquistare un’auto adesso quasi sempre sarebbe un affare. Ma ci sono altri particolari che dovrebbero far riflettere e, possibilmente, far correre ai ripari con un repentino cambio di rotta. Assieme alle vendite sono calati drammaticamente i livelli occupazionali, l’indotto è andato in crisi, le concessionarie sono costrette a chiudere ed è in grave pregiudizio perfino la sicurezza, con gli italiani ormai “costretti” a risparmiare sugli autoricambi e le necessarie operazioni di manutenzione dei veicoli. E non è tutto, perché per paradosso colpendo gli automobilisti con una serie infinita di accise e imposte, lo Stato ha ottenuto esattamente il risultato opposto a quello cercato: le casse pubbliche nazionali e locali, com’è noto, reclamano di continuo denaro, e invece tra mancata Iva all’acquisto, mancate tasse di registro e proprietà, mancati introiti sui carburanti, dovranno fare a meno, secondo alcuni conteggi per difetto, di una cifra compresa tra i tre e i cinque miliardi di euro, l’equivalente di una piccola finanziaria. Abbiamo parlato del mercato dell’auto perché è forse il più significativo e adatto a descrivere con chiarezza quanto sta avvenendo e anche perché quando finisce in default provoca effetti maggiormente disastrosi economicamente e socialmente sulla crescita del sistema Paese. Particolare di una delle due torri di vetro della Volkswagen ad Autostadt, ognuna delle quali ha venti piani di auto pronte per essere consegnate ai clienti con un sofisticato sistema di montacarichi. Ma spostandoci su altri settori la situazione resta simile, se non, in alcuni casi, più grave. Perfino un comparto a prova di crisi, quale quello della telefonia mobile, oggi fa segnare un calo nelle vendite di circa il 13,4 per cento; e il mercato dell’elettronica di consumo sta anche peggio, con un meno 20 per cento. Siamo convinti che ognuno a questo punto debba fare la propria parte. La recessione in atto ha portato ad un profondo, spesso obbligato cambiamento degli stili di vita e di comportamento. Probabilmente rimettere in moto la macchina dei consumi anche in tempo di crisi è in parte possibile solo intercettando i nuovi bisogni degli italiani, con prezzi concorrenziali e senza rinunciare alla qualità. Innovare stando insieme, condividendo progetti comuni, creando qualcosa di concreto affinché ogni azione dei singoli possa assumere una forma ufficiale e strutturata per trovare le forze e le risorse necessarie, in modo tale che questa idea, questo progetto possano diventare solide realtà. Riuscendo ad imporre scelte coraggiose e non più rinviabili da parte di tutti i protagonisti dello sviluppo del nostro Paese. E mai più sottovalutare, ignorare, dimenticare ben altri dati, quelli che questa volta giungono dall’Istat: le famiglie italiane si scoprono povere, con un potere di acquisto che in pochi mesi è sceso ai livelli di dodici anni fa e con un reddito reale che già ad inizio anno, dopo un 2011 negativo, è diminuito ulteriormente dell’1 per cento sul trimestre precedente e del doppio rispetto a dodici mesi fa. Mercato dell’auto in caduta libera a giugno In base ai dati resi noti dal ministero dello Sviluppo, nello scorso mese di giugno sono state immatricolate in Italia 128.388 auto contro le 169.870 di un anno fa (-24,4%); a maggio il mercato aveva registrato un calo del 13,9% rispetto allo stesso mese del 2011. Nel primo semestre dell’anno la flessione è stata del 19,73% a 814.179 auto, 200mila in meno rispetto al 2011. La previsione dell’Unrae – l’associazione degli importatori di veicoli esteri – e del Centro studi Promotor vede un 2012 a 1,4 milioni di unità contro gli 1,75 milioni dell’anno scorso (-20%). L’Unrae evidenzia nella sua analisi come la congiuntura stia colpendo duramente soprattutto gli acquisti da parte delle famiglie (-23% nei sei mesi, con una quota calata al 63%); tengono meglio le auto aziendali (-16%) e i noleggi (-9%). L’Anfia chiede al Governo un «alleggerimento della fiscalità, incominciando da comparti specifici come le auto a basse emissioni e le auto aziendali». EDITORIALE 3 NORMATIVA 4 Completata la disciplina sull’apprendistato nel Terziario di Mauro Portoso In attuazione della normativa contrattuale relativa alle assunzioni degli apprendisti, è stato siglato il 23/04/2012 l’Accordo Collettivo Nazionale nel settore Terziario. La procedura per assumere apprendisti passa attraverso : 1) La richiesta di parere di conformità (art. 4 comma 1 dell’accordo di riordino dell’apprendistato del 24 marzo 2012) così come predisposta nel format; 2) Il riconoscimento del parere di conformità da parte dell’Ente Bilaterale (o silenzio assenso) SE NON SI RICEVE RISPOSTA ENTRO 15 GIORNI come previsto all’art 47 Ccnl Terziario) il datore di lavoro potrà procedere all’assunzione; 3) Entro 30 giorni dalla data di assunzione il datore di lavoro dovrà predisporre il piano formativo individuale (di cui all’art 3 comma 1 dell’Accordo sull’apprendistato del 24/3/2012), che resterà in azienda tra datore di lavoro e apprendista e che non dovrà essere inviato all’Ente Bilaterale. 4) Inviare ai soli fini dell’Osservatorio sul Mercato del Lavoro copia del modello UNILAV presso l’Ente Bilaterale; Pertanto l’Accordo rende obbligatorio il passaggio dall’Ente Bilaterale al fine dell’assunzione degli Apprendisti. A tutt’oggi si discute sull’obbligatorietà del passaggio all’Ente Bilaterale di cui si attende risposta dal Ministero del Lavoro, ma riteniamo che a prescindere dall’obbligatorietà l’iscrizione all’Ente deve essere vista dalle aziende come un opportunità per i servizi che lo stesso offre e non solo come obbligo. L’accordo prevede che bisogna aver mantenuto in servizio NON MENO DELL’80% nei ventiquattro mesi precedenti (fatte salve le cause di dimissioni, licenziamenti per giusta causa, recesso del lavoratore al fine del periodo di formazione) e la limitazione NON SI APPLICA quando nel biennio precedente è scaduto un solo contratto. Viene inoltre prevista la durata dell’apprendistato che varia a seconda del livello finale del dipendente da minimo di 24 a massimo 36 mesi con divieto di assumere apprendisti per determinate qualifiche di basso profilo ( dattilografi, archivio e/o protocollo). L’accordo prevede degli OBBLIGHI a carico DEL LAVORATORE che deve seguire con diligenza le istruzioni del datore di lavoro e partecipare attivamente e con diligenza alle attività formative previste dal piano e prestare la sua opera con diligenza nonché svolgere la formazione del piano anche se è in possesso di adeguato titolo di studio. Sono posti a carico dell’Azienda nell’ impartire o far impartire il necessario “insegnamento” per conseguire la capacità di diventare dipendente qualificato e di svolgimento della formazione prevista nel Piano Formativo nonché rispettare l’accordo nazionale in materia di attività formativa, modalità di erogazione della formazione e registrazione della formazione; Nelle modalità di erogazione delle Formazione l’accordo precisa che la formazione può essere svolta in AULA, on the JOB, in FAD e con strumenti di E-LEARNING in tele-affiancamento o in video comunicazione remota e l’Azienda deve essere in grado di erogare formazione con risorse idonee e con ambienti adeguati e ha il compito di ATTESTARE la formazione 30 giorni prima della scadenza del periodo formativo, anche ai fini della registrazione sul libretto formativo. I profili formativi e la formazione da impartire all’apprendista sono indicati nell’accordo nei profili formativi allegati quale formazione INTERNA all’azienda. Per quanto riguarda la FORMAZIONE ESTERNA è solo quella di BASE o TRASVERSALE demandata alle Regioni. La Regione Puglia con DISEGNO DI LEGGE del 26/04/2012 ha previsto la FORMAZIONE ESTERNA di BASE o TRASVERSALE di 120 ore di cui 60 il primo anno, 40 il secondo anno, e 20 il terzo anno ed il Finanziamento Pubblico nei limiti delle risorse disponibili e coinvolgimento dei fondi di formazione professionale di settore (FORTE). Confcommercio della Provincia di BARI attraverso le sue strutture collegate CAT CONFCOMMERCIO BARI sarà in grado di offrire la formazione esterna e di seguire l’iter di formazione dell’Apprendista ivi compreso la pratica per il rilascio del parere di conformità tramite l’Ente Bilaterale del Terziario di BARI. La modulistica è presente sul sito www.ebiterbari.com o è possibile inviare email per informazioni alla indirizzo [email protected] NORMATIVA 5 NORMATIVA 6 Le spese di manutenzione e riparazione ordinarie di Vito D’Ingeo Le spese di manutenzione e riparazione sono sostenute dall’impresa per mantenere in efficienza le immobilizzazioni materiali. In particolare, le spese di manutenzione sono dirette a garantire la vita utile prevista nonché la capacità e produttività originarie e possono essere oggetto di programmazione, mentre le spese di riparazione sono sostenute per “sistemare” i guasti e le rotture e, in genere, non possono essere programmate, ancorché, entro certi limiti, possono essere “ragionevolmente previste”. Sia le spese di manutenzione che di riparazione costituiscono comunque un’unica classe di costi denominati “di manutenzione”. Le stesse si distinguono in: - ordinarie e straordinarie; - su beni propri e su beni di terzi. Di seguito si esamina il trattamento contabile e fiscale delle spese di manutenzione ordinaria su beni propri. ASPETTI CONTABILI Le spese di manutenzione ordinaria, ossia di natura ricorrente, sono finalizzate a mantenere i beni in efficienza e in buono stato di funzionamento ovvero a riparare i guasti e le rotture verificatesi, in modo da garantire la vita utile prevista, nonché la capacità produttiva originaria (si tratta ad esempio, degli interventi di verniciatura, pulizia, sostituzione di parti deteriorate dall’uso). Tali spese costituiscono componenti negativi di competenza del periodo in cui sono sostenute In particolare: - i materiali utilizzati per la manutenzione (con esclusione dei pezzi di ricambio), se di basso costo unitario e di uso ricorrente, vanno rilevati come spese d’esercizio, mentre se di maggior costo devono essere rilevati tra le rimanenze di magazzino; - i pezzi di ricambio: 1) se di basso valore unitario e totale nonché di uso ricorrente vanno rilevati come spese d’esercizio; 2) se di rilevante costo unitario e di uso non ricorrente vanno classificati tra le immobilizzazioni materiali ed ammortizzati sulla vita utile del bene cui si riferiscono o, se inferiore, sulla loro vita utile; 3) se di rilevante valore unitario e di uso molto ricorrente vanno inclusi tra le rimanenze di magazzino. ASPETTI FISCALI L’art. 102, comma 6, TUIR, disciplina espressamente il trattamento fiscale da riservare alle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, “che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono”, ossia alle spese di manutenzione ordinaria. In particolare le stesse sono deducibili, nel periodo di competenza, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. Per le imprese di nuova costituzione, per il primo esercizio va fatto riferimento al costo complessivo dei beni risultante alla fine dell’esercizio. L’eventuale eccedenza (differenza tra le spese di competenza e il limite del 5%) non è persa ma è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi. Va tenuto presente che, secondo quanto disposto dall’art. 16, comma 5, DPR n. 600/73, l’importo delle spese eccedenti il limite del 5% va iscritto nel registro dei beni ammortizzabili in un’apposita voce in base all’anno di formazione. E’ stata soppressa la necessità di ragguagliare la deduzione alla durata del possesso del bene. Tale modifica decorre dal periodo d’imposta in corso al 29.4.2012 e pertanto dal 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Infine, va evidenziato che se la durata dell’esercizio è inferiore o superiore a 12 mesi, l’importo deducibile va ragguagliato alla durata dell’esercizio. CALCOLO DEL PLAFOND DI DEDUCIBILITÀ Ai fini del calcolo del limite del 5% va tenuto presente che: - vanno considerati anche i beni completamente ammortizzati, nonché quelli di costo unitario non superiore a € 516,46, iscritti nel registro dei beni ammortizzabili; - vanno esclusi i beni per i quali sono stipulati contratti di manutenzione periodica (ad esempio, personal computer, stampanti, fotocopiatrici); i relativi canoni di manutenzione sono infatti deducibili in base al principio di competenza. Si ritiene comunque possibile “optare” per la deduzione con il limite del 5%; in tal caso i beni vanno ricompresi nell’ammontare rilevante ai fini del calcolo di tale limite. Detto criterio va utilizzato per tutti i periodi d’imposta di durata del contratto; - per i veicoli il costo va assunto, nei limiti rilevanti ai fini della deduzione dell’ammortamento e pertanto, relativamente alle autovetture, nel limite pari a € 7.230,40 (18.075,99 x 40%) ovvero, per gli agenti e rappresentanti di commercio, a € 20.658,28 (25.822,85 x 80%); - per gli altri beni a deducibilità limitata (ad esempio, telefoni cellulari) il costo va assunto nel limite fiscalmente rilevante (80%); - relativamente ai beni oggetto di rivalutazione, è necessario considerare la decorrenza dei relativi effetti fiscali. - è irrilevante il costo del terreno occupato dai fabbricati strumentali, pari al 20% (30% per i fabbricati industriali); - non vanno considerati i beni in leasing, posto che gli stessi rappresentano beni di terzi le cui spese di manutenzione sono deducibili nell’esercizio di competenza, senza limitazioni. Con riguardo a determinati settori di attività, il limite del 5% è sostituito da specifici limiti, come di seguito evidenziato: - Generalità delle imprese 5% (*) - Imprese operanti nei settori della siderurgia e metallurgia 11% (*) - Imprese operanti nel settore estrattivo, 15% (*) Soggetti: - esercenti attività di autotrasporto di cose per conto terzi iscritti nel relativo Albo - concessionari di autoservizi pubblici di linea - titolari di licenze per il trasporto di persone con autoveicoli da piazza (taxi) e da noleggio con conducente (c.d. NCC) - esercenti attività di locazione di autoveicoli senza conducente - titolari di scuole per conducenti di veicoli a motore (scuole guida) - per le spese relative agli automezzi, compresi quelli per il trasporto interno (***) 25% (**) Per quanto riguarda l’eccedenza delle spese in esame rispetto al limite del 5%: 1) per le imprese in contabilità ordinaria è necessario effettuare: - nell’anno di competenza delle spese e quindi di formazione dell’eccedenza, una variazione in aumento per il relativo ammontare; - nei 5 anni successivi (ovvero 3 anni per le imprese individuate dal citato DM 13.7.81) una variazione in diminuzione corrispondente ad 1/5 (ovvero 1/3) dell’eccedenza; 2) per le imprese in contabilità semplificata va riportata esclusivamente la quota (1/5 ovvero 1/3) (*) l’eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi (**) l’eccedenza è deducibile in quote costanti nei 3 periodi d’imposta successivi (***) le spese per gli pneumatici sono interamente deducibili al 100% nell’esercizio di competenza NORMATIVA 7 NORMATIVA 8 Nuove pensioni e nuova cultura previdenziale a cura di ENASCO P er fare cassa non si può proprio fare a meno d intervenire sulle pensioni. Non ha fatto eccezione la Manovra “Salva Italia” messa a punto dal nuovo governo “Monti”. Una riforma che ha scontentato un po’ tutti, partiti di ex maggioranza e opposizione, organizzazioni sindacali, lavoratori e pensionati. Il risultato concreto di questa riforma e che tutti andranno in pensione più tardi e con una rendita ridotta rispetto alle aspettative con cui si era partiti. Una scomoda e amara verità che deve fare da stimolo per una riflessione seria e definitiva, sulle necessità di investire sul proprio futuro. Con un giusto mix tra copertura pubblica (da conoscere e monitorare) e pensione di scorta. Negli ultimi 20 anni il nostro sistema previdenziale è stato oggetto di nove riforme (quasi una ogni due anni) ed oggi con la “riforma Il ministro Fornero ed il premier Mario Monti Fornero” ha forse trovato il suo equilibrio e il cerchio, a questi punto, dovrebbe essere chiuso. I principi su cui poggiano i nuovi provvedimenti sono, in sintesi: - L’affermazione del metodo contributivo come criterio di calcolo delle pensioni, in un’ottica di equità finanziaria intra/intergenerazionale; - La sostanziale eliminazione delle pensioni di anzianità; - La parificazione definitiva dell’età pensionabile tra uomini e donne anche nel privato e nel settore del lavoro autonomo; - La flessibilità nell’età di pensionamento, che consente al lavoratore maggiori possibilità di scelta nell’anticipare – ma con penalizzazioni – o posticipare il ritiro dal mercato del lavoro; - La semplificazione e la trasparenza dei meccanismi di funzionamento del sistema, con l’abolizione delle “finestre” e di altri meccanismi che non rientrino esplicitamente nel modello contributivo; L’abbattimento delle posizioni di privilegio. Si armonizzano, infatti, età, aliquote contributive e modalità di calcolo delle prestazioni; si individuano requisiti minimi per accedere alla pensione, in linea con la speranza di vita per le diverse fasce di età e in coerenza con gli altri