Mediazione Linguistica Scritta (Secondo Anno – Secondo Semestre

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Mediazione Linguistica Scritta (Secondo Anno – Secondo Semestre
Mediazione Linguistica Scritta
(Secondo Anno – Secondo Semestre)
AA 2011 -2012
Prof: Marilyn Anne Scopes
Che cos'è il lavoro minorile?
Certi lavori contribuiscono positivamente allo sviluppo dei bambini. Il lavoro può insegnare ai
bambini il senso di responsabilità e particolari abilità che saranno utili a loro e al resto della società.
Spesso il lavoro è una fonte di reddito vitale che contribuisce al sostentamento dei bambini e delle loro
famiglie.
Tuttavia, milioni di bambini in tutto il mondo lavorano in condizioni estremamente rischiose,
mettendo a repentaglio salute, istruzione, sviluppo personale e sociale ed anche la propria vita.
Queste sono alcune delle circostanze che essi si trovano ad affrontare:
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Lavoro a tempo pieno ad una giovanissima età
Ambienti di lavoro pericolosi
Eccessive ore di lavoro
Maltrattamenti psicologici, verbali, fisici e sessuali
Costrizione al lavoro a causa di circostanze o di certi individui
Salario misero o nullo
Lavorare e vivere per strada, in cattive condizioni
Impossibilità di sfuggire al circolo vizioso della povertà - nessun accesso all'istruzione
Quanto è grande il problema?
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L'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima a 246 milioni i lavoratori bambini
di età compresa tra i 5 e i 17 anni
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Si stima che 179 milioni lavorino nelle situazioni lavorative peggiori per i minori; un
bambino lavoratore su 8 della popolazione mondiale ha tra i 5 e i 17 anni
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111 milioni di minori al di sotto dei 15 anni lavorano in condizioni di grande rischio e
dovrebbero "cessare di lavorare immediatamente"
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8,4 milioni di minori sono vittime della schiavitù, della tratta degli esseri umani, del
lavoro per debito o di altre forme di lavoro forzato, del reclutamento forzato in
conflitti armati, prostituzione, pornografia ed altre attività illecite
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Le ragazzine sono particolarmente richieste per i lavori domestici
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Circa il 70% dei lavoratori minori svolgono attività non retribuite lavorative per le
loro famiglie
La tratta degli esseri umani:
La tratta degli esseri umani consiste nell'allontanare le persone dalle comunità di
appartenenza, dietro minaccia o uso effettivo di violenza, inganno o coercizione, per sfruttarle
come lavoratori forzati, schiavi o per l'industria del sesso. La definizione di tratta dei minori
invece non prevede necessariamente l'uso della forza, dell'inganno o della coercizione, ma
basta il solo allontanamento verso attività di sfruttamento.
Inoltre, sempre più minori vengono comprati e venduti dentro e fuori dei confini nazionali.
Tale commercio è finalizzato allo sfruttamento sessuale, all'accattonaggio, o al lavoro
nell'edilizia, nell'agricoltura, o nella servitù domestica. Questi minori sono ancora più
vulnerabili quando portati in un paese straniero. Spesso non hanno più contatti con le loro
famiglie e sono alla mercé dei propri "datori di lavoro".
Un caso: Foussenatou Nounotin
Quando Foussenatou aveva 16 anni, fu venduta dal Benin ad Abidjan in Costa d'Avorio, dove
trascorse un anno e mezzo come lavoratrice domestica. La sua giornata lavorativa tipica
iniziava alle 5 di mattina, per accudire i bambini della famiglia prima di portarli a scuola.
Doveva poi lavare e pulire tutto, e fare le commissioni per la famiglia. Le era permesso di
uscire solo per le commissioni, e in città non aveva amici.
Perché i minori lavorano?
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Molti minori lavorano perché le loro famiglie sono povere, ed il loro lavoro è
necessario per la loro sopravvivenza. Anche altre discriminazioni di vario tipo, basate
su sesso, razza, religione ecc., contribuiscono ad aumentare il lavoro minorile.
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Spesso, i minori vengono "assunti" e sfruttati perché, in confronto agli adulti, sono più
vulnerabili, costano meno, ed è meno probabile che pretendano salari più alti o
condizioni lavorative migliori. Qualche datore di lavoro adduce il pretesto che i
bambini sono particolarmente adatti per certi tipi di lavori perché più piccoli o con
"dita più agili".
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Per molti è impossibile andare a scuola. L'istruzione può costare parecchio ed alcuni
genitori ritengono che ciò che i loro figli potrebbero imparare sia inutile nella loro vita
quotidiana e per il loro futuro. In molti casi la scuola è oggettivamente inaccessibile e/o
le lezioni si tengono in una lingua che il bambino non conosce.
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Il lavoro minorile è un prodotto della povertà e contribuisce anche a riprodurla. Molti
bambini che lavorano non hanno la possibilità di andare a scuola e spesso diventano
adulti non qualificati, intrappolati in lavori mal pagati, e a loro volta chiederanno ai
propri figli di contribuire al reddito famigliare.
Dove lavorano i minori?
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Nei campi
Nelle case - come domestici
Nelle fabbriche, realizzando prodotti come fiammiferi, fuochi d'artificio e vetreria
Sulle strade - come accattoni
In forni per mattoni, in miniere, e nell'edilizia
In bar, ristoranti, e stabilimenti turistici
Nell'industria dello sfruttamento sessuale
Come soldati
Si stima che le industrie nel campo dell'esportazione rappresentino solo il cinque per cento del
lavoro minorile
La grande maggioranza dei minorenni, circa il 70 per cento, lavora nell'agricoltura. Il lavoro
domestico minorile nelle case altrui è considerato in assoluto l'attività che impiega più
ragazzine nel mondo.
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Lavoro Minorile
Nel mondo sono più di 150 milioni i bambini intrappolati in impieghi che mettono a rischio la loro
salute mentale e fisica e li condannano ad una vita senza svago né istruzione.
Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in
quanto sottoprodotto della povertà, che contribuisce anche a riprodurre. Tuttavia, non mancano casi
di bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
Secondo i dati dell'ILO, nel mondo 74 milioni di bambini sono impiegati in varie forme di lavoro
pericoloso, come il lavoro in miniera, a contatto con sostanze chimiche e pesticidi agricoli o con
macchinari pericolosi.
E' il caso dei bambini impiegati nelle miniere in Cambogia, nelle piantagioni di tè nello Zimbabwe,
o che fabbricano bracciali di vetro in India.
Tra le peggiori forme di lavoro minorile rientra anche il lavoro di strada, ovvero l'impiego di tutti
qui bambini che, visibili nelle metropoli asiatiche, latino-americane e africane, cercano di
sopravvivere raccogliendo rifiuti da riciclare o vendendo cibo e bevande.
Nella sola città di Dakar, capitale del Senegal, sono 8.000 i bambini che vivono come mendicanti.
Altra faccia di questa tragica realtà è lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, che
coinvolge un milione di bambini ogni anno.
Se le varie tipologie di lavoro minorile possono essere in qualche modo quantificate, una più di altre
è caratterizzata dall'invisibilità e sfugge a una valutazione statistica: si tratta del lavoro domestico,
in cui sono impiegate soprattutto le bambine.
Che si tratti di lavoro in casa di altri (lavoro domestico) o in casa propria (lavoro familiare), per
le bambine esso diventa spesso una vera e propria forma di schiavitù, che le costringe a vivere
nell'incubo della violenza e dell'abuso.
Con l'obiettivo di individuare soluzioni efficaci e di lungo periodo alla problematica del lavoro
minorile, l'UNICEF, in collaborazione con l'ILO-IPEC e la Banca Mondiale ha avviato lo
Understanding Children's Work (UCW), un progetto di ricerca che ha consentito di "fotografare"
con precisione la realtà del lavoro minorile in diversi Paesi in via di sviluppo, orientando così le
strategie finalizzate ad affrontare il problema.
L'UNICEF riconosce che i principali interlocutori utili alla comprensione del fenomeno del lavoro
minorile sono gli stessi bambini lavoratori.
Dare voce ai bambini vittime del lavoro consente alle organizzazioni internazionali di capire meglio
il fenomeno, e migliorare gli interventi a favore dei bambini.
In effetti a partire dal 2002 si è verificata, sopratutto in America Latina e Caraibi, una diminuzione
del 26% del numero di minori impiegati in lavori pericolosi.
Progressi più lenti si registrano invece in Africa Subsahariana (dove sono ancora 69 milioni i
bambini impiegati in varie forme di lavoro minorile) e in Asia, dove i bambini lavoratori sono 44
milioni.