ordinamenti europei. Gli interventi legislativi, dunque, hanno prodotto effetti certamente significativi. Ma proprio perché la sostenibilità sembra raggiunta, sarebbe miope e riduttivo pensare che proprio la sostenibilità possa essere l’unico criterio di riflessione sul sistema previdenziale. Tutti abbiamo preso confidenza con il problema del risparmio personale e familiare; tutti abbiamo l’abitudine di controllare almeno men- silmente il nostro conto in banca. Quasi nessuno si pone l’obiettivo di controllare periodicamente il proprio conto previdenziale, da cui dipenderanno le prestazioni di cui potremo disporre alla fine della nostra carriera lavorativa. Mentre ci sono già circa otto milioni di lavoratori il cui futuro previdenziale è regolato dal sistema contributivo “puro ”, tutti gli altri, da quest’anno, debbono essere consapevoli che riceveranno una pensione (anche se in pro-rata: retributiva e contributiva insieme) la cui consistenza complessiva sarà determinata dal montante contributivo che stanno accumulando. E qui si innesta il problema della cultura previdenziale. Non ci si può solo soffermare sulla sostenibilità economico-finanziaria del sistema previdenziale, ma va anche considerata quella “sociale”. Non c’è società che non elabori cultura. Non c’è sostenibilità sociale in tema di pensioni che non debba costruire una cultura previdenziale, condivisa. Oltre ai conti, è la cultura ad assicurare il patto tra le generazioni. E una cultura previdenziale nasce dalla riflessione e dalla consapevolezza. Il sistema contributivo aggancia rigorosamente le prestazioni ai contributi effettivamen- te versati durante l’intera vita lavorativa. E impone oltre all’assicurazione obbligatoria, la necessità di costruire una posizione integrativa. In questo i fondi più vicini ai lavoratori (negoziali o di categoria) possono fare tanto. Certamente molto più di quello che spetta all’Inps il cui ruolo fondamentale è quello di essere sempre di più l’architrave dello Stato Sociale garante delle prestazioni “di base”, sia per la previdenza che per l’assistenza. Gli spazi di collaborazione tra l’Istituto previdenziale e i Patronati sono molti. Primo fra tutti quello della informazione e comunicazione. Il nostro patronato 50&Più Enasco, che assiste da sempre, gratuitamente su tutto il territorio nazionale, tutti i lavoratori e i pensionati, è in grado – con il collegamento on-line – di favorire la conoscenza della situazione personale, tramite la consultazione del proprio conto previdenziale e predisponendo, tra l’altro, una proiezione di calcolo sulla liquidazione della futura pensione. Ricevere in anticipo consigli e suggerimenti mettono in condizioni tutti di non partire dal punto zero. Il futuro, soprattutto quello previdenziale, è dunque nelle nostre mani, preoccupiamocene in tempo. NORMATIVA 9 NORMATIVA 10 Mediazione civile in ambito RC auto: luci ed ombre di Pierluigi Damiani D al 20 marzo 2012 l’istituto della mediazione civile, introdotto con Dlgs 28/2010, diviene obbligatorio anche per i danni da circolazione stradale. Esso rientrerebbe (il condizionale è d’obbligo) nell’alveo delle ADR (alternative dispute resolution); si tratta di strumenti alternativi al Giudice, sorti per consentire un allargamento dell’accesso alla giustizia, da esercitarsi facoltativamente ed in via alternativa al ricorso giudiziale, risparmiando su tempi e costi. La particolarità della mediazione rca risiede viceversa nella sua obbligatorietà, ponendosi come inderogabile condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Il legislatore, in questo modo, pare abbia sovvertito il criterio ispiratore delle ADR (ampliamento giustizia), tentando di incentivare forzatamente le parti a non adire il Giudice, con la speranza di un effetto collaterale deflattivo. Uno strumento mediativo efficace, sia qualitativamente che economicamente, non dovrebbe avere bisogno di essere reso obbligatorio, con condizioni impeditive dell’esercizio dell’azione giudiziaria. Il risultato concreto evidenzia invece una serie di ostacoli e lungaggini, che minano, ancora una volta, il diritto di difesa del danneggiato. Dopo un sinistro, la parte, ove insoddisfatta del risarcimento offerto o negato dalla compagnia assicurativa, dovrà necessariamente indire il tentativo obbligatorio di mediazione, e solo all’esito potrà proporre domanda giudiziale. Questo nuovo percorso, pone il grave problema delle spese, in ragione delle scarsissime chance del suo esito positivo, di cui le statistiche già parlano. La procedura di mediazione dovrà svolgersi presso un organismo accreditato cui andrà corrisposta l’indennita di mediazione complessiva. L’art.16 del Dm 180/2010 precisa che l’indennità comprende le spese di avvio del procedimento (a tariffa fissa pari a 40 euro a salire dal primo scaglione) e le spese di mediazione in relazione al valore della lite, come tabellarmente determinate. La circolare ministeriale 20 dicembre 2011 aggiunge poi che, oltre all’indennità complessiva (spese di avvio e spese di mediazione) saranno dovute anche le spese vive, cosi conteggiate e documentate dall’organismo di mediazione. Se la parte aderisce e si raggiunge la conciliazione, è prevista in favore del mediatore la maggiorazione di un quarto; se il mediatore formula soltanto una proposta la maggiorazione sarà di un quinto. Se la parte non aderisce alla procedura, nella successiva eventuale causa subirà la condanna al pagamento di una somma di importo corrispondente al prescritto contributo unificato, e tale assenza, ove ingiustificata, verrà valutata dal Giudice ai sensi dell’art.116 c.p.c. quale argomento di prova. Se nessuna delle controparti aderisce, saranno dovute dal proponente solo le spese di avvio. Appare in tutta la sua evidenza, l’onerosità di una simile procedura da qualunque prospettiva la si esamini, in quanto a tempi (quattro mesi nella previsione del legislatore) e spese (irrecuperabili). Ad esempio, la parte, in virtù di una trattativa pregressa con l’avversario, pur consapevole dell’insuccesso dell’eventuale mediazione, sarà obbligata a promuoverla ed affrontarne costi (non ripetibili) e tempi, solo per arrivare davanti al Giudice ad affermare finalmente il proprio diritto; si pensi anche all’invitato che dovrà sottostare alla convocazione e pagarne anch’egli il dazio, pur ritenendo le avverse ragioni del tutto infondate, onde evitare le sanzioni connesse alla mancata comparizione. Ebbene, in un sistema che funzioni, con tempi delle cause ragionevoli ed una cultura della mediazione, tale strumento sarebbe eccellente per perseguire la giustizia a costi ridotti con l’effetto di ridurre il contenzioso dei Tribunali; viceversa sperare negli effetti collaterali di una medicina che nasce per guarire altre malattie (abbiamo detto allargare l’accesso alla giustizia,) rischia solo di aumentare squilibri e sperequazioni. Il rischio è che la vittima di un incidente tra la prima richiesta all’assicuratore e l’avvio dell’iter risarcitorio debba aspettare almeno un anno, sempre muovendosi in una corsa ad ostacoli. In breve i passi verso la definizione, secondo la legge: - risarcimento diretto o procedura ordinaria risarcimento del danno - da 2 a 4 mesi; - ove la procedura non abbia portato al ristoro dovuto mediazione obbligatoria – 4 mesi; - ove la mediazione non abbia portato al ristoro dovuto la parte può adire il Magistrato competente – tra notifica atto di citazione e prima udienza da 2 a 12 mesi, a seconda delle Corti. Rimane dunque l’interrogativo: cui prodest? NORMATIVA 11 ALIMENTAZIONE E SALUTE 12 Alimentazione e attività fisica a cura di Giovanna Spilotros P rima di parlare della relazione esistente tra alimentazione e attività fisica, è bene chiarire la differenza esistente tra attività fisica e sport, termini spesso utilizzati indifferentemente. Lo sport è un’attività fisica che prevede l’impegno di sforzi fisici, generalmente intensi e prolungati, come nuoto, basket, ciclismo, pallavolo ecc. L’attività fisica comprende, anche tutte le semplici attività quotidiane come salire le scale, passeggiare, fare giardinaggio, senza doversi necessariamente cimentare in attività sportive. Inoltre, è importante considerare l’attività lavorativa che si Josefa Idem, Valentina Vezzali (pag. a fianco in alto) e Federica Pellegrini (pag. a fianco in basso), tre esempi di eccellenza nel mondo dello sport grazie ad una preparazione fisica di prim’ordine e ad una sana ed equilibrata alimentazione svolge, perché un lavoro abbastanza pesante, come il muratore o il contadino, costituisce già di per sé un’ottima occasione per fare attività fisica, e non è, quindi, strettamente necessario impegnarsi anche in attività sportive. Tutto l’organismo può trarre giovamento da uno stile di vita attivo. L’attività fisica fa bene a ossa e muscoli, permettendo di mantenere al meglio la loro funzionalità. Lo sforzo fisico richiede un certo impegno al cuore, che si mantiene “allenato” a sopportare carichi di lavoro più intensi, prevenendo, quindi molte cardiopatie. La pratica dell’attività fisica nell’infanzia e nell’adolescenza è di fondamentale importanza per la crescita e per lo stato di salute futuro dell’individuo. È infatti nella fase di crescita che il metabolismo si programma per tutto il resto della vita. Un bambino obeso avrà, quindi, alte probabilità di essere obeso anche da adulto, con poche possibilità di poter cambiare. Oggi si sente spesso parlare delle malattie del benessere quali diabete, obesità, dislipidemia, ipertensione ecc, tutte patologie derivate dal miglioramento della condizioni economiche della gente, con conseguente maggiore disponibilità di generi alimentari e sedentarietà, due parametri che, a lungo andare, potrebbero portare ad un peggioramento dello stato di salute. Una sana alimentazione abbinata ad una leggera attività fisica quotidiana, riduce sensibilmente i rischi di soffrire delle succitate patologie. E’ troppo ottimista chi si illude di poter avere dalla sola dieta risultati straordinari, ma sbaglia chi pensa che la dieta abituale non abbia influenza sul rendimento fisico e sulla prestazione nello sport. L’attività fisica deve essere scelta sulla base delle proprie inclinazioni, in quanto deve essere svolta con piacere e non assolta come un obbligo. La frequenza ottimale sarebbe 3 volte a settimana, nel caso in cui questo non fosse possibile, può andar bene una bella passeggiata giornaliera, a passo svelto. Questi consigli riguardano lo sportivo amatore (cioè la persona che fa attività fisica o sport come hobby) e non del professionista, che generalmente è seguito da un team di specialisti che ne controlla l’alimentazione, l’allenamento e lo stato di salute. E’ fondamentale pianificare la dieta in base a rigorosi principi nutrizionali, per fornire l’apporto energetico e proteico necessari per allenarsi correttamente e senza deficit di nessun genere. La quantità di energia richiesta dall’attività fisica dipende da diversi fattori come l’età e il sesso (il metabolismo cambia con l’età ed è diverso tra i due sessi), il clima (praticare sport quando il clima è caldo e umido non è la stessa cosa che quando il clima è freddo e secco). In ciascuna dieta devono essere presenti carboidrati (fonte principale di energia per l’organismo), proteine (costruiscono e riparano muscoli e tessuti), grassi (fonte di energia alimentare più concentrata), vitamine, sali minerali e acqua (partecipano ai processi cellulari vitali e alla regolazione dei liquidi corporei), ma la combinazione di questi nutrienti varia sensibilmente a seconda del risultato che si vuole raggiungere e se si pratica sport. In linea di principio, l’organismo brucia i carboidrati quando deve far fronte a richieste energetiche immediate, intense e brevi, mentre utilizza i lipidi per gli sforzi medio leggeri e di durata più lunga. È importante mantenere il livello di glicemia entro un intervallo di valori adeguato al fabbisogno del sistema nervoso centrale e degli eritrociti (globuli rossi) al fine di prevenire durante l’attività fisica un “calo di zuccheri” con conseguente affaticamento, nausea, cefalea. L’assunzione complessiva raccomandata di carboidrati è intorno al 55-60% dell’energia totale. Il consumo di zuccheri semplici (glucosio, fruttosio ecc.) non dovrebbe tuttavia superare il 1012% delle calorie totali in quanto essi forniscono energia immediata che termina subito. Gli alimenti contenenti carboidrati complessi (amidi), invece, oltre a fornire energia a più lento rilascio, rispetto a quelli semplici, apportano anche altri nutrienti fondamentali all’equilibrio generale della dieta. Non bisogna dimenticare di assumere acqua mentre si pratica attività fisica, per consentire il funzionamento del meccanismo di termoregolazione corporea ed evitare, quindi, il rischio di disidratazione. La termoregolazione serve per mantenere costante la temperatura interna del nostro corpo (circa 37°C), indipendentemente dallo sforzo che si compie e dalla temperatura esterna. Quando ci si muove, la temperatura corporea tende naturalmente ad aumentare e, l’organismo reagisce con la sudorazione allo scopo di dissipare il calore in eccesso e mantenere costante la temperatura. Durante l’attività fisica bisognerebbe bere circa 100-200 ml di acqua ogni 1520 minuti. Uno degli errori più frequentemente commessi da chi pratica attività sportiva a livello amatoriale è quello di aumentare l’assunzione di alcuni nutrienti, pensando che questo possa giovare alle proprie prestazioni sportive o alla forma fisica. Eccedere con i nutrienti potrebbe portare a problemi di diverso tipo dovuti allo stress metabolico al quale è sottoposto l’organismo quando si trova a dover gestire un eccesso di nutrienti. In particolare, è sbagliato eccedere con le proteine nell’intento di aumentare la massa muscolare in quanto, le proteine in eccesso rispetto ai fabbisogni, non possono essere accumulate, ma vengono smaltite, con un grosso e rischioso carico di lavoro per i reni. Alla luce di tutto questo si evince come attività fisica e corretta alimentazione possano prolungare la vita, migliorare l’umore e proteggere dalle malattie della vita moderna. ALIMENTAZIONE E SALUTE 13 ATTUALITA’ 14 L’Italia ri-piace agli italiani Un piacevole effetto collaterale della crisi economica sta nel fatto che gli italiani stiano riscoprendo l’Italia come meta per le proprie vacanze estive a discapito di località al di fuori della penisola di Michele Carriera S ono anni che la crisi c’è e si fa sentire. Nel settore dell’industria, del commercio e del turismo. Ma se è vero che nella cultura italiana il valore del sacrificio è radicato, altrettanto vero è che le vacanze sono un must a cui difficilmente si rinuncia. Che si tratti di un weekend o di una settimana poco importa, è un piacere di cui tutti vogliono usufruire. Dopo anni in cui le località italiane venivano snobbate, eccezion fatta per le mete di lusso, a favore di località estere più o meno economiche, quest’anno la tendenza sembra essersi invertita. Addio, almeno in parte, a mete come Croazia, Montenegro, Grecia che prevedono lunghi viaggi in mare e servizi in loco di bassa qualità e…bentornati in Italia! Anche perché l’Italia non ha niente da invidiare ad altre destinazioni: dalla Liguria alla Sicilia, passando per l’Emilia Romagna e la Campania, il mare Italiano non sfigura affatto in confronto a località sopra citate; inoltre, se si cerca attentamente si possono trovare in tante località Italiane numerose proposte a basso costo. Sulla costa ligure ci sono cittadine bellissime affacciate su un mare dai colori cristallini e spiagge da sogno, intervallate da insenature rocciose. Splendida vegetazione, mare limpido e località interessanti caratterizzano tutto il Ponente Ligure. Scendendo verso sud la costa romagnola è indicata per una vacanza all’insegna del relax, divertimento e risparmio. Inoltre, in Italia è facile unire il relax al divertimento, la buona cucina allo sport e usufruire dei tanti intrattenimenti per i bambini. Al sud Italia c’è l’imbarazzo della scelta. Sia la Campania che la Puglia offrono un mare davvero unico. La Costiera amalfitana con le sue località e il suo panorama mozzafiato è una meta turistica molto ambita. Il Gargano, caratterizzato da pinete e boschi che si affacciano sul mare azzurro, offre una vacanza ideale a chi vuole riposare e godere del fresco che caratterizza tutta la zona. E facendo qualche passo in giù non possiamo non menzionare il Salento, nel quale la percentuale di turisti negli ultimi anni si è praticamente decuplicata, e la Calabria, una delle regioni con le spiagge più incontaminate dell’intera penisola; e come dimenticare la Sicilia e la Sardegna, le due isole famose in tutto il mondo per il loro mare e la loro natura incontaminata? Insomma, i posti non mancano e offrono alternative di ogni genere; non sorprende quindi che dai ragazzi alla loro prima esperienza di vacanza alle famiglie con bambini la scelta del viaggio estivo stia ricadendo sulla nostra penisola. Anzi, arrivati a questo punto, viene da chiedere a molti come mai per anni si sia deciso di abbandonare la penisola proprio nel periodo estivo, in cui è risaputo che offre il suo maggior