Sfruttamento Minorile
Sono passati quasi vent’ anni dall’adozione da parte delle Nazioni Unite della “Convenzione dei
Diritti del Fanciullo”. Questo documento, stando alle cifre dei rapporti internazionali che ogni
anno vengono pubblicati, appare sempre più un elenco di diritti di “carta”, che nella realtà poi
non vengono applicati.
In particolare nell’Africa sub-sahariana lo sfruttamento dei minori è in aumento poiché è
strettamente collegato al fenomeno, abbastanza recente, dei ragazzi abbandonati a causa della
morte prematura di uno o di tutti e due i genitori, oppure alle migrazioni interne del Continente
africano dovute soprattutto alle guerre e ai conflitti endemici.
Il fenomeno dello sfruttamento minorile rappresenta per il continente africano l’ennesima e
forse la più importante sfida. Le forme di sfruttamento più comuni, oltre a quello a scopi
sessuali, sono: il reclutamento di bambini soldato, il traffico di bambini, il lavoro nei campi e
soprattutto nelle miniere. L’Ilo ha stabilito una specifica normativa sul lavoro in miniera. Il
Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile dell’Ilo si è impegnato in un
certo numero di progetti di cooperazione tecnica per mostrare in che modo il lavoro dei
bambini nelle miniere e nelle cave può essere fermato.
Sono oltre un milione i bambini che attualmente lavorano in questo settore e mettono a
repentaglio la propria vita, il loro numero è in crescita.
Secondo stime delle organizzazioni umanitarie, tra i 1.500 e i 3.000 baby-minatori sono
impiegati nelle miniere tanzaniane, oltre 500 di loro si calano ogni mattina nelle profonde
gallerie sotterranee delle Mererani Hills. Qui i bambini sono molto richiesti, ed è facile intuire il
perché: lavorano anche tredici ore al giorno, senza protestare né scioperare; riescono a
infilarsi nei tunnel più stretti e pericolosi e fanno da rapida spola tra gli uomini in profondità e i
rifornimenti in superficie. Sono costretti a calarsi nelle grotte fino a trecento metri di profondità
senza alcuna protezione, senza stivali né guanti solo con una precaria torcia sulla fronte, che
potrebbe spegnersi in ogni momento. Gli stessi minatori raccontano di ragazzini dimenticati in
fondo alle miniere e di altri uccisi dall’esplosione delle mine.
Ovviamente in aggiunta al danno fisico c′è quello psicologico, di certo non meno grave. Questi
giacimenti si trovano in zone remote e succede che, alla scoperta di uno seguono sempre dei
veri e propri processi di migrazione e si formano così dei villaggi con piccole attività
commerciali, bazar di abbigliamento usato, taverne e punti di ritrovo. In Tanzania 85 su 130
bambine intervistate nel corso dell’inchiesta hanno dichiarato di essersi prostituite, proprio in
questi luoghi, nella speranza di potere aver qualche soldo. Se non fosse stato per le coraggiose
indagini di organismi internazionali e di Ong molti di questi drammi sarebbero rimasti sepolti
nelle viscere profonde dell’Africa.
Lavoro Minorile
Lavorare 9-10 ore al giorno per fabbricare palloni di cuoio in Pakistan o nei laboratori tessili
dell’India, nelle miniere del Perù o nei campi di caffè in Tanzania, privi di ogni diritto per la
salvaguardia della loro infanzia, è la realtà della vita quotidiana per oltre 250 milioni di bambini in
ogni parte del mondo. Bisogna puntualizzare che, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sui
Diritti dell’Infanzia del 1989, viene definito “child” (bambino) ogni individuo di età inferiore ai 18
anni e “work” (lavoro) ogni attività economica sia retribuita che non retribuita.
In base ai dati forniti dall’ International Labour Organization (ILO), circa 250 milioni di bambini
nel mondo di età compresa tra i 5 e i 14 anni sono vittime di tale fenomeno: 120 milioni sono
occupati in attività a tempo pieno, mentre 130 milioni solo per una parte della giornata.
Il 61% di queste tristi vittime vive in Asia (153 milioni), il 32% in Africa (80 milioni) e il 7% in
America Latina (17 milioni).
Notevoli sono le cause del lavoro minorile e tra queste emerge la povertà. Le testimonianze raccolte
dall’UNICEF evidenziano come i bambini sfruttati provengano sempre da famiglie disagiate
economicamente e, di conseguenza, più vulnerabili. Il lavoro minorile, però, può essere sia la causa
che la conseguenza della povertà in quanto la povertà accresce il lavoro minorile e il lavoro
minorile perpetua lo stato di povertà.
I datori di lavoro in molti casi preferiscono i bambini in quanto percepiscono paghe più basse, non
hanno diritto ai contributi, sono facili vittime di quei soprusi che gli adulti non tollererebbero
facilmente e, in fine, non sono consapevoli dei loro diritti e, quindi, non sono in grado di
organizzarsi da un punto di vista sindacale.
Inoltre, la discriminazione di “genere” colpisce le bambine, che, a parità di età e di provenienza
sociale, sono le più penalizzate ed il fatto che in tutto il mondo in via di sviluppo il tasso di
analfabetismo femminile sia superiore a quello maschile è una prova lampante di tale tendenza.
L’UNICEF denuncia la politica di molti leader del Sud del Mondo che, in nome di un’economia
basata su una forte concorrenza, sono pronti a sacrificare l’infanzia dei loro bambini non facendo
rispettare le leggi contro il lavoro minorile.
A questo proposito è importante riflettere su quanto affermato dal sociologo pakistano Nazar Ali
Sohall: “Più una popolazione è povera, più ha tendenza ad avere molti figli che possono
contribuire a mantenere le famiglie. Più una popolazione è povera, più è analfabeta, in quanto i
bambini, costretti a lavorare, non vanno a scuola. E più una popolazione è analfabeta, più rimane
nel sottosviluppo e nella povertà.”
Tali parole spiegano chiaramente il circolo vizioso che si viene a creare e l’inutilità di un apparente
guadagno momentaneo al fine di un reale sviluppo di una qualsiasi società.
Conferenza dell’Aia
Lavoro minorile, alla Conferenza dell’Aia l’UNICEF chiede più risorse e nuove idee
Governi, agenzie ONU, Ong e multinazionali si incontrano all'Aia per fare il punto sullo
sfruttamento del lavoro minorile, una piaga acuita dalle crisi globali.
«Occorrono nuove iniziative e maggiori finanziamenti per identificare i bambini più vulnerabili di
fronte allo sfruttamento del lavoro minorile. Se vogliamo ottenere risultati nel lungo periodo per i
bambini di domani, dobbiamo investire in soluzioni innovative oggi.» Ad affermarlo è l'UNICEF
nella giornata odierna, che apre la Conferenza internazionale dell'Aja sul Lavoro minorile.
Dieci anni dopo l'entrata in vigore della Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del
Lavoro (ILO) n. 182 sulle forme peggiori di lavoro minorile - il trattato internazionale in materia
di lavoro minorile più ratificato di sempre - e a soli sei anni dalla data prevista come traguardo per
l'eliminazione di questo fenomeno, l'UNICEF interviene come partner dell'ILO e della Banca
Mondiale a questo appuntamento globale (10-11 maggio) ospitato dal Governo olandese.
Alla Conferenza partecipano i rappresentanti di 80 Governi, agenzie ONU, imprese multinazionali e
Organizzazioni non governative (ONG), riunite per denunciare che la persistenza del lavoro
minorile mina gravemente il cammino verso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio previsti per il
2015.
All'Aja saranno lanciati due nuovi rapporti: quello dell'ILO contenente le stime aggiornate sul
fenomeno e, per la prima volta, un rapporto congiunto UNICEF-ILO-Banca Mondiale che riassume
lezioni apprese, risposte politiche e nuovi aspetti del fenomeno. Come quelli legati
all'immigrazione, che ogni anno coinvolge milioni di bambini come figli di migranti, oppure
perché lasciati in patria da genitori che espatriano, o perché protagonisti essi stessi di migrazione e
traffico.
L'UNICEF stima che siano circa 150 milioni i bambini di età compresa tra 5 e 14 anni impegnati in
forme di lavoro precoce, causa e conseguenza della povertà che compromette la loro istruzione e
sicurezza.
«Questi bambini sono diventati invisibili: intrappolati nelle forme peggiori di sfruttamento
economico, hanno bisogno urgente del nostro aiuto» afferma l'UNICEF.