spettacolo. La risposta forse è più banale di quello che sembra. Fino a qualche anno fa spendere molto e “ostentare” il poter spendere per abbigliamento o vacanze era uno status sociale ambito da tutti, a voler dimostrare che “più si spende più bella è la cosa che si compra”, sia questa un prodotto o un servizio. A fronte, invece, della nuova cultura del risparmio la tendenza è invertita e quindi ci si trova spesso a apprezzare il ribasso dei prezzi delle cose che acquistiamo. Anzi, si tende maggiormente ad ostentare il risparmio e il basso prezzo delle cose acquistate che il contrario. E le vacanze rientrano in questa categoria. ATTUALITA’ 15 Quindi, il risparmio su voli aerei internazionali, spesso con prezzi esorbitanti, a favore di un viaggio in macchina o in treno, la scelta di b&b piuttosto che di alberghi lussuosi, di spiagge libere e incontaminate invece che lidi superaccessoriati ma molto costosi è non solo un’alternativa che torna ad essere presa in considerazione ma quasi una moda. Poter risparmiare, rilassarsi e divertirsi: sono queste le parole d’ordine di quest’estate all’insegna del low cost. Perché, se è vero che spesso parlando di crisi la si vede in termini astratti, come se tutti debbano dire che “c’è la crisi” anche se effettivamente non tutti la sentono, e soprattutto non tutti ne hanno subito le conseguenze nella stessa misura, è anche vero che un po’ di risparmio nei piccoli come nei grandi acquisti ormai lo cerchiamo tutti. Non resta quindi che iniziare le vacanze… l’Italia che piace nuovamente a tutti gli italiani, da nord a sud isole incluse, ci aspetta! Nella pagina a fianco, sotto il titolo il castello di Gallipoli e nella foto in basso una celebre veduta della costa garganica; in questa pagina, in alto scorcio del centro storico di Ostuni, al centro uno scorcio delle isole Tremiti e qui in basso una suggestiva insenatura di Polignano a mare. ATTUALITA’ 16 ...ma servono le braccia per danzare? Un viaggio alla scoperta dell’abilità differente di Alessia De Giosa “ Disabili”, “Diversamente Abili“ o forse sarebbe più corretto chiamarli “Abili diversamente”. La storia della Disabilità è una storia ricca di nomi, di etichette, di terminologia proposta, acclamata e accantonata all’insegna del politically correct. Dall’antica Roma fino agli anni dell’Olocausto, la società ha cercato di costruire i modelli sociali e di pensiero che miravano ad escludere la “diversità“. La storia della disabilità è costellata di prove che testimoniano il suo scontro con l’ “ortodossia” sia questa religiosa, filosofica che sociale. Possono esser citati, pur senza un ordine cronologico, esempi che ci dimostrano di come il fenomeno abbia assunto aspetti inquietanti. Ricordiamo il filosofo Platone che, partendo dal concetto di come l’uomo fosse costituito da anima e corpo, proponeva di accettare solo i figli delle donne e degli uomini migliori o praticare, in alcuni casi, l’in- fanticidio; o magari Seneca che scriveva: “Soffochiamo i nati mostruosi, anche se fossero nostri figli. Se sono venuti al mondo deformi o minorati dovremo annegarli. Ma non per cattiveria. Ma perché è ragionevole separare esseri umani sani da quelli inutili…”. Non mancò chi, come Aristotele, propose, invece, una legge che proibiva di allevare i figli minorati; o magari chi, come Cicerone, affermava che un bambino orribilmente deforme dovesse essere ucciso immediatamente, secondo la legge delle Dodici Tavole. Non da meno sono state le stesse religioni che credono nella reincarnazione, le quali, partendo dal presupposto che le esperienze passate sono responsabili di ciò che avviene nell’esistenza successiva, hanno storicamente sostenuto che il vero colpevole è lo stesso handicappato e le malformazioni genetiche sono manifestazioni del suo karma negativo accumulato nelle vite precedenti. Pertanto solo sostenendo una vita di sofferenze fisiche e psichiche, otterrà che la sua vita successiva possa essere piena di gioie. Questa teoria della punizione divina è riscontrabile anche in altre religioni: soltanto la religione Cristiana cambiò il corso di questa tragica storia, proprio perché Gesù vede nell’uomo la sua sofferenza e non l’inutilità o la ripugnanza: “Siamo tutti figli di Dio”. Il mondo della disabilità che vede oggi, dopo tante battaglie, sofferenze e umiliazioni, i diversamente abili, finalmente e giustamente, riappropriarsi dei loro diritti, grazie all’evolversi delle leggi con il tempo, è stato caratterizzata dal passaggio di una serie di tabù linguistici, che hanno sostituito, sempre più, termini offensivi e discriminatori un tempo di uso comune. ATTUALITA’ 17 Dall’ormai quasi dimenticato “mongoloide“, carico di valori dispregiativi, anche se nasce come termine proprio dalla Sindrome di Down, al già citato “handicappato” o nella sua versione mite “portatore di handicap“, per poi passare al termine “persona disabile“ fino ad arrivare al termine “diversamente abile“. Quest’ultima espressione pone l’enfasi sulla differenza qualitativa nell’uso delle abilità, perché esso viene utilizzato per specificare che attraverso modalità diverse si raggiungono gli stessi obiettivi. Ovviamente vi sono situazioni di disabilità in cui l’uso del termine può essere adeguato, ma ci sono anche delle situazioni in cui può risultare fuorviante o magari ingannevole, in quanto “nasconde“ il fatto che tali prestazioni sono inferiori rispetto a quelle tipiche della normalità. Vorremmo, però, spingermi più in là chiedendoci: “perché non chiamarli Abili Diversamente?“. Il 15 Aprile di quest’anno, presso il Teatro Royal di Bari, l’Associazione UNITINSIEME ONLUS, nata dall’esperienza decennale di volontari attivi nel territorio Barese portata avanti da un appassionato dirigente, Sante Scaranello, nell’ambito delle iniziative finalizzate a sostenere il progetto “ La Nostra Casa “, ha organizzato con la collaborazione della Parrocchia di San Marcello di Bari, lo spettacolo di danza di Simona Atzori, accompagnata dalle giovani allieve delle scuole baresi Heron e Rossana. Simona Atzori è proprio una di quelle persone che chiameremmo: “abili diversamente“. Simona ha oggi 38 anni ed è conosciuta dal pubblico nazionale per la sua capacità di danzare pur non avendo le braccia; è giunta agli onori della cronaca per esser stata ambasciatrice per la danza nel Grande Giubileo del 2000 e protagonista nella cerimonia di apertura delle Paraolimpiadi di Torino nel 2006. Simona Atzori non è solo una ballerina, ma, grazie all’amore per l’arte nella sua totalità e soprattutto per la vita, è una pittrice e scrittrice; infatti di recente ha pubblicato il suo primo libro “Cosa ti manca per essere felice“ grazie al quale ha avuto la possibilità di conoscere ed esprimere la parte più profonda di sé. Simona dipinge con la bocca e quando danza, non vedi che è stata “disegnata“ senza braccia, per- ché la sua marcia in più è il sorriso ed a ferirla sono solo i limiti che gli altri le impongono e che vivono solo negli occhi di chi la osserva. Per lei la danza è una grande forma di espressione e comunicazione del corpo che racconta quello che c’è dentro e fuori del proprio “io“. Quando ti guarda, ritrovi in quegli occhi la luce, l’energia, la voglia di fare e quell’autoironia che la fa sorridere dei limiti che gli altri vedono in lei. Nel suo libro ricorda che: “non importa se hai le braccia o non le hai, se sei lunghissimo o alto un metro e un tappo, se sei bianco, nero, giallo o verde, se ci vedi o sei cieco o hai gli occhiali spessi così, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai i capelli viola o il naso storto, se sei immobilizzato a terra o guardi il mondo dalle profondità più inesplorate del cielo. La diversità è ovunque, è l’unica cosa che ci accomuna tutti ”. Sarebbe quindi Simona Atzori da considerare semplicemente una persona “diversamente abile“, nonostante sia una ragazza che t’insegna non solo la bellezza della vita, ma anche il rifiuto del dolore e dalla disperazione?. Lei è nata così, senza braccia; nel progetto divino della sua creazione non era prevista la “perfezione del suo fisico” come siamo abituati quasi sempre a vedere, ma erano previsti ugualmente dei piedi meravigliosi che avrebbero svolto le stesse funzioni delle mani. Tuttavia c’è nel suo viso un messaggio più profondo che va al di là dell’imperfezione fisica: l’inno alla vita perche “lei ce l’ha fatta … possiamo farcela anche noi“ SPECIALE “CASAMASSIMA” 18 “Castrum Maximi” a cura della Redazione CENNI STORICI Alcuni ritengono che Casamassima sia stata fondata da un generale romano della famiglia dei Massimi durante il periodo delle guerre tarantine. In ogni modo, non esistono documenti che attestino la validità di questa ipotesi e, pertanto, va scartata. Probabilmente tale ipotesi, apparsa per la prima volta in uno scritto dell’Arciprete Sergio De Bellis della fine del sec. XVII e in un documento anonimo del 1738, servì alla difesa, attraverso la nobilitazione della cittadina di Casamassima, contro gli Arcivescovi di Bari che tentavano di mettere in dubbio i privilegi e le prerogative della Chiesa di Casamassima. Altri, invece, ritengono che Casamassima fosse un villaggio popolato da abitanti prove- Facciata principale della Chiesa Madre; in alto, sotto il titolo, piazza Aldo Moro, con il monumento ai caduti e, a sinistra, la Porta dell’Orologio. nienti dagli antichissimi casali di Tominia e di Casal Antico, in seguito distrutti. Fino al sec. X non è possibile documentare le notizie storiche. Il primo documento tratto dal Codice Diplomatico Barese che parli di Casamassima è del 962 d.C., durante la dominazione di Bisanzio. Tale pergamena dimostra l’esistenza di una comunità organizzata sotto il profilo religioso e legale, secondo gli usi e le consuetudini longobarde, con onomastica longobarda. I recenti scavi archeologici effettuati all’interno della chiesa matrice, ove è stato rinvenuto un ricco sepolcreto, avrebbero confermato la suddetta datazione, compreso l‘esame con l‘ausilio del carbonio 14 effettuato su campioni ossei che ha fissato come data convenzionale l’anno 875 d.C.. L‘esame antropologico sembra aver evidenziato le caratteristiche negroidi di alcuni individui, probabilmente saraceni che avevano conquistato la Puglia e che si erano integrati con la popolazione di Casamassima. E’ dal 1179 che conosciamo le diverse vicende storiche cui andò soggetto il feudo, che ebbe origine sotto i Normanni. Il primo feudatario normanno fu Guido da Venosa. Secondo il Beatillo, autore di una “Storia di Bari“, Casamassima, che era un nucleo abitato, fu concessa alla famiglia Massimi o Massimo dall’imperatore Enrico VI di Svevia, nel 1195, con l’obbligo per tale famiglia di cambiare il proprio cognome da quello di Massimi o Massimo in quello di Casamassima. Umiliata dall‘imperatore Federico II che tolse ai Casamassima il feudo, Casamassima fu restituita ai legittimi proprietari dall’imperatore Corrado IV di Svevia che sostava con le sue truppe nel largo di Padula, nel 1252. Nel 1348 Casamassima subì il sacco delle truppe ungheresi, comandate da Filippo di Sulz, venute in Italia per punire la regina Giovanna I d’Angiò accusata dell’uccisione del marito Andrea, fratello di Luigi Re d‘Ungheria. Nel 1384 Casamassima faceva parte del principato di Taranto. Quando, nel 1455, la figlia del principe Orsini di Taranto, Caterina Orsini Del Balzo, sposò Antonio Acquaviva, figlio di Giosia duca d‘Atri, portò in dote il contado di Conversano che comprendeva anche Casamassima. Per lunghi secoli Casamassima era stata alla mercé di vari feudatari che spadroneggiavano nelle nostre contrade, tra cui i Brienne, i D‘Enghien, i Lussemburgo, gli Orsini, e finalmente gli Acquaviva che diventarono gli Acquaviva d‘Aragona per un privilegio ottenuto a causa dei loro servizi dai monarchi aragonesi. Nel 1608 fu comprata da Michele Vaaz, conte di Mola, che fondò il Casale di San Michele nella zona del quattrocentesco castello del Centurione. Dai Vaaz passò ai De Ponte di Napoli, imparentati negli ultimi tempi, attraverso l‘ultima feudataria di tale nome, Maria Giuseppa De Ponte, con Nicola Caracciolo di Vietri di Potenza, e da questi tenuta fino agli inizi dell‘800 quando, nel 1806, Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, abolisce la feudalità in tutto il Reame. Durante il XX secolo il paese attraversa un periodo di ampliamento urbanistico, con un‘economia fondata soprattutto sull’agricoltura. La cittadina è dominata dalla borghesia del paese irrobustitasi grazie all‘acquisto di beni ecclesiastici appartenuti al capitolo della Collegiata e ai monasteri soppressi di Santa Chiara e delle Monacelle. Dall‘inizio del secolo XX la popolazione è cresciuta notevolmente procedendo a un ricambio nella vita amministrativa e sociale. A SPASSO NEL BORGO ANTICO Molto interessante dal punto di vista turistico è il Borgo antico, sorto nel secolo VIII e caratterizzato da viuzze medioevali, dai chiassi, dalle corti e dalle tipiche basse abitazioni, alcune delle quali tinteggiate di colore azzurro, tipico dell’antica tradizione che vuole Casamassima riconosciuta proprio come “Paese Azzurro” o “Paese delle Fate”. Partendo da piazza A. Moro, l’ingresso principale del centro storico è costituito da Porta Orologio: realizzata nel 1841 su progetto dell’architetto A. M. Pesce, la sua immagine spesso viene adottata come simbolo del paese. La Chiesa matrice fu edificata nel 1321, ma è stata più volte rimaneggiata. Gli ultimi lavori di restauro, nonché gli scavi archeologici effettuati nel 1996, hanno portato alla luce un fitto sepol- Il Convento delle Monacelle. creto che sarà ammirato grazie a telecamere a circuito chiuso, mentre le camere sepolcrali sono visitabili. All’interno della chiesa, che è a tre navate, si può ammirare il grande Crocifisso in pietra sintetica dello scultore Adolfo Rollo, la preziosa scultura in pietra della Madonna delle Grazie attribuita a Stefano da Putignano (XVI sec.), nonché numerose tele di scuola napoletana. Il monastero di Santa Chiara il più rappresentativo ed imponente edificio del borgo antico. Fondato nel 1573 da Antonio Acquaviva d’Aragona come orfanotrofio, nel 1660 fu trasformato in monastero di Clarisse. Dopo l’Unità d’Italia fu soppresso subendo negli anni numerosi cambi di destinazione d’uso. Attualmente il LA GIUNTA DEL COMUNE DI CASAMASSIMA BIRARDI Domenico Sindaco COLUMBO Nicolasanti Vicesindaco e Assessore con delega a “Politiche fiscali e finanziarie, tributi” GENGO Giuseppe Assessore con delega a “Pubblica istruzione, informatizzazione e innovazione tecnologica, ambiente, A.T.O., rifiuti e verde pubblico” MONTANARO Maria Santa Assessore con delega a “Servizi sociali, politiche giovanili e del lavoro, servizio demografico ed elettorale, pari opportunità” PETRONI Luigi Assessore con delega a “Attività produttive, politiche agricole, industria e commercio” PADALINO Giuseppe Assessore con delega a “Urbanistica e assetto del territorio, lavori pubblici, infrastrutture” SPECIALE “CASAMASSIMA” 19 SPECIALE “CASAMASSIMA” 20 Il Monastero di S. Chiara. complesso risulta inagibile e bisognoso di radicali interventi di ristrutturazione. Al centro del borgo antico vi è un altro complesso bisognoso di restauro: il Palazzo Ducale, denominato “castello”. Dal secolo XII è stato dimora dei feudatari. Sottoposto a numerosi rimaneggiamenti, interessante è il portale con bugnato alternato a punta di diamante d’ispirazione spagnola. L’arco delle ombre prese tale nome quando il borgo antico era scarsamente illuminato e coloro che vi transitavano di sera portavano un lume, per cui da lontano si aveva la sensazione di vedere fantasmi in movimento. Il Convento delle Monacelle sorse dall’adattamento di un antico palazzo appartenuto alla famiglia De Bellis. L’ultimo proprietario, don Domenico Console, donò l’edificio all’Orfanotrofio dell’Addolorata, dove furono istruite ed educate tante fanciulle orfane. L’edificio ospitò pure uno dei primi Conservatori di musica della provincia di Bari ed un convento di Suore Oblate. Il complesso, di proprietà comunale, viene utilizzato per le manifestazioni culturali di un certo rilievo ed è destinato ad ospitare la Biblioteca Comunale ed una pinacoteca. Annesso al Convento delle Monacelle è la chiesa dell’Addolorata o del “Sacro Cuore”, dallo stile architettonico barocco e dal campanile con cuspide a cipolla. Nel borgo antico è possibile pure visitare la cappella di San Michele, edificata nel 1658 da Donato Amenduni sui ruderi dell’antica cappella del Divino Amore. ALTRI MONUMENTI Interessante, sotto l’aspetto architettonico, è Piazza Aldo Moro, con i suoi palazzi del ‘700 e dell’800, fra cui si distingue il Palazzo Natale, casa - museo che è possibile visitare contattando gli attuali proprietari: all’interno si possono ammirare arredi vari, oggetti artistici di pregevo- le fattura, nonché un’ampia raccolta di vasi appuli. In Piazza Moro si trova anche il Monumento ai Caduti per la Patria, opera dello scultore De Bellis, con la statua bronzea raffigurante la Vittoria. Sempre in piazza A.Moro si può visitare la chiesa del Purgatorio, costruita tra il 1722 e il 1758. Di stile tardo barocco, la chiesa è dotata di un ampio campanile. L’interno è a