«Bambini migranti, orfani, vittime del traffico e soprattutto bambine: sono questi i dati che troppo
spesso mancano nelle statistiche e nelle indagini, che si basano per lo più su analisi statiche
compiute sulle famiglie.
Occorre mettere a punto nuove metodologie per raccogliere i dati, in modo da assicurare che la
violenza e le minacce che questi bambini subiscono nell'ombra emergano ben visibili nell'agenda
dei decisori politici e siano sistematicamente affrontate.»
Le recenti crisi globali (quella alimentare, quella energetica e quella finanziaria) hanno avuto effetti
irreversibili sulle vite di molti bambini.
Il lavoro in età precoce - una risorsa economica alla quale in molti Paesi in via di sviluppo le
famiglie sono solite ricorrere per proteggersi da shock economici - ha spinto ancora più bambini ad
abbandonare la scuola per cercare una fonte di reddito, spesso in occupazioni più rischiose di
quelle che di norma avrebbero ricercato.
Proteggere bambini e adolescenti dall'impatto negativo delle molteplici crisi in corso allevierà la
loro condizione di vulnerabilità e favorirà lo sviluppo sociale ed economico.
«C'è un consenso internazionale crescente sul fatto che una risposta efficace e coerente al lavoro
minorile richieda un mix di misure: impieghi decenti per chi lavora, sistemi di protezione sociale
più attenti all'infanzia, servizi di base per i soggetti a rischio» rimarca l'UNICEF.
«Lo sfruttamento del lavoro minorile va affrontato come parte integrante del più vasto intervento di
protezione dell'infanzia, poiché la maggior parte dei minori che lavorano vi sono costretti dalla
miseria o dalla morte di un familiare percettore di reddito.»
Alla Conferenza, l'UNICEF farà appello ai Governi e ai Paesi donatori affinché investano risorse in
sistemi scolastici di qualità e accessibili a tutti, sostengano misure di tutela sociale, generino fonti
di reddito sostenibili per le famiglie e, soprattutto, creino le condizioni per un sistema di sicurezza
sociale che includa tutti i bambini.
Mondiali 2010: tutti a sostegno dei bambini africani
Il Sud Africa è uno dei paesi più colpiti dal fenomeno del turismo sessuale insieme a Gambia,
Kenya, e Marocco. Per i Mondiali di quest'anno sono attesi circa 2,7 milioni di spettatori. È proprio
a queste persone che si rivolge la campagna che parte oggi da Roma. Lo scopo è quello di evitare
che molti minorenni cadano nelle reti di trafficanti per essere sfruttati sessualmente, per
l’accattonaggio o per lavori pesanti connessi ai Mondiali.
Lo sfruttamento dei minori è un problema rilevante per l'Africa. Nel 2008 le organizzazioni
avevano denunciato la presenza di oltre 30.000 prostitute minorenni. Il 68% dei bambini nel Paese è
povero e il 21% è orfano o vive senza i genitori. Sembra evidente il rischio di un'impennata dello
sfruttamento. Le organizzazioni credono che possa svilupparsi un traffico anche con i minorenni
provenienti dai paesi confinanti con il Sudafrica. Infatti dalla frontiera di Ressano Garcia ogni
giorno i trafficanti portano, dal Mozambico in Sudafrica, centinaia di ragazzini e ragazzine. Così
come dallo Zimbabwe: c'è un flusso continuo di minori che passano irregolarmente le frontiere.
Un processo di sensibilizzazione. La campagna mira soprattutto a sensibilizzare il grande pubblico,
e in particolare coloro che assisteranno alle partite, sulla vulnerabilità dei minori africani a
fenomeni di sfruttamento sessuali, oltre che abusi. «Vorremmo che nessun turista si macchiasse di
violazioni ai diritti fondamentali dei minori - ha sottolineato Raffaele Salinari presidente di Terre
des Hommes - ogni viaggiatore dovrebbe testimoniare con il suo comportamento, anche al di fuori
degli stadi, il vero spirito sportivo. Gli fa eco Marco Scarpati, presidente di Ecpat-Italia: «Il
campionato di calcio è un momento di gioia e di incontro. È bene vigilare affinché nessuna vittima
innocente sia coinvolta in momenti di follia e di violenza».
GLOSSARY
Ecpat-Italia – ECPAT-Italy
LAVORO MINORILE
Si sostiene spesso che il neoliberismo che si sta affermando insieme alle logiche di
mondializzazione dell'economia, stia riproducendo delle dinamiche nei rapporti di lavoro di sapore
ottocentesco, da prima industrializzazione. La competizione senza regole, tranne quella del
maggiore ribasso possibile dei costi di produzione, mina sia 1'occupazione che la stessa tutela del
lavoro, al nord come al sud, Le categorie sociali più esposte - donne e bambini, ma anche persone o
famiglie indebitate e vittime di usura, fuori casta, popolazioni rurali o neourbanizzate - sono le
prime a fare i conti con questa realtà. E’ privo di senso fare una graduatoria dei soggetti più a
rischio, ma la vergogna più grande e senz'altro legata allo sfruttamento del lavoro minorile, visto
che i bambini pagano il maggiore prezzo della mancanza di controllo suite condizioni di lavoro
create dall'internazionalizzazione della produzione.
Secondo le stime dell'lLO, il numero dei bambini lavoratori nel mondo oscilla fra i 100 ed i 200
milioni. In India lavorano 44 milioni di bambini, 8 milioni in Pakistan, 12 milioni in Nigeria, 7
milioni in Brasile. Se il fenomeno si concentra net paesi sottosviluppati, il nord ne vede lavorare 5
milioni solo negli USA. II tessile non e il solo settore che li vede impiegati, ma ne costituisce senza
dubbio uno dei principali.
Recentemente, 1'attenzione verso questo fenomeno sembra in crescita, ma ancora più rapida e la
sua estensione.(Confronta la Scheda sul Lavoro minorile) In Italia, la Confidustria ed i
Sindacati Confederali hanno presentato un'iniziativa congiunta rivolta al blocco commerciale per
prodotti realizzati con manodopera infantile e all'adozione di codici di condotta per le aziende, ma
queste proposte rischiano di sostenere intenti protezionistici e soprattutto non sembrano dirette a
scardinare il progressive diffondersi dei meccanismi di appalto di segmenti di produzione a piccole
ditte - spesso in nero – che sfuggono a qualsiasi controllo sulla disciplina del lavoro.
Dietro un macchina tessile per più di 8 ore al giorno, sei giorni la settimana, e alla fine del mese uno
stipendio di 400 mila lire, naturalmente in nero. Per una quindicina di bambine, tra i 12 ed i 15 anni,
'flessibilità' del lavoro significava questo. I carabinieri di Randazzo, nel catanese, le hanno scoperte
in controlli a sorpresa in circa 20 stabilimenti specializzati in produzione di manufatti tessili, spesso
di ditte nazionali e con marchi di grandi firme, insieme ad altri 170 lavoratori adulti.
Rino Cascio il manifesto 17 dic. '97
La produzione di tessile avviene in fabbriche dalle più varie dimensioni e organizzazioni, passando
dalle semplici abitazioni fino a stabilimenti di enormi dimensioni. Gli stessi committenti primari
non rientrano in un'unica categoria dimensionale. Ma sono le imprese multinazionali e le grandi
catene di magazzini a tirare le fila del mercato mondiale. Queste si avvalgono di diversi metodi di
produzione - da quella di massa in grandi fabbriche ai piccoli laboratori fino al lavoro a domicilio,
come si e detto - passando le commesse ai subappaltatori, in modo da ridurre il più possibile i costi.
Oltre a società occidentali, anche aziende di Hong Kong, Corea del Sud ed India, come altri paesi di
nuova industrializzazione, hanno iniziato ad assumere un ruolo simile, rafforzando la loro presenza
in diversi paesi del sud del mondo, ma ultimamente anche del nord. In India, ad esempio, per
rendere sempre più il tessile un settore trainante dell'economia del paese costituisce gia la principale
voce dell'export con 1'11% del totale) 11 governo ha liberalizzato il regime delle licenze per
1'esportazione dell'abbigliamento ed anche 1'organizzazione della produzione e stata affidata agli
imprenditori per i quali la soluzione più economica e di affidare la produzione ad alta intensità di
manodopera al settore informale, dove diventa molto difficile esercitare un controllo sulle
condizioni di lavoro.