navata unica con cappelle laterali. La chiesa di Santa Maria delle Grazie, in corso V. Emanuele, è annessa all’ex convento, ora sede d’ospedale. Chiesa tipica francescana, fu edificata nel 1575. Ad una navata con cappelle laterali ha il presbiterio sopraelevato rispetto al piano della navata. La cripta è pavimentata artisticamente con mattonelle maiolicate. Al suo interno si possono ammirare pregevoli dipinti risalenti al secolo XVII. Vi si trovano, tra l’altro, stemmi e sepolture di famiglie gentilizie. Accanto al cimitero comunale è possibile visitare la chiesa di Santa Maria del Soccorso, detta anche di “Santa Lucia” poiché al suo interno vi si venera una grande statua in pietra della Santa. Fu edificata nel sec: XIII dai Monaci Basiliani, subendo negli anni numerosi rimaneggiamenti. La facciata si è, tra l’altro, arricchita di un protiro in gotico francese nonché di un piccolo campanile a vela. All’interno si può ammirare un pregevole affresco raffigurante la Madonna con Bambino. Sulla via per Turi, a circa 2.500 metri, si trova la Badia di San Lorenzo, appartenente al capitolo di S. Nicola di Bari. Ex complesso monastico, è ubicata a ridosso della Lama San Giorgio. Negli ultimi anni è stata restaurata e recuperata al culto grazie alla locale sede dell’Archeoclub d’Italia. Tra l’altro, sono stati riportati all’antico splendore pregevoli affreschi risalenti approssimativamente al secolo XV. All’alba del 10 agosto, in ricorrenza della festività di San Lorenzo, i casamassimesi raggiungono la chiesa anche a piedi per assistere ai riti sacri e per festeggiare, degustando prodotti tipici locali. Il territorio di Casamassima ospita il cimitero militare polacco “Korpusu”, a circa quattro chilometri a nord del paese, sulla via per Bari. In esso riposano le salme di 431 polacchi deceduti durante l’ultimo conflitto mondiale. Ogni anno, il 2 novembre, nel sacrario militare si svolge una suggestiva cerimonia di commemorazione alla presenza di varie autorità. Il territorio di Casamassima è ricco di masserie e di chiesette rurali, testimonianza di fede e di civiltà contadina. Alcune ville ottocentesche arricchiscono ulteriormente l’agro del paese, che può vantare anche la presenza di due menhir. MIMMO BIRARDI IL SINDACO SPORTIVO Altro che gli azulejos di Lisbona! Il “centro medievale più bello del mondo” come lo definì il pittore Vittorio Viviani, il “paese azzurro”, per le tipiche abitazioni popolari intonacate di azzurro a ricordo del manto della Madonna che stese la sua ala protettrice per salvare, secondo la leggenda, il paese dalla peste; Casamassima è il trionfo di un colore bellissimo che simboleggia, al di là della leggenda, il cielo e il mare. E’ con passione che Mimmo Birardi, sindaco di Casamassima, inizia a parlarci del suo paese. Classe 1963, consulente del lavoro, laurea in Scienze politiche, grande sportivo (è stato campione di ginnastica artistica conseguendo ottimi risultati a livello regionale, nazionale e internazionale; attualmente è tecnico federale e giudice nazionale della Federazione Ginnastica d’Italia), il sindaco regge l’Amministrazione dall’1 Giugno 2011 dopo essere riuscito a convogliare su di sé i voti di varie forze politiche (Il Popolo delle Libertà, l’UDC, la Puglia Prima di Tutto, il Movimento Politico Schittulli, il Nuovo PSI e una lista civica composta da Noi Sud e Controvento).. Non è certamente un compito facile, come, in realtà, non lo è per nessun Comune; ma Mimmo, come tutti lo chiamano, sta riuscendo a sfruttare le opportunità finanziarie offerte dagli organismi regionali, nazionali e comunitaria ottenendo finanziamenti finalizzati alla crescita del comune. La valorizzazione della piazza centrale del paese, nel passato maltrattata e devastata da abusi edilizi, passa attraverso sequestri e sospensioni di lavori per poter dare una svolta, unitamente ad un‘animazione di alto livello con eventi ogni sabato e domenica, concerti (Katia Ricciarelli a Natale, Rocco Zifarelli che ha importanti trascorsi con Ennio Morricone), opere (I Pagliacci al palazzo dello sport), il presepe vivente a Gennaio, complessi di livello internazionale. Sono previsti arrivi in piazza di griffe nazionali, verde pubblico, panchine, aperture di bar e locali pubblici per rendere sempre più vivo il centro della città. “Ma non è solo in centro cittadino – ci dice Mimmo - che è oggetto dell’attenzione dell’Amministrazione. Stiamo lavorando per completare il complesso Monacelle, vicino alla Piazza; stiamo ottenendo finanziamenti dalla Provincia per costruire altre 25 aule all’ITC; abbiamo appena inaugurato due ponti di circonvallazione della città e due rotatorie per eliminare pericoli nella circolazione; abbiamo avuto finanziamenti per 930.000 euro per la ristrutturazione della Chiesa dell’Addolorata; stiamo lavorando per la sistemazione delle strade adiacenti il centro storico; e ancora, lavori per il Convento di Santa Chiara, per un teatrino con locali per serate live”. Mimmo ricorda anche il contributo di 25.000 euro per 90 cittadini in graduatoria per la ristrutturazione delle proprie abitazioni, i progetti per un nuovo Stadio non solo per il calcio, ma anche per eventi e spettacoli, e di un Parco Urbano attrezzato con bar e locali di ritrovo finanziato dal ricavato della dismissione del carcere. Da uomo attento alle aziende ed all’economia delle PMI, Birardi ricorda con orgoglio la propria politica di continua ricerca di sinergie tra la struttura commerciale comunale e la grande distribuzione presente a Casamassima con Auchan: la differenziazione nelle modalità distributive si devono concretizzare in offerte differenziate prediligendo, da parte delle PMI, la produzione tipica artigianale. Casamassima, città sicura; la microcriminalità ha una presenza al di sotto dei livelli medi, non ci sono problemi di integrazione con i tanti cinesi, egiziani ed altri extra comunitari. Lo si deve ad un senso di umana accoglienza dei cittadini ed anche alla discreta, ma forte, presenza delle forze dell’ordine della locale stazione dei CC comandati dal Maresciallo Rocco Colacicco. E’ rassicurante Mimmo; è propositivo, operativo, concreto, da serio professionista che ha trasferito nella politica cittadina il suo modus operandi da consulente che sa dare e concretizzare consigli ai propri concittadini. SPECIALE “CASAMASSIMA” CRONACA 21 ATTUALITA’ 22 “Violetta Valery” ieri e oggi LA TRAVIATA di Sara Spagnoletti T utti conoscono la celeberrima “Traviata”, opera lirica musicata da Giuseppe Verdi, tratta dal dramma “La dame aux camelias” di Alexandre Dumas figlio, sulle parole del librettista Francesco Maria Piave rappresentata per la prima volta nella stupenda cornice del Teatro “La Fenice” di Venezia il 6 marzo 1853. Eseguita nei teatri di tutto il mondo, continua ancora oggi a suscitare emozione e commozione, con quest’opera si è chiusa la prima stagione del rinato Teatro “Petruzzelli” di Bari. La vicenda si svolge nei fastosi e frivoli salotti della Parigi ottocentesca, ma l’ambientazione potrebbe essere quella meno opulenta e più cupa delle nostre strade periferiche, i calici di cristallo essere sostituiti da bottiglie di birra, i decolté sontuosi mutarsi in microgonne, non cambierebbe la sostanza. Un rapido excursus sulla storia, rinverdirà il ricordo del melodramma. Una recente rappresentazione della Traviata al Teatro Petruzzelli di Bari; in alto a destra la locandina della prima rappresentazione dell’opera verdiana (Atto I) Siamo a Parigi, musica e balli in casa di Violetta Valery, bella e ricca amante del barone Douphol, c’è la cremé de la cremé dell’aristocrazia parigina, con la sua coorte di “signore” più o meno blasonate, poco nobili e poco morali. In questo trionfo di vanità spicca la figura di Alfredo Germont da tempo innamorato della bella Violetta. Nel salone si aprono le danze, tutti ballano tranne Violetta colta da un violentissimo accesso di tosse, al suo fianco rimane Alfredo preoccupato per la sua salute, la donna si burla del suo amore, mai nessuno l’ha amata veramente, lo congeda beffarda donandogli una camelia e chiedendogli di tornare quando sarà appassita. Rimasta sola medita sulle rivelazioni del giovane, riflette sul turbamento che l’ha colta, spaventata dall’altra se stessa s’interroga, dubita, poi ritorna la Violetta di sempre. (Atto II) Il sentimento prevale, Violetta lascia il barone per seguire Alfredo nella casa di campagna. Il loro idillio è breve, una mattina Violetta entra sorridente nella sala, apre la posta, accantona gli inviti degli amici, retaggio di un passato che non le appartiene più, il domestico le annuncia l’arrivo di un signore, sull’uscio s’inquadra la figura di Giorgio Germont (padre di Alfredo), che con tono grave e severo l’accusa di essere la rovina economica e morale del proprio figlio. Violetta s’ affanna a convincerlo del contrario e gli mostra i documenti che provano come stia lei stessa spogliandosi di ogni avere. Germont le confida di avere una figlia in procinto di sposarsi, il fidanzato la lascerà se Alfredo non interromperà la sua peccaminosa relazione. Violetta propone di allontanarsi temporaneamente dall’amato, implacabile Germont insiste: dovrà lasciarlo per sempre. La donna esterna la profondità del sentimento che la lega ad Alfredo, svela che la tisi le lascia poco da vivere, ma il vecchio egoista insinua che l’amore è legato alla bellezza e quando questa sfiorirà finirà l’amore di Alfredo. L’amara constatazione e l’innata bontà convincono la giovane donna, in breve decide: farà credere all’amato di non poter abbandonare la vita frivola che ha sempre condotta; per sé chiede soltanto che Alfredo, dopo la sua morte, sappia la verità. Violetta fugge a Parigi. Alfredo, credendo di essere stato abbandonato per l’antico rivale Douphol, accecato dalla gelosia parte per raggiungerla e vendicarsi dell’abbandono. Nel palazzo di Flora, amica di Violetta, si svolge una festa in maschera, la separazione dei due amanti è già nota, l’arrivo di Alfredo sorprende i presenti, giunge anche Violetta al braccio di Douphol, la tensione è estrema. Alfredo vince al gioco il suo rivale; gli invitati si accomodano per a cena, Violetta chiama in disparte l’amato tremando, teme la sua ira, ma Alfredo è troppo innamorato e disperato per non correre al richiamo, tenta di convincerla a riprendere la vita insieme, la donna lo implora di partire per scongiurare il duello con il barone e per strapparlo da sé, disperata, pronuncia l’estrema menzogna, alla domanda di Alfredo: “Dunque l’ami?” risponde “Ebben, l’amo!”. Sconvolto dall’ira Alfredo chiama i presenti e dileggiando Violetta le lancia, con disprezzo, una manciata di denari: “Questa donna pagata io l’ho”. (Atto III) Nella camera da letto in penombra Violetta sta morendo, accanto a lei vigile, addolorata, fedele, è rimasta soltanto la domestica Annina. Fuori il carnevale impazza, giunge attenuata la musica di canti e danze. Violetta trae dal corsetto una lettera gualcita e legge: “Teneste la premessa, la disfida ebbe luogo, il barone fu ferito, per, migliora. Alfredo è in stranio suolo. Il vostro sacrificio, io stesso gli ho svelato. Egli a voi tornerà pel suo perdono. Io pur verro, curatevi, mertate un avvenir migliore. Giorgio Germont”. “E’ tardi” mormora, ma pur consapevole dell’immediatezza della propria fine, attende tra speranza e disperazione il ritorno dell’amato. Annunciato dalla fedele domestica Alfredo entra, l‘abbraccia commosso, nasce una folle speranza lasciare Parigi per cercare una vita nuova e “la tua saluTraviata nell’ineguagliabile scenografia all’Arena di Verona; in alto Maria Callas, forse la più grande interprete di “Violetta” ATTUALITA’ 23 te rifiorirà”. Violetta vorrebbe partire subito, ma le forze l’abbandonano, si accascia sul divano, consapevole e rassegnata, pone tra le mani di Alfredo un ritratto “Prendi, quest’è l’immagine dei miei passati giorni, a rammentar ti torni colei che sì t’amo. Se una pudica vergine, degli anni suoi nel fiore a te donasse il core sposa ti sia, lo vo’ Deh prendi quest’effige, dille che donno ess’è di chi ne Ciel tra gli angeli, prega per lei per te.” Alfredo piange disperato. La morente Violetta sembra riprendere respiro, si alza e avvicinandosi alla finestra mormora incredula: “E’ strano, cessarono gli spasmi del dolore, in me rinasce, palpita insolito vigore, ma io ritorno a vivere, oh gioia!”. E’ il suo ultimo anelito di vita, esanime scivola lentamente tra braccia di Alfredo. Questa è la tristissima storia della “Traviata”, fatta di vile mercimonio e di sublime sacrificio. In questi tempi sono tante le “Violetta Valery” , ferme sul ciglio delle strade, hanno età diverse, diversi colori di pelle, alcune inseguono sogni, altre non sanno più sognare, vendono l’unica cosa che possiedono, ad ucciderle non è la tisi, ma muoiono poco a poco, giorno dopo giorno. In un mondo governato da leggi economiche ferree ed implacabili tutto si compra, “montblanche”, tablet, fuoristrada, anche la vita di queste infelici “Violette del 2000” è una merce che non si esibisce, ma si acquista, si usa e si getta per una manciata di sporchi denari. Il Palazzo dell’Acquedotto simbolo dell’ingegno e dell’intraprendenza pugliese di Magda De Pasquale U na delle più grandi opere frutto dell’intraprendenza del popolo pugliese e della mentalità meridionale fatta di ingegnose intuizioni, è l’Acquedotto Pugliese. La realizzazione di questo grande monumento di ingegneria idraulica fu lunga e travagliata, e l’opera finale fu il frutto di menti eccellenti che nel giro di circa sessant’anni credettero nella possibilità di portare l’acqua nelle case del popolo. Il primo ad avere l’idea di poter convogliare l’acqua dal fiume Sele fino a Bari attraverso un tracciato lungo 140 km. fu l’ingegnere Camillo Rosalba nel 1868. Ma l’impresa fu ritenuta troppo ardita e costosa. Nel 1886 Francesco Zampari pensò a come poter ridurre i costi attraverso “l’autofinanza”, ma ancora una volta l’idea fallì. Nel 1889 però Matteo Renato Imbriani riuscì finalmente a far approvare una proposta di legge per la costruzione dell’acquedotto e i lavori partirono nel 1906. L’acqua arrivò nel territorio barese nel 1915 e più precisamente la prima zona ad essere servita fu quella risalente all’attuale provincia BAT. L’impresa ciclopica vide l’impiego di circa 20.000 persone, e dei lavori se ne occupò una società genovese, la “Ercole antico”, creando dissensi nel popolo pugliese che avrebbe preferito una società locale. Così nel 1919 venne istituito “l’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese”, di cui fu eletto Presidente Gaetano Postiglione. Quest’ultimo, insieme all’ingegnere Cesare Brunetti, fece realizzare in Puglia due palazzi rappresentativi, uno a Foggia e uno a Bari. Ed è proprio da quest’ultimo che parte la nostra visita guidata, alla scoperta di una storia tutta barese, con un palazzo simbolo ancora oggi di un popolo che non si arrende di fronte alle difficoltà. Nella struttura si svolgevano le attività gestionali dell’Acquedotto, dalle analisi chimico batteriologiche per verificare la qualità dell’acqua, alle attività direzionali ed inoltre era presente l’appartamento presidenziale. Attualmente, oltre ad essere sede di uffici, vi sono presenti spazi museali aperti al pubblico e una sala per convegni. CULTURA 25 26 CULTURA Entrando nel palazzo il primo ambiente ad essere illustrato è l’androne che anticipa ciò che si troverà nelle sale, con riferimenti espliciti o metaforici all’acqua. Proseguendo la visita, nel ballatoio delle scale che porta al piano superiore troviamo la decorazione in marmo di un’anfora che versa acqua, e le vetrate presentano nell’ornamento un’anfora e una spiga di grano, a firma di Cambellotti. Il giro prosegue in uno snodo di sale e saloni tra lunghi corridoi e luccicanti marmi, con decorazioni parietali e pavimentali che ripetono sempre il tema degli archi e dell’acqua attraverso simboli e metafore come cavalli, donne e anfore presenti anche negli intarsi dei mobili. Il progetto esecutivo, dell’importo complessivo di 5.100.000 lire, fu appaltato nel 1927 e affidato alla dita Provera, Carrassi e C. di Roma che fu l’unica a rispondere all’invito dell’Ente Autonomo. L’imponente edificio - ubicato nel centro del capoluogo, in via Cognetti, alle spalle del teatro Petruzzelli -, fu realizzato in circa trentasei mesi ed inaugurato nel 1932, forte di duecento ambienti effettivi. Personaggio chiave, che determinò quello che è l’aspetto estetico e il decoro delle sale per il pubblico e dell’appartamento presidenziale, fu Duilio Cambellotti. L’Acquedotto Pugliese si basa sui principi dell’Acquedotto Romano, la cui peculiarità era il susseguirsi di archi e sono proprio questi ultimi a costituire l’elemento decorativo che si ripete in ogni dettaglio. Sono infatti presenti sul portone principale, sulle maniglie delle porte, nelle decorazioni delle pareti o dei pavimenti e persino nei ferretti utilizzati per bloccare le porte. Tutto l’ornamento è curato nei minimi particolari, in un continuo rimandare a ciò da cui ebbe origine il tutto: l’acqua. L’edificio all’esterno fu opera dell’ingegner Brunetti e si presenta ancora oggi in modo imponente e ricercato. Realizzato in pietra