Operaie bambine nello scantinato
L'hanno scoperta per caso, per quel viavai dal sottoscala, continuo e circospetto, in cui si sono
imbattuti appena entrati nel palazzo. Giù nei sotterranei un paio di stanzoni senza luce né aria, sì e
no 70 metri quadri, erano stati trasformati in una fabbrica clandestina che impiegava operate
bambine anche di 15 anni per sformare a ritmo infernale pantaloni, camice e vestiti. Ogni giorno
(effettivo) di fatica veniva compensate con due biglietti da diecimila, annotati scrupolosamente su
un brogliaccio che costituiva 1'unico documento contabile dell'azienda. In tutto 16 operate, di cui
nove minorenni. Al lavoro, i militari hanno sorpreso persino una ragazza madre che aveva partorito
quindici giorni prima.
La fabbrica lavora su ordinazione per conto dei 'mercatari', cioè per i distributori che forniscono i
venditori ambulanti delle fiere settimanali, o in subappalto per conto di altre fabbriche (legali).
Tutto al nero: acquisizione della materia prima, macchinari, spedizioni, incassi. Versamenti all'Irpef
ed all'Inps, nemmeno a parlarne, un'evasione gigantesca e totale.
Attonite e tristi, le operaie hanno seguito con inquietudine il blitz della finanza. L'orario? 'Otto ore';
la paga? 'ventimila, quando non venivamo, pero, ci potevamo far sostituire da una parente od
un'amica': quasi un'esaltazione del posto di lavoro in coppia od in affitto. Sulla padrona della
fabbrica niente da ridire.
Marinella Correggia
Fra le varie condizioni di lavoro minorile, in Thailandia emerge una forma originale di subappalto,
dove in edifici allestiti a case-laboratorio i bambini lavorano facendo turni di 14-15 ore al giorno
per 28 giorni al mese essendo anche privati del naturale stacco che dovrebbe esistere fra ambiente di
lavoro e casa. Per procurarsi manodopera infantile, invece, i proprietari di telai dell'India si
rivolgono a degli intermediari senza scrupoli che si recano nei villaggi e si presentano nelle case
come rappresentanti di importanti ditte che cercano ragazzi da avviare alla tessitura. Viene
prospettato un avvenire radioso per i bambini e, per dimostrare le loro intenzioni offrono un
anticipo ai genitori di ciò che i ragazzi guadagneranno. Ma poi i ragazzi vengono schiavizzati e
spesso non si riesce nemmeno più a trovarli, e se i genitori volessero rivendicarne il ritmo a casa, si
troverebbero strozzati dall'usura. Verrà loro risposto che il primo anno di lavoro del bimbo e servito
da apprendistato e che nel frattempo 1'anticipo disposto alla famiglia ha maturate gli interessi.
Indice
I bambini del Nilo
La stagione della raccolta del cotone rappresenta nel Basso Egitto una manna dal cielo. Solo che da
qualche tempo questa attività viene affidata quasi esclusivamente ai minori, dai 15 anni in giù. La
ragione c'è: intanto si risparmia sulla paga. Per 1'equivalente di 900 lire si lavora quasi otto ore al
giorno nei campi. Identici la paga e 1'orario sia nei campi dei privati che in quelli del Ministero
dell'Agricoltura che possiede il 10% dei terreni coltivati a cotone in Egitto. Con 143 milioni di chili
venduti ogni anno all'estero, il cotone - ricercato sui mercati internazionali per la sua fibra lunga
dalla quale si ricavano tessuti morbidi di prima scelta- resta saldo in testa all'esportazione dei
prodotti agricoli dell'Egitto. Non a caso qui lo chiamano ancora '1'oro bianco'.
In teoria, in Egitto, l’istruzione e obbligatoria fino a 15 anni. Ma quando inizia la stagione della
raccolta del cotone, in autunno, i campi del Delta vengono invasi da un esercito di migliaia di
bambini, mani piccole che lavorano alacremente fra le piante sorvegliate da un capo detto il kholi,
munito di una lunga verga, che di tanto in tanto molla un colpo agli svogliati. Molti di loro
lavoravano da tempo per mantenere la famiglia numerosa il cui capo e spesso disoccupato: quando
finisce la stagione del cotone, si passa alla monda del riso, poi alla raccolta delle patate.
Quest'anno, un camion carico di 100 bambini diretto verso una fattoria del Ministero si è ribaltato in
un canale uccidendone 33.
Ibrahim Refat Diario della settimana (n8 50)