bianca di Trani, propone soggetti decorativi in cui, al segno ondivago dell’acqua, vengono accostati elementi vegetali tipici pugliesi, come ulivi, spighe di grano o viti. 27 CULTURA L’ambiente che meglio racchiude la volontà di Cambellotti di trasmettere la magnificenza dell’opera idraulica e del Palazzo che la rappresenta è la Sala del Consiglio. Grandi tele dai colori luminosi ricoprono tutte le pareti, con protagonisti l’acqua, i poveri, il tubo dell’acquedotto, il paesaggio pugliese con i suoi ulivi e la sua feconda terra, e in lontananza una bianca Bari. Al centro, un grande tavolo con una decorazione in madreperla che rappresenta la sorgente. All’ultimo piano è ubicato l’appartamento presidenziale. La parte più singolare è l’area dedicata allo studio e al riposo dei bambini, dove si possono notare piccoli letti accoglienti come culle, e leggii fatti su misura per loro. Anche qui la decorazione è curata nel dettaglio. Infine, giungendo nel cortile centrale, non si può non notare una particolare fontana, sempre opera del Cambellotti, la cui forma ricorda un tronco da cui sgorga acqua bagnando alcune sculture rappresentanti le principali città servite dall’acquedotto. Sulle pareti del cortile piccole bisce in ferro battuto, poste sui tubi di scarico, riprendono in modo ancora nuovo il simbolo dell’acqua. Nel 2000 l’edificio ha subito alcune trasformazioni, soprattutto al primo piano, per l’apertura di un museo della Storia dell’AQP, di una sala conferenze e di una biblioteca con archivi multimediali e fotografici. Il palazzo è oggi sede della presidenza e di una parte degli uffici amministrativi. Si conclude così una interessante visita improntata alla cultura, con l’intento di ricordare, attraverso un Palazzo simbolo, uno scorcio di storia, arte, ingegno e intraprendenza barese che ha cambiato la quotidianità della gente, e che riflette e onora l’impresa idraulica dell’Acquedotto. Le visite guidate per conoscere il Palazzo dell’Acquedotto Pugliese e non dimenticare così un importante periodo storico che ha indelebilmente segnato la nostra vita attuale oltre ad aver portato un importante innovazione, si svolgono tutte le domeniche mattina alle ore 10:00 o alle ore 11:00, gratuitamente. CULTURA 28 RUOTA INTORNO AL MARE E ALLE GENTI DI PUGLIA LA STORIA DEL NUOVO LAVORO DI VITO ANTONIO LOPRIENO, CHE GIUNGE DOPO IL SUCCESSO DI “LORODIPUGLIA” E CHE VI PRESENTIAMO ATTRAVERSO LE PAROLE DELLO STESSO AUTORE “Il mare di lato” Il passato rivive ogni giorno perché non è mai passato. Così recita un antico proverbio africano. Di quell’Africa, a sud del mondo, da cui tutti siamo venuti. Ed in effetti il passato non ci lascia mai. Lo portiamo dentro di noi, sempre, anche se molto L’autore del libro, Vito Antonio Loprieno; nella foto sotto il titolo, un momento della presentazione del libro nel Foyer del Teatro Petruzzelli. spesso lo disconosciamo, illudendoci del futuro. Rinnegare il passato significa rinnegare noi stessi, la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni, le nostre frustrazioni, le nostre conquiste. Ed è per questo che amo raccontare romanzi storici, della nostra bellissima terra, a sud dell’Europa. Un altro sud. Lo stesso sud. “Il mare di lato”, il mio nuovo lavoro, vuole essere proprio questo, una testimonianza di quello che il mare nel novecento ha rappresentato per noi pugliesi. Due anziani, nuovi amici, rileggono attraverso lo scorrere del tempo le vicissitudini che hanno coinvolto i pescatori dell’Adriatico, dal fascismo, passando per la seconda guerra mondiale, sino all’emigrazione sulle coste pugliesi di albanesi e nordafricani. E fanno ciò ripercorrendo la storia della loro vita e delle loro famiglie. Lo fanno sotto gli occhi di un gabbiano, un essere immortale che volando di costa in costa lungo il Mediterraneo, ruba agli uomini le storie da tempo immemore. Divenendo, così, l’unico testimone di quelle storie minori che non si leggono sui libri di scuola, ma che rappresentano al meglio il nostro passato, attraverso il quale poter costruire un futuro, nè nuovo, nè migliore, semplicemente un futuro altro. E così impariamo che la storia si ripete, cambiano gli uomini, la loro origine, cambia il colore Conosciamo i “Radicanto” La presentazione del libro “Il mare di lato” ha avuto il felice corollario della esibizione del gruppo barese dei “Radicanto”. II progetto culturale Radicanto, costituito in associazione, nasce per volontà di Giuseppe De Trizio il 30 giugno 1996 con l’intento di recuperare e riproporre in chiave originale le musiche tradizionali del sud Italia e dei sud del mondo, conducendole attraverso composizioni d’autore e miscellanee sonore capaci di unire passato e presente in un unico e cangiante insieme musicale. In questi anni l’ensemble ha collaborato con alcuni dei maggiori esponenti della canzone popolare e d’autore italiana come Teresa De Sio e Raiz (ex Almamegretta). Di seguito allo studio svolto sul campo alla ricerca delle memorie musicali nonché ad una intensa attività concertistica nei maggiori festival italiani ed europei del settore, ha frequentato la via del teatro (compagnia Piccolo Teatro di Bari, Nuove Produzioni spettacolari, compagnia Piccola Ribalta, Anonima Gr) e del cinema (colonna sonora del film ‘Mia figlia fa la madonna’, del regista Nino Tropiano prodotto dall’accademia del cinema di Dublino nel 2000; colonna sonora del film ‘All’alba saliremo il monte’, 2002; colonna sonora originale del film ‘La casa delle donne’ del regista Domenico Mongelli, 2003; colonna sonora del film ‘Dediche di un viandante del sud...il verso del nord’, Romeo Conte, 2003, colonna sonora del film ‘II tramite’ 2004, prodotto dalla Rai per la regia di Stefano Reali), partecipando, inoltre, alla colonna sonora dello spettacolo di danza ‘Savor Mediterraneo’ dei coreografo Vittorio Biagi. Inoltre partecipa a programmi e format radiofonici e televisivi: ‘Terre da Musica’, Raì due, ‘Stereonotte’, Radio uno, “La stanza della musica”, Radio Tre suite, ‘Notturno Italiano’, Rai International, ‘Tg3 Primo Piano’, Rai tre, ‘Linea Blu’, Rai uno. Nel 2006 il gruppo è finalista del premio De Andrè, nel 2007 del Premio Musicultura, nel 2009 del Premio Tenco. Dal 2008 l’ass. Radicanto dirige la rassegna musicale “Di Voce in voce” presso l’Auditorium Diocesano La Vallisa di Bari con il contributo del Comune di Bari e della Regione Puglia. I Radicanto hanno rappresentato l’Italia al “festival europeo del cinema in Romania”, al “Festival dei paesi del Mediterraneo”, al Vittoriano di Roma, scelti dal direttore artistico Vincenzo Mollica e al “Festival dell’arte Russa” a Mosca. Nella foto, oltre ai tre componenti del gruppo durante una loro esibizione, si riconoscono Maria Laterza, Vito Antonio Loprieno, il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Carlo Bollino, e il sovrintendente Giandomenico Vaccari. della loro pelle, ma la rappresentazione è sempre la stessa. Così per Aurelio partito da Ceglie Messapica prima della guerra alla volta di Milano, alla ricerca di un lavoro, semplice e dignitoso. Così per Amadou Dior, ventiquattro anni, senegalese, fuggito dal deserto del Sahel, e approdato involontariamente sulle coste italiane. Due uomini così diversi, eppure così uguali, che sperano in un futuro altro da quello che appare già scritto indelebile sulla sabbia. “Ho visto il mare in una lacrima ed ho capito”, dirà Aurelio all’amico Francesco, comprendendo solo dopo settant’anni della sua vita le ragioni del mare, il suo grande cuore. Quel mare che a poco a poco stiamo uccidendo, sfruttandolo e avvelenandolo, dimenticando che egli è una creatura vivente, che ci ha dato la vita. Una mamma grande e sconfinata che genera amore, dalla notte dei tempi del genere umano. Ma non per sempre e il lento scorrere del tempo ce lo dimostra. Il mare così come lo conosciamo non sarà per sempre e tanto meno l’uomo, destinato a pagare i propri errori, le proprie debolezze, le sue misere vanità. Eppure, oggi, il mare nostro è ancora li. Percorrendo con un Intercity la ferrovia che da Bari porta a Pescara ci accompagna il mare di lato. Sempre li. Rassicurante. Sembra proteggerci accarezzando il nostro fianco. Speranzoso che l’uomo rinsavisca e si decida attraverso il sentimento della condivisione di provare a vivere in armonia con se stesso e i propri simili, rispettando la natura e amando il mare. Quella condivisione che allontana gli uomini dalle bestie, in questo lungo viaggio intrapreso dal genere umano. Anche per chi non crede fa bene ricordare le parole di Gesù “Siate viandanti nella società dei sedentari, perché la strada è il luogo della speranza e il viandante è l’uomo della speranza”. Parole che vengono da molto lontano, ma il passato rivive ogni giorno perchè non è mai passato. Tempo ce n’è. Per un’altra vita. CULTURA 29 CULTURA 30 Una gita in Nuova Zelanda Simile all’Italia, si trova dall’altra parte del mondo, agli antipodi rispetto a noi. E’ costituita da due isole maggiori e molte altre minori. E’ la Nuova Zelanda, che oggi visitiamo nel racconto del nostro amico Francesco Rossini di Magda De Pasquale N atale in Nuova Zelanda, a Whangamata, per quattro giorni nel territorio a Nord di Auckland, una città moderna e piena di vita, sino alla punta estrema dove si incontrano l’Oceano Pacifico e il Mar di Tasmania. La nostra meta è Paihia a 360 km. da Whangamata. L’autostrada attraversa la città da sud a nord con grandi ponti e cavalcavia, in quanto Auckland, tanto ad est quanto ad ovest, è letteralmente sul mare. Superata Auckland ci troviamo sull’Hauraki Gulf, dove hanno disputato le regate della America’s Cup. La costa è frastagliata, piena di insenature, promontori, lunghe spiagge, e la strada per un po’ ne segue la tortuosità; poi puntiamo verso l’interno ed attraversiamo ampie foreste verdissime, piene di alberi e di felci alte. Nel primo pomeriggio raggiungiamo la nostra meta: Paihia sulla “ Bay of Island ”: a due passi l’imbarcadero, dove ci aspetta un piccolo traghetto per Russell, dall’altro lato della baia. Russell è un’antica cittadina sorta nei primi dell’800, che a suo tempo era base di baleniere, porto frequentato da gente di tutte le razze. Le costruzioni tutte in legno, qualcuna più importante in stile vittoriano, la rendono molto caratteristica e particolare. Qui ci fermiamo per cena, presso l’hotel-restaurant più antico della Nuova Zelanda: il “ Duke of Marlborough“. Dall’ultimo traghetto che ci riaccompagna a Paihia possiamo ammirare la bellezza di queste due città tutte illuminate. Il giorno seguente decidiamo di fare una crociera nella “ Bay of Island “ disseminata di isole e isolotti, di cui solo alcune sono abitate. Ad un certo punto, durante il viaggio, assistiamo ad un vero spettacolo: un branco di delfini che salta e si accosta alle barche, come se fossero addestrati. Ci dirigiamo verso l’isola più lontana dell’arcipelago, Motukokako, dove godiamo un secondo spettacolo: “Hole in the Rock“ letteralmente “ Buco nella roccia ”, un arco nella roccia che, in base alle condizioni del mare, la nave attraversa avendo un margine di un po’ più di un metro per lato. La manovra viene eseguita con perizia e il tutto viene immortalato dai tanti flash delle macchine fotografiche. Ci dirigiamo, quindi, verso l’isola di Urupukapuka, località di Othei-bay per uno “stopover”, dove ne approfittiamo per un buon pranzo a base di “ fish e chips ”. Il nostro battello è un catamarano con due ponti, stabile con la possibilità di fermarsi in acque basse. Dopo un’oretta riprendiamo la navigazione, durante la quale ci spiegano che tra grandi e piccole le isole nella baia “ in toto “sono 144, tutte davvero molto belle. Sulla via del ritorno, sostiamo nuovamente a Russell, approfittando del bel tempo, e CULTURA 31 dopo pochi minuti arriviamo a Paihia in perfetto orario, per una salutare sosta in albergo. Dopo una giornata così avventurosa e ricca di emozioni, decidiamo di dirigerci verso sera a Waitangi, a pochissimi chilometri dall’hotel. Questa località ha un importante valore storico, perché qui fu firmato il 6 febbraio 1840 lo storico trattato tra i capi maori della zona ed i rappresentanti del governo della regina Vittoria; successivamente il trattato fece il giro del paese e molti altri capi maori vi apposero la propria firma o il proprio segno distintivo. Questo trattato è tutt’ora in vigore ed è spesso oggetto di contestazioni dalla minoranza maori. Così visitiamo il “ visitor centre “ e lo storico prato su cui avvenne la cerimonia. Completato il giretto, mentre torniamo a Paihia, concludiamo la serata con un’ottima degustazione di frutti di mare della zona, cozze e ostriche, presso il miglior ristorante della zona: “ Only Seafood “ (che sia stato fondato da un barese?). Il terzo giorno dopo qualche chilometro, in direzione di Waipapakauri Beach, poco più a nord di Kaitaia, il pullman prende una stradina sterrata ed approda sulla spiaggia: inizia così il percorso delle “ Ninety Mile beach”. Sono 90 km percorsi in velocità sulla dura sabbia della bassa marea; è un’autostrada vera e propria, ma incredibilmente siamo a pochissimi metri dalla linea del bagnasciuga. La traversata è fantastica, ma allo stesso tempo pericolosa se non la si fa con autisti esperti e con mezzi robusti. Riprendiamo subito il nostro viaggio fino a fermarci su un tratto di sabbia dura ai piedi di un’alta e ripida duna dove l’autista ci fornisce di alcune tavole, per arrampicarci sulla sabbia finissima fino in cima e di lì poi partire per la discesa ad alta velocità: è questo il cosiddetto “Sandboarding at Te Paki“. Dopo esserci divertiti come ragazzini, ci dirigiamo verso la nostra meta principale, Cape Reinga. Percorriamo il sentiero sino al faro e dall’alto vediamo distintamente le onde dell’Oceano Pacifico e del mar di Tasmania che, scontrandosi, creano delle chiazze color turchese, che possono anche raggiungere l’altezza di 10 metri durante le tempeste. Cape Reinga è presente nella mitologia dei maori e sulla sua punta estrema si vede l’albero di Pohutukawa che ha almeno 800 anni di vita, le cui radici nascondono l’ingresso al mitico oltretomba dei maori. Questa zona è sacra ed infatti luogo di culto per numerose famiglie maori giunte in pellegrinaggio, oltre i tantissimi visitatori di tutte le nazionalità. La località è veramente bella e sprigiona un senso di potenza avvolto da un fascino di mistero. Ripartiamo e, dopo aver fatto tappa a Te Haipua per una tavolata self-service di specialità locali, riprendiamo il viaggio di ritorno in albergo. Quarto, ed ultimo, giorno….ed anche questa volta ci tocca una levataccia perché c’è da fare molta strada per la visita alla Waipoua Forest ed il ritorno a Whangamata. La nostra destinazione è la Waipoua Kauri Forest, per rendere omaggio al “ Tane Mahuta “, il più grande Kauri (tipo di albero gigantesco) della Nuova Zelanda, con un’età stimata di circa 2000 anni. La zona che attraversiamo, spostandoci dalla costa est sull’Oceano Sud Pacifico a quella ovest sul Mar di Tasmania, è densamente abitata dalla popolazione Maori e l’ambiente naturale che ci circonda è decisamente meraviglioso. Una volta arrivati, ci inoltriamo nella foresta, percorrendo un sentiero su una passerella, fino a giungere al cospetto del gigante: il Tane-Mahuta, che prende il nome dalla divinità maori della foresta. E’ un albero di una imponenza straordinaria; alto più di 51 metri la sua chioma ricca e folta si erige nella foresta al di sopra di tutti gli altri alberi. Al cospetto di questo gigante della foresta si prova un’emozione particolare, c’è un gruppo di maori che recita versetti salmodiando come se si trovassero in un luogo sacro; infatti per loro la natura tutta è un luogo sacro e le foreste dei Kauri ne sono la manifestazione più evidente. Passiamo, così, un’oretta al suo cospetto, nonostante il freddo all’interno della foresta, e scattiamo molte altre foto. Risaliamo in macchina, direzione sud ed il mio Tom Tom indica 450 km per il ritorno….la strada è ancora lunga, i chilometri sono tanti….ma indimenticabili saranno questi quattro giorni trascorsi in queste meraviglie della natura del continente neozelandese. CULTURA 32 Il riso tra storia, tradizioni e curiosità di Vittorio Polito Le origini del riso non sono certe, si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre quindicimila anni fa lungo le pendici dell’Hi- Silvana Mangano, indimenticabile interprete di “Riso amaro” malaya. Pare che durante l’Impero Persiano il riso si propagò verso l’Asia occidentale e poi si estese in altre direzioni. Quel che pare certo è che dalle specie primordiali di questa graminacea se ne siano differenziate una ventina. Solo due di queste hanno tutt’oggi una certa rilevanza a scopo alimentare: Oryza sativa, di origine asiatica, e Oryza glaberrima, di origine africana. Le più antiche ciotole in argilla contenenti riso, Oryza sativa, rinvenute in Indocina, risalgono a oltre 5000 anni a.C. e il termine tamil Arisi, da cui pare derivi il nome latino, compare poco più tardi in India, ma i preziosi chicchi giungono in Occidente solo in epoca cristiana, nella Roma imperiale. A coltivare per primi il riso, secondo gli storici, furono gli Arabi in Sicilia, e poi gli Aragonesi: sta di fatto che a metà del XIV secolo il riso si diffonde in Italia grazie ai dominatori spagnoli. La prima notizia certa sulla coltura del riso riconduce a quella che ancora oggi è la patria risicola d’Italia, la Lomellina. È, infatti, nel feudo di Robbio Lomellina che Ludovico il Moro, Duca di Milano, avvia una coltivazione con la semente ricevuta dal cugino Gonzaga. Di li a pochi anni il Ducato di Milano si specchierà in migliaia di ettari d’acqua in cui germoglieranno piantine di riso. Anche Gian Galeazzo Sforza, secondo gli storici, contribuì alla diffusione della pianticella, mandando qualche sacco ai Duchi di Ferrara che disponevano di acquitrini. Oggi siamo i maggiori produttori d’Europa. Perché il riso è coltivato in nord Italia? La ricchezza di acqua delle regioni Piemonte e Lombardia, in particolare Vercelli, Novara e Milano, fa vantare il primato di produzione tra i paesi dell’Unione Europea, non solo, si coltiva anche un riso di primissima qualità e varietà per cui il suo utilizzo è sempre più moderno e attuale. In riferimento poi alle tradizioni il riso è diventato anche motivo di culto. Dalla Thailandia a Giava, dalla Corea al Giappone, senza dimenticare la Cina, l’oriente è ricco di miti, storie e racconti, ricchi di fascino che rivelano il rispetto e la gratitudine verso questa pianta. Vi sono credenze che ritengono il riso una pianta che possiede un’anima, per cui si organizzano feste e riti propiziatori per rendere benevolo il destino e ottenere raccolti abbondanti. In Italia, invece, diventato molto più tardi di uso comune, ha lasciato tracce importanti nel costume. Non a caso si usa lanciarlo nei matrimoni per augurare prosperità e ricchezza agli sposi nonché giorni felici di fecondità e di buona salute. Il riso ha inciso anche sulle abitudini di vita di molte generazioni, dando vita a figure popolari, come quelle delle mondine, che nel corso dei mesi di coltivazione, dalla primavera ai mesi invernali, si recavano nelle zone di raccolta affrontando grandi difficoltà e sacrifici. Ovviamente ci riferiamo al periodo in cui il riso era coltivato manualmente ed il lavoro delle mondine consisteva nello strappare erbacce. Per le caratteristiche organolettiche e la sua versatilità il riso è usato moltissimo in campo alimentare. In Giappone, ad esempio, è possibile anche bere vino di riso, si chiama Sakè e rappresenta una bevanda tradizionale che in precedenza veniva usata come bevanda propiziatoria nelle cerimonie religiose. Forse il miglior uso del riso lo fanno gli italiani. Probabilmente perché considerato un piatto povero ma ricco sul piano nutrizionale. Oggi non è più povero e gli innumerevoli risotti che abbiamo il piacere di assaporare non si contano. È appena il caso di ricordarne uno in particolare: quello ai frutti di mare. Per i baresi poi, ricordiamo la celebre tiella di “riso, patate e cozze” che non teme né confronti né concorrenza con nessun’altro piatto. La celebre tiella, infatti, ha vinto nel 2001 l’Oscar al Salone Internazionale del pesce di Bologna, classificandosi tra i primi 15 piatti regionali del mare. Vi pare poco? CULTURA 33 CULTURA 34 Nell’accattivante narrazione di Giuseppe Rajola si svela il mistero del corallo di Sciacca “Mistero Sciacca” di Steven Tranquilli “ Sono stato sempre affascinato, sin da piccolo, dal suono particolare che faceva il Corallo di Sciacca quando lo lasciavo cadere”. Chi parla è Giuseppe Rajola, uno dei “nomi” più illustri del “Pianeta Corallo”, autore di numerose pubblicazioni e che si presenta con questa nuova, affascinante sfida alla scoperta del “Mistero Sciacca”, ovvero rivelare il segreto che si cela dietro il corallo che in quantità incredibilmente grande (14 milioni di Kg!!!) fu pescato nei mari antistanti Sciacca tra il 1875 ed il 1900. Correva il 1875 quando fu rinvenuto, a una trentina di miglia al largo della città di Sciacca, in Sicilia, un banco di corallo. Era un corallo di uno strano colore arancio, diverso da quello che si raccoglieva in quell’area. Ancora più strano era che tanto, tantissimo corallo risultava ammucchiato, accatastato, in spazi molto ristretti del fondo marino. In breve la notizia si sparse e in pochi anni ben 17.000 pescatori di corallo professionisti vi accorsero da ogni dove, da Torre del Greco in primis. Quando sembrava che il banco si stesse per esaurire, ne fu trovato un secondo più grande, e poi un terzo più grande ancora. Questa incredibile pesca durò oltre venti anni, sino alla fine del secolo. Si calcola che furono estratti dal mare oltre 14 milioni di kg di quel particolare corallo che avrebbe fatto la differenza per Torre del Greco, favorendo l’evoluzione del piccolo artigiano in imprenditore, anche se sempre con peculiarità artigianali. Scienziati dell’epoca furono incaricati di studiare il fenomeno, di capire il perché di tutto quel corallo, di verificare se una pesca così massiccia potesse danneggiare la riproduzione dello stesso corallo nell’area. La risposta fu sempre la stessa: tutto quel corallo era lì in quanto in quella zona si trovava un vulcano che, pochi anni prima, aveva dato origine all’isola Ferdinandea, la famosa “isola che non c’è”. Si trattava di un corallo morto e, in quanto tale, non poteva riprodursi. Nessuno si chiese perché mai ce ne fosse tanto nello stesso luogo, né come fosse possibile che un materiale organico, quale è il corallo, si conservasse a dispetto di temperature così alte… Lo ha fatto Giuseppe Rajola, imprenditore con la “passione” della biologia del corallo. La ricerca, attraverso fasi successive sempre più incalzanti ed avvincenti, si arricchisce di storie, aneddoti, raccolte sia a Sciacca che a Torre del Greco: due facce della stessa medaglia. E’, comunque, una ricerca rigorosamente scientifica, portata avanti con il contributo dei più bei nomi della scienza, a livello internazionale, attraverso la quale si può comprendere cosa è successo sotto il mare, in un’area, quale il Canale di Sicilia, che per secoli e secoli è stata una autentica “pentola a pressione”, in particolare presso l’area vulcanica dell’Isola Ferdinandea. Una ricerca che aggiunge un nuovo fascino ad una materia di per sé già così affascinante quale il corallo e che è diventata un bel libro dal titolo “Mistero Sciacca – Storia di un corallo di altri tempi” arricchito da approfondimenti tecnici di Margherita Superchi per anni Direttore del Cisgem di Milano e Presidente della sezione Pietre Preziose della CIBJO, the World Jewellery Confederation, la quale ha curato le schede tecniche del libro che narra la storia di questa ricerca e a breve disponibile nelle maggiori librerie. Proprio da un pour parler tra Rajola e Superchi nasce la scintilla dalla quale parte la ricerca:racconta Rajola della incredibile pesca di corallo fatta a Sciacca, e dello strano suono che faceva, cadendo, questo corallo. E mette a parte l’amica della sua teoria circa il corallo di Sciacca: “Il corallo è carbonato di calcio, materiale organico: come è possibile che tanto corallo sia arrivato fino a noi, ammassato in così grande quantità in secche sul fondo del mare, senza deteriorarsi, con questo strano colore arancio? Perché questo strano suono quando lo si maneggia? Secondo il mio parere ci sono stati degli agenti esterni, quali manifestazioni di vulcanismo marino, che ne hanno modificato la struttura. Non solo: una così enorme quantità si giustifica solamente se immaginiamo che tutto questo materiale si sia deposto, ammucchiato sul fondo marino in un periodo lunghissimo di tempo”. Queste affermazioni hanno solleticato la dottoressa Superchi, che ha chiesto a Rajola di inviarle una serie di pezzetti di corallo, provenienti da tutto il Mediterraneo e, naturalmente, da Sciacca:“Voglio fare un esperimento”. E, infatti, sottopone i campioni di corallo ad analisi fatte col la Raman, un macchinario con il quale si determina lo spettro del corallo e che dà risultati molto interessanti: tutto il Corallium Rubrum, proveniente da una qualsiasi area del Mediterraneo, ha identico spettro. Solo quello proveniente da Sciacca risulta modificato. Decidono allora di tentare un’ulteriore esperimento, e Rajola si rivolge ad uno Statunitense, il Prof. Robert Bodnar, uno dei massimi esperti di Geochimica al mondo, affinché faccia delle analisi sul chimismo del Corallo di Sciacca. Anche a Bodnar vengono inviati campioni di Corallium Rubrum di varia provenienza e i risultati sono estremamente interessanti. Giuseppe Rajola Sessantacinque anni, sposato con Grazia, due figli: Vincenzo e Mariella. Rappresenta la quarta generazione di una famiglia che dai primi del ‘900 lavora il corallo. Circa 40 anni fa è stato tra i fondatori dell’Associazione Produttori Corallo, Cammei ed Affini (Assocoral) di cui è stato più volte, in epoche diverse, Presidente. Promotore ed organizzatore di innumerevoli eventi volti alla tutela, valorizzazione, promozione del corallo, tra cui due Convegni Internazionali tenutisi sotto l’egida della Fao, membro di numerosi Comitati Scientifici e promotore del Gruppo “Rouge Corail” di cui fanno parte 21 tra Università e Istituti di Biologia Marina Europei ed extraeuropei. Autore di numerose pubblicazioni. A buon titolo viene considerato uno dei maggiori esperti, a livello mondiale, sul corallo. Le analisi effettuate con la tecnica “Laser Ablation ICPMS” dimostrano che i coralli provenienti da Sciacca hanno subito notevoli alterazioni della composizione chimica.Scrive Bodnar a Rajola: “I coralli di Sciacca sono molto arricchiti in ferro, manganese, rame ed uranio rispetto agli altri coralli analizzati. Questi elementi sono tipicamente associati con attività idrotermale sottomarina, così che la tua idea che il corallo di Sciacca è da mettere in relazione con il vulcanismo appare tale da essere confermata”. E’ un tassello importante, nel puzzle che faticosamente si va delineando. La prossima, sarà l’analisi definitiva, quella che scioglierà ogni dubbio: la datazione! Viene affidata al Cedad, Centro per la Datazione dell’Università del Salento, Lecce che effettuerà delle analisi su alcuni reperti di corallo proveniente da Sciacca. I risultati sono stupefacenti: dei quattro coralli esaminati, due sono di circa 2.000 anni fa, il terzo di 4.000 ed il quarto di 9.000 anni fa! E’ la conferma che la teoria di Rajola è giusta! Segue poi la prova di durezza con il metodo Knoop, e – anche in questo caso – vengono confermati i dati: anche la durezza si è modificata. Il Corallo di Sciacca è un corallo sub-fossile, e come tale si è potuto conservare così a lungo in acqua e arrivare fino a noi. Un’altra tessera aggiunta da Rajola – fra i fondatori di Assocoral, di cui fu anche presidente per più mandati – al mosaico della comunicazione del valore e della cultura del gioiello. Da non perdere!! STEVENTRANQUILLI - Direttore Federazione Nazionale Dettaglianti Orafi Gioiellieri Argentieri Orologiai CONFCOMMERCIO IMPRESE PER L’ITALIA - Via ReTancredi – ROMA - Tel: 06-44.04.105 Fax.: 06-44.25.12.29 CULTURA 35 CULTURA 36 Elsa Schiaparelli rivive dopo 60 anni a cura di Viviana Rubini Q uest’anno si celebra Elsa Schiaparelli: il suo genio creativo e la sua moda provocatoria in mostra a New York insieme al rilancio del marchio sul mercato da parte di un italiano. Nata a Roma nel 1890 da una famiglia di intellettuali piemontesi, voleva fare l’attrice, provò a scrivere poesie e divenne creatrice di moda quasi per caso. Donna sfortunata nel privato, dopo la separazione dal marito e una breve parentesi newyorkese, approda a Parigi dove diviene ben presto protagonista indiscussa della moda e dell’arte. Le sue prime originali creazioni sono i pullover a stampe trompe l’oeil in stile optical bianco e nero e le maglie lavorate a mano con applicazioni a scheletro. Sull’onda del successo arriva anche la linea di costumi da bagno e pigiama da spiaggia. Successivamente si cimenta in nuovi esperimenti creativi arricchendo gli abiti con bottoni a forma di labbra, realizzando lunghi guanti con le unghie, una giacca con tasche a forma di cassetto, le zip a vista colorate, l’invenzione di un nuovo colore: il rosa shocking. I bijoux, gli accessori e il profumo “Shocking” (con la bottiglia sexy che ricalca le forme di Mae West) sono oggetto di scandalo. Muore con discrezione a Parigi nel 1973, ma il suo coraggio e la sua audacia sono stati ispirazione per molti negli anni. Il suo mito rinasce oggi con l’annuncio del rilancio del marchio ad opera di Diego Della Valle, proprietario di Tod’s, uno dei gruppi più importanti del lusso italiano (controlla Tod’s, Fay, Hogan e Roger Vivier) che nel 2007 ha acquistato il brand insieme all’archivio e alla sede dell’atelier in Place Vendome al numero 21 (stesso indirizzo dove aprì nel 1935). A luglio, durante le giornate parigine dell’Haute Couture, sarà riaperto lo storico atelier e a settembre verrà annunciato il nome dello stilista; solo nel 2013 arriverà la prima collezione. Volto della Maison sarà l’attrice e modella francese Farida Khelfa. L’ambizione è di collocarsi nella fascia altissima di mercato. La cifra stilistica della nuova collezione sarà la sperimentazione e l’anticonvenzionalità: creazioni speciali e al tempo stesso riconoscibili, con un’attenzione particolare al mondo degli accessori. Altra importante occasione per celebrare il talento della “Schiap” è la mostra inaugurata recentemente al Metropolitan Museum, dal titolo Schiaparelli and Prada: Impossibile Conversations. Due icone della moda italiana, due designer d’avanguardia impavide e temerarie, si incontrano in un dialogo immaginario. Il titolo dell’evento rende omaggio alle Interviste Impossibili realizzate per la rivista Vanity Fair e illustrate dal caricaturista Miguel Covarrubias negli anni ’30: si trattava di conversazioni tra personaggi di epoche diverse che non avrebbero mai potuto incontrarsi.. Visitando la mostra si percepisce come gli universi di Schiaparelli e Prada, nonostante fortemente contrastanti, vivano in perfetta armonia, tra passato e presente. E se Elsa Schiaparelli attingeva idee ed energie dal movimento futurista e surrealista, disegnando le sue creazioni con Salvator Dalì, Jean Cocteau, Alberto Giacometti, Miuccia Prada ha risentito della corrente postmodernista, ed è colei che è riuscita a sintetizzare al meglio il minimalismo e il rigore con la stravaganza. La forza travolgente dell’esibizione risiede nelle creazioni stesse: il celeberrimo cappelloscarpa o la giacca ricamata con i segni zodiacali della Schiaparelli, gli abiti grondanti di pietre o gli accessori estrosi di Prada. Frasi tratte da “The Shocking Life” l’autobiografia della Schiaparelli affiancate a dichiarazioni che Miuccia Prada ha rilasciato ai curatori dell’evento, vengono proiettate in una serie di video diretti dal regista Baz Luhrmann (autore di celebri pellicole quali Romeo+Giulietta di CULTURA 37 William Shakespeare o Moulin Rouge). L’installazione è invece creata da un altro grande creativo del cinema, lo scenografo Nathan Crowley (Batman Begins, Braveheart): ambienti in cui la lacca rossa e nera si alterna a teche di plexiglas e giochi di specchi. E’ così che Miuccia ed Elsa (interpretata da Judy Davis) sedute a bere champagne nel salone di un antico palazzo, chiacchierano della loro personale visione della moda. La mostra resterà aperta al grande pubblico fino al 19 agosto e analizza come queste due grandi artiste abbiano sovvertito le nozioni convenzionali legate alla bellezza, al gusto, alla femminilità e al glamour. CONFCOMMERCIO INFORMA 38 Maggiore rappresentativita’ per il settore orafo di Confcommercio Da Federdettaglianti Orafi a Federpreziosi: una evoluzione sostanziale Riconfermato Presidente Giuseppe Aquilino,Vice Presidente di Confcommercio Bari a cura della Redazione La Federazione Nazionale Dettaglianti Orafi Gioiellieri Argentieri Orologiai – Confcommercio, si è costituita ufficialmente in Federpreziosi – Federazione Nazionale delle Imprese Orafe Gioielliere Argentiere Orologiaie – Confcommercio Imprese per l’Italia. L’accesso sarà esteso a tutte le categorie del mondo orafo rappresentate in Confcommercio, dai distributori all’ingrosso, ai fabbricanti, agli artigiani, ai rappresentanti, e non più limitato, quindi, ai commercianti al dettaglio. E’ un passaggio di fondamentale importanza che conferma in concreto l’obiettivo già da tempo perseguito da parte di Federdettaglianti: raggiungere una maggior unità e rappresentatività del settore nei confronti delle Istituzioni Governative, Autorità, Enti, Associazioni e Sindacati a livello nazionale e internazionale, attraverso un sostanziale ampliamento della base associativa. Secondo il riconfermato presidente Giuseppe Aquilino, primo presidente di Federpreziosi, “Federdettaglianti ha da tempo intrapreso un fruttuoso cammino concentrando tutti i suoi sforzi per comprendere a fondo e quindi rappresentare con la massima efficacia possibile le esigenze e le istanze di tutte le categorie associate. Un lavoro non facile che abbiamo affrontato sul campo, con incontri mirati sul territorio, un vero e proprio ‘porta a porta’. La Federazione ha accresciuto la propria credibilità e, al contempo, rafforzato la sensibilità rispetto a temi e problematiche di fondamentale rilievo non solo per il commercio orafo. I risultati già ottenuti a livello governativo – ha pure affermato Aquilino - sono motivo di grande soddisfazione per noi. Questo importante passo verso un ulteriore sviluppo è stato accuratamente preparato: la federazione ha saputo crescere e agire in un’ottica di forte e concreta coesione e questo non può che renderci fiduciosi nei confronti delle future e impegnative sfide, consci che in un momento così critico per il nostro Paese e per l’economia globale, solo una voce forte, affidabile e chiara riuscirà a farsi sentire.” A Federpreziosi possono aderire sindacati o associazioni rappresentativi del settore orafo-argentieroorologiaio che operano in ambito provinciale o regionale costituiti in seno alle organizzazioni territoriali affiliate a Confcommercio, associazioni autonome, operatori individuali che svolgano attività in province dove non vi sia sindacato o nel caso in cui questo non sia aderente alla Federpreziosi. Anche Enti e Istituzioni che ne condividono filosofia e scopi avranno la possibilità di associarsi secondo modalità e condizioni deliberate dalla Giunta. Federpreziosi, a completamento del proprio Statuto approvato dal Consiglio generale Confcommercio lo scorso 26 Gennaio 2012, adotta in toto lo Statuto e il Codice Etico di Confcommercio-Imprese per l’Italia; utilizza, inoltre, il logo confederale accompagnato dalla propria specifica denominazione, facendosi garante dell’uso da parte di organismi associativi o strutture societarie costituite al proprio interno, aderenti o, comunque, espressione diretta della propria Organizzazione. Anatocismo e commissione di massimo scoperto a cura della Redazione In questo periodo di crisi finanziaria, il problema di natura creditizia è quello che attira l’attenzione di molti. Diverse aziende, con grandi strutture organizzative, si scontrano quotidianamente con un mercato che ormai non è più recettivo e nutrono sempre più la voglia di un confronto sano ed equilibrato. Proprio per questo la Federazione Moda Italia Bari ha approvato una convenzione con lo Studio dell’Avvocato Massimo Melpignano (a destra nella foto), che difende da tanti anni i clienti dal sistema bancario, dando così loro la possibilità di chiedere il rimborso delle commissioni di massimo scoperto e anatocismo. Lo stesso Presidente di Federazione Moda Italia Bari, Carlo Saponaro, ha sottolineato l’importanza di questa convenzione che si pone l’obiettivo di far conoscere alle micro e PMI i propri diritti e le tutele possibili, in modo da poter recuperare i costi che ingiustamente, ed anche illegittimamente, sono stati affibbiati alle aziende dalle banche, sotto forma d’interessi, nell’applicazione delle commissioni di massimo scoperto sui fidi concessi. Nel corso dell’incontro, l’Avvocato Massimo Melpignano, Vice Presidente Adusbef Puglia, ha rimarcato l’accento su quanto gli interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto siano costi esosi che per anni le banche hanno fatto gravare su tutti i clienti; solo attraverso un lungo iter giurisprudenziale si è riconosciuta l’illegittimità di tali oneri. Infatti per quanto riguarda l’anatocismo, ossia la capitalizzazione degli interessi sugli interessi, a partire dal 1999 ben tre pronunce della Corte di Cassazione hanno stabilito la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale e, pertanto, le somme calcolate a tale titolo non possono essere richieste dalla banche; inoltre se sono state precedentemente percepite, devono essere interamente restituite perché indebitamente trattenute. Per quanto riguarda, invece, le Commissioni di Massimo Scoperto, l’Avvocato Melpignano ha messo ben in evidenza che più di 16 miliardi di Euro sarebbero stati illegittimamente addebitati ai correntisti dalle banche in base alle “Commissioni di Massimo Scoperto“. Anche questi, come gli interessi anatocistici, sono costi per gli utenti bancari privi di qualsiasi giustificazione. Perfino la Banca di Italia ha espresso dei dubbi in merito, definendola: “un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza”. Per Commissione di Massimo Scoperto s’intende una percentuale calcolata al tasso convenuto, sulla massima esposizione avuta sul conto corrente durante il trimestre di riferimento ed essa si aggiunge agli interessi convenzionali. La natura della commissione e la giustificazione per la sua applicazione si sono modificate nel tempo, perché la commissione di massimo scoperto si giustifica in ragione del maggior rischio assunto dalla banca sulla somma massima utilizzata nel periodo. Nei contratti bancari normalmente sottoscritti dalla clientela non sono indicate le modalità di calcolo della commissione di massimo scoperto, ma soltanto il tasso della stessa. La materia è stata disciplinata dal decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2, ove si è stabilito che la commissione di massimo scoperto è valida solo in relazione a sconfinamenti assistiti da fido e di durata superiore a 30 giorni. Con nota del 29 dicembre 2009, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha gravemente censurato la disciplina, ritenendo “che sia per gli affidamenti che per gli scoperti transitori di conto corrente, si è verificato un innalzamento dei costi per i correntisti“. Le commissioni di massimo scoperto non sono pertanto dovute alla banca ed è possibile richiederne la restituzione. L’anatocismo e le commissioni di massimo scoperto sono due dei tanti problemi gravi che hanno in qualche modo ucciso i bilanci e creato un confronto non paritario tra banche e clienti, perché non abbiamo solo doveri ma anche diritti nei confronti degli istituti di credito…spetta soltanto a noi se attuarli, e questo lo si può fare solo grazie all’informazione. CONFCOMMERCIO INFORMA 39 CRONACA 40 CONFCOMMERCIO INFORMA 40 “EAT Ruvo di Puglia” un nuovo modo di fare consorzio di Emanuele Panza N on è stato il solito convegno, ma, come l’ha definito la guest star della serata, il Sen. Antonio Azzollini, un convegno formativo. Parliamo della presentazione a Ruvo di Puglia del nuovo Consorzio “EAT Ruvo di Puglia”: significa Esercenti Associati per il Turismo, ma si legge “Mangia Ruvo”, giocando sull’acronimo che in inglese significa, appunto, mangiare. E che si giochi tutto sull’alimentazione intesa nella sua massima accezione lo si capisce bene se solo si scorre l’elenco dei consorziati: agenzie turistiche e tour operator, alberghi, bed & breakfast, aziende agrituristiche e di produzione di prodotti tipici locali, ristoranti, bar, pub, pizzerie. Da sinistra nella foto, Antonella Millarte, Dino Saulle, il Presidente della CCIAA Alessandro Ambrosi ed il sindaco di Ruvo, Ottombrini. Il consorzio è nato nel 2012 per il forte impulso della Confcommercio locale e del suo Presidente Dott. Vito D’Ingeo, che ha saputo catalizzare le energie propositive di imprenditori con gran voglia di fare qualcosa per le proprie aziende coinvolgendo, in un circolo virtuoso, il territorio tutto e non solo di Ruvo di Puglia, ma esteso ai Comuni viciniori anche della BAT. Ma va riconosciuta la grande attività propulsiva del Presidente del Consorzio, Dino Saulle, che ha saputo coinvolgere nel progetto la Pro Loco ed altre associazioni come CONRUVO oltre ad un gran numero di imprenditori che condividono con lui il progetto. Condivisione ed apprezzamento che sono emersi il 15 Giugno nella sala Comunale di Ruvo di Puglia quando, sapientemente coordinati dalla giornalista Antonella Millarte della Gazzetta del Mezzogiorno, esperta del settore, si sono avvicendati, nel sottolineare la novità di questo progetto e la sua grande valenza economica, turistica e sociale, il sindaco di Ruvo Vito Ottombrini, il Presidente della CCIAA Alessandro Ambrosi, il Presidente di Confcommercio Ruvo Vito D’Ingeo, l’Assessore Provinciale all’Innovazione Agricola Aziendale Francesco Caputo, il Presidente della Cantina CRIFO Biagio Stragapede, il presidente Confcooperative Puglia Marco Pagano, il presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Castel del Monte Francesco Liantonio, il presidente di Uliveti d’Italia Nicola Ruggiero ed il coordinatore Puglia delle Città dell’Olio Benedetto Miscioscia. Il sindaco Ottombrini ha ricordato il grande affiancamento della sua amministrazione a questa iniziativa sulla scia della concretizzazione di uno dei punti del suo programma, quello di colloquiare con le imprese per creare opportunità con il turismo e l’enogastronomia; dal canto suo Vito D’Ingeo, esponendo i dati elaborati in un dettagliato dossier dal dott. Fusco di Confcommercio, ha evidenziato quale sia il ruolo pregnante del Commercio nell’economia sia di Ruvo che dell’intera Provincia come volano dell’economia stessa; quindi Francesco Liantonio ha rilevato come il consorziarsi sia una scelta di vita che si adegua al cambiamento nel rispetto del trinomio uomo-territorio—prodotto; infine Nicola Ruggiero e Benedetto Miscioscia hanno messo in evidenza le qualità salutari dell’olio extra vergine di oliva, così come ormai accertato dalla moderna stampa scientifica. Il leit motiv di tutti gli interventi è stato, comunque, l’apprezzamento per un’iniziativa che si muove nel solco della fattività concreta e non dell’inutile chiacchiericcio. Tutti si sono dichiarati pronti a collaborare in un qualcosa che va al di là di un semplice consorzio, ma che punta a promuovere concretamente lo sviluppo vocazionale di un intero territorio per il turismo di qualità che si configuri come scoperta di una cultura antica che si accompagna alla bellezza dei territori ed all’eccellenza dei propri prodotti naturali così come elaborati e resi gustosamente fruibili da autentici maestri. Dino Saulle ha, con la sua solita passione, indicato i tre percorsi già avviati da EAT Ruvo di Puglia: - Itinerari turistici per le visite guidate a cantine e frantoi; - Eventi: ne sono previsti oltre 100 mettendo insieme tutte le iniziative del territorio; - Acquisti consorziati. Molto argomentato l’intervento di Alessandro Ambrosi che evidenzia come non si debba più par- Il Presidente di Confcommercio Ruvo, Vito D’Ingeo. lare di crisi, ma di cambiamento continuo. Il sistema economico non procede più a comparti separati, ma va sul livello multidisciplinare; non possiamo, cioè, permetterci di produrre ottimo olio e vino e farceli sfuggire verso altre regioni che sanno meglio commercializzarlo. “Bisogna – ha sostenuto il Presidente della CCIAA – stare insieme e non giocare più da soli. Dobbiamo fare marketing territoriale smettendo di considerare la nostra azienda come quella che va dalla soglia d’ingresso all’interno, ma bisogna capire che la nostra azienda è il territorio: dobbiamo capire, cioè, che bisogna cambiare cultura d’impresa, con la formazione e la ricerca non della quantità (su questo terreno non possiamo competere con i giganti della produzione) ma della qualità sulla quale non siamo secondi a nessuno. Si deve aprire al resto del territorio anche utilizzando nuovi strumenti come i contratti di rete”. Il convegno, ed è anche questo un momento di differenziazione, si è concluso con un percorso storico e architettonico con guida turistica, con visita in via Veneto, via Traiana e all’ultracentenario panificio Cascione, Palazzo Caputi, torre dell’orologio, cattedrale e ipogeo, torrioni e museo Jatta; e un percorso del gusto con visita alla Cantina Crifo e all’elaiopolio Coop. Ri. Fo. “Il Rosone”. CONFCOMMERCIO INFORMA 41 CONFCOMMERCIO INFORMA 42 Donne e governance di Alessia De Giosa C he le donne siano poco presenti nei luoghi decisionali delle organizzazioni politiche, economiche e sociali è un dato, purtroppo, ormai appurato a causa di uno “ squilibrio di genere” ancora presente sul nostro territorio, nonostante alcuni progressi ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni. In Italia, nonostante l’attuazione di politiche antidiscriminatorie e di pari opportunità, le disparità rimangono e, anzi, vanno ad influenzare le dinamiche sociali e le condizioni sia di produzione che di riproduzione del nostro paese. Il mercato del lavoro italiano, e in particolare quello pugliese, registra ancora, infatti, un divario tra il genere maschile e quello femminile, che si evince dai tassi di attività e di occupazione delle donne ancora al di sotto di quelli europei. Dunque le donne, pur rappresentando una risorsa preziosa e insostituibile, restano i soggetti più esposti a rischio di discriminazione e di esclusione. Un altro elemento importante è la disuguaglianza nell’accesso ai ruoli di responsabilità e di decisione, vista la scarsa presenza delle donne nei ruoli dirigenziali della pubblica amministrazione, delle imprese private, delle università, della rappresentanza politica, nelle istituzioni, internazionali, nazionali e locali ma anche nei consigli di amministrazione di enti pubblici e privati. Questa scarsa presenza femminile fa emergere, dunque, l’esistenza di un “ deficit di democrazia “ che richiede di modificare le forme di partecipazione delle donne alla vita economica, culturale, sociale e politica del paese. E’ stato questo il tema discusso il 21 maggio presso la Camera di Commercio di Bari nel convegno nazionale “Donne e Governance un’impresa possibile“ promosso da Confcommercio Provincia di Bari e Bat – Terziario donna, in collaborazione con l’ente camerale barese, che vede come obiettivo principale quello di affermare la democrazia paritaria nella nostra società per cambiare la classe dirigente ed imprenditoriale italiana. Sono intervenuti Loredana Capone, vice presidente Regione Puglia, Renato Borghi, vice presidente nazionale di Confcommercio Imprese per l’Italia, Patrizia Di Dio, presidente nazionale di Confcommercio Terziario Donna, Francesca Lamalfa, Presidente III Sez. Penale Tribunale di Bari, Roberta De Siati, presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Bari, Annarita Fioroni, senatrice PD, Serenella Molendini, consigliera di Parità della Regione Puglia ed infine Rosy Daleno, vice presidente di Confcommercio Terziario Donna. Il convegno è stato aperto con i saluti del Presidente della Camera di Commercio di Bari, Alessandro Ambrosi, che ha affermato: “Più di 93mila imprese femminili in Puglia, in incremento rispetto a quelle maschili che invece diminuiscono, un tasso di femminilizzazione imprenditoriale del 24,3%. Numeri che rivelano quanto tutte le donne, e non solo quelle imprenditrici, siano una risorsa strategica per la nostra società. Al pari dei giovani. Il dolore per la perdita di Melissa Bassi e per il ferimento delle altre ragazze ci invita a riflettere su quanto si faccia e quanto in più c’è da fare per assicurare un domani ai nostri giovani più propositivo e meno conflittuale. Opportunità sì, ma anche valori positivi: lo sviluppo come crescita collettiva frutto dell’impegno di ciascuno senza alcuna distinzione di sesso, riservando la massima importanza al merito, al talento ed alle capacità individuali”. Dello stesso pensiero è stata la vice presidente della Regione Puglia, Loredana Capone, la quale ha spiegato che non è più sufficiente parlare di “quote rosa “, ma bisogna lavorare su ambiti diversi che vanno dalla famiglia, oggi il maggior ammortizzatore sociale, alla politica, alla società in generale; inoltre la vice presidente rimarca l’accento sul valorizzare la differenza tra uomo e donna, affinché la crisi possa esser letta come opportunità di coesione familiare e sociale. Anche la Presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati, Roberta De Siati, ha sottolineato l’importanza di una maggior presenza delle donne che deve esser vista come questione di civiltà, di merito, di legittimità e di opportunità economica per un intero paese. A chiudere il convegno sono state le conclusioni della vice presidente nazionale di Terziario Donna, Rosy Daleno, che ha puntualizzato su alcuni aspetti come: l’esigenza di intraprendere azioni positive finalizzate a rimuovere le cause di discriminazione e a promuovere la valorizzazione della componente femminile in tutti i contesti politici, economici e istituzionali; inoltre la scarsa presenza delle donne nei luoghi di ambito politico-economico che evidenziano un “deficit democratico”; ed infine l’esigenza di riqualificare la rappresentanza femminile nei contesti lavorativi, che devono essere basarsi solo su principi meritocratici. In definitiva Confcommercio propone di puntare non su nuove leggi per la scarsa presenza femminile, ma di concentrarsi su quelle esistenti, traendo spunto da quanto è stato ben espresso da sentenze che sono entrate proprio nel merito della democrazia paritaria. E’ necessario quindi risvegliare l’economia dormiente, costituito da ben il 52% della popolazione e costituire una democrazia paritaria, come richiedono in primis le donne imprenditrici di Confcommercio e non solo, perché risvegliare l’economia è una problematica che ormai non riguarda più soltanto gli uomini. CONFCOMMERCIO INFORMA 43 CONFCOMMERCIO INFORMA 44 Contro la crisi FIDES scende in campo con Confcommercio Di Prizio: “La ripresa economica é una responsabilità collettiva” a cura della Redazione A nche uno sport come la pallavolo può combattere la crisi. L’Unione Sportiva Fides, nata a Triggiano nel 1946, ha partorito una efficace iniziativa in grado rinforzare il mercato locale agevolando le tasche dei cittadini. Con il sostegno di una fitta rete di negozi al dettaglio, è nata la Fides Card, una carta/sconto totalmente gratuita per tutte le famiglie aderenti all’associazione sportiva e non solo, che oggi conta un indotto di oltre 1000 persone. Panetteria, ottico, ferramenta, sanitaria, bar, pasticceria, pizzeria, erboristeria, macelleria, abbigliamento, mobili, salotti…insomma, c’è tutto. Una vera opportunità per risparmiare tutti i giorni anche nelle spese importanti lasciando a fine mese qualche decina di euro in più nel portafogli. Il neo presidente del comprensorio comunale di Confcommercio-Triggiano, Piero Diprizio. Archiviata la promozione in Serie C, Fides lascia il rettangolo da gioco per dedicarsi al territorio a tempo pieno, fino alla ripresa della prossima stagione. Dopo aver stanziato sei borse di studio in tutte le scuole medie ed elementari di Triggiano e dopo aver avviato la campagna di devoluzione del 5x1000 in favore della ricerca sulle leucemie, l’Unione Sportiva Fides continua a fortificare il legame con la città di Triggiano scendendo in campo per combattere la crisi, aiutando le famiglia a risparmiare. “La Fides Card è uno degli strumenti strategici con cui la nostra società sportiva ha innovato le politiche di marketing e di comunicazione, nell’ambito delle partnership e delle politiche di fund raising (raccolta fondi). Il mondo della pubblicità è cambiato, moltissimo. E le società sportive vivono prevalentemente di quello. Nel nostro team abbiamo introdotto figure professionali capaci di sviluppare proposte credibili in grado di offrire opportunità reali alle aziende che decidono di sostenerci.” Queste le parole di Michele Franco, presidente di U.S. Fides insieme a Michele Ardito, che alla nuova gestione della società sportiva hanno dato un forte imprinting imprenditoriale vista l’esperienza professionale che da 15 anni vede entrambi a capo della nota Emme Emme srl. “Siamo contrari - ha continuato il numero uno di Fides - ai pellegrinaggi “porta a porta” di chi chiede aiuti per eventi, tornei, etc., in cambio di un logo posizionato su un manifesto, su un volantino o su uno striscione a margine di un palco o di un campo da gioco. Le tecniche di comunicazione moderna sono ben altre ed invito tutte le associazioni a sviluppare una “coscienza della domanda”, ovvero una capacità critica di riconoscere le reali potenzialità delle proposte sostenibili da sponsorizzazioni. Insieme a Confcommercio attiveremo workshop per le imprese locali per rieducare le parti nel gioco tra chi chiede e chi sponsorizza onde evitare che il continuo proliferare di associazioni e di eventi possa portare a fenomeni di assuefazione e di inflazione.” La Fides Card è stata creata per la rete dei soli commercianti di Triggiano. Sono oltre 25 i negozi affiliati, scelti tra i migliori del panorama commerciale locale, ciascuno con formula esclusiva per la categoria merceologica di riferimento. Non esistono doppioni, come ad esempio, due erboristerie o due negozi di scarpe. “Si tratta di una testimonianza reale di scambio di benefici tra la società sportiva ed i suoi partner. Generalmente - ha concluso Michele Franco - le affiliazioni ai circuiti come questi sono gratuite. Nel nostro caso aderire a Fides Card ha due costi: una quota di affiliazione ed una quota di sconto in euro da praticare sulla spesa per chi espone la carta alla cassa. Ciò vuol dire che l’aiuto dei partner non ha limiti, poichè ogni centesimo di sconto praticato sul consumatore, ogni giorno, non è che un ulteriore atto di sostegno in favore dell’associazione, nella fattispecie in favore dei possessori della Fides Card, recando benefici al bilancio di tante famiglie.” La carta è attiva dal 18 Gennaio 2012, per i negozi che espongono il marchio dell’iniziativa. Per conoscere tutti i negozi affiliati e gli sconti praticati basta collegarsi sul sito ufficiale http://www.volleyfides.it/fides-card. La Fides Card è gratuita per tutte le famiglie aderenti a U.S. Fides attraverso le iscrizioni alla scuola di minivolley, il tesseramento degli atleti di tutte le categorie, gli eventi on line, l’ingresso al campo di gara e l’acquisto del merchandising. “Confcommercio ha approvato e lodato il circuito della Fides Card perchè la rete delle associazioni può veicolare la comunicazione con efficacia e modalità non tracciate dai nostri canali. Se una società sportiva manifesta una tale sensibilità alle questioni socio/economiche, vuol dire che gli sforzi necessari alla ripresa possono essere corali e diversificati. Preoccuparsi del futuro, specie della propria collettività, piccola o grande che sia, credo sia una pratica quotidiana che non può escludere nessun soggetto, persona, ente o associazione.” Così ha promosso l’iniziativa di Fides il neo presidente del comprensorio comunale di Confcommercio-Triggiano, Piero Diprizio, imprenditore, assessore alle politiche sportive e agli affari generali del Comune di Triggiano nella scorsa legislatura. “Anche lo sportello nazionale di Confcommercio che oggi conta 700.000 imprese - ha continuato Diprizio ha avviato politiche di fidelizzazione con grandi partner per promuovere reti virtuose capaci favorire consumo e impresa, contemporaneamente. La simbiosi con il territorio è fondamentale. A Triggiano, con il sostegno dell’ente provinciale di Confcommercio Bari presieduto dal dott. Alessandro Ambrosi, componente della giunta nazionale, cercheremo di superare il ruolo politico e di rappresentanza. Incrementeremo la costituzione del Gruppo Giovani Imprenditori e del Gruppo Terziario Donna. Il primo è composto dagli associati “under 40”, il secondo dalle imprenditrici associate o che vorranno associarsi. Il circuito della carta sconto istituito dalla società pallavolistica Fides apre a spunti positivi e a visioni ottimistiche del nostro territorio. Una operazione simile, intrapresa con successo da un ente sportivo che sicuramente non nasce per risollevare i problemi economici di un paese, rivela un dato importante: le nostre imprese, anche piccole, anche a conduzione familiare, hanno ancora le orecchie spiegate ad ascoltare la voce di chi vuole ancora scommettere, perchè le nostre aziende hanno voglia di scommettere e di attraversare questa crisi per uscirne rinforzati. Ed è da qui che bisogna ripartire. Apriremo entro giugno il nuovo sportello di Confcommercio in Piazza Madonna della Croce a Triggiano. Avvieremo un processo di consultazione, di accoglienza, con strumenti di monitoraggio e di indagine che dovranno in breve termine consegnarci il quadro complessivo delle istanze, dei problemi, delle urgenze e delle visioni anche più a lungo termine dei nostri imprenditori. Stavolta, saranno le nostre orecchie a dovere ascoltare. Prima di risolvere il problema dei parcheggi, delle zone a traffico limitato, prima di individuare aree da destinare a capannoni per risanare quel gap dell’emigrazione della nostra impresa nelle zone Pip dei paesi limitrofi (prima Capurso, poi Noicattaro), occorre riflettere una volta per tutte su quale vocazione, quale posizione può assumere Triggiano nella scena del mercato locale, regionale e perchè no nazionale. In tal modo anche le proiezioni fatte sul centro storico troverebbero delle linee guida. Cos’è una vocazione economica? E’ semplice. Vuol dire non aprire una distilleria di whisky laddove non hai una sorgente di acqua sotto i piedi. Vuol dire non aprire un tomaificio se nella tua terra non si coltiva il caucciù. Ad oggi, è evidente, che anche le scelte urbanistiche approvate dopo decenni di beghe, rischiano di essere inattuali, scollegate da un ‘epoca economica, tecnologica e sociale che si rinnova rapidamente, incompatibile con i tempi elefantiaci con i quali le amministrazioni pubbliche sviluppano, approvano e realizzano progetti. Malgrado ciò il rapporto di Confcommercio con il Comune di Triggiano, in vista di una ripianificazione commerciale, dovrà essere imprescindibile, di forte alleanza e propositività. Con Confcommercio intercetteremo le competenze professionali, anche locali, in grado di parlare alle imprese, in termini strategici, di crescita oltre che di assistenza. Insieme a loro, grazie a progetti finanziabili, cercheremo di costruire percorsi formativi in grado di riallineare le aziende agli standard attuali, per recuperare fiducia, potenziale di mercato e competitività. Anche il capitolo Bariblu, può essere risolto con la stessa filosofia che crea identità e posizione nel mercato attraverso una precisa vocazione o la differenziazione dell’offerta. Pensare di dividere merceologicamente senza sovrapposizioni l’offerta della rete dei negozianti triggianesi da quella del centro commerciale potrebbe essere una soluzione che consentirebbe la convivenza e la sinergia tra i due sistemi commerciali attraverso il principio della compensazione e non della concorrenza”. Così ha concluso il nuovo presidente della confederazione dei commercianti triggianesi, lanciando la nuova ricetta per traghettare la categoria in questa crisi ormai stratificata. CONFCOMMERCIO INFORMA 45 CONFCOMMERCIO INFORMA 46 ASSOORO Prezzi in vetrina La Puglia si allinea alla normativa nazionale a cura della Redazione A seguito dei controlli sull’esposizione dei prezzi nelle oreficerie, da parte delle autorità, nei principali capoluoghi di provincia della Puglia, la Confcommercio regionale, su sollecitazione del Presidente di Assoro Confcommercio Provinciale Giuseppe Aquilino, ha richiesto ai competenti uffici della regione Puglia chiarimenti in merito. La risposta non si è fatta attendere e sulla base della circolare n. 3467/C emanata dal Ministero dell’Industria il 28 maggio 1999, in risposta ad un quesito della Federazione Nazionale Dettaglianti Orafi, con la lettera pubblicata a fianco, viene consentito apporre sul singolo prodotto realizzato in metallo prezioso un cartellino prezzi, recante l’indicazione del prezzo per esteso, visibile dall’interno e non dall’esterno del negozio, purchè gli stessi siano ben collegati agli oggetti. In alternativa è possibile apporre un cartello prezzi, per ogni singolo prodotto. Confederazione mondiale degli orafi: Congresso 2012 a cura della Redazione Si sono conclusi il 20 maggio scorso, a Vicenza i lavori del Congresso CIBJO (The World Jewellery Confederation) 2012 che si à tenuto nell’ambito del World Jewellery Forum, l’incontro che, sotto l’egida di Fiera Vicenza e parzialmente in coincidenza con VicenzaOroSpring, ha visto per la prima volta svolgersi contemporaneamente anche la riunione del WDC, World Diamond Council, richiamando da tutto il mondo i massimi rappresentanti del settore della gioielleria. 143 i delegati provenienti da ogni parte del mondo. L’annuale incontro è l’occasione per le riunioni dell’Assemblea Generale e delle varie commissioni della Confederazione Mondiale della Gioielleria, fondata nel 1961 ed attualmente presieduta dall’italiano Gaetano Cavalieri, unica associazione non governativa riconosciuta nell’ambito del Consiglio Economico delle Nazioni Unite. L’assemblea generale è stata presieduta dal presidente di CIBJO, l’italiano Gaetano Cavalieri, come italiani sono due dei consiglieri eletti nel 2011, il presidente di Federdettaglianti Orafi Confcom- mercio, Giuseppe Aquilino e Corrado Facco, direttore generale di Fiera Vicenza. “Un’occasione di confronto - ha affermato Aquilino - con realtà associative tra le più variegate ma sopratutto la possibilità, per tutti noi delegati, di contribuire fattivamente alla crescita e allo sviluppo del comparto orafo. Una esperienza decisamente formativa”. Varie le tematiche toccate durante i quattro giorni di lavori congressuali, fra cui la creazione di una Commissione Fiere, con l’obiettivo di raggruppare le maggiori fiere orafe internazionali; la creazione di un gruppo di lavoro per sicurezza, assicurazione e logistica, che opererà per fornire appoggio e servizi sempre più avanzati ai membri degli enti associati alla Confederazione; la ripresa delle attività della Commissione Etica, presieduta da Cecilia Gardner; la creazione di un gruppo di lavoro dedicato in maniera specifica all’industria del corallo; infine la costituzione di una task force strategica, guidata da Eli Avidar, presidente dell’Israel Diamond Institute e membro del consiglio di presidenza CIBJO che avrà, tra gli altri compiti, quello di rafforzare la base associativa e finanziaria. SCADENZARIO FISCALE a cura di Michele Carriera ADEMPIMENTO • Versamento ritenute alla fonte su redditi di lavoro autonomo, dipendente e redditi di capitale diversi corrisposti (o maturati) nel mese precedente • Versamento addizionali regionali/comunali su redditi di lavoro dipendente del mese precedente • Versamento dell’IVA mensile del mese precedente • Versamento dell’IVA trimestrale (secondo trimestre dell’anno corrente) • Versamento contributi ENPALS dovuti per il mese precedente a favore dei lavoratori dello spettacolo • Versamento contributi INPS DM10 • Autoliquidazione INAIL - Seconda rata • Versamento dei contributi previdenziali sui compensi corrisposti nel mese precedente - Gestione separata INPS • INPS versamento contributi artigiani e commercianti IVS quota fissa sul minimale • ENASARCO Agenti e rappresentanti versamento contributi secondo trimestre • CONAI dichiarazione mensile • Presentazione elenchi mensili Intrastat • Presentazione elenchi trimestrali Intrastat AGOSTO SETTEMBRE 20 17 20 17 20 20 20 17 20 16 20 17 20 20 20 25 17 17 20 20 26 CONFCOMMERCIO INFORMA 47 L@ POSTA 48 Lettere al Direttore La direttiva Bolkestein a cura di Leo Carriera A lcuni colleghi, operatori su aree pubbliche, mi hanno chiesto delucidazioni sulla Direttiva “Bolkestein”. Si tratta di una norma che, se approvata, avrebbe una ricaduta pesantissima in termini di disoccupazione (2 milioni di posti di lavoro a rischio compreso l’indotto) sugli operatori del commercio in forma itinerante. Gli ambulanti, attualmente, lavorano in virtù di Concessioni Comunali di durata decennale acquisite o ereditate da genitori La Direttiva Bolkestein, dando un colpo di spugna al passato, prevede che i Comuni non rinnovino più le concessioni ai vecchi possessori cancellando quindi “i diritti acquisiti” fino ad ora. Se la Direttiva verrà attuata nei termini previsti dalla UE, i Comuni avranno la facoltà di mettere le concessioni “all’incanto” e la partecipazione alle aste sarà aperta anche alle Società di capitali. La sperequazione economica tra il piccolo operatore che da sempre conduce una vita di affanni e disagi per guadagnare onestamente la “mercede” giornaliera e le grosse imprese di capitali è di tutta evidenza e rischia di ingrossare, ulteriormente, le fila dei disperati che perdendo il lavoro perdono la vita. A titolo esemplificativo si potrebbe ipotizzare che una Società offra, per acquisire posteggi in una manifestazione fieristica o una Sagra, cifre con le quali ad un ambulante sarebbe impossibile competere. Continuando con le esemplificazioni potrebbe darsi il caso di Società di Servizi che acquistino interi pacchetti di concessioni per cederle, in subaffitto, agli stessi ambulanti espropriati a prezzi, ovviamente, maggiorati. Il commercio ambulante, risorsa con una tradizione soprattutto nell’Italia meridionale, restituisce una dimensione più umana anche alle grandi città, i mercatini sono una piccola oasi di colore e folklore nel grigiore spersonalizzato ed opprimente dell’asfalto urbano. Molto è stato fatto e molto ancora deve essere fatto dai Sindacati di Categoria perché questa Direttiva capestro non passi, o venga rimodulata. La FIVA-CONFCOMMERCIO ha affrontato in maniera determinante la questione Bolkestein, perseguendo una strategia sindacale incentrata sul confronto con le Istituzioni. Il 4 giugno u.s. presso la Sala Convegni della Camera di commercio di Bari si è tenuto il Convegno “Direttiva Bolkestein e commercio su aree pubbliche”; una manifestazione che ha visto la partecipazione compatta ed attiva di moltissimi operatori del settore giunti da ogni parte dalle provincia di Bari e BAT, ma anche da province limitrofe. Erano presenti Alessandro AMBROSI; presidente Confcommercio provincia di Bari; Andrea NAZZARINI, presidente Fiva-Puglia; Giacomo ERRICO, presidente nazionale Fiva-Confcommercio; Armando ZELLI, segretario generale Fiva-Confcommercio; Pietro TRABACE, dirigente politiche per lo Sviluppo economico Regione Puglia; Loredana CAPONE, assessore Attività produttive Regione Puglia; Luigi PERRONE, presidente Anci Puglia; Franco ALBORE, assessore Attività produttive Comune di Bari. Ferdinando Cocozza Segretario Provinciale FIVA Confcommercio. I numerosi interventi sono stati applauditi calorosamente perché tutti erano e sono consapevoli che stroncare il commercio significa distruggere il cuore pulsante dell’economia italiana, forse l’unico cuore dal battito pulito ed ancora incorrotto. In attesa di ricevere il reportage sull’avventuroso viaggio di nozze sulle Ande peruviane e boliviane, esprimiamo i nostri auguri a Giovanni Panza, nostro articolista finanziario e turistico, per le nozze con Tonia Recchia, anche lei appassionata turista